ANNO VI—N. 40. kr-A ( ! . n r ■:■■ •. -fi» ii-'i .i.owf i; ft'ii'. k, . «fhrf'.-h -••} <Ì!i* il; ■ Sabbato 4 Ottobre 1851 Esce una volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione.— L'abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. ' ) . ' . i • ■ . . : o.-Btj >'. .......r*'n' i ti:»..' t. . . SULL* AMICO STATO DEL TIMAVO DELL'AB. GIUSEPPE BERINI. (Continuazione. Vedi il N. 38 e 39 ) Mi compiaccio di rammemorare T ultimo cippo di' gente della classe libertina, perchè da esso ho incominciato le mie presenti deduzioni. Vi si trovano sopra incisi i nomi di tre porporaj, che sono M. Pullio e L. Ormo i quali unitamente a M. Flavio ed alla vedova Pullia Prima erigono un monumento ai liberti M. Pullio Casto e M. Pullio Fusco, eh' è il terzo porporario della iscrizione. Non voglio da ciò concludere che nelle adiacenze di A-quileja si tingesse la porpora, ma inclino a persuadermi che vi fosse una fattoria del gran Bafio eretto in Istria a Cissa, la cui esistenza dimostra 1' unita lapide, che fu disotterrata l'anno 1778 alla punta Barbariga dirimpetto a Pola, ed illustrata dal marchese Girolamo Gravisi in una dissertazione inserta nelle opere del commendatore conte Gianrinaldo Carli 1). M'immagino che gli agenti della N. II. /w\/vww\ /V\A/WVWWVVVVVW\ D LK U\W\ A/V \ /W\ /W\ A/VX/W\ /WWVWIA C I A EC.F.HOIII LIBERTIS -LIBERTABVS P O JS T W I VS'P'L'PRIAW S A-TERIOLIVS-A-L-NICO SIBI • ET • SVIS • LBERTIS • EBERTAB INFERRI • HVMAREI LICEAT • LOC • INTRO IN FRON • P • XVI P • XVI 1) Il primo cippo è inserto nel muro del cimiterio di S. Canciano, e la iscrizione incisavi sopra fu pubblicata dal Bertoli alla pag. 217. Il secondo cippo fu trasportato a Venezia nel museo Nani. ••'•!• ••• '•"' ' •<•;<; -r • I • .IflUtH.V!'. I,- : ;..> : tintoria Cissense, dimoranti a S. .Canciano, avessero l'incombenza di fare l'inchiesta , dei testacei, che s' impiegavano per la tempera di quella preziosa soluzione che dava tanto spicco alla lana, che riservavasi per la . clamide de'soli imperatori. Ma que'testacei erano i murici ed i bucini che non si trovano che in mare, quindi i commissionati di Cissa dovevano abitare presso ad un porto, a cui potessero approdare le barche pescareccie. Dovevano parimente gli stessi trovarsi in tale situazione anche nella supposizione che nella tintoria istriana si fossero adoprati i fuchi, come si faceva alle officine di Creta. Il fuco, detto Fuchi purpureus dal celebre professore di botanica nella università di Bologna, Antonio Ber-toloni, nella sua insigne opera intitolata Amoenilates I-talicae pag. 306, fu da me trovato sulla spiaggia di Si- li. I. M • PULLIO. M • L • CASTO M-PVLLIO • M • L'FVSCO PVRPVRARIO PVLLIA • M • L -PRIMA M • FL AVIUS-TANVARIVS M - PULLIVS / 7 - L • HORMVS • PVRPVRAR N. II. stiana, e perciò se ne poteva avere cercandolo con reti od altri ordigni nel mare in cui andava a scaricarsi il canale vicino 1). Dunque i porporaj indicati dall' iscrizione di S. Canciano avevano la loro abitazione in quel sobborgo d'Aquileja, ov' erano le Aquae Gradatile, dette così dai gradini postivi alla riva per la facilità dell'imbarco e sbarco delle merci. Serve a confermarmi maggiormente in questa opinione l'esistenza di due sarcofaghi di marmo che si conservano in una picciola chiesa del luogo intitolata S. Proto : 1' uno coli' epigrafe indica di essere stato destinato pel martire titolare, e l'altro pel martire S. Crisogono. I caratteri dell' epigrafi denotano di appartenere al secolo di Costantino, il che dimostra che i devoti cristiani si credettero in dovere di collocare in decorosi ripostigli le spoglie di que'coraggiosi eroi; che anni prima sotto l'impero di Diocleziano e Mas-siminiano furono indegnamente sentenziati, e seppelliti con ignominia. Il libello aquilejese, nelle lezioni prescritte al clero per li 31 Maggio, sulla fede de'Bolandisti narra che S. Proto insieme co' suoi compagni Canciano, Cancio, e Cancianilla fu sentenziato ad Aquns Gradatas : il Breviario Romano dice, che allo stesso luogo lo fu parimente il martire S. Crisogono, di cui in tutta la chiesa Latina si fa commemorazione il giorno 24 di Novembre. Confesso di non essermi giammai trovato sui ruderi di S. Canciano senza sentirmi un restringimento al cuore nel confrontare 1' antico suo stato col presente. Ciò succedeva, perchè io andava pensando, che colà doveva esistere uno di que'borghi popolati, ove coli'esecuzione di morte il governo politeista di Roma cercava d'incutere il terrore, perchè restasse estinte la religione cristiana. Andava ancora dicendo tra me : qui, ove presentemente gracida l'importuno ranocchio, in tempi più lontani eccheg-giava da un luogo all' altro il giulivo canto del carrettiere del Nauporlo e di Emona che aveva cioncato ciotole ricolme della , dolce elvola, e del durevole vino prodotto dalla vite aminea 2). 1) Questo fuco, messo sulla carta bianca alquanto umido vi lascia una bella tacca di carmino, quindi esso dev' essere la specie identica o prossima a quella descritta dal Teofrasto nella Storia delle piante Lib. IV. cap. 7. cpvxovg yévog xcàhgov tv Kgijrrj, <5 panrovoiv zàg ruivìag xcà rà eoa, cioè bellissimo fuco adoprato per la tintura dei nastri e della lana. 2) Questi due vini corrispondono alla Reboia del , Coglio ed al Cividino del basso Friuli. Sono ambidue vini bianchi, e ricèrcati in modo particolare dai popoli i, della Carniola e Carintia..Il nome di Reboia deriva dal vocabolo latino beinola : con cui denotavasi la stessa uva a que' tempi, come lo dimostra la uniformità della desinenza, e meglio ancora il colore de' suoi acini. L'uva di tal nome ha un certo rosso pallido, qual è appunto il colore che dicevasi helvua dai Latini. Nel Cividino si combinano i connotati assegnati da Virgilio pel secondo vino, cioè di essere un vino da durata, vinum firmissìmum e di venir prodotto da una vite scevra di minio, a-minea. Certe viti, come il refosco e simili varietà, Conservasi a Monastero nel museo delle antichità aquilejesi, appartenente alli signori Conti Cassis una lapide su cui sono scolpite a basso rilievo due figure, l'u-na di uomo, l'altra di donna. La rottura della pietra fa che questa seconda figura sia mozzata della testa, ma la Cornucopia ricolma di frutta e spiche, che tiene nella mano sinistra, la denota per .1' Abbondanza. L' uomo sta seduto, ed è nudo dal mezzo in su: alla destra versa un fiume fuori di un' urna, e colla sinistra impugna una canna palustre. Questa lapide apparteneva al canonico Bertoli, che la delineò per inserirne la copia nella sua opera delle Antichità aquilejesi alla pag. 8. Egli ravvisò benissimo nell' uomo seduto, che versa 1' acqua fuori per l'urna, la Divinità tutelare di qualche fonte, o fiume, ma siccome per una parte aveva letto in Palladio al Lib. I. pag. 16 dell'opera intorno alle cose del Friuli, che si era trovato in Aquileja un marmo, in cui era inciso un bellissima epigramma latino, allusivo alle Divinità acquatiche e fatto incidere presso a molte sorgenti 1), e sapeva per l'altra parte che Giovanni Candido nel Lib. I. de' Commentarj, asserisce, che un candidissimo marmo con questo epigramma esisteva alle Acque Gradate, così si lasciò persuadere che il secondo di questi marmi abbia appartenuto all' isola su cui fu costruita la città di Grado, potendo il primo rappresentare qual mare, e il secondo qualche deliziosa sorgente di acqua dolce. Ma se non era adattata, alla sterile isoletta di Grado per nessun conto la Cornucopia dell'Abbondanza, neppure una Ninfa delicata, quale si è quella dell' epigramma, stava bene di supporla addormentata in mezzo agli sterpi del vinoso assenzio sulla spiaggia del mare, ove la cenciosa Gra-dese riempie la sua bigoncia coli'acqua quasi salmastra, che si filtra pe^ la sabbia e va a decubitarsi nella buca che la stessa donna vi scava colla sua cazza manicata di legno. Il P. Basilio Asquini nel Lib. Il del suo Ragguaglio, indotto a ciò dal lessicografo P. Filippo Ferrari e dal Conte Madrisio, stabilì le Acque Gradate di Aquileja a S. Canciano, ma con poca fortuna, perchè egli pretendeva che il mare arrivasse sino a questo villaggio, sènza badare che la tradizione del paese, su cui principalmente egli fondava la sua asserzione, da molti non viene estesa a tal segno 2). Poco caso si fece pari-i ' ■ ' • ' '' ' ' contengono nella cellulare della parte legnosa una sostanza colorata che imita il cinabro detto minio ! dai Latini. Questa sostanza al tempo della lagrima-zione scola fuori pei tagli della potatura insieme colla linfa della vite, e tinge gli strati mucilaggi-nosi che vi si formano intorno al tronco. La mu-cilaggine che si condensa sulla vite del Cividino i non è rossa, ma pallida. 1) L' epigramma è questo : "Hujus Nympha loci, sacri custodia fontis " Dormio, dum blandae sentio murmur aquae : " Parce meum, quisquis tangis sacra marmora, somnum " Rumpere. Sive bibas, sive lavare, tace. 2) Anche le tradizioni servono d'illustrazione per l'ar- mente della leggenda del [martirio sofferto dai Santi Can-ciano, Cancio, Cancianilla,-e Proto eh' egli citava in favore della sua opinione, perocché è invalsa in molti la ; credenza che i biografi de' santi martiri fossero uomini semplici di molta religione, ma di poca critica. Al Padre Asquini non fji.iji. cognizione,ché al Tientinbone del signor Labrpsse $i ; fabbricassero le tegole per la città di Aquileja,1 e che le, stesse si caricassero sulle barche alla Riva di Cop, ed ignorava pure che sul fondo della Rogia di S. Lanciano vi sieno. delle pietre riquadrate da poterle supporre i gradini di un antico scalo, quindi non fu alircaso di trar profitto da. così belli monumenti, che sonov l' iscrizione dei porporaj, e le lapide a basso rilievo del museo Cassis, la qual lapide diventa in certo modo vera prova, venendo messa a confronto con un' altra dello stesso argomento, che mi venne fatto di vedere l'anno pross. pass, nel mese di Decembre, senza che per Io innanzi io ne abbia avuto un minimo sentore né col mezzo dei libri, né delle persone viventi. Essa è incassata all'angolo che fa il fondo con uno dei lati della facciata della picciola chiesa, in cui qualche volta all'anno assiste alla messa il popolo di Manizza, col qual nome si denota una piccola frazione di case della parrocchia di Fara, posta sulla riva dritta dell'Isonzo due miglia più in su della fortezza di Gradisca. Sopra ambedue queste pietre vedesi scolpito un uomo seduto, nudo dal mezzo in su, che ha presso di sé un'urna da cui esce un fiume, ma siccome è indubitato che sulla pietra di Manizza viene rappresentato l'Isonzo, così ragion vuole che allo stesso fiume si attribuisca la scoltura dell' altra. Nella pietra di Manizza l'acqua eh' esce dall' urna corre abbasso verso due alberi, con che viene ad indicarsi che l'Isonzo ivi corre con rapidità dirigendosi verso le boscaglie che cuoprono il fianco settentrionale del monte di Rubia. Neil' altra pietra vi è l'Abbondanza che preme il piede destro dell' uomo seduto, con che viene significata la ubertosa campagna descritta da Erodiano, che stendevasi alla destra di detto fiume, dal ponte demolito dagli Aquilejesi sino all'ultimo confine del loro agro. La canna indica i canneti della Cavana e del Brancolo. ; V Isonzo di Manizza ha la testa capigliata, simbolo della corona nevosa che cigne la sommità delle Alpi dalle quali deriva. L'Isonzo , attribuito alle Acque Gradate , cheologia se vi si ha qualche appoggio positivo. In tutto il Friuli ab immemorabili sono in vigore certe frasi, che il popolaccio pronunzia nelle bettole ed al bordello, senza intenderle, pel solo prurito di parlare oscenamente. Siffatte frasi furono da me prese come tradizioni delle discipline e massime del sozzo paganesimo; ma io aveva l'appoggio di una figura a basso rilievo che conservasi nel museo dei Conti Cassis, ed un passo di Plinio. I dotti si contentino di questo breve cenno, gli altri sappiano che per la vanità di comparire erudito non faccio torto alla decenza della stampa. colle cdue corna indica le due correnti superiori al ponte, le quali, siccome sono tortuose a somiglianza di quelle dei becchi, così inclino a persuadermi che siano allusive all', animale di tal nome che si coltiva con sommo successo nei monti contigui del Carso, contribuendo moltissimo fllloj squisito, sapore ''■ ■■ V ■ *! V - ., : t : 8 ' ffot.lih'j ' ' -:<•■;• ; , • ' ■ ■■ ■ r i '.: i • ,.' A Manizza, so mai vi va qualcuno che mostri di fare delle perquisizioni, gli si avvicina subitamente qualcuno di quella buona gente, e gli sa dire di aver rilevato per tradizione degli antenati, che quello era il sito di un grandioso ponte di pietra, e con compiacenza gliene addita i ruderi d'una testa, ed anche i grandi massi della caduta mole, se si combina che il tempo asciutto abbia scemata la profondità dell' acqua, sicché 1' occhio possa arrivarvi colla vista al fondo del fiume. Ve ne sono infatti moltissimi, e tanti, giusta 1' espressione di que' villici, da darne il carico a più centinaja di carri. Questo è il ponte, che viene segnato nella tavola di Peutingero alla lapide decimaquarta più in là di Aquileja, ed infatti a questo numero corrisponde la distanza di tredici miglia e duecento passi del presente miglio italiano, che si fa dai villaggi vicini ad Aquileja sino a Manizza. Dev' essere stato costruito anni dopo la demolizione fatta dagli Aquilejesi del loro ponte, perocché colà le monete, che furono tratte dalla terra, sono tutte di Augusto, di Tiberio, e di Vespasiano, laddove alla Manizza non se ne trovano che di Constantino, ed al più qualcuna di Massenzio. Parmi che pure in paese si cerchi di dar peso alla tradizione, che 1' abbia fatto costruire Constantino da suoi soldati, in quei sette anni che si trattenne nelle Provincie Occidentali dopo 1' accomodamento seguito tra lui e Licinio l'anno 315 dell'Era nostra: e di ciò me ne sono accorto dal caso che il custode di quel tempierello campestre, Antonio Magrin (mi è grato il ricordare il nome di questo ,buon uomo, per la bella maniera con cui mi servì d'indicatore) faceva gran caso dall' essere quasi tutte di Constantino le antiche medaglie rinvenute in que'campi, e dal farmi rimarcare che 1' antico nome di Manizza derivava da Manicon, spingendomi così a congetturare, che questo vocabolo possa esser nato dall' unione delle sigle rimaste della iscrizione incisa sulla lapide eretta pel passaggio e per la permanenza di detto imperatore, la quale iscrizione poteva essere concepita per esempio in tali termini : Huc traiecil manum Constantinus, ovvero : Hic caslramen/ata fuit manus Constantini. Il basso rilievo, con cui s'intese di esprimere la figura simbolica del- l'Isonzo, è un lavoro greggio che appunto caratterizza il secolo di Constantino per la decadenza in cui erano a' quei tempi le arti del disegno. Il suo scultore mostra di non aver avuta niente più di maestria di que' falegnami che colla sola mannaja davano ai tronchi la forma dell' Rifallo degli orti che metteva in paura ragazzi ed uccelli. Ecco addotte prove irrefragabili di due ponti di pietrai'l'uno più antico, costruito dai primi imperatori di Roma sull' Isonzo al sito che, uscito dal paese dei capretti, andava a far prosperare il borgo delle Acque Gradate di Aquileja, costeggiando colla destra una campagna ubertosa: l'altro, più recente, innalzato al di quà delle gole Alpine, ma più in. su delle boscaglie del Carso. Se si esamina il motivo, per cui, essendo necessàrio un ponte nell' agro Aquilejese per la continuazione della via diretta per le Pannonie, vi si abbia scelto per la costruzione deI"secondo ponte un altro sito lungi dal primo, si viene a comprenderne non esserne stato altro che il cambiamento fisico per cui anche il Timavo prese un altro aspetto allo sbocco. Sulle due rive dell'Isonzo si rimarca una serie continuata di campagne dimesse, la quale a prima vista offre la immagine di una lama, che ne'tempi passati doveva, se non sempre, almeno di quando in quando, venir coperta dall'acqua. Questa lama incomincia dirimpetto a Lucinico, segue il suo andamento lungo le colline di Yillanova, i campi di Fara, e si restrin-. ge al punto di Gradisca, di là torna a dilatarsi avvicinandosi colla destra a Romans e colla sinistra almonticello diS.Elia, che si stacca dal Carso aRedepuglia, e finisce verso S. Pietro. Quella porzione di lama dimessa, che si accosta a questo monticello, si divide in due rami, l'uno attenendosi alle di lui radici settentrionali, e l'altro alle meridionali, senza mai allargarsi di molto, con che mostra che il suo allagamento non interrompeva la continuazione della via che pel centro dell' agro odierno di Monfalcone condu-ceva al ponte costruitovi a quella volta. Ed infatti cosi doveva essere la cosa, imperocché Massimino, secondo il racconto che ne fa Erodiano nel citato capo, dopo aver fatto passare alla riva di là il suo esercito sopra un ponte costruito a forza di botti vuote e di fascine, andò a dirittura sopra Aquileja, noii tenendosene lontano se non tanto, che all' accampamento non arrivassero le freccio degli, assediati coloni, e tutto ciò dovette succedere senza ostacolo alcuno, perchè non vi s'impiegò che l'intervallo di tre giorni compreso quello del riposo. L'allagazione della descrìtta lama., non doveva essere perpetua, ma solamente .a^eiuya quando per lo squagliamento delle nevi deltè'; Alpi, o per la continuazione di dirotte pioggie arrivava al monte che si stende daRubia sino' a Sagrado una copia tale di acqua che, non putendo tutta insinuarsi negli anfratti sassosi ch'erano alla sinistra riva, vi doveva necessariamente far nascere un tranpamento e un' allagazione della adiacentevi campagna. Non si suppone gratuitamente sforacchiata questa catena montuosa, essendolo tutti i monti sotto i quali scola in mare l'acqua ildai laghi di Dobardo, di Pietra ■'>•'■ ■ '• vo - ••> » Rossa, nonché l'acqua del Mocile e dei Laghetti. E che altro è tutto il Carso se non che una regione, che per i tanti anfratti, grotte, e caverne che vi sono al di sotto, puossi considerare come pensile? Sono cavernose persino le sue piccole appendici, tale essendolo il monticello dei Bagni, somministrandocene un' evidente prova il flusso alternativo e la salsuggine dell' acqua termale comuni colla contigua marina, ed i muggini che dallo stesso luogo vi passano entro: e tale essendolo persino la picciola eminenza sassosa, su cui fu edificata Gradisca 1). Serve in certo modo di monumento dell' antica destinazione di questa lama anche la bella e rara legu-minacea detta dai botanici Cylisus purpnreus, che solo cresce in essa, ove è più ingombra di ciottoli, e sui massi brecciati tra i quali scorre l'Isonzo a Salcano, e fuori di questi due luoghi in nessun altro sito della nostra regione. E facile da persuadersi che col tempo si sieno ristrette le aperture per le quali l'acqua entrava ne'tenebrosi andirivieni del monte che aveva di fronte, potendo ciò succedere tanto pel successivo accumulamento di ghiaja e melma che spingeva abbasso il fiume, che per lo scompaginamento de'sassi causato alle gole da qualche terremoto. Da quell'epoca in poi l'allagamento della lama doveva necessariamente essere di maggior durata, ed anche arrivare e tale altezza da potersi scavare lungo la soffice terra dell'adiacentevi pianura l'alveo ora occupato dall'Isonzato che bagna l'isola Moro-sini dalla parte dell' ovest. Lò Sdobba eh' è all' est di detto podere, non divenne un grosso canale se non che al principio del passato secolo, quando l'Isonzo entrò nell'alveo dell'Arra. y (Continuo.) 1) Ai piedi del castello di questa fortezza aprisi un largo pozzòj' in1 cui l'arte non ebbe altra parte che quella di trarrè a profitto la foracchiatura naturale delle stratificazioni calcaree, che vi sono al di sotto, delle o' ! quali si 'vedono i profili all'intorno dall'alto al basso, r;-i. non che le fenditure laterali,- per le quali l'acqua entra ed esce. La prossima passata primavera, col trarne fuori un secchio staccato dalla corda il giorno antecedente, vi si rinvenne entro un animale che causò lo stupore di quegli abitanti. Sul fatto che 1 , -t n' ebbi l'avviso, vi andai a riconoscerlo, e vidi che era il Proteus Anguinus. I rettili dell' ordine dei ranocchi comunemente hanno assortito per la respi-' razione tanto l'organo che conviene agli animali che stanno nell'acqua che a quelli che vivono nel-; ' 1' aria, ma non assumono il polmone che alla depo-['■■} sizione delle branchie. II proteo poi tutto il tempo della sua vita possiede l'uno e le altre, come apparisce dalle osservazioni de' celebri professori Configliacchi e Rusconi, i : ) > !.. : . ' ; ,< .1 ■■', 1 : : . ' 1