ANNO III.
Capodistria, 16 Fcbbrajo 18G9.
N. 4.
LA PROVINCIA
SI 6 USILI D'EGLI IKmESM SITUI, KC0JMUCI » ISSISUIRAIIU
DELL'ISTRIA.
Esce il 1 ed il 16 d'ogni mese.
ASSOCIAZIONE per un anno f.ni 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — GIF abbonamenti si ricevono presso la Redazione.
A SCUOLA SUPERIORE DI COMMERCIO- IN VENEZIA..
Chiunque abbia acquistato la persuasione che il rifiorimento economico della nostra provincia dipende essenzialmente dalla prosperità della nostra agricoltura e dalla estensione de' commercj e d'ella navigazione, vedrà certo con lieto animo ogni provedimento, per cui l'uno o l'altro di colesti scopi ci venga agevolalo.
Abbiamo ripetutamente discorso di ciò, che manca all'agricoltura dell'Istria, e abbiamo mostrato come un grandissimo passo siasi compito colla istituzione della nostra Società Agraria, da cui attendiamo ora l'adempimento di molte speranze. Non crediamo pér5che~Ta Società Agraria potrà bastare a tutto, e ci riserviamo anzi di toccare in seguito alcuni argomenti speciali, sui quali più che l'azione collettiva di un corpo morale è chiamata a influire l'azione individuale.
Ma intanto non perdiamo di vista anche il secondo fattore della nostra rigenerazione econo-mica, la navigazione, colla quale si connettono strettamente i Cuniìnerej. Certo, noi non possia 1110 riprometterci di vedere le nostre città trasformarsi in altrettanti emporj mercantili e gareggiare colla vicina Trieste. Ma ben possiamo sperare che i nostri marinari imitino l'esempio delli operosi abitanti di Lussino, e che le vie del mare ci rechino quei profitti, che le industrie locali, grandi o piccole, non potrebbero dare a noi privi di capitali.
Ora per conseguire siffatto intento, quello che prima di tutto richiedesi è l'istruzione; e non solamente la istruzione nautica, la quale, se basta a formare un buon capitano di bastimento* non basta poi a farne un' avveduto trafficatore. La istruzione, che oggidì è richiesta a quanti si dedicano alle professioni commerciali, ba un carattere più generale e s'informa a più larghi principi. Vi si annette lo studio delle lingue, della
Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente; gli altri, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi 5 per linea. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Pagamenti antecipati.
geografia commerciale, della computisteria eie. etc. e così quegli stesso, che non ha mezzi da fondare per suo conto uno stabilimento commerciale o assumere il comnaando di una nave, può trovare vantaggioso collocamento presso altri e assicurarsi una sicura e lauta carriera. Ciò diventa tanto più agevole a noi, pei quali la vicinanza di una grande città commerciale costituisce una attrazione molte volte irresistibile per la nostra gioventù, che si reca nella speranza di far fortuna, e talvolta invece, appunto per la deficienza de' mezzi, vi trova lo sconforto, la disperazione e peggio.
Perocché è fatto da tutti riconosciuto che li STSMltrireml <V ntmwono della provincia, compresa la stessa Trieste, non bastano ai bisogni, e che la nostra gioventù deve più spesso ricorrere presso istituti stranieri a perfezionarvi la sua educazione, se non preferisce troncarla a mezzo e anneghittire nell' ozio alle proprie case.
Ora noi siamo ben lieti di poter annunciare che una parte almeno di coteste dannose condizioni è venula testé a cessare colla inaugurazione della Scuola Superiore di Commercio a Venezia, la quale verrebbe ad essere presso che una Università Commerciale, che apre a quanti si dedicano alle molteplici professioni dei traffici il modo di completare la propria educazione in patria e con que' modi, che meglio rispondono all'indole nativa dello studente.
Noi non ci indugieremo a narrare le origini veramente patrioliche di cotesla Scuola sòrta in pochi mesi per la iniziativa di alcuni uomini generosi e largamente sussidiata dalla Città e dalla Provincia di Venezia, non meno che dalle altre Provincie sorelle, per cui la si può veramente dire un monumento di intelligente carità di patria. Piuttosto crediamo opportuno riferire le parole,, con cui il Ministro della Publica Istruzione, proponendo a Sua Maestà l'approvazione delli Sta-
tuli relativi alla Scuola, ne veniva disegnando li scopi: » L'istituzione di una Scuola superiore di commercio, dice il signor Ministro, ch« continuasse e completasse li studj di scienza commerciale professati nelli istituii d' istruzione tecnica secondaria, essendo affatto nuova in Italia, si raccom-manda per la bontà dello scopo, che lia di mira, e pei risultali, che se ne sperano. Questa Scuola, nella sua specialità commerciale, viene ne' suoi effetti ad equipararsi al li insegnamenti, che si danno nel Museo di Torino per le scienze fìsiche. Non soltanto si propone di addestrare con appropriati metodi alle operazioni commerciali e bancarie, ma fondando gran parte del suo insegnamento sulla cognizione delle lingue europee e delle orientali, intende educare una gioventù alli alti negozj, capace di dirigere grandi amministrazioni ed aziende e di mantenere rapporti mercantili e d' affari coi diversi popoli, con cui può trovarsi in contatto. Le lingue orientali viventi, quali l'arabo, il persiano ed il turco, studiate con costanza e per uno scopo pratico, varranno a riannodare le antiche relazioni commerciali dell'Italia coir Oriente. Ed in un momento come questo, in cui il nostro paese mostra ridestarsi alla vita commerciale, che anima i popoli europei, un solido ammaestramento di scienza commerciale e studj affini sarà il migliore apparecchio per introdurre la generazione crescente ne! movimento generale e dirò anzi mondiale delli affari. »
Lo Statuto della scuoia ne determina poi in modo più concreto li scopi, e sono:
a)	di perfezionare i giovani nelli studj opportuni all'esercizio delle professioni mercantili;
b)	d'insegnare, oltre le principali lingue moderne europee, le orientali viventi, l'arabo, il turco ed il persiano, per facilitare le nostre relazioni e i nostri scambj coi popoli dell'Oriente;
c)	di preparare i giovani, che in conformità delle condizioni prescritte dalle leggi e dai regolamenti intendono dedicarsi alla carriera dei Consolali;
d)	d'istruire con ammaestramento speciale coloro, che vorranno dedicarsi all'insegnamento delle discipline commerciali nelli Istituti tecnici ed in altre scuole dello Stalo.
Da cotesta designazione delli intendimenti, che presiedettero alla istituzione della Scuola superiore di Commercio, ciascuno può vedere come essa si aliagli a molli de' noslri bisogni, e come quindi sia utile che la conoscenza ne venja diffusa in provincia e la frequentazione raccomman-data a quelli tra i noslri giovani, che possono a-spirarvi. È manifesto infatti che chi potrà possedere le cognizioni, su cui verte l'insegnamento riservalo a cotesta scuola, troverà molto più faci-
le collocamento nelle grandi Case commerciali e di banca di cui è già ricca Trieste e va ora arricchendosi la stessa Venezia. E d' altra parte la imminenza dell' apertura del Canale di Suez accrescendo a più doppj la operosità commerciale delle piazze dell'Adriatico e la navigazione di questo mare,renderà più sentito il bisogno di abili commercianti e navigatori, e la conoscenza del ìe lingue orientali, facilitando, come giustamente dice il Ministro, li scambj colle popolazioni asiatiche e africane, che ora aspettano I' anelito di una seconda vita, costituirà un titolo prezioso per chi ne sarà fornito.
La Scuola superiore di Commercio adunque risponde a un bisogno vero e urgenle del paese, e noi non dobbiamo lasciarcene fuggire i vantaggi. A Venezia i nostri giovani troveranno i modi di procacciare a sè e alle loro famiglie quelle agiatezze sociali, che non si acquistino se non col lavoro intelligente e assiduo, e respirando quell'aere, ammirando que'monumenti solenni dell'antica prosperila nostra, ritempreranno la fibra, s' abitueranno a sperare ancora dal lavoro la nuova grandezza nazionale, a immedesimare le aspirazioni loro con quelle della stupenda città, che, se non è più la nostra capitale, sta ancora sovrana nella parte migliore de' nostri cuori, la memoria.
Noi non reputiamo necessario di estenderci più oltre; chi ha sentimento delle necessità, in cui versa la nostra provincia e affetto di patria carità ci avrà compreso meglio che non abbiamo saputo dire. Ci pensino i padri di famiglia, ci pensino i giovani, clie aspirano a lanciarsi nel mondo e sentono la brama di operare e conquistarsi una posizione sicura e onorevole.
y-
Riceviamo da fonte attendibile l'assicurazione, non essere conforme al vero l'asserzione contenuta nella Corrispondenza dall' Istria d. d. 2 l Gennajo p. p. e riportata nel n. 23 del Giornale il Cittadino, che la Giunta provinciale abbia declinato da sè l'iniziativa e direzione nell'elezioni dei Comitati stradali, che le sarebbe stala deferita dall' i. r. Luogotenenza, ed avere anzi la medesima quasi protestalo contro questo preteso deferimento di potere.
Un tale deferimento non ebbe mai luogo da parte dell' i. r. Luogotenenza, e quindi non vi poteva essere nemmeno il caso di una rinuncia da parie della Giunta, e tanto meno poi di una più o meno formale protesta, la quale sarebbe stata ancora maggiormente allatto fuori di luogo.
Quello soltanto che vi ha di vero si è il fatto, che là Giunta provinciale si è esternata contraria rimpelto all' i. r. Capitanato distrettuale di Baino ad approvare dal canto proprio la disposizione rilasciala dall' i. r. Luogotenenza, che le i r. Autorità politiche distrettuali dovessero cessare colla chiusa dell'anno lesti: spiralo, dall'amministrazione dei fondi stradali, e dalla ingerenza nel buon Governo delle strade non erariali, prima che fosse provveduto all' elezioni dei relativi Comitati, chiamali a surrogamele dalla nuova legge provinciale 11 Nov. 1868. Rendevalo perciò avvertilo, che non ispetlando ad essa la facoltà nè per forza della detta legge, nò delle altre leggi vigenti in generale, di assumere la iniziativa e direzione in oggetti di pubbliche elezioni, ciò essendo di attribuzione dell'Autorità politica del Dominio, e rispettivamente delle Autorità politiche distrettuali, la Giunta interesserebbe tosto l'i. r. Luogotenenza a disporre 1'opportuno per l'elezioni dei Comitati stradali nei singoli distretti giudiziari, ed a lasciare infratlanto sussistere le cose in tutto il resto come per lo passalo, sino alla definitiva costituzione dei medesimi.
Questo, e non altro fu il preciso tenore della scritturazione corsa fra la Giunta provinciale ed il sullodalo i. r. Capitanato distrettuale e col-l'i. r. Luogotenenza, la quale essendo stata poscia inesattamente riprodotta dalla suddetta Corrispondenza, la Redazione di questo Giornale, così pregata, si presta volentieri di richiamare alla pura verità.
della storia letteraria dell'istria e degli scritti del professore g. babuder.
Sebbene piccola e posta sugli ultimi confini della patria italiana, la nostra provincia vanta non pochi illustri che onorarono la loro nazione nelle scienze, nelle lettere e nelle arti. Anzi è uu fatto assai degno di considerazione questo dell'Istria nostra di aver potuto prendere così larga parte alla vita più splendida del pensiero italiano. Per esempio, questa città, la cui popolazione fu sempre quella di una modesta borgata, ha nel Carpaccio uno dei primi artisti della scuola veneta, nel Vergerlo il vecchio uno dei più distinti umanisti del secolo decimoquinto, nel Vergerlo il giovine quell'audace ingegno, il cui nome non può scompagnarsi dalla storia della riforma, nel Muzio l'emulo del Davanzali per profonda scienza filologica e purità ed e-leganza di stile, e nel Carli l'economista più dotto del tempo in cui l'Italia ebbe il suo maggior lustro dagli studii economici.
Ragionare pertanto le opere imperiture di coleste glorie, non solo nostre, ma di tutta la nostra nazione, è lavoro veramente degno di menti superiori, è la più bella illustrazione della nostra provincia, è il tributo più prezioso che possa rendersi al debito del
patriottismo. A quegli apostoli, o, meglio, sensali di una fanciulla civiltà oltralpina, i quali si discervellano a storpiare lettere, per rivendicare, se fosse possibile, anche Roma al vocabolario delle fantasie antidiluviane di Zagabria, non va data altra risposta che questa, se pur sono degni che si pensi ad essi nel voltare il tergo ai loro balocchi, per contemplare i nostri monumenti.
11 primo che abbia applicato l'ingegno a cotesto genare di studii Cu Pietro Stancovich da Barbano. A-mnntissimo del suo paese, di operosità veramente e-semplare nel raccoglierne le memorie, egli potè mettere assieme notizie biografiche intorno agli istriani distinti da comporne tre grossi volumi. Ma, evidentemente, il suo lavoro, sebbene gli spetti il merito indiscutibile di aver segnato la strada agli altri, di aver posto sotto gli occhi degli studiosi una serie di dati da compiere, da estendere, da animare col soffio della critica, di avere insomma perdurato nella parie più faticosa di questo importantissimo compito della storiografia patria, non è che una guida o un manuale, che si voglia dire, ad opera di maggior larghezza di concetti e di più intima relazione colla storia dell'ila-liana civiltà, svoltasi qui pure mirabilmente la mercè dell'indole schiettamente italiana della sua popolazione indigena e del genio di Venezia, che la tenne sempre associala alla sua fortuna.
Provveduto alla collezione delle memorie biografiche, si da comprendere in esse anche le minori, sino alle più umili, di vita meramente municipale, sorge la necessità di fermarsi, innanzi tutto, agli uomini più insigni, che portarono seco il nome dell'Istria ai primi convegni della scienza nazionale, e porgendosi la mano l'un l'altro attraverso i tempi compiono da soli la serie Od lotti, «ho ritraggono il movimento della nostra civiltà. L' indole dei progressi morali di un dato tempo si riproduce nelle menti più elette, e quando u-na provincia abbia avuto la sorte, come la nostra, di possedere in ogni età di tali ingegni, essa ha il diritto di pretendere, non già solo un dizionario di biografie, ma propriamente una storia letteraria, in cui collegare i suoi studii cogli studii di tutta la nazione, portarli nel campo dei grandi principii della scienza e dell'arte, metterli in armonia di relazioni colle vicende politiche, e aggruppare intorno ai documenti più insigni della intelligenza le prove minori, come a fede e commento della loro efficacia pratica od anzi dello .impulso avuto dalle stesse forze locali.
È già da molto che noi facciamo voli, perchè taluno dei nostri migliori imprenda opera così bella e fruttuosa; e però, vedendo ora che l'augurio si mula in fiducia, abbiamo credulo opportuno di riparlarne, per richiamare l'attenzione del pubblico sugli scritti del prof. G. Babuder, i quali accennano appunto a poter riuscire a così largo effetto.
Negli atti del nostro Ginnasio, che si pubblicano alla fine di ciascun anno scolastico, egli cominciò ad illustrare uno dei lavori lelterarii di Andrea Divo, il traduttore di Omero e di Teocrito in sul principio del secolo decimosesto. Già fino da questo primo dettato s'è visto, come l'autore intendesse dare rilievo al proprio soggetto, ponendogli a fianco i migliori del suo tempo, e aprendo loro l'orizzonte degli studii lelterarii d'Italia. L'anno successivo egli risaliva ai principii degli studii classici italiani, all'epoca cioè del risorgi-

mento, e trai lava, con piena padronanza del suo argomento, la \ila e gli scritti di Pietro Paolo Vergerio il seniore, sebbene non avesse avuto agio di consultare le lettere di dui, che si conservano alla Marciana e nell'archivio del Comune di Padova. L'anno decorso., infine, rendeva giustizia ai granili meriti del nostro Girolamo Gravisi, di quell'ingegno altrettanto modesto che nutrito di profondi studii, il quale aveva pensalo assai più a giovare alla fama altrui che alla propria. Fu quindi doppio il merito del Babuder di presentare alla riconoscenza nostra l'operosità di un uomo, che si rilletlè cosi estesamente nelle opere più celebri de'suoi contemporanei, e che attendeva già da troppo lungo tempo di essere chiarita in tutto il suo valore. E qui pure, come nei lavori precedenti, l'egregio professore tolse occasione dal suo tema diretto, per ritrarei non già soltanto le applicazioni di una sola persona, ma quelle altresì degli istituii civili, che si collegano strettamente col suo nome, cioè l'attività letteraria delle accademie di Capodistria.
Non è nostro intendimento di discorrere parte a parte questi scritti del giovine e valentissimo nostro concittadino. A noi importa oggi unicamente di rendere avvertita la provincia dell'ampio disegno, a cui possono condurre questi primi tratti di una mano che si appalesa maestra.
Se la nostra parola potesse essere di qualche stimolo a lui, che sa prendere lena ben altrimenti, cioè dalle doli del proprio animo e della propria mente, noi Io conforteremmo a proseguire le sue diligenti, e-rudile, coscienziose disquisizioni intorno ai più illustri istriani, col metodo seguilo finora, per poi rifondere queste monografie in un lavoro complessivo, che avesse a rendere ragione di tulio il movimento letterario della nostra provincia, dal risorgimento dogli «indi! «ino ni tempi nostri. La perfetta conoscenza ch'egli dimostra delle letterature classiche lo fa tanto più adatto a questa fatica, e i nobili principi! sociali ed artistici, a cui è devoto il suo ingegno, che fu educalo alla scuola dei più corretti progressi della scienza, stanno garanti dello spirilo sano ed elevato, con cui saprebbe sostenere il suo assunto.
Nel dire delle cose nostre, abbiamo bisogno di pagine che ci scoprano tutto il cielo della nostra italiana civiltà, e non ci portino a fare gli anacoreti nei chiostri di una vita meramente provinciale, dove cantare, gretti e sonnolenti, come vorrebbero taluni, niente altro che sugli anlifonarii di un ammuffito municipalismo.
C.
l' insegnamento superiore per l' agricoltura.
(Dall'Economia rurale)
In questi ultimi anni si è tanto parlalo del basso insegnamento in agricoltura, che parmi venuto il tempo di parlare anche dell'insegnamento superiore. Perchè un esercito riesca vittorioso, non basta che siano ■valorosi i semplici gregari, bisogna che abbia de' buoni generali; poiché il braccio riesce impotente se manca la testa. Finora, nell' esercito dell' agricoltura, si pensò più a fare dei soldati che dei generali : e il risultato fu quale doveva essere; vale a dire meschino.
T comizi agrari, le esposizioni, le conferenze produssero qua e là un poco d' agitazione, desiarono qua e là un poco di attività o di curiosità, fecero spendere molto denaro, ma I' effetto non riuscì proporzionato agli sforzi. Se si addestrò un po' meglio qualche soldato e qualche basso ufficiale dell'esercito agrario, non si formarono ancora i generali, e se si raccolsero degli scolari, non si crearono ancora i maestri.
Quando noi cominciammo a sentire il bisogno di migliorare la nostra agricoltura, avevamo bisogno di trovare almeno in chi dirigeva 1e aziende rurali un potere inlellellnnle e materiale che sapesse immaginare e fai- eseguire quelle modificazioni che erano richieste dai tempi; in caso contrario avevamo bisogno che vi fosse chi li formasse coli' istruzione. Ma in Italia mancarono i primi ed i secondi, cioè i direttori dei poderi ed i maestri.
Noi dunque dovevamo cominciare dal principio, cioè coi maestri; questi avrebbero formali dei buoni diretlori di aziende rurali, i quali alla lor volta avrebbero creato dei buoni lavoratori. Ma noi, per una eccessiva ossequiosità verso il passalo, abbiamo invertito l'ordine logico, abbiamo combattuta la scienza per mantenere autorità ad una pratica ehe rieonosces^si insufficiente, ed abbiam fatto la guerra alla vera istruzione, per far posto a quell1 istruzione illusoria che vuoisi adattata ad istruire il lavoratore.
Le vicende che subi l'istruzione agraria negli altri paesi avrebbero dovuto ammaestrarci sul da fare. In Francia, la legge del -3 ottobre 1848 stabiliva tre gradi d'insegnamento agrario: uno iuferiore presso i così delti poderi scuola, uno medio negli istituti regionali, ed uno superiore a Versailles. 1 migliori alunni dei poderi-scuola passavano con borse governative «gli istituii regionali, ed i migliori alunni di quetli potevano concorrere a posti gratuiti nell'Istituto A-gronomico di Versailles. Da Versailles poi uscivano i docenti per gli istituii regionali e pei poderi-scuola, i direttori di aziende rurali, i proprietari, i coltivatori, e gli amministratori di poderi. Versailles fu il vero semenzaio degli uomini di scienza e di pratica razionale: le celebrità agronomiche francesi d'oggidì sono ancora frullo di quell'Istituto.
La scuola di Versailles però aveva qualche difello nell'organizzazione. Troppo vasto era il podere annesso, ed i prodotti non erano tali da soddisfare le e-sigenze di tulli. I pratici non seppero o non vollero ovviare agli inconvenienti; attaccarono l'istituzione dal lato economico, e riuscirono a distruggerla dopo tre anni di vita.
Ma non era passalo molto tempo che la distruzione di Versailles fece sentire i propri effetti.
Le altre istituzioni d'insegnamento agrario cominciarono a mancare di docenti, ed i poderi di abili amministratori. Il progresso scientifico agrario s'era portalo in Inghilterra e nella Germania, ove attuavansi istituzioni simili a quella che la Francia aveva distrutto. Nel 1867 il governo imperiale creava una Commissione la quale riferisse se fosse il caso di ristabilire un insegnamento superiore per l'agricoltura, indicando sopra quali basi convenisse organizzarlo.
Leggendo il rapporto fatto al Ministero per l'agricoltura dal signor Tisscrand, ebbi la compiacenza di trovarvi sostenute quelle idee, che ripetutamente ebbi a sostenere a proposito dell'Istituto Agrario di Corte
del Palasio, e che sì avversavano e nella scienza e nella pratica. Persino la maggior parie dei membri d'una già Commissione per l'incremento dell'agricoltura, non sapendosi all'alio spogliare dalle reminiscenze del passato, mostrò <li non conoscere la necessità ed i bisogni di una istruzione superiore.
In Italia vi è un tentativo di istruzione secondaria per l'agricoltura nelle sezioni d'agronomia degli istituti industriali e professionali; ma questa istruzione riesce inefficace, illusoria, perchè ordinariamente mancante di pratica dimostrazione, e di tempo per attendervi quando jxire vi fòsse.
Già troppo tempo sì è perduto aspettando che i buoni professori ed i bravi coltivatori sorgessero spontaneamente. Pouchet stesso non ammette la generazione spontanea di simili organismi. Bisogna una buona voi la pensare a crearli con una istituzione superiore»
Esaminiamo la relazione del Tisserand e ne trarremo certamente qualche utile norma. La Commissione comincia dall'accennare alla necessità di un insegnamento superiore, poi sì occupa;
Dell'estensione del podere da annettere all'insegnamento.
Della qualità e della durala degli studi, e delle condizioni d'ammissione.
Della convenienza d'avere gli alunni interni od eslerni.
Del luogo ove attuare l'Istituto,
La prima quistione non ammise alcun dubbio, e la Commissione francese ne dichiarò l'assolnta necessità. Per noi, un insegnamento superiore è ancor più imperiosamente richiesto, se non vogliamo continuare nella passala retina, o seppellirci nel caos procuratoci da una incompleta smania che ci invase di parlare e ^insegnare agricoltura per dritto e per traverso. L'agricoltura è un tal complesso di cognizioni che co-sliiuiscono una scienza sperimentale. L'insegnamento dommatico non basta; da solo, non sorretto nè guidalo dalla parte sperimentale, ora s'illude, ed ora illude; ora è stazionario e retrogrado; ed ora passa facilmente i limili del vero. In breve, fra l'agricoltura quale è oggidì in Italia, e quella che vi dovrebbe essere, passa la stessa differenza che passa fra l'alchimia d'una volta e la chimica d'oggidì.
E necessario adunque mettere al crogiolo dell'e sperienza le vecchie teorie; e nuove leggi sorgeranno da nuove esperienze. Ma perciò richiedonsi grandi mezzi e grandi capacità. Alla teoria bisogna unire 1' osservazione e l'esperimento. Alla scienza non basta più una cattedra, nè un laboratorio fra quattro mura; essa vuole un campo sperimentale col quale studiare più da vicino e meglio i fenomeni di vegetazione, e gli eflètti di tutto quanto naturalmente od artificialmente vi può esercitare un'influenza. Ma il dubitare della bontà di teorie antiche, l'intravvederne di nuove, e sopratutto il comprovare ogni cosa sperimentalmente, non è cosa tanto facile. Ora mancano i mezzi, ed ora mancano le persone.
Tutto quanto si è fatto finora per l'istruzione a-graria potrà tutt'al più giovare al miglioramento di alcune pratiche locali, a mettere sulla strada per fare di più, ma non già a progredire; poiché non vi ha un'istituzione la quale valga a promuovere la scienza agraria, ed a formare il vero industriale in agricoltura.
Più volle abbiam detto che si doveva incomincia-
re claH'islruirc il proprietario ed il vero coltivatore o condutlore di poderi: più volte dicemmo che bisognava rivolgerci alla gioventù, poiché l'adulto difficilmente si piega a ripudiare il passalo, accettando idee o me-tecli nuovi. Ma i figli dei proprietari, dei grandi coltivatori e degli amministratori di fondi vengono diretti ad altri studi clic meglio solleticano l'amor proprio intellettuale. Nei discorsi accademici qualche volta sentono dire che l'agricoltura è la prima fra le arti, ma in pratica vedono clic le leggi e le istituzioni la considerano quale l'ultimo dei mestieri. E così, anche la gioventù delle famiglie agiate della campagna, non trovando negli attuali sludi agrari un'elevatezza consentanea alle cognizioni ricevute, nè potendo farsene un'idea della loro utilità, finisce col dedicarsi a professioni cittadine, nelle quali trova spesso un compenso all'amor proprio e talvolta uno sfogo all'ambizione. Cosi le intelligenze disertano le campagne, e la produzione tutt'al più rimane stazionaria. Qualche volta le disillusioni, il bisogno od il desiderio di riposo, la vanità di sfoggiare nelle campagne l'agiatezza o le onorificenze acquistate, fan ritornare ai campi alcuni di questi disertori; ma gli anni migliori della loro vita son già passati, ed a vece di portarvi il frutto dell'energia e dell'amore al progresso, vi portano la stanchezza, la cocciutaggine nei pregiudizi e la boria, qualità tutte die il coltivatore non deve conoscere, e che non valgono a far proseliti.
Un istituto superiore per l'agricoltura è adunque necessario. Ne vediamo per le belle arti, pel commercio, per le sdemee naturali e matematiche, per la guerra, per la marina ecc., e non vi sarà per I agricoltura, la quale esige un corredo ben più vasto e svariato di cognizioni?
Un tale istituto servirà a formare quei docenti che ora si cercano, ma che non esistono ancora in numero sufficiente; formerà buoni coitivatori e direttori d'industrie rurali; volgerà all'agricoltura alcuna di quelle modeste, forli e laboriose intelligenze che o-ra cercano in altre professioni uno sfogo alla loro attività, ed ai loro capitali; ci darà uomini di Stalo che non disconoscano i più vitali interessi del paese; e finalmente servirà a conservare e promuovere il fuoco sacro di quella scienza la quale, sebbene ripudiata e combattuta, spesso è la sola che possa guidare il coltivatore nelle sue operazioni, ed aumentare le produzioni del suolo.
(Continua)	G- Cantoni.
L'aratro Filippini
La sottoscritta Direzione del Consorzio Agrario di Parenzo, soddisfa ad un grato dovere partecipando agli agronomi della Provincia e di fuori, come mercè 1' opera assidua ed intelligente del propro Socio e i-ce-Presidente Sig. Pietro de Filippini, la patria agricoltura si sia arricchita d' un nuovo utilissimo arnese che dal nome del suo autore si vorrebbe denominarlo A-ratro Filippini.
Semplice nelle forme, facile al maneggio., leggiero quasi come gli aratri comuni, e nello stesso tempo solido e robusto assai meglio di questi, essendo
tutto in ferro, ecco in breve le doti caratteristiche di questo islrumcnto.
La scrivente sempre aliena da ampollose parole di raccomandazione, non può a lode del merito, non far cenno degli esperimenti eseguiti con lo stesso, alla presenza d'un comitato eletto da questo Consorzio, e degli ottenuti risultali, che se non sorpassarono, corrisposero certo alle preconcette aspettative. Ripetuti gli sperimenti più volte in terreni anche i meno appropriali ed in condizioni le più sfavorevoli, furono dal comitato slesso giudicali sì soddisfacenti, da raccomandare alla Società l'acquisto d'un esemplare del medesimo, e da proporre che ne venisse fatta menzione nel foglio La Provincia, proposte che furono accettate ad unanimità di voti.
Persuasa la scrivente che assai meglio di qualunque elogio possa giovare alla diffusione dell' aratro Filippini l'aver portalo a pubblica cognizione il risultato de'falli sperimenti, nutre fiducia d'aver conquesto piccolo cenno, pienamente soddisfatto all'incarico affidatole dalla Società, e d' avere nello stesso tempo reso al Sig. de Filippini quel tributo d' omaggio che le sue cure, solerti ed intelligenti gli hanno giustamente meritato. Crede infine d'avere con ciò reso alla patria agricoltura un vero importantissimo servigio, mettendola in possesso d'un istrumento che soddisfa pienamente alle esigenze delle nostre terre, che non cambia affatto il sistema dei nostri lavori, e che è quindi alla portata di tutti i nostri contadini con questo particolarmente che il lavoro riesce assai più esalto e pro-tondo, ed è d'una robustezza, non paragonabile con quella degli aratri comuni.
Ne furono, per quanto sappiamo, spediti di questi aratri a Fiume, a Pola, a Ciltanova, a Capodistria ed a Monf'alcone, e da tulle queste parti giunsero le più favorevoli e lusinghiere notizie sui risultali otte-nuli.
Per chi amasse di farne F acquisto, non ha che da dirigersi al Sig. Pietro de Filippini, il quale li fa eseguire in Parenzo, sollo i propri occhi, al prezzo di fiorini 45 per ciascheduno, munendoli d' una istruzione sul modo di adoprarli.
Dalla Direzione del Consorzio Agrario Parenzo li 27 Gennajo 1869 Giampaolo Polesini Direttore
BIBLIOGRAFIA.
Lettere di Girolamo Muzio giustinopolitano ; conservale nell'archivio governativo di Roma. — Parma, a spese della r. Deputazione di Storia patria: pei tipi di T. Carmignani, 1864.
Nella Fita di Girolamo Muzio, scritta da Paolo Giaxich (Trieste, 1847) alla pag. 44, si legge: » Si fermò il Muzio a Roma fino all'elezione a papa del cardinale del Monte sotlo il nome di Giulio 111, seguita li 7 febbrajo -1850. Se esistessero ancora le lettere che di colà egli scrisse a don Ferrante, avremmo in esse una curiosa storia di quel lungo e tumultuoso conclave: ma tali lettere che erano nell'Archivio di Gua-
stalla, insieme con altre inedite dell'Ariosto, del Tasso e d'altri celebri letterati, furono del P. Affò trasportate a Parma, e convien credere che dopo la morte di quel chiarissimo biografo siensi smarrite____» Ora sono precisamente queste lettere, ritenute smarrite, che insieme ad altre, formano la raccolta sovraenuneiata.
Come si vede dalla data, questa pubblicazione non è recentissima, ma, ch'io sappia, nessuno ne tenne ancora parola, e probabilmente assai pochi nella nostra provincia ne avranno conoscenza, giacche la copia ch'io ho tra mani, favoritami da egregio cultore di nostre patrie cose, è forse l'unica copia venuta sino a noi. La stampa ne avvenne a cura e spese della r. Deputazione di Storia patria in Parma, in un volume in foglio di pag. XXV. 250 con lusso di tipi e di caria, e credo ne siano siali traili pochi esemplari, e non si trovi nemmeno in commercio.
Sono CL1V lettere, che vanno dall'anno 1546 al 1575, penultimo anno di vila del Muzio, le più scritte a Don Ferrante Gonzaga, Capitano generale e Luogotenente Cesareo, succeduto al Davalos nel governo di Milano e nel comando dell'esercito imperiale in Italia, accompagnile, a loro schiarimento, con saggio pensiero, da parecchie di don Ferrante all'imperatore Carlo V, e dalle istruzioni di cui don Ferrante munì Muzio in due missioni a Siena ed a Venezia.
Della valentìa del Muzio nel maneggio della lingua nostra ognuno sa, e perciò è affatto superfluamente che annotto che tulle coleste sue lettere sono modelli di stile, per purità e naturalezza ammirabili. Ma oltreché per la forma esse tornano preziosa cosa per la sostanza, siccome quelle che contengono notizie interessantissime sulle condizioni politiche d'Italia a quell'epoca.
In quale atto conto fosse tenuto i\ Muzio, lo provano le missioni importantissime e gelosissime che gli vennero affidate dal governatore di Milano nell'interesse della causa imperiale. Mandato nel 1546 a Siena a tratiare coi Senesi per la introduzione del presidio imperiale da questi scaccialo, stette in tale impresa quindici mesi, e gli bisognò correre le poste due o tre vollej suso et gius9 (leti, a messer Vincenzo Fedeli, p. 92) dalla Toscana a Milano, e andare a Genova, e trattare col duca di Firenze, mantenendo con don Ferrante l'interessante carteggio stampato nella raccolta. Condotta a termine questa bisogna venne spedilo a Venezia a farvi pratiche per impedire l'accessione dei veneziani alla lega che si temeva fra Paolo III ed Enrico II di Francia, (lnslruiioue a voi messer Girolamo Mulio, p. 97). L'anno poi dovette reccarsi a Brussel-le presso l'imperatore, e nello stesso anno ancora a Roma ad adoperarsi per la elezione a papa di un Cardinale di parte imperiale. Avendo a tenere continuamente informato il governatore di Milano sul mettersi dell'elezione papale, Muzio gli scrisse dal 25 novembre 1549 al 22 febbraro 1550, cinquanta lettere, unendovi le pasquinate che correvano Roma. Vi si leggono in verità dettagli curiosissimi e gustosissimi. Nella lettera LVI p. e. si trova: « Hiermaltina il Cardinale Pa-cecco entrò in Conclavi. Et, Dell'entrar di lui, comparsero alla porla di molli Cardinali, montali chi sopra sedie, et chi sopra scabelle, et quali con le mani, quali col viso et cenni facevano segnali a de'suoi, che erano di fuori, che parevano giucolatori di bagattelle. Et lo Ambasciador di Francia si appresentò a lare una
protesta, che non si dovesse a far la elellione infino alla venula de*Cardinali Francesi; (diramente che il Ile suo non lincerebbe prestala riverenza allo eletto da hro. » E più sollo: « Le regole del Conclavi sono che i primi Ire giorni danno mangiare a'Cardinali ciò clic vogliono, i cinque appresso una vivanda sola, et, passali quelli, pane et acqua. Hora sono ad una vivanda, et questa è un pajo di caponi, una buona pezza di vitella, un buon salame, una buona minestra, et ogni cosa lessa la mattina ; et la sera ogni cosa arrostita, siano pur quante cose si vogliano; olirà l'antipasto, le insalale, le fruita eie., in modo clic i meschini patiscono molto disagio. Staremo a vedere, se lardano, come gli tratteranno al lempo del pane e dell'acqua. » Nella lettera LXXXV abbiamo una prova come Muzio orgogliosamente sentisse dell'Italia, e come l'osse la povertà che lo legava al servizio straniero: « Io intorno questo negocio non so altro che dire, se non dolermi, che iu Italia dagli Italiani si habbia tanto poco 'rispetto all'honor di Italia, che ad ogni altra cosa si [debbia haver maggior consideralione, che alla dignità di quella. Si sono trovati in Conclavi cinquanta o cinquantuno Cardinali, de'quali i trenta sono stali Italiani, et si £ veduto farsi maggior concorso a favorire uno [di strana nazione che uno della nostra. Et se per con-j scienza potessero dir di moversi, meriterebbono non [ solamente scusa, ma commendai ione, ma si sa troppo |chiaro che ad ogni altra cosa si mira, anzi che a quella ; et pur troppo dopo la conscienza la prima obbligazione è Vinteresse della pratica. Et pur mirano molti tanto ad alcuni interessi suoi particolari, che non si accorgono che, se uno oltramontano si trova a sedere alcuno anno nella Sedia di Pietro, egli farà tanti Cardinali della sua nalione, che così porterà il Papato in suo paese, come già portò lo Impero un tedesco in terra tedesca. 11 non liaver che scrivere mi ha ri-dutto, non so con quale spirito, a scriver queste parole; ma la Ecc.a V. le riceva come da huomo italiano. »
Se dopo ciò altri è restìo a credere nella cooperazione dello Spirito Santo nell'elezione del Papa, io non saprei per vero come convincerlo di torto, ma vorrei che aprissero finalmeule gli occhi quegli illusi che maledicono al fatto più provvidenziale dei tempi nostri, cioè al riscatto della patria italiana. Coneios-siachè sia manifestissimo che cotesto scandalo di un papa sorto dall'opera di intriganti mene aveva la sua causa prima e forse unica nella schiavitù d'Italia.
Quando quesla si trovava balestrata sotto ogni maniera d'influenze, meno che sotto influenza italiana, i principi che venivano
...... a imbrogliar le parli di lontano
Che fé'Domine Dio di propria mano
avevano alla morte di un papa singolarmente interesse vitalissimo che succedesse ad occupare il trono pontificio persona della loro parte, giacché in tale abbaruf-famento d'influenze il pastorale e la spada del papa-re pesavano nella bilancia dell'equilibrio politico degli stati italiani. Grazie a Dio adesso, questa dolorosa condizione di cose è cessata. L'Italia s'appartiene, e nessun potentato estero avrà ora motivo di desiderare che venga eletto piuttosto un papa che un altro; sicché è certo che la elezione di un successore a Pio IX sarà la elezione meno inietta di ragioni politiche che
da secoli si abbia veduta. La immancabile caduta del potere temporale ne compirà la purificazione.
Le rimanenti lettere sono datate per la massima parte da Venezia dove don Ferrante mandò Muzio dopo disbrigate le faccende di Roma. L'ultima è scritta da Firenze a'dì 29 di ottobre 1575 al cardinale Alessandro Farnese, e non sia discaro sa ne cavo quest'altra citazione a documento dell'onesta povertà in cui visse e morì Muzio, e della giusta coscienza ch'egli aveva del proprio valore: « lo sto alcuna volta pensando alla mia passata vita, et alle Corti de'Prineipi dove io son vivuto, et che '1 Marchese del Vasto mi domandò al Duca llercole di Ferrara, et che '1 Duca d'Urbino mi tolse a Don Ferrando, et che Papa Pio quarto, et poi il quinto mi tolsero al Duca d'Urbino, le quali cose mi persuadono che io sia stato qualche cosa : ma, vedendo poi come mi hanno lasciato povero, entro in altra opinione. Considerando poi che infino ad hor quindici volumi di mie opere con approbalion si leggono, et che di cose cavalleresche, di morali et di catholiche non so se altri habbia scritto più cose (per non dir meglio) di me, ritorno in fantasia di meritar pur qualche cosa. Et, se ben non fossi bora più alto alle fatiche, come soldato veterano dovrei almen essere mantenuto, come si fa alcuna volta de'cani et de'cavalli, che si pascono et si dà loro sepoltura. »
E questi quindici e più volumi delle opere di Muzio quanti sono fra noi clic li abbiamo, non dirò letti, ma nè anche veduttì tutti? Nè affatto per colpevole trascuranza. E per vero un volume del nostro autore è diventato ormai una rarità libraria, da rinvenirsi appena, appena, in qualche vecchia libreria di Venezia. Eppure Muzio non è soltanto gloria istriana, ma gloria veramente italiana. Delle sue opere alcune saranno certamente invecchiate, ma ve se ne troverebbero ancora, specialmente in quelle clic trattano questioni di lingua, che tornerebbero giovani ed interessanti, ed i-struttive anche al giorno d'oggi. Perciò sarebbe no-slro dovere patriottico di rendere questo tributo d'onore alla memoria di questo grande nostro concittadino col provvedere alla ristampa dei suoi lavori migliori. Per generosa opera dei deputati della prima dieta istriana esiste un fondo allo scopo di patrie pubblicazioni, e non è a dubitare che la pubblicazione di ti-pere del Muzio otterrebbe l'aiulo di questi mezzi. La persona a cui dovrebbe venire raccomandata la scella dei lavori è designata in precedenza da tutta la provincia.
X.
Gravi e profondi sludi si fecero in Italia negli ultimi venticinque anni sul miglior modo di coltivare il baco da seta, sulle malattie clic Io affliggono, sui rimedj che possono o antivenirle, o renderle meno funeste, o spegnerle. Quantunque la coltura del baco si tenga nella nostra provincia in brevi confini, massime da che irruppe anco fra noi 1' atrofìa, pure nel desiderio che s'invigorisca e si estenda, giacché vediamo in lei una
fonte di larghi guadagni, rechiamo qui appresso, quale ne venne gentilmente favorita da distintissimo entomologo la
Bibliografia
dei migliori lavori publicali in Italia In questi ultimi 25 anni sul governo dei Baelii, sulla Storia naturale di quest' insetto, e sulle sue malattie, rirnedj, proposti eie. etc.
Lambrusche — Intorno al modo di custodire i bachi da seta. Firenze, lipog. Galileana 1 Voi. in 8. 2. Fdiz. nel 1854; ne fu fatta una terza nel 1858. Ciccone Antonio — Della coltivazione del gelso e del governo del Filugello. Torino, Betta. 1 Voi. in 8 fog. 1854. Vittadini Carlo — Dei mezzi di prevenirci Giornale il calcino, del 1855.	/lell'I.R.
Detto Dello — Della natura del calcino w Istituto mal del segno. 1854 con fig. jLombar. Cornalia Emilio — Monografia del Bombice del gelso. 1 Voi. con 15 tavole in 4.° 1856. Osoio Marco — Cenni sull'attuale malattia dei Bachi da seta, Opusc. (Atti dell'I. R. Istituto Veneto voi. II. Serie IIF. 1857). Vittadini, Balsamo	IRapporto al R.° Istituto
/Lombardo sulla Campa-Giannei.li e Cornalia, relatore fgna Bacologica del 1856.
iGiornale e Alti dell'Isti-/tulo Lombardo 1857. Maestri D. Ancelo — Framenti anatomici fisiologici etc. sul baco da seta. Pavia 1857 1 Voi. in 4° con tav. I.ambrusciiini — Sulle così dette malattie dei bachi e delle farfalle. Lettera al Prof. Cornalia. Firenze, 1858, op.° in 8° Fabbri Creg. — Sulla dominante malattia dei bachi
da seta. Torino, 1858 op.° in 8°. Vittadini — Sul modo di distinguere nei bachi da se-la la semente infetta dalla sana. Alti del R. Istituto Lombardo 1859 op.° iu 4.° con tav.
Cornalia — Sui caratteri che presenta il seme sano dei bachi da seta, e come questo si possa distinguere dal seme infello. Atti della Società di St. Nat. Voi. II. 1860, op.° con una tavola. Cantoni — L'agricoltura in questi tempi.
Politecnico Voi. XXVI 1865 op.° in 8.° Cornalia — Relazione sull'annata bacologica del 1864-65.
Bassi Carlo — La Pebrina- Malattia del baco da seta.
Milano, 1868 op.° in 8.° Salimbeni — La farfalla corpuscolosa del baco da seta.
Dall' annuario della Società dei Naturalisti di Modena anno III. 1868. "Wlacovicii — Sui corpuscoli oscillanti eie.
Alti dell'Istituto Veneto di Scienze, Leti, ed Arti 1864.
Franceschi^ Francesco — Nuove istruzioni ed esperienze sull' allevamanto dei bachi. Op.° in 8. Lucca, 1868.
Salimbeni — Lettera a Grimelli. Modena 1867.
Detto — Il Microscopio diretto a determinare e prevenire la malattia.. — Lettera. Modena 1868 op.J in 8.
Studiati Cesare — Brevi avvertenze svolte per gli allevatori de' bachi da seta nei dintorni di Pisa da un loro collega. Op.° in 8. Pisa 1869.
Rettifica.
Sugli ultimi del mese passato giunse da Pirano alla Redazione della Provincia una lunga corrispondenza dell' onorevole signor D, il quale lasciava a lei di correggerla e tagliarla secondo necessità. Chi ha l'incarico di coordinare e regolare il materiale del Foglio, trovandoci forse impacciato a farlo convenientemente per la quantità degli articoli che aveva fra mano, approfittò della cortese licenza, e ridusse la lettera del sig. D, aggiungeiKl» del suo> nell' ultimo periodo, ciò che s|iiacque altrui, e fu motivo delle più vive lagnanze. l>a Redazione n' è oltremodo dolente, e nel desiderio di riparare a quanto accadde, crede di non poterlo fare altrimenti, che recando qui sotto nel suo preciso testo il periodo della corrispondenza del sig. D, onde faccia dimenticare quello letto nel N 5, pag. 277.
Nella seduta municipale tenuta li 28 Decembre passalo, ascoltate anche questa vi prego e finisco, dietro mozione d'un onorevole} si deliberò d'associarsi al conchiuso volato ed iniziato dal Comune d'Imago, cioè per T unione politico - amminislruliva coti Trieste, e qui faccio punto.
ai bachicultori.
A Capodislria si trovano in vendita oncie ottanta circa semente di bachi da seta annuali del Giappone di color verde e di prima riproduzione, confezionata con tutta attenzione e diligenza. Chi amasse farne acquisto si rivolga alla redazione del Giornale, che troverà lulla la convenienza nel prezzo.
Errata - Corrige.
Neil' articolo bibliografico siili' Epistolario di G. La Farina inserito nel nostro IN. precedente incorse un'errore di stampa altrettanto grave quanto evidente. Il nome del raccoglitore di quell'Epistolario, che è l'illustre filosofo Ausonio Franchi, fu storpiato in Antonio Franchi.
Ma i nostri lettori, a cui non possono essere ignoti i titoli di gloria, che adornano l'autore del Razionalismo del popolo e della Religione del Secolo A Lì, avranno certo capito l'equivoco, e noi ne facciamo qui cenno solo per scrupolo di coscienziosità.