ANNO VII—n. 21. :• Sabbato 22 Maggio 1852 Antichità Romane. K : t > »: VIA • PVB LATPXX Il Sig. Francesco Bradamanto ci annuncia da Parenzo il rinvenimento di un cippo della forma sopra segnato, alto da terra piedi tre e mezzo (austriaci) sotterra uno e mezzo, largo un piede, grosso nove oncie di pietra calcare, privo di qualunque decorazione sul quale stà inciso VIA • PYB che noi leggiamo via pub- LAT • P • XX blica lata pedes viginti. Fu dissotterrato nei campi detti Prine a mano sinistra di strada esistente presso la località Cimarclo alle falde del Monte di S. Marco in prossimità all'orto del D. Alvise de Salomon, a mano sinistra guardando a levante; a breve distanza della città di Parenzo, su vecchia strada che si dirige alla località detta Pizzughi e prosegue-alterne.-. Fu tratto il cippo rompendo una lunga maceria quale. nella parte superiore mostra sassi gettati alla rinfusa,' nell'inferiore, più internamente, opera a sacco, cementata, per cui sembra fosse limite di via a solida macerie, alla quale il cippo apparteneva. , Noi non dubitiamo che il cippo scoperto, (che auguriamo ripari nel porticato dinnanzi al.Duomo fra le altre antiche pietre che vi si custodiscono) segnasse la pro^ prietà e 1'uso della strada, secondo costume di cui abbiamo altri esémpi nell' Istria per vie privale o precarie. Dalle cave di Sestiana abbiamo tratto or sono molti anni due pietre già preparate per collocarsi, su d'una delle quali stà scritto: VIA PRIVATA sull' altra : • YIEAM PRECAREAM Questa di Parenzo segna via puhlica di quella specie di vie che erano costrutte a spese dello Stato, che erano di proprietà dello Stato, che servivano al movimento delle milizie e delle poste da città a città od a fortezza od al mare, che si dissero anche consolari, imperatorie, basiliche, e che taltogiorno si dicono in Istria strade regie o maestre. La strada pubblica, strada principale che da Aquileja metteva a Pola e lino al porto fla-^ natico di Pola, cioè a Medolino, passava a Parenzo ove facevasi sosta come sembra, e da Parenzo usciva per andare al culleo o sacca di Leme, ed è quella stessa a cui riferisce il cippo rinvenuto. A Parenzo veniva da Castellier ove ancor esiste od esisteva un cippo miliario col numero XXVIIII, chè tante in verità sono le miglia romane da Trieste; più in là toccava la località ove stà la B. Vergine in campo, già luogo dei templari, poi dei Cavalieri di.S. Giovanni di Rodi o di Malta, e passava i) Quieto nel silo che dicono il portone, La lapida parentina addita la larghezza della via, e ciò contro gli usurpatori che avessero voluto restringerla portandola a minore larghezza dacché lalarghezza delle strado non fu costante dapcrtutto, evi ebbero strade di 15 piedi romani, di 25 piedi come 1' Appia; e le massime strade in tempo di eccedenza imperiale furono tre volte venti piedi, divise appunto in tre. Preziosa è la lapida parentina perchè ci annuncia che la strada pubblica d'Istria aveva la larghezza di 20 piedi romani, ossia di quattro passi pari a tre tese viennesi circa. Alla quale cifra in piedi ro^- mani porremo di confronto la strada interna di Pola che mette alla Yia gemina la quale è di 20 piedi, la Strada fuori di porta Giovia o Gemina che è di 40, la strada fuori di porta Minervia od Aurata al Campo Marzo che è di 30, la strada esterna di Porta Erculia che è di 15. La larghezza di 20 piedi è anche quella che si vede nelle strade romane che avanzano, DIPLOMI tratto dall'Archivio Capitolare di Trieste. Il diploma che pubblichiamo siccome tratto dall'archivio capitolare di Trieste, fu da noi veduto in carta autografa che dalla scrittura giudichiamo essere del tempo intorno al 1200. È integro, non porta nota alcuna di tempo o di luogo, e vi è impresso sigillo in cera, maggiore di uno scudo, circolare con all'.intorno SIGILLYM . , . . IS ed in mezzo una spada sguainala perpendicolare coli'elsa all'insù. In registri delle carte capitolari latti intorno il 1790, Io si dice diploma del Vescovo Dietmaro, e vi si indica l'anno probabile 1134; però crediamo che sia e-quivoco pel nome di Dietmaro, che figura nella carta, il quale non è certamente il vescovo di tal nome, che fu dal Tirolo. La persona che dettava la carta non era certamente ignobile se usava del titolo Dominus, nè ignobile il Det-maro che egualmente è detto Dominus. La carta non è fatta in Istria, a noi ha odore di carta formata nel Car-nio od ai confini. Enrico colla madre e coi figli dava tutti i pueri aquisiti o di aquisirsi da Detmaro con Die— mota sua moglie sulle terre del vescovato, alla città di Trieste, ad oggetto che tutti nella stessa giustizia sieno partecipi del predio e del benefizio. Confessiamo di comprendere ben poco di ciò che dispone questo diploma; e piuttosto che spiegarlo proporremo quesiti. Questi pueri sono dessi servi, o piuttosto scudieri come si indicano solitamente con tal nome nei diplomi istriani ? Se liberi, come dicesi di loro: aquisivil et acquiretcumuxore sua o queste voci indicano procreati? Sono questi pueri dati alla città di Trieste, che piuttosto si sarebbe detta comune di Trieste volendo indicare la persona di autorità, o non piuttosto và l'indicazione di città di Trieste riferita alla chiesa di S. Giusto, la quale era diffatti custodi-, trice del diploma? Se servi, come potevano questi pueri aspirare a partecipazione di beni e di benefizi? Non sembrano i pueri cangiati di grado, per questa dedizione, se alla chiusa del diploma si dichiara non possibile il ricon-> durli: ad pristinum gradum?. Questi pueri vengono ve-v ramente dati alla chiesa di S. Giusto di Trieste,, anzi che al comune, od a chi altro? ■ ■ ■ j r Di alto rango sono i Datori, di aI(o rango è il proprietario od il padre dei pueri, di alto rango sono imolti testimoni intervenienti alla carta, la quale dovrebbe dirsi privata, mancando Nodaro od altro che ne facia le veci. Ripetiamo che la disposizione della carta è per noi oscura, e non sappiamo riportarla ad altra istriana di specie che sia anche in parte qualcuna affine; e se non a-vessimo veduto il suggello originale appostovi, in luogo ove frodi di carte non penetrarono, dovressimo dirla copia imperfetta di altra carta. Nel prossimo numero daremo carta friulana del Patriarca Raimondo nella quale figurano i figli presenti e futuri di un ministeriale del Conte di Gorizia, e di donna figlia di ministeriale del Patriarca, che doveva dividersi fra questi due potentati. Soggezione di Maggia al Doge Enrico Dandolo DEL 1202. La Carta per la quale fu trasmessa la memoria della soggezione di Muggia al Doge Enrico Dandolo di Venezia, a quello stesso che recavasi coi crocesegnati alla conquista di Costantinopoli, e nell' incontro appunto che recavasi a quella volta, la quale qui riproduciamo, contiene la stessa specie di patti che Trieste prometteva con-I temporaneamente, cioè obbedienza, tributo e servigio di mare sia nella flottiglia, sia nella custodia del golfo contro pirati. Varia questa carta, da quella dei triestini in ciò solo, che questi riconoscevano di avere perduta la grazia ducale, certamente in una di quelle sì frequenti resistenze ed aperte opposizioni che ad ogni tratto facevano i triestini al dominio veneto. La Muggia che sottoponevasi al principe veneto non è 1' odierna, che allora era borgata, e luogo di porto e di cantieri dell' altra Muggia sul colle la quale ha nome di Muggia vecchia e fu distrutta dai Genovesi nelle guerre contro Venezia, e che intitolavasi Castrum Muglae, luogo che al tempo della carta era bensì comune, però tributario al Vescovo di Trieste, il quale parte ne diede a baroni, parte fè permuta nel 1295 col Patriarca di Aquileja, al quale rimase fino al cessare della dominazione terrena dei prelati. Nuova chiesa di Muggia intitolata al Ss. Giovanni e Paolo, consacrata nel 1263, rimasta soggetta alla chiesa di S. Maria de Castro Muglae ossia di Muggia vecchia. Il borgo del Lauro, ossia l'odierna Muggia nuova era certamente abbondante di popolo, se nell 263, diroccata la chiesa antica, o per vetustà, o per insufficienza, altra costruivasene, che è l'odierna sulla quale vedesi ancora lo stemma gentilizio del Vescovo di Trieste Ar-longo dei Yisgoni, rifatta la facciata, in pietra quadrata a' tempi, del Vescovo Nicolò Aldegardi fra il 141Q ed il 1415, La nuova chiesa» quella del 1263 avrpbbe natu-* talmente avuta la condizione della preesistente, la quale non era più che di parocchiale, come si sarebbe detto al-» lora, di cappellania festivale come si .direbbe oggidì, poiché la sepoltura, il battesimo, e ]a penitenza erano di diritto della chiesa di Muggia vecchia. 11 Vescovo sembra non fosse alieno dall' emancipare-Ia novella chiesa dalla madre, formandola pieve da sé; ma interpellato il popoli? questi manifestò desiderio che la novella chiesa al paro della precedente nel battesimo, nella penitenza,e nella tumulazione continuasse soggetta alla chiesa Madré, nel che durò fino alla distruzione dell'antica Muggia, ed alla concentrazione di ogni popolazione nella Muggia nuova. Il battesimo è esenziale caratteristico di chiesa madre, imperciocché il fonte battesimale riservato dapprima af solo vescovo ed alle chiese cattedrali, fu poi accordato alle plebanali, neppure a tutte; del pari la sepultura, così che gli antichi cimiteri sono guida a riconoscere le antiche pievi, in tempi posteriori ebbero le parocchie il sacro fonte, e lungamente durò il divieto di confessare le colpe e di chiedere la penitenza ad altro sacerdote che al proprio paro co. Dedizione di Umago al Principe Veneto NEL 1269. Umago era stato donato ai Vescovi di Trieste per le proprietà di quella chiesa che già era il Vescovato Si-pariense, ed unito alla diocesi di Trieste. Umago era comune, nè cessò di esserlo per i diritti baronali che il Vescovo esercitava sopra i propri amministrati, così che in quel territorio come altrove, due erano le autorità di prima istanza come diciamo oggidì, poi quella marche-. sale che stava al di sopra e comprendeva i poteri maggiori. Nel 1269 il Comune di Umago imitava l'esempio dato due anni prima dai Parenzani, e davasi al Principe Veneto. Non era questa una prima dedizione, crediamo che anteriormente Umago fosse fedele ai Veneti come altre città, ma pensiamo che fosse quella dedizione con cui ai Veneti si dava diritto di mandare podestà di loro nomina, promettendo di stare agli ordini del Principe Veneto ; così che la dedizione non ci sembra altro che am-pliazione della precedente condizione. Il Principe Veneto aveva dato ai Parenzani in podestà quello stesso Giovanni Campolo, che nel 1273 e 74 fu Capitano di Pirano e dettò gli Statuti di quella città, dei quali abbiamo pubblicato un brandello; ad Umago fu dato in podestà Marino Bembo. Quelli di Umago chiedevano al Principe Veneto che il podestà durasse in carica due anni, contro l'uso dei Veneti che tenevano in carica i podestà per 16 o per 32 mesi secondo che il reggimento era di terra o di mare, ma il biennio era usitato in Istria; i governatori deputati dai patriarchi stavano in carica due anni, così anche frequentemente i podestà, e fu appunto Giovanni Campolo che fé addottare ai Piranesi di cangiare ogni anno anzi cUe ogni biennio il podestà. Il Principe Veneto nell' accogliere la completa soggezione di Umago, dichiarava espressamente, come fece in caso di altre dedizioni, di voler intatti i diritti e le ragioni di qualsiasi persona che avesse diritto in quella terra, ciò che deve intendersi del Patriarca e dei Vescovi di Trieste. Dall'atto di dedizione vedesi che Umago era in condizione depressa, e che coli' ajuto di Dio aveva speranza di riaversi; e si riebbe didatti. Imperciocché quell'isolotto sul quale stà oggidì Umago, e forma il grosso del-1 abitato, non era più tardi come oggidì tutta la terra; esiste ancora in gran parte una cinta in muro solido che abbracciava ben più terreno che non l'isolotto, e la distribuzione a vie, le chiese frequenti, il claustro dei Serviti attestano che nel secolo XV fosse coperto da caseggiati. Udimmo di altra cinta più esterna della quale però non potemmo avere contezza. Umago fu depresso e pressoché annichilato nelle pesti del secolo XVI e precipuamente dall'ultima più micidiale che non tutte le precedenti, del 1630, nè potè ancora ricollocarsi nella condizione a cui è chiamata per felicità dì condizioni fisiche, ed alla quale si avvia. alcum podestà' veneti di rovinato ED ALCUNE MEMORIE PATRIE CONTEMPORANEE (Continuazione). 1752-53. Daniel Balbi di Francesco. (Suo ingresso li 3 febbraio 1752). 1. Il Senato in Pregadi deliberava li 3 febbraio 1752, dopo l'ascolto delle Parti contendenti in Collegio dei Savi, cioè Canonici e Sacerdoti di Rovigno, che fosse lecito ai Canonici anco in avvenire di far le rinunzie, che fossero veramente libere, dei loro Canonicali, ed anche procurarsi le coadiutorie nei casi permessi dai sacri canoni, e non proibite dal sacro Concilio di Trento, previe sempre le attestazioni del proprio vescovo, da non rilasciarsi se non nei casi sopra esposti, ed in favore di persone degne e suddite del Veneto Dominio, e che a-vessero prestato diligente servizio alla Chiesa, come vogliono le canoniche e pubbliche leggi, non dovendosi licenziare quelle Bolle, che fossero impetrate senza le predette attestazioni, com' era stato altre volte provveduto. 2. In ordine a Ducale del Senato, il Capitanio di Raspo Lorenzo Contarmi con Proclama 22 Marzo 1752 facea noto a tutti i pubblici Rapp.ti, che in App.e avrebbe fatta la visita di tutti i boschi e luoghi boschivi della Provincia si pubblici che privati, acciocché si trovassero sulla faccia dei siti i Capi dei rispettivi Comuni, nonché i proprietarj e confinanti, onde poter adequatamente tutelare e conservare le pubbliche e private ragioni. 3. Con Ducale del Senato 13 Maggio 1752, il Doge Francesco Loredan incaricava Antonio da Riva Podestà di Rovigno a dover esprimere in lettera e non in numero la somma del dispendio, che fosse occorso per occasione di fabbriche, o di altro. (Notisi, che fatto ingresso li 3 febbraio 1752, e durato sino li 9 giugno 1753 il Balbi, come dal Quaderno dei Rettori di Rovigno, che si conserva in Comune, non so come in data 13 maggio 1752 comparisca ancora il predecessore da Riva). 4. Nella vertenza tra la pubblica Rappresentanza e il Capitolo di Rovigno sopra il Cerimoniale che pratica-vasi col Podestà quando si fosse portato ad udire la predica nel Duomo nell'Avvento e Quadrigesima, il Consiglio dei X in riflesso, non tener li Canonici alcun rituale in proposito, nè prodottovi quello delle Collegiate della Provincia, perchè forse anch'esse prive, con Decreto 21 agosto 1752 trovava consentaneo che avessei a regolarsi il Cerimoniale in conformità della pratica della Cattedrale di Capodistria, cioè:, dovesse, il Podestà far percorrere l'avviso di sua venuta, e conferirsi in figura pubblica con la Romana, ed il seguito dei Giudici e Deputati; essergli sul limitare della porta esibita l'acqua benedetta da un Canonico, e celebrata dopo la predica una messa privata da semplice sacerdote all' altare più adattato al sito dove si fosse collocato, facendogli l'inchino avanti e dopo la messa, e l'Ajutante o Cameriere di;esso. Podestà dovergli porgere al bacio il Yangelo, dopo letto dal sacerdote. 5. Essendo venuta in cognizione la Carica di Capodistria Nicolò Bembo, che in più occasioni con la forza dei premi e promesse, minaccie ed altri illeciti modi veniva tolta ai votanti nel Consiglio sì del Comune che del Popoln cii Rovigno la libertà del voto, con Proclama^ dei 4 novembre 1752, alfine di togliere inconveniente così notabile, e mantener illesa la libertà della votazione, senza di che in confusione e disordine sommo sarebbe involto qualunque pubblico Corpo, comandava — Che fossero proibiti a chiunque di questa Terra con qualunque votante i brogli di qualunque sorta o colore — Che nel tempo delle riunioni dei Consigli fosse a chiunque proibito il muoversi dal proprio posto per brogliare; e in caso di opposizione a qualche Parte, non potesse alcuno farla se non nel luogo solito dell' arringo — Che del pari fosse proibito a chi si sia il girare nell'ore insolite della notte per far broglio, e proibite le radunanze private e conventicole di più persone in qual si voglia casa e luogo per 1' oggetto medesimo — Che fossero eziandio vietati i giuramenti tanto prima che dopo le ballottazioni ad o-gnuno dei votanti, non dovendosi per alcun modo render conto del voto, che doveva essere coscienzioso, libero, e indipendente — e ciò in pena ai contrafTacienti di bando, galera, e prigione; con avvertimento, che sarebbero ricevute denunzie secrete anche nelle Cassette eh' erano sotto della pretoria Cancelleria in Capodistria. 6. Per commissione del Magistrato delle Artiglierie, la sudd.a Carica di Capodistria con Lett.a 12 gennaio 1753 ordinava al Kalbi, di fornirla d'una distinta nota della qualità e quantità delle artiglierie, armi e munizioni, che guarnivano questa Piazza in ogni e qualunque suo sito; e il Podestà con risponsiva dava la nota seguente, firmata da Antonio Segala Capo (io suppongo delle Ceroide) cioè: Sopra le mura di S. Euffemia cannoni di ferro da 9 N. 6. Nel pretorio Palazzo cannoni di ferro N. 4, due da dodici, e due da nove. I etti da cannon con le ruote per altro patite da caroli N. 10, sei mancanti dei pironi e lame di ferro. Nelle munizioni palle di ferro da nove N. 184, e da dodici N. 22. Nè cazze di rame, nè modoli da scovolo, nè calca-dor, nè scartozzi, nè scovoli. Schioppi di ragione del Comune N. 132, tutti a mal ordine, mancanti di azzalini e di casse, e le casse in rovina e rotte. Nel Casello della polvere barili N. 6, da molto tempo spedita, nè mai dopo visitata, nò soleggiata e spolverizzata, e perciò forse anche patita. 7. La sudd.a Carica di Capodistria con Lett.a 2 maggio 1752 rimetteva la sua Terminazione 28 antecedente aprile consona ad anteriori disposizioni in proposito (V. 1746-47-48, N. 5.), con la quale per ripiegare agl'inconvenienti per i quali andavano perduti molti fondi e capitali delle Scuole e Luoghi pii della Provincia, ordinava che dentro venti giorni si dovessero francare o prorogare tutti i capitali da coloro che da più di cinque anni avessero avuto beni o danaro a livello delle suddette Corporazioni, con la rinnovazione o ratifica delle pieggierie idonee e sufficienti — altrimenti si avrebbe passato alla francazione senza altre intimazioni. (Continua). RIEMPITURA. Al 1592-93. (Dopo la sesta memoria aggiungasi quest'altra). In quest'anno 1592 fu fabbricata in questa Città la chiesetta di S. Croce, come dal detto millesimo scolpito su la soglia superiore della sua porta, con frammezzo un'arma gentilizia, la qual è ripetuta sopra la pala rappresentante la deposizione della croce. L'arma è un campo rotondo nel ventre d'un'aquila a due teste, diviso da fascia orizzontale. Stemma con aquila a due teste è pure sopra la colonna media dello Stendardo in questa Piazza, ma l'aquila taglia le fascie traversali dello scudo. Ciò non pertanto non si andrebbe forse lungi dal vero fissando 1' erezione di quello sotto il reggimento di questo Podestà Francesco Baffo, che certamente poneva il suo stemma e all'una e all'altro, come usavano i veneti rappresentanti di porvi il proprio stemma su quanto veniva costruito di ragion comunale. Al 1706. (Antonio Corner figura ai 19 febb.o e Giovanni Premarin figura ai 18 luglio). Al 1709, ed alla quarta memoria, dopo disimpegno. E da annotazione fatta in calce del Lib. Consigli 1702 al 1720 si ha, che li 29 agosto 1714 furono consegnate a Jure Procrajaz q. Mattio 500 fedi di Sanità e nel 1719 altre 500; e che nel 1724 né furono consegnate del pari 500 al rev.do Carlevaris. • ( .. Anno 1263. Die III. exeunte. Decemb. Ind. VI. in burgo Lauri. Vescovo Arlongo di Trieste nel consacrare la nuova Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo di borgo del Lauro, ossia di Muggia nuova la mantiene soggetta alla chiesa della B♦ V, di Muggia vecchia. (Da copia privata). In nomine Dei Aeterni Amen* Anno domini millesimo du- centesimo sexagesimo tertio, Indictione sexta die tertio exeunte Mense Decembris. Cum D. Arlongus Dei gratia Episcopus tergestinus esset in burgo Lauri ad instantiam et petitionem D. Senexi Potestatis Muglae, nec non totius Comunitatis ipsius loci ad con-secrandum unam ecclesiam quae erat facta in dicto burgo ad honorem Sanctorum Johannis et Pauli, Dictus D. Episcopus volens scire a Potestate et comunitate praedicta, utrum ipsi vellent aut non quod ista Ecclesia quae modo facta est, sit supposita sive subjecta Ecclesiae Sanctae Mariae de Castro Muglae, sicut illa quae ante erat in dicto burgo, scilicet in baptismo, in poenitentiis, in sepulturas et in omnibus aliis quae ad divinum officium pertinent. Unde supradicti Potestas cum Comunitate pluries nominata, auditis verbis supradicti D. Episcopi, et habito Consilio cum piena deliberatione venerunt coram ipso D. Episcopo et dixerunt se velie quod Ecclesia nuper per eos facta ad honorem Sanctorum Johannis et Pauli in isto burgo Lauri sit supposita sive subjecta secundum quod vos dixistis sive propo-suistis et secundum quod antiqua ecclesia erat supposita dictae Ecclesiae S. Mariae de Castro Muglae, prò ut superius dicium est. Actum fuit in burgo Lauri in Ecclesia praedicta ante quam esset consacrata Huic reifuere testes D. Rodulphus de Duino, D. Henricus destun D.^Andreas plebanus S. Ulderici de Pangiollo et alii plures quamplures testes ad hoc rogalis. Ego Zaccarias Notarius Muglae his omnibus interfui et a dicto Potestate et praedicta Comunitate rogatus scripsi et roboravi. Anno 1202. Die V. exeunt. Octob. Indictione VI. Muglae. Il comune di Muggia sottomette se medesimo ad Enrico Dandolo Doge di Venezia. (Da stampe di autori). Anno Domini MCCIL Indictione VI. die quinta exeunte Octo-bris. Actum Muglae. Dominus noster Henricus Dandulus Dei gratia Venetiarum Dalmatiae atque Croatiae Dux cum magno exercitu Navium Galearum, & Usseriorum & multitudine militum, & peditum, altera post ejus egressum (die) potent;a!iter, & gloriose Piranum applicuit. Nos vero Homines Muglae misi-mus. Guidonem Jurisperitum Gastaldionem, Gregorium Lugonem, Crescentium, & alios numero XVII, dantes illis plenam virtutem, et potestatem, ut Terram nostram, subponerent ac omnia praecepta illius jurarent. Et Dux cum exercitu in urbe receptus. Facere debemus servitia, ut aliae Civitates Hystriae, & capere piratas a Rubino infra, & captos dare Duci. Solvemus omni anno vobis Domino Duci urnas boni vini puri de nostro Territorio XXV nostris expensis ad Ducalem ripam in festo S. Martini. Anno 1269. Die III. exeunte Decembri«. Indictione XII. Venetiis. Dedizione di Umago al Principe Veneto. (Comunicato dal Decano di Umago Mons. Arciprete D. Luigi Bencich). Qualiter Terra Humagi recepta fuit ad Dominium Venetiarum millesimo ducentesimo sexagesimo nono, die tertia exeunte Decembris. Cum Ambaxadores Humagi Venetias accessissent, et hujus tenoris petitionem dedissent in scriptis: Vos Dominum Ducem, et vestrum consilium, nos Bertolotus et Margarita ambaxadores communis Humagi supliciter deprecamur, quod Yobis placeat terram Humagi ad mandata vestra recipere eo modo et forma quibus recepistis terram Parentij, et prò manu vestra nobis dare Rectorem sicut datis illis de Parentio, et ad hoc ut cognoscetis possibilitatem nostram volumus dare Rectori quem miseritis libras CCL. omni anno, quia isto tempore plus dare non possumus. Si procedent tempora ita quod terra nostra, dante Domino, augmentetur, meliorabimus salarium Rectori nobis per tempora dato, et habeat libras III prò naulo ad redeundum Venetiis, et habeat domum prò sua habitatione, sine fictu. Et si contigerit ire extra terram in servitiis Communis per mare habeat solidos X. in die, ultra salarium, et navigium cum quo iverit; et si per terram iverit habeat solidos XII in die ultra salarium et duo equi accomodentur ei in via ipsa omnibus expensis Communis. Et bona omnia occur-renjia remaneant in Commune, hoc est bona Communis Humagi. Et sit Potestas ad duos annos, et te-neat duos, et tres pueros omnibus suis expensis. Capta fuit Pars, et ordinatum, quod Terra Humagi recipiatur modo et forma predictis, et hoc fiat salvis juribus, et rationibus omnium Personarum, que jus haberent in dieta Terra. Anno 12.*.. iEnrico..... d' accordo colla madre e coi figli dà alla chiesa di Trieste i pueri di certo Detmaro affinchè sieno giustamente partecipi del predio e del benefizio. (Da Autografo dell' Archivio Capitolare di Trieste). In nomine sancte et individue trinitatis. Notam sit omnibus Christi fidelibus tam presentibus quam futuris, quod Dominus Henricus p^ris cum matre ejus domina liepergis et cum filiis suis Gotefrido et Henrico dede-runl pueros omnes domini Detamari quos aquisivit et adhuc acquiret cum uxore sua nomine diemot. super ccclesiam sei justi tergestine civitatis ea de causa quod eosdem pueros omnes in eandem justi-tiam predii et beneficii participes fiant. Et ut irritum non fiat cum literis nostris firmavimus et sigil-lavimus et stabilivimus. Quod si aliquando contigerit quod si per aliquam suspectam personam istos pueros ad pristinum gradum revocare conaverit nequaquam fieri potest. Hujus rei testes sunt. Albertus de Prisecche, et frater suus gerhardus et Dominus Wolfecherus et frater suus Bertoldus de praneovege et dominus Marinardus de hoenowe et dominus Marquardus Jadrich et dominus Woltramnus de prekan et dominus haeinricus de Saloch et Bertoldus et Henricus et alii quam plures. Quod ut verius credaturet firmiter observetur sigilli nostri subtus insignere facimus.