ricevuto: 2001-02-22 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 UDC 261.7(497.4 Koper) 264-2:394.4 UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637* Lara PAVANETTO Universita degli Studi di Venezia Ca' Foscari, IT-30123 Venezia, Dorsoduro 3246 SINTESI In un consulto di mano di Fanzano del 16 aprile 1637, "Il podesta di Capodistria rende note le pretese del Vescovo della citta, che vuole essere incensato prima del pubblico rappresentante in occasione delle celebrazioni religiose ". Il consultore raccomandera il rispetto delle consuetudini cittadine le quali pre-vedono che il rappresentante pubblico e Monsignor Vescovo partecipino tutti e due in ugual modo alla celebrazione, per non dar luogo a novita di alcun genere, in quanto le consuetudini perderebbero in tal caso la loro valenza. Il fondamento giuridico del podesta e individuato dal consultore proprio nelle consuetudini della citta. Parole chiave: chiesa, Repubblica veneta, festivita, Capodistria, 1637 THE QUESTION OF PRIORITY - KOPER 1637* ABSTRACT In his counsel dated April 16th 1637, Councillor Fanzano wrote: "The Koper podesta announces the demand of the city bishop to have the ritual of incense smoking enabled before this ritual is attended during Mass celebration by the people's representative." In his recommendation, the Councillor pleads that respect for those well-established customs of the town should be preserved according to which the people's representative and Msgr. Bishop attend together and in the same manner the religious rituals. Thus they can avoid potential novelties that could otherwise devalue the meaning of the customs. According to the Councillor's opinion, the podesta has the legal basis in the very customs that had been preserved in the town. Key words: Church, Venetian Republic, feast days, Koper, 1637 * ASV, 41, 14. 321 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 Lara PAVANETTO: UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637, 321-330 Il contesto storico Alcuni punti di riferimento che aiutino ad individuare il contesto storico politico nel quale si inserisce il documento relativo a Capodistria del 1637, ritengo siano necessari per poter leggere proprio il documento nella sua interezza storica, e comprenderlo dunque nella sua totalita, anche per quanto riguarda i rapporti con lo Stato veneto, che il documento stesso rivela. Il documento da me analizzato, di mano di Fanzano, fa parte della poderosa documentazione dei consultori in iure della Repubblica, e dunque necessario rap-portarsi a questa figura fondamentale, per poterne comprendere tutte le valenze, quelle piu evidenti e quelle meno evidenti. L'uso della Repubblica di rivolgersi ad illustri giurisperiti per averne pareri su contrasti con altre comunita mercantili, rapporti coi pontefici e altre importanti questioni di stato, e attestato fin dal Trecento. Tuttavia e nel corso del Cinquecento, che all'interno della classe dirigente veneziana si affaccia il problema del controllo politico e amministrativo della Terraferma. Una Terraferma portatrice di proprie tradizioni giuridiche e sociali che abbisognava di una rete burocratica ben strutturata per poter essere governata. Nello stesso tempo si delineava all'interno della Chiesa di Roma una nuova realta istituzionale, rigidamente strutturata, e ben decisa ad aumentare il proprio peso non solo sulla vita dei singoli, ma anche sugli stati. Un organo consultivo in materie tecnico-giuridiche, esterno alle magistrature e dunque alle regole delle contumacie e degli avvicendamenti, assumeva un rilevo e un'urgenza senza precedenti. Con la promulgazione nel 1586 della legge feudale che ribadiva l'obbligo del-l'investitura della Signoria e del servizio personale del feudatario, il governo vene-ziano esprimeva la sua attenzione per zone del Dominio prima sottratte alla sua autorita, e approntava una figura stabile di consultore ai feudi che sostenesse l'operato dei provveditori ai feudi, istituiti dalla legge stessa. Nel 1606 in occasione dell'Interdetto, in pieno clima di Controriforma, il Senato nominava Paolo Sarpi primo consultore teologo della Repubblica di Venezia. Egli per diciassette anni sara consultore in iure della Repubblica, e i suoi compiti si allargheranno progressivamente, sino a fare di lui e del suo lavoro un elemento determinante della politica veneziana, sia interna che estera. Un universo di casi eterogenei, di ineguale valore, e dai differenti risvolti giu-scanonistici, giuridici e politici, portatori di una storia complessa, furono unificati dal consultore alla luce di una visione unitaria e rigorosa dello stato e dei suoi compiti (Cozzi, 1969). Nella sua pratica di consultore Paolo Sarpi porto le nuove acquisizioni e i nuovi sviluppi del moderno pensiero politico e giuridico francese, per il quale la sovranita dello stato e un fatto concreto, una continua e uniforme presenza presso i suoi sudditi 322 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 Lara PAVANETTO: UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637, 321-330 e i suoi territori (Cozzi, 1979). Una concezione unitaria dello stato e dei suoi interessi, che non ammetteva esenzioni o discriminazioni di sorta. Il giudizio e la punizione sono impliciti, e quanto ai reati comuni, chierici e laici sono uguali di fronte alla legge della Repubblica, inoltre la difesa della chiesa e del clero locali contro i tentativi di accentramento da parte di Roma è sempre attiva. Sarà fatto un vaglio scrupoloso di ogni collazione di benefici, saranno controllati la conservazione di diritti di patronato laico, e le peculiarità liturgiche e devozionali. Saranno trattate questioni di feudi e di feudatari, di diritti civili di singoli e di comunità, cosí come saranno trattate vertenze su acque e regolazione del corso di fiumi, sulle lagune, o su definizioni di confini. L'elaborazione di questo vasto patrimonio diventerà fondamentale per la creazi-one di una tradizione giuridico-politica dello stato veneto. La Repubblica ebbe piena coscienza dell'importanza dell'insegnamento sarpiano, tanto che alla morte del con-sultore, farà trascrivere tutti i suoi consulti in un corpus di vari volumi pergamenacei che verrà conservato nella cancelleria segreta. La seconda metà degli anni venti del Seicento, furono gli anni della ricerca e della elaborazione sui problemi più vari e scottanti dal punto di vista sociale e politico. Un momento significativo come produzione, fattivo di orientamenti politici e di dibattito interno alla classe dirigente veneziana, e tuttavia destinato a non durare oltre il 1630. La gravissima crisi sociale, economica, e della giustizia, seguita alla pestilenza, facero apparire anacronistici e astratti gli appelli ad un fermo e uniforme esercizio della sovranità dello Stato, motivi fondanti della produzione dei consultori della Repubblica, di fronte alla stringente necessità di reperire fonti d'entrata per un erario esausto. In un consulto di mano di Fanzano del 16 aprile 1637, "Il podestà di Capodistria rende note le pretese del Vescovo della città, che vuole essere incensato prima del pubblico rappresentante, in occasione delle celebrazioni religiose.". Il podestà Francesco Contarini, dal canto suo, pretende che siano rispettate le consuetudini cittadine, e cioè che: "...vi debbano essere due turiboli con li quali nel medesimo tempo da persona di ugual grado sia incensato dall'uno monsignor Vescovo, e dall'altro esso signor rappresentante, e parimente che vi debbano essere due messali1 e due Paci...". Il consultore consiglia che non siano introdotte novità di alcun genere in merito al cerimoniale. Di più, raccomanda che la ritualità prevista dalle consuetudini cittadine venga espressamente rispettata: "...per le feste di Resurrezione e per la solennità che si ha in quella città il giorno di San Marco". Il rappresentante pubblico deve cioè essere al pari del rappresentante divino, e specialmente in quelle ricorrenze festive che sono più importanti per la Chiesa e per 1 A questo proposito risulta illuminante l'osservazione di S. J. Tambiah, secondo il quale: "...si potrebbe dire che i testi tendono ad acquisire autorità perché sono antichi, ma è l'autorità che conta più dell'antichità" (Tambiah, 1995). 323 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 Lara PAVANETTO: UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637, 321-330 lo Stato, e significativamente la festa della Resurrezione viene affiancata alla solennita di San Marco. Il sacro dunque e cosa collettiva, comunitaria, e lo Stato non puo non assumersi il compito di contrallarlo. E come se vi fosse una sola comunita, quindi la distinzione fra comunita spirituale e comunita temporale o laica sarebbe del tutto falsa. Giova ricordare, che la caratteristica del rapporto cristiano era la pace, la pace della faida, non quella che e il contrario della guerra, o l'effetto della vittoria. Per tutto il Medioevo confraternita e mantenimento della pace furono strettamente col-legate, assumendo a volte, come nel caso delle hermandades nella Castiglia del Quattrocento, la forma di vere e proprie forze di polizia, ma anche in un senso piu intimo, attraverso la creazione di vincoli di parentela cristiana tra persone che altrimenti si sarebbero scontrate nell'ostilita o nella faida. Per questo motivo e necessario che il podesta di Capodistria come rappresentante dello Stato veneto, partecipi alla celebrazione assumendo lo stesso modello del rappresentante religioso. L'esercizio della rappresentanza, infatti, riposa sul possesso della potenza, una potenza che si rafforza nello scambio, come quando nell'ufficio del celebrante vi e l'alternarsi del Dominus vobiscum col Et cum sipiritu tuo che unisce l'umano al divino ufficiale. Proprio in questo alternarsi si rafforza la figura del rappresentante, per questo e importantissimo che il podesta presenzi e attui il rituale descritto nelle due feste piu importanti, quasi parificate, la festa della Resurrezione e quella di San Marco, due feste di "istituzione" dei due poteri, la Chiesa di Roma e lo Stato veneto, due feste dunque epifaniche. L'uno e l'altro dovrebbero apparire contenitori di potenza e manifestarla o meglio rappresentarla regolarmente. Per questo motivo il podesta non solo vuole avere parte al banchetto eucaristico, al pranzo sacro della comunita, ma vuole amministrarlo assieme al sacerdote, parte-cipando pienamente alla sacralita del pranzo eucaristico, anch'egli come un sacerdote, nel suo caso un sacerdote laico. Si pensi alla gerarchia della tavola, che fu sempre considerata uno degli aspetti piu importanti della vita di corte. La struttura del banchetto del re era basata sulla spartizione del cibo secondo norme fisse che obbedivano a rigide precedenze, in modo da ricordare agli astanti che un rito, controparte di quello eucaristico, stava per essere celebrato dal re. Come sull'altare erano posati dei simboli sacri, quali il messale, il calice con la patena e le ampolle dell'acqua e del vino, cosí, allo stesso modo, la tavola regale era apparecchiata coi simboli del potere (regalia) posti in evidenza. Bisogna inoltre ricordare che a Venezia, per quanto riguarda il rito, si era fatto uso di un rito di mutuazione bizantina, distinto dalla liturgia ufficiale romana, e noto come 'rito patriarchino'. In esso erano espresse iconograficamente le caratteristiche quasi cesaropapiste della pieta veneziana. 324 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 Lara PAVANETTO: UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637, 321-330 Portale del Palazzo vescovile di Capodistria (inizio del XVI sec.). Portal škofijske palače v Kopru (začetek 16. stol.). 325 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 Lara PAVANETTO: UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637, 321-330 Lo scranno dogale era posto nel presbiterio, a sinistra della mensa ove si celebrava il sacrificio della messa, per cui la 'Cathedra' della massima autorita civile della Repubblica si situava in posizione di privilegio rispetto al mistero della messa, quasi ad intercedere direttamente presso Dio, senza bisogno della mediazione di nessun ministro. L'episodio di Capodistria dunque, dimostra come si confrontino in sostanza due gerarchie. In effetti, in seno al sacerdozio la potenza non ha sempre e dappertutto la stessa intensita. In certi punti tale intensita appare ristretta, vi e una gerarchia. Ma tale gerarchia in effetti non fa che aumentare l'impersonalita, perché di per sé la pienezza della sua potenza e presente in ciascun sacerdote. Il piu modesto membro del clero la possiede in sé, viva, nella sua totalita anche quando personalmente e un uomo indegno o di per sé insignificante. Per questo il sacerdote ha un valore elevato al di sopra del mondo, egli e ministro della vita divina e con essa della vita del mondo. Ma il piu antico rappresentante e il re, e per questo, in molte civilta 'primitive' ed antiche, il re si distingueva appena dal sacerdote. Ed e proprio perché non tratta con una gerarchia nella quale si riconosce, che il Vescovo di Capodistria si rifiuta di approntare due turiboli, due messali, due paci. Il consultore mostra di esserne cosciente citando il Cerimoniale dei Vescovi del 1600 pubblicato da Clemente VIII, che prevede l'altra cerimonia solo in presenza di re. Il Cerimoniale e il fondamento del Vescovo, ma qual e allora il fondamento del Podesta rappresentante dello Stato veneto, stato privo di un re? "...il fondamento del signor Podesta e il trovar questa essere la consuetudine in questa citta e Reggimento come lungamente nella sua lettera rappresenta...". E piu oltre il consultore precisa: "...se anco non ci fosse stata consuetudine il ius comune conferma all'ordinatione del preteso cerimoniale". Terreno assai scivoloso il rapporto con la chiesa di Roma, un rapporto che rischia ad ogni momento di inficiare, sovrapporsi e annullare un potere secolare che ha ormai mutato gli equilibri del suo rapporto con la societa dei sudditi. L'esempio di Capodistria infatti, sottolinea come la struttura burocratica veneziana fosse organizzata e poggiasse su di una separatezza giuridica che aveva contorni e sostanza ormai diversi dal passato. Nella Terraferma veneta, l'intangibilita di patti e privilegi aveva assicurato il rap-porto venutosi a creare tra centro dominante e centri sudditi. Ció aveva comportato inevitabilmente la strenua difesa di istituti giuridici che una complessa elaborazione giurisprudenziale aveva tratto dal diritto comune, proprio per garantire l'autonomo funzionamento delle magistrature locali. Il contatto tra i due mondi, si rendeva concreto nelle persone dei rettori periodicamente eletti ed inviati dal Maggior Consiglio veneziano nei grandi e piccoli centri 326 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 Lara PAVANETTO: UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637, 321-330 della Terraferma. Proprio il caso di Capodistria dimostra come fosse cambiato il volto e la sostanza di questo contatto. Il rispetto o meno delle consuetudini cittadine da parte del potere ecclesiastico, era questione che riguardava ormai direttamente lo stato veneto, cui spettava il dovere di farle rispettare. Inoltre, come afferma il consultore: "...se anco non ci fosse tale consuetudine, entrerebbe il ius commune conforme all'ordinatione del preteso cerimoniale...". Il richiamo allo ius commune che era la fonte suppletiva di molti statuti cittadini, non è una pura formula retorica che serve ad attestare una presunta autonomia. Anzi, è il richiamo ad un patrimonio culturale ritenuto indispensabile dalla Repubblica stessa, un patrimonio culturale che integra più che separare. La schermatura del linguaggio giuridico utilizzato dal consultore, nasconde la realtà di un mutamento dei rapporti politici che aveva sostanzialmente cambiato proprio la prassi giuridica. Il rispetto delle consuetudini cittadine a Capodistria, diventa infatti affermazione del dominio veneto, perché il rappresentante pubblico è ora il rappresentante dello stato veneto, e dunque nella realtà, gli interessi della città e quelli del rappresentante dello stato veneto si integrano e si sostengono a vicenda. Secondo questa visione è chiaro come assuma primaria importanza e visibilità il diritto veneto. Per prima Venezia, infatti, aveva mantenute le proprie consuetudini per più di mille anni, avendo dunque il privilegio di disporre di proprie leggi e consuetudini. Su questa base poggia l'atteggiamento del consultore nei confronti di Capodistria, e su questa base poggia la difesa delle consuetudini della città. Il caso di Capodistria attesta come nella prassi, in definitiva, non avesse più ragion d'essere un separatezza giuridica ormai retaggio del passato. Il consulto 1637, 16 aprile Serenissimo Principe Ho veduto in essecucione del commandamento di vostra serenità, la lettera dell'il-lustrissimo signor Francesco Contarini, podestà e capo di Capo d'Istria delli 2Q cor-rente, nella quale dà conto alla serenità vostra della pretensione di Monsignor Vescovo di quella città, intorno all'incensare, et dar a baciare il libro dell'evangelio, et la pace, nelle solennità, quando non celebra esso Monsignor Vescovo ma si trova presente, et parimente vi si trova presente il detto illustrissimo pubblico rappresentante. E la somma è: che pretende Monsignor Vescovo che vi sia un solo turibolo, un solo messale, et una sola pace. E che nella ceremonia, dal medesimo sia dato l'incenso prima ad esso Monsignor Vescovo, e poi alpubblico rappresentante. Eparimente sia a 327 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 Lara PAVANETTO: UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637, 321-330 lui prima portato a baciar il libro dell'evangelio, e la pace, e dipoi ad esso signor rappresentante. Io credo che il fondamento di Monsignor Vescovo sia il Cerimoniale de Vescovi, il quale fu pubblicato del 1600 da Clemente 8, con commandamento che fosse osservato per tutto il christianesimo, con un diploma del medesimo pontefice d'i 14 di luglio di quell'anno. Il quale nel proposito di che si tratta nel capitolo 23 del libro primo, espressamente ordina che prima sia incensato il Vescovo che assiste, e poi il signor del luoco benché fosse Prencipe magnus non recognoscens superiorem [...] immediate post episcopum, e non eccettua da questa regola se non l'Imperatore e li re. Et immediate dopo ordina [...] vero (?) et gubernatores regnem et provinciam (che e il caso mio), immediate post episcopum. All'incontro, pretende l'illustrissimo podesta che vi debbano essere due turiboli con li quali, nel medesimo tempo, da persona di ugual grado, sia incensato dall'uno Monsignor Vescovo e dall'altro esso signor rappresentante. E parimente che vi debbano essere due messali e due paci, con le quali in conformita dell'incensare, nel medesimo tempo sia fatta la ceremonia con Monsignor Vescovo et con il signor rap-presentante. Il fondamento del signor podesta e che si trova questa esser la consue-tudine in questa citta e reggimento, come lungamente nella sua lettera rappresenta. Questo, serenissimo Prencipe, e negotio di facilissima ressolutione, e tutto consiste, come avviene in tutte le cose ecclesiastiche, nella consuetudine. Imperoche, se e vero quanto l'illustrissimo signor podesta rappresenta, che tale sia la consuetudine in quella citta, non ostante il Cerimoniale suddetto e qualonque pretensione di Monsignor Vescovo, e di ragione et [...] il pubblico servitio che vostra serenita commandi non si osservi e non sia fatta novita. Imperoche e massima [... ] per tutto che se bene nel diploma suddetto di Clemente si pone che si deroghi anco alle consuetudini antiche e legitimamente prescritte, et per tutto mantenute consuetudini de luochi, in vero in molte recorrenze vostra serenita ha potuto conoscere che Monsignor Vescovo presente di Capo d'Istria, o sia per sua natural inclinatione, o come accenna l'illustrissimo signor podesta per diversione da gesuiti (?) di Trieste, o per altro rispetto, e molto inclinato alle novita, et ha fatti in poco tempo piu editti e suscitato piu liti che non sono state suscitate da i suoi predecessori in molti decenni. Ma in questo particolar io non posso risponder di ragione se non conditio-natamente, e cioe che servatur consuetudo. Et se la consuetudine e quale l'illustrissimo signor podesta capitanio afferma, non deve la serenita vostra tolerare che contra di quella sia fatta innovatione. Se anco non ci fosse tale consuetudine, entrerebbe il ius commune conforme all'ordinatione del preteso ceremoniale, e perché l'illustrissimo signor podesta, ricevuto l'ordine della serenita vostra per le feste di resurrezione di Signor, e per la solennita di san Marco, poiché le feste gia sono passate fara reflessione la serenita vostra ad essa solennita di san Marco, con sicurezza che con lasciar trovar luoco alle novita le consuetudini perdono il loro urgere. 328 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 Lara PAVANETTO: UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637, 321-330 VPRAŠANJE PREDNOSTI. KOPER 1637 Lara PAVANETTO Univerza v Benetkah Ca' Foscari, IT-30123 Venezia, Dorsoduro 3246 POVZETEK Svetnik Fanzano je v nasvetu z dne 16. aprila 1637 zapisal: "Podesta iz Kopra oznanja zahteve mestnega škofa po tem, da se mu omogoči obred kajenja preden se le-tega obreda med maševanjem udeleži ljudski zastopnik. " Svetnik republike priporoča, naj ljudski zastopnik prisostvuje obredom ob božjem zastopniku, in to še predvsem, ko gre za praznike, ki so posebnega pomena za rimsko cerkev in za beneško državo. Ljudski zastopnik se mora torej udeleževati mašnega obreda ob cerkvenem zastopniku. Sklicevanje na misal, predvsem pa opominjanje na mir imata pomembno vlogo. Za krščanske odnose je namreč značilen prav mir, in sicer mir, ki se nanaša na krvno maščevanje, in ne mir kot nasprotje vojni. Bratovščina in vzdrževanje miru pa sta bila v srednjeveškem obdobju tesno povezana tudi preko obvez, ki so veljale znotraj krščanskega sorodstva, torej obvez, katerih so se morali držati ljudje, ki bi se sicer spopadli v krutosti pravice do krvnega maščevanja. Svetnik priznava, da sveto pripada skupnosti. Država si torej ne more prilastiti naloge, da bi nad svetim izvrševala nadzor. Ker pa obstaja ena sama skupnost, razlikovanje med duhovno in posvetno (ali laično) skupnostjo ni izvedljivo. Od tod torej potreba, da se koprski podesta kot "zastopnik" beneške države udeležuje maševanja in na ta način "privzame" navade duhovnega zastopnika. Polega tega, da je podesta hotel prisostvovati na evharistični gostiji, torej pri svetem kosilu skupnosti, ga je hotel skupaj z duhovnikom tudi voditi. To pa pomeni, da se je tudi on v celoti udeleževal svetosti evharističnega kosila, kot da bi bil duhovnik, toda v tem primeru duhovnik republike. Ključne besede: cerkev, Beneška republika, prazniki, Koper, 1637 329 ACTA HISTRIAE • 9 • 2001 • 2 Lara PAVANETTO: UNA QUESTIONE DI PRECEDENZA. CAPODISTRIA 1637, 321-330 FONTI E BIBLIOGRAFIA ASV - Archivio di Stato Venezia, Consultori in iure, filza 41, c. 14. Abbruzzese, S. (1992): Sociologia delle religioni. Milano, Jaca Book. Barzazi, A. (1986): I consulti di Fulgenzio Micanzio. Pisa, Giardini Editori e stam-patori. Bertelli, S. (1995): Il corpo del re: sacralita e potere nell'Europa medievale e moderna. Firenze. Boyer, R. (1992): Approccio antropologico al sacro. Milano, Jaca Book. Bossy, J. (1990): L'occidente cristiano 1400-1700. Torino, Einaudi. Bossy, J. (1998): Dalla comunita all'individuo - Per una storia sociale dei sacramenti nell'Europa moderna. Torino, Einaudi. Cozzi, G. e L. (1969): Paolo Sarpi: Opere. Milano-Napoli, Ricciardi. Cozzi, G. (1974): Paolo Sarpi. Torino, UTET. Cozzi, G. (1977): Domenico Bollani un vescovo veneto tra Stato e Chiesa. 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