ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) ricevuto: 2001-08-06 UDC 173:34(09)(497.5)"16" RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE (DA UNA VICENDA ISTRIANA DEGLI INIZI DEL SEICENTO) Claudio POVOLO Università degli Studi di Venezia Ca' Foscari, Dipartimento Studi Storici, IT-30124 Venezia, San Marco 3417 SINTESI In questo saggio è descritta una vicenda processuale avvenuta nel 1614 a Pin-guente, piccolo, ma importante centro dell'Istria Settentrionale. Il tribunale cittadino apre un'inchiesta su una presunta minaccia rivolta ad un padre predicatore locale. Ma dalle prime testimonianze emerge come le tensioni e i conflitti si dirigano rapidamente nei confronti dell'avvocato Giovanni Verci, esponente di una delle famiglie più in vista del luogo, accusato di adulterio, insieme a Caterina De Cleves, la giovane moglie di Giovanni Bolzoni. Il processo mette in evidenza come, ricor-rendo al complesso linguaggio dell'onore, le accuse siano strumentalmente utilizzate per mettere in discussione il ruolo della famiglia Verci e, in definitiva, la sua capacità di controllare la società locale ricorrendo ai legami clientelari. Parole chiave: etica, onore, morale fmiliare, storia del diritto, Istria, XVII secolo Giovanni Verci era un uomo, come potremmo dire?, di un certo rilievo sociale ed economico: apparteneva ad una delle famiglie più in vista di Pinguente, un centro arroccato su una sommità collinare, che superbamente sembrava dominare quella parte dell'Istria settentrionale che si volgeva verso i territori arciducali. Cosí, senza ombra di dubbio, lo configura il processo contro di lui istruito nel 1614.1 E, di lí a 1 II processo qui esaminato e conservato in Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di comun, busta 4308. D'ora in avanti si citerá piu semplicemente come Processo, seguito dalle carte di riferimento. Il fascicolo processuale, come vedremo, venne istruito dal Capitano di Raspo, rappresentante veneziano del piccolo centro istriano, ma poi, di li a poco, fu ripreso da Marco Loredan, Provveditore generale in Istria, e, di conseguenza, trasferito a Venezia e depositato nel fondo miscellaneo dell'Avogaria di comun. Il fascicolo consta, dunque, di due parti ben distinte (ciascuna con una propria numerazione), ma che si ricollegano ad un'unica concezione della giustizia, in cui il ricorso ad un giudice superiore (un diritto di realdizione) costituiva ancora parte integrante di quell'azione di controllo (sindacato) 513 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 qualche decennio, Giacomo Filippo Tomasini, vescovo di Cittanova, nel descrivere le caratteristiche sociali e politiche di Pinguente, sottolineava il ruolo preminente occupato dalla famiglia Verci in questo importante centro della penisola istriana.2 Una famiglia di rilievo, dunque, quella del Verci, ed anche, come sembrerebbe, provvista di una certa qual patina di antichita. In verita, il processo istruito nei con-fronti di Giovanni Verci non e molto prodigo di informazioni sul suo conto: si dice che avesse alcune proprieta site nel borgo collinare, ma soprattutto che esercitasse la professione di avvocato. Una notizia, ad onor del vero, quasi gettata li per caso dall'avvocato difensore, verso la fine del processo, per sottolineare i pregi e il valore del suo assistito. Ma il discorso processuale e sempre provvisto di una certa dose di ambiguita e di indeterminatezza: per certi versi e ricco di informazioni, per altri appare oltremodo sfuggente; e quasi sempre prospetta un contesto contraddittorio. Lo storico, si sa, per lo piu non demorde di fronte alle difficolta. Altre fonti sono solitamente a sua disposizione per arricchire il quadro che dovra tracciare: atti notarili, registrazioni parrocchiali, rilevazioni fiscali, e cosi via, possono costituire le tessere di un mosaico, di cui il processo traccia le figure centrali e predominanti. Operazione complessa e difficile, che infine lascera piu di uno spazio vuoto e collegamenti non del tutto soddisfacenti.3 Ma l'operazione e legittima e puo aiutare a risolvere molte delle domande che il documento processuale lascia irrisolte. E spesso appare in definitiva meno fuorviante dell'utilizzo che, di per sé, se ne puo fare per dedurre, dallo stesso documento processuale, fenomeni di piu ampia portata sociale.4 svolta nei confronti di giudici qualificati soprattutto per la loro responsabilitä professionale. Su quest'ordine di problemi cfr. Giuliani-Picardi, 1995, 23-36. Sull'Istria la bibliografia e amplissima. Mi limito qui a ricordare il lavoro di sintesi di Darovec, 1993. Di questo processo si e occupata pure Daniela Hacke nella sua ricerca sui conflitti maritali (Hacke, 1997, 240-248). 2 "Delle famiglie sono sette le principali, l'una dei sigg. Verci, la qual sempre ha prodotto uomini insigni in lettere ed in armi. In lettere era il sig. Giovanni ed il sig. Annibale dottorati in legge civile; in armi al presente vi sono quattro capitani, Marco, Scipione, Rizzardo e Francesco, fra i quali Scipione nelle ultime guerre dell'Istria s'acquistö fama immortale col valore della sua destra, e sempre dei loro antenati vi era qualche capitano dei soldati, la qual famiglia ha privilegio da Federico imperatore di creare notari, e sono chiamati in quel privilegio conti del sacro palazzo Lateranense..." (Tomasini, 1837, 522). Sulla figura del Tomasini cfr. Trebbi, 1980, 9-49. 3 In un certo senso il testo processuale si colloca per lo piu tra due termini che possono apparire antitetici e tali da suggerire suggestioni e reazioni contrastanti in chi si appresta ad interpretarne i contenuti: da un lato, difatti, la sua ritrosia, o paradossalmente l'iterazione dei suoi messaggi, spinge il lettore a ricercare altrove nuove e possibilmente diverse informazioni che possano interagire con il testo medesimo; dall'altro, nella presunta consapevolezza che i verbali processuali assai difficilmente possono rappresentare la realtä effettuale, si puö essere inclini ad utilizzare il testo in chiave narrativa, sottolineandone, per cosí dire, gli aspetti letterari. 4 Tema che, ovviamente, si colloca nel piu ampio e complesso rapporto esistente tra veritä e storia, ripetutamente affrontato da Ginzburg, 1991; 2000. Il tema ha direttamente raggiunto la sua massima 514 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 Il processo rappresenta comunque un conflitto. Un conflitto segnato da rególe prestabilite (anche se altamente manipolabili) che riflettono in primo luogo rapporti di potere e strutture istituzionali. E come tutti i conflitti, anche il discorso processuale è provvisto di simboli che sono veicolati sia da chi detiene più complessivamente il controllo dell'apparato istituzionale e giudiziario (tramite le regole e le convenzioni imposte) che da coloro che, in qualità di protagonisti o di coprotagonisti (parti in conflitto, testimoni, avvocati) interagiscono nell'ambito del processo. Individuare i simboli che il discorso processuale lascia, più o meno mani-festamente, trasparire, è essenziale per individuare la posta in gioco e il reale oggetto del contendere.5 Fu il Capitano di Raspo, massima autorità del luogo, ad aprire il due aprile 1614 l'istruttoria che avrebbe successivamente comportato l'incriminazione di Giovanni Verci. Un avvio ex oficio, dunque, condotto su iniziativa dello stesso giudice del tribunale. Al capitano era infatti giunta voce che alcune persone temerarie avevano minacciato uno dei padri francescani di Pinguente, il quale nell'esercizio del suo ministero aveva pronunciato una dura reprimenda nei confronti di alcuni peccati ed errori commessi nella stessa comunità.6 Di queste minacce il pio religioso s'era pubblicamente lamentato dal pulpito e quindi, come lasciava intendere lo stesso Capitano, la giustizia aveva dovuto procedere di sua iniziativa per accertare i presunti responsabili. Ma che l'iniziativa non fosse cosí spontanea, come si voleva lasciar credere, l'avrebbero dimostrato non solo il prosieguo del processo, ma le stesse testimonianze che, di lí a poco, vennero rapidamente assunte. La prima persona ad essere interrogata fu Giovanni Bolzoni, pure di Pinguente. E non pare proprio un caso. La domanda che gli venne rivolta rivela infatti chiaramente come il giudice avesse ben chiaro dove indirizzare le sue indagini. Richiesto se tra lui, la moglie Caterina e il dottor Giovanni Verci fosse accaduto qualcosa, in parti-colare nel giorno di Pasqua, Giovanni Bolzoni si lascio andare ad una lunga e circo-stanziata accusa. Fu proprio in quel giorno che egli, muovendosi alla ricerca della moglie, "m'imaginai ch'era forse dal signor dottor Zuanne Verci. Et cosí andato io a casa d'esso dottor, li trovai tutti due in cusina che erano a brazzacolo. Et cosí havendomi essi rilevanza nella polémica suscitata dalle discusse tesi di David Irving sull'olocausto e nel processo intestato da quest'ultimo contro la Penguin Book (Evans, 2001). 5 Come ha sostenuto Antoine Garapon "spesso si tende a commettere l'errore di contrapporre il razionale al'irrazionale, le forme linguistiche della giustizia alle forme non linguistiche; al contrario, il simbolo e l'organizzazione rituale del processo permettono di affermare come si organizzi il pensiero, vale a dire il momento simbolico del linguaggio. I simboli non sono soltanto un ornamento: essi apportano sostanza al dibattito giudiziario" (Garapon, 1995, 292). 6 Processo, c. 13r. Sulla procedura dell'inquisitione, cfr. Priori, 1622, 11-16. Sulle distinzioni operate dal noto pratico cfr. Povolo, 1997, 111 e sgg. 515 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 veduto, il signor dottor comincio a chiamar la sua massara, che menasse la sua puttina, ma io le dissi che questo chiamar la massara non havesse in cio che fare. Et cosí dissi ad essa mia moglie che andasse a casa; et esso signor dottor disse che havevo ragione. Et cosí partita essa, io dissi ad esso signor dottor che queste non erano le promesse che egli mi haveva fatto con sacramento, et che erano a me state fatte anco da quelli che hanno trattato il matrimonio tra me e la detta Cattarina. Et esso signor dottor comincio subito ad alterarsi, con dirmi: 'hai tu forsi pensiero d'amaciarla o di farle qualche dispiacere?' Et dise che io non ero degno di ne anco toccar essa mia moglie. Et insomma comincio egli poi a minacciarmi et andar con le brutte, onde havendo io paura che mi offendesse mi partii. Et cosí andato a casa mia diedi quatro pugni ad essa mia moglie, la quale subito per questo si partí et ando dal sudetto signor dottor, dove anco e al presente". Il Bolzoni proseguiva poi la sua testimonianza affermando come, in sua assenza, il Verci avesse ripetutamente dormito con sua moglie. Su richiesta del giudice precisava come lo stesso Verci, circa sette od otto anni prima, avesse deflorato Caterina, av-viando con lei una lunga e notoria relazione da cui erano nati due bambini. Ma proprio in un giorno dell'appena trascorso carnevale, ricorrendo all'intervento di alcuni mediatori, era stato trattato il suo matrimonio con Caterina: "con promessa che il sudetto signor dottor non l'haverebbe mai piu molestata et come lui medesimo anco mi affermo con giuramento et che essa sarebbe stata una donna dabene. Et la tolsi per moglie...".7 In realta il dottor Verci non aveva interrotto la sua relazione con Caterina. E cosí Giovanni Bolzoni se n'era pubblicamente lamentato con il padre predicatore di Pinguente, il quale, come gli avevano riferito alcune donne, era stato minacciato dalla famiglia Verci. L'interrogatorio di queste testimoni non diede in realta informazioni precise sulle presunte minacce dei Verci nei confronti del padre predicatore, lasciando piuttosto trapelare il clima di tensione creatosi di seguito alla pubblica reprimenda che quest'ultimo aveva lanciato dal pulpito.8 Questa primissima fase del processo fece dunque emergere chiaramente il ruolo preminente esercitato dalla famiglia Verci in Pinguente. Un ruolo in grado di ridefinire la stessa collocazione sociale di alcuni individui, mediante il linguaggio strumentale dell'onore, ma non tale, evidentemente, da sopire ogni tensione e conflitto. 7 Processo, cc. 13r-15r. È da notare come il Bolzoni ricordi l'epoca della deflorazione di Caterina in maniera diversa da quella di Daniele De Cleves (cfr. infra la testimonianza di quest'ultimo). 8 Margherita, moglie di Bortolo Stifich, affermé che alcune notti "era stato gente alla casa di esso predicatore per offenderlo...; il campanaro del padre dormiva su la porta con un stramazzo perché haveva paura, per haver sentito due volte a far romor" (Processo, c. 15r). 516 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 II processo istruito contro Giovanni Verci esprimeva innanzitutto questo stato delle cose. E lo dimostrava, la successiva comparsa di Giovanni Bolzoni presso la cancellería del tribunale, a distanza di piu di un mese, quando il processo sembrava essersi arenato (Processo, cc. 15v-16r, 8 maggio 1614). Il mattino precedente, ritornato da messa, il Bolzoni aveva ritrovato la propria casa quasi del tutto svuotata. La moglie Caterina l'aveva dunque nuovamente lasciato, portando con se le cose piu preziose. L'uomo non aveva esitazione ad esprimere il sospetto che ella si fosse rifugiata dal dottor Verci. Richiedeva inoltre fossero adottati i necessari provvedimenti a difesa della sua incolumita, in quanto, a causa dei suoi ricorsi alla giustizia, la sua stessa vita era minacciata "dalla potenza del sudetto dottor Verci, per esser di principali di quella terra". Il processo riprendeva, dunque, ed in maniera piu esplicita, sotto la spinta di quelle tensioni che inizialmente non si erano del tutto esplicitate e che probabilmente era-no emerse cogliendo il pretesto della presunte minacce rivolte al padre predicatore. E difatti, di seguito alla nuova testimonianza di Giovanni Bolzoni, quello stesso otto maggio 1614 si presentavano per essere interrogati i genitori di Caterina, Daniel De Cleves e la moglie Maria.9 Daniel De Cleves viene definito messer: una definizione che, abitualmente, sembra indicare un ruolo di secondo piano, anche se non del tutto marginale nel piccolo ma importante centro di Pinguente.10 La sua testimonianza, come quella della moglie, arricchisce il quadro entro cui la vicenda si era sinora mossa. Erano trascorsi ormai tre anni da quando il dottor Verci gli aveva strappato la verginita della figlia Caterina, allora diciassettenne, e circa un anno da quando ella aveva abbandonato il tetto paterno per vivere in una casa che le era stata procurata dallo stesso seduttore. A nulla erano valse le minacce e le richieste rivolte alla figlia affinche rifiutasse le attenzioni del Verci. Ella sosteneva anzi che l'uomo aveva promesso di sposarla e le aveva donato un anello per dimostrarle la serieta dei suoi intenti. In realta le cose erano andate diversamente. E a nulla erano pure valsi i tentativi che egli aveva fatto nei confronti dello stesso Verci per convincerlo a sposare la figlia: 9 Le testimonianze dei due in Processo, cc. 15r-18r. Il processo, avviatosi dunque ex offício per ordine del Capitano di Raspo, proseguiva poi su iniziativa di Giovanni Bolzoni, il quale, in questa fase, pur non avendo formalmente presentato una querela, esplicitava chiaramente le sue rimostranze personali. Questi aspetti, come vedremo, non furono ininfluenti sui successivi sviluppi del processo connotandone le fasi piu salienti. 10 Tra le testimonianze escusse di seguito all'intervento del Bolzoni figura anche quella di Bastian Cleves, nipote e domestico del padre di Caterina (Processo, c. 18r e v). Ma sul rapporto tra onore e condizione sociale si veda piu sotto la testimonianza dell'avvocato difensore del Verci. Il Provveditore di Raspo risiedeva a Pinguente. Questo centro assunse particolare importanza soprattutto a partire dalla seconda meta del Cinquecento, quando Venezia decise che al provveditore ivi inviato fossero diretti tutti gli appelli concernenti le cause riguardanti le nuove popolazioni. Pinguente divenne cosí, dopo Capodistria, il centro politicamente piu importante della penisola istriana (Marino, 1994; Veronese, 1994). 517 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 "mi ha fatto mille volte mille scongiuri di tuorla per moglie et io sarei riccorso alla giustitia, ma loro sono tanti qui e questo dottor é di autorità qui, che dubbitavo della vita, perché certo mi sarebbe intravenuto qualche male, ma non potendo far altro cosí aspettando, ma credo che alle promesse che esso dottor mi ha fatto non havrà mai bene" Inteso che il Verci aveva combinato il matrimonio della figlia con Giovanni Bolzoni aveva tentato di opporsi, ma citato presso la Curia patriarcale di Trieste, aveva infine lasciato cadere ogni cosa.11 La testimonianza di Daniel De Cleves dimostra come l'appropriazione da parte di Giovanni Verci della verginità di Caterina segnasse la sanzione di rapporti di forza diseguali all'interno della comunità.12 Il suo rifiuto di aderire ad una ipotetica promessa di matrimonio e il conferimento di una dote consistente a Caterina, con la stipulazione di un contratto matrimoniale la cui controparte era rappresentata da un uomo che ella non aveva certamente scelto di sua iniziativa, stavano ad indicare come il Verci fosse in grado di ridisegnare la configurazione sociale dei protagonisti di tutta la vicenda, avvalendosi del complesso idioma dell'onore. E difatti, non diversamente, Maria De Cleves, ribadendo l'inganno perpetrato da Giovanni Verci nei loro con-fronti, sottolineo come Giovanni Verci avesse infierito per ben due volte sull'onore della figlia (e della famiglia): "hebbe l'honor suo et cosí essendo essa rimasta gravida, mio marito la volse amacciar, tanto che trattenuto dal quondam messer Gierolimo Visentin...con dir che forse esso dottor l'haverebbe messa all'honor del mondo. Et cosí essa mia figliola finalmente fece una putta, latandola buon tempo, ma credo doppo rimasa gravida di novo, esso dottor la levo di casa et doppo questo carneval passato esso dottor l'ha maridata. Dicens: almeno doppo che l'ha sassinata una volta non l'havessela sassinata da novo...". 11 "Et saputo anci che havendo inteso in chiesa che il pievano pubblico il matrimonio, come si costuma, ho contradito, perche volevo che lui la sposasse, come le haveva promesso, cioe esso dottor, et mi fero citar davanti il vescovo a Trieste; perche erano cativi tempi d'inverno et non puoti andar, la sposarono con un Zuanne che tien un poca di bottega di marzaria et non ho poi voluto saperne altro". Nel fascicolo processuale vennero trascritti sia l'atto di matrimonio del Bolzoni con Caterina (avvenuto l' 11 febbraio 1614), che la contraddizione avanzata da Daniel De Cleves il 29 gennaio precedente alle pubblicazioni dello stesso (Processo, c. 27r). Gli atti vennero probabilmente congiuntamente presen-tati dal Bolzoni e dai coniugi De Cleves per sottolineare l'atteggiamento prevaricatore del Verci. 12 Nella fase difensiva del processo, l'avvocato di Giovanni Verci sottolineerá questo aspetto. "Ha sodisfatto il commercio havuto seco con il maritarla, contentante la madre et dotarla nel modo che si vede dal contratto che si produce. Et se il marito e di conforme condittione et la dotte eccedente molto alle forze della facoltá del padre di lei, come e notissimo, che piu dovea et che piu era tenuto fare?" (Processo, c. 52v). 518 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 Di seguito alla relazione amorosa intrattenuta con Giovanni Verci e alla sottrazione della verginita, Caterina De Cleves aveva perduto l'onore di fronte a tutta la comunita di Pinguente. Considerata l'incolmabile diseguaglianza di status esistente tra i due parentadi, Daniel De Cleves non era stato in grado di costringere il Verci a rispettare il suo ipotetico impegno nei confronti della figlia e tanto meno ad impedire che quest'ultima si congiungesse in matrimonio con Giovanni Bolzoni.13 La dote consistente elargita a Caterina affmche ella si maritasse con il Bolzoni aveva anzi manifestato palesemente a tutta la comunita come egli fosse in grado di interagire attivamente con la nozione d'onore. La dote elargita alla giovane donna e il suo successivo matrimonio stavano infatti ad attestare come ella fosse stata reinte-grata nel suo stesso onore, nonostante la precedente perdita della verginita. Forte del suo status sociale e del potere esercitato tramite relazioni di patronage, Giovanni Verci aveva dimostrato non solo di non aver infranto i codici morali della comunita, ma di essere pure un uomo d'onore.14 Relazioni interpersonali ineguali e una nozione d'onore fortemente connotata dal privilegio della distinzione e dello status, mettevano direttamente in risalto come il nesso assai stretto tra comportamento sessuale e 13 Statuti e leggi medievali avevano invero sancito una sorta di protezione giuridica nei confronti della donna vergine e onesta il cui onore fosse stato infranto dall'uomo che l'aveva ingannata. In realta, come anche suggerisce la legge emanata a Venezia nel primo Cinquecento, una diversa sensibilita sociale si stava affermando, sino al punto da riconfigurare sul piano normativo lo stesso onere della prova posto a carico del seduttore/defloratore. E comunque probabile che la stessa normativa medievale venisse concretamente interpretata alla luce dei rapporti di forza e dei contesti sociali entro cui i fatti si svolgevano. L'onere della prova poteva essere facilmente aggirato alla luce delle spinte e delle motivazioni delle forze sociali che si muovevano nell'ambito dei tribunali. Ampia la bibliografia su questi temi. Mi limito qui a ricordare Povolo, 1996 e Lombardi, 2001. Considerata l'ampiezza e la rilevanza dei temi affrontati, su quest'ultimo testo, molto probabilmente, ritornerö in una successiva occasione. Per ora vorrei solo osservare come alcune affermazioni sostenute dalla giovane studiosa siano incongruenti e prive di senso compiuto. Cfr. in particolare Lombardi, 2001, 410, nota 104. Come dimostra anche la vicenda Verci-De Cleves, la prassi matrimoniale e conflittuale d'antico regime articolava il complesso linguaggio normativo nell'ambito di un discorso la cui sintassi era dettata dalle regole della parentela e dei rapporti di potere. Su questi temi cfr. Acta Histriae, VII; IX. 14 L'atto dotale, rogato il 25 gennaio 1614 dal notaio Giacomo Sottolich, e esemplificativo di questo stato delle cose. Presentato a difesa da Giovanni Verci, esso e strutturato come una vera e propria promessa di matrimonio tra Caterina De Cleves e Giovanni Bolzoni, alla presenza, in qualita di testimoni, di autorevoli esponenti della comunita: "il qual detto matrimonio di commun consenso dissero et volsero che sii et s'intenda a dotte, cioe all'usanza dell'alma citta di Venetia, perche essa madonna Cattarina si constituí et constituisce in dotte et per nome di dotte ducati cento et ducati cento vinti due...nel modo infrascritto. Cioe ducati cento da lire 6 per ducato in tanta numerata pecunia, quali li sono dati dall'eccelentissimo domino Zuanne di Verzi dottor et gli altri ducati cento vinti doi...in tanti mobili, cosí valutati et stimati da persone communemente et volontariamente elette d'ambe le parti. Li quali ducati cento furono alla presentia di me nodaro et testimoni sopradetti contadi da domino Antonio Vicich per nome del sudetto eccelentissimo domino dottor al prefatto messer Zuanne in tanta pronta numerata pecunia, delli quali detto messer Zuanne si chiama contento et satisfatto, sicome anco delli mobili per gli altri ducati cento vinti doi..." (Processo, c. 50r e v). 519 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 reputazione sociale potesse essere agevolmente reinterpretato alla luce dei rapporti di forza e dalla natura delle reti di relazione.15 Quanto avvenne dopo il matrimonio di Caterina De Cleves con Giovanni Bolzoni stava pero a dimostrare come la vicenda avesse lasciato qualcosa di irrisolto. Le presunte minacce rivolte dai Verci al padre predicatore, le percosse inflitte dal Bolzoni a Caterina e la sua fuga dalla casa del marito, erano difatti conseguenti al fatto che ella, anche dopo il matrimonio, non aveva mai smesso di frequentare la casa dell'uomo con cui aveva intrattenuto una cosí lunga relazione. Un fatto che quasi tutti i testimoni avrebbero sottolineato, ma che, evidentemente, sarebbe stato diversamente interpretato dai protagonisti del processo. La frequentazione da parte di Caterina dell'abitazione del Verci e, soprattutto la sua fuga, stavano sin troppo apertamente a testimoniare come ella non avesse affatto gradita la nuova unione matrimoniale. E questo aveva suscitato la reazione del Bolzoni. Ma che le cose non stessero semplicemente cosí e pero attestato dal fatto che le accuse mosse al Verci avevano inizialmente seguito un percorso tortuoso ed indiretto.16 Le nuove accuse esternate da Giovanni Bolzoni avrebbero pero rivelato la situazio-ne complessa che si era venuta a creare dopo il matrimonio di Caterina e, soprattutto, come il linguaggio dell'onore, si articolasse su veri e propri rapporti di forza entro cui le figure che si incardinavano nella tradizionale struttura della famiglia stentassero a mantenere la loro consueta identita. Il successivo resoconto dei testimoni, escussi in quanto menzionati dal Bolzoni e dai coniugi De Cleves a sostegno delle loro affermazioni, confermarono come Caterina avesse continuato a frequentare la casa del Verci anche dopo il matrimonio e come quest'ultimo l'avesse infine collocata, dopo la fuga, in una casa di sua proprieta (Processo, cc. 18-25).17 Qualcuno dei testi sottolineo pure che Caterina aveva dormito in casa del Verci, ma nessun altro elemento emerse a comprovare l'avvenuto adulterio. 15 Come ha sostenuto Julian Pitt-Rivers "honour is a question of class honour and personal precedence, power and the capacity to patronise which of course requires wealth, while sexual behaviour which dominates honour in the pueblo appears somewhat less important. Sexual conduct is a matter of conscience and is the subject of religious sanctions. It exposes a person's self-esteem rather than his honour" (Pitt-Rivers, 1977, 40). E evidente che in comunita come Pinguente, dal marcato profilo urbano, le due nozioni di onore interagissero profondamente incanalandosi sul terreno delle relazioni di clientela e di patronato. 16 Come si ricordera, il procedimento era stato avviato ex officio e in base ad una motivazione che, gia dopo le prime battute, si era sostanzialmente rivelata pretestuosa, rispetto al reale oggetto del contendere. E l'accusa di adulterio stentera ad emergere chiaramente, nonostante il Bolzoni accennasse, sin dalla sua prima testimonianza, di aver visto la moglie in atteggiamento affettuoso con il Verci. 17 Il Bolzoni ottenne il sequestro degli indumenti che Caterina aveva condotto con se fuggendo da casa (Processo, cc. 26-27). 520 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 II 16 maggio 1614, ultimata la fase istruttoria del processo, il Capitano di Raspo emano il proclama nei confronti di Caterina De Cleves e Giovanni Verci.18 Entro nove giorni avrebbero dovuto presentarsi presso il tribunale per discolparsi dalle accuse che venivano mosse nei loro confronti (Processo, cc. 27-28). Si trattava di accuse pesanti ed enunciate con il consueto stile perentorio e minaccioso che solitamente caratterizzava i proclami. Era principalmente a Giovanni Verci che esse venivano direttamente formulate, raccogliendo senza mezzi termini le lamentele e le recriminazioni del Bolzoni e dei coniugi De Cleves. Non soddisfatto, difatti, di avere deflorata Caterina e di averla pure condotta via di casa, senza che i genitori nulla sapessero, Giovanni Verci l'aveva pure convinta ad allontanarsi dal marito. E nel giorno di Pasqua, "mentre che gli altri christiani attendevano alla com-munione et altre devotioni", i due erano stati visti "a bracciacolo" in casa dello stesso Verci.19 Fuggita di casa ed abbandonato il marito, Caterina era stata accolta ed aiu-tata dal Verci.20 In tal modo i due non solo avevano commesso il grave delitto di adulterio, ma avevano pure spezzato il sacro vincolo del matrimonio. L'organo giudiziario aveva cosí formulato chiaramente l'accusa di adulterio nei confronti di Giovanni Verci e Caterina De Cleves. Un'accusa che, per molti versi, non poteva non apparire paradossale, se si considera che il delitto di adulterio era tradizionalmente considerato un delitto privato (cfr. infra) e che le accuse mosse dal Bolzoni erano state avanzate in un processo che aveva preso avvio ex oficio, su iniziativa del capitano di Raspo. Alcuni aspetti della vicenda possono pero essere maggiormente comprensibili se solo ci si sofferma sull'atteggiamento assai diverso che le autorita secolari ed ec-clesiastiche assumevano nei confronti dell'adulterio rispetto alla concezione del-l'onore predominante presso le comunita non provviste di una marcata gerarchia incentrata sullo status sociale. Come e noto, un aspetto essenziale dell'onore maschile era determinato dal corag-gio e dalla potenza sessuale. Entrambi gli elementi incontravano una fusione eticamente positiva nella difesa dell'onore della propria famiglia. L'adulterio rappre-sentava la massima violazione di questa nozione d'onore e sanciva, in primo luogo, il disonore dell'uomo tradito di fronte a tutta la comunita (Pitt-Rivers, 1977, 24). Era dunque nei confronti del marito tradito (considerato una figura contaminata) che si indirizzavano quei riti dissacratori ed infamanti (mattinate) organizzati dai gruppi 18 II proclama era una sorta di citazione solenne cui generalmente si ricorreva per i reati più gravi (Priori, 1622, 29-35). 19 E si ricordava pure le minacce rivolte al padre predicatore, nonostante non avessero trovato alcun riscontro convincente nella primissima fase del processo. 20 Nel proclama si raccoglieva pure la voce raccolta nella fase istruttoria che i due avevano cenato e dormito insieme nella casa del Verci (Processo, c. 28). 521 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 giovanili (Zemon Davis, 1980, 138-140; Povolo, 2000)21 e non verso colui che si era reso responsabile dell'adulterio, il quale non aveva fatto altro che mettere in rilievo la propria mascolinita di fronte a tutta la comunita (Pitt-Rivers, 1977, 23-24). L'atteggiamento della Chiesa, diversamente, ponendosi sul piano della coscienza individuale, riprovava e puniva comunque coloro che erano caduti nel peccato di adulterio, ponendosi cosí in antitesi nei confronti di una concezione della comunita in cui era l'idioma dell'onore (maschile e femminile) a determinare la riprovazione collettiva.22 Sin dal Medioevo l'atteggiamento delle autorita secolari, definendo il reato di adulterio come un delitto privato e, in quanto tale riservando all'iniziativa del marito il ricorso all'autorita giudiziaria, non faceva altro che riflettere la delicatezza e la vischiosita sociale di una lesione che incideva cosí profondamente sulla struttura parentale della societa.23 Il reato di adulterio era ritenuto cosí dirompente per il valore sacrale assegnato all'onore femminile, e il comportamento della donna adultera era comunque considerato lesivo di alcuni dei valori fondamentali della societa. Non dobbiamo dunque stupirci se Caterina De Cleves si guardo bene dall'ubbidire all'ingiunzione del tribunale. Giovanni Verci, invece, dopo aver ottenuto la proroga di alcuni giorni, si presento il 30 maggio 1614, accompagnato dall'avvocato Giovan Andrea Dal Senno. Come prevedeva la prassi giudiziaria dell'epoca, la persona presentatasi volontariamente su citazione del tribunale doveva essere temporaneamente accolta, sino al momento dell'interrogatorio, in un'apposita prigione dei pre-sentati, oppure, qualora questa non fosse stata disponibile come a Pinguente, nella sua stessa abitazione. E cosí avvenne per Giovanni Verci, che fu interrogato il successivo 10 giugno.24 21 Sulla persistenza di queste consuetudini in Italia sino alla metà del secolo scorso cfr. Fincardi, 1988, 19-43. 22 A questo proposito sono interessanti le osservazioni di Julian Pitt-Rivers: "The idea that the punishment for a breach of rights should be visited by custom on the victim not the perpetrator may still perhaps strike us as anomalous...but the code of honour derives...from a sacred quality of persons, not from ethical or judicial provisions..." (Pitt-Rivers, 1977, 24). La mattinata poteva, in taluni casi, tramutarsi in un vero e proprio rito di degradazione ed espulsione se la lesione era percepita come offesa rivolta a tutta la comunità, cfr. per un esempio, Pavanetto, 1999. 23 In questo senso è possibile, in una certa misura, far rientrare lo stesso reato di adulterio nei cosiddetti crimini senza vittime, in quanto la lesione apportata al corpo sociale era tale da mettere in secondo piano (o far scomparire) la vittima apparentemente individuata. Sui crimini senza vittime cfr. Friedman, 1996. Osservazioni interessanti in Priori, 1622, 171-173. Il criminalista veneto osservè: "Questo delitto, benchè alcuni vogliono che sia publico, nondimeno si tien per privato et nell'accusare sono preferiti a tutti gli altri il padre et il marito...". 24 Cfr. per la presentazione e l'interrogatorio Processo, cc. 29-34. Generalmente l'iter processuale prevedeva due interrogatori: il costituto de plano, che si svolgeva attraverso una serie di domande volte sostanzialmente ad acquisire la testimonianza dell'imputato, senza alcun intento, da parte del giudice, di farlo cadere in contraddizione; e il costituto opposizionale, che invece, mirava ad 522 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 La lunga perorazione inziale che caratterizzo ¡'interrogatorio, suggerisce come il Verci avesse ben preparata la sua linea di difesa, concordata evidentemente con l'avvocato Dal Senno. Quanto era stato affermato nel proclama era solo in parte vero, mentre per il rimanente si trattava di bugie e falsita. Erano infatti bugie - sosteneva senza mezzi termini il Verci - le affermazioni che addebitavano alla sua responsabilita la fuga di Caterina dalla casa paterna; e sebbene fosse stato lui a toglierle la verginita, cio non era avvenuto, certamente, di seguito ad una promessa di matrimonio. Anzi egli l'aveva adeguatamente dotata e poi collocata in matrimonio. Se la giovane aveva frequentato la sua casa, prima e dopo il matrimonio, cio era ampiamente giustificato dalla situazione: "e vero che il giorno di Pasqua s'attrovo in casa mia, ove era solita venir ogni giorno si per rispetto delle mie creature, come mandata anco per servitii da suo marito et cosi venne anco in tempo di notte con assenso et volere del medesimo et cosi anco lui era solito a venirvi...". Giovanni Verci presentava cosi la sua personale visione dei fatti. Non solo Cate-rina, ma entrambi i coniugi avevano dunque continuato ad intrattenere rapporti con lui, traendone ovvi benefici. Quei benefici, sembrava suggerire, che derivavano dalla protezione che lui aveva loro accordato. E, non a caso, egli aveva compiuto ogni sforzo per convincere la giovane a desistere dall'intenzione di abbandonare il marito, nonostante i maltrattamenti che questi le procurava. Falsa era inoltre l'imputazione mossagli di aver minacciato il predicatore e ancor piu false le accuse rivoltegli di aver nuovamente sottratto l'onore alla giovane, per-suadendola a commettere adulterio. Su quest'ultimo punto il Verci non aveva esi-tazione a ribattere le insinuazioni del giudice, ribadendo quanto gia aveva dichiarato: "io non credo che possa dire che io habbia perturbato esso Giovani con permetter che sua moglie venisse in casa mia, percio che lui apertamente dimostro esser contento, havendo, come ho detto di sopra, lasciato tante e tante volte quella venir di giorno e di notte, ne veniva per altro rispetto che per le sue creatture, tenendone essa una quale le dava il latte. Et per questo rispetto riceveva ogni commodo circa il vito della casa mia et l'altra stava appresso di me che ancor e fanciulina d'anni tre in circa...et doppo che ritorno suo marito da Venetia, si come anco prima che v'andasse, evidenziare le eventuali incongruenze sottese alle affermazioni dello stesso imputato. Nel caso in cui la presentazione di quest'ultimo, come era avvenuto per Giovanni Verci, fosse stata preceduta dal proclama, il primo tipo di interrogatorio si rendeva inutile e il giudice procedeva subito all'escussione del costituto opposizionale (Povolo, 1996; 1997, 350-351). 523 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 lei et esso venivano, come ho detto di sopra, in ogni tempo, si che in tal modo non credo haverle tolto l'honore, nè altro". Giovanni Verci, a sua volta, insinuava, dunque, senza mezzi termini, come la presunta perdita dell'onore da parte del Bolzoni si dovesse collocare in un contesto di relazioni interpersonali da cui emergeva nettamente il suo ruolo di benefattore e di dispensatore di grazia.25 Com'era prassi, prima di procedere alla successiva fase delle difese, l'organo giudiziario interpellé Giovanni Bolzoni, chiedendogli se intendeva aggiungere altro, di seguito all'interrogatorio dell'imputato. Il Bolzoni rispose "non voler dir altro, ma che si rimette alla giustitia" (Processo, c. 35r).26 Un'affermazione imprudente, che se suggerisce la natura della trama iniziale entro cui il processo si era avviato,27 metteva pure in netta evidenza l'incongruente e contraddittorio ruolo svolto dal Bolzoni nel corso di tutta la fase istruttoria. Come poteva, difatti, un uomo che aveva testardamente lamentato l'adulterio subito, rimettere ogni decisione all'iniziativa della giustizia, senza cosi apertamente manifestare (ed accettare) la sottrazione subita nel proprio onore? Quanto Giovanni Verci aveva espresso nel corso del suo interrogatorio sarebbe emerso nelle stesse difese che, di li a poco, l'avvocato Dal Senno presenté a nome del suo assistito. Suddivise in diciannove capitoli,28 sui quali erano chiamati a testimoniare diversi testimoni, le difese del Verci miravano da un lato a sottolineare come egli non solo non avesse indotto Caterina ad abbandonare la casa del marito, ma, 25 II concetto di grazia era strettamente collegato a quello dell'onore, ma laddove nei ceti piu umili si associava spesso alla rinuncia a svolgere un ruolo attivo nella competizione sociale, nei ceti privilegiati esprimeva, all'incontrario, la legittimazione delle gerarchie di potere e un vero e proprio strumento di dominio (Pitt-Rivers, 1992; Di Bella, 1992). 26 Sull'articolazione di questa fase processuale cfr. Povolo, 1996, in particolare p. 18. L'intimazione alla parte offesa del costituto de plano avrebbe in teoria dovuto offrirle la possibilitá di ribattere a quanto affermato dall'imputato nel suo interrogatorio. Ma in questo processo Giovanni Bolzoni si ritrovava in una situazione di netta ambiguitá, in quanto il processo, come si e visto, era stato aperto ex-officio. 27 E di cui il Bolzoni era stato, evidentemente, un protagonista solo apparentemente di primo piano. L'autonomo avvio dell'organo giudiziario aveva quasi certamente trovato un fertile terreno nel contesto conflittuale della comunitá e nell'obbiettivo da parte di taluni di mettere in difficoltá la famiglia Verci. Ma si veda quanto osservato piu sotto. 28 Le difese potevano essere organizzate sia per capitoli, che dovevano essere avvalorati da testi o documenti, sia tramite una scrittura d'allegazione, che racchiudeva una vera e propria arringa dell'avvocato difensore. Lorenzo Priori nella sua Pratica si dilunga sulle prime (Priori, 1622, 85 e sgg.), attestando il rilievo delle deposizioni dei testi nella struttura tradizionale del processo. La scrittura di allegazione rivela invece, piu direttamente, il ruolo giocato dall'avvocato difensore nell'ambito di un processo che, a causa dell'azione piu incisiva ormai assunta dall'organo inquirente, richiedeva una controparte in grado di sottolineare le contraddizioni e gli errori emersi nella fase iniziale del processo. 524 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 all'incontrario si fosse prodigato perche ella vi ritornasse, nonostante i maltrattamenti del marito; e, dall'altro, ad evidenziare come Giovanni Bolzoni avesse tratto indubbi benefici dalla frequentazione da parte della giovane moglie della casa del Verci. In particolare alcuni capitoli, a questo proposito, erano oltremodo significativi: "Che doppo seguito il matrimonio sodetto, che fu circa alla fine di carnevale prossimamente passato, essa Catterina soleva venir ordinariamente quasi ogni giorno in casa d'esso signor dottor, nella quale hor prestava qualche governo alle due sue creature et hor prendeva quello gli faceva bisogno, essendo anco solita, si lei come il detto suo marito, mandar giornalmente tuor vino et ogni altra cosa che gli faceva di bisogno. Il che gli era prontamente dato et poi il tutto indiferentemente goduto da detto marito et moglie... Che esso Zuanne era anco solito venir liberamente in tempo di giorno et notte in casa d'esso signor dottor... Che il medesimo Zuanne ha havuto ad imprestido, doppo essersi maritato con Cattarina, da detto signor dottor ducati vinti..." Ovviamente i testimoni citati a deporre sui capitoli predisposti dall'avvocato del Verci confermarono ampiamente la veridicita del loro contenuto.29 Tra gli altri, il reverendo monsignor Piero Vivente rese una testimonianza significativa sui rapporti che intercorrevano tra il Bolzoni e il Verci: "mi disse che lei andava spesse volte in casa del signor dottor Verci per governar le sue creature et che suo marito non diceva niente et che insoma si contentava. Et so anco che lei mandava a tuor dal detto signor dottor pan, vin, carne, cavretti et tutto quello voleva, che gli era dato ogni cosa et godeva allegramente il tutto tra loro, marito et moglie..." (Processo, c. 48v).30 E sui prestiti concessi al Bolzoni, significativa fu la testimonianza del reverendo Polo Raspovich: "Io so questo, che il signor dottor Verci mi prego che dovessi dir a Zuanne Bolzoni che gli dovesse restituire ducati vinti che gli haveva imprestato et cosi parlai 29 La struttura del cosiddetto processo ordinario (oggi diremmo di tipo accusatorio), dopo l'inter-rogatorio dell'imputato, si svolgeva all'insegna di un contraddittorio che l'accostava di molto al processo civile. Nonostante le testimonianze fossero meticolosamente regolamentate da una consolidata dottrina, e evidente che i testi citati dalle parti riflettessero reticoli interpersonali caratterizzati dalla parentela, dal vicinato e dall'amicizia. Sul processo ordinario cfr. Povolo, 1996. Sulle relazioni di amicizia Boissevain, 1974, in particolare pp. 67 e sgg.; Aymard, 1993. 30 E Zuanna, vedova di Marco Dal Senno, preciso: "mi son imbattuta parecchie volte in casa di questa Cattarina, doppo che si marito, la quale mandava, come anco suo marito, a tuor vino et tutto quello gli faceva bisogno dal signor dottor, che gli era dato ogni cosa. Et godevano pacificamente tra di loro il tutto..." (Proceso, c. 48r). 525 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 a detto Zuanne, il qual mi rispóse che non ne haveva, ma che la robba era ancora in bottega..." (Processo, c. 44r).31 C'era quanto bastava per mettere in luce l'atteggiamento contraddittorio ed ambiguo del Bolzoni. Come poteva questi addebitare a Giovanni Verci la fuga della moglie Caterina ed un eventuale, non provato adulterio, se fino a qualche giorno prima, grazie alla sua benevolenza, aveva goduto di indubbi vantaggi e di una vera e propria protezione? Vantaggi e favori che, in una certa misura, lasciavano intendere che egli, in fin dei conti, poteva pure essere a conoscenza del legame amoroso che ancora univa la moglie Caterina al Verci. Il suo rimettersi alla giustizia per il proseguimento del processo era poi oltremodo ambiguo: di fatto suggeriva come tra lui e il Verci fosse intercorsa una vera e propria composizione. Il che, in un processo istruito su una specifica accusa di adulterio -reato considerato dai giuristi come privato - veniva considerato a tutti gli effetti come un'ammissione di colpa. Una colpa che faceva cadere su di lui il sospetto di essersi precedentemente macchiato di un delitto alquanto peggiore, quello di lenocinio. Nella seconda meta del secolo un avvocato friulano avrebbe ben descritto la sottile differenza tra rimessa e rimozione. Conviene seguirne il ragionamento, che aiuta a capire quale piega avesse assunto il processo dopo l'interrogatorio di Giovanni Verci: "La rimessa non e altro che una compositione et un aggiustamento fatto fra l'attore et il reo, con il quale l'accusatore si rimuove dalle istanze che fatte havesse o fosse per fare contra il reo medesimo. Questa rimessa si fa tanto nelli delitti publici, quanto nelli privati. Si deve pero osservare che la rimessa e una confessione del delitto, perche quando il reo dimanda la rimessa e segno che dubita di se stesso, onde nelli casi chiari e sempre bene havere la rimessa della parte, ma nei casi occulti o vero che imputano infamia non e bene facci notar rimessa, perche con questa si farebbe reo et infame. Come per esempio: uno e accusato di furto, il delitto non e provato; non bisogna far notar rimessa perche in tal forma si confessa il delitto. Si puo bensi far notare una remotione, che l'attore dica che e venuto in chiaro dell'innocenza del-l'incolpato, per scarico della propria coscienza lo dichiara tale e non intende sia proceduto contra il medesimo. Nota che se il marito havesse accusata la moglie o alcun altro di adulterio non si fa rimessa, perche incorrerebbe egli in delitto di lenocinio e divenirebbe ruffiano della moglie, mentre verrebbe a confermare l'adulterio" (BCU).32 31 E donna Orsolina, domestica in casa Verci, rifen "che Zuanne Bolzoni era solito venir liberamente in casa del signor dottor in tempo di giorno, come di notte, con il quale parlava famigliarmente et anco alle volte gli domandava dei soldi in prestido..." (Processo, cc. 45v-46r). 32 Alla data della stesura di questo brano si puo approssimativamente risalire, tenendo conto che ad un 526 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 Giovanni Bolzoni aveva rimesso all'organo giudiziario ogni iniziativa. Con questo non solo si era precluso la possibilita di ribattere (con propri testi) alle difese dell'imputato, ma aveva pure inevitabilmente finito per assegnare un tono diverso alle accuse rivolte alla moglie e al Verci. Se questo suo affidarsi all'organo giudiziario poteva essere giustificato dall'iniziale avvio ex oficio del processo (per altro genere di accusa), il procedimento aveva imboccato tutt'altra direzione, sotto la spinta dell'accusa di adulterio che egli aveva rivolto al Verci. Un delitto privato, che, come si e visto, veniva perseguito dalla giustizia solo su sollecitazione della parte offesa, la quale, evidentemente, mirava attraverso il procedimento giudiziario, non tanto ad ottenere un improbabile risarcimento nell'onore leso, quanto piuttosto un piu concreto vantaggio economico.33 Erano sin troppe le contraddizioni e le ambiguita che Giovanni Bolzoni aveva rivelato nel corso del processo. Non fu dunque difficile per l'avvocato di Giovanni Verci non solo dimostrare l'inconsistenza delle accuse rivolte al suo assistito, ma anche il coinvolgimento interessato della parte lesa in un contesto di relazioni che rendevano pretestuosa la sua presunta lesione nell'onore. Nella cosiddetta scrittura d'allegazione, con cui si concludeva la fase difensiva, l'avvocato del Verci infieri su Giovanni Bolzoni, tanto da trasformarlo da vittima a colpevole. Tutto il processo, egli osservava, era stato costruito su ciancie. Nulla dimostrava le minacce rivolte al padre predicatore, la promessa di matrimonio, e tanto meno il delitto di adulterio. Dal processo emergeva semmai la diversa dignita dei due uomini che si trovavano a confronto. Che si poteva dire di Giovani Verci? Rivolgendosi al giudice, l'avvocato ne tracciava un medaglione encomiastico: "Signor eccelentissimo, in ció si chiama et chiede l'aiuto delle leggi vostre, degli ordini vostri et della molta virtu vostra: ne permetta contro la disposition dell'istesse et instituto di quella resti cosi calpestata quell'honore (se ben d'altri detto in mala certo punto l'autore cita una legge del 1677. Il manoscritto è oltremodo intéressante ed è congegnato come una serie di consigli e di suggerimenti rivolti da un avvocato ai suoi clienti per predisporre una linea di difesa accurata. Sempre sulla rimessa l'Ottelio prosegue: "Molti sono gli effetti della rimessa: il primo è che la giustitia procede più mitemente di quello procederebbe senza rimessa. Il secondo è che doppo la rimessa non si dà notitia alla parte di quello che adduce il reo a sua diffesa. Il terzo è che la giustitia non puè applicare alla parte offesa alcuna sorte di dinaro, nè per danni, nè per altro. Il quarto effetto è che alle volte, stante la rimessa, mentre che quando uno è accusato di stupro volontario perè e non violento, se la stuprata et il padre e la madre della medesima fanno la rimessa, per ordinario in pratica non si procede più oltre, perchè volenti non fit iniuria. Negli altri delitti perè non si termina il processo con la rimessa, in quanto all'interesse publico et alla pena, ma solo in quanto all'interesse privato, essendo interesse publico che si castighino li delitti e l'interesse publico non puè essere pregiudicato dalle conventioni dei privati" (Processo, cc. 18v-19r). 33 Tutti i giuristi sottolineavano difatti come la comprovata accusa di adulterio costasse alla donna imputata di tale delitto la perdita della propria dote (Priori, 1621, 174-175). 527 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 parte autorita) che ha potuto la civilitade et suoi studi concederle; et quanto la facolta nel dire, come ad huomo vigilante dell'uso forense con la continua essercitatione del parlare, ha possuto arreccarle..." (Processo, c. 52v). Ben altro si poteva pensare di Giovanni Bolzoni e della sua presunta accusa di adulterio rivolta al Verci e alla moglie Caterina: "Ma che fra loro fosse seguito peccato et adulterio, che non fu mai, ne mai si ritrovera, et che esso marito cosí pensi et cosí voglia, le permissioni et approbationi degli usi et costumi della moglie, li commodi et i guadagni lo pur vitupera et infamia, di modo che quasi espresso ruffiano mer[i]ta per le leggi della Serenissima Repubblica severa pena. Questo, dunque, sera huomo di esclamare, questo degno d'esser udito? Et degno di far condur a castigo un innocente?" (Processo, c. 53v). E, a conclusione: "Onde per ogni via ne rimane culposo, calunnioso et buggiardo, del che per se solo avvedutosi negli ultimi ordini et parole, dice rimettersi alla giustitia. Con la qual remissione che puo richiedere? La moglie che ha ricusato? Le robbe che ha rihavute? Infine altro non si rimette che dei suoi falli et errori, ne viene cio fatto d'alcun altro perche altri non sono che d'altra minima cosa si lagni o quereli..." (Processo, c. 55v).34 Era quanto bastava per mettere definitivamente fuori gioco l'ormai esile figura del marito tradito. Ma ovviamente Caterina non era ritornata sui suoi passi e si era ben guardata dal presentarsi, probabilmente su consiglio dello stesso Verci. La sentenza venne emessa rapidamente, il 18 luglio 1614: lo stesso giorno di presentazione della scrittura di allegazione da parte dell'avvocato del Verci. Caterina De Cleves venne bandita per dieci anni da Pinguente e dal suo territorio. Giovanni Verci subí una pena simbolica: doveva pagare la pena pecuniaria di 40 ducati. Trenta dei quali erano destinati "per far il quadro della chiesa di San Zorzi di questo Castello" e i rimanenti dieci dovevano essere assegnati ai sacerdoti di Pinguente (Processo, c. 56r).35 34 Ma l'avvocato, poco prima, aveva pure insinuato come le accuse del Bolzoni si muovessero da un contesto ben preciso. L'imputazione rivolta al Verci di aver allontanata Caterina dalla casa del marito, "non si ha per bocca d'alcuno, ma ben si vede essersi partita per il tormento et crutii del marito. Volesse Iddio eccelentissimo Signore che fosse ai giudici concesso entrar con gli occhi, quasi per finestre, nei penetrali dei cori, che accaderebbe ben spesso che quelle lingue quali fanno mistre degli altrui mali, sarebbero il coltello dei lor meritati castighi" (Processo, c. 54v). 35 In alternativa alla pena di bando, Caterina, qualora fosse stata catturata, avrebbe dovuto rimanere "hora una in berlina pubblicamente et frustata per tutto il Castello, poi star debba anco mese uno in 528 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 Ma la faccenda non si concluse qui. Anche perché, molto probabilmente, non sarebbe giunta sino a noi se la cancellería di Raspo il 2 ottobre 1614 non avesse steso una copia del processo su richiesta degli interessati. Il 26 settembre precedente , Daniel de Cleves e Giovanni Bolzoni avevano difatti presentato al Provveditore ed Inquisitore in Istria una supplica a nome di Caterina De Cleves. Ella chiedeva di essere nuovamente giudicata poiché, all'epoca del processo, non aveva ritenuto opportuno presentarsi, sia in quanto gravida, ma anche "perché le levissime et ingiustissime mie colpe erano fatte grandissime con esso proclama" (Processo, carte non numerate). Il 4 ottobre Caterina venne interrogata. Ella ricordo come si fosse allontanata dal marito per le percosse che questi le infliggeva a causa dei suoi sospetti. L'accusa di adulterio era del tutto infondata. Aveva sempre rispettato la fedeltà nei confronti del marito "con il quale mi trovo gravida in sei mesi". E concludeva: "desidero che la giustitia mi facci gratia di liberarmi dal bando per poter viver et morir con mio marito" (Processo, c. 4 r e v. del fascicolo di realdizione). Il 6 ottobre l'avvocato di Caterina presentava una breve scrittura di allegatione a sua difesa. Compito non difficile, se solo si considera che la supplica di Caterina era stata presentata dal marito e dal padre, i quali nel processo precedente erano stati i diretti antagonisti di Giovanni Verci. Le argomentazioni difensive, in un certo senso, erano dunque scontate. Ma l'avvio della scrittura é di estremo interesse. L'avvocato di Caterina De Cleves, caduta ormai ogni imputazione nei confronti di Giovanni Verci, poteva finalmente muoversi liberamente, mettendo in rilievo l'avvio tortuoso e strumentale del processo: "Se é vero, come é verissimo, che l'adulterio sia delitto privato et che l'accusa non sia permessa se non a certe persone, come al marito, al padre, al fratello et altro avo, come senza querela del marito et senza lamentatione del padre s'ha potuto ex officio formar processo contro Cattarina Cleves? Et poi se il marito nel suo constituto non fa instanza che si proceda contro la moglie, et se intimatoli se vuol dir altro (atto superfluo non havendo querelato) disse che se rimetteva alla giustitia, quasi volesse dire: 'io quanto a me non intendo che si proceda, ma se la giustitia puo da se sola castigare senza precedente querela, mi riporto'[mi rimetto]; hor, come pote va il giudice condannar questa meschina non accusata? una prigion serrata et poi ritorni al bando". Il tribunale non sembrava dunque aver dubbi che l'adulterio fosse stato consumato e ricorreva ad una pena infamante che cosi da vicino ricordava i riti dissacratori inflitti dalla comunitá alle donne che avevano infranto il codice d'onore. Ovviamente nulla del genere poteva essere previsto per il Verci. Secondo quei riti, come si e visto, il disonore non colpiva l'adultero, bensi il marito tradito. 529 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORENEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 Se si formasse processo ex officio contro le donne maritate che fanno torto ai loro mariti, le cancellerie sarebbero di questi tali processi tutte piene et i cancellieri et i giudici piu in questo che in altro occupatissimi viverebbono. Ma perche il delitto e privato, per questo non si suol inquerire ex officio, ne si accettano querele da tutte le persone. Sta dunque male la sententia condennatoria contro questa povera figliola per le ragioni sodette. Et perche (quando anco fosse legittima querela) non e chi dica d'haverla veduta a dormire o a peccare con l'eccelentissimo signor dottor Verci. Et se Christo signor nostro non volse condanare l'adultera, perche non erano testimoni che l'accusasse, come, Dio buono, si condanno Cattarina senza querela et senza testemoni?" (Processo, c. 5r del processo di realdizione).36 Argomentazioni, evidentemente, capziose e strumentali, ma che coglievano il nodo del problema, pur senza evidenziarne le contraddizioni fino in fondo. Il processo istruito contro Caterina e, soprattutto, Giovanni Verci, si era mosso ex officio in base ad una pubblica fama giunta a notizia del giudice. Ma sin dalle primissime battute si era poi svolto sotto la spinta delle accuse di Giovanni Bolzoni, il quale pero, formalmente, non rivestiva la figura giuridica del querelante.. Il che, come gia si e detto, fa ritenere che le tensioni e i conflitti in atto nella comunita di Pinguente si fossero catalizzati in una vicenda di cui lo stesso Giovanni Bolzoni non era che un protagonista di secondo piano. In realta lo svolgersi del processo aveva dimostrato come, dietro alla schermaglia giocata utilizzando il linguaggio dell'onore, si situasse simbolicamente il ruolo predominante svolto dalla famiglia Verci e, tramite la messa in discussione di uno dei suoi membri piu rappresentativi, il tentativo di ridefinire le gerarchie del potere locale. Se anche quest'ultimo esito non era stato raggiunto, di certo il procedimento giudiziario si era rivelato uno strumento di assestamento e di riequilibrio delle ten-sioni in atto. La vicenda denota inoltre come anche la struttura del processo ordinario, pur caratterizzato da un contraddittorio ampiamente gestito dagli avvocati, potesse essere fortemente influenzata dalla fase iniziale (il cosiddetto processo informativo) gestita ex officio dal giudice in base ad una generica voce pubblica?1 O, potremmo anche aggiungere, come in una struttura di potere organizzata gerarchicamente e gestita da un personale dotto e qualificato professionalmente, la procedura giudiziaria fosse 36 La scrittura di allegazione venne presentata dall'eccelentissimo dottor Manzol. 37 Su questi problemi, inerenti lo svolgersi del processo tradizionale, cfr. Povolo, 1997, in particolare pp. 111-145. Ovviamente nel processo inquisitorio vero e proprio, soprattutto in quello gestito dai supremi tribunali, la selezione delle testimonianze escusse e l'esclusione dell'avvocato difensore esplicitava in maniera piu netta gli obbiettivi politici sottesi al procedimento giudiziario. 530 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORENEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 costantemente sottoposta a manipolazioni, adattandosi alle spinte delle forze in gioco.38 Il fatto che le rimostranze di Giovanni Bolzoni, invece di utilizzare lo strumento previsto della querela, si fossero inserite in un procedimento ex oficio aveva infine costretto la famiglia Verci a giocare a tutto campo, ma in una posizione nettamente difensiva. Il procedimento giudiziario, molto probabilmente, fisso il limite che una parentela, pur emergente e dotata di prestigio, non poteva superare in quello specifico contesto. Un risultato fortemente connotato sul piano simbolico, piu che su quello effettivo dei rapporti di forza, considerata anche la pena che venne comminata a Giovanni Verci. Ovviamente il reato d'adulterio di Caterina era passato in secondo piano e aveva ben presto rivelato la strumentalita cui era stato sottoposto, come sta a dimostrare pure la richiesta che, di li a qualche mese, suo marito e suo padre avevano presentato al Provveditore in Istria. Le cose erano dunque ritornate al loro posto. Ma anche a Caterina, pur sciolta dal bando, sarebbe stata riservata una pena simbolica. L'otto di ottobre 1614, Marco Loredan, provveditore ed inquisitore in Istria, stabili che Caterina De Cleves fosse "condannata a far condur dieci barche di pietra a sue spese per l'accomodamento del molo di questa citta [Capodistria], di spesa di lire doi per barca. Per la colpa d'adulterio, come in processo, et nelle spese..." (Processo, c. 6r del processo di realdizione). Il giudice ricordava dunque, ancora, il reato di adulterio di cui Caterina era stata inizialmente accusata. Ma la lieve pena inflitta sanciva il ritorno (crediamo) definitivo della giovane nella casa coniugale. 38 Laddove il contraddittorio giudiziario caratterizza invece in toto lo svolgimento del processo (come ad esempio nel processo civile), la manipolazione delle regole procedurali è meno ammissibile e, comunque, quando avviene, è fonte di gravide conseguenze, se non di delegittimazione dello stesso sistema giudiziario. Su quest'ordine di problemi cfr. Damaska, 1991, passim. 531 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 PREDSTAVITVE ČASTI V PROCESNI RAZPRAVI (IZ NEKEGA ISTRSKEGA DOGODKA Z ZAČETKA 17. STOLETJA) Claudio POVOLO Univerza Ca Foscari Benetke, Zgodovinski oddelek, IT-30124 Venezia, San Marco 3417 POVZETEK Preko razčlenitve nekega istrskega pripetljaja je avtor nameraval proučiti pomembno vprašanje resnice in poteka procesa. Kazenski proces upošteva pravila, ki jih določata tradicija in pravo ter tezi k posredovanju nekega sodnega postopka, katerega namen je s kaznijo ožigosati družbeno nesprejemljivo ravnanje. V procesnih dokumentih je ponavadi veliko informacij, ki vzpodbujajo radovednost zgodovinarjev. Vendar pa so informacije, ki jih ti dokumenti posredujejo, po eni strani preobilne, po drugi pa nezadostne ali pomanjkljive. Kdor jih mora prebrati, ali interpretirati, jih lahko uporabi, tako rekoč, v knjižne in pripovedne namene, ali pa je, obratno, prepričan, da so te informacije lahko izhodiščna točka nadaljnjega arhivskega raziskovanja, katerega namen je dopolniti podobo realnosti, ki jo posredujejo. Tematika dokaza je pri analizi kazenskega procesa torej dvakratno osrednja. Pravni dokaz in zgodovinski dokaz se stikata, da bi potrdila tipologijo in verodostojnost družbenih mehanizmov, ki so pripeljali do kazenskega postopka, katerega namen je kaznovati javno nesprejemljivo ravnanje. Kazenski proces kot posledica konliktov in napetosti pa v samem postopku, v manipulacijah družbenih sil, ki jim je ta podvržen in končno, v instrumentalizirani uporabi družbenih in pravnih norm, skriva bogato resnico, polno simbolov in pomenov. V okviru procesnega govora je jezik časti pogosto in obširno uporabljen, ker neposredno odseva družbene hierarhije in napetosti med sprtimi skupinami. To je jezik, ki pronica iz pričevanj protagonistov procesa in iz vloge, ki jo imajo znotraj njega. Dogodek, ki smo ga preučili, se je zgodil leta 1614 v Buzetu, majhnem, a pomembnem središču. Vse se je pričelo s samostojno pobudo lokalnega sodišča, ki se je odzvalo na glasove o ustrahovanju domačega duhovnika pridigarja. Sodni postopek je bil v resnici že od vsega začetka uperjen proti Giovanniju Verciju, predstavniku ene najvplivnejših družin Buzeta, obtoženem prešuštva s Caterino De Cleves. Njen mož, Giovanni Bolzoni, naveden kot priča, se je potožil, da je Caterina pobegnila od doma in obtožil Vercija, da jo je napeljal k prešuštvu. Caterina je bila dolga leta hišna pomočnica Giovannija Vercija, ki ji je naposled priskrbel doto in se za poroko domenil s samim Bolzonijem. Sam potek procesa pa odraža dokaj zapleteno sliko, iz katere ni razviden le vpliv Vercija na Caterino, temveč tudi zaščita, ki jo je dodelil zakoncema. Bolzoni ni hotel vložiti tožbe proti Verciju in je že po uvodnih taktih procesa zapadel v protislovja, ki so jih branilci kasneje spretno izrabili. 532 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 2 (X.) Claudio POVOLO: RAPPRESENTAZIONI DELL'ONORE NEL DISCORSO PROCESSUALE ..., 513-534 Iz dogodka je mogoče razbrati, kako je Giovanni Verci z uporabo in manipuliranjem samega pojma časti lahko na novo opredelil vloge soudeležencev. Sodni postopek, sprožen proti njemu, pa je tudi znak instrumentalne uporabe procedure nekoga, ki je hotel nasprotovati Vercijevi vlogi in premoči v okviru skupnosti. Ključne besede: etika, čast, družinska morala, pravna zgodovina, Istra, 17. stoletje FONTI E BIBLIOGRAFIA Processo - Archivio di Stato di Venezia (AST), Avogaria di comun, busta 4308. BCU - Biblioteca Civica di Udine (BCU), Fondo principale, mas. 1073. Niccolo Ottelio: Del modo di diffendere li rei (manoscritto). Acta Histriae VII - Darovec, D. (ed.) (1999): Sistemi di potere e potere delle istituzioni. Acta Histriae, 7, 1 (VII.). Capodistria, Societa storica del Litorale -Centro di ricerche scientifiche della Repubblica di Slovenia. Acta Histriae IX - Darovec, D. (ed.) 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