ANttO XIX. Capodistria, 1 Marzo 1885. N. 5. P C DELL'ISTRIA Esce il lu ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qna-d+ìnit-stre in proporzióne. — Gli abbonamenti si ricevono presso t» Unclnzitrtie. Ci è grato riportare il giudizio dell' Indipendente sulla memoria dell' egregio nostro concittadino Giorgio Cobol, della quale abbiamo dato P annunzio ai nostri lettori nell' ultimo numero : PER LE SOCIETÀ OPERAIE L' altro giorno abbiamo semplicemente annunciato la Memoria avanzata dal socio sig. Giorgio Cobol al Comitato delegato dalla Società di mutuo soccorso fra gli artieri ed operai di Capodistria, nel congresso di data 20 aprile 18S4, per lo studio delle riforme allo statuto sociale. Oggi, come abbiamo promesso, c'intratteniamo più a lungo su questa Memoria. È questo un lavoro studiato con amore da quell' egregio amico nostro che è il signor Giorgio Cobol, il quale lia piena conoscenza dell'argomento che con tanto senno e tanta pazienza ha impreso a trattare. Noi non abbiamo sotto gli occhi gli statuti della Società operaia di Capodistria, uè in questo momento abbiamo presenti le condizioni economiche della stessa, ma però possiamo subito affermare che i provvedimenti preventivi di sicurezza proposti dall' autore dell' esauriente elaborato, che sopra menzionane, sono tali da meritare la più seria attenzione, non soltanto dai preposti a quella Società operaia Capodistriaua e da' suoi affigliati, ma merita pure — e questo lo diciamo pienamente convinti, senz' ombra alcuna di voler profondere elogi inutili — d'essere presi in considerazione da tutti que' sodalizi operai che fondano la loro esistenza sopra calcoli fantastici, e non vogliono sapere di calcoli positivi, che sono e devono essere la base di tali istituzioni. .GOJKlii ' it eieitflf. ■ ÌHt) itlg$iq 1-jfi | ,;i i, >.;;![ l'-nrifu h Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. L' esperienza c' insegua che le associazioni di mutuo soccorso le quali non mettono a fondamento della loro esistenza la ragione delle cifre matematicamente provate, o muoiono presto, o durano stentando una vita tisica che è peggiore deila morte. Questo è provato da una sequela di vicende dolorose toccate a molte Società operaie d'altri paesi, e noi stessi lo vediamo qui presso alcune associazioni che vanno inanzi come un asmatico, la cui mancanza di libera respirazione pare lo debba uccidere di momento in momento. Noi encomiamo adunque 1' opera coraggiosa e umanitaria del nostro amico. Coraggiosa, perchè siamo certi eh' essa incontrerà Un cumulo di diffidenze e solleverà un turbine di recriminazioni contro il suo autore, da parte di quella gente che per ignoranza vorrà vedere nel saggio innovatore uno spogliatore, mentre è suo pensiero quello soltanto di garantire, ai poveri operai contribuenti, la conservazione dei loro risparmi ; umanitaria perocché noi crediamo che se la Società operaia di Capodistria — e questo valga anche per i nostri sodalizi operai — non vorrà o non saprà seguire gli assennati consigli del signor Cobol, sarà condannata a perire in un periodo di tempo non bene precisato, ma 11011 però molto lontano — sorte questa a cui dovranno soggiacere tutte le altre Società di mutuo soccorso fondate sullo stesso sistema. Il signor Cobol, a dimostrare ciò che noi abbiamo ora detto senza ambagi, 11011 ha fatto sfoggio di frasi, ma ha soltanto messo in evidenza uria serie di cifre esatte e inconfutabili, che devono capacitare anche i più restii della opportunità e saldezza dei savi ragionamenti, ai quali vorremmo si uniformassero tutti coloro che tengono in mano le sorti di queste benefiche istituzioni operaie, e non si lasciassero vincere dai pregiudizi fatali che tuttavia tengono il dominio nelle nostre classi operaie. Non possiamo compulsare come vorremmo il lavoro del sig. Cobol, mancandoci il tempo per farlo, ma constatiamo però eh' esso è basato 'sili trovati più recenti e razionali della scienza economica nei rapporti della previdenza e della inutilità. 11 sistema però prescelto dall' egregio autore della memoria che petrattiamo, ha, secondo noi, un serio inconveniente, quello cioè d'intralciare e complicare in modo straordinario e grave l'amministrazione e l'ordinamento complessivo della società che volesse adottarlo. Per una società ristretta nel numero potrà reggere, ma per una associazione numerosa, come quella di Trieste per esempio, temiamo forte che il sistema s'infrangerebbe contro ostacoli enormi che la pratica conoscenza delle cose soltanto può intravvedere. Egli è perciò che noi vorremmo suggerire all' egregio sig. Cobol di studiare il modo di rendere più piano, più pratico il sistema preventivo di sicurezza, ci si passi la frase, da lui caldeggiato, in maniera da renderlo effettivamente ed utilmente attuabile. Riportiamo ora per esteso le proposte del signor Cobol che figurano nella sua Memoria: Limitare 1' età d' ammissione dai 15 ai 40 anni compiuti. Fissare una tassa d'ingresso di f. 1 pei soci fino al 20° anno compiuto, più un 20° aumentabile d'anno in anno fino ai 40 compiuti. Il socio inscritto prima d'aver compiuto il 20° anno d' età, avrà diritto alla percezione del sussidio di malattia dopo 1' espiro di 26 settimane dalla sua aggregazione, e in seguito l'aspettativa si aumenta di due settimane per ogni quinquennio di età. Al momento dell' ammissione il socio che non avrà compiuti i 25 anni pagherà la contribuzione settimanale di soldi 20 — dai 25 ai 30 compiuti soldi 22 — dai 30 ai 35 soldi 24 — dai 35 ai 40 soldi 26. Dopo un anno di malattia, o quando questa assumesse forma od andamento cronico, il socio che senza interruzione di sorta da 10 anni faccia parte della Società, avrà diritto di un soccorso giornaliero che sarà stabilito dalla Direzione e Consiglio d'ain-ministrazione nella misura e per il tempo ch' essa crederà compatibile collo stato economico dell'associazione e con riflesso a quello del socio. Compiuto il 60° anno il socio cessa dall'obbligo di pagare il contributo, ed è in diritto di percepire in caso di malattia il sussidio normale colle norme fissate più sopra. Qualora la malattia divenisse cronica, o il socio fosse reso assolutamente impotente per vecchiaia, o per disgrazia straordinaria, la quale non sia di quelle che abbiano origine da condotta poco morale, avrà diritto ad un soccorso mensile nella misura che sarà stabilita dalla Direzione e Consigiio d'amministrazione, compatibilmente allo stato economico dell' associazione ed | a quello del' socio. Quando la Direzione e Consiglio creda necessario neir interesse della Società, assicurarsi se all' atto d' ammissione il richiedente sia o meno affetto j da malattia ricorrente, potrà condizionare in via di | esperimento l'ammissione ad un tempo non maggiore di un anno, scorso il quale, se il petente viene definitivamente ammesso, acquista il diritto di anzianità dal giorno della sua ammissione, quando però abbia regolarmente soddisfatto ai suoi doveri nel periodo di prova. Quando un socio cade ammalato di una stessa malattia affine o dipendente, prima che trascorrano due mesi di perfetta guarigione, saranno computati i sussidi prima ottenuti, per determinare rispettiva-I mente la fissata graduale diminuzione dei medesimi. Il capitale sociale va ripartito: 5|,0 al fondo sussidi, 3j10 al fondo di vecchiaia o d'inabilità, 2|,0 al fondo riserva; e nel solo caso di morbo pestilenziale che obbligasse la Società a sostenere insolite spese di soccorsi di malattia, si potrà intaccare il patrimonio sociale a ciò destinato, purché quanto se ne detrae non superi il decimo del suo ammontare. 2ST o tizie Società operaie Trieste.—Nel corso di quest'anno 411 uuovi soci s' inerissero uei ruoli di questa fiorente società raggiungendo alla chiusura del XV il numero di 2962. Questo notevole aumento prova una volta di più come 1* alto concetto per il quale surse il sodalizio vada ognora più estendendosi fra le classi lavoratrici. Per quanto riguarda le malattie, la fortuna fu più amica in quest'anno: benché la somma erogata per sovvenzioni agli ammalati, onorario ai medici sociali, medicinali ecc. ammonti alla rilevante cifra di fior. 29,950.20 essa è nondimeno al di sotto di quella esborsata 1* anno precedente con un numero inferiore di soci. Ebbe però a rimpiangere la perdita di ben 52 soci, fra i quali }' unico socio onorario Giovanni Cauavacciolo. Le sovvenzioni pagate alle famiglie di 51 di questi soci decessi sommano afior. 1,275. La rappresentanza per motivi d'interesse sociale, trovò opportuno modificare radicalmente (mediante disposizioni concretate in 6 articoli) le prime consuetudini per il trattamento degli ammalati residenti nei pressi del cantiere di S. Rocco. Le favorevoli circostanze in fatto di malattia e la diligenza deila rappresentanza adoperata nell' amministrare e dirigere 1' azienda sociale, permise di presentare nel bilancio un civanzo di fior. 2,675.90, la metà dei quali, come stabilito dallo Statuto, va devoluta al Fondo di Mutuo Soccorso, che così dispone ora di fior. 27,497.68. Nel passivo del Fondo Pensioni, apparisce quest'anno per la prima volta l'importo di fior. 273 pagati a due soci, ai quali la rappresentanza, comprovatane !a loro inabilità al lavoro, riconosceva per debito di giustizia il loro diritto alla pensione. Questo fondo che all' espiro dell' anno precedente era di fior. 72*411.47, aggiunti gl'interessi, la quota del netto ricavo della festa da ballo ed altri introiti straordinari per il complessivo importo di fior. 3,775.59, più fior. 1,337.95 metà dell' utile dell'anuo spettante al Fondo Pensioni, ammonta ora a fior. 77,234.46. Malgrado la ristrettezza di mezzi di cui disponeva il Fondo Beneficenza, la Direzione cercò scrupolosamente di venire in ajuto là dove più grande era la sveutura. I sussidi distribuiti a parecchi operaj più indigenti ascesero a f. 238.78. A favore di questo fondo pervennero 3 elargizioni per un importo complessivo di fior. 205, i quali sommati a f. 58.55 esistenti alla fine dell'anno XIV più fior. 2,23 d'interesse, danno un'assieme di fior. 265,78, dei quali rimanevano alla fine del XV anno fior. 27. Inoltre non piccola parte ebbe la Società nella distribuzione dei sussidi delle due fondazioni Economo e Riess, dove i consoci più meritevoli furono di preferenza beneficati. La Fondazione E. Bascovich corrisponde anch' essa al suo benefico scopo. In quest' anno, uno solo essendo il concorrente, venne a questo aggiudicato il premio consistente in ordigni da orefice per il valore di fior. 20. Questo fondo aveva al 30 Giugno 1884 fior. 592.75. Da questi dati e dalle cifre esatte che si riscontrano nel Resoconto rilevasi qualmente la Società possiede un patrimonio di fior. 105,730.86. un aumento complessivo quindi di fior. 5,874,45 in confronto dell'anno scorso. Nè questa solida base è la sola su cui trovasi collocato il sodalizio. Il grado d' educazione raggiunto oggi dall' operaio offre non meno sicuro fondamento alle più care speranze; a questo incoraggiante risultato contribuì non poco la diffusione del giornale V Operaio, la Sala di lettura, fornita di numerosi giornali locali ed esteri, p la Biblioteca circolante ricca oggi di 1018 volumi (la Biblioteca interna disponibile a richiesta di singoli soci ne possiede altrettanti). Alla consorella. 1'„Unione Ginnastica", è dovuto un corso di ginniche lezioni tenutesi nella palestra di quella associazione a vantaggio dei giovani soci e figli di soci, i quali vi parteciparono in buon numero. Oltre a ciò, i giovani, per cura della rappresentanza, poterono dedicarsi all' utilissimo esercizio del remo, e con quale profitto lo dimostra chiaramente il fatto, che alla regata dei canottieri che ebbe luogo il 26 A8osto 1883 conquistarono 1' onore del secondo premio consistente in una medaglia d' argento. La Commissione permanente agii interessi della classe operaia, istituita per deliberazione del Cougresso generale, corrispose pienamente alle aspettative nutrite da chi ne consigliò 1' attuazione. Parecchie risoluzioni di non lieve importanza da essa proposte, ottennero già l'approvazione del Consiglio sociale. Altre questioni di sommo interesse per tutta la numerosa parte della cittadinanza che vive del lavoro, sono ora sottoposte ad uno studio accurato e coscienzioso da parte della stessa Commissione. 11 6 Gennaio 1884 fu una data cheandò degnamente ascritta nei fasti della Società ; in questo giorno, salutati da un' accolta infinita di elettissimi cittadini e da tutte le Società consorelle, fu festeggiato il decimo anniversario della Sezione femminile, alla quale venne presentato un Diploma d' onore in ricordo di questa ricorrenza. Pola. — Il resoconto di questa società operaia si chiuse con un introito di fior. 35660.60 e con un esito di fior. 35578.91, per cui rimasero in cassa fior. 81.69. L' attivo della società ammonta all' importo di fiorini 50095.09; il passivo a fior. 24716.08, i quali vanno di-visi iu anticipazioni da restituirsi fior. 23,431.52 ; azioni da estinguersi fior. 1149, interessi delle stesse fior. 136.56, Alla fine dell' anno il patrimonio sociale netto era di fior 25379.01. Società degli artieri. — Introiti fior. 11629.21 ; esito fior. 11243 02 ; — utile netto alla chiusa dell'anno fior. 386.19 ITmago. — L" introito ammontò a fior. 2107.9472," l'esito a fior. 1739.88' >. Il patrimonio sociale alla fine dell'anno era di fior. 1610.36. costituito da 11 cartelle dell'Istituto di cretito fondiario istriano per fior. 1100. dal civanzo cassa di fior. 368.06, da una restanza, attiva di fior. 81.30 e di mutui gratuiti in fior. 61, più fior, 125.30 quale Fondo Bandiera depositato in Cassa di risparmio. L'egregio nostro comprovineiale prof Giovanni De Castro ci,invia la seguente lettera, che volontieri pubblichiamo : Questione ti proprietà letteraria Milano, 17 febbraio 1885. Onorevole Direzione, Nel II voi. delle Opere edite ed inedite di C. Cattaneo, raccolte e ordinate da A. Bertani, coi tipi dei successori Le Mounier di Firenze, furouo inseriti quattro miei lavori ([primi pittóri fiamminghi; Dell'industria delle terre cotte in Italia e segnalatamente in Lombardia: Giovanni Glierardini ; Il romanzo contemporaneo in Francia1, da me, con molti altri, pubblicati nel „Politecnico", quando, dal 1861 al 1866, tenui l'ufficio di redattore pressò quel periodico. Appena m'accorsi di questo errore, ne informai 1' on. Bertani, il quale chiudeva così la sua rispnsta iu data 28 febbraio dello scorso anno: „Non avendo io voluto nè pensato mai ad attentare alla proprietà letteraria di alcuno, credo che ella sospenderà per il momento ogni pubblicità in proposito, parendomi che errore non porti penna e che vi ha sempre modo d1 intendersi con garbo fra uomini onesti che si rispettano '. La vertenza venne rimessa all' on. avvocato E. Rosmini, i i quale presi in esame i documenti che riguardano la paternità dei lavori sovraccennati, propose sulle prime all'onor. Bertani di assecondare il mio desiderio, „quello cioè — per servirmi delle stesse sue parole in lettera 18 novembre 1884 — di inserire in qualche parte del quarto volume la bramata dichiarazione, in quella forma che potesse riuscire decorosa per ambo le parti". Stavo in attesa della „bramata dichiarazione" allorché il medesimo giureconsulto, per incarico dell' ou. Bertani, mi propose ili rinunciare alla dichiarazione anzidetta, e di accontentarmi d' una lettera dello stesso Bertani da pubblicare sui giornali, Per rispetto verso me stesso e verso Carlo Cattaneo, rifiutai tale proposta, non volendo io stesso contribuire a perpetuare un errore, che offende la verità e la giustizia; giacche in questo caso incombe un preciso dovere, quello di pubblicala la rettifica nell' opera stessa ove si trova 1' errore. Comunicato per lettera all' ou. E. Rosmini il mio rifiuto, lo stesso mi rispose che al mio desiderio ostava „un" insuperabile difficoltà, il dissenso dell' EditoreJ ; 9 „parlando spassionatamente e senza reticenze io sarei costretto a dichiarare che pur troppo è maggiore il numero dei lettori del più screditato giornale di quello che ne abbiano i nuovi volumi delle acclamate opere di Cattaneo : da che ciò dipenda Ella potrà saperlo meglio di me ; ma intanto sarebbe con ciò stabilito che la soddisfazione lealmente offertale da Bertani, non solo è tutto quanto di meglio esso può dare, ma le apporta altresì una pubblicità assai maggiore di quella le verrebbe dalla dichiarazione che Ella in via così assoluta crede reclamare". Mi rivolsi, qundi, all' egregio avv. Edoardo De Montel, che sapevo amico del pari dell' 011 Bertani e del cav. Nobili, direttore della Casa editrice Le Mounier, ma anche i suoi buoni uffici, pei quali gli rendo le più sentite grazie, tornarono del tutto vanì. L'ouorevo.le avv. E. Rosmini gli confermò che le maggiori difficoltà procedevano dagli Editori. Scrisse 1' avv. De Montel tre lettere ai medesimi, 1' ultima delle quali con ricevuta di ritorno, ma non ebbe nessuni risposta. Non aggiungo parola di commeuto. Colle maggiori grazie mi dichiaro obbligata;,timo Giovanni l)o Castro Appunti bibliografici Profili filosofico-moraH di Zaccaria Maver. Gradisca, A. Bello 1884. Che il signor Zaccaria Maver, procuratore e-merito e strenuo difensore della legge „loico fosse" anche nelle cause un po' zoppe, 1' umile sottoscritto ne ha avute, ai tempi dei tempi le prove. Non io dunque mi maraviglio di questo nuovo filosofeggiare dell' egregio Maver negli ozi beati e serotini lungo le rive dell' Isonzo ; come non mi maraviglierei del sentir svernare fringuelli, cardellini, ciucipotole e ogni maniera uccelli dentro alle fratte, e ai boschetti di quel fiume beato ; perchè il meditare, e il mettere in carta i suoi cogitati è al signor Maver necessario e naturale come al cardellino il canto : ce lo dice egli stesso nella prefazione del libro. Si lasci adunque ognuno fare il suo verso, e stiamo a sentire 1' autore che canta, o per meglio dire filosofeggia. E non imbotta nebbia il signor Zaccaria. La sua metafisica palpita e trasuda attualità. Basta un' occhiata ai capitoli : Religione e scienza — Materialismo —- E poi nomi subito : Moleschott, Büchner, Lombroso, Stefanoni, Strauss. Quindi : Atomistica, Idealismo e Realismo ideale — Del Sentimento — Fonte e criterio del sapere. Mi affretto a dirlo adunque. L' egregio autore muove serrato in armi contro 1' avversario, la sua logica è stringente, le argomentazioni filate ; la guerra è cortese, le leggi della cavalleria servate sempre. Ma nelle brevi tregue talvolta, anziché riprender fiato o studiar meglio il modo di combattere dell'avversario, e provvedere alla difesa, pare che il campione si perda in uu minuto esame delle armi adoperate e ragioni molto sulla provenienza di queste, sulla materia, sulla marca di fabbrica : allora, per uscire di metafora, sparisce il filosofo e rimane l'avvocato: le argomentazioni si tramutano un po' in cavilli ; i libri in ischede in citatorie e libelli ; dalla scrivania s' alza sì di quando in quando a mirare largo largo, ma ecco ad un tratto la toga nera e le facciole bianche lo impacciano e pare gli tolgano il respiro; allora dalla cintola in su sorge dal banco e si disegna in profilo, scura scura, severa severa, la macchietta del procuratore ; e le sue lucubra-zioni filosofiche-morali sono veramente e conveuien-temente s'intitolano profili. Ho detto di quando in quando; perchè molte doti del filosofo rimangono sempre, specialmente dialettica non comune e robusta. È quindi un libro che può fare di molto bene, la lettura del quale raccomando ai giovani, che si buttano per moda a tutto negare, e ridono della metafisica, e che assaggiata un po' di fisiologia negli almanacchi, si danno ad intendere di avere appreso tutto lo scibile, e ridono degli alti ideali che affaticarono la mente di Platone, di Dante, del Vico, del Roma-gnosi e del Rosmini. E questo raccomando oggi in nome della santa libertà del pensiero a chi dimentico del proverbio : con uu bove solo non si fanno solchi, studia un libro solo e sente suonare sempre una sola campana ; la campana tirata dallo Schopenhauer, Moleschott, ed altri campanari, buona gente è innegabile ; ma che non hanno suonato, e non suoneranno viva Dio ! mai a stormo per i veri bisogni del popolo dal maschio di que' massicci torrioni merlati dei quali Pier Capponi e compagni tenevano in tasca le chiavi. Smetto subito da questo mio vecchio stile abbaruffato, e tocco terra. Nel capitolo 1 — Religione e Scienza — ben fece 1' autore a mirar largo largo, e a cercare le ragioni degli alti ideali anche nei libri antichissimi degli Indiani. Il tema è vastissimo però, uè può essere trattato e veduto per profili sia pur filosofici; la verità è una statua; e si ha a guardarla da tutti i lati, di dietro, da un fianco, dall' altro; ma soprattutto in faccia. Perciò lo studio è man- ! chevole ; specialmente dove tocca delle origini del- 1 f idolatria. (Veggasi a pagina 22) „ Quando collo svilupparsi delle altre sue facoltà V uomo perdette la solida base dell' operare o del pensare e da sintetico divenne analitico, volendo vedere più d? avvicino il suo Dio, plasmarne V idea, dandole forme { umane, attributi e linguaggio, allora ei cadde in Ir accio al dubbio, allo scetticismo, all' idolatria, alla \ miscredenzaL' argomentazione zoppica. Come mai j non ha avvertito 1' autore, che se tale fosse 1 'ori- ! gine dell' idolatria, cioè V analisi, allora sarebbe inutile parlare di religione e di scienza, e di conciliare 1 una con 1' altra? Senza analisi di fatto non vi ha scienza. Ma secondo 1' autore 1' uomo di sintetico, diventando analitico cadde in braccio all'ido- i latria, alla miscredenza : dunque è chiaro come il ; sole che la scienza nega Dio; e 1' autore, per con- j ciliare scienza e fede si è dato della zappa sul piede; ; ed ha sprecato carta e inchiostro. E di qui non si scappa. Il procedimento necessario e naturale dello spirito umano, la base fondamentale di tutta l'educazione, per cui dalla cognizione imperfetta vaga e oscura della cosa (sintesi primitiva per mezzo ! dell' analisi si guida 1' uomo alla piena cognizione i (sintesi riflessa) sarebbe adunque 1' origine dell' i-dolatria. La riflessione la scienza necessariamente ci allontanerebbero da Dio ? se così fosse, dal bambino che rompe il balocco per vedere che cosa c'è dentro, fino al filosofo che scruta il come delie cose, saremmo tutti necessariamente idolatri ; senza idolatria non si darebbe logico sviluppo delle facoltà. Troppo buon arcolajo, e troppo liscia matassa si dà così in mano agli avversari. Ben altra è poi 1' origine dell' idolatria, che è un fatto complesso e dipende da altre cause fisiche, intellettuali e morali. Prima fra tutte la corruzione del cuore ; e non delle ultime il decadimento della razza, proveniente dal clima, dall' abbandono, dalla vita stentata, lontana dal civile consorzio. Non è mio compito seguire 1' autore in tutte le sue meditazioni filosofiche; gioverà rilevare qualche altra inesattezza proveniente dal soverchio geuera-lizzare dell' autore, e dalla paura appunto dell' analisi ; e ciò non per la voglia di fare il Ser Appuntino, ma per tracciare con poche linee la fisonomia del libro. A pagina 24, detto degli spiriti maligni, e degl'Iddìi del bene e del male, 1' autore scrive: „Da codesto manicheismo, che permette a Satana di tentare Giobbe e Cristo e a disputare agli angeli l'anima di Fausto, l'uomo non si è potuto ancora liberare". Certo questa sentenza non può essere accolta da nessun credente di alcuna religione ; non maomettano, non israelita, non cristiano, che la credenza in un ente maligno, a parte le superstizioni, risponde a un bisogno intimo dell' umanità : anche il diavolo se non ci fosse, converrebbe crearlo. Lo spirito del male del vecchio e meno che meno del nuovo testamento, nulla ha a far" col manicheismo. Opera, ma sempre nella dipendenza da un ente supremo che lo vince, e addita all' uomo le anni per lottare con lui ; e qualche espressione poetica del libro di Giobbe va intesa con le debite riserve. Cristo, l'uomo perfetto, c' insegna nell' Evangelo a vincere la triplice concupiscenza, della carne, dell' oro, e dell'intelletto, la lonza, la lupa e il leone dantesco ; e quel brano è sublime nella sua semplicità. Pel credente adunque i demoni non sono soltanto personificazioni delle umane passioni, come asserisce il Maver, non principio manicheistico, ma un dogma. E nel Faust Mefistofele è vinto dalle spade in forma di croce che lo incurvano; vinto dalle lagrime di Margherita. E prima che da Goethe da Dante. Buonconte da Montefeitro narra a Dante come una lagriinuccia scappò dagli artigli diabolici dopo la battaglia di Campaldino. Quivi perdei la vista, e la parola Nel nome di Maria finì; e quivi Caddi, e rimase la mia carne sola. I' dirò il vero e tu il ridi tra i vivi : L'angel di Dio mi prese, e quel d'inferno Gridava : O tu dal ciel, perchè mi privi ? Tu te ne porti di costui 1' eterno Per una lagrimetta che '1 mi toglie ; Ma io farò dell' altro altro governo. i (Furg: Canto 5 E così nella Bassivilliana lo spirito d'abisso si parte „Vuota stringendo la terribile ugna. Adunque e la bibbia e la poesia ci presentano sempre Satana, spirito del male, essere caduto, che „Consuma dentro sè con la sua rabbia" e non già una potenza che lotti al tu per tu con forze pari col bene. Piuttosto 1' autore doveva prendersela con quell' altro assurdo manicheismo di nuova foggia del Mefistofole del Rapisardi e seguaci. Ho detto di sopra che l'autore incolpa 1' analisi nientemeno che dell' origine dell' idolatria. Non si creda però che egli poggi sempre alto con la sintesi; spesso analizza anche lui, e non ha punto paura di diventare perciò idolatra. Così a pagina 198, dove analizza, fruga, scruta, inquisisce per cercare che cosa sia sentimento. E si studia di definirlo con un periodo lungo lungo ; e il profilo così si svolge, serpeggia, si snoda, si sperde e sfuma. Passa quindi a parlare di quel sentimento, che è amore del vero, del bello, del buono e del giusto, e dell' assoluto, compendio di tutte le perfezioni ; e quindi si accapiglia un pò col Leopardi, che ammirò 1' assoluto e lo negò poi per sistema, quando cantò : .....Così fra questa Immensità s' annega il pensier mio, E 1' naufragar m' è dolce in questo mare". Al Maver pare cho il ni1 è dolce contrasti col si annega ed il naufragare ; e corregge al Leopardi il latino così: .....Tra questa Immensità s' accheta il pensier mio, E 1' approdar m'è dolce in questo porto. È vero che il correttor aggiunge „mi si perdoni la libertà" e mette così le mani innanzi per non cadere. Però casca, casca egualmpnte; e che capitombolo fa dare alla logica! Perchè nessun pilota, e neppure 1' i : r : capitano del porto di Trieste, ha mai potuto trovare porti tra V immensità ; e tutti sanno trovarsi questi dentro le coste; e mai in alto mare. Al povero Leopardi piaceva invece sognare e immaginare di là dalla siepe del paterno giardino sconfinati orizzonti ; e gli era dolce naufragare in quel mare ; e questo dice dolce senza alcuna contraddizione, comi si scrive e dice in date circostanze dolce il morire. Oli per amor del cielo, mi lascino iu pace il grande Recanatense i filosofi ! Ma se il soverchio generalizzare, o un esame troppo minuto fiuno qualche volta uscire 1' autore in sentenze non vere, gli rimane sempre il merito di aver scritto un libro con molto acume e buon senso ; ed io godo che queste pagine siano state lette la prima volta nel — Mente e Cuore — dai nostri educatori, i quali, usciti dalla tutela del concistoro vesovile, e svincolati dalle reti dell'ascetica di Monsignor Schneider ( Gesù per 1' anima sua ) potrebbero forse sentire una maladetta voglia di reagire in senso contrario, e sacrificare agli idoli del giorno. Perchè molte belle pagine si leggono in questo libro, e molte auree sentenze, che io desiderei vedere svolte dall' illustre autore in opuscoli minori, restringendo gl' intenti e mirando a fini parziali : iu tal modo svolti que suoi pensieri filosofici - morali nelle solitarie passeggiate potrebbero davvero divenire profili utilissimi. Tali le sentenze seguenti :—Non si dimentichi che quel principio che nell' uomo sente è quello stesso principio che imagina, ragiona e vuole" — (pag. 225) sentenza questa mai abbastanza ripetuta ai fabbricatori di sistemi che iu tante cassettine di carta pesta iu-! catorbiano le facoltà dell' anima, e tolgono nerbo, vita, armonia all'educazione. E altrove (pag. 218) i — L' Educazione (da educere) non deve essere un'in-! fornata, ma farina del proprio mulino. — E in che mulino si vada a prendere oggi farina ; e da che sacco provengano certi famosi piani, trattati, e libri enciclopedici, i nostri fanciulli, poveretti, Io sanno. Eloquenti le pagine 219, 220, 221, sull'educazione famigliare. E finalmente, per la bocca dolce, ecco una sentenza che vale tant' oro: — La politica non è solo scienza di polizia — (pag. 222). Parole nobilissime che rilevano la mente serena del magistrato in riposo ! p. y. Jìolìeiiiiio bibliografico Nozze Casini - Polsinelli. — In elegantissimo opuscolo, dalla copertina rosata, i bravi nostri triestini Salomone Morpurgo, Albino e Oddone fratelli Zenatti, pubblicarono coi tipi del Carnesecchi di Firenze, un poemetto che si sospetta essere del Boccaccio ; e lo pubblicarono per le nozze degli egregi loro amici Tommaso Casini ed Elisa Polsinelli. Il poemetto intitolato La caccia di Diana è in dieciotto canti ; e, secondo avvertono i compilatori, fu prima accolto dal Moutier nel volume XXV delle Opere vulgari di Giovanni Boccaccio. L'imitazione dantesca è evidente in parecchi luoghi del poemetto; ma il verso è elegante, chiaro, scorrevole, ciò che addimostra essere questa Caccia lavoro di un bellissimo ingegno, sia pur desso d' altro autore men ralente di chi scrisse il Decameron ; che, del resto, quale verseggiatore non è molto da riguardarsi. R. Marco Mounier nel celebre suo libro — U Italia è la terra dei morti? vengasi I'edizione di Napoli, stab tip. A. Morelli, 1860. pagine 39. pone il nostro Francesco Patrizio fra i più illustri filosofi italiani; a cauto a Giordano Bruno, a Bernardino Telesio, e a Tommaso Campanella. Annotiamo questo, perchè tutto può servire alla storia della coltura istriana. Di Francesco Patrizio troviamo ancora noi Ricordi bibliografici di Camillo Raineri Biscia (Livorno tip. di F. Vigo 1885) a pag. 129, dove si dà un cenno critico intoruo La Poesia Barbara nei secoli XV e XVI di G. Carducci, la seguente nota saW Eridano del preac-cennato nostro Patrizio ':* „A pagina 327 vi troviamo 1' Eridano di Patrizio da Cherso dell' Istria, curioso poemetto per t' argomento e la forma, curiosissimo pei Sostentamenti, onde volle il poeta spiegare le ragioni e il sistema del nuovo verno ] heroico. Della poesia è meglio non parlare. Parliamo del metro ; esso non essendo armonizzato di versi nostri ritmici, non poteva quindi essere vitale. 11 Patrizio discorre egregiamente della insufficienza dello sciolto a rendere P andamento epico ; accenna con acume alle ragioni onde dovrebbe informarsi il verso nuovo, il nostro esametro ; ma quando si tratta di lasciare la critica e porle in opera le regole col magistero dell' arte, dà un accozzamento di suoni impossibili a' nostri orecchi. Il Patrizio errò quindi nel non comporre il suo verso di versi ritmici beu ac-cordautisi fra loro. Errò per difetto, come per eccesso errò il Baldi, del quale nel suaccennato volume si legge Il Diluvio universale, scritto in versi risultanti tutti dall' accompagnameuto d' un endecasillabo cou un settenario. Come il verso dell'Istriano non riesce a formare un ritmo che ci giunga gradevole all' orecchio, per la soverchia strettezza della sua compagine ; così il verso dell' abate di Guastalla suona come due versi affatto distiuti fra loro. Nè P uno nè l'altro potè cacciare dal suo posto d'onore lo sciolto. E P Eridano, come il Diluvio, è mummia che dissepolta, può dare notizia di altri tempi all' archeologo ; non statua che nella purezza delle foime viva ancora, e ci commova col fremito sacro dell' arte." Negli stessi Bicordi bibliografici P egregio Biscia dice a proposito del recente scritto del prof, de Hassek intorno al Beseughi (Trieste, G. Balestra e C., 18S4) cose molto lusinghiere per P autore, tra le quali togliamo i seguenti brani: Gli scritti, che abbracciano Liriche, Versi Satirici. Prose Varie e P Epistolario, sono preceduti dalla vita dell' infelice istriano, ordita cou sicura e diguitosa forma dall'egregio friulano Hassek; il quale in questa occasione pure esprime il forte suo entusiasmo per le bellezze dei Cosmo, dando uno schizzo smagliante della pittoresca Istria. Al Zenatti sarebbe piaciuto che l'erudito editore avesse annotato più largamente gli Apologhi e le allusioni accompagnate da spiegazione più estesa, discorrendo in pari tempo con più ampiezza e vivacità di quella pleiade di letterati raccoltasi in Trieste innanzi al 48 quando il poeta d' Isola vi passava sconsolato gli anui suoi ultimi. Nullameno il dotto professore di Udine, ora insegnante nel liceo triestino, (*) ha dato una nuova prova della serietà de' suoi studi, e l'Istria gli sarà grata per avere innalzato un imperituro monumento al Besen-ghi, di cui invano nel cimitero della ricca Tergestum si ritrova memoria; invano si cerca una croce, una pietra che additi ove riposano le ossa di quel valoroso italiano scrittore di versi, ov'è vivo l'ideale d'una patria libera e che combattè gloriosamente per la indipendenza della Grecia. Rileggendo noi ora le poosie del Besengui impareremo meglio a conoscere un poeta d'alto sentire che rav-vicinossi al mesto poetare di Leopardi e di Alfredo Müsset ed alla vita di loro infortunata; se non che l'istriano dal recanatese e dal parigino differì per l'indole sua fiera e per la sua speranza nall' immortalità. Il Besenghi, che cantò con versi mirabili P amore e la morte, fu de' pochissimi letterati che trovandosi a livello della coltura moderna meglio ritrassero la torbida mestizia e le aspi- (*) Il testo dice liceo ; ma il signor Oscarre de Hassek è veramente professore di Belle lettere italiane nell'I. R. ginnasio tedesco dotato dallo Stato. N. d. R. razioni vaghe ed indefinite dell'odierna umanità pensante, quindi la sua fama s'infuturerà, come quella dol povero Giacomo, più di tutti gli scrittori del nostro ristaura-mento civile. VITI E FILLOSSERA.*) Anche l'anno scorso la peronospova ha recato serii danni ai vigneti di molte provincie italiane. Che farvi adunque? si chiede da ogni lato. Io credo che questo sia più che mai il caso di mettere in pratica la massima principiis obsta, di Ovidio, cioè di adoperarsi attivamente per arrestare la malattia quando essa è soltanto ai primordii ; lasciandola progredire di troppo, è poi impossibile o quasi impossibile di vincerla. Vediamo dunque come deve regolarsi il viticultore in così grave emergenza. Prima di tutto non dovete confondere, come fanno tanti, la peronospora coli' erinosi ; ecco in breve i caratteri dell' una e dell' altra malattia. 1 eronospora : È prodotta dalla crittogama peronospora viticola; occupa la pagina inferiore delle foglie con filamenti bianchi quasi cristallini; ha l'aspetto di fiocchetti che si direbbero efflorescenze saline; ad esse non corrispondono rigonfiamenti in veruna parte delle foglie. Erinosi: E prodotto da nn acaro microscopico, in phytoptus vitis ; offre dei rigonfiamenti nella parte superiore delle foglie : le macchie sono bianche prima, poi rossiccie e si vedono nella pagina inferiore in corrispondenza ai detti gonfiamenti ; esse sono pelose. Per quanto P erinosi possa recar danno ai vigneti, essa non è mai tanto da temersi quanto la peronospora; gli è quindi a combattere quest'ultima che debbono specialmente essere oggi diretti gli sforzi dei viticultori. Vi dirò intanto, che non appena si scorge qualche foglia infetta, si deve staccarla ed allontanarla dal vigneto; voi forse non crederete alla grande efficacia di questo rimedio preventivo e radicale...; ma è un fatto constatato più volte in questi scorsi anni, dacché la peronospora venne portata fra noi colle viti americane (1), che portando via dal vigneto le prime foglie attaccate dal malanno, questo si arresta o almeno si riduce a poca cosa, mentre in caso diverso si diffonde con una certa rapidità, cosicché è poi spesso impossibile impedirne la diffusione. Adunque si visiti spesse volte e con cura il proprio vigneto, e se ne osservi bene il fogliame ; appena la malattia fa capolino, si staccano le foglie infette e si abbruciano, se possibile. Ma, mi direte, che cosa fare se la peronospora si manifesta d' un tratto con una certa intensità? Dovremo noi spogliare delle sue foglie una grande parte del vigneto? In questo caso bisogna subito ricorrere alla cura energica dei liquidi caustici polverizzati ; è inutile perder tempo a solforare, perchè disgraziatamente lo zolfo non ha nessuna azione contro la peronospora ; bisognerebbe almeno mescolare 50 di zolfo con 50 di calce spenta di recente, cioè inumidita, o con cenere. Per amministrare con efficacia i liquidi caustici sulle viti colpite dalla peronospora, bisogna adoperare i così detti polverizzatori ; P anno scorso però la benemerita Agenzia Enologica Italiana di Milano ha messo in ven- *) Continuazione, vedi N. 4. ') Così la pensa l'illustre Di Thümen e credo abbia ragione. (Vedi Weinlaube, n. 29 del 1881). dita uua pompetta speciale, che si porta appesa alla cintura, e colla quale si spruzzano sulle foglie infestate le soluzioni di soda. L'idrato di sodio in soluzione al 0,5 od all'uno per cento ha dato sin qui i migliori risultati tanto in Italia quanto nel mezzogiorno della Francia. L' idrato di sodio è la co^ì detta soda caustica : però alcuni, tra cui i signori Garzotti e Vivenza, propongono invece il carbonato di soda, in soluzione al 2 o 3 ,,/„. Comunque sia, gli è sempre coi liquidi caustici polverizzati che si deve combattere la perouospora. L' uso della soda caustica è stato consigliato dal sig. Cettoliui Sante dietro le prove da lui fatte a Collegllano presso quelìa Scuoia viticola. Dapprima egli adoperò il carbonato di soda in soluzione ( come consigliava il Gazzotti ) ma la prova non gli riesci, perchè dopo due giorni la pero-nospora tornava ad apparire sulle foglie. Miglior risultato diede una soluzione al 3 per cento, colla quale egli aspergeva le foglie coli' intervallo di due giorni fra una aspersione e 1' altra. Come si spiega questo insuccesso? il sig Cettoliui se ne diede tosto la ragione pensando che egli aveva adoperato il carbonato chimicamente puro, mentre il Gazzotti si era servito di quello del commercio, il quale contiene dal 15 a! 20 per cento e più di soda caustica oltre ad altre sostanze. La perouospora periva adunque per 1' azione della soda caustica, che ó appunto l'idrato di sodio sovra consigliatovi. Il viticultare pertanto si prepari la sua soluzione caustica, e col polverizzatore percorra in Giugno il suo vigneto cospargendo le foglie infestate dalla perouospora ; ripeta poi la cura se il male non si dà per vinto. Quando 1' annata trascorre calda e umida, vale a dire favorevole alla moltiplicazione della perouospora, bisogna stare molto attenti e non lasciarle prendere piede. Sappiate adunque regolarvi in avvenire. (Ecott. rurale di Torino) Potatura annuale delle viti sui colli di Torino Fra il lamento generale pel pessimo raccolto d' uve fatto in quest' anno, è una vera soddisfazione per un coltivatore il poter dire di essere riescito ad avere un raccolto discreto. Nel piccolo mio fondo sulla collina ( 1 ettare circa di vigna), ho avuto quasi i 3[4 del raccolto dello scorso anno, mentre invece i vari fonai a tue dattorno, non produssero se non 1]5 del raccolto dell' annata scorsa. Le condizioni eguali della terra e delle stagioni, mi portarono a cercare la causa di questa disparità di raccolto altrove, che nella buona o cattiva annata, a cui carico si mette dai contadini la buona o male riescita del raccolto, e mi sono convinto doversi tal fatto in gran parte attribuire alia buona pratica che n'ho io di potare le mie viti appena finito il raccolto, ed ecco in qual modo mi sono spiegato gli effetti ottenuti. Lo scorso anno (1883) s'ebbe una siccità straordinaria, nell' autunno quasi mai piovve e la vite si trovò nella necessità di ripartire la poca linfa, che ' aveva potuto tirare dalla terra, fra le varie gemme di cui andava fornita. Queste gemme in una vite a coltura a filari, come si usa da noi sulla collina, sono per lo meno un duecento, fra quelle dei sar-men, che hanno prodotto, e quelle dei tralci che produrranno 1' anno successivo. Potando d'autunno portai via il centinaio di gemme dei sermenti vecchi, cosicché la linfa tutta si portò sul centinaio di gemme dei tralci nuovi e queste si svilupparono abbastanza bene per darmi un discreto raccolto, mentre se a-vessi lasciate tutte le duecento gemme, tutte sarebbero intristite, e quelle che avrei conservate dappoi, dopo la potatura, mi avrebbero dato il raccolto che hanno ottenuto gli altri. Conosco la distinzione che si fa tra il potare d1 autunno e il potare sul finire dell' inverno (disquisizione che per me ha spesso per movente, la mala inversione del proverbio del saggio : chi ha tempo non aspetti tempo, nella proposizione del pigro : c' è sempre tempo a fare una cosa finché non s'è fatta), ma io tengo per fermo, che salva forse qualche regione aprica, torni meglio opportuno potare appena finito il raccolto, quando cioè la vite ha ancora la linfa in movimento. Questa poca linfa autunnale, attratta ed eia-rata dalle foglie che proteggono e sviluppano le gemme, si porta su queste ingrossandole; e nella parte della pianta ove avrete levato il ramo inutile, si rapprende sul taglio fatto in guisa di gomma, e vi tura le ferite, le quali sono già rimarginate prima che arrivi il gelo e cessi completamente il moto della linfa ascendente. La tempestiva potatura che mi ha giovato in un' annata asciutta, non giova certo meno in un'annata umida e piovosa. L' acqua delle piogge del tardo autunno che cade sui varii tralci, sui rami della vite, che vi ammolla i pali e i sostegni delle viti, si ferma nelle legature, vi dà un complesso di umidità alla pianta ed all' ambiente in cui essa si trova, che essa non può a meno di soffrire, specialmente in questi tempi di crittogama e perouospora ; togliete tutti i sarmenti e rami inutili, scadenti, cioè, la vite con quel tanto di rami che deve conservare pel raccolto avvenire, e la pianta meglio aerata si asciugherà molto più facilmente, e i pali pure ne avranno vantaggio sommo e non marciranno così presto. Ho creduto bene di portare a conoscenza di V. S. Illustrissima queste idee, affinchè possano giovarsene i miei colleghi del Comizio*) e quanti si interessano della coltura della vite, sui nostri colli tanto negletta. G. Spanna *) La lettera è diretta al presidente del Comizio Agrario di Toi-ino ed è stampata nell'Economia rurale, fascicolo 24. UAFODlSTIiU, Tipografia il; Cullo mora Pietro àlailonizza — Anteo liravisi edit. e redat. responsabili