DELLE LODI Di PIER FRANCESCO MALASPINA MARCHESE DE GLI EDIFICII Aio dell’Altezza di Piacenza e Parma. Suo Configliere di Guerra* e fignatura, / ORATIONE FVNERALE VEL P. D. PIETEJ> -BALDELH Chierico Regolare, 'Recitata da lui nelle Sfcquie Jòllcnneg-. giate nella Chiefa della Gloriofifjhna tergine di Campagna, della Città di Piacenza, cA di XJ. di Alaggio i 6 2 4 • 1 P 1 A C E oA, PerCjiacombArdi^gonij Stampator ^amorale} I6iq, rr* r~T ;'"*f m * - • •* - r c: o i " .1 j 3 a. id * w v~n n r-r < -v ; P sr? r~** O D 6 d. /1 i x Jd i A M J <1 2 A J A MJ ■ i o : ]i i a a i j o h a s: a k d >' / m 3 j;Su33ti' ■ ib JOS23 A'1 -• 3 itA «£1:?U0 ib 3triit:,s.-«O J OU.i , LlUJtngU 3 Ji ; ; /.iJb/i / a. wl, VJ i A A \ - r, A K ? O ?■ T A \ A . d .A A ' a- -• . l: ^ -A v-V.'y,* ; •■■ / .-•/ /V. ./ '•. A/:’.'. • ‘: *. - .......' • l ■ ■ ' ' ; > • , c V' ;-V. \ A; i •' j ,.v> *■ . •«• •' •> .■ * L' i ii: . A li; CO yv e A V» -n* o :» , «fi a‘x .AA f •* X yi A 0 k V A » 3 \ Vi. V. *s~l *. ORAT I O NE. E per corta mortale, e dolorofo colpo d’anHerfa forte,òdi nemica Fortuna prouafti mai per ^addietro Nobiliffimà Città, eifù b afte noi e à trarrti indarga ve nà e le lagrime da gli òcchi, & I fofpiti dal cuore: la calamitofa perdita che ne’partati giorni facefti(ma conacquifto del Cielo,come (periamo) della grand’ Ahima del tuo non mai abailanZa lodato Marchgfe Malafpina di cotal foggia acerbamente t’hà ferita ; Che qualunque fiata con la mente mi vi raggiro à penfarui, non sòri-trouare,per dir vero. Arte, ò Ragione ,con la qual porta, come pur vorremo rasciugarti il pianto, ò raddolcirti l’affanno, ò temprarti la pena, ’ cd alleggerirti iti qualche parte, almeno'ménomìffimamentè la noia. - Ah barbara fierezza, empia tiranneria, Morte crudele ! Così dimane ad occhi chiù fi rotando l’adunca Falce ittgirp conati fol colpo mille vite recidile col priuar di vita i piùTàmòfì Etòiie ràggtiardeuoii ptr-fonaggi prilli infiememente di foftegniie Reptibliche,di difefe le Cit-• ti,di (plendori le Càfé,de’ più bei fregi la tetra, e d’ogni bene il Mondo ? Dunque ahéor le SPI N E che l’Immortalità ftefla fimboleggia-•fio dal tuomòffaliifimo ferro fon’abbattute, Si in vece di fempre viue--ré,comegeroglifici di vita immortaie-fono coftrette aprouarémàl gra dò d’ogni leggera durilìrma lègge del morire? Càngia,deh cangia pure ò gèherofa Piacenza l’antico, e chiarimmo nome, che con famofo , .grido infitìò alle più remote parti del Mondo hà fparfe le tue glorie, a non piu Città di PIACERI, ma di difpìaceri per l’auuenire t’appel-^ la : poiché con la vita del Malafpina , c’hora per man di Morte giacee-ftinta,è caduta, è sfondata per fempre la Corona,che già per lo partito così pompòfamente ti cingeuail capo t’inghirlandaua il crine : epèr lenirti ogni fperanza di maipiii rintrecciarla di intonò , ò tifiotarla, non (blamente,per quant’io mi rauuifi,giacciono Jlacére, e fcòloritèle »Refeche rfeterteuano ; ma,quel che la dòglia e’1 dannò infinitàmehle aggraua, fono recife, e fuelte difpietatamentele SPINE. Tir foli, fiami lecito il dirlo,tù fola Uluftrilììma Città mercè di quefte fortiinà-tilfime Spine fra tutte l’altre eri ftat3 da’ Cieli con /ingoiar priuilègio fauorita : te folamente non feriua la fpauentofa minaccia, e minaccio-fo flagello,che fui principiar dèi Mondo >. ttitt’ il Mondo percófle, pòi- ’4 _ ____ _______________________- chele SPINE ftcfte Jirvéce dì partffirti con infelice germoglioc<£ piofa mette-di pene ", abborideuòl raccolto d'affanni» acute ponte di ca-lamitofe fciagure erano quelle,ch’accrefcenano i tuoi fregi, fregiaua-no la tua beltà,abbélliuano la grandezza, aggrandiuano l’honore»ho-norauano la felicità,felicitauano la gloria. Ma quell’indomita Furia., che folo dell’altrui fangue fanguinofamente fi pafce, dell’altrui ruina « barbaramente fi gode ,.neH’altrui caduta difpietatamente trionfa? quell’orgogliófa Reina che con maeftofa, ma funefta baldanza,fra Foie ure tombe,e tenebrali fepolchri s’erge tremenda,effpaueaitofa Iareg-; . g ^d’offa fpo!pate,e d’infepolti cadaueri s’inalza funebre,e mefto tro-: n°;di tagliente falce,e d’auuelenate faette arma la poderofa delira: di perpetue lagrime,d’eterni fQfpjri>e d’infiniti lamenti da noi continua-mente richiede dolorofo homaggio, e fempiterno tributala Morte di-co t’hd inuidiata tanta Fortuna l e per lafciarti trafitto per fempreal . Cuore eqn acuta SPINA d’incmtfolabil dolore col priprti de! Màl£-fpmaba fpogliatoeteFnamentedelle fiorite e gioì: iofilfime SPINE\n tuo,nonio fe hora il.dica fertililfimo, ò-’nfelicilììmo-giardinOi Cosi gi© - «affé pure qualche cola il iagrimare, e Finaffiare con Fonde copiofe d’vn largo pianto l’arido fido re quelle SPINE, che già dal fangue . dell'impudica Venere hebbero l’oftro,ela porpora bora dal noftro ri-«onerar poteffero Anima, e vita ; fon lìcurilfimo ch’ogn’vno di voi rallentando la briglia al duolo col fangue dell’animo , che fecoad©'l’opinione de’ faui non è altro- che leìagr ime non ceffarebbe mai di pagare . funeftillìmo tributo di lamentofo pianto à queho SPINOSO tronco dalPinfolente furia d’Occidental procella rabbiofaraentg foeltp, ed in ari di toj finche finalmente ridotto ai pi tv,bel verde,& al primiero vigore mal grado della Parca,che fnneftaméte I’hà fpiantato, rinuerdeggiaf-fe. Spiantato dilli? Hò errato : Trafpiantato doueua dire da quefto sfortunato terreno à que’ fourani giardini,doue fenza vicendcuolezza di tempo,ò di Ragione ride perpetua Primauera,e fempiterno Aprile : doue non mancano mai per vecchiaia i fiori, ne per rigore di gelo fi sfiorano, oda cocentearfuraillanguiditi infieuolifcono : doue temer non potrà oltraggiofo attalto d’impernofe turbine,© di nemica procella r doue libero dalla fpogliad’ogni humana fralezza veftirà perfem-pre la pompa delie non mortali, e non caduche Rofe del Paradifo . Ingiuria dunque non lieue a quel felice fpirito farebbefi,fe vna parte fola mirando, [che giace lòtto terra incenerita fenza badare all’altra-, quale (cosi fperar migiouaj fra le Beate menti, alberga là>sù nel Cielo J stohnofiro imporfuno'piànto diftiirbaffimo, Se pur fi può, ii Suo imperturbato gioire ; con le noftre./cordogliofe lagrime intorbi.iaffimo il chri/lallo,e la chiarezza di queldelitiofo fiume, che rallegra il cuore diqueifortunatilfimi Cittadinncon lenoftre meffce doglianze, e dolorose querele interrompeifimo l’armoniofo concento,e mufica melodia, di cui rifuona Senza celiare giàmai quel felice albergo, e foura celefle magione, e con infaufto lutto, e lagrimofa gramezza fi moftraifimo ò . molto dubbio/! della Sua faluezza , ò poco fi curi della Gloria. Nò nò, lungi fen vada pure da quella pompa ogni triftezza , e cedendo i! luogo all’Impero della Ragione ogni violento moto di noiofa paifioue frettoloso fen’fugga,trapaniamo hormai,com’ogni diritto vuole, da lu gubri accenti à liete voci, da vn dirotto piangere ad vn feflofo gioire , , edallegiufte dogljeper la morte del MalaSpina alle .giultillime iodi della Sua heroica vita; la quale fi come bifogno non hi d effer'abbellita ò col fallò di mentiti fregi, ò col fuco di mendicati colóri , così fra le caliginofe tenebre del mio ofeuriifimo Siile comparirà- forfè più vagà? nella maniera chela fte/Ta luce balenando fra l'oiribre inofeurotheatro d’un notturno Cielopiùpura Splende,è fiammegia più luminofa. E mentr’io ragiono,folleuate meco Signori per corteffa la mente da quello Superbo, e Ftmeral Catafalco con reai magnificenza eretto all’im-mortal memoria del Marche fe de gli Edificij à quell’alrra augufta mole ,e fabrica eccelfa,a quel four.ano Edificio di tutte le virtii, che fra lo fpatio di fettanta cinque, anni egli medefìmo, veramente Marchefe de gli Edifici,erefle,& inalzò con magnanimo difegno,& ifquifita archi-lettura a prò di fc Sleflò} ad honore della Patria, afplendore della Famiglia , ad efempio de’ Polleri, a marauiglia de’ Palfati, a gloria del Cielo,ad ornamento del Mondo . Fratuttj li beni compartiti alI’Huomo da quella finta Deità c menzo-gniero Niìme,che’l Mondo chiama Fortuna,e dell’humane vicende di-ipenfatrice Sourana,nclluno ve n’hà,per quant’io mi creda, che pareggiar po/la la chiarezza del fangue,e’l bene, ò la forte che dir vogliamo d’vua generofa Profapia . Stimolo così pungente non è per ifpronare l’Animo alia carriera d’ogni lodeuole,e virtuola operatione, come l’a-cutiffime punte della Nobiltà; che perciò forfè anche da! volgo fon de tte puntigli d’honore : Freno tanto potente non hà per imbrigliare l’indomito lenfo ad ogni menomocenno della Ragione, e raffermare l’impetuofo cor fo della corotta Natura, quanto la bella dote d’un na-feimepto /ignorile . Accende non sò qugl raggio al cuore lo fplendorq 6 del Cafato: Infiamma non sòqual iuminofa fcintilla nella metitède’ Po fi eri la lodecauaglierefcade gli Antepafl'ati : trasfonde non sòqita! feme di gloria la gloria de’ natali,che in fino dalle materne vifeere i dalle falce sferza chi altamente è nato à non moftrarfi con attioni me • ch'e nobili,& honorate à tant’honore ò indegno,ò tralignante.Gosi fé è pura,e limpida la fonte correrà chiaro,e chriftallino il ri no. Così fe ilo è feluaggia, ma gentile la pianta penderà dolce, e faporito il frutto. Così fe non e’fterile,ma felice il terreno partorirà copiofb, e céntopli-cato il grano. Così fe farà illluftre, e conofciuta la fchiatta corrifpon-derà almeno ordinariamente la dipendenza.Non fono però tanto della Nobiltà partigiano Vditori, che tutto ciò ardifea d’affermare com’-inuiolabi! leggerò non errante de creto.Non è così fauoritada’ Cieli la Nobilezza che non produca anc’effa fouente qual eh’ illegitimo par to, emoftruofo aborto. Nafcono bene fpeffo (che che ne fia la cagióne) da chiariifima luce ofeufiffime tenebre, da fereniifimo giorno anneb-biafìlfime notti,da luminofo lampo tenebrofe caligni,e da famofo ceppo infamiifimefigliuolanze. Se bene non dozinal priuilegio, nédebol’ aiuto per incaminarfi all’altezza d’vn vero Honore meritamente fti-mafi vn’illuftre progenie.e’l nafeere col lume inanzi di tanti maggiori, il ritrouare da’loro veftigi fpianato ilfaticofo fentiero della virtù, Pentirle voci dell’efempio domeftico , che c’inuitano a frequentarlo , e quali hereditario rettaggio ci- additano Phonorate mete defl’Immòr-talità, e della Gloria . Onde non mi marauigljo hora più, fe il vofiro JMarchefe ancor bambino, per cosi dire , così altamente principiafic J’heroico corfo della fua lodeuolilfima vita animato cred’io dagli efficaci inniti della paterna grandezza,e d'un nafeimento fi generofo. Nacque dalla conofciuta famiglia Malafpina Illufirilfima fra le (più fe-gnalate d’Italia, ben degna di portare nello feudo quella gloriofa fpi-na,ch’è imprefa reale,e geroglifico di fignoria; poiché in fino da Anco Jdartio quarto Re de’ Romani per continuata linea trae la difcenden-7a:congionta di fangue con gPImperadori di Coftantinopoli, e di La-niagna,co* Re di Francia,d’Inghilterra,di Spagna , di Portogallo, co gli Arciduchi di cafad’Auftria,co’Duchi di Sauoia,e di Baiiieraiche in diuerfi tempi hà dati alla Chiefa otto Sommi Pontefici : che per molti anni fignoreggiò i Regni diCandia, e di Teffaglia, iDucatidellaLu-nigiana,edfTofcana,ebuonaparte della Saffonia: lecuiipinenonfì viddero mai fehza le Rofe d’Uluftriff Perfonaggi, che frà le varietà della Fortuna mantennero fempre vaafieffa cofianza, e con reali attioni tlom ^‘adoperarono per eon/erùàr'è »'come fecero il candore dell’antica chiarezza..Da quedo Immortai drapello di famofi Eroi tratte la ftia origine il prefente,nó sò fe dir mi debba , ò pur pattato Marchefe nato l’vkirno di queftooobililfimo cafa to,che in lui è finito, per racchiudere in femedefimo, come da gli Oratori fi coduma nell’epilogo fui terminare del difcorlò', ogni qualunque pompofo pregio de’ Suoi maggiori. E fi come raccontali di qùel Greco pittore di Crotone, che dalje più belle giouani d’Agrigento le piu leggiadre parti fciegliédo, quali à compiuta beltà fi richieggono, formóne la fua Elena miracolo dei 1* Arte, e fcorno di Natura, cosii Cieli da’ più chiari, e ragguardcuoli perlbnaggi de’ Malafpini il meglio sfiorando tutto nel morto Marchefe vnitamenterappilogarono. ’ . Era ancor fanciullo,e ne’ piu teneri anni dell’età puerile,quando da’ fiioi pollo lotto la cura di diligente Maedro, perche con l’efca delle faenze nodritte le fiamme de’ Ipiricofi penfieri hfuegliati * nella fua mente .dallo Iplendore del nafcijnento.con tant’ardenzafì pofe all’imprefa, Se accodò l’auide labra poco prima slattate dalla nodriceal dolciifimo, latte deila dottrina; che non ineaminoifi mai per conlèruare fe detta fi velocemente pefante pietra al centro : non s’auanzò per ritrouarela sferasì lieuementela fiamma : non precipitò sì rapidamente fpumofo fiume per ingolfarli al mare : non corlero mai sì prettamente rapiti a •calamita il ferro,òcalamita apofo,che pareggiar pottano la frettolola, & anhelante predezža , con la quale il pargoletto . Marcire fe appena hauendo dall’infantili fafee Sprigionar»'te mèmbra fi pofe a correre okripaflando l’etade ,e’l tempo con attupore anche di. chi il .guid.aua nell’ariipio theatro dell a fapi eù zi. N on fapeua par tir fi da;’ libri,ne piai da loro fi vedetta ò daccato, òdanCo rallettamento non fi trouaua cosi efficace che badenol fotte i fradornare l’alta quiete del giouinetfq, (e richiamare quell’Animo innaghito dalla contemplatione dell’immor-tali bellezze, delleqnali à ben purgaci fguardi fanno vaghildma mo-drale lettere ranzi;ad ogn’a!tro ancorché hohedotrattenimentoraoi ilrandofi fchino,e ritrofo, a Ini vnicò patta tempo era lo dudip; e fe purè tal fiata daua qualche ripòlb alle luci dalla fatica d’uni limgolegge-re infiacchite, ma non fatollc rorimal voiontieri Ybbidiua aH’impero della neceffità,che ouandò forza dalla debolezza doppobremilìma tregua impugnaua l’armi poco prima depode per trionfare ancor fan? ciuìlo con pienilfima vittoria dell’Ignoranza Onde la Madre che teneramente l’amaua demendo che a tanta fatica d- ititi- 1 s lungamente non potette reggere la dilfcata eompiefllone del figlìuò^ lo,e che finalmente dal granalo pefo abbattuta non ca delle tra vìa con danno irreparabile della Famiglia, della quale ' egli era fi come vnieo ra mpol!o,così vnieo appoggio, agramente lo fgridaua qualunque fiata villo Phaiiette alla lolita letcione fouerchiamente intento. Ma Pier Francefcojdie tal’era il Tuo nome, di tutt’aitropoco curante fuorché dei fapere per fottrarfi all’importimità delle materne querele fi fuggj-ua co’ libri,& in qualche fegreta parte del Palaggio appiatatofi lontano dalla villa d’ogn’vno profeguiua loftudio ficuro che fra le fegretez-2e di queirincognito luogo ftrepito non farebbe giunto nimico alla quiete del fuo gradito trattenimento. Oh in cuor di fanciullo penfieri di vecchio, & in acerbità d’immaturo fenfomaturezza d’attempatiifi-mo felino l Oh poderofa Sapienza come altamente t'impadronifci de gli animi, e con la tua lourana beltà infino le più tenere menti allacci, & innamori 1 Come prettamente concepirono le tue fiamme aneli tronchi più mal difpofti,& i più verdi ! Oh generofo fanciullo di quai Role cariche raffi à fuo tempo la tua felicifsima Spina, le già prima di ftagione cosicopiofamentegermoglia! Non vi lodo,Signori, alcuno di que’ Sapientifsimi Filofofi,che dalla lunghezza del tempo, e dall’efperienzaammaeftrati di che diletto condite fattéro le feienze, e qual dolce vili troualfe, nella più matura età il tutto fuggiuano,e doppo dotto gettauano per acquiftarle.Non vi celebro vn Demolirne,l’orationi del quale, come ditte colui,non folamente lapeuano non so che di lucerna,ma doppo vna lunga vigilia vinto final méte dalla forza del fonno feco ttettofi corrucci a ua,fe nello fuegliarfi pofeià altri pnma di liti aperti h-auettcle luci fonnacchiofe. Nonvn Crifippo,i! culaie dalla virtù di quelle dolcezze fuor di fe fletto rapito, il medtfitnpbifogno del necettario cibo non baftauaper richiamarlo. Non vn’Archimede Siracufano così intento alla contemplatione delle sfere; & à foùrani riuolgimenti di quell’Archi Lucenti,;che rouinando tutta la fua Città doppo lungo combattere abbattuta mentre dall’in-fbfente vincitore con iicentiofa rabbia, e lbldatefcà violenza ogni cofa era metta barbaramente à facco la morte fola d’Archimede era quella che mal grado d’ogni ò romoreggiar di trombe,ò ftrepitar di tamburri mercè delloftudio nonfentiua tumulto; fi che dalle punte delle nemiche fpade prima gli fù trapattato il corpo, che da tanti romori fotte ferito l’orrecchio.Vn fanciullo,vn fanciullo è quello,che con tutti que-fti heroicamente gareggia; in quell’età tanto di fchcrzi,e di leggerezT > ze amica, v5> °-girinipar'are ritlora,quanto aH’apprenddfié riiolfó-dÌfpMaitàiitì>;& -fe-’jt-ri fturfi tarttaiqtranj-oa’ vani traftivllrpredpiròfadn qwe^anfjijJft^’qùa-li dorme il fermo,e la ragione,« fepfca gflida feè¥pe FMpèjWfcteeoitfdla i naijiuiffvm'fthqoeft'imijfrol gatzbhd Ila /* 3 trionfò del cetdpo,pdelÌ’e*àdé. shaìiibioeui env'b flumiA n.qìmq Grebbeeol crescere dd- giorni quell’ardferttilfinid'ifilafHifrid nélMiridliiijra --appunto,come diflequelSàrito, che’l ftìo^Oifràle-- 9:P- Ì 'N È dtìrtémbo ntnaggidtmente s'auanzaie fatto pàttiale deltólleSfla-é •qòftìinéiÒ^itifta «■ "fe ffae ipófled protteggere, e folleuaté ct#i l’orirbfiadèl ftio fauòréggfa-• ‘merito ogni forre d r pbrfòne letterate,« vifttìofejmielieetiolequanddl--JtwS non fofle di portare per imprèfa quella uobilifli(ni >S:P? N A, *1a -aquale come dicono le facre carte;doppo d’èflère tota dèlia Rephbfiéa -de gli Alberi eletta,e faliitàta’pet Inipetadfice dd'bófcPiive déllèfé!--lueinuieò pqfcia bènignaHiente^ridouetfànft fottO'Péttibta-rfeile tnrtre ì'-àt'piante. AH’Armi follmente ima 'tanró partìèHta»Vèf fó'le1 Leftèle penetra non aggradire . La: fpada fola»eraquellal, òhe per IStdèéfèiìa I deiretà ò non conofciuta ancorai,-o non>màheggiata dal Màflafpiria iìi--.tiidiofamente fd&riuaifier così dire,di» vedete tanto faiiorita fa fonila -antica emòladeila .fifagtarM-.rmrrji;; etti: - ; ; ' ,n.«pi Sì Slojim Nooua ncih facà al -Voftr’oreechiofSignori,1$Fartwfii gara,e fihrmWWli-Jtrgiofr-al’ArKibé^elbttene'doppo MÌii^ai,ihi4e1BePli:n9rf"dddòr'&é^lŽ--fciando pittcHekiat.pendenti»; & itrfurfatii (Siud jctpd éhi'fé&t«MPF8r •dcjuèflero il-rfionfoye la vittoria , lilmgegiio dd grawfcefate. tPadd$8& Sllcarico d frappatilicarie,è’ con ia fua aiiueduta deftrèzza , ;& impetk--còria tMacftà frapponendoli1 tr a q u effe fi m iriom 1 ni ente mortài il lì trte -nemiche hélle fue non meno dotte, che vaiolò Telban i trattarono,e «òdi -po’fero 1é. conditioni dell’accomodamento , allibata che in alzOfli àd »honore di Cefare-quella famofa totua, che fpada, e pennanelle mahi . egualmente cenena con quello; niotto-fottoicritto ài piedi » <ÉX't>tro#ic iJCaftr /iAia l’ardentilfimaafetto del giouinett o Marchtfe verfo.le*l«t- B cere, tere* ftò fer dire, era forfè bafteuole i rompere l’accordo con qualche . nuouofojleuamento; e rifuegliare fra.quefte implacabili riuali Cantiche fiamme ricouerte in parte, ma non fopite ; fenel medefimo tempo vna ftraoa aiuicntnra co’l porre tutto! mondo in guerra,tra quefte due non.Jcagjonauaimpenfatarnente la pace. 1 rr Eradr cotal foggia infuperbito il Barbaro Imperadore ddl’Afia per i profperi fucceifi d’vna ftraordinaria fortuna, e per le molte vittorie riportate dalle fue fquadre contro le già tanto temute, e gloriofe armi delChriftianeffimo, che non contento d’hauerne occupata ò con occulto inganno1, ò con aperta violenza buona parte de’ noftri Regni con vergognofo oltraggio del chriftiaoP valore pieuo d’vn’albagiofofafto, e d’vn’mfolente baldanza già minacciaita al collo de gLlintimoritife-deliò la catena,ò la mannaia :& alle più popolate Cittadi ò la fiamma,ò la caduta. Scorreua fenz’intoppo non meno con infami ladro-. necci, che coiiiarmati legni i mari; & alFhora. lietamente-trionfaua, quando conqualfhe crudo macellodi gente Chriftianagli veniua fat--/£q d’infiìngiùnare- Parmi,e r.ondeje.cji .pafeere l’ingorda brama di qdel le empiamente aiiideluci del noftro fangue, del noftro pianto non mai * fètie.ne mai fatolle, e forfeiforfe fe troppo.induggiaua l’alta pietà del Cielo à rimirare con occhio benigno dell’afflitta Chriftianità le cala-mitofe feiagure lagrimofi auiienimenti di non finte tragedie s’appre-itauaao a’ noftri paefi v e l’Ottomanà Luna: con qualche tenebrofa co .cjiifè era forfè per intorbidare il bel fereno à. quel miftico Sol e, che nel ,Cielo di Santa Chiefa con la luce; della Fede; luminofamente lampeg-•gia.Ma la pietofa mente di quel gran Pio, alla cui vigilanza in quei té-pi erà raccomandatila fontana cuftodia della catholica greggia per fiaccar e, il fafto,e rintuzzare l’orgoglio dell’armi turchefche cominciò à machinare fécomedefima quell’ opportuna Lega fra Prencipi fedeli da. tutti lodata,bramata da mólti,afpettata da pochi, da lui folo con isqiufitaprudenza,emarauigliofa deftrezza giudiciofiìfimamente maneggiata,gloriofamente finita. Appena rifuonò in quefte parti il gri-.fU> dello ftabilato accordo fra Prencipi collegati, e ferì l’orrecchio del Jfcdalafpinacon alto ribombo quella tromba,che fott’al trionfante^: vit-toriofo ftendardo dalla Croceinuitaua tutt’iguerrieri di Chrifto à rivoltare i ferri contro di quei nemici,tra’ quali non.lòlo è lecito infan-iguinar le mani,ma fomma pietà l’incrudelire;che anch’egli,fe bene di •poco prima maritato/ubitamente fimoffe per conflagrate co? fortuna* .»auguri di sì religiosa imprefalèprimitie;, & i cominciaménti della .3 «i a ............. : * .......... fn» Aia militia.Fra gli iltri Prèricipi Tollè'%x>u'ar'fi'vollero sii tarmata vno voitro Séffenilfimó Duca Alètóndrò Farnefe d’immorta! fama, e dì gloriofarmominanza, Marte delnoftro fecolo, glòria di qtieflo fta-*?to,fpada della Religione, Fulmine delile guerre, honor dell’Italiana militia,Ercole dell’Idra Fiamingaiémtilo in tutto,per finirla, di qnèi’-•altro Alefiandroper foprartorrie'il Magno e nella fortumi, enei valofe; ->'faIuo fe in quèfto diftingitere non li vòlelfimo, cheFvno fùprimo dannili, l’altro primiero di meriti. Sotto tal Duce parti come venr \ ièré il Marchefede gli Edificirifolutod'impiegare ogni fina porta, ed’ado-perarfi in maniera e con la forza del braccio,e con la fortezza del pet-^ to,che da! mondo meritamente Rimato fofle di tanto, capitano no indegno foldato : ne cofa s’attrauersò per impedire qneft honorato si, ma pericolofo camino così ardua, e malagevole, che fraftornar’il potertele meno cofa alcuna impetrar potero le1 dilnuianti lagrime della ' {confolata moglie dai gioiìinetto marito : ma*con intrepido penfiero d’ogni più duro incontro ageuolniente ribatttiti gli afialtì cinto non rmeno d'ardimentofo coraggio il cuore, che di acciar lucente il corpo, armata non meno di religioso ferrósa mano, che di pifetofa fierezza la mente verfo l’armata foltamente incaminolfi. Doue.doue sforzato da magnanimi fpiriti,e generofi penfìeri trafportar ti lafci ò bellicofo guerriero?Duce ardente brama d'immortalità à ma nifefta morte ti guida ? Cosi dunque sii il fiore de gli aniii coraggioso ne vai à lanciarti e fra Tarmi, e fra Tonde è d’vn fiero m‘àre,e d'vn’in>* fido Marte? Tanto dunque ifterilita fi troua la tua gloriofa SPINA, che germogliare non può , fc inaffiata non viene e dal Sangue de Tur-chi,e dal pianto della moglie? Dunque alle tue militari imprefe dii principio da sipericolofo'cimento,oue fi bifognerà guereggiarc co’l i-ftabilità dell’aria,e con Tincoftanza dell’acqua, con la furia de! veìiro, con la forza dell’inimico > Dunque tra la mortai pioggia d'infiammate palle, e d’auue!enate faefte hai da cogliere la trìonfante pfàìùra , ei verdeggiante:alloro s ne ti sgomenterà inefperto foldato la fpirtfenrofa tempèfta dclTarrigIieria,il fulminar de’ ferri, jTfolgoràr dèHironHil tuonarde’metalk? Dunque fra gli archi turchefchi difiefi p'cif ferirti 'mortalmente fa vita,tu vttoi ergere , & inalzare gli archi trionfali per eternarti immortalmente la fama? Oh chiarifsimi annonrij d’vn’in-uitta intrepidezza ! Oh poderofoguerriere, che fenza auermaiper Taddi erro maneggiate Tarmi già poco meno che difafmato trionfa! Non è, none ò.Piacenzasì minacciante l’aria, si corrucciofò i! mare, cò B 2 infellonito infellonito il vento,crudo MartftuncrtideHtdlA'Mò^CiChèin’dodaifdir portala ferocità def tuogenerofpiMarchefQ. Non è difì-dcbole^ici Anne fto ardire guernito il fuo cuore, che alla tremenda villa di tati fpa-uentofi incontri fi fgomenti, od il,pericolo di fouraffante colpo lo sbi- te iiiuigpriicequal lucida; fiammiarK^he^l'contraffare (dell’Aquilone non che éftin^,àfopitafd dilegiifemq f^i’àffediodehventi dilatando le vampe-acquiffaportanza , e;piùfocofamente^àin.meggui. j' 1A Xladòue, imprudente che fono, da tanta gloria -)a>mia lingua non sòie guidata,ò pur rapita fen'vola2 Eccomi apriuacq co’l Maiafpina à luogo , tale,oiie fii pip. accompagnarlo f o! r ag ion a m e ruo gi à. mi difido . Hor-.ma^ ffiffiflMMfi.al marche ijpr.efqluto mi formo,'dubbipfo fe confar- o giOjqpurtQrfla^mià /ijepro. Strana appent lira: è qVè(taf n a&o; ver da dicrcfo^ i.ò,gaprigGipfo raccpatpj che ufonio, ferine ' eitep’oceorU ,, Wjla Stiqil^a5 Preiflal ljdodeln^ ejtimido lepre-én* teguito.'da. veltro . non meii’siudo di.pr^da, di .qpe* chehtamòfó fi rfòflc di fcanapo.Piani-mal et tocche gii col corfo prefohaueua tal vantaggio, che nonetaikm-ntanoforfè à faliurf. Ma,ecco,giunge lo sfortunato al mare,chertupuo \ .ihfjLciiatqrepattenideper dargli nell’ampio fno feno e-Ceppiti#*; «.morate.; Cne fari, ir a due fiduri ificoijtriinforcato iMepre,e intimorito?.Ce .fìegtie la fuga? non farà viup; sardella il corfo ? rimarrà rnortodnanai iporte rifuouacon rocco fifehÌQmjn?cciofoil mare; indietro morte:ri-lp,j§Iia con fidale latrar?:i.ngot;do difangue.il Caneifeslarretrajdiner-■rd cfca d^lpredaror leuriprojfes’mnoltra? rimarrà preda de! macehv-goiàtor vorace:vn piè mouedifio di vita, ritarda Ealtro rimor di mor-teiquinci fugge la, morte,e pur perde la vira;:quindi cercala vita,e pur tropa la morte.E’poftotra due angofcie,fiftringe,trema,e teme ; certo traila mdr te;Rito^a jper gettarli tra fofcàniie al, veltro.? mi troppo ca- •. n ~‘1 j r . _ f _ 1, n fofl/, fi». «ftArt nf.1,_^1 • y ! /piccando leggiero,ma irrifoluto vafalto, lanciali nel mare;fe bène appena morte timidetto il pafo, che di bel.nuouofra via,marnar, vorreb-i>e,pnde cominciò il motoigiujigepur volendo,e.non(volendofrai’on- dcj £ et ftc-.C ecco,p jetofo Torte, i! pefce cane che mezo tra vino e mortati: u • r :dèliffitòkmétti£;ìl tÌ0ibra..NoiTdiVómigÌikflt!é'aafohun io(Ìiigehxraitìen-te dSróllb)' flubjtò!chéii&h fik pfcr itertimeiirajieril mio ragionahièìito. Il tornare hbfa à diètro è lo djuiétàil tempo; è me’! contende oghira-■^ibttèrPingòlfkrmi animòfamente nomaretettio che da’ più giud idiote àterittó nonVèhga à cieca imprudènza, epoco meiio ché temeraria "^fóltò'lmpèròcKe cotne^óilìBlil fìsche dallo litepitare delle guerriere * tròmhe^ede’-baéta'gliarefèhfftròmenti non lìa .interrotto il mio dir.e ? - dàl'belliCòTòtiìmhl'tòieftem'fto militate cdnfufa la memoria ? da fan-‘ giuhofi ffiàcelfi ìnlrortidita la menté,ammritóìita Ia,fingùì?Coùie iH’l * lampeggiare d^ferr^e’lTiuerbe^o'def^aftni, tra {e fb!,t?e grandini dell’ àrthibiiggeria ,& i tenébrofi mitiòli cfvn dénlUfimòTùAo.raiuiifar potremo Theróiche rmpreiè del Malalpina fcritte con ik Tua tfalorofa !j>a ' "-dad caratteri di fànguié nelleTacére membra de’Maoeniettani ? ©eh cóncedeteitìi HftiltìWèiVditòri-jche^irizk iribirtaìmi, orVé gùiiì^èr no -;pùb IkmiadebciHfrima Jfehk «Ai? Ferino ririteialifhrcHe 1'imdéto Mar diete • tdePGòlfo di mfam* éfflMMÌtt di Nauar'ri- s«o ,;onè purifico trou'óMì WiònFàtfteV eivirtoriófo Tòri tórni', c|ie . altrieri ihénWótdti'Vlragg?:;, fé béri fòrte meno rtrepi- : to/i il fegiiiremo riè’ qiikli à luf fojo tehz’altriaimo 6 d’armi, ò $ir- maribifoghacoihMftrtC coiihmhieiofe Schière (Timpbrtantillìmf nrè-gotij.e d’intereflì politici,cori làtnal ageuolezza de’ màneggi,con Tac-.ifiortezza déllte Cbrtf,-citai fiata,ft'3 pìeri dire, cori ia ftéfla impolfibilità. Sedeči,è-più Ambafeferrè, étàtte k’Frimtpotentati deTmondb elTérd-:-tò a? nome de’fuòi Prih'cipi qrieBr’fflitftrìfììmo Càuagliéro hbr’aiìa ŠdH- • titd' di Clemènte Ottano1,11 hBr^àlfè Màfertd Céfaree di tre Impèradori Maflìmiliano,Rodolfo,e Mattia,hor’all’Altezze di Sairoia i e di:Tófca-na,hor’alle Diete Imperiali,Sc a gTEféttoin, fèfPrèncipf dell’Alemagha, hor'alla Regina di Spagna,& agli Arciduchidi eafa d’Aùftria t&an--corche gli affari à Ini raccomandatifòlfero tempre de'piuge!ofi,e difficili che trattare lì poteffero, di tutti cori la {ria prudènza, e deftrezza auuedutifììma riportò Tempre felicìjfimo compimento. “ Veggio ben’io,Signori,quarifpàtiòib tarripb hauerebbe qumiifJmio dire conforme gPirifégnamenti dell’Arte per aggrandire OfatoriaménteJe Iodi del Marche fe,te la fcarfezza dé! tempo mcfpermettefie.'Ma l’Ho-re, ch’k fpronbattuto ten fuggono ad accennare così alla sfuggita, ad ■affrettarmi, à correre,a precipitatemi coftringono O’ÀjltezZajdi méte •irtarriuabile,che dalla graiiofa tema di tanti pefi carica pote Còq ifpalle d’Atlante non folo reggere,ma viiicer la fatica- ^ Tra tanti‘ciechi, Se 'ab' • - . ine- ineftricabili labirinti gyaj(ibtti^ii|éz2^4.i. V«'ordirP&$;jlw»ir^$>fa puta rintracciate l’vfcita', fé non il fottililfima intelletti dql Maiafpi-na ? Oh ben’accorto Piloto, eh e con la tramontana della prudenza Teppe fchifare l'incontrò mortale di quelle.Sirti, qhe ^jqare de’ maneggi inopinatamente s’artratierfano, tra quali fouente^Ciel ftreno,e qpl vento in poppa pericolare fi veggonp i più ben’armati ,&orgpglipfi va-fcellhma tra gli affai ti d’inferocitiventij .pd’infolent/te,pr<^le;paffò le più furiofe boraféheffuperò le tempeffe, sfuggi le tranerfie, trionfò de’tui binijvinfe la Fortuna* Chi vuol’hora più rammembrarci l’hifto-ria di quel grand’Aieffandro, al quale effendo fiato prefentato vn cèrto nodo detto Gordiano cosi ftrettamente auuiluppatp,e con tant’arti-t, fido auuolto,ch’ à neffuno giammai era buffato l’animo d’aprirlo, ò di fgropparlo; doppo che lungo fpatio fi fù ingegnato Aleffandro per ifciorlo,e disuilupparlo». fiualmentenop • trouandoui ne capo, ne finq impugnata difdegnòfamente la fpadacon vii jfpl colpp tagliatolo per m,ezzoa quella maniera ageuoliifimamentej di fnodol io. Quai più im-. portanti maneggi,e niellati affari pieni tii mille difficoltà,e de’ più ma lageuoli auuiluppamenri di quelli,che-con la fua alta prudenza trattò, e conchiufe il Marchefe de gli Edifici/ : oue non sò per dir vero qual cofa maggiormente ammirar debba l’intendimento ò la deftrezza nel maneggiarli, come grauiffimi ; òla preftezza nel conchiuderli, come leggieri. Foffe pur difaftrola quanto fi voglia, e diffiriliifima l’Imprefa, e da tutti altri tentata,ma con poco profpero, & infelice fucceffo, che nelle mani del Mal a fp i n a fubi tam ente i;ambiaiia faccia^ dalla chiara Ilice del fuopurgatiifimo giudicio ogni ofeuro, e caliginofo ingombro immantinente fuggiua. • • , , . yói chiamo io in teftimonio Séreniffime Altezze Ottauio,e Ranutio,fate voi fede, e teftimonianza della fua prudenza' : voi che nelle maggiori facende de’ voffri Stati non folo con fodisfattione, ma con ammiratio-ne più d’vna fiata honoratamente I’impiegafte . Voi Prencipi dell’Alemagna , che in quattro Imperiali Diete, à ben mille prone v’accertafte deU’indqftria, {Iella vigilanza , e dei-valore del Marchefe determinate;’ pure»che.maggipr maturità dì fenno,ò fbttigliezza d’accorgimento nò ifpcrimentafte.giamaì ; vino ficuro, che i qupfta voftra dichiarationp fottofcriùeraltì immantinente l'autoreuole teftimonianza di tre inuit-tiffimi Cefari,e de5 maggiori Prencipi di tutto il Chriftianeffimo. Bai lo conobbe il Sereniffimo Ranutio nel penetrare le qualità de’ logetti auuedutiffimo, poiché fra’l numerofo ftuolo d’ili nftr illìmi perfonaggì, de’ tfe’ quali abondò femprefcon vtilità anco de’ Prencipi ftranieri)quefto nobilillìmo StatojnefTiinoftimòpiìi degno del Malafpina, al quale col raccomandare,come ad Aio,l’ammaeftramento,e la creanza del Prencipe filo Figliuolo venifìfe infiememente à confidarli il maggior thè* forojdi’egli s’haiielfe nel mondo, la felicità de’ Tuoi vada!li, il buon go-. Uérnò del Ducato,e l’honore per fme,&il fortegno di tutta Cafa Farne-fe.Prudentiifima élettiòfie ,. nòti hà dubio,efaputiffimp accoppiamento di tal’Aio, e di tal Prencipe,de! GIGLIO Farnefe, e della SPINA; auegna che,conforme s'hà dalle fiacre Lettere, all'odòrofo Giglio nertu-na cuftodia tanto fi confa.ccia, quanto la guardia delle Spine rprógno-. fttco certilfìmo di Principato gloriofio, automato da quel medefimo fio tir ano. Monarca, il qual dòuendo.fnblimare all’Altezza di Duca del-le genti Ebree il Profeta Mo>è,dallo SPINOSO Trono d’vn fiammeggi ante, roue togli diè per còsi dired’inueftitura. M’auueggio, m “auueggio,Signori, che’I tempo oltre ogni credenza trop-porapido fugge, e frettolofo fen'uola ; e fenza hauer’io, non dirò, con poitipoiì abbigliamenti aggraditi, ma ne meno có femplice racconto mentouati i più bei fregi fili principiare del difèorfo fono cortretto terminare homai quefto tediofo ragionamento. Bifògnerebbe che dà(l’ Empireo vno d i quei fc! ici Spiriti calaffie, q recando, fieco il gran vói lime, oue con penna di diamante,ne’fogii deil’eterhità^à caratteri indelebili fi fcriuono ciafchedune attioni di que’fortunatiffimi cittadini, tutte vna per vna le vi apprefentafie. lui l'eggerefie la vigilanza, con la quale s’ertercitò nel'cari co d’Aio del Serenilfimo all horaPrencipe,hor Duca Odoar dotcome con ogni induftria prono di far sì,che preftamé-tenel giouinetto s’effettuafiero le fperanze d’Italia , e d’incaminarlo a quell’hereditariagenerofita,,alla quale p.erp come .Prencipe di Cafa Earnefe da fe ftelfio naturalmente era rapito, Con quai faggi ricordi T’allenaua Religiofo verfo Dio, Clemente vermi.Popoli, zelante nella giuftitia,liberale ne * guidardoni ; e quelche con perpetua rimembranza obligarti deue eternamente , amoreuole verfo di te fua dilettifsima Patria . Xeggerefte come di. più dal Prencipe giufto riconofcitore de’ fuoi meriti promoffo à gradi dì fuo Configliero di Guerra, e Signatura,tutto il tempo,che limolar poteuaà querte grauifsime occupationi,anco uell’età più graue,l impiegauaò nel trafeorrere l'Hiftorie, nelle quali fù verfatifsimo, ò nello Audio della Theologia , tre fiate da lui con pieno corfo fentita, ò nelle Matematiche necelfarijlfime à caua-glieri di alto affare,nelle quali fapete bene, fefenza fallo pollò dire . Il 1 beramfehfè, che ilijrfarjchélè nòn hefcbé pari:. ileggereàéU larghifTime IttrA^inp rr\r\ !p irtiijilf rhtnr?^rr/»nrlA fl’rtAJipri. lVnrporp ri#*? mfifìrlr» a ori con ririiftlOrtaìità trionfò finalmente della morte j : rj^ 0; ,u Perdonatemi,A fcoltatcri,fe piùTÒfìo 'àdcehnàiidpi4p® ^fiČH«.en^ggual’ vltimo cuntO còsi leeeierment'e ritocco. e con filentiò trapana tutte'le dal Campqdelmondo ìPCarép idò|Iio? fteHQieta, e.d^l^aqufiHhno mare del!a.fafÌCa alfìciiriflìmo porto dèlia'Gloria . Piangali pure, e con lagrime inconfoiabili la mifera conditjonc di coloro,de’quah con la vita rimanexlhrìta la fama, e tra perpetue tenebre d’vn fempitcrno oblio condannata per Tempre la memoria ; la tua non gii:che Tei caduto,ma per riforgere;morro,ma per rinafeere ; e per più lungamente vi-uere, brieuetnente incenerito . E’ vero ò I Huftrilfimo parche fé de gli Edifici ,che’l tuo mortai5 EDIFI CIO dalle forze della nemica morte diroccato,abbattuto,e fmantellato fi giace : ma non giace,nQ, quel-l5immortale,che con la tua heroica vita sii l’incrollata bàie deH’eterni-tà gloriofamente t’ergefti. Romnarono logorate dall'ingordo dente del tempole barbare Piramidi della fuperbaMemfi,&i famolì.Obe-lifchi dell’orgogliofa Roma : ma durerà, durerà dopo lunghe vicende d’anni, è diluito eternamente} la reai machina del tuo beH’EDI-FICIO appoggiata al fermilfio foftegnodi quelle impareggiabili virtù,delle quali io confeffojche tròppo dozinaimente. * - ( ’ . Jf-O. ; v jp : • { uh : • 'I ì i;< ! '0 ofiift jile - flv Gliv ri *£C HO DETTO. I imibloa 3 : Adii ibiou^l uT £ j ù;; ;■ obnsup ) il' ij5 ori3De oh ofitojni ilUrrno1! :iiiiriimelitra -icon sif biajjoiq adC) [bIomijJ33ÌY {ì A 10M uiv'no rj'I i N c >• v : • li : J ùì -IO!P. IO D ; ■ . i . •; - . ■ ... n Deì Sign or Guidubàldo Benamata. s r. s ! ; ::f; '> •')'■' ' ;, 'Icr; ' r ohi n : i y pi, v. - - , r* l . ■" *■ Io iaper aafcun corpo vn alma loia. , . i E mille [[ è. mille molti Solo m vn ialina pon Crear le corti ? Sembra, cnon è,ftuporc ; - ; ri ' Se priwattólfe morti, hà mille vite Pria da lorqueljche more : F la vita vn fofpir 5 mille fofpiri Dan quelle à chi ’ndor GercaJho$egradite. Tu ’l puoi dir PIER FRANCESCO, e noi dirai Che quando vna parola Formali! intorno à ciò, certo tu fai Che prouerefti ancor mille martiri: Nè vite tù moltiplicar piò brami, Per chVna Morte immortai uitahor chiami w «e» » T Sli Del medefimo JU H .HailtauObb ' ' In morte della fteflo : Signore lì allude alle due ftrade d’Hercole, & alle Spine deil’Àrm e del Defunto. . Brnrrr.-»«r;’f nO*> anorttsnq;! c. ; -ygiy rq bn Oiincoism io VI J3Tfi : io > ' :bTaf!t iSV&ffVftrn?'/.» mqqs 3h;np [1 : cefi •! ' ri' isìorn A‘H’» sisi;* ’[ Hvoiobs-D s.ifiuv non antfb : Éfì sM slUb al « Mascolini)< »fsitp fi OflSài cofa è fi trita >• nn rbrjq sn iair .aiJla J oìoJlaa- n Akunralfomigliare al forte Alcide, ^ Che c[ual fiaipenna ardita, CH-éntra in .«peffirifcciptri, altri deride. *— bHoiiiq*ia«aQ meliti-moč.: h t o: . oitatto r- ;no~> Chtìi&mhbttfolle faeelfej «»»z OÒDVWHAa ^eh’egli ripnendelse ? Io nondimeno ,.. ..;A Segno l’efrorjch’akri à fuggir s’inuita . •" « ®cn°, ", ÌSS, jut Gran -.BIjÉttriRR;AMCESCÒi hoggi^c-hanoifinuoli, Perlauia0ele;ii^E’|;fS^,Mr'a51 oio'fbb oicos«? 'I f'jo r.b sdì •imohfi obiq oddrcMsd 'RI DÌ -noi3} bn olbnp ih i ; OCI/iAO ea fj»; y I2*[]CTn «SS? ’u ou -ab- ‘tip; on ì ' qcn oi> A PIER FRANCESCO MALASPINA, , i j, ' . '-..K, .Marchefe de gli EdificùEdificio della Gloria:Gloria de’Cauallicri.^ Caualliero , Che nel corfo de gli Anni arredò la lancia nell*' * ' * *• attieni humane, e rinfe il Palio dell* Eternità. Eternofplendore dellefcienze,.più nobili: • Scientifico; lume deH'Artimecaniche: Mà Non meccanico nel procurarli la riputatione con l’apparenza. Il quale apparì degno xM'Corona alle Tede Coronate: Il quale dall’Altezze-tton fu ftimato fé non fublime : Il quale , finalmente, fe dalle Maedà Cefaree non venne creduto vn njaedofo Cefare,auenne perche non mai hebhe per fine altro che . r ~ Tj m 07ì r i l l Non quella dè Ha Patria;perche efla guidamente era ferua nel dolce legame de i Prencipi FARNESI; Ben quella della lingua ; perche ingiudamente opera, chi fi fottomette alla Tiramìidè dèlia Fintione : Conofciuto da OTTAVIO, noto ad ALESSANDRO , efperimeritatd da RANNVCCIO, Sereniffimi Duchi ,vigilantilfimi Pallori di quefto Stato. Ammirato dal Mondo ; perche certo par miracolo a i nodri tempi,' che il Vero truoni Tempio in vn feno;e che habbia fìmulacri non fimuLati, fatti di lingua, e compodi di Cuore : • Pianto dalle Città, doue hebbe la Cuna, edoue trouò IaBara,, " tI. ■ per ch’egli è morto con l’Età dell’Argento sù’I Capo : .TiO fcgno che fe più lungamente viueua, npn ^ jj ] i , j farebbono abbreùiatè le fperanzé che da capo i! Secolo dell’oro ^ haurebbe prefo il dominio della Terra ; Anki non piànto ; Perche prima del fno morire hà fparfi i femi di quello nel fecondo ingegno ^elm^gnammo Q^OARDO : Da è nella Primaue-eniente che ne Da cuihora veggia^mo (puntar Jol^ fiori ^perche è vagheggiamo , e godiamo i frutti quando verrà l’Efta-» o^à^i^f'fuoibJriJcfHÌtìmb gOtìètno ‘ E dico Teliate fola, Perche in lui qyeft*, ei’Autunno faranno vna Cofa ifteffa ; eflendo'che egli non partorirà effetti di gran» l ^ -ditffxrK^V ài ó r e ; c h e hohf à ben’amatOrdall’eftintO, Signore, per iftirito* di viuagratitudine (3s.Mr1ui3 2£Dl£CT Oli 2ÌfnhD£.I • enaajbiiiokM c 3 n -•ji;. •j n GABRIEIU^CORVI, -£ WfvnerhmXUsmnae: , i:(oi -.■ifir.i ; or • -T cnvor.. Epitaphium , i’fi . ni ii ) J.'b < i ltvTb : tìcjfti ilifO -UK J. ilio- •>S/i'2a Pedem , Via tor, hite ; Nec terreat te L E Oj fS^Ì^AM Ferens, , Haud feriens: PETRI FRANCISCl MALAŠPINjE, ^Edificiorum Marchionis, Principis Beneficorum, Animum in amicos gratum defignat ; Qui pro Sereniflimis Ducibus Farnefijs SummisDnetihus&a&us, s* , ) i Defun&us hic iacét : AS TV, Cui MALA SPINAI heuarentis, Haerent in corde grauiflima, Eius haud Ieuia expertus bona, Lacrimis ne parcas > Maiora debens. s » 3k» &€** e^3^s pratens ,e^*» »gm «*»3* a T^rs'ì’f "i!i*“X m RETRVS FRANCISCVS MALASPINA AedlšSdorum Marchiò-, 3* .* Princeps DucumFarne^orumComes, : ; r Comis Prmcipum Dux, ? -1 : 310/nv p io lift H - ' tomi uburggm iCI . SitUstòciàèec . ' birdEborV;') ; c b:'> ni on/52 !'oto fftiD3 ’ j n bii>j *t r- T TV, : - r:o i :b>aL/!2-./Vt3. .:-j„;•>■: rb . ■ ,:^ncillitotlammas, A^jaaui3: Quot iam fudoresillEtibi, Effunde ; Tuo reuirefcaE SPINA humore, Amore cuius vi^uifti. »aJBSk filKk a8E6« jSBS*. /»S w ■s*r vs?;m:w '& t®* « m ^trftTtrri: e AHM2AJAM 2VD2I2HA#I 8VAT5.S fDeit»c.4efimo'«. oniiT •p Elice 5 w-'3«a fqsMt rili fnnro-pil Cipi mnfnrp . Or che diftendiin §lftfi^f<è^Ì9]ic Le radici nel centro,e'1 capo in Cielo ; A’ l’immortal tuo Nome V i Tue verdi E tu BELVA frfffi AuraipafcoHffep^ff^i^ifeijo^p : {shfir/T.3 < storna;! AJtfWftrfsateiiiret oaT d»» • otom A •'M'a’V* PETRO FRANCISCO SfALASPUTJE, ÌÌ.JL1W iT\rtn(V/lJW J.------------7 Aedificiorum Marchioni, e U'i’I WKtehl';■ j vv.,-; ox •;:><*«rV-■ vv^v•>.-•a Marchefe de gli Edifici;., Coniglie rovistato, & Àio deli’À/S. di PiàcenzÌ,e Parma, J- '> XfcAUW i » ' fintcffa 9 I V li A 5 i A-SyO l a, ■ Et Marche fi cALESSA^DZJ) 7>A&mam# 7\(epoti, ft) Heredi. Nel Tempio dèlla;GIojiofàEmà’ Vefgmè di**1 ' Campagna di Piacenza. 1 W T / A CEjNZ A, 'Ter Giacomo Ardi«o»i, Stampatcr Camerale , 1^24. /./isarnv'i A imo? h * vj,:. a a g a u sam iong}2 .ilhftolii'IbG O O 2 3 O H A A 3 0 >I T 3 I 3 Ego Fr,. Comcl'm jRuffiuqa tflafcntìd Qrc!ànfaprb j^A %? 1 v? ^OT'wIxv VI ?r>AAvfìwtfA%» V, O Ìi\V4^^ VAc^G\i»^& SVO-L/M , v Vi :-,. . -,ih 'v. Et tigm^Mvcbefe ' i«'Ak-*- i. . AI, ESS A1SÌD K P A' L L A V I C si E EC H 'E' fiori čada etr&renilTtnutntarto, che colite ftepoli* & he-• redi dèlia.gloriofa tpjtmxi\\dfg^.1lu^riffim lignor A&rcte/i à gli Edificif ( che fimo in Cielo ) fi apparecchieranno forfè di fare li Signorie voti re I Un'Urifs de crediti deit’heredità:& acciocbe elle no tram [curino di notat , forfè come debole , efavana cofa, logeruanga di cui io fon tenuto alla mtmoriqffft \^iffiiblififi^g^ militi dì vn tanto mio Signore humilmente 'o [applico, per miofcaiico à credere, ch'ella fìt tale. che non foto è naturalapernotto di chi vhieperfagikj ^vfciitbe mgimogltHètCTnòrìfom lamento fatthn Ciclo immortali da ciò che virtuofamentc effi operarono viuedo» ma vengono anche perpetuaci in terrà duchi ikpòmùrtt celibe andò i Inàriti loro in carte, pf Campano indelebile,martoria J Mondo tljnde ben Ji può dire >cbèr perii» vige U ligiibr Mipchifì eva ptrpttua\itordanga ditgcrrhfrrtitéfmw^r tniHr fentmento m jt mtae-fimo 9 Ot ttHrutyntr fi>btitrirptnrié giòrio- 1 r/arxt A % Stampatore umerale. Ciaccmo ~Jr di Tigoni H P * '** ■' * _ c r . ^ *■ '' c j .. ^ Jìmbdlicamentt rapprefentaréìt infrttó delSig. Mdr-chefe j a confolationc de futi congiunti }ad edificationc del Popolo j {$ a-gloria di ejp) 'Sig. che fu Meramentefimbolo 'r primi Cartelloni pošli ali'ingrcffb delta Chiefigli feguenti Slogij > /iqi$tlmpane jfe mnib tutto ^additando k ‘pm Jighdxdeuoli % vali tgcfj ejfo.Signore.ypotram anche in qualche modo adombrar« il fine, Crl'intentiohe di tutto il'rimanente delti apparato. \ . ■ y. * •,'VA 0, ; 5 V. \ I 1 ' i ■■ ' , s __ Ciues optimi a 4 . . . ! 1 . \r r.- Cì 1 A Fouete confeflu^achrimis co^ij^ste Chrifti* nu opus, Quod obfequefififiìrnf Nepotes Patruo amantiflìnio Vita fun^(Y jdaTCh!onrMalafpins&, t ir • ■> V. • w ov m'• -oy < a ay, -s • a't? i i»* • ’ Corniti fife Hippolita Rolleria, & dulia Anguifsola, 'i Ac Marchio Alexauder Pallauicinus pofuere. Ex.arbitratu Io. Bernardini Rollerij piétiflimi Comitis> Qui,yt Marchionis liberal ita ti pietate refponderet. Non ex teftamento j fed e* caritate Primis erga eum praefto fuit Òfficijs, & fupremis. y* »)»*'>' vtf- O-M A Ìi >*.t i ttlf *. s • :s'. 'Si-* >v. . u;.s. a a PETRVS PETR.VS FRANCISCVS MALASPINA AEDIFICIORVM MARCHI O. .ČV''v rv '■ T . -."..iLì ; jr.-' , . , ,-3 Quem natum fimul ac notum Generis claritas reddidit, Aliiit Sapientia, Pietas fouit, excoluit Prudentia. Hic, quos Heliconio fonte propinauit Minerua latices ' exhaufit galea Otiu in officio nadus,vt fibi viueret,alteri séper viues, Plebea prope-liberalitate, medio c$jlo, cfidis sq; micuit. Et quem morum facilitas illuftrauit, Clariorem effecit beneficiorum exercitatio : Tunc beneficio affectus , cum alios affecit. Cuius aurem vis claufam inuenit, humanitas aperuit Principes,quós vnicè fibi colendos propofuit,eum Principibus pr^ponendfi cénfuerunt,veri Principis ty’pu; Per varia hinc reru difcrinfina,magnfinobilio?ibtf$ Aulis Afferens decus', maximum retulit. ' oia ^ SeptuagintaquTqjannis terras peregrihaftusicglo ©riàdus. Patriam affectans, ad còélum redit, Vbi aeternfi fibi meritis parauit,' ftruxit, orhàufr‘jEdificiiip c •'T ■ ■ Vere ‘ r r i • . f ' •*" ^ f ' T < r , ^EDIFICIORVM MARCHIO.,.:, ,q Anno Humanae falutis. 1^4. !• feena di morte, à mapo diritti della Porta fi Pernierà iLfeguente motto. PAVIDO, VORTIQVE tolto da Lue. ài p.lib.dellé guerre cauli, & à fimftra, lotto vna limile infegna. LONGIVS > AVT PROPIVS. idi, prop. lib.tt.; &;.pepimpralcjtociimenro fi fcriueranup jlbtto aH’«ltr§ infegne maggiori g mapo diritta .MIS R R NO N QV,I iySSVS, SÉD QVTINVITVS• drPhutO; & ammano finrftra. CONTEMNIT, QVI N O N C O N C V PIS CIX. di Seneca neh lEdipo : ifc dentro della Porta in va limile altro Cartellone, lì fermerà l’Elogio, che fegne., * .. • ; PETRVS FRANCISCVS MALASPINA AE DI FiOI O RVM. MARCH LO jH • a- • l ' { ' : a\ P ■ ' ~ \ f 7 U 1 - ’ *4 | .* J J i ' / 10 • ^ ì-‘ ‘ À Adhucalijsjfibiin jpofterum;cceIo victurus, terrisobijt. .Virtutum quia dignus filius, dignus habitus parens.:. ~ Ingemjs fauit ingeniofus. Vf.& virtutes/premijs, & premia virtutibus ajliccret,-i Cunctis vnum io voluit, & cunctos vm.. , 3q In mufis adolefc^ntiam, qijiam:nqi£ perdidit, inuemes, *'y -lityfimikm virilis ;aetas habuit, epem auxit, >? ■q » • . Non mutauit. ^ Cj»#tipus, « > negoti/s.iipplicitu»,- Faslix non vno munere functus eft, Vno tamen exitu. PrincipenHA Mn^ctuWperiecii: fu Principi ìe/ieetutem. Vide Fatria,, utìùm plus uiuo debeàs j an mortuo : ja. Tuam enim ,.cui uiup^inpigilauit, Salutem anfoluit. Eta TJ”T d ciadiano dei quattro pilaftrì della Chiefa* fi affiderà va Cande- X-* fiero formato à guifadt tre corni di Amaltea, con tré torci? oer eia fcheduno, & da elfi penderanno quattro cartelle ; nella prima delle 1 quali farà dipinto per ini prefa. ' Vn Giglio circondato y& affiepatodi fpine coli motto I NVICEM SXF~ PATA E C O N S-TTPANT. Perche fi come dice!?, che vni falcio di (pine’, tanto meglio'aifiepi, & difende v»a pianta, quanto più effe • fpine fono Uretra mente, & da ogni parte abbràcci àte,-& btìfvnire tra loro Peosi può dirli che è fiatoni SerehifiimO Prencipe, figuratone! Ciglio, tanto meglio cnftodìto dal Marchefe, quanto ipenfieri, e filinoli, c'hebbeèfso Marchefe, tutti fempre abbracciandoli> & ad vn fol fine vnendofi, ad altro più non penfarono>; che al buon feruitio, & gouerno di eflb fuo Signore . 1 : ; Nella feconda Cartella'farà il medefimoXDigliO' munito delPiftefle fpine c’o! motto. N E TAN GAR, NO N \T TAN GaNT ì Per lignificare , che’l Marchefe é*à aT gouerno dèi-PrencipenOnper’apportar ’giamai à Iui-offefai ò puntura alcuna , ma per impediré* ch’altri con maleiftruttioni, & documenti non offeudefle la benigna natura di effe Prencipe. ' ’ ’ 1 . Nella terza, vn-altro limile Giglio*con le medefime fpine col motta. 15 ON E C ADOLÉVE Rfiff .<■ Per dinotate, che còme fi fuol nuìv tiire , ò fiore, ò albero di fpine contro à danni de gli animali, fino à tanto, ch’è Crèfciuto : così fi è munito il Prencipe contro à danni de’vi-tij col gotierno del Marchefe fin’à tanto, ch’e vfcitodàll’etipiu tener»; • !i:!' ‘ ’ Nella quarta, fi pórrà vn Giglio limile con le fpine medefime co’! motto.1 INCOLVME, NON INCOI.VMES REPDVNT. Per lignificare, effe fi copie ftiolè vn falcio- di fpine difenderla piànta, à cufvìeneappoftó.mà'non può però egli difender fe fieffo dall’ingiuria de^-venti, delle piòggiè, & d a altri accidenti d’intemperate ftagioni, in modo, Che anch’efse fpine in breue tempo non fi confammo : Cosi il Marchelò, quantunque habbfa hatmrò buona cura del filò Prencipe , non hà peròpotuto fare , che nelle varie fàtiche della fuacarica, egli don fi fiatò ultimato.. Nello fpàtio, che fi rirronera fra i pilaftri fotto la Cuppola della Chiefa fi ergerà il Catafalco, che farà vn tavolato di figura quadrata alto da tèrra òr. tr<,e mezo. Si per ogni parte largo br. fedeci (opra del quale per ogni lato fi afeenderà per otto paglioni balauftrati di balauftri à. tutto 8 tuttò,ri!ieùo, Et (opra detto Tàuofatq correrà d’oghiintQ’rnòwa’ba-laurtrata afta br. due, la quale re! igando -da tei r a fi rio-ai! a fommità te le fcalinate inficine, verrà dirtmraà fuoi luoghi da vin^i- pilaftfejli quadrati,li quali foiterranno parte figure,& parte,piratuidi.Et offèndo detti balauftri torniti à tutto rilieuo, S bronzati, fa ranno y a go fio##;? gnodi vna proportionata cornice, fopradella quale vcrraujiojcoi? bq!-l’ordine diitribuite cento torcie, parte di fiei,.& parte di/qwttroilb. J’vna. Dal mezo del qual Tauolato s’inalzera vna «iole di br. diefi^I-ta , & br. ottolarga, di ordine comporto, con vntvma all’antica nella fonunità, diftinta, & rirtretta ranto dalla fiotropprta machina quadrata, che vi rinfiora vn Cornicione attorno , fopra del quale fi dirtribu*-ranno trenta torcie di lib. quattro J’ypa, fopra à Candelieri d’argenfp, per profpettiua ineguali, rimanendo con proportione tutta detta china vagarne«te dipinta, parte à chiaro, e fenro, & parte à colori,|& ■; in diuerfi Iupghi bronzata, & diftinramente ornata di Jumidi ftatuc di tuttorilieuoj.di varij (imboli, d’infcrittioni, d’jmprefe ,■& d’altti ornamenti, che in profpettiua, renderanno l’opera magnifica, &,di-Ietteuole . . . < Belle quattro fcalinate , per le quali da quattro lati fi afeenderà al piano del Catafalco,vederalfi la prima à dirittura,ò all’incontro della Porta della Ghiefa, & 4 piedi di erta, quafi, come (òrtenenti i balaurtri, che faranno à dertra,& àfinirtramanodi erte ficaie, appariranno otto fap-eie di Leoni, i quali fi come fù vfio antico , che fulferopoft; à gjingrefi-fi de’ luoghi fiacri, ò forte come dicono il Pierio, e'1 Rodigino ; pgrche ertendo elfi naturalmente vigilanti, faceuano buona cuftodia alle -colè fiacre : ò perche, come in altro luogo notano gl’irtelfi Autori, jVno,che per ertere il Leone dedicato a! Sole, che vede ogni cofa, fia«anch’eflo vigilante ; l’altro, che per ertere egli Capo de gli altri animali, & ofi. feruante della Religione, & delle cofe fiacre ì fia geroglifico, che fi babbia, ad effiempio de’ Crandi, anche per glinferiori à guardare, & à r-iuerire le cofie fiacre : cosi fono itati detti Leoni qmip porti per cuftodire la fiepoltura , ( poiché come dice il medefinio Rodigino, fiono anche le fiepolture fiacre, & inuiolabili ) & per ammonirci oltre à ciò, di quanto esprimono le feguenti infcrittioni intorno alla Religione, & culto Diuino, partieoiar virtù , che fù di elfo Mar-chefie. Sotto al Leone porto à man dertra della prima ficaia, fi leggerà lì motto di Verg. nel. j.dell’Enetfe. PARCE PIAS: SCELERARE MANV^ Sotto ' SoftoaH’altra a mano lìriiftra * farà-ilmott© di Ouìdio nel a. de Fatti. PRO C V L IMPIVS ESTO. A quello da mano deftra della fecohda fcala INNOCVI VENIANT. : DiO11idionel2.de’Falh. , .p. A quellóda man finiftridella mede/ima fcala . H A G I T E R EST •.S'VPER iS. DiO»idio,nef i. ideile Metamorfolì. •• - • Sotto al primo à mano deftra della tersa fcala. V I G I L CVSTODIA. Di Glaùdiàno nel confi 2. di Honorio, /> ; A mano lìniftra della medefima QVOD CVIQVE TVENDVM. Di Virg. nel nono dell’Eneide. Sotto al primoà mano deftra della quarta fcala. IVSSI » ET SE Ri* VIRE. Di Pomponio Arbitro, ne‘fragmenti. i ' Àmano(ìnittradellameddìma EX ALTO CVNCTA;. DiBoe-: tio lib. 9. 1 -1: • Nel fai ir le medefìme fcale,fi vederanno alcune ftatue di tutto rrlieuo, pofte fopra à bene acconci piediltalli per adornare i balauftci di elle {calciche figureranno d me rfe virtù,! e quali {òttimamente adornarono il Marthefe,& faranno formate,per non efler lungo nel de feri uer le, come, yeggonff giàformate da gli antichi, & nouamenre effigiate nell* Iconologia del Ripa.Er perche come accenna Horario :oue dice. Nihil imtita dices,faciesve Minerua. Si hi da credere, che non polla l’Huo-» mo nelle fueoperationi fe non feguireil fuogenio. . . t , Sarà la primaftatua à man deftra il Genio, co’l motto,tolto da Horatio,' d? Artepoetica. INTVS AD OMNIA. : Et la feconda à mano finiftra il libero arbitrio co’l motto di Virgilio del fecondo della Georgica NVLLIS COGENTIBVS; Per dinotare,che fe bene elfendo ftato il Marche/e formato dalla natura atto ad ogni cofa,& che-non fù da confine alcunoriftretto,ch’egli non poreffe appigliarfià quell’habito buono, ò reo,che può appigliarli ogn’vno , I.vfando dei iibero arbitrio, volle però egli feruirfene in bene , eleggendoli primieramente l’elTercitarlì ne gli atti virruofì di chriftiana religione,che però farà la terza ftattia la Religione,col motto dfcVirg. nel . terzodellaGeorgica. IN PRIMIS D E V M. Il qual habito l’in-. trodnlfe , come fu’l primo fcaglione, ad incaminarlì non folo à diuerlì habi ti fcientifici,che perciò co’l motto leuato da Arinotele nel fecòdo della metafilica. AD VERITATEM, ET AD OPVS. Seruirà di ftatua nel quarto luogo,la fàpiéza il principio della quale, come diceSalomone,eft timor Didima l’introdurrà anche à feguitare,& à £■■ - ;■ " B giun- ginngere ttttfe l’alttc virtù,delinquali fù e9b Marchefe' cofì te adorno. ■* • / rilA '• - vi) Ofl onrrr i «;.• ; ;> o:?od La feconda la Magnanimità : coTmatroitiolcoda Aràftotdeidevlmite, • &vitìbj N'Ee%AOE3SlttWV-lN'r)B** !h • or*r> . La terza la Magnificenza,co’l motto. AD S AECVLA. Là quarta la PiaCétibleza cb’I motto 11 FfA'CMLiEfy. .0 Et feguédofinoallasóroità delle fcafe,fi vederanno quattro altreilatue; «ebcfaranno leqóàrtr© virtii èafcdiKaIi,4apratica dlèlLe squali:» fi coinè mantenne Tempre in lodeuole, & honorato efiercitio efio Signore in>ter <« Ta,così anche lo concfnfte aricene rne.coine piamente fi hà da'crédere, -: glòriofo premio in crelò, & come verrà pofciaefpreiTo con dodeci im-' prefetratre dà fegni del Zodiaco , il quale fi figurerà nella fommitd della machina,apponendo a ciafcheduna imprefa le in fcrittioni,ò motti,che fi noteranno più a baffo, in tre cartelle per ogni lato di eflfa machina vagamente difpofte,& adornate. Sarà dunque la prima ftatua la Prudenza co’l motto d’Hipoav QV AE SI NT, QVAE FVERINT,QVAE MOX VENTVR A. la feconda fara la fortezza co’l motto di lucano nel fettimo delle gilérre' ciuili. ET METVEND A 'P ATI, SI CO MI NVS INSTENT.; - , si .1 l a terza la Temperanza,co’l motto di Màrtiale, nel primo de gli Epigrami. QyOD MED IV M EST. La quarta farà la Giuftitia, co’l motto di Horatio, ode jvlib.j. NEC SI FRACTVS ILLABATVR ORBIS. L’effetto delle quali virtù,perche fia anche meglio efpreffo, raraiinopofti nel mezo delle quattro facciate del Catafalco,quattro Elogij, vrK>per facciata:& piu vicino,che fi porrà alla virtù, a cui alluderanno, fcritri alettere mainfeule, fopra vn Cartellone ornato dà varij fedoni',& pitture farà il primo vicino alla datua della Prudenza /cbitie fe-gue, r : : • : •-■ • '-'at • ..v...!.:, r iiit'i ui\..ic. »orni? ti.at iiC'siufi. >,« *r’"'S fi PETRO PETRO FRANCISCO MÀEÀ ^ulyquèSfcreritiahièxpefWntiàjOpinlonètnéohreienrìài N6 ad van| laudis palpatìohé/ed'ad foHdg rationis ra&iS Sedulo eft metitus, Sapienti confilio,probata auctoritate,perutili fententia. Farnefijs,hoc eft prudétiflìmisFrincipibuSjà còfilijsfuit. •Norfintonftil&i Ni^écèé ihférfas pa/raruntT * l ■' - ’ ' 7 ” 0-? ‘X'il r, ' ri .* e pj : > } n ' l ; £ : 1 Vi,' ' 0 petrìò TicÀwtìnstd m^laspìI&? te-• :• ro? 3i3num on.inanpil he im b di riha udii houp no>I Qui,quod non habuit fortiter contemnendo, ' w ' i -, V ■ i r r • r \ 2 Quod habuit ad beneficentiam conferendo, Vteum, nec addeefis deit? tifèi $ neeprofperis datum. Minime vixiffe p?niteat,aut mori. »•iv ''i Nepotes, grati animi etgo,fuj^emos dicunt honores. ATf Xk-** B 2 PE- PETRO FRANCISCO MALASPIN,£. Eo^q^nec teiiebris opesad fatietaté intéperater eruerit. NcCjq/T turpiteridanauèritad honeftx voluptatis ieiuniu*. Poli mortales tenebras^immortalo Nepotes precat luce. .xbflosridì ilÌ3uj9qc3‘i£3noi3{j£ li sdo tqtoiIìlno3 hfiVoi un. . im ■ i ;a s v 4 . "• *4 ** ♦ PETRO FRANCISCO MALASPIN JE. Qui,vt fuu Homini tribueret,fe ita alienu ab Hole nouit, Vt quod non voluntas affectarit, fed ratio dictauerit, « ovVi.ic; t. /•. J u: ri {.■■ ) c 1 J: A >-Ti C -•1 Non quod libuerit,fed quod licuerit,n5 munere coactus, , ■ . .. Sed honellate pellectus, cunctis aequiflìraè decernendo, Secum tantummodo iniuftf egerit. Nepotes iufta perfoluunt. SSJ'’»S _. t? •pyA lato de’ quali Cartelloni i sii quattro-canti1 della-'mole quadrata, i-/ quali pendenti dal Cornicione fui pii altri,che Io foflengonojtrà gli altri ornamenti, penderanno anche otto cartelle, con otto imprefe di vanj lignificati,come fegue. ni. Le quattro prime alluderanno alla carica, & vfficio, che teneuail Marchefedi Aio del Prencipe; le altre alla gloria ». che piamente li hà da crédere,ne habbìa acqtnftato elio Signore in Cielo. '* i , Laprima farà vn vaglio,ò criuello co’l rriotto..AGITAT fVT PV R-' G ET. per dmòtare, che il trauaglio, o elfercitio, che;adìduamet)te apportaua il Marchefeal Prencipe > era a finé di renderlo purgatiifimo di ogni macula. . ., n .i La feconda farà vri ìftrnmento da Ièuar gran peli con facilità , & dale fteflb, intientione di elfo Marchefe, che nelle facilità matematiche fù eminehte,co’l motto. NIL OPIS EX TE R N AE . T>i Claudiano, nel-Confi di Manlio , per dinotare, chea quefthora è indotto il- Pren cipe a fegno di non hauer piùhifogno d’ailìto eftemo. Là terza farà vn’hederaaùuiiticchiata ad vno àlIora,co’l motto* C O N-> V E N E R. V NT. Tolta parte da Virgilid Egloga J.. quoniam COnue^ nimus ambo,parte da Horatio nella fu^ poetica,oue dicendo. Natura fieret laudabile carmen, an arte . j -Quasfìtum eft. ego quid ftndinm fine diuite vena Aiit rude. quid poifit', video ingenium, alterius fic : Altera pofcit opem res coniurat amice1 < • : Et riferendo il Pierio,che PHedera.ìa quale non Porgerebbe già mai in al to,fenon indullriofamente aouiticchiandofì a quali heappoggio »lignifica la fatica de’ ltudiofi, & che l’alloro per eflér albero di Apollo, Moftra la natura inclinata alla virtù , fi è veduto quanto il Serenilfimo Prenciperapprefentato nell’alloro, habbìa di virtù acquiftato, & per fna natura,& per indullriadel Marchele lignificato nell’Hedera, predò all’alloro,creicinta. . ; ' . La quarta faranno due punte di diamanti in atto di vicendeuolmente Tvn’altro polirli nel motto, che fri gli Artefici lì vfa, col motto. IN-• VICEM EXCVLTI. Volendo dinotare ; che (è dall’opera del Marchefe è rimafo il Prencipe nelle virtù perfettionato,anch’elio Marchefe n’èrimafo dalla lode, che ne hà rrceuuto ampiamente ìlliiftrato. La quinta lari vna propagine di vite,co’l motto. ALIO RESVRGAM. Volendo inferire,»che lì come,qualunque fi cuopra lòtterra vna vite, tuttamalfaifi per farla riforgcre > & rinouarla altroue, così fpera eflò .. . Mar- « hp^JflWcrtibèdimY^ì&tOeSmim^icfejp ^-p»-I.a fti'k fatalno Alberaidi.Vliuoxkg-IiaKiiquafi fido àabptótàifajpmgL a cit neo,«*»’! motto. RECE I>À N tT VETERA . ’w fallar Sacra Scrittura , per dinotare, che parimente ditto Marchefe anfqrqhe ‘-fa i¥ato'reciro,comey«ìociffa pianta staila morféjtnttaHia è ft?tQi.infer •t f-tdcb>’l etrneo dejle file buone apiar atwlmiiper mngioaenir GÌeliC>x; > la fettima farà vn. fàfcio di teoria fepfft vnmp^to ♦ - L V X MOXI -M*A. -PerfignificarCjCije fèbene vi è ihfpral’fi/fH^tà idei dolere,per la morrò'temparale.del Marche fri tnttauiaffi deje ijajter < per certata lucè della'gforiadi elfo,cojr>e daJftunofi argojneptafffu tura fiamma. . tltmrn inno E’ottaua farà vn Cipreflb co’I motto INCONSViMPT A 1 ,Y,V E NT. A .T E i Gnidio nel quarto delle Metamorfosi »dinotando, chefiifpmifiper detto dei naturali,folo'il Gipreffonotì fente,fe non nella feorpao>ÌIf(af-lo-delht vecchiezza, cosi anche noafia per fentirlO'.lhMarch&fc» jftnon intorno a quella fpogha mordalo.-'; ' ;'ur> non • ;. ,,.T1 s*w. ' Sedeòfà! tre-Itnprefe:fi verteranno nel iprimo bafamento della itàaohin.1 ,*1 nittè in qualche maniera alludenti all’arme del Marchefe ohe figura vn I ec ne -in mezo-a tre grotte fpine, delle quali Imprefe.,otto faranno ne’ piedi Halli maggiori tutte formate.di (pine alludenti al ricetto» che fi doueua ak-Marchiefe. : mnifctift hij;p ogs na mini*, ; p Sarà la prinfttviia^x&a tanga fòtejcott motto: - N 0»N; EiXi i/A TENTI BVS IN IN SiIiftUT«.. Perche;fr come quéfta fpèiiJtoon è del-•'là fpeeièdi queRe,che ftanrìò ,'qtufiindMìbfàmente rtrà l’herJbe -nafeoò "ìkiofteftdono^hi dentro incouramétitev^mcapp'ajcdsìinon fugiàmaiif « Marchefe di qualità talesch’egli offèndette alcuno ebuinficile,ma traf-°¥àndofempre con ogni fincerità, fece a turtipalefe le qualità fue cà-•galere fche, ifafi in: afone Sìmile t ffftnaicoffc wmrfo;é VttkiRR O P R l]A N1 T I T V R . Perche fi come la fpina s’innalzayeìfinftàjoa,'’htMiondòvrtr,< aohis ' ' fmurt>!!in in>"-T fi òV'mts /• ub-rfVE la-tèrza fari vna fpina co’l motto. NON SEMPER SIN E ROSA.' Per f gnificare,che.fe'bene è la fpina fcabrofa,& puugente , non e però,? chedà lei non-na/cKaifiio tempoToatii/fima rpfa: cosi\nòh,èÙMoiuri-gore il iMarchefbvxwinoh conforme ai; tempo,pro4ucaidf*¥òatii rcifq di altrui grati,&fauoreuoIibenefici;. ' ' L* pihliiogM ftidlaffierifangue, in attadijefi^rfi :TpHi7tàpèr Kàuér impugnata Vna fpina da piùlati pungente,co l motto. CONTR A I M P VGN ANTKS PVGN AT. Per lignificare, che fi come fella offe fa qirella'mano, che ardifce impugnare vua limile h fpina tCòsf Tòpo rimali offefi , tuttj.qitélii ch'hanno ofato di contraltare indebita mente con elfo Marchefe. . iif-;;. . ! la quinta Goriv £iit fcacciatixì’ItiUM* 1Nàr-féteOpitano rieUTmperatofGmftiuiancimi rhaebtto di Fcàciai’^n no 562. & , che nel leuar l’elfercito dall’oppugnatione.à dalPafledio di Milano,dando parola ad Udirono, ch’egli patterebbe per la Città,feu-za darle alca dano, & per veder folo la magnificéza di eTa , & ciò poi ’ nonòfleruando,anzi facendo proditoria'firage. de Milanefi,fece anche . daf la morte'alPiftelfo Ildiuino, & pofcia Fi-ngiiuolb^ìèl morrò Ildiuino norttatoAzino,del quale,perche égU er-adi moke riguatdeuofi-quàlita dotato,tantali fidò AdaIbeVto,clie:Q(fendo vn'giorno in'Gampagna aHa'Gacciay-ftanco'per la fatica fraddòrm^p-tò co’l capo in grembo ad effo Azino, il quale ricorcbébole deWingiy-ria fotta al?a->Patria,& al Padre ,& non hauendo altre arme per vendicar fène,pigliò da vn vicino cd fpnglio,dicefi anche per infpiratÌQne,,& apparitione dà s^ntoÀnabtogìc^vna itingalpinà^ cacciandola a4. Ad-" alberto. • alberto,chi dice in vn’orecchio, & chi nella gote,» certo«* che lolafcjqr morto.Pel che è venuto,che la defcendenza di Azino, che chiamauafi prima de’ Marchefi di Scaldafole , fi aliata pofcia nominata de’ Mala-/pini ,& che allTnfegna del Leone habbiapo neirarme.loro accompagnatala fpina >& che anche Malafpina fi Chiami il luogo, one feguì il fatto su’l Panneggiano. : <■ > -,... L’ottaua farà vn’altra fimile fpina col motto. ET ARIDA, ET VIRE N S. Si gnificando.che fi come la fpina mantiene 4 fuo acume,tan to fecca,quanto verde,non punto,come l’altre cofe fanno, languendo: cofi anche morto e fio Mar chcfe fi mantiene viuo il rilpetto, che alla.di lui memoria fi deue,non meno dal fuo naturale,& immortai merito fo-ftenuto,cheda fuoi congiunti. Le altre ottolmprefe faranno tratte,& formate dà proprietà naturali de’Leoni, che parimente alluderanno ad alcune più particolari qualità del Marchefe. r Sarà la prima vn Leone ih atto d'e fiere vfeito dà vna folta,& afpeftre felina in v n’aperta Campagna circondato da cani,& da Cacciatori co’l motto. IN APERTO. Per dinotare,chefi come i I Leone nó cuo-pre fimnJando, ne malignamente altronde lira fua ; così anche non hi giamai lapuro il Marchefe fimular con alcuno. La feconda farà vn Leone in atto come di perdonare à perfona, che à lui fi fia con fommiifione proftrata co’l motto . VENIAM DABIT ROGANTI . ToitodaOuidio nelfexto delle Metamoforfi, oue dice. Supplice voce roga, veniam dabit illa roganti. Poiché fi come vfa il Leone di trattar piaceuolmente con chi à lui fi arrende:cosi arrchehà viètodiifare il Marchefe,con ognVnoj, che à lui fi è humiliato. La terza farà vn Leone in atto di fcuotere, & di fidamente atterrare leggiermente caftigando vno,che habbia anche lui leggiermente oflfelo có arme non atta ad apportargli morte,-come con vnabaleftra, ò altro limile iftrumento co’l motto. PR’O OR l'M I N E P AE N A S>. Perche fi come dicefi daùamralj.,<:he il Leone non fuol caftigare, chi lui hà’olfefo s fe non à mifiira dell’offefa, ch’egli hà riceuurareosi anche fece fempre il Marchefe, non eccedendo giamai con alcunoi termini d’ognì più giuftó.rifenrimento. La quarta farà vn Leone in atto di offendete vno de’fuoi perfecutori, che contra lui habbia fcoccato vnfàetta, fegliendolo fuori da altri Cacciatori,che contea di lui ariopraraimolpade, lpfedi,& altre arme d’ha- I' ? i. ìlè ' -fte’còM -ttìtmvmV&)T>-Qtf.l 1N l’hanno potuto arriuare. i . 1:, < • . . .. . i( vàu: ■ ' v Le altre dodeci limpide tra tre,coir: e di fopra fi è detto,dall f,t 2.fegni dei Zodiaco,le quali fi doucranno porre nella fonimi tàdel la machina ìm-m ed i atam dite/otto all’urna, dinoteranno la gloria che habbiamo da credere , che i! Marchefe habbia rieeuuto de’ fuoi meriti 'incielo : & faranno efpreffe nel modo, che fegue. Sarà la prima l’Ariete coi motto . POSITIS EX V V11 S . Perche fi corne non fù porto in Cielo L’Ariete , feivon dopò che fù la dii ni aurea pelle facrificata a! Tempio,.* cofi anche,falì ?ii Mar'chefe al cielo dopò d'efTerfifpogfiaìto dogai aflfetCQ tecjrgitf>, ooate ogni Chriffiano C de’ - rS de’ fare,& dopò dt hauefi làfoiataCc faertfielta'l’aurea jxclle dpflefiiè facilità al Tempio di diucrfc operepìei pbr luì molto chrilèianameute fatte. bteq Inori La fecondafaràll Toro'col motto .•''E'ilXOMilTA CER, VI CE..Per-che fi come il Toro non fù leuato in Cielo prima d efler domato nelle fari& l a ragione per la necelfirà delPvnione, chcxengahaSin fieàxii t cotp (H& l’am nià»benche mòno quello di quella rifpknda; cosi le honorate operationi dèi Marchefe hanno inoltrato fempré & compiacendo anche li ragioni ndle colè honefte al fenlò » diede fempre obedienza illcorpo^coìne meutateiilPanimaim-liior tale , So fùdaLPanima régolata ilcbripo in ni a ni età, èfife c i a foh aduno portò cotal- mèrito dell?vfiìcio fuo’,: che ffpnor imafi ambedui. vicini alla gloria . • i tl co5 Ui Ibori / ib oiifc m anna! av inai ausi La quarta farà il -fegnoidePGancró coll inottof . AD S VELI MI A R E T R O R SV M . Perche fi come fi'pollo in Cielo quello anima-Je,che camina alPindietfòi 'tosi il Marcitele per hauer caminato al contrario di quello,.che fà ordinariamente il mondo , cioè non con licen-tiofo ardimento auanzandofi innanzi» ma con virtuofa modeftia tiràrt-dófi.indietro,egli è ftata-fublitnato »viuendo, à gli honori del mondo *, i & morto,alla glòria delCiélo. ; f ’ La quinta farà il fegno dèi Leone'CoT motto . PRODÈST ET V I-CTO RI A' V ICTO .'Perche fi cornei fii premiato delPhonor del Cielo il Leo Nemeo, fe bene egli fò vinto da Hercole,folo per hauer co battendo gèneròlamente fatto ftèntartl vittoria'i'à chi dì •ieggieri fu-peraùa ogni incontro:eosì;con-tutto che fia fiato il Marchefe vinto dai la morte,che fuol fuperare ògn’vrio, perche nond imeno l’hà fatta ften-tare,hauendo contro dilei combattuto con tante-geaerqlè operationi, " v/ • ,t --------------- ~ diedi, dicefi,che hi gtoiuto la vittoria a lui,benché vinto,elTendone pero hora morendo falito al Cielo . . Lavila farà il fegno della-Vergine, co’l motto. A.'D S VPEROS. Perche.fi come la Vergine Aftrea fp giudicata degna di eterno premio, per non hatiervohito predare ilTuo confenfo a! Padre Titano, ne ai fiioi fratelli, quando tentarono dicacciar Gióue dal fiio regno, ma perche vkJHe più toftoobbandonar la Ttiàicafa tutta ]; ónd’ella rihebfce poi per benemeriterhonorato luògo ip Gielo i cosi-il'-Mafchdfe è fiato 'fatto degno della gloriai ce lede., per non ehaùert voluto in tefraaccon-fentire à chi ribellandoli da ibioiJtioueùa'ahiiicoti grani peccati la guerra. ... la: feteima fari il fegnodellalibra Vguale'-eòl Tole hel principio d’etTo , & - co l motto. N O X CLARO AEQV A1 T A DIÈ I. Perche fi come quando le ftelledi qneftò fegno della libra fi VèggOrto pari in Cie-tìo,è inditiojche trottandoli il'Sòte nefprincipio di elfo fegho, fa pareggiar la notte al giorno : còsi h auendo it Marchefe fin da principiò del ìlio libero operare haunto Tempre il Sot:di giuftftià auanti gli occhi, hà vguagliate le bilancie in modo, che s’egli è viuuto Tempre da Caua-glieroCbriftiano, talee anche gloHolamente morto- \u. '■/ '] I/òttaua farà il fegno dello • feotpaone co'I motto . O RI O N E PEREMPTO. PercheficoìitocfiidaGiouéaifimtoin Cielolo-fcorpio-tie per hatiervccifo Orione) ohe iivantàua, che nato ntvft forebbe>amv ridale: in terra,.& cut e giri mfidiancLo nonapportafie morteicosì hauendo -fuperà'to il Marchefe,&ìvccifo;in fé fteflo borione dell’appetito fenfuà-4e,che Tuoi ivaiitarfi dii dinrimferedgm*!» ò appetito ritgtoneuòle, egli -riè fiatò premiato ìinGiefoO oir/ifi .>4 A, ine!.-vlontPit.'! .M pu*l3:q La «onà farà il Tegnodel.Sagittarìo ,'cò’f motto l 'I N S T R VCIÒ A-’ CHIE LE. Perchè fi com efù affluito: Chironé al Creld, ilòti» # légno: del Sagittario dopò di: haiier e addòrrlnato, & ifirutto Achille-« così dopò'hauer il MarChefeTattò* fl S'erèfiilfimo Pfétldpè cón-dott«', Tante »& pie ifiruteioni vn nuoiiò AChiile, aUtlTCgli-c? fiatò fubliraito al Cielourii: >j omFfì'ur.o'l A .-jiimgnba ioanr-Bi'.ft^qmoror. -il i.Ib La decima farà il fegno deTGapricòrno’Cò’lpiortòi - NOVA PÓRM A S;A L V TE M ; ' Perchtti‘fi> avtičdttčM1 fcheWtWmartdbri -šTcuiii Dei ad vn conuito in Egitto per ifeampare daTifeo gigante loro inimico, chi in vna,& chi in vrialtra forma cangiando rafpetto,prefe il Dio Pane forma di mezo capra, & mezopefee, la quale come daGioue, più dell’altre gradita fu tolta in Ciclo ; così ritrouandofi il Marchefe à ' qucfto -fiatatdù»oftrariónode propri j: Cod ella fù accompagnata ancora da grane, & foauiifimo concerto armo-nicsb’deHa più.fcelta tRufisftdd^i^^t^ciBi-pwrfiftefutóho la mèf- I far, &ìatoe ;i>ropqrtiqi^ate-fivitioni della. Qhiefa & perfidiane' iblei* idratò*- • -•»! emagtji ov1iTr.b fi *»qoi ■ oi• ::. • a iStan ■ » r • u > alaupsl ^titaqoswB 5&e67qK2oa3Bt iixai i*t©T t - .'t fioÌKtÀUOlih dei ; obO ni wiot : ') oibnp ALLA SANTITÀ Di Noftro Signore VRBANO OTTAVO cono léX'ìtyewtfìone ‘V’ .intTòiusf/2i ■oi.i..-Lpiì Dtk'TjumiitJJimo ye diuotiffìmò (ho (trno Maeftro Cherubino Ferrari da Milano Teojdgo Dottór^Carfnelk^tf.V wiiU : :.>■/ In Milano, Nella Rcg. Due. Corte,per Gio. Battito Malatefta Stampatore Regio Camerale. t , __ •____yjy Imprimatur? Fr.Francifcus Carcnus Lc&or Theologus Vicarius S. Inquifitionis Mediolani. Fr. Aloyfius Bariola Auguftinianus Confultor S. Offt-nj pro Illuftrifs. D. Card. Archiep. Vidit Saccus pro Excellentiis. Senatu. i \ ;,C - < #♦'; ; ' iRarj;^ •-?> /; . y~ x-r : \’X ■ i s* C ALLA SANTITÀ Di Noftro Signore VRBANO OTTAVO congratvlatione . A pellegrina fama,che d’ogn’intor-no vola, e l’honoratiflìmo grido, che in ogni parte s'ode delle gloriole doti di VoftraSantità, di cui fi fentono rifuonar mill'echi in quella gran Città Metropoli della Gallia Cifalpina,e Regina deirinfubria Milano. Il gran rimbombo della giocondiflìma , e lietiflìma nona della voftra Creatione. Il giubilo vniuerfale di tutto il Chriftia-nefimo. L’allegrezza particolare, ch’io ne Tento. E il dolce fufiurro dcll’Api, che nel celefte campo dell’Arma voftra vanno liete, e feftofe volando, m’inuicano ad entrare nei fioritifiìmo campo de* vo-fìri gran meriti,e quiui da i fiori delle voftre più pregiate virtù delibarne il meglio, e formarne vn mele. Et ecco, che ad imitarle pur mi fono accinto.Entrano TApitaThora ne i campi, oue dalla Natura fpar- A 2 fi i fioir varij ricami , « tallora nC i giardini , oue da maeftra mano piantati fanno bella vifta , c leggiadra profpfettiua à gli occhi nojtri cento, e mille fiori ; e benché tuttiparc , che le inuitino à potar’il piede nelle fue foglie,e cacciarli nel fuo fieno la fame; con tutto ciò non accet-tano,ne rifiutano coli di Albico gli inuiti; ma girandogli intorno li corteggiano, li vagheggiano, gli odorano, e lentendo in elfi le fragranze, le dolcezze, eie fioauità defiate fermano il piede,piegano l’ali, aguzzano l’ago, ne dehbanoil fugo, e ne formano ifaui ♦ Ape farò io , e fe bene girando gli occhi nel gran campo delle voftrefìoriuffime virtù, pare, ch’ogn’-vna di loro m’inuiti àtrarne il dolce humore ; nondimeno à quelle fole m’appiglierò,che fpirano maggior fragrantia , e fpargono maggior fioauità , Sò , che quella è imprefia , che di gran longa eccede le forze mie . Sò , che à gli homeri miei è pelo maggiore, che non è il gran fallo à Sififo, il mónte Etna ad Encelado,e l'ampia mole de Cieli ad Atlante; ma sòben'anco, che Voftra Santità condonando al mio poco potere con occhio benigno mirerà il molto volere. Mirerà non quello, ch’io dico; ma quello, che vorrei dire . Non la lingua; ma il fi formanti il cuore .Non lo ftilc; malanimo- Non l’opra ; ma il defio- Non l’effetto; malaffetto; pofciache fi come fénl'arte m’allegro, c cògratulo con V- Santità; cofi anco fenz’arte s’ifpiimcl'Oratione mia. E s*el-la non isdegnò d'vdirmi à predicare nel noflro Capitolo Generale di Bologna,-dicuifù Prefidente , e di gradire alcune mie Poelie,die le donai ; perche deggio dubitare, che no fia per gradire altresi quelle righe, le quali in fegao d’affcttuofa riuerenza , di riuerente gioia , edigioiofa congrarulatione le confacro ? Con quella fpemedunque quafi Ape in-gegnofa, me n'entro nelcampo fiorito delle voftre glorie-Et ecco, ò che bel fiore nel primo ingreflo mi s'apprefenta auanti » Quello, ò Beariflìmo Padre, e la Patria voftra FIORENZA degna di cofi bel nome . Fiore d’-IcaliajSpIendore d'Europa; ferenìffima Sede de Pré-cipi; feliciflìma Madre d’illuftri,e pellegrini ingegni; fecondiffima Genitrice di lettere, c d’armi; fortuna-tiflìma Nodrice d’Heroi; Albergo delle Gratie.Stsu za delle Mufe . Tempio d’Apollo.Reggia di Miserila. Teatro delle feienze , Seminario delle virtù « Academia delPAcademie, e Mufco del Mondo. Patrii dotata di tutte quelle grandezze, che in yna Città fi fogliono defiderare . Città grande, &infi- gne gnepcria grandezza del Fondatore, per Tantichu tà, pel fito, per la clemenza del Cielo, per la temperanza dell’aria, per la copia dell*acque,per l'ha-bitatione ficura , perle forte mura, per le inefpu-gnabili fortezze, per le fpaciofe Urade, per li mac-fìofitempij, per li Tuperbi edifici], per li ricchi palagi, per le fabriche altere,per li portici,per le piazze , per quei eccellentiPerfonaggi, chein eflafio-rirno, e fiorifeonoj e per le Tue fegnaìate famiglie , fra le quali, fe Iddio hauefle pollo Voftra Beatitudine in libertà di far feelta quandofù per nafeere, io credo, che non haurebbe, eletto per fangue paterno altra Cafa, chela Barberina , e per materno altra,che la Barbadoria. E da quelle volle il fommo Facitore, che Voi Beatilfimo Padre nafcefte, accio-che allo fplendore de voftri gloriofi Aui ornafte Voi flelfo di raggi di virtù, e poi con larga, e prodiga mano glirédefteper raggUucidiflìmeStcIle , e lere-niffimi Soli. Hebbe la Cafa Barberina in ogni tempo foggetti di gran qualità , de quali fi feruì la Patria in mandarli Ambafciatori à Pontefici, e Regi ; e fra quelli ci furono due Franccfchi eminentilfimi foggetti. 11 primo de quali, già trecento anni fono , elfcndodotato, oltre l’integrità della vita, d'ogni dottrina fune ipiùgraui affali electo dallaRepubli. ca per Tuo Oratore. Il fecondo fu gr andiamo Lc-gifta, il quale hauendo in fe (ledo vnitii beni dell'-animo con quelli del corpo, edi fortuna,fù da tutti Angolarmente (limato,&in particolare nella Corte di Roma, oue foggiornò per molto tempo . Molti altri Perfonaggi potrei annouerare, le virtù de quali , quafi linee nel centro , furono ridotte nella di-gniflìma Perfona di V. Santità , la quale infino ne primi anni diede chiariflìmi fegnidi tanto eccedere, e fuperare in valore li Tuoi Antenati, quanto la Ro-fa eccede il fuo fpinofo delo. Il Fiume reale il pic-ciol fonte,da cui fcaturifce.il candido Giglio l’her-ba, da cui nafce.il Frutto la pianta. l'Oro la Terra. I Coralli le radici, e le Perle le Conciligliela cui so generate. CifuvnterzoFranccfco,ilquale fi come fù herede del nome de fuoi Aui ; cosi fu herede delle loro virtù. Quello, mercèdelle fue rare qualità, fù dalla Patria molto riuerito, da Roma gradito , e da tutti vniuerfalmenre (limato, e pregiato. Quefto fù particolarmente per l'alto fuo valore fa-uorito dal Sommo Pontefice Innocentio Nonoj onde fù Rcfendario dell’vna, e l’altra lignatura, & hebbe molt’alcri honoratiflìmi carichi. Quefto amò Voi pargoletto fuo Nepote,come proprio figlio ; perciò infin dateneri anni fecovi volieinRoma 5 quiui quiui Valleuòjquiuiv’ammacftrò, e quitti vincami, nò fi bene nella Urada delle virtù, c'hora vi vediamo falito nel maggior grado, e nel più eminente feggio del Mondo. Ma che dico io, che v'incarnino? Se Voi da Voi fteflo lenza, ch’altri v’ammaeftrafte ponefte il tenero piede nell’afprO) e duriflìmo fen-tiero della virtùj e fofte e Maeftro, e sferza, & ef-fempioa Voi medefimo fenz’altro aiuto . E fe pur quello vollro Zio vi fù d’aiuto, dirò, che s’egli fù l’Idea, Voi folle il Modello , S’egli fù.Ia Figura,Voi folle il Ritratto. S egli fù la voce, Voi folle l’echo . E fe in lui le Grane, & le Mufe fecero il primo choro, in Voi fecero il fecondo . E quello, ch’è degno di molta confideratione, è, che nela bellezza del vo* Uro ingegno, ne l'acutezza del vollro intelletto vi refero mai altero, e gonfio; anzi ogn'hora più vi moftrafte manfueto, e benegno, conofcendo ogni dono dal fommo Facitore. E quante volte ergendo gli occhi al Cielo dicefle.Se la Terra nella ridente, e vaga Ragion di Primauera riceuendo gli influiti dal Cielo, Stornandofi il manto divaghi, e v^rij fiori in legno d'animo grato indrizza al Cielo^jjqi me-defimi fi ori, e quelle ifteflfe bellezze, ch^,j5^gè de Tuoiinfluflì, produce. Perche nondeggj^i^ jijca* nofeere ogni gratia dalla cortefe maupà^^fo- le uahdò mi Icuandot»] dalla Terra ergermi al Sereniamo Cielo delle fuegratie, e rendergli gratie delle tante gra-tie riccuute ? L’elfer'io nato di nobil fangue , e di parenti copiofi di beni di fortuna c fauor diuino ; * ma picciolo è lo fplendore, che da Tuoi maggiori fi trahe , fe non vi s’aggiongono i raggi delle proprie virtù, JN'jh cenfhs, necopes, nec clarum nomen Attorti. Sedprobitas magnos, ingeniumejyfacit • Scrifle Ouidio. E Dante Fircntino diife Che Sol chiaro e colui,che per fe splende • Conofcefte, che la virtù è vna certa , immobile, & immortai polfeflìone, che à viui, & à morti vgual-mcntc rimane propria, e che di quella intefe il Dio de Filosofanti Platone, quando interrogato quai beni acquiftar fi doueuano à figliuoli, rifpofe.Quel-li, che non temono ne tempera, ne venti, ne inon-dationi de fiumi, ne forza d’huomini. Et vn’altra volta dille, che le ricchezze, le quali fono Signore del Volgo, non erano degne ancelle, e fchiaue della Virtù. Quella valorofiflima Dea nelle cofe auuer-fe ci rende collati, e forti, c nelle profpere modelli, c téperati : Quella donaà giouani Sobrietà,e rifpet-to:à vecchi confo!atione,e ripofotà poueri r cchez-ze, & àricchi pretiofi fregi. E pei lei fola gira Énfi damo damo la ruota dellavolubil Fortuna. Si die quelf*-honori, e quella gloria, che s’acquifta > mercè della virtù non può elfer leuata da qual fi voglia cofa . Che ne fuoco, ne ferro k virtù nuoce. E quella gloria èimmorrale;pofciache febene muore il virtuofo, viue nondimeno nelle memorie, e lingue de pofteri, i quali mirando , & ammirando la di lui virtuofa vita; leggendo, e rileggédo i Tuoi Com-ponimentiglidanno mille lodi, emillebeneditioni; e dalle fuc ceneri, quafinoua Fenice, ne nafee la gloria. jPofi obitum benefaffa manent ,&ternaty virtus ISFon metuitJijgijis^ne rapiatur aequis* E quando il virtuofo par chiufo in vn'angufto fe-polcrojvola al Gange;alTago5airindo, al Mauro . E quello, che più importa, quando lafeia la grauofa falma alla Terra, l’alma veloce fe ne poggia al Cielo àriceuere il premio delle fue virtuofe fatiche, le quali non fono premiate con vn ramo d’Oliua,com’ erano i vincitori ne giuochi Olimpici : Non convn ramo diLauro,comene’Pitij. Non con vna fronde d’Apio,come ne Nemei. Non con vn ramo di Pino, comene gli Iftmij fma co corone immortali ingemmate di ftelle. Hor tutto quello confiderando Voi prudentiflìmo giouiteito v’accingefte ad apprcn- - dere dere ogni virtù,e morale,^intellettuale . E nel primo luogo v’applicafte allo Audio di varie lingue, Se olìcruandole belle deferittionile vaghe fimilirudi-ni,Tornate comparationi,lo ft d'eloquente, le polite figure, e le gratiofe maniere del dire diuentafte così eloquente, che mouefte gli affetti, allettafte le volontà, fpronafte 1 cuori, accendere i petti, volgefte gli animi, fenile, fanafte, turbafte.quietalle,offendette,dilfendefte, lodafte, biafmatte, fuadefte, dif-fuadefte, 8t infomma confeguifte mai Tempre del defi derio il fine . E ben dimoft rafte e (Ter vero, quello, che il Padre delTeloquèza fende, cioè, che fi come il principarornamento deH'hiiomo è l’ingegno 5 così il lume, e lo fplendor dell’ingegno èl’eloquen-za . Ma per lodare la voftra eloquenza mi farebbe hifogno delTifteffa voftra eloquenza . Più oltre . Sapendo voi di'quant’vttle è l’iftoria,ch’ella inftrui-fee la vita citi ile, edifica la fpinruale, illuftra la dottrina della fcrittura , gioua à conofccre l’antichità Ecclefiaftiche , aiuta la prudenza , accuifce l’intelletto , accrefce il difeorfo , infiamma gli animi alle virtù,li rimoueda i vitij, eterna i letterati, confola chi legge, recrea chi afeofta ; e fecondo le cofe, che narra , moue gli affetti dell’animo, e gli accende ad opere alte, & illuftri, Voi vi dafte à qucfto B 2 bel- bclliffimo ftudio delle ftorìe 5 ma conpartieolardi-letto poi à quello della Poefia,fapendo,ch’ella fu da > " gli antichi trouata, accioche à Dio Sommo Facitore, e Conferuator del Mondo fi rendeflero le douute grarie, chiamando con l’armonia del dir poetico gli huomini à fargli honore, & ad imparare il vero cul-tojpoiche la Pocfia alletta,molce,c dolcemente ra-pifeejonde ne nacquero gli hinni di Mufeo, di Lino, d’Orfeo, e d'altri ; & che quefta ftudiofa maniera di lodar Dio con la dolcezza della Poefia fù o (Ternata anticamente nel Popolo d’Ifraele, e fu in tanto pregio,ch’Efaia fcrifle in verfi le fue Profetie. Salomone i fuoi libri. Geremia i Tuoi lamenti. EdRèDa-uide auampando d’amor Diuino fi diede à cantar gli alti fecreri di Dio . E che nella Chiefa Santa ogni lode di Dio,di Maria, ò de Santi èingémata di qualche Poefia . Cosi le Sibille fcrifte.ro i loro vaticini; in verfi . Il che confiderando S. Agoftino difle,che i Poeti furono anticamente Theologi; pofeiache diurnamente cantarono le lodi di Dio . Et altri gli diedero il titolo deSacri,come Ouidio . oAtfacri Vates Diuum cura vocamus» Lucano Ofacer, & magnus Vatum labor• Ma Ennio con maggior titolo li chiamò Santi, come quelli, che fono dalPaltilfimo dono della Sapienza Diuina Ditiinacopiofameatearrichiti. E Platone li chiama Interpreti de gli Dci;dicendo,che i nobili Poemi non fono humane ; ma celelliinuentioni. E fé mai ad alcuno fi diedero mcritamétequeftì titoli, e quelle lodi,certo,che fi doueuanoinfin nel fiorito Aprile de gli anni àVoftra Santità; effcndochc i Componimenti Poetici, che nacquero dal vofìro feliciflimo ingegno vi moftrarorono al Mondo c Theologo , e Sacro,e Santole Diuino. Et io lo giuro, che quando , effendo Voi Prefidente nclnollro CapitoIoGe-. nerale in Bologna mi facefte gratic d’alcune voftrc Poefie reftai à me fteflo rapito da i foggetti, dalle forme,dalle fatezze,dalle maniere noue piene di lumi,di fpiritijdi viuezze,dalle vaghe figure, dai leggiadri contrapofti, da i pellegrini concetti, dal gra-tiofo ftile , e da indi fin’hora hò Tempre con verità detto, che il maggior ingegno dell’età noftra era I' Illuftriflìmo Signor Cardinale Maffeo Barberino. E per Papere d’ogni fcienza difcorrere,profondando-ui col voftro profondo ingegno infin nel cétro della Terra, cercafte Papere comedian nafcofte le miniere, cerne fi facciano le mifture de metalli, come fremano i vénti,come fcuotano i terremoti, come fca-tirrifcano i fonti. E fopra d’effa peregrinando an-dafteinueftigando eomc corrano ifiumi, mugifeano i mari, imari,inondinoitorrenti:comelaTerradipefoIni ' credibile in mezo all’Aria fi (ottenga: chi le hà com-paginatoil corpocon porfidi, e marmi in vece d'offa , e le vene di lei,quafi di ricco fangue,hà empito d* argento,e dororchelericamail manto; chi la riue-fte ogn’aono; chi le infiora le treccie, e ghel’imper-la; chi pinge le Rofe di porpora, i Gigli di latte , e ie Margheritedi minio,e d’oro . E pattando dalla Terta al Mare cercafte fapere;perche fia amaro,perche falfo ; ond’habbia il flutto, e reflutto; come fia sì fiero,e poi vn poco d’arena gli fia argine, e freno * Chi l’hà arricchito di perle,e di coralli: chi ghpofe dentro tanti,sì varij,ediucrfi pefei - E formentando in alto procurafte fapere come nell’Arra fi forminole nubi,come nel mezo loro frano nafeofte le pioggie > oue ftiano le neui,le grandinile brine; ond’efeano i tuoni,fcocchino i fulmini.ardano i. lampi, come apparivano le crinite fielle,e raltrcimprettroni: aeree, e dei Cieli quante frano le sfere, e quanti i moti.Che più? Com’Acquila altera (degnando la Terra non foto v’apprefentaftc al lucidittimo fpecchio del Sole ; ma lafciando à dietro e Marre, eGioue, e Saturno,e gli altri Ciei: penetrafte infin nel CieH&npireo albergo del grande Iddio ► Pa(fatte dalia Ettofofia. atta Theologia,da i dubij alla certezza, dallemen- zogne 'fcognealte verita , e dalle cofe humane alle diuine » Confiderafte, chela Retorica fcnza Dio è adulatione,# inganno. La Logica fallacie,e bugie . La Mu-ficalafciuia, evanità. La Geometria vn mifurar’i fiuoiftenti. L’Aritmetica vn’annouerare i Tuoi affanni. L'Aerologia vn lambicarfi ilceruello. La Filofofia vn perdere il tempo, e da fe fteflo impazzirli. Conofcefte,che dobbiamo attendere à quella dottrina che dtuinitus infiirata vtiiis eft ad docendum,ad arguendum,ad corripiedum, ad erudiendum in inflitta, vt perfectusfit homo cDei ad omne opus bonum. Conofcefte, che Ja Filofofia è faenza del Mondo s ma la Theologiae fapienza di Dio . La Filofofia è cognitione naturale,ma la Teologia fopranaturale, e Diuina . La Filofofia s’appoggia al fenfo- La Theologia alla fede. La Filofofia infogna quod capis,quod vides. La Theologia quod non capis, quod non vides animofa firmat fides * La Filofofia bifognaintenderla per crederla. La Theologia bifogna crederla per intenderla. Et nifi credi deritù non intedigetis. La Filofofia fecondo Clemente Alelfandrino è vn Prometeo,che ruba il fuoco dal Cielojma la Theologia è vn Vulcano, che glielo mantiene. La Filofofia, fecondo Gregorio Nifleno, è la ficaia, che vide Gia-;>• y'sT ' cobbe, cobbe,la quale arriuaua dalla Terra infine al Ciclo; mala Theologia è la porta per cui s’entra à Dio * Conofceftc finalmente , che la Filosofia viene dal Mondo,tratta del Mondo,e torna nel Mondo; ma la Theologia vien da Dio, tratta di Dio, e ne conduce à Dio . Ha Dio per principio , Dio per (oggetto , e Dio per fine. Però con ogni diligenza v’impiegafte in quello altiffimo Audio , come anco nella lettura de Sacri Dottori Greci,e Latini, e tanto profitafte,e tanto inamorafte il Mondo del voftro valore, e dell’ integrità della vita , che in età, la qual non per anco giongcua al quarto luftro , fofte fatto Prelato , indi dal Sommo Pontefice Siilo Quinto Referendario , e d’anni ventiuno mandato da Noftro Signore Clemente Ottauo Gouernatore àFano. Taccio di dire iant'altri honori,che,mercè de gli alti voftri meriti, vffuTono fatti -. Taccio , che ritornando la Città di Ferrara alla Chiefa fofte eletto à formar l’inftro-mento del pofleflò, e parimente quello delliSpon-falitij del Calholico Rè di Spagna Filippo III. con la Regina Margherita . Taccio, che I'ifteffo Pontefice vi FacefTe Votante dell’vna , e l'altra Signatura , e Chierico di Camera. Taccio,che il mcdefimo v’an. nouerafle fraiDepuciti della Cògregatione de B*. roni, e Prencipi,acciothe pagaflero li loro debiti* Taccio,, Taccio,che In compagnia diMonfignor Aleffandro Lodouifio voftro Anteceffore nel Pontificato an-dafte a trattare della giurifdittione, e confini à Be-neuento, Taccio,che nei più graui affaridella Chie-fa fofte mandato e Comiffario, e Nuncio ordinario , c ftraordinario à Prencipi, c Regi. E lolo dirò quello fi e(To, che dille il Sommo Pontefice, quando vi creò Cardinale,& à guifa d’Echo rifuonerò le mede-finie parole. E che dille? Dille, che e per chiarezza di fangue, e per fplendore di virtù, eper grandezza di valore, e per ampiezza de meriti, e per Ie*molte vigilie, efaticheda Voi abbracciate per feruigiodi S. Chiefa meritaui d’efler’inalzato al grado di Cardinale, eperciòCardinalvifece. Hora fatto Cardinale fofte mandato Legato à Bologna, oue quietartele guerre ciuili, e confolafte tutto quel Popolo, prouedendo con tanta prudenza, e benignità à fuoi bifogm. Quiui à tutti vi rendefte amabile, mercè che nelfanimo vi moftrafte religiofo , nell’intelletto faggio, nella volontà buono, nel cuor magnanimo, nelle paroleverace, nell’attioni giufto,ne i fenfi temperato, nel premiarprefto, nelcaftigarnó lento,nellafcoltarcortefe,nelrifponder piaceuo-le, nell'ordinarmanfueto, nell’operar maturo, efiJ tiàlmente in ogniparte compitiffimo.E di tutte que- ' C fte fte voftrc rare,e fegnalate qualità ne fà infieme meco ampia fede la Congregatione noftra Carmelitana, pofciache facendo il fuo Capitolo Generale neH’ifielfa Città di Bologna l’anno- i c pio , non fermandomi nell’efteriore vi penetrai nell’animo, felicilfimo albergo delle tante virtù fopra accennate; e fra me fteffo dilli; Qui non fi fermano le grandezze di que-ftogran Prencipe; ma falendo per li gradi de’pro-pri j meriti fpero vederlo nel più fublime feggio del-laChiefa.Et ecco adempita la mia fpeme, cildefio; onde tanta èl’allegrezza, eia gioia, ch’io ne Tento, che, non ballando per capirla il cuore, è fiato forza , che, quafi inondante, & impetuofo torrente fgorgalfe dalla bocca mia nel campo di quella Oratione . Vn fauorfegnalatoriceueiioalhoradaVoi cor. tefilfinio téfiflimoPrécipe, che tacendolo mi parebbe di pec* car d’ingratitudine,c fu quello; che douendoio andare à predicare nel Duomo di Torino vi compiacele d*accompagnarmi con due voftre lettere di cal-diflìma raccomandatione, vna à Monlìgnor Arci-uefcono, e l’altra à Monlìgnor Nuncio.E fi come di quello fauore ne ho Tempre conferuata viua memoria-, così ho Tempre pregato per la conferuatione, & cfialcatione voftra . Dourei hora Tcorrendo il gran campo delle voftrclodi, continuar Tofiìcio d*Ape,e delibare i fiori dell’altre voftre virtuoTe, e Tegnalatc qualità. MaToIovuò dire,e breuemence per non trattenere V. Santità, di quelle che fi ricercano in vn PrencipeTopremOjle quali mirabilmente Tplen-donoin VoftraSantirà.GioèScienzadi gouernare. Giuftitia con tutti.E Carità verTo i fudditi. E certo non vi è alcuno , cui maggiormente ficonuenga la Capienza, che al Prencipe, douendo con la dottrina Tua giouare à Tudditi. Onde Platone chiamò Telice quella Republica, nella quale ò i FiloTofi regnafle-ro, ò i Regi filoToTaflero.Et è tanto neceflaria la co» gnitione per ben gouernare, che Salomone per reg« gere il Popolo àlui commefio non addimandò altra coTaàDio, cheta Tapienza.Etegb fteffb parlando à Prcncipidifle. Diligite lumen fapicm 'u omnes > C 2 qui quipraeflis Populis •£ quelli fono veri Preti cip!; dice S. Gregorio ne* morali. Qui magno confilij iudttiofuts cogitationibusfemper principantur , omne/qi ftultos motus potevatefapientu comprimunt . Però effendo certo il Sacro Conciftoro della vottra Taggia, e temperata maniera di gouerna-re, & hauendo in più occafioni efperimentato il fen-no, la prudenza, e l’alto voftro valore non è meraviglia fé con applaufo vniuerfale v hà dato nelle mani il Regno del Mondo . L’altra virtù, ch’io dico conuenirfi al Prencipe, è quella che il Sommo Sol di giuftitia impofe à fuoi Vicarij, Semidei,e Viceregi in Terra, dicendo. Di-ligite iuffitiam qui iudicatis terram - E vaglia à dir’il vero la giuftitia del Prencipe è la pace del Popolo, la diffefa della Citpà, l’immunità de poueri, la cura delanguidi,e l’allegrezza delle genti.E quefta giuftitia (ì deue apprendere dal gran Giudice Iddio, che perciò diceua Homero i Prcncipi efler difccpoli del fommo Gioue, douendo da cfl'o imparar la Giuftitia ne’ gouerni de Tuoi Regni. Il Prencipe de Fi-lofofi ditte nella Giuftitia contenerli tutrele virtù. Nell’Etilica à Tua lode fcritte. Pr&clarijfìma virtutum eH tuffiti a, neq\ Hefperus i neqi Lucifer eff ita admirabilis. Nella Politica. Sine iuffitia ìmpoffibile efihabitanCiuitatèm* E nella Topica Infitti a Regentis efi utilior fub diti s.quarn ferii -litas temporis, He ìJ Padre dell’eloquenza la chiamò Regina di tutte le virtù, tuffiti a hac vna virtus fola Domin a omniumRegina virtutum. E fé mai alcun Prencipe con cari atnpleflì, e dolci abbracciamenti fé laftrinfe al feno , certo ch'è V-Samità;pofciache tutto ciò, che fa, che dice , e che penfa è dalla giulìitia regolato, contro cui mai non valfe rifpetto di perfone,veleno d’odio,fuoco di fde gno, ghiaccio di timore, promeffe di doni, ò incanti di luGnghe, mercè, che V,Beatitudine Teppe molto bene ciò, che fcrilTe Caffrodoro . Iu fistia noti nouit Patrem,non uomt JMatrem,veritatem nouit > perfonam non accipit, Deum imitatur • Refta che della carità verfo i fùdditi,notabil fregio di chi gouerna, bora fauelli; poichécomJè fcrit-to ne’ Prouerbij. Leorugiens, & Vr/ùsefuriens Princeps impius fuper PopulumJB. certo nò cor-rifponde à fe fteflb quel Prencipe, il quale non è benigno, e cortefe, eflendoche dice Seneca,che Ala-gniantmi proprium efi placidum effe in yn al- tro luogo, Tales Ciuibus(eprabere debent, quales fibi Deos effe volunt • Quelli animali alati, che vide Ezechiele, dice; che fotto Pali haueuano le mani mani cThuomo.ilLeone, ef Aquila non fiaueuano gli Artigli per rapire, e far pred a joule mani d’huo-roini. Hor quello Leone, & Aquila, che fono Pren-cipi delle lor fpecie accennano, dico io, i Prencipi, cSuperiori dellaTerra, c*hanno l’alij perche vola-« no (opra gli altri . Quelli non deuono hauer I’vn-ghie, e gli artigli per rapire, offendere, e sbranare ma le mani d’huomini, cioè effer’humani, e pietolì • Nell’Arca infiemeeon la Verga fu. ferbàta la Manna. L’Arca,dico io,è il Prencipe,la Verga èia poterà , ch’egli tiene fopra i fudditi ; ma quella Verga deueeffer'accompagtiara con la Manna della clemenza, e benignità; e la principal lode de' Regi d’-Ifraelecra la Cfeméza. Reges Ifiael clemetesjhnt« E conofcendoil moralilfimo Seneca,chequella virtù è vnnobililfimo fregio àPrencipi,ne fcriffe vrt libro à Nerone Imperatore.E certo non è cofa, che più rapifea gli animi, ctiri à fe i cuori de fudditi,che la clemenza, e mercèfua fi llabilifcono, e fermano iRegni. Roborabitur clementia tronus Regis è fcritto ne’Prouerbi;. Perciò il Re Antigono diceua, che la beneuolenz a è vn fortilfimo fondamento def-rimperio, & vn felici filmo foccorfodituttele cole. Anco il Rèdi quell’Api, che volano nell’Arma vo-ftra^òBeatilfimoPa^r^fcriuono i Naturali, ch*è Lenza fcflia veleno, e morfo, E per moftrar la clemenza del Précipeildottiflimo Alciatoformò ne fuoi Emblemi vnvafodentroil quale PApi fanno il mele, moflrrando il fuo Rè efler m aggiore, e più forte 5 ma però fenza l'ago pungente -Vefparum quod nulla wnquam Rex'fottuta figet^ Quodq\aUjs duplo £ or pure maior erit, Arguti imperium clemens, moderat aque regna , Santiaque iudicibus eredita tura bonis - Ma, e chi nou sà , che V. Beatitudine con ogni dolcezza, e cortefia tratta eo’i fudditi, lontano da ogni inter elle, fublinia i virtuofi, protege i buoni, abbraccia i letterati, fauorifee imeriteuoli, condona le fragilità, condanna le iniquità, non afflige, od angufta ifudditismagli foccorre,e aita- Hà ben dunque giuda ragione e Roma,efltalia, e l'Europa,e tutto il Mondo di gioire, e fefteggiare nella Creatione di V. Beatitudine, Si fi gioifea 11 Mondo tutto, hor c*hà vn Pontefice, il quale non farà da intemperanza corrotto,cflendo moderato • Non da inefperienza ingannato, cflendo maturo « Non da leggerezza voltato, cflendograue. Non da malitia guado eflendo giudo. Non da ignoranza acciecato , cflendo fapiente. Non da viltà d’animo inchinato, cflendo collante« Vadino - ■ *4. -*%«• * * >\_ Vadinopur cento, emill*aItriformadofi, eriforJ mandofi nel concetto àlor voglia con regole de gli Autori,, e con gli eflempij delfHiftorie l’Idea d'vn Pontefice dotato di quante eccellente hebbe mai la Natura in fieno, Stornato dall’Arte di tutti quei beni , che per lei fi poflono confieguire, che al ficuro non fapranno fingerlo, qual vediamo efler’il noftro Pontefice VrbanoVIII. Gioifica il Cielo veddendo efler fatto Vicario di Chrifto in Terra vno,ch"è mag gior d’ogni e (Tempio,d’ogni regola, dogni efipetta-tione,d’ogni fiperanta, d’ogni defiderio, d’ogni imaginatione, miglior de gli ottimi, e maggior de' maflìmi. Gioite voi, ò feliciflìmi, efortunatiffimi Gonfioni Antonio Barberino, e Camilla Barbadori, hor che vedete il voftro figlio elfier pofto nel più fiu-blimc fieggio dellaTerra,e pregate per lui il fiommo Facitore in Cielo, com’io lo pregarò inTerra,chefi compiaccia di concedergli non fiolo gli anni di Pietro , di cui è digniflìmo SuccelTore j ma d’allongar gli anni in Iuftri,i luftriin fecoIi,e che quindi dai fc-eoli fie ne paffi à quella vita,che non haurà mai fine- Nto NELLE NOZZE DE GLI ILLVSTRISS SIGNORI IL SIG- ALESSANDRO PANICA R O L A, MI ET SIG-* FRANCESCA • IH rfj - . j * . . . j.rfii« > ( • G «« i : .. A R E S I. 4? CANZONE, ET SONETTI di Horatio NauaT^otti . IN MILANO, Appreso IacomoComo,& Gio. Angelo Nana >. M. DC. XVI I. ivi 'J y Im primatur j, Fi%Hippolytus Maria ZoqhadsXheol.ledt. Vicarius Rofse ComififariusS. Offitij Mediolani, Gul. VidonusTheol-S. Na&arij' prodlluftrifs, D. Cardi -naliArchiep. Vidit Saccus pro Excellentiis. Senatu*•«. *?* jyv*) t -M; fe is»4Ì ySJ*5-j : «s' •*« -NELLE nozze de gli ILLV SI k/“ sign.*1 Il Sig. AleEandro papiga rola,& Pignora Francofca Arefi. i ‘dwk '•vEv^’ (ancone di Horatio Tfjiua^otti. "T E l'dnìpia, de gli In fulvi, ecceIfa Reggia l ficca , e nobil Citta, che l Al ondo ammira ‘'Per gli alti tempij pei bei palagi adorni > aÀlhoEj che'l giorno- ad allungarsi afpira E feben la campagna non verdeggia eTur ci i fluitano à VzAfia, i bei foggiarmi T)ai cele fi contorni p ! J< 'Uidi fenderà terra , aurata ®A[ube In cui mille s 'vdian j dolci concenti, E’Arpe, le Qe.tr e, e le frodate T ube, Con gli angelici accenti zAccopiati, fascean, di marauìglìa Stupir , chi nel faper, meglio confglia . CMille Amocetti, in Varij groppi accolti Formauan la celefe melodia, Qhe s'vdia intorno ; e fuor del Glòbo aurato. Uidi Himeneo , che purpurato vfeia Co i bei coturni, e i crin di perfa tnuolti, E con face oue ardea , foco odorato . Erali al deliro lato, Giunon , che'l croceo velo in vnamano Tenea, e nel'atira, d'or y gemmati fregi. Seguia a lafua fniftra, non loto tatto, Co’l'cinto d'alti pregi, Jnvna man, Venere bella, e feco * Conducea Amod, 'ma non bendato} b cieco . A 2. Segri ina Seguiti a dopò quelli cApollo, e cinta ÀI collo hauea, gemmata cetra d'oro, VcHito pur di pastorali fpoglie. Con quella eicantò già, cinto d’kloro, D'zAtijdiehbeo, d’Alceo ìtd Aminta , Li ardor, la fede, el'^Amorofe voglie . QueHo ne l'ampie foglie Di fublime palagio , oue fra mille , E Dame y e Caualieri, infuoni, e in canti,, Carolando godean LÀ ore tranquille » I duo fpofi \ & (Amanti,. Qe nel Ai ondo djuagloria, il ciel vnio , Eermato il pie 3 cofi cantar $ podio.. Glorie di qucflifiegni, Alme felici Qoe de ipiùchiari .doni, onde s'ammiri Spoglia morta/ non folviueteornate : a di quanto puon dar cele/li giri 'Virtù, yfenno, e valor, qual due Fenici 5Sle i maggior pregi lòr ., qui vimofirate,, Vdite de l'amate VoSire bellezze, e de E pari à voi, di gratia, e dibeltade ,, Prole diletta 3 Gràia prole etade », Ecco Lfimeneo > che da Vaurate sfere , 'Ter ordine di Gioite è qutdifcefò fon l'aurea face, eco igemmati nodi3 fon effoèCj 'tuno, e l flauio 'velo haprefo, Con cui ornar 'vuol , le belle chiome altere De la fpofa y gemmate invarij modi. Di ciò vien , che ne godi Venore, che I lei cinto anco le porta, Che fecondar fuol l'amoro fa'vena. Seco pur fiatando fi diporta, Con la faretrapiena D aurati frali, e di sbendato tAmore Permeglio faettar , Con lo fplendor, de bei raggi diurni , Fece veder piu aperti,, Fra i Jerici Tapeti y intorno Hefi BccPalte ^[o^e, j bei gemmati arnefi ♦ Scintillò Scintillò alt bor, da begli-otdn vhiacì '■ Ilgiouinctto J'pcfo, ardenti franine Di che refiò ,l'amata fpofa acce al < ' - ' tAP a de la vida fina , vi ài, che s'infiamma cAnco egli, e già là'sfidai a dolci baci ; • ChepriggionierajAU FR (J H’ AlmA 2{ESA Ella >pur ci'Amor prefa > r\2 7\[on sà come riJpoAda^ \al dolce inulto ■ -, E ne i fofpiri, il nono àjrdor fido effallaV Cofi da troppa gioia ogii'<*on ■rapigff > •: r . Come allume jarfalla We lo fplendor fide i cériamdt'i>Vi fi Reflano ogn vn.di lor| da lor diuifi, . • . * • • * • 2 i,# ' c ' • \i * ZSotò defirali fuoi, l’aurea‘Jtiretra •■" ’7'vv * fuptdo alhor 3 ne circojhinti fieni, 1 £ al del Vittoriofo, alfi la face. Venere> e fiuno, ; begli occhi ferini Volfero a icari fpófi} ed' aureacetra t ‘ 1 ■ — Ritoccò apollo » in fuon, che l'Almesface Di gioiate guerra, e pace ° . J '■ D’amor, i cori inamoratiinàffe, Per cui congie do poi ciafcunlfi prefis. Cofi felici Amanti} a voi prefctijfe1 TSp.e levofirè contefep rc A'-. *. £’amor; co i dolci firn , foaui carmi, il tempo, il campo , t guidatori, < ranni JVj X.;\ jr /m H Vi i K \ ■' ()ilif;r/ a t’:jc\ irt. ': \u LLdt&t&f&r, :;K ’ Aufjitt zAmorene P rottubadr'rósone, r ■ Compagna ad ambii Venne^e Itile. Himeneo-fìrinfe modi y.e coir ragione J.. (jhe far daGioue eccel b, d rvdt promefsi *Ter adempir,upgiti amsrofe, hontiU. ^ìmefehiiyjedbfh • m r Aie gite d amor,deh rvifouinga, ?> , ■ Quanto Pi %tiuer human fallai, e breue . Come U Sljitfeiitprejfo tl giorno evenga, Ecome ’LumpolitHe • ~y Sen riolryen ttfitoihe&r/b, doVitOr-amti Sdegnotnc gelofia, mai non *vinganni, ' ■■'■ Vamei '***$&* t òm i dno c$l j poj: • ';-.'.ÀVA: TJ/che trSf hm » hamo in amorgUa ih* ^ .3df.kr% rfeifttt&WlfofiPPof* • ’ • •• ■' Ciiyw’tSypercheòifinm v. ; • ••_ . . '. .’v " S e tee etnujc^ ùs èovxpjp Affluir gh . à|Ùt\*hy\ fclfetW.à : V*.* *i- fcv.'^&Wì jtQ-• tO*<»'V■■' » C)«\ U J \ A niwK'V^^ à’Wf' t «».»/MŠftK >'V v.i-xwe t*Viv»W»^ v. : /,<■*;'< t.tVwV'-’ -'3' Y"ì\ .?•■ *? ; yj KVì^Im l** -‘\,v .hV . » Allo Spofo, alludendo all’Arma Pamgarola, qual e vn Ramo di fette rofe,fa mità vermiglie,e falere bianche. Sonetto. ■px El bel fiorito Ramo,.onde s adorna A-J L'infegna 'voHra, o beigradito fiore ‘Ffjlcut vermiglio %e candido colore 'Beltà gratta, e virtute in •vn foggiornaj Di Voi L'amato crìn,Etbo boggi s orna Adi flo co'1 laurobedelfoaue odore lnuaghite le Mufe,à le frefcb'bore 'Pur colgon Rofe, borxhelbelMaggio torna, rRofe,cbe fen\afptnefl Sol produce In feriti fuorché fempre al del •verdeggia’’,. Quaficontemplator, d'eterna luce. Di fette Stelle erranti il Cielfiammegg\a\ Confette Rofe, il bel Ramo ri luti* Imitator yde:ia ceìefìc Raggia. Alla Spofa,alludendo al nome,& al cognome. Sonetto , p Oi, che la bella Amarena Reina * Delfamofo Mefjandro, •vdi 7 Valore^ Per figlij batter, di fi gran (genitore luigiofinamorata pelegrina N 'hebbe il fuo intento, bor cornei ciel desiina Bolla Amatoria •voi: ma pur d'Amore, fD V» nouello Alejfandro il gran^valore Sentendo; cud'Infubria bonora ye inchina•} Con l'armi del bel 'volto, onde guerriera FRANCA ognbor fu fi e, à luipurfol +ARESA Vi fiele <■vincitrice prigioniera. Diati’ il ciel j ne la placida contefa D*Amor,quel che più 'Itor, bramando [pera, Frole graditala glorie eccelfe tntefa. ORATIONE FVNEBRE DELLTNSVBRIA Nella morte delMl.”10 Sig. Marchefe DON OTTAVIO GONZAGA. Dedicata AIl’Ul^&Ecc."10 Signor DON PIETRO DI TOLEDO OSORIO, Marchefe di Villafranca, Duca di Fernandina, PrencipediMontaluano, del Configlio di Stato di / S.M.C, fuo Gouernator e,c Capitano Generale in quello di Miiano J ì • r » ! ; IN MILANO, Nella Regia Due. Corte,per Marco Tullio Malatcfta. M.DC.XVII. Imprimatur. Fr. Aloyfius Bar iola Augu ftinianus,Confultor Satini Of-ficij, prò Rcucrcndi/s. Inquilkorc. Io. Paulus de Clericis Archipresbytei San&i Nazarij, pro iHuftrifs. DD. Card. Archiepifoopo. Vidit Saccus pro Excellentiis« Senatu • •ts-ncA .ovCT i '.IIVa.DU.Ia III.”0 Sc Ecc. 'Ffaitcr V'E-cosi gradite U latri ne, ^ c^'t0,'JParfitt(r lafinita del Si g.D on Ottauio, m ha pofto in oblivo di de- 'ha pojto m obligo dl dicarlequefia Oratione funebre da 3r? me nella fua morte. & era ra- gioneuole,che al glonofi nome diV*E. fojfe dedicata peri amor paterno,che ellafimpre ha moftrato k quc-Jlo ualorofi Duce,il qual cosi figuiualorme di K.£, come l’ombra la luce j onde mentre io le dedico quefio Componimento vengo k dedicar il Modello d'vn ('a-ualtero all’Idea, il Ritratto d’vn Capitano all'Originale, & l'Echodell'armi alla Voce. Et fifideu’~J amar lamico dell’amico V. E. dette amar me vero di lui amicoin vita, in morte, ed anco in fepoltura. Facciami dunque gratia della fua gratia,e mi tenga nel numero di quelli, che piu l’amano, honorano, eriuerifiono 5 che quella mia penna chk firitto lagrime , ed homei,horfcriuerk Le fue glorie, e i trofei, Fere he,vagli a a dir il vero,V*E* e fiata la Colonna, c hafomentata la ri putatione del nofiro Re, lo Splendore della fua militia > la gloria dellefue armi, & la Colomba, c ha apportata la pace non filo all Infiubria ; ma ad’Italia 5 ma all’Europa, fèndo che in altre parti ancofirpeggìauanole guerre. EtfLs A 1 Scipio- Scipione Africano frgloriò d'hauerfi aperta la tira-da al Cielo col fangue,e con Vvccifione de nemici, V• E. con piu degnovanto fi può gloriare d'ejferfr aperta la via della gloria, é) su Vali della fama ef-ferfi leuata verfo il Cielo a volo ; ma non voglio per hora entrar nel Capo delle fue lodi, riferb andomi di farlo nella Storia di quefla Cjuerra, ch'io v'o tejfenL do. Et contaifine le bacio le valor ofe mani. I)iS. Giouanm in Conca di Milano il di 12. d'Ottobre 16-17. D. V. E. F .Cherubino Terràri. Oratione Funebre. E gli occhi miei verfarono torrenti di lagrime per la ferita, hor che faranno per la morte ? Se il mio cuore , quali Etna,ò Mongibello, efalòinfocati fo-^ fjpiri per la perdita d’vn’oé’chio, hor che farà per Imperdita della vita ? S’io piani! veggen-dolo languidó'fopra il letto, hor che farò veggendólo elfangue fopr^il Cataletto? Se tanto mi duolfi mirando quéfto bel ramo della Sereniflìma Pianta Gonza-giaca fcolorito, e in parte incifo, hor che. farò , che Io veggo del tuttOisfiorito , sfogliato, inaridito , e dal tronco recifo £*Ahi mifera, ed infelice Insvbria, Doppo vn’horrido Vernofuol fcguirevnaridente, e vaga Primauera. E doppo vn'ofcura pioggia , vn.bel fereno >r mà al Vernò dei mio dolore, ìSc alla pioggia del mio pianta fegue maggior’ofcuritàJ& horridez-za* E tutto, colpa tua,ò crudele,ò fpietata, òineflb-rabil Morte. Dica pur chi vuole benedite, e richiami, foaue fofpiro, vfeita di prigione, liberatione d’e-figlio, termine di faticofp viaggio, fca.ricQ di gran pc-fojdifcefa da Caual furiofojfcampo di cafa ruuinofa, fugga d’ogniperiglio, fine d’ogniinfirmità , rompimento d’ognilaccio, sba'rcp di nauigatione,arnuo al portole ritorno alla patria $ ch’io ti chiamerò ftruggi- mcnto mento de’ corpi, ladra della vita,timor de ricchi,defi. derio de poueri,incerto pellegrinaggio, auuenimcuto ftrano, priuatione dell'eflere,partenza de' viui,Tonno amaro,rifoìutione d’ognicofa, cafo irremediabile, male immedicabile,terribile,horribile,fpauenteuole, forda,muta,& hora più chemai cicca . Et perche meglio tù poffi conofcere la grauezza di quello colpo, ti faccio fapere, c’hai troncato lo ftame della vita al più bello, al più gentile,al più valorofo giouine,al più ge-ncrofo Caualiero , che mai veddfe l’occhio del Sole, ed accogliefle nel feno non fol riNsvBaiAjmà l'Italia, ma l'Europa ; mà i! Mondo tutto . Chi lo vide inftn da fanciullo difle, che la datura per formarlo era falira al Cielo, & indi feeltart a più bella Idea. Chi contemplò il fuo bel fembìantc dille, ch’egli era tutto compollo di cofe celefti ; pofcìachc ne icapelli fe gli vedeua il biondo de!Sole, nella fronte il fcreno dei Cielo , ne gli occhila luce delle Stelle, nelle guanciei fiori dcH-Aurora, nelfeno il candor della Luna,nel tifala dol. cezza diVenere, nelle parole l’eloquenza di Mercurio,e ne fuoi gelKla leggiadria d’Amore. E dilfe, che non più erano foto fette i miracoli del Mondo 5 ma otto,effendo Don Ottauio rOttauo.Et chi dalle bellezze efteme pafsòà contemplar Tinterne difle 3. Che la corporea /alma Splende a dal bel de la he Uà de l'alma « La qual’era fiata fauorita dalle Gerarchie cebftiin modo,che gli angelici chori l’vqo àgara con l’akrole haueuaaoquafi fatto parte de fuoiproprij doni. Gli Angeli l’haueuano ornata dipudicitia, Gli Arcangio-li di gratia, le Virtù di vigore, le Potcftà di portanza, i Principati di Signoria j le Dominationi di dominio, i Troni di quiete, 1 Cherubini di fapere,e i Serafini d'amore; Oadequefto belliflìmo figlio non come gli altri confumòigiorni, el'horepargoleggiando;tnà da fe med efimo fenz a, ch’altri Tammaefirafiepofeil tenero piede ncll'afpro, e durilfimofenderò dejla virtù, Se egli fieflb eflendo e Maeftro,e sferza, ed eflempio à fe medefimo, cominciò fenz’altro aiuto à moftrar qiian-to per tépo s’inamoraffe di Dioj nc afpettò, che ifuoi Genitori gl'infegnaflero à lodarlo, e ringhiarlo de ì beneficij riceuuti; ma da fe#eflb imparò à farlo. JEe come vnalieue fauilla cadendo in mezo al folio tal-bora cosi gran fuoco accender eo$ì grande incendio apporta,che,e ferue,e freme, c firide, e rugge, e lampeggia l’aria, e tanto s’erge la fiamma, che par quali «'abbrucili Cielo : Così la fauilla dell'amor diurno, che ne teneri anni s’accefe nel petto di Don Ottauio, tanto crebbe, crcfcendo lui nell’età » che diuentòvn gran fuoco, e gionfe infino al Cielo # Et come va pic-ciol riuo O..'..idcndo da monte alpcftte taljboratantf» s’i^rolfa, che con mille ruscelli di liquido criftallo fccon- H • j» * •'feconda la tcrr a^irriga le valli,itiaffia le piante, e i pr a * tfribbellifce, ed inargenta ; Cosi quel imo delle virtù, ch5c n'à£t^tie in Doa Otcauio nell’età Tua più verde, c più fiorita tanto s’ingrofsò, che non fio lodi Hiftafe c fiparfiein tutte le mie contrade ; mà anco nelle parti lorituriè fonde ciaficuno reftaua ammirato;, .chein vn giouinetto fùtfòuafle tanto fipirito, tanta virtù,e valore . Egli,come c?hauefle ftudiato tutti .quelli,die danno precetti alla giouentù j Vafteii'eua da tutte quelle cofe, che infegnàtìo dóuerfi fuggire ,e face.ua tutte quelle* che infognano doùerfi fegmre.Etadimitatio-rìe-del Lotó^edelTElitropiojvno de quali giace la not te fòtto Tacque ; mà tofto che comincia à fpuntarfia luce del'giórno, anch’egli s’alza fuori delTacque, e l’altro s’aggira al moto del Sole, anch’egli s’inalzò, c s’aggirò allò fplcndoredefuoigrand’Aui, e defuoi “Genitori,i quali così ne godeuano,come gode l’Agricoltóre vedendo i Tuoi campi biondeggiar di.fpiche,£ ÌÓvitiingemnrai'fi d’vue . Erano .ifiuoi-diporti,.ele fue hdcreationiótfercitij di lettere,darmi,e di coftumi ; & oltre la lingua matèrna, nella quale regolatamente parlaua , appiiefe la lingua Latina , e Spagnuola per féruirfenè à Tuoi tempi,come poi fece nella Corte del -PotentiifimoRè Catoličo, oue, mercè delle fue nobili manlére'vè dèlie rare fue qualità,fu fingolarnientqhp.-noratóda tuttala Corte,aoiatp dal Prcncipe;, c fauo-> t *' rito rito dal Rè del gradoni' Capitano di Caualleria in età , ch'à pena eccedeua il terrò luftro . Era efpcrto nell’arte oratoria/praticoneirHittoriej intendente di Poefia,& molto M^id^cqo ilgiouineHe- 'š roe>chc in vn’iftefla. temp Q. Hnp »0 riffe,* prač e. Eccq- *. ui io va copgicwi, Amorfe Marte • El vaglia à dir* d * vero,fi corneali fi rop^roA^otf in pa^cosifi mor ' ftròMartc in guerra *, &hc|o dica BeaGioaiiniMenr dorratMarchcfe dcU’Hi$ajofa,aJlhora Gouernatore di qtiefto Stare *if quale$>tfSraentt lo4pdò, e rin*. rr gradò\ perche fotte Atti numerude CauaJJi cs.-jjnaal B intrepi- intrepidamente s*o'ppo fé ad vnì gran troppa di Cu*» Ualleria,che veniua a i damai deil’lnfanterii Regia • U quale fenzail Tuo aiuto farebbe-rettiti òpprcflTajecol ilio valore neceflitò il netàfc'ÒI'ttbrii'$>lb à trattenerli ; ma à ritornar à dietro . Che lo dica Don Pietro di Toledo Oforio moderno Gouetnafcóre, e Capitano generale di quefto ampio dominio», fl«ju-aifefdalla bocci de gliìfteifi Nemici,che reftaròòo prigióni, diligentemente intefe la verità. Et è quéfta. Che mentre la Città di Vercelli ftaua attediata, c f Altezza diSauoia ha-ueua mandata vna fiedta di vàlorbfi'jibldati con picche, e mofehettoni per fòcbóifferlV, iqtiàli animofa-mente s’auicinauano alla porta dèliaCittà, Don Ot-' tauio andò intrepidamente ad incontraci', & entrando frà le nemiche fquadre, e valorofamente combattendo ruppe il fór dife£fl0*iiffpedt$p&ftbr piùoltre/Sc il foccorrere l’àttcdiatà^ Città > là quale Te fotte ft at'a foccorfa non fi farebbe fcòsf pretto reT&fmadiauendo egli impedito, che la monitione nónentrafle* e ritro-uandofi efaùfta, ftretta dalle forze,-frèon niunaTpe-ranz a d’altro foccorfo fi refe. Et quello è il Cau alierò , ò Morte crudele, e fpietata, à cui hai recifò il filo della vita. Si che dalle cofè nàrn-ate tò poichiaramente conofcerelà grauezza della tua colpa . Aggiùngi, che quello era figliò vnigenitoVepereiòlfingolàrmen;. te amato da Tuoi Genitori y i quali hanno perduta la ’ : J ..." fpcranza Speranza d’haucr pm figliuoli. Nè t’ifcufare ò Mor-< t , ch'egli fia morto per la ferita della picca, c non della fuà falce j pofeiache già fanata era la ferita, e s'attendeua di giorno in giorno, ch’egli vfeifie dal letto compitamente fano j ma tù furtiuamente l’aflalifti, e con nuoui accidenti l’vccidefti. E ciò facefti, credo io,perònuidra^poiché mirando non il volto giouanile; rnà il valor fenile, tù lo credefti più antico di Neftore, e non volendo che tanto viuefle, in vn baleno gli to-glicftrla,vica‘ouero ciò facefti per ambitione di trionfare di chi habena trionfato de Tuoi nemici. E tù ò So -anaFacitorCi Convele confentifte à priuari Tuoi Geni-tondi coSiearoV ed amayo figliqnel vagp , epiùbel dor de gli anni Tuoi ? Come le permetcfti ad impouc-,rir IT n s v B R i a d’vn Caualicro,c.he nella giouinez-za atte^idea quello,ch’altri promette nell’età matura? Ah, ch'io ben me n’auifo ciò facefti, accioch’egli di buono,ch’era,non diuentafle cattiuojChe così àpunr to rifpofe il Sapiente parlando d’vn’altro , che nella Pri1nauer3.de gli anni haueua finita la vita. Raptus , ne malitiamutaret intelletti* eius} aut nefittio deciperet illum . Et cosìferifle Euripide Deus f&pe, quos plurimi facit, eos citius aufert è vita. E tanto confirmò Menandro. Dilettus Dijsin iuuentute moritur. Et.perche ilMondononera degno di lui,rù io facefti degno del Cielo. .Sìsitùfofti quello,che da «.òro B i quella quella ima,e profonda valilo traefti a1Ì?attetxa della tua Reggia . ll che hà cónfirhiaTfo'l-’iftdflo; Ré deliV ìnfernoPlutoher;j30icheéflèndòìlìftefóÓrfeok?bhfjt lui Lif a à quelle tartafèfc pbiftg^eftridČ erario à noi come fece la Tua fpofi Euridice , gli hàrifpOfto , che colà giù noia è fcefò * mà afecfó al Giel fuperoo. Et fe in quel Regfiòdi tenebre,éd?pér'toU£ egli fef fe entrato haufebbe col bèl :ftftibìàntè tdlfer enate le tenebre, a amata la mòrte, placato ìl can tHfatrce,rif* chiarate Pacque del fiume Cocitò,e dèi Lago dxAuer-no, feccatalaPaludeStigia , cacciatàlafetè, elafac meà Tantalo,lèuato rAiioltòrcdalcuèr di Titio,fermata la ruota d’tfiòhe, fcaricico SififOdelTàftbjempi to il vafo delle Bellide, manfuefàttfelè furie, & addoh. cita ogni amarezza .Voi dunque illdftrilBriii Genitori lafciatele lagrime, e i fofpirT,^ cO^bl&tehflpthefe Thauete perduto interrayfhaùete acqu iftàto in 'Cidó$ ondepotete col Poeta dire nont£i3 rbtonojj nif&knifr * .ri ot Che je muori del JMondb in Giélbteafivu Voi Her cole così d'oprèjcome di nomdjche gli fo*r* fte córdialiffimo Padre. Vói, ChtPdoh animo regio imi-taft e il Regio Da uide nelhnfir miti del figlio, imitate^ lo anco nella morte. Mentre gtacèafi nel letto infermo à morte il figlio dì quello Rè, egli depo fio il reai manto fi veftì di Tacco , fi «iparfe di cenere, digiunò , orò , i fi giacque in terra fra lagrime, e fofpiri, e fece, qirapto fi puotcì imaginare per mantener’«in vita il -nronenite figlia ♦:matofto j efie fò morto giudicando cheti piangere , e’1 fQfpirare.foflè'cofa vana fi drizzò in piedi, depofe il cilicio, fi laudi fi’Vnfe, fi riueftì de i xcgij panni, e ritornato nella fua Reggiafixeficiò, e dille. Mentre viueua il naiofiglio per lui digitai e pianfi, fràtnt fteflfo dicendo^ ilmi^ignor non melo doni,6 viua ? Ma horajch’èmor&o,') perche voglio.io digiunare-? Fotfipò:àj ui, efi’ eg 1 iritor-ni à me. Voi Signore nclPirifirmità del figlio Dori Ot--tauio facefie ogni potàbili: pcv contfciuarloin vita, ■non tralafciando.alriun rimèdio naturale^ ò fpiritu ale, furono diligenti tàmiiMedici* SuCbirurghi, in ógni parte della Città fi ifòcefcòifiaxrificiji ed oràjtioni per lui, non perdonai!« àdpeffcj.jjwny'incrcbbe fatica , fiandifte il dònno /ìqfeafi natisonofeefii ciba.. Però fiora,ch’egli qualinuouó Angelo è,coane fi crede,fa-lito al Cielo, tallegràteui itaorc,acquetate la mente, e rafferenace Piammo* Ricordàtefii delftnuicibile co-ftanza di Senofonte nelHmm&tiitfa morte del caro figlio. Similmente di Paolo Emilio, àcuieflendo nello fpaciò di fette giorni mancati due figli di sì gran fpe-xanza non fi mutò punto di volto.Di Pericle eloquen-tiifimojcd eSàcacifiìmo oratore,efiauendo in quattro -n! •. , giorni giorni perduto due figliuoli ornati di tutte quelle vir-tu,che da’ Padri fono defiderate ne’ figliuoli,foppor-tò quefta gran perdita con ammirabil fortezza d’ani** mo: & finalmente d*AnafTagora,ch*vdita la morte del Tuo do!ciflimo figlio non s’alterò nel vifo,anzi còfor-tò quelli, che voleùano confortar lui,dicendo . Io fa-peuo d’hauerlo generato mortale. E voi Donna Francefca, che gliTofte dolcifiìma Madre con animo franco fofrite quefta perdita, ricordandoui,che fi co-mela famofaGirtia,à chi di Candia le portò auifo,che Acrotato di fua fi glia figlio era morto in b attaglia, rir fpofe di godere, che peldecoro della Patria, della Madre, e de Tuoi Antec^fidri fofle valorofaméte morato: così douete voi confolarui, che per riputatione di fe fteflfo , per feruire al fuoRè,eper acquiftar’ vna Città egli primi pčrdcfief vn'oechio,e poi habbia perduta la vita .^Kicordatsiii parimente di qucll'altra madre. Lacedemoni, c’hauendp mandato cinque figliuoli alla guerra pòco difeofta dalla Patria, & intendendo, che nell’acquiftata vittoria de nemici tutti cinque erano rettati morti , dilfe . Di buon’animo odo la morte de’ figliuoli 5 porche la vittoria è noftra; Cento , c miiraltri elfemprj potrei addurre, che per breuità tralafcio , e éonchiudendo dico con Ifidoro nel terzo del fommo hene.Chc quelli fi deuono piangere, i quali partendo da quefta vita miferi Scendono kll’Inferno, e non quelli, che felici afcendono ài Cielo . fili deplorandi fant in morte ,quos miferos infer-mm-ex hac vita recipit }non quos crlejiis nulla lAtifi--cùndoincluditr. Sò che mi direte,che fol v’increfce,ch’egli fia morto così giouine, & perche haueua data certa caparra d’eflere lo fplendore,e la gloria della Cafa.Ht io vi ri-fpondorche meglio è ftato per lui ntforir’ in quella età, che nella vecchiezza ; poiché come ben dilfe il Sana-zaro 'f.'doc. i r.* La vita altro non è ; che vn ver languire. Et va’altroicfidrtandociànondefidcrare di morir’in vecchiezza ^ ntà piu tcffto in giouentù, così diflfe . Se del configlio mio punto ti fidi, Che forcarpojfo, egli è pur il megliore Fuggir vecchiezza, efaot molti fatti di. Qual’è quel Peregrinò, che non defideri quanto prima di ritornarealla Patria?Quarèquel Marinaro,chc nó brami il vento profpero per gionger prefto al porto ? Qual’ èquelfoldato , che doppo tanti abbattimenti, ed, alfaltì di fanguinofa guerra non defideri la pace&E qual’è di quelli, che gionto alla Patria,finita la nauigatione, e ftàbilita la pace, non s’allegri,e non giubili ? Però hauendo il noftro Don Ottauio finita sì prefto la fua peregrinatione , nauigatione , e guerra deue fra fe fteflb gioire, e noi dobbiamo railegrarfi fcco . L’Huomo quando s’incanutifie s’empie di mólte miferiey diaenfa'rugofo in faccia, gibbofonelle •fpalle, curuo nelleginocchia,pegro nell’andare, tremante nelle mani,e nel capo . Gli occhi diuecrtano la-grimolì, humorofe le nari, fiomacofodi fuori, e di dentro fracido ; patifce difficoltà nello fpirare , e rc-fpirare ; dolori in diuerfé parti, rifolutionc dcnerui, perde il fonno, e l’appetito, gli cadono i denti, retta-no indebolitele forte, inarcatala ftatura,i fentimen-ti imperfettiva memoria debole,l’intelletto ofcuro,la voluntà frenetica . Gli fopragionge. ma tempefta di tolfe^vn diltìuio d’indigeftionfc di catarri, & allaffirie retta quafi vn'qmb r a,&iuqu etto miféio flato dura in-fino alla morte ♦ V ( egli angelici concenti^ li or àrahri ’ h , t Confolateui dunque, per.cft’eglj è morto giouine, come defìderaua . Confolataiii, perche è morto glo-riofo ; $c s’egli hà perdulòil ragionare, altri ragionano, e ragioneranno per lui, e viuerà mai tèmpre nelle lingue,e ne i cuori di quelli, che lo conobbero, i quali recitando la di lui virtuofa, e gloriofa vita, gli apporteranno mille lodi, e con le lmgue gli daranno la vita, come con la lingua l’Orfe danno la vita ài figli. Et quando farà conuertito in cenere, da quella, quali nuoua Fenice, tèrgerà la fiamma ardentiflì ma della gloria Tua ; perche . Pojt obitum bene fatta manent, ut ernaq\ virtus Non metuitfiigijs, ne raptatur aquis. Confolateui finalmente, perche quando egli fi coricò forfè, quando fi fcolorìfi fece p ribello > quando qui chiufe i lumi, gli aper;fe in Cielo, eqfiando inori à gli.huoruini nacque àDio. Et cornei riterrà: gli fu con, tefta ghirlanda di quei,Giacinti, di quei Narcifi , e di quegli Adoni,.xhe ,già furono giouihettt3£ quafi in foT miglianteetàff con foraigliàntetìofiòi, odi fomigliante immatura morte perirno, citarono tra sformati in fio. ri. Et come gli fù fabricata corona d’oro ingemmata di quei rubini, che nacquero dalle ftille del fuofan, gue,e di quelle perle, che nacquero dal mio pianto ; Così horain Cielo è incoronato diftellèy anzi egli è cangiato in Stella, & chi nafeerà fotto ilfuo afeen. dente farà bello,,gentile, gratiofo, àccoftumato, vir-tuofo, amabile, e valorofo. Rallegriamofi dunque con efio lui, e preghiamo N. S. che ci. Conceda di ri, uederloin Ciclo . . :' st ^ - o * V C :?ddon03 0.1-3 b ■«. ìbu ' ib Ì10JJ3 i 3H 3 af,7 *1 , e:iV.£ÌohoIg 3 ;jfc)on3iiy ini ib z\ obnsrbs'i non rii ì , :V;r nmrtsd $1 .-'taf iòì (Doinsì ■* L In Obitam ILLVSfRlSSÌMI DOMINI MARCHIONIS1 OCTAVII GONZAGi 5 Ab Adm. R. P. IMagiftroCherubino Ferrario ploratum « 3.-,3 * lmvs»\tvi % « iWk sub k*> jr\ Epigramma. U\u4 t-U'è ,Y « 1 ] V . ’\J ‘ . .4 J ivii'\$4 v.ìL T^\ VM' lafawCfonQflga Oculum Qheruhine 1 - emebasMn , Ilie Oculus tanta laude fuperbus erat. Alter at inuifos Oculus eum nouit honores, Laudati voluit vulneri* ejfe Comes. Sic implorato pharetrata vulnere Alortis, Ale quoq- materiam laudibus, inquit, habe „ H v '.V > . ' «#• C » MA- M A D R1G A L E DEL SIGNOR. E- T- •>■ - f.» r iv_/ JlI j --A +■' '—X ■ , *01* - . ' •• -oz A /I .X rab/ Q A Che lacrime, e JtriÌtL,:: ' ^ /j g/4 che duoli, * lamenti ? JSfm fon da tMirteftenti J{ . v , Che morto immortai vini » c il tuo bel nome Vola su l’ali d’oro * a’ •a D’vn Cherubino dal Mar' Indo al Moro * i'. i v i i. D E LT SI G. H O R ATI O N A ' V A-; 2 2 OTTI Academico Defiofd.&Illuftrato ’ ".-c Capitano di Lan eie per S.M.C. v-# Nella morte dell’llju^fs, §jg il Sig. Marchefe D OTTAVIO GONZA GA'» F) El Aquila del Mincio, ab non perdefiì fj (Jjik tu la vtfèa \ in bei Soli amorofi Ch'anzj vn Solfuri, a gU occhi defiofi' '■/* Cb'in t'e pafeean, mitt’ Aqmle celefit. Ma di piu gloria vago i lumi ^ergeji i ‘v G E Siti terzjo, el quart® ciel fi'kifan ahi ) fol portavi > 1 ’ O la face d'Amor, nel Regio A [petto, , Qo i vanni de la vita 3 ai citi poggiavi. Ma il jeruir Marte ancor dùHaHa y e d’elmetto Pefi a i gioueni Artigli, ahi troppo gravi 3 1Tolfè lo Spirto a l'anìmojd petto. MA. M ADRI G A L E DEL' SIG. BRVNORIO TAVERNA ALLILLf SIG.RI GENITORI DEL DEFONTO- -@111* A Che fifiiri 3 e pianti, /V Se dal grembo di storte Nacque Ottauio a la vita? E fe da Terra a la celefle Corte Da Dio l’alma rapita, Fer vn breue languire (pode eterno gioire, E cola viue fra delitie , e canti, A che Jbfpiri, e pianti ? .012 LISCI A rA >1 T » * 5- oi t m i * JX v/ 1 IrlaU .'.uiiJLxJuJLjA. •orwogaa jna ’ • -1; / tvv.\i\u\rJ A ti'W'ìc.5 $V;tùvv;^T)'UvU a /f~\ 'UVup V, Ù«fcV;0 SI" • uVv Wft'J v\y\'iO *4 *> $,k S\^\ c **kW. ciCI .X SSVt^ V\V? Tur c VikW CTCO to '-V-k c-v.AN^S % t V. ..kiì Jfc^M&*UPfcfcto3L ’i s- *^ * q Wici^Y^ V vx 3# ì . ENCOMIVM Diuin®,£c Human® Sapienti®. A Fratre Gufare de Lippis a Mordano Conuentuali Francifcano,Bonarum Artium,& Sacne Theologis Magiaro,in Archigymnalìo Patauino habitum. Anno ióoy Dum ordinariumTheoIogk interpre tandi munuspublicè primum obiret. Patavii, ApudFrancifcumBolzettam. M.dc.iiì. Ex Typographia Laurentij Pafquati. M7IMODH3 .xij'ripiqs? -ir.mtjH,s:riniCI uL.r.rij. j r 10*^ £ è 'i -.a A>ateixO troaiV1. -o, . I ::n'j /d '%iir;biA frurt.jrr !(on-G\ : wv .3 'ì-i>1A o^oifrsr.;/ 3Vfv.<» ,3. \-A on: , • , -Ài i l t airp^ni t.:u<: - H ‘ rr JTiC'O ff ! r nnsoroTo m :SÉj ^ • V . f&j* ■ . • - -?■ i . ftsWz' m \ '•» : . MW’iV :W . - y„,ir»W ' - • \ \ H\ 'Ž •;<• ..., « k Av . m* $ tìi y - '• : '• • . •. 'Vi - * 4- ■ '-r!* h<,f* A .ir!- IL L V S T R IS SIM IS AC SAPIENTISSIMA SERENISSIMAE .... Relp. Venetae Senatorio?, Et celeberrima Academia; Patauina; Modera toribus vigilantilT. < ' D.MarcoAnt.Memmo S. Marci Procuratori. D. Antonio Priolo Equiti,& Procuratori. D.Francifco Mollino Equiti generofisfimo. F. Ca?far de Lippis a Mordano in eadem Academia Sacra?Theologia:publicus, &: ordinarius profeflfor Eque ac Moecenatibusfuìs colendis. S. P. D. Tfi mihiabineunte setate (Sapientisfimi Senatores) nihil ita carum, itaue iucu-dum fuit,quam,vtcircahu manam , diuinamquè fa-pientiam , aut mihi ipfi , Deofauente, comparandam, aut ceteris pro viribus a 2 viribus cotftmunicandatmverfafhnuRc tam,é in hoc vno diuinse fapiéntig Audio,prtecipufi vitae meae folatium, & fuauiffimas anitpi mei delìtias conftitucndas ette dcčreui • quando quidem mihiy& veftro benigno fauore,& Se renisfirnàì Pvčip.ubUcae Venet? Audoritate, publico humanae fapienthe interpretandi mu nere, quattuor annorum curriculo perfundo , nunc facrofandam diuinae Theologiae fapientia,in almo Patauino Gymnafio,fcho lattico more interpretadi prouintia eft dema data . Qua in re, & praeclarum hoc munus quanti facia, quantiue femper fadurus firn, & quantum me illis , quorum patrocinio id mihi contigit, debere me exiftimem, apud omnes teftatum ette,mirum inmodurn concu pifeo. Quapropter, cum multi, iique mei a-mantisfimi, vt principium hoc mearum publicarum ledionum, in lucem ederem,enixe rogarent, ita demum ijs obfequendum duxi fi fub veftris fadicibus aufpicijs promulgaretur. Idque ea lege,atque confilio , vtfi quid vnquam in hac Academia, ex laborum meorum primitiis Theologicis,maturius a me fit profedurum, id totum veftrum efse cornicia tis. Ità m e Deus adiuuet, & vos diù fernet in columes,ad altioraquè prouehat. Patauij Idibus Nouembris 1605. E N C O M 1 V M Diuins, & Humana Sapientis. N a t v r a L i Theologia,& humanitùs adinuenta , qug trito iam vocabulo , omnibus in Scholis Metaphyfica nuncupatur, quamuè quattuor annorum curriculo , in hoc celeberrimo Gymnafio Patauino,publice, & ordina rie,qualitercumquè profeflfus fummunc migraturus, tranliturus, & aniplilfimi Senatus Veneti decreto, Illuftriffimorum, Dominorum, Moderatorum, beni gnofauore,& patrocinio, me me recepturus adfu-pernaturalem Theologiam,&diuinitiis inlpiratam, igc illa, eo maior formido, & vehemen-tior timor me incipientem, &ordientem inualit. Hunc autem timorem (Illuftrillimh&Sapientifli mi Redores, Patritij Veneti Clarilfimi, Do&ores Excellentiflimi,vosq; coeteri,quot, quot adeftis or-natilhmi Viri) multa augere poliunt, led in primis Reuerendorum admodum , & Excellentiflimorum Patrum Theologorum,tùm Dominicanorum, timi Fran- \ Francifcanorum dignitas,& maieftas,qui elapfis 3n nis,& proteritis foculis,in hac Schola Patauina, & Cathedra, tanta cum laude,diuinam fapientiam, do tìrinàm Theologicam foliciilìmè explicarunt , & eiufdem admiranda myfteria, lucidiflìmè aperuerunt; facillimè enim vnufquifquè vcftrum poteft a-gnofcere nedum conijcere , mccum illis ingenij felicitate,dodrin^ fubtilitate , eloquentia: fplendo-re,nulla ratione conferendum ede ; prefertim vero, cum Hieronymo Pallantcrioà Cartello Bononien-fi, ad Epifcopatum Bituntinum aflumpto, in cuius locum proximè fuffedus fum, nullo pado coni pana ri valeo ; cuius mentis fublimitatem, cuius ingerii praeftantiam, cuius dodrinam omnigenam , ciiius eloquij fuauitatem, cuius eloquétià lingulare,cuius Stylum facilem, daru, ac elegante,cuius phrafis pia nitiem, cuius in dicendo copiam,& energiam,cuius venuftatem,& gratiam; huius Academio fores,parietes,teda,huius cathedr? ligna, vndiq; conclamat, refonant, & iampenè totus terrarum orbis obftu-puit. Ecquis enim eft hodie, tàm innaceflus, tàm àb omni hominum confortio, remotus in terris locus, quo non huius pratftantiffimi viri fama peruaferit ? Quem mirantur omnes , vt Pueri Iunonis auem; quem propterea ego in Religione Francilcana, non potui non amare prae omnibus,&admirari,preccpto rem colere, & venerari: atq; id, quod Ariftotcles de Platone, mecum ipfereputare. Nulla ferrent talem fecla futura virum. • Virum profèdò non minori morum probitate, quàm dodrina pratditum , feculorum memoria , omni admiratione , & veneratione dignifli-mum: &ob id Serenilfimce Reipublic? Veneta?, que inter omnes Refpublicas , aborbeconditoflorentes primum primum locum, citracontrouerfiam,fibicompara-uit: fiequentiffima?,&antiquiffimx huicAcademix; Demu Clementi Oftauo Pontifici Maximo,omniu prudétiffimo,&fxliciflimo,chariffimù,gratiffimu,iu cundiffimum,& apud Sacrum, & luminum Senatu Purpuratorum Patrum in magno prattio habitum. Haec volui dixifle, non vt Pallanterium laudarem , qui omnem fuperat laudis excellentiam , & eft potius beatus deprxdicandus,quam laudibus efferren dus, fedvt vobis Auditoribus grauifiimis animi mei propenfionem innuerem,&SummiPontificis fa pientiam declararem,qui tàm prompte, tàm ftudio-sè,& motu proprio, honorificum Kpifcopatum illi cenfuit deferrendum. Quis igitur tanti Viri Cathe dra(vt aiunt) Magiftralé imediatèconfcenfurus, cu doftiffirno, & metuediffimo collega,Patre Magiftro Angelo Andronico concurfurus,exterorum de feiu ditia non extimefeat? Accedunt prxtcrea lìngula,qux hominibus ad di cendum comparcntibus, timorem facere , & parere confueuerunt. Loci videlicet amplitudo:Patauij.n. dicimus, Pradeftiones paramus, nouis ( inquam) Athenis,indiesmagis,omni ftudiorum genere, fed melioribus literis florentibus, vbi honefiilfimas ar tes profitentur viri eruditorum optimi, & optimoru cruditiflimi: Audientium dignitas, Illuftriflimorum Virorum prxfentia’, Rcipublic?' Venetx lumina clariflima. Doftiffimorum, & excellentiflimorum lečtorum corona pretiofisfima; Nobililfimi ex tota Europa difcipuli, florentiflima ingenia, magna le-ČH fTimorum Virorum adftans frequentia. Tandem ipfa orationis,& futurarum lečhonum,perardua, & perdifficilis materia,rerum tranandarum,difeutien oarumuèfubtilitas, & profunditas. De Prima Co-rinth. cap. fecundo . Salamon Prou. e. 30. De diuinx,& humana fapianti^ laudibiis, hodier na luce dicere decreuimus,quce ( vtait fapiens )eft paucis cognita. Sapientia dodrin^ fecundum nome eft cius; & non eft multis manifefta.SapicntiamDei praecedentem omnia, quis inueftigauit ? Et gentium Magifter.Loquimur Dei fapientiam inmyfte rio , qu£ abfeondita eft,qua nemo Principum huius faxuli nouit. In ledionibus, & difputationibus decurfu tempom habendis, de Deo prafeitim diflereredebe-mus,quem nemo vidit vnquam( vtait Ioannes) qui Moyfi familiari, & amico proteftatus eft. Po-fteriora mea videbis,faciem autem meam videre no poteris. De quo cecinit Efaias. Verč tu es Deus ab fconditus. Et fapiens tantopere inculcauit. Nè laboretis, non enim comprehendetis; quis videbit eu, &cnnarabit. Etquis magnificabit eum , ficut eft ab initio ? De luce ergo inaceffibili annuatim di-fputationes agitabimus . De Sphera intelleduali, cuius centrum eft vbiq;, circunfèrentia nufquam , quo nihil maiùs,nihil melius,nihil perfediùs excogitari,& concipi poteft. Omnifiquidem fublimita-te eft fublimior, omni latitudine latior,omni longitudine longior, omni profunditate profundior, om nibusnoftrisf^culisinfinitoquodam fuo ipfius loculo fuperior. Altitudinem enim illam , folium illud excelfum, & eleuatum,quis vnquam dimenfus eft? DeSandisfima Trinitate diuinarumperfonaru, in vna limplici,& indiuifibili natura fubfiftentium. De filij generatione, De Spiritus Sandi procesfio-ne; quorum myfteriorum difficultatem agnouit fa-pientisfimus Salomon. Prouerb. lib. Quis fufeita-uit omnes terminos terre? Quod nomen eft eius, & I quod nomen filii cius, fi nofii?Funicutus triplex,dif Ecclefiaftcs heilèrumpitur,ideft,concordia, Vnitas, nexus , & cap.IIII. connexio trium diuinarum perfonarum difficile explicatur. Et Ifaias. Generationem eius quis enna-rabit? De ineffabili Prredeftinationis arcano ipforum eledorum ad vitam «ternam,pratfeienti«, & repro bationis ipforum malorum ad fuplitium fempiter-num. O Altitudo diuitiarum fapientif, &fcientie Dei,quàm in compr«henfibilia funt iuditia eius, & inueftigabiles vice eius ? Quis enim cognouitlèn-fum Domini? Aut, quis confiliarius eius fuit ?, Quis homo poterit intelligerc uiam fuam? Nejno fcit, an odio, a n amore dignus fit., . - •, De rerum omnium ex nihilo pro creatione in té pore,deearum principio,&origine . Cundf res dif fidles (inquit Salomon ) non poteft e£s homo explicare Sermone’ . - ; ' .. I;, De Angelis pr«fcrtim, fuperis illis mentibus, di uinis legionibus, quae in fumma quadam «terni, ac praepotentis Dei vicinitate, confortioquè verfan j0k# tur. N unquid eft numerus militum eius ? De homine totius vniuerfitatis breuiffima qpa-dam,fed pulcherrima Epitome, ipfiusj Opificii fine, & Summi Opificis,uiuo fimulacro.Quid eft homo, quod memor es eius ? Deipfiushónis reftauratione,reparatione, & redeptione,hoc annopr«fertim circa lertiumicnt. Ii bru, media Verbi Dei vnione,cu humana natura, & fcquentib. myfterijs. Qu^ vnioeft adeoir.explicabi lis( inquit fent. Magifter. ) Vt etiam Ioannes , ab vtero fandificatus, tateatur, fe non effe dignum, fol uere corrigiam calceamenti Iciu; quia illius vnionis modum in ue fi: i g a re, aliifq uè explicare non erat fuffi ciens. - B De -«5 De fan&ifTcatione eiufdeih hominis per ecclefia-ftica Sacramenta, inuifibilis, & infentìbilis grada?, caule,& ligna. Sacramentum eft inuifibilis gratin, vifibilis forma, itaut ipfius imaginem gerat, & cau 111 exiftat. Ad extremum de finali retributione per diuina praemia. Nelcithomo finem fuum. Ignorat homo, quid ante fé fuerit,& quid poft fe futurum eft; Qui$ ei poterit indicare ? > Ecquis igitur , in hoc tanto , tàmquè im-> menfo diuinarum , & humanarum rerum eam-' po , quae intra terminos dočtrmae Theologica? clauduntur, & includuntur, velut leuioris armatu r£ Eques excurfionem facere pollet? Quisfubtan-* tarum rerum ingenti mole humeris non premeretur, & velut vičtus ex toto non fuccumberet ? Ingenue fateor iterum ,-atque iterum ego, cum poft habito munere publice interpretandi Meta phy neam,onus mihi impolitum,prouinciam demandatam, referandi Theologiam,fufeepturus,in illam ip-fam facrofan<5tam,& admirabilem, diuinarum, & humanarum rerum feriem, &connexioncm,iàm iàm infinuatam,totus animo incumberem, primum c?-pilTe expauefcere,& expallefcere, veritus ,ne me, fi non ftatura,certe virtute pufillum, etiam fi alicuius gigantis, qui procera? arbori niteretur,altiffimos hu meros cónfcendiffem, tanta aquarum moles obrueret. Recordatus tamen,Perfis temporibus Cyri,Euphratem latilfimum,& infuperabile flumen, deriua rione fàdta , confidenter intraffe, & lècurè traiecifle, aufu certe magno,fed diuinofreetus auxilio, in his vaftilfimis pelagi aquis, ex intimis ipfis facraru lit terarum vilceribus dcriuatis,mihinauigandum effe con- confului . Quanquam,vt id commodius efficiam, dabitis mihi hanc veniam Auditores » vtdefacro-fandaThcologia, diuinaq; fapientia,de more,pau caquxdam mihi praefari liceat,quibus tu ad lariill mos ilhus campos fternatur aditus: tum diuina? hu iufce dodtrin? laudes, & encomia breuiilìmc faltem attingantur,ac delibentur . Quinque autem completar pocilli mum, Ni mirum Theolpgiat, ori ginem Antiquitatem, dignitatem,necelfitamm, & vtilita-tem. Vos nunc (Auditores Sapicntiflimi ) dum in altum inuchimur,adertole animis, vt adeftis corpo ribus,aduertite,intelligite,filentio,& quiete fauete. Aderto tu mihi , res tantas molienti ò Magne D.eusjdc fit lucerna pedibus meis verbum tuum. Vcmadmodum vniuerfam haqc mundi fabricam, refquèoés, qute in ipfa congeftas mnt& continetur, ad Deum viuum, & verum, omnis boni fonte, authorem , & parentem; vni uerfus generis humani con-fenfus refort , redigit , ac rcuocat ; Ita etiam tonus humanae Philofophiae, qu? veritatem in fe clan dit,& continet, eundem Deum fontem effe, authorem,& parentem,par eftexiftimare. Nam( vt tcfta-tur (apiens)omnis fapientia à Domino Deo eft , & cu illo fuit femper,& ert ante omne Aeuu. Et praela rum illud Elogium infignis illa Diui Ambrolii Tentenna, nunquam obliuioni tradenda. Veritas à quo cunq; dicatur, femper à Spiritu Sando eft . Nec po teft renerà,nifi Spiritui Sancto,vel inhabitanti, vel per influxum generalem ,fiuefpetialemmoucntia-::ui. B 2 feribi Ecdefiaft. I. D. Augufti nus vertit à cóftitutione mundi 8. de ciuit. Dei. cap.2. fcribi, fiquid à Philofophis fapienter didum e fi, prò Dei aflequcnda cognitione, rerum agendarum peritia,& difpofitione, vitiorum extirpatione,& vir tutis cómendatione. Hinc almus Theologorum fol ApoftolusPaulus , ob infignem eloquentiam , ab Ethnicis Mercurius nuncupatus, in prima omnium Epiftola, quam dedit ad Romanam Ecclefiam,qug inter omnes ecclefias diuino munere primatum ob tinuit,ficut eo tempore,torus gentium orbis Roma no parebat Imperio, apertisfimè docuit, Deum fe fe Philofophis e mundi fabrica manifeftaffe, itaut inexcufabiles effent. En,quod iplo in limine promit. Quod notum eft]Dci,manifeftumeft in illis . Deus enim illis riiiinifeftauit. Inuilibjlia enim Dei à créa tione mundi; ex his,qua fàda funt, intelleda, con fpiciuntur, fèmpiterna quoquè virtus eius, & diui-nitas,itaut fint inexcufabiles, quia cum cognouifsét Deum,non ficut Deum glorificauerunt,nec gratias egerunt: fed euanuerunt in cogitationibus fuis,& ob fcuratum eft infipiens cor eorum, dicentes enim,fe ef fe fapieiites,fluiti fadi funt. Declarat lucide adind dum Diuinus Apoftolus, humanae fapientiae origis nem,'& quo pado veram Dei notionem fuerint confecuti Philofophi . Et quidem prioribus verbi^ ineft modus loquendi ipforum Philofophorum,qua dicunt. Prima principia die perfe nota,quod habi-, tunihilóminus,acpropenlìonenaturali, no. adu,q, intelh'gédu eft ; Ita de Deo nofci poteft lumirie,& du du naturalis rationis,citrà oracula vatu:vtDeum ef fé: effe primam omnium caufam, tùm effedricem, tum finalem,omnium rerum curam gerere, nullis concludi poten ti a?, fapientiae, bonitatis uè limitibus, remunerari bonos,improbos,& fontes vlcifci, quàm uis tardiufculè; omnia prorfushaec,&talia pleraque viua- vluaciflimis illis,&perfpicadllimis illis ingeniis,qui busa Deoipfo donati fuerant, cognoucrunt; itavt, & vniuerfae gentes,ex Philofophis,fefe omnia haec fcire profiteantur: Vnde Hcebraismus eft (ni fallor) Manifeftum eft in illis,pro ex illis:confueuerunt .n. haebrei In pro ex frequenter vfurpate. Quod itaquè notum eft naturaliter de Deo apud nationes , quas Iubar diuinae legis, & reuelationis non illa ftrauit, manifeftum eft éx illis,qui (vt proxime dixerat) ve ritatem in iniuftitia,ideft,iniuftè,immò,& impiede tineban't,qUafìconfòp'itam,eonfepUltaquè' ner alios irradiaret luis igniculis, atque fulgoribus. Deus.hi illis manifeftauit,& ftatim modus,& ratio aperitur* & declaratur. >o ,-j u; i - Inuifibilia enim Dei àereatiorte mundi ex his quae fa<5fa funt,intellečtaconfpitiuntur. G fumma Philofophorum ingratitudinem. Non .n. illis verus Deus innotuit tantum,cum Euangelium mundo illuxit,non eo tempore primum,quo Iudeis legem tu htinfua, fed ab orbe condito , ante omnem legenv ipfefeipfum illis prodidit, & manifèftauit. Vt in-telligatis,non modo Iudeos placuiflfe Deo fed & gé tes, antequam praecipites feaarent,& in Idololatria corruerent; immò prius valde gentes, cum enim no’ dum Iudei effent,erant gentes,nationes tales exifté tes>vt erant genitae, folo iure naturae viuentes, Vnde & primi,qui San&itate Deo care fuerunt, Melchi fedecn, lobus, Abra a ttius ipfe prima aetàte , & alii, pleriquè; ex gentibus erant,praeputiati scilicet, non; circuncifì,à Deo poftea fpetiali praerogatiua edočfi. Propter Philofbphos ergo( inquit Apoftolus) quoniam natura Deus inuifibilis erat', & naturale lumen intellečfus, non fuiifct fatis ad erigendum illos in Dei notitiam, Vniuerfum hoc fecit, quod cu —~ vi- videretur ab omnibus, opificem omnibus manife-ftaret, ficq; per ea, quae videntur, inuifibilia oculis, vnitas, potentia, fapientia, bonitas, infinitas, aeternitas,& alia id genus, mente confpici pofient, &ille elle omnium Deus crederetur, quihoctant? molis opus cffeciflet, quod a feipfofieriimpolfibilcgen-tium lapientes iudicaflent. Etproculdubio nullo, vel fidei, vel legis a*-diuti lumine], fi naturali tantum ratione,diligenter creaturas perferutari voluerimus , tàm multiplicis forma?, efientiae, virtutis, in Mundo hoc magno» quali in libro Dei legentes, vel quali de Deo mufo quoddam eloquio,naturas hafcererum interro gantes, omniumq; fpecie , modo , difpofte tione, pondere , menlpra , quali aperta voce re-fpondentibus;ex effectibus caulam , ex figmento fir gulum ex arteArtificem,qualis,quantufuòfiticognó Icere poterimus, & admirari .A magnitudine enimi l'petiei,&creatura; ( dicebat fifpiens) poterit cognor* labiliter, creator horum videri . Sempiterna qjfòj què virtus eius,& dininitas,adipcit diuinus Paulds^ Virtutjs nomine intelligite vim cunela det nihilo pr$> ducentem, vel procreantem . Per diuinitatem vero mira, inefabilisquè omnium rerum cura, folicitu-do,& prouidentia infelligendacft.Deum enimGr*. ci iwv appellant «choceft,àcurrendo, quedr vbiquè,dum.opus eft, janquàm prouidus accurat, adfit,opemq; ferat. Vnde, cum Deum nominari audis,nihil magis tibi in méte veniar,quàm fós ora nis boni,liberalis verò>ac minimèaufterus,& inexo rabilis,fed fic largus,& prouidus in vfum fefruen-tium, vt ab omnibus auferri,teneri,polfideriquè gau deat,ad qpitulandumquè adeo fit accinctus-,& para tus,vtnulquàm punčfetur>vcl remoretur. ■ Ita ex mundi fabrica ; nimirum origine,magnita dine,multitudine,pulchritudine,operatione, plenitudine,& ordine, Deus intelligi votuit, feipfitm ma-nifeftauit,humanae fapientic author ,& principium extitit.Verum, enimuero fupematuralis Philofo*-phia, (qua Theologia accomodatiùs appellamus,) ab ipfo Deo immediatiùs,propinquiùs, i ntimiùs o-riginem ducit, & radicem, titec quippe fapientiaAl timmi nuncupatur,ex ore eius progrediens ante omnia produfta . Ego fapientia ex ore altiffimi prodii primogenita ante omnem creaturam. Sunt autem ex Theologis, & facris ennarratori-busjfiue interpretibus,qui omnia,quae fapientiae ire quenter tribuutur, libris,(vt aiut) lapientialibus, de Chrifto intelligenda exiftiment, de lapientia genita^ incarnata, Patri fimillima, & ois paternae perfe tìionisexprcsfiua, etia fecudù fenfum hyftoricum, & litteralem. Alij,quo omnia cohaerenter, vniformi ter,& confbrmiter intelligantur,defapientia Dei in creata,de notitia ingenita, quae(vt pasfim fertur in Scholis) eflentialis eft,& toti competit San&iflima?, Trinitati,fermonem haberi aifirmant. Ego vero ho rum fententias noti reiicio , nequè improbo » fed de fapientia quoquè in genere, vt & Deo com petit, & per Dei donum hominibus,intelligi polTe exiftimo. Per profopop^iam enim de fapientia , fic in genere comprehenfa,loquitur: & tribuit nunc ea,qua? in ho minibus operatur,nunc ea,quae cum Deo,& ipfa di-uinitateefncit,quali perfona aliqua lubliftens, & à Deo,& hominibus aiftinčta;cum litin Deo ipfae-ius elfentia,&in hominibus accidens,ex diuinalapi entia profluens,& communicatum, & proinde vna, & eaefem in Dco,& hominibus, fed per quandam (vt aiunt) Analogiam, vel rationem formalem tran ..i' fccn- frendentem. Coetcrum haec fapicntia, qu? tontopcre in facris literis commendatur,longè eft alia,qùàm ea,de qua Philofophi loquuntur, & per quam apud vulgus, quidarq fapicntes appellantur.Non enim haec confi flit in'multa rerum naturalium, & rerum geftaruin cognitione,aut in fub.tili argumentorum collezione, aut incrudenti rerum gerendarum difpofitione, iuxta rationis naturalis diZamcn, aut in artificiofa operum perfezione,fed in cognitione eorum,qua; & de Deo vero credéda funt,&. fecundum eius volunta tem facienda funt, ad eum finem, vt aliquando eo fruamur,& ineo beati fimus. u; ' Haec eft enim verè fola lapientia,qua; tamen non coniiftitfolum in horum cognitione,Dei, &-rerum agcndarum,fedinpia voluntatis erga illa affezione,erga Deum,& qu? Dei funt: npn folum in intel-ligcndo,led&in reZèviuendo. Eccepietas( inquit Iob) ipfa eft fapipntia quali fapidafcientia : fapien-tia doZrinae fecundum nomen eft eius;quia illuminat intellcZum,& inflammat affeZum: fapor nan-ouèrefpicit a & difponerepofrunt,fcdeam nequaquam per felargiri poflunt, vndein ecclafiaftico egregie dicitur , S? enim Dominus magnus uolueiit,fpiritu intelligen-tia replebit eum. Et lapienti? nono capite. Senfum autem tuum quis fidet,tu dederis fapientiam, & _ . : miferis miferisSpiritum Sancum tuum de Aìtiffimis .Et fa piens introducitur in eodem loco,fic orans. Mitte il lam de coelis fa&is tuis,& à fede magnitudinis tuje, vtmecum fit , & mecum laboret , vtfeiam , quid aceptumfit apud te.Da mihi dominefedium tuarum afififiricem fapientiam. Quod vero fubij citur. Et ex ore eius prudentia,& feientia, latè,figni ficat, fapientiam prouenire ex diuina reuelatione, quae in fcripturis, & prophetarum praedicatione ho minibus innotuit,& interna infpiratione, & afflatu fpiritus, in vnicuiufquè fit mente . Nifi enim fic Deus loquatur per fcripturas ; San&orum praedicationes^ fimul per internum afflatum,quo nos trahat,& perfuadeat, nequaquam verè fapientes effici poffumus; iuxta ; illud Ddeéti;& Aquilini Ioannis. Erunt homines docibiles Dei. omnis, qui audiuit, <3c didicit à Patre, venit ad me . Proinde docet h^c Salomonis admiranda,& recolenda lententia, non in Ethnicorum libris, fapientiam effe requirendam, led in diuinisfaipturis,quas Deus or e proprio iocu tuseft,digito filo exarauit, fednecin illis inueniri, nifi per illas Deus nobis interius loquatur ; & proinde precibus à Deo ambiendam,& impetrandam, non tantum corde d eliderandam, fcd & fupplicatio nibus impio randam .Si enim fapientiam inuocaue-ris, & inclinaueri s cor tuum prudentiae, fiqu^fieris eam,quali pjecuniam,& ficut T hefauros effoderis U lam,tuncintelligestimorem Domini, &fcientiam Dei inuenies. HincApoftolus frater Domini. Si quis indiget iap ientia, poltulet à Deo, qui dat omnibus affluenter. H^c igitur fupra omnium mortalium i ngenia,eru ftantecorde Patris, distante ligua lilij, fcnbcnteca lamoSpiritus Sancii conferipta cfl, nullis colorata C men- mehdacijs,fidionum,&fabulàruit1 expm i^toto fančl:a,ex toto inuiolata. Nihil enim in ea,nili fandum intenditur. H?c diuina trattar, Spiiituquè diuino commendata eft literis,&veluti immenfum quiddam, & in finitum{ cuius fcopus quidem,&finis eft ipfe Deus, & fecreti receflus diuinitatis Icfus Chriftus,qui ple-, nus gloria,& fplendore,imo i ple. gloria, & fplendor diuinte fubftantfe, heri,hodie,&ante fecula,noe eft» in ipfa seternitate fubfiftit) in vnam illam, qua; omnia tempora ambit; & continet ?ternitatem, colliniat, arcum intendit,& iaculatur . Prior omnium creata eft lapientia,& intellettus prudente ab seuuo,. Ab exordio .f. genetis humani, QuodD. Auguft. lib.de CiuitateDei 7.cap.32. feriptum reliquit . HocMyfterium vit? ^ternae,Sacramentum, felicet redemptionis Chrifti, ab exordio generis humani, per quaedam ligna,& Sacramenta,temporibus-con-r grua,quibus oportuit, per Angelos praedicatum eft. Hinc Theologi fatentur apertè, Adamum Puothopa: rtntem rioftrum clariflimam habuilfe Theologia, Chrifti Incarnatione agnouifle,& pra^dkalTe.Quod deducunt ex Paulina Theologia. Hoc nùc os ex pili bus meis,&caro de came mea,quapropter relinquet homo Patrem, & Matrem, & adhaerebit Vxori fu?, & erunt d uo in carne vna . Sacramentum hoc magnum eft (adeicit Apoftolus ) dico autem in Cimilo,& in Bcclefia. Enos autem ipfìus Adami nepos,ca?pit inuocare nomen Domini .i. Dei verbum, quod humanam debebat aifummere naturam. E-noch deinde ab ipfo primo homine feptimus, ipfo-'què viuente natus, & adultus, qui ambulauit cum Deo,& non apparuit,quia tulit eum Deus, (vtte-ftatur Author Ecclefiaftici ) Enoch placuit Deo, rn Pafadifitm,vt det gcritibuS p?'ni-tèri^Um;ni'ù|feiTheologica docuit,&Spiiitu Prophe t^c aStótliy Vt ludas Apoftolus fuaEpiftola dafifàniisvérbis attedia tur. Prophetauit autem & delh'is iéptimus ab Adam Enoch,dicens . Ecce ve-ìfót’ìjomitfusriri: -Sanftis. millibus fuis,facere iudiuu. córitra omiiès, & a'rgUfcre otti nes im pios de omnibus-iAipieratibuseorum,quibus impie egeriirm&deom rìibus duris, qua* loéuti fune cótra eum peccatores fpij.Noè ante,& poft Diluuiu (ipfo et Bercio Chal da?Ò Icribenre ) docuit Theologiam, quinimocon-icripfitcerimonias, cultum Dei, Religionem- Mel-čhifedech etiam Sacerdos Dei Alrillimi, qui obtulit piincin} &vinumin Solerti menti Alturis Chnili ram, &Myfteriu.Abràhamus quoque eius coaetaneus, vera fapientia plormsextitir,fan&itate,& fide, loicphus fingulari quodam diurna?proludenti^ ma nere ad Egyptios dcftmatusfuir, ve erudiret Princi-, pes illos,fenesjuuenes verbo Dei,, doceret prudentiam, notitiam,& cultmp veri Der. lobus ipfe,inter Orientales Deo carifiimus,inter barbaras nationes arcana diuina agnouit,& docuit. Mofes nonne fuit magnum lumen, tanta? admirationis, tàm apud fa-crós,quàm àpud feriptores prophanos ? Indicat aliqua ex parte iplius fapientia? antjquita te m, quin ^temitatem magnus ille »verus, & legitimus Dei fpeculator Mofes, & rerum diuinarum ep-"templarof , Icriptorum omnium antefignamus,a quo omnes hauferunt, omnes didicerunt. Nam in Čap. libri originum, quemProliemij loco prcppfuit diuinis legibus,tum ad conciliandos mortalium ani mos,tum' ad exfufeitandam in animis hominum me moriam tanta? nouitatis,tùm, vt inde deftrueret ar-ces,dc mimitiones impietatis,qua? fe fe extollunt ad- C 2 uerfus uerfus fcientiam Dei : exorfus ab altiflimìs radici*7 bus creationis Coeli, & Terrae» non obfcurè lignifica uit>per innumerabiles annorum myriades, & infini tas indeficientium faeculorum aetates,Deum,fapien tiamq; fuamefle,& extare ante omnes caufas, ante omnes naturas,ante omnes poteftates, vt qui fit cati fa omnium caufarum, principium omnium principiorum, Origo omnium originum , author temporis, ficut & mundi , atq; ideo tàm ante tempus, quàm ante mundum. Et quoniam nemini dubiuriv eft.quin Deus omnia,qua? funt,fapientiffimè condiderit, ficut fcriptum eft. omnia in lapientia fecifti.re linquitur, vt diuinam fapientiam, quali modo quodam admirabili, lingulis illis operibusimpreffam, conlpicere valeamus,& eius originem, antiquitate, ^ternitatem. Rem porrò omnem non indicauitfo-lum, fed ante oculos noftros palàm expofuitlux al tera Salomon, qui pr^ceslitfapientia omnes,qui an te fe fuerunt in Hyerufalem. Ab initio, & ante facula creata fum. Dominus polfedit me in initio viarum fuarum,antequa quicquam faceret à principio. Ab aeterno ordinata fum,& ex antiquis, antequam terra fieret. Nondum erant abyfli,& ego iam concepta eram. Dominus lapientia fundauit terram, ftabiliuit Coelos prudentia , lapientia illius eruperunt abyflt» & nubes rore concrefeunt. Extollit feà magnitudine operum,qua? peream fecit Deus,ligni ficans interim per h^c,ipfam lapiendam, de qua loquitur,non eflehumanims inuentam, fed iplo mundo antiquiorem. Qua in re non debet videri imper tinenter locutus hic nofter fapiens,cum àfapientia, qua? eft in hominibus,tranfiliat ad fapientiam illam diuinam,per quam caeli,& terra,& omnia, qua? in eis funt » à Deofà&a funt ; nam fecundum Analogiam, vel rationemformalem tranfcendentem ( vt paulò ante dicebam ) vna eft, & eadem lapientia; Diurna increata, perquam Deusomnia creauit, & humana participata,qua Deum homines re&è co-1 gnofcunt, & pie colunt,quia hac e il illius quadam participatio, deflues ab illa,iuxta homnis capacita tem . Vnde in fapientia dicitur effe vapor virtutis Dei, & emanatio quadam claritatis omnipotenti* Dei lineerà. Etin Ecdefiafticodicitur Deus»effu-difle fapientiamfiiam,Caper omnia opera fua, & fir-per omnem carnem,fecundum datum fuum, & pra-Duiffe illa dicentibus fe; Et lapientia nono capite. Tecumfapientia, qua nouitopera tua, qua, & adfuit tunc,cum orbem terrarum taceres. Vndeintelligendum relinquit icriptura,quoties dc fapientia hominum tdm magnifìcè loquitur, non fe loqui de ea,qua humano ftudio reperta eli,ex naturali tantum rationis lumine: qualis eft fapientia, & fcientia philofophorum,plena multis erroribus,qua verè humana dici poteft; quàmuis etiam multa vera cótineat,fed de ea,qua non nili lingulari Dei dono homini contingere poteft, qua fcilicet, & recte Deus cognofcitur,& piè colitur, qu$ vere diuina eft fapientia,& fecundum Analogiam eadem cum fapientia Dei; ficut fecundum Analogiam eadem eft effentia Dei,&noftra. Quoniam autem Antiquitas res commendare fo-let,& dignitatem auget; res praterea cum laude o-lim gefta, commendant eum, qui pr^clarè egit; ope ra deniq; affabre fatta, celebritatem conferunt opi-fitij ; feipfam nunc laudat fapientia, vel ab aternita te fua,& ab operibus admirandis, qua cum Deo fe- cit opoétek tiffiob mpràJ<3f (StmVéft i •fepiewtià m- in geuti'e peririj tttBféHttrr dom prè&nfevrfv itìtrodiKÌkx^iÉiBa3cm& propcnfiori in uos luuan di voluntate; Vnde neruos omnes contendam, tum publicis lectionibus, hoc anno in tertium Sent. librum,tum priuatis,& intra domefticos parietes,hoc eodem anno in primum, vt Nouitii,&tyronesThco lo gise primordia nancifcantur. vos rogo, atquè obfccro,nè abhorrete à me animis , nequè aut oculis, aut auribus, ab hac mea oratione discedi te, dum perofficiose, & peramanter inuito uos,ut alacres ueniatis,ut curratis, ut aduole-tis,& audačter quidem,fed tamen bona fide,& reue renter ingrediamini patentes campos, & profunda maria diuinae lapientia?. Audiens enim fapiens, fa-pientior erit,& iutelligens gubernacula poffidebit. Ecquis cft ueftrum,cui tandem non libeat,hac ipfam facrofančtam fcientiam,tanquàm expeCtatif-nmam terram uiuentium,tanquam iucundiffimum paratum nobis portum,atquè perfugium, & falutis pra?fidium,nauigantium more, animis l?tis, atquè gaudentibus,amoris ,&• honoris gratia inuifere, & {aiutare? Hac enim duce, fuperatis vndarum flu&ibus, nonfolum retrufis,fcd infračtis fortuna? telis,cohibitis flellarum viribus, diflolutis neceffitatisuincu lis,retraCtis quinetiam fatorum liciis, qua? inextrica bilibus nodis contorta, nos premere, atquè y rgere uidentur; in antiquam illam Patriam reduces erimus , ad quàm in hoc exilio politi, intranosmet-ipfos altum gemimus & fufpiramus . Beatus homo , qui inuenit fapientiam , &qui affluit prudentia . Qui me inueniet ( inculcat ipfa fapientia) inueniet uitam,& hauriet falutemà Domino. Audiuiftis ( Viri optimi) vt tant£ rei tandem finem nem imponam:hurnan£fapientre,&dÌuine laudes, de Encomia; nimirum Originem , Antiquitatem , fupereminentiam, nel fublmiitatem, neceffitatem, utilitatem. Nunc vos defatigatos dimittam, fed primumuobis omnibus , Dominis meis,perpetua obferuantia colendis,qui amoris, & honoris gratia hùc hodie conueniftis, gratias immortales ago; Pre fertim vobis Illuftriffimis, & fapientiffimis Rettori bus, Andrete Minotto Pretori, Marco Quirino Prefetto,in Sereniffima Venetorum Republica (telJaru inftar fulgentibus,vrbem hanc Patauii, admirabili prudentia , & lingulari dexteritate gubernantibus .Vobis Reuerendiffimis Abbatibus,Prothono-tariis ,’coeterifquèPrelatis,Ecclefi? Santte luminibus. Vobis Eccellenti ili mis Lečtoribus,in quacum què facultate, Academiam hanc exornantibus, & il luftrantibusjtoto orbe terrarum nominatiffimis: gra tias refero ingentes , & tantum me debere fateor , q uantum perfoluere difficile eft. DIXI. Superiorum Permilfu. .>-jl: ■ ' i',-... ■ . r-..iìn:cq.in: nin ''"I1 • • . r.\ ,• tf,ir;fODf J'j . ■ r ,i rn»r: .iiri*« > ■■■ ■ ; .. • n - ... ' : ’ : i • • . rt ■,1 ■ ■ OlU- • »shv • • *'-vsr.k> 1 ■ ti*^ì ■ ■>1 1 ( 1 CwOl-lH ■' -4*.!, £ r . ' ' . ' ■ ' , ■ . »/hi ' i: o. .. . .1 ■ • • ; / ".'Di ' ! - ; ■' - " ' ' ' - . ~ 1 ■ : ' •• •• r *•. • « i-'.rii n ì ■ - ' ; “ /"■ \ ; • ' - ■; ' '■ ' . ... ’ > ■ ■ - ■ ' -, .. ■ ! ' 'r j - - IL GIGLIO. PANEGIRICO IN I. 0« / D E-La ft PUO&RQ BENIZI FIORINXINQ^ AK.v* /.SU» Conteso, e recitato dal Padre Aurelio JMaria Torchio Milanefe. Nella Dedicatione d’vna Capella confograta ad elio Beato, nella Chiefa de’Serui di Milano. Li 23. Agofto, l anno MDCXXll7. Stampata ad inftanza del M.Mag.Sig. P.Paulo Befózzi Caufidico di Milano. IN MILANO, Nella Corte Regia, e Ducale, Per Gio. Battifta Mantella, Stampatore Regio Camerale. f 'V T’ «f •f' •5 A vJS. J. - ... T r \ T Cf 1 1 >i j i_/ i JT V- 1 /< _w If i /s t * ch'altri poi di quelli fdegni « do il commun concerto,diuenuti del tuttoeraiilidellirccelli dell'aria proue-duti di penne fcielte.e leggieri affamene fentu velabant fynon do fident fpie-Ifaia 4*. Rato hanno il volo per formontare le più eleuate cime da feofeele monte» che Inčuna «a fei Maeftofò nella Tofcana ri Cede, rannidando in- quello fra l’ombtofc bul. Ser- felue, ne piùcaui Antriincauernando<ì,con noirmaiintcrrottevocifciolgo-uorum. no if cantera Ile fourane lodi i denoti romitelli,e conuerrami il direcol Regi* Orig. de Profetta igic pafseres nidificabunt, de medie petrarum dabnntvocer qui habi Serut. tu* in berta fac me audire vecem tuam- fete vaghi » che fra cedri di Confef. Pf.io j. fori, fra Aranci di Sagri Dottori, tra verdi virgulti di giudi pulluli la bene Cant 8. detta terra odorofi fiori’Jfnrer apparuerunt in terra nefira d’anime beate e sa» Canta. te» fouaui nell’odot del merito,vaghi nella beltà della grada »morbidi nella • pienezza dello fpirito, ma vanj ne colori» poiché altri vermigli d'amore, al. tri candidi di virginità» altri fiammeggianti di carità.altri verdeggiami d in docenza,altri tinti di bel cinabro del proprio fangue »che per amar di Giesù il duro ferroli traile, altri pali idi d’vmiltà,altri azurriidi fermezza .altri coloriti di cenere di penitenza, altri gialli per il libero dominiofopr» le paffio-ni terrene, altri Pauonazzi per il fprezzo del mondo inconftante, altri inargé tati di pura fede, & alti »dorati per il fplendore del buon efempio: fra queliti. merauigliadel erelo)la palma, el pregio-,e la corona porta quel candido,, puro, e odorolbGiglio di FILIPPO BtNIZI nobdiliimo Fiorentino, Cerilo di Maria Vergine coll’aperto theforo dell» fantitàj la cui fragranza , e luminerò fplendore nell’odierna folenniti ì lui dedicata(à cui anco con pio,de-notO) c vmil affetto vico confagratada coteffi ReuerPadri (agrofo0**Čapelj la, e fama Altare) li fparge m lì fatto modo, eh.»- ad vi» tempo e d©Jore»edi gioia ne colma il cuore, ere quafìrer, 1 frati germinabit qua fi Litium, & «der Ofea 14. tini vtlibani in altro propohto Cenile Ofea,& 10 à gloria del PatnarcbaFilip-po canterò ere quafiros, Flertntiagerminarneficut Lilium, Ó1 *d«r eius vt hiani;*nir (Y ggiongeròcol vaticinante P'rofetta Fhilipput germmauit ficut Kjl, ditium florebit maternum ante Dominami plantatae in deme Demoni in at• trijs domat Deo no fin. Giglio radicato nella Terradeli vmilt» fra iierpi,e falli dell’afptezze, e penitenze religione , fui verde Itelo» della fperanza eter. na adcrnodi candidezza virginale , d'oro di charità inuertl proflìmo ,e d’a-mor inuer Iddio-, la fchiera dell» altri fiori in fantitìauanzando, campeggi» ora ridente, e lampeggiente d> gloria in quel beato-, e fcliciflimo giardino dei Paradifo, lo (ledo Giglio per Impref» portando- come imi utore delle fu» qual'tà» che d’èntrambiad vna ad vnacol paragonar narrando, (quantope-ròm breue circolo di fugg'tiuo tempo e conceffo a fcilmguato-^ e balbutient» diciate, il mimmo fri queiUlolleuatlcingegoolirpirui, prillo di concetti, »fornito di fciefiza, ignudo di fa pere, poutro d’arte mendico di dud»o)f*bcu che-òli mio Panegirico ragionamento. _ , Germoglilo Milano que' fiordi Latte, imperlato di lucide Stil le, fregiato d oro della diurna gratia nel Sondo giardino delia fianu già / ' tri *Ténfgtrko 1 7 irà aride Zolle» ArnAifhe glebe di poderi genitori plebei, ■»» i guifc di gff- ., •negli del Danubio, e della Pannoniaci Cip»®, e del Mondo nueuo fra Mé- ^, , denti femi dell’oro d’illuflre Nobiltà, e copiole ricchezze egli fpuntò,il dife £ , , ♦ antico Poeti. - ruig.i.t Jìebilt, fr antiquum gente» efi leniti» frtits Aceti» Jpiritut clajfts,Fiorenti» Alumn» Vrbi», ér txiffa infiliti pretii»tt Philippus e«. Vgolin. Vermos 'Xfiltnitm : che benché tenero ancora, et a pena vfeito alla luce dal mater *10 grembo, nuJladhnenoodorofa fragranza di fantità fpargeua,or rifiutando ^ p.C ?a le materne poppe per l’aAinenza, « più nell’eti crefciuto,or con infieuolire il tenero co rpicciuolonc digiuni,ora in vece di ripofare le delicate membra fi?- M A , prale piume molli * morbide, in fotti liliìmo Biffo, e fra l’oro èl olirò ,n«] 6 'an)^ j filoio della nuda terra corricauafi adatto fonacchiofoà terreni affetti,e del tut ja vj 1 to fuegliato alli affiridel cielo, fcioglieua la lmgua, e diferraua le bambine- jejj, , ^ fiche labbra d Duellare con Dio,replicando il Profet.detto A pud se «rxtio Deo j fi c , viti mtd.Tcco confabulaua con le meditationj,con le contemplationi,-con io pjjj ’ ’ rationi;e fprezzandoi giuochi,e fanciulefchi piaceri,che nell a tenera età barn- ' 4 boleggiandos’impiegono i fanciulli,1 orme tnoueua i Sagri Tempi}',in quelli vezzeggieuoli traftullidimora ndo; anzi rontrtdauafì quando dalla cara geni- su'pitius trice non v’era condotroj onde con verna di lui porto dire quel k) fenile Sul • J. de vita pitto di S.Martino, Annuite tire» ixcltfinmfemper intentus, medu ab» tur in li. Marti-»Ute puerili,-quidpefle»demtue im pieni»,òche foaue odore fpargeua roteilo ty, § , tenero Giglio, coll’adempireciòchefù regiftrato steli'Ecclcl. Jlorete Jlores, qua fi Ltlium dtut odorem. E fe ne Geroglifici fuoi il miAoriofo Egitto per la Tapiéza figurò il Gìglio, Eccl. jf. che di quindi.appellato fù iride della Terra perii lignificato dell’eloquenza , com’egli ifleffo ìldimoflra mentre diritto fopra Halto Gambo dilatando le foglie d’argento inuer il cielo oue la vera fapienza fi ritroua al parere non mi-ca di fauolofo mcnzoniere, ma deH’Apoliolica Tromba : qua furfur» funt Q0j0n-. fnpite ir non qutfuper termi»,quella mirandodel tutto fi riArmge e chiude; ^ al che a’ronon m’auilo male voi le alludere il Saluatorc in S Luca,quando fa bel landò del più faggio del mondo foggionfe; Cenfiderate Lilu agri q uomo- Lue. it de ertfcunt,dice ausemvobitntc Ralente» in emnt gloria fua vefltebatur ficut vnumexiftù s ardirò io oggieoll’indotto fcalpelio odia mia lingua nell òbe lifco dell eterniti, nelle piramidi dell' mdelebil -memoria fcolpir quello Giglio di Filippo perrara figura di fapienza, «onciofiacofacheoel variar delti . anni crrfc.uto m conueneuolettà,p.r configliodel Padre abbandonò le natie *>0*'euin. contrade, efuora del patrio nido lo fpmfe defiodi lapeie, indi rruelfe ilpie neIlt su* de ai fiorito Audio d> Parigi,e qumi al difu fato cofiume de Scolari ne i fpaf. v,ta • J fi, ne à piaceri, ne alle diflòlutezae badando, del luo felice ingegno dando fàggio, tolto della bella tofiafifece pofleflore.e nell’arte della Medicina farro. Capiente la laurea efentrairibiin Padoa riceuè, ft rithiamato dal Padie,come riuerente e vbidiente figlio tornolene alia natia Città à godtit i Lutti delle fatiche riguardeuoli,non giammai ponendo in oblio rincominciato lentiero de Delfici Precetti, vi *p ù alle fagre Lettionichei Dottorali tft rat ij atten deua fapendo che, in thefauris fupientia, intelleflus fetenti» religtefittu. r . C»rena fapitnti» timer Domini,e che cmnu faptfttaà Dee efi.Acci ppiòquel- cce’,/’ 1» con lagrauiti decoAumi, con lamodeitia deli andar compolìo, tó la par-cjtà delle parole, con la riuerenza in ciafcuno, con l’affabilità del trattare,con “ - -la ftremtà ‘ « . n Gigni la (ercniti diconfcienzt, e in faranu con la Cantiti «fi (rtó/ r. ' i In quell’età(òcara mia patria)* in quei tempi,ebegermogliatila» fen«« pungenti fpine di mille colpe, e de corrotti codimi: lì che limando condotto dal fenfo alla cieca ^fe nefdrucciolaua in infiniti errori; fmarita era la cara* ti, sfauillaua 1 odio? 1 accendano le riffe t lampeggiamo l’dnttiKfuentolaua il nero dendardo di morte, eondeggiaua il rofli» veffillo di fangtte tra Guelfi, cGhibellini?era cacciata la Caditi, e accarezzatala Iafciuia?eta(i dimentica to I vfo defigramenti, e introdotta l’efecrantla conluctudme deUe betiérriic ?' eran chiufe le Chielè, e fpalancatii Podribu)..»derelitti i Tempi), e frequen tati i fpettacoli? fpento quid il tinca d’amot- Diuino.fptegtcohaueua il bruno velo l’amor profano? non fi fauellaua di pieci, òdiuotiooe rmi digiuoc-chi, e di crapule? non fi poneua dudio all'opre di pieci chriftiana, ma atten-deualì al cumulo delle ricchezze? difloluta era la fanciullezza? sfrenata la gio uentù? ’afciua con l’margentato crine ,e eoi piede-infirmo fe n'andaua la veneranda caniti:?:ra podo al fondo ogni rlfpetto di religione chrilli»oa»calpc ftrata l’Imagine della virtù? il mondo pieno de peccati, òft inaro fe ik daua,e cieco ne fuoi errori ; e che altro erano cb'acuti , & pungenti fpina?,giichc alternar. efcUmò il contemplatimi padre,(pina culpa,Spina falfut frater,(pina viciniti. ma fra quelle mordaci, & agrefpm», Fil ippo come frefeo, odorofo,e candido Matth- 6 Giglio del tutto illefo fpuiitando,(i potè dir e,e fra le firme par fi untando via-Ghisler. «e. come drfimile fcrifte Mitteo ai parere del Padre Ghiderio. confiderai! io cap. x L'ha agri, quomodo intir firinat nirent, vigent ; che fra quelle leuando il Cane. fuo verde deio,non fulo non vienofFefo, o lacero, mi incerto modo vaghez Cant x. za p ri udendo, era degno di quel gentil paragone fieitt Lilium inter firmat fio Amò Li. amica me a inter ftliasipo\ckt era fanquam Lilium in medio /pinarum. de Virgi- F nfe l'antica Gentiliri fotto là corteccia di fiuolofe menzogne,che mentre nibus. labella Dea Giu;.one,daMe candide,* alabadrine mamme il tepido latte d»i dilla ua nelle teneri fauci dell’Inuitro Alcide,ancor pargoletto in falde,Gio-Natalii ue per (eberzo e gorocho, daccò il fanciullo lattante dalle poppe,mentre cb' Comes ella in grato ripolo dolcemente dormiua,onde dilla fonte del latte velandoli in metile ricandido liquore fe drad* al Cielo : onde cantò* quel fa me fo Poeta . Si come e quella via lucente t ti anca, Tano nei CAe del latte al candor i lumi aggiungr, mondo m /AKfe fijf, jftu, ini cofparft. cr.elto La qual'e via ch'adduce all’ alt arefiat ma parte diquelfo irr terra? grorn. 4. gocciolando,coll’imperlare 1’erbofo fuolo.nvlcirno laggiadri,e candidi gigli* col feno ricco d’orofìniffìmo,che poi fior diGmnone raddim5dorno,e psempre à lei fùcorifag.rato : Era ben dousre che per virtù del Cieloadinrercef-fione della vera Dea del Paradifo, quali da dolce latte, poiché mitiora funt Cant.i “obera tua nino,nato Filippo come via lattea d’innocenza r lucida per il fplcn» dorè della {amiti, di fpeffè Stelle di virtù brillanti,fegnato,per cui s’inuiorno tant’anime al CieIo,e come puro fior di giglio Xpp*r(o,Florent‘* germinauir Lilium, giglio di Miria ei fosfe, & à Maria confagrato; che però come di fe dello prefago, quando i primi fette fondatori del rtodro giardino amantati di rozze vediifcalzijfe negiuano per la Città chiedendo elemofina,Filippo Par goletto in fafeie, fcherzmdo nelle materne braccia con vn choro di fanciulli fanciullcfcamente applaudendo,rotto-il fcilinguagnolo, aperte le anco in fot- ^antprkv 1 f éfe libbra, artico fate le voci miracolofamente, sé alt* voce tfiflero Mamma1, marami, «co r Serui di Matia, fatteelemofina dferui di Mari», e per ftupore- , . dicofi portentofo prodigio; potròefclamarecon quellaboecad’oro.Majna,*" Chrif* & valida demon0raUo, chorut infantium fflaflentium , non antealias le* *°st ln quutu» ó* di di pouero fraticello, sboccando da Tuoi occhi vn torrente di lagrime , col romoreggiar de finghiozzi; in cufà guifadi fuoco Greco fiameggiauan cocé-ti fofpiri, con fupplicheuoli acconti chielfcuaTeflerriceuuto nel nuirterode ferui, effer veftito di quel l’abito,ch’à Laici,e conuerfi folo fi cóncede'poichc Humilitati* virtù* trtah te habet fuperiori fubdi, tqualincn prtferri, minori penus fUbdi quampreponii ò flupore inaudito quello che nella propria cafa è s.Bernarv ferui to e comandar fofeua, nell’altrui ferue& è comandato? quello che ricco, degr.hu-voluntario mendico fi fà?tpjellache fra laNobilti.e fra i Primati della Cittd conuerfaua, fra più rili ferui foggiorna ? i più vilrefercitij attende ?eoltteil frequentar del Choro,e de Diurni vfficij, coltili* la-terra / zappa la vigna ? con vmiltd ciafcuno pregadi feruire? chiede perdonodchi fi bene?s’efercit» ire più vìlfefatichcuoli efetcitij? poteua dire Humiliatu* fum vfquequaqut pf. rf j. DKrfi bé fpeiìo mediràdo,(cred’io) la fentéza dell’Africano Dottore,Magnus $,Auguf. ejfl vifà> mmimoincipeicogita* magnam fabricam conftrutre celfitudm», fer.io.de finitamenteprrne c egu a humilitatu . vn Asilo, vn Prottotipo d’vmiltà fem- ver. Dfii braua,come Diltepolb di quul fourano Macftro,ch’infegnò.A/riff ime,quia Matt. i il mi tòt fum,fa' hmilU'cvrdr. Taccio fi i o 11 Giglio ' Taccio,che Colo quello germoglio à guifa di giglio, tanti ne multiplicaITe d’ vmilti; taccio ch’egli per fuggir« li oltequij d’amici,icortegianelchi inchini de Nobili, le fpefl'e vifite de parenti, iapplaufide Cittadini, e della plebe mi-ld.l.rc.£ iuta, llàper dire, per anichilarlì nel cofpetto dei mondo, fi ritiralle à Monte Senario, s incauernafie in ofcuro antro, che da me villo non fapeuo difcerne-re,fedifeluaggiafiera,od’huomo ragionatole folTehabitacolo , taccio,che viaggiando con doi Padri di quella Illuftriflìma Dominicana Religione dell’— *Itrj 0rna"lent0>e Iplendore, nel fauellare, ilcorgend’eglino, che in vmil bu Ito di vii fraticello fi rinchiudeua vallo intelletto, entraci à poco , a poco ne ondeggianti flutti della Sagra Theologia,altamcte rifondendo, pregolli nul-ladimeno,che per amor di Dio non riuelaflero ciò ch'età occofo . perhe mol-Pf.ij. to ^en fapeua,ch’egli era vn Zero, vn nulla,e vn verme . Ego fum vermis & ntn homo opprobrium homtnìi, & abieéiio plebis-,uccio, che rifaputofi l’intelligenza di Filippo da luoi Superiori, pervadendolo d difporfi per riceucre li Ordini fagri egli ricufafl'ejma da quel ingemmato giogo dell’vbidienza, che A Inerti e>c°nie il confefsò vn Gentile Dee parere libertas e fi, aftretto,e quali nec. de isf0Jzlt0j fott0pofe il collo per vnirfi con Dio, già che fù detto ebedientia fo-* e "la *fl, qua Dee hominem iursgit, vi è più congiungendoG per mezzo delli or-' r . dini fagri, col cui indelebile carattere fù ornato, & auinto . a. Aniel- Qui e forza, che la lingua ammutifci, s’infieuolifcala voce, fichiudinle P mA ^*^ra> ducili il filenti«, poiché come è il bifogno, non hò ribombante la vo » fcput. ad CC) fonoro ,i petto t fpedita la lingua, eloquente il dire , perlpicace l’intellet-**ebr' to, à palefare, che preparatone egli facefie ? in che fcruorcelelle egli dimorane? con che purità di mente? con che fofpiri dicuore?con che lingotti di va «e/ con qual lagrime e di cuore e d'occhi? con che diuozione di fpirito ? con che feruord’aio egli s’apparecchiafle all’elequtione deli’ordmesacerdotale?có Plato de chediuoto efempio efleino mollrafle il fuo pietoto apparecchio. Arduum Regno. *fi .».diflè il contemplatore de celelti globbi fine exemplo, res magnas lucidi ofionderei e benché folle candido, puro, e mondo giglio , s’affannaua peròdi . lampeggiare nel cofpetto diurno, come chiaro , e limpido criilallo , che in Invita s. fimiloccalione, ad altri da fpirito alato fù Jemollrato : poneua ogni fuo flu-Francifci dio d’allomigliarfi aJlTmprela della [ua famiglia Illullre, che è vn Aquila c5 l’ali dilatate in Campo Azurro,e di lui fi venficaife , ciò che è regillrato in I b : Giobbe nunquit adpraceptum tuum eleuabiturAquilaiin arduis ponet nidum fuum,inpesris manet,& in praruptis filicibus commoratur , atque in acceffìs rupibus inde eonteplatur e [carnet de longe oculi eius pro/ptciunt,U doue fpic. cauali da terra còlali del cuore, e con veloci vanni de penfieri ad efequire i Delfici Precetti,ch’i Mimfirifuoi furno promulgati j fabricè alla falma fua .i Mortale vn nido, nelle diffidi vie di Senario, dimorando fra dirupate balze,& ifcofcelle rupi, fra arride cauerne, fra dure pietre d ’afprezze,macerazioni,digiuni, e attinenze, con luoi occhi Aquilini, librato nell’aria delle meditationi mirauafìflo i rai dell’eterno Sole, e à lui fi deue ciò che d’altri follemente fi vaneggiò. Petr. Tien pur gli occhi com Aquila in quel iole , e benehe l’illeflo cantò Id.p.i il Sole abbaglia,che ben fijfo il guarda, egli nientedimeuo lieto e baldanze» fo diceui Purché godan gli occhi ardasi le piuma Ne di quello contento,dal. l'Arco curuo de gli occhi della mente,fcoccaua di lungi il fottìi fguardo, per mirare, fi nulla, benché di poco momento macchiando la candidezza fua,p0-ttfle offendere la Regia Maefià Diurna, or quinci, orquindi fuolozaua con i o ' vanni Panegirico. 11 vanni de Santi pénfiericadeua pofciacom’Aquilainuecchiata.p ringouenirfi nella yia del Signore in lubrico fonte di liquefate perieli continui pianti,che feorrendo tra le verdi Iponde di vera fperanza,col rocco mormorio del loro amaro corfo chiamauan i fe lo fteflo Dio,muonàd'egli renouabiturvt aqui-pp Uiuuentus mia-, condibatteri vanni della confideratione di fe fteflo, aprir > porri della cognitione de proprij diffetti , e gettando l’annofe piume dell’-vmane fe ben leggieri colpe, lauato nella vermiglia fonte del fangue del Propitiatore, e quinci fpuntate le penne nuoue,à guifa di quell’Aquila , deferitta da Ezzechiele,dilatò l’ali, dirizò il volo, e fuolazò fopra l’erto monte non Libano, ma Senario,per cibarli della midolla del Cedro dell’Oftia làgratiflìma, -nel di fuori feipita e difgufteuole per l’amara memoria della Paflione del Si-_ ... gnore ncolitur memoriapafionis tius,ma nel di détro dolce e zuccherofa,p Eccler.it» che mens implet ut gratia et futurp gloria, nobis pignus datur ■ Aquila gran- „ ntlP dit magnarum alarum venit ad Senarium&tulit medullam Cedri,di replicar Kzzec- *7 è concedo. Ma innarcate i cigli, e cola di ftupore vdite. Finito il Prefatio diferrate le Gian.lib. labbra il noftro candido giglio, per intuonare il SanHus, dalla celefte regia, , cap< lo fra li alati cortegiani fpiegorno al gran volo li aurati vanni alcuni,e trapafsà- Ann.Ser. 4o il gloriofo cerchio, oue i Beati hanno la lucida fède, fendendo il cielo di ■puro criftallo , feendendo dalla fidiaca sfera compofero vn choro mulìcale,e giàdifpofto àciafcuno il fuo luogo,già polli all'ordine i più dotti, i piùefper ti cantori, e Maeflri di mulìca che formallè la creatrice mano di Dio,già temprati i varij ftromcnti, già feompartite le parti, già »degnati i canti,già mode le battute, già numerati i fiati, data la voce, tiratigli archi .tocche le corde, fpiccato il luono rimbombante di non mai più vdita melodia e di fuoni e di ca ti, di quella Capella muficale del fommo Imperador del Cielo,che fi rifilo-nate quell’eterne, e (Iellate volte, delle più dolci, e fouaui lodi di Jui,cantor-no SanHus SanHus SanHus Domina* Deus (yc. e ben doueua parere , che in quei Santo oratorio Paradifo di Santi Religtofi fi folle rinouellato l’oracolo d’Efaia, quando rapito in fpirito veddè la gloria, eMaeftàdi Dioinquell’ec I(aia5. celfo Trono, e i Serafini.come Cicale di Paradifo, che non filent dumardeni dibattendo l'ali per rinfrefeamento delli incendi; loro, con fcambieuoli,& alternate voci cantano quel canoro Madrigale, e diurno Cantico che s’vdi nel primo Sagrificiodi Filippo. Ek'Dio quanto più erano i fauoriche dal Cielo riceueua il Santo Padre, tanto più egli nella profonda Valle dell’vmiltà dimo raua, dicendo Ego flos campi (y lilium conuallium. Fù di tanta fragranza l’odore della fantità lua,chefuaporaua quell’ima vai le, nel cui fieno rinchiudeuafi il miracolofo fiore,che tutti quei Padri raguna-ti nel Sagro Condauc, per celebrare il Capitolo, allettati dall’odore Curre-~ mus in odorem vnguentorum tuorum.doppo diuerlì vftìcij di commun parere, *■ con applaufio vniuerfale quafi odorofi fiori, chini,& deuoti acdamotno Filip po per Generale l’eleffero per Capo fopremo , & di lui fi deue dire ciò che fi ficrifle d’altro fiore , giglio , & florum minime minor, ofièruando il Beato Maj„ft jjjr netto con lui, ciò che fece quel grande, e faggio Imperadore Aleffandro , il J,b.i i qual peruenuto alla meta del corfo di fua vita, addimandato à chi pretendeua egli lafciar quell’alfa lua dignità, rifpofe il fauijflimo Monarca Dignijfimo. e Filippo fendo il più meriteuole, il più degno,anzi il digniffimo,nelle lue mani fù rinunciato il Generalato. Mà l’Vinil Padre, à guifa di quella rozza Pa-Aorella de Cantici, che da vii Cullode di mandre, e mifera pecoraia, che gi- fi x ualène r Ji . lltfhgifo tufene al fpuntar dell’aurofa, fino al ehiuderdel giorno««! trattata, e Ran« sppreflo l’ormq delle file capre, col feguir la traccia de lafciui capretti,& Agnellini, contìnui« guardianati vigne da Cuoi fratelli, tper guardane il dolce fruttodell’vue bionde, qualiquali altrettalipometti d’oro purrfltmo miti •ìnfieme,& pendenti fra el fmeiialdo de loro ver«}i pampini, fanno inuidia 4 quel fallace pomo, di cui finiero i vanni Poeti,«llergli ftatoiaflegtiato da falli Dei vn Drago per Cuftode; non (emina i difagi de tempi, non temeua il fred do gelato deirorridovernojfi rallegtam della fiorita prua a nera .gì orna de 11’fi-fate, godeuadel fruttifero Autunno,con tutto ciò fi lagnai», &con querule * •Tocifi lamentauacoUuoamato fpofo, che fiera, e crudel battaglia li.hauefle-Cant^f. itsmofloifuoifiate!li, filij matris me*pu^naueruntconrra me, c perche;>P*» fuerunt me cufìedem in vtneis. coti,e non-altritnente da vii Conuerfo fatto -Guardiano'Filippodifi.nobll vigna, anzi giardiniere di bel giardino,da poue ro feruo eletto Gene rale , voleua rifiutare fi poderofo carico col fuggire l’impetuofo afialto, 'quando a U'improu 1(0 rifuonò vna voce dal cielo Philippe Spiritui tnnB» nt rejijlas,ti emme munde votataviptpethemmeum rtgas,& cufltdias ì\ cui dittino volere non facendo rcfiUcnza, con profonda vanita accettò il carico,di-Uenne nell'vmiltà fopremo,#^ florum minime minor. Gian.l.z Lalcio, ch’egli come nouello Atlante foggiacendo al graue pondo fuftinet cap.io. net fatifctt veliito di rozzo panno/calzi i piedi, armata di nodofobaftoncel do I« delira,ornato diconfidenza il cuore, cornei! Peregrino Giacob peregrinando à piedi vifitafle le care, e à lui allignate pecorelle,con faticofi viaggi gì rafie la Francia, penetrai}!: la Germania,vitìtaflè l’Vngheria,riuolgcflè i piedi nella Carcouia , (e n’andafle in Sallonia, Icorreffe la Fiandra, peruemfie alla . Frigia Orientale,fino alla Citta di fi radena, vagheggiale l’ignotc cdtrade del- la Spagna, pafialle Portogallo, e per l’indie Orientali fe ne ritortude. Lafcio» che pouero,e mendico gtongefle à quefti paefi per montagne alpeflri,pertta-. tnati feotieri,non dirò, ma precipizi) ,fi conducete per dirupate balze, iafin carpone à rifehio della vtta,cam mafie per impenetrabili pendici,códucendofi per refrigerio, e refoci lamento à poueri cibi,6t à più penero letto,gioiui fra i difagi; foliazzaua fra l'afprezze, e dienti per lautezza teneua. Lafeto,che fatto Apertolo di Maria,e tromba palefatricc delle grandezze delia fui Religio-ne, folleuafle i Regni, eommouerte le Prouincie, e Je Città popolate,traheifeà Coronati Re, i Manti Imperiali, i Scettri,e le Corone. Per tutto ergefle C6-. Gian, lenenti,edificaffeTempi), ìnnouafl’efabriche, reftaurafle Cenobi), aggrandirti: capit. 7. chicle. Lafcio, come richiamato in Francia dalla Ohriftianiflima Corona» cip. 3. 4-collà attendere alle fante Prcdicationi,;barbafe Herefie, lìteUefiè i vitq,àmil le à mille e ne battezaflej e ne conuertifle; e ne veftifle di quefto Habito viduale# Lafcio ch’egli fi ritrouaffe nel Concilio di Leone, regnante Gregorio X. ealla prefenza d’elio poJittfiee,diat«t’il Collegio de Padri Purpurati,de Ve-feoui, d’Abbati,'inanti à Filippo Rèdi Francia ,di Rodolfo ImperatoreGer-mano, in feruotato di fpirito celefte, s’adoprafle con yiue forze,e coneloqué-te fapiéza ad inanimir i Potentati al l’aquirto della Terra Santa,alla recuperatione del gloriofo Sepolcro; perfuadefle la Crociata contro Infedeli, la de. rtruttione dell’Ottomana Setta; rtitnulafie i Prencipi alla recóciliatione loro, alla cpoHBune faluce del Chriftuncfimo . Lafcio, che quali fiume inondate , I " ' «boccafle fjMgtirko . j £ ‘*be««ffe pbrMjwnhaaJeemwade, Timw»reggiando4el]a:6fotiatt,aUagaflfc nella Germania,e i Prencipi Tedefthi «fortafle à cofi 'fngnaslata, e piemia Im prefà . Mi fermerò à dire,ch’egli trattane de piò difiSeihnegottj delunondfl, th'à lui«'ìnchinaffero i Regi, vbidaftero le Diademe,* le Mttrt, fi proftraffeao li adorati Scettri, àrbi tro diuenifledi tutto l’vniueifò,«mi AcbitrouldjMi tuo Vicario di Chtiflo>per Sedare quelle peflifere fattioni de Guelfi,tifilw-bellini, con l’odor foauè,che (pargeua d'ognintorno di fantità, cò l’oro dell’ eloquenz.a,che ^ibraua dalle gigliate labbra,coi£oreggiarcdi buon efempio perche f Urenti* germinautt/icuthUum. ^ enA,%. Fabricò -con merauigliofo magitìero jlXegislatore «Mosè.puzicfo Cande-' “P'6-gliere d’oro puriflimo, da cui n’vfciuanocon belliffimo artificio alcune ben temprate pinne, rotondi Cai icij intrerciateafere, e gratiofi gigli >'« s’w non erro m’aporròin dire yche figura viua liofiedelSanto Padre.mxoteito affare , pofciache come candeglierd’oro di dottrina, luminofo di fantità, amouibile per l’vbidienza del Sommo Pontefice,ardenteJiell’amor delprofilino,or co-me Caiieeinebnaua iddioal Perdono de peccator i.ErC/tfi* muti inebrimi, Pf.at. pr+tltruytft,or come sfera mobile ritrouaua i Capiscile fazioni,orgli -vnì, or gli altriperluadetia alla pace,, or fzuellaua i quello,ora quello,or cer 'Caua le differenze; or .come temprata penna lingua mia cÀlumut ferii a vtl»— ‘ttttr fcriberrtis. predicando con l’efempio della trapunta frontedel Crocififfo infegnauaà rintuzzarle ingiurie, * non rifentitfiil cuorpuntegorcon l’aqua dolce della fapienza [pegneua quel fuoco di mille occafioni,chefactua bolli, re quell’olla piena di mali affetti , thè gettaci bollori di fanguinolentc vendetta; ora con l’aura fouaue de fuoi Santi e fpirituali auifi incalmaua il Mare del petto offefo , agitato da impeiuofi venti dell’iogiurie,« dalle tempefle de difpreggij-or come giglio ingbirlandato.di Corona, e adorno di palma di Martirio apparue, mentre da infoienti, e (capeftrati giouani Schernito l’efia-.gerantef idre delle difcordie in Forlì, cacciato dalle Città conmille ingiurie, -con battiture e sfeizate,come il Protomartire,che fra nembri di faflì,e fragor di pietreginocchione pregaua,&.fi conuertì Paulo,(ògloriadi Forlì)il Martire Filippo à girila di lambiccato giglio )actraio,ecalpeftrato con l’mgiurir, colto con le percofle, pollo nella fornace dell’ila, nel lambiccedella pazienza, odorifere Sulle d’ora noni Pillando per 1 flagellatole’J odorofofumo fall alle nari di Dio, riempì di fragraza la Corte del Cielo,e per conferuarfi nella profumiera d’oro di quei -vecchioni, che nelle-mani hanno fht*l*s jtureeu y, fUn*s*dtr*mtntorHm>?-cafta la mente?puro il cuore? vergine il corpo? di cui lo Spofo celefte , che tri odorofi gigli , dice-Hieron. il padre S.Girolamo, folo fi diletta, pafceuafi; qui pafeiturinter lilia , e però' adu.Iou. la celeite Spof» l’inuitaua, defeendat dilcSus moue in hertum funm , dj lilia Cantò colligat. Ebbero ardire due catiuelie, e sfacciate meretrici di maculare la pu riti fuaall’entrare nella Citcàdi Todi, come allettatrice Arene ,■ con tuoi iu-fingheuoliaccenti, con melate parole, con fc-herzanti fornii, con atti impudi--chf, con dolci promeile, con balli amorali, con falti inhanefti, per lufingha-re, e mulcire l’animo callo e virginale, j» nnpiigionarlo nell’ofcura prigioiv d’amore, perallacciarlocofl ceppi fenfuali.per incarcerarlo in molli catenem ma è con rigorofe parole,e con dolci ammonitioni riprendendo le mefchinel le, raffrenorno le libidinote voglie, e sbigottite rimifte, come pentite Madda-lenne.lagrimofe de Tuoi falli, addolorare d’haueroffefo nella vita lafciua il fuo Signore,getta ti i laceri trofei del mondo vincitore,calpeftrati i donneschi Gian, lib olnimenti, lacciuoli di Satanafl'o, fichiufero in perpetua penitenaa fra ferra-4rC.lt tichioltri.ora miracoluft Beate in Paradifo, cantano có gloriofe note,Philip.-pus germnauit ficut Mum, & fior,bit infernum anu Dominum. Quadoil luaunufoAponiJ «fee dah’vIcio ddl’Oiiente, per far pompoft . . ^ v. ~ " Rìoliti P mor gelato in accefi carboni Lampada eiut lampada ignit,atque f ammari. Cant. S a qua multa nen potutrunt exttngnert charitatem . Ma piegate le ginocchia à terra, aque Iparfedi pianti, facelle accele di viua fede , mormora in difparte le fueUgrenote,inuoca Maria, chiede foccorfo al Cielo, ed ecco ch’à gl'vniè portato pane candidiflìmo alla porta; àgli altri apparirono Angioli in for- jn ]e^ ma di pallori, che da loro riiiorati con bianchiflimo pane, e aqua criftallma, dieiip{j* li conduliero à ficuro fentiero.e col rauiuare le languide fperize de gli afflitti BeJU* colepi, l’infegnano il fmarito camino:.poteuar.osia Jui rmolto sézacortegia-na adulatione(tanto difdiceuole alle religiole labbrajndire . Vmbilicut tutta tratertornatili*, nunquam indigens peculi*. V enter, tutti /cut accentui triti- Cant.7. ci.vallatiti hli)f- Seni vero,che perifperiemta erali lecito ilfoggiongere ,dalia tini Ulta difìillanttamyrrhamprimam:poiché nella ftaggione che! Sole sù l'alto-mecig Cani, j gio, dal fuo bell’Arco accelo auenta Arali del pm.cocente ardore-, nello Hello viaggio di Francia, fra Bologna, e Afodona, fianco e afflitto vagho di pren dervn pocodtripofo,oue fiendeu» vn Olmo fiódofaombrella,checialcuno allettaua à ricouerarui fotto; ma à pena ntiratouifi «.peregrini religiofi , fi **-.Gjan.]jb. guuò vn fluolo di gente,di mafnadieri,egiuoccajoti, che non contenti de gli , cip ? errori,delle difioltitezze, che còmettcuano fenz’alcun rimordi Dio nel fcher ’ ‘ nire i poueri ferui di M V. con mille foprufi, e dileggio loro; befiemmiauano alla difperata il Creatore del tuttofa doue non.potendofi contenere il Beato; diftillò amara mirra dicorrcitione; mafifpargeuan al vento le parole,anzi le ne burlauano, e fie ne beffauano li infoienti; quando punte il cuore dall’accu-to ferro del zelo di Dio, fece vfeire più amara mirra di minacele di fuoco e fiamme, fie nons’emendauano,enonraffrenauano le lacnleghe lingue: ma i Broterui minacciando aj sciame Padre fe di quindi non fi lenaua,ed egli veg- v’-t " ........ ” .......... ' geode Tà II Gìglio gendo di non puoett far frutto, come altro LotantiutdenJ'o la to*iria in fra le tenebrai baleni, ronaoreggiono i folgori, lampeggiono le faette, nembi di fuoco pioueil Cielo,e co|à s'inuola oue di spelli arbutti fanno angufla calca verdeggianti fronde, quali riceuendo nouella forma d'accefa fiamma,to-flo fi vidde fpogliarfi l’Olmo del verde manto.ed’accefofpiendOre riueilirne vn’altro non raen luminofo che Ipauenteuole à riguardare; in tanto che incre-fpando le fiamme al Cielo con torcuolì giri,inbreuifiim'lianaiì ridu(Te in mi» nutiflima cenere con facrilegi befteromiatori L’arbore s abiflindo l’anime un-Izec.TJ. ladette nelli eterni incendi;, verifico {Reca igni datumefl in e/lamwtramque partem eiusconfumpjit ignu, fr mediet* eius reduft» eff in fattillami # '£•>•£ confumct eos. Oche amaro,« fcipito liquore ftillò la gigliatabocca;m vero hi che lati» ettrs liliadiftiUantia tnyrrbam f rimam. . Ma felaradice.del giglio trita minutamente,e melcolatacol dolce-miele» i. •tI> applicato alla carne macchiata deH’rmmondo malore di lebbra purgai e rifar» c,l9‘ na quel fetido male,con« poco fa, io il viddim Plinio,e noueilo'aucone ileo-ferma. Vie era tum capitie, leprafque emundat, & erm Tergiti & erugae :■ Ca/lore Dur.nel» l’Hcrbsr f. lor. Ecco,chelnoftrogigliarritrouandoimit»ondo lebbrolo , e ignudo ,che li» moliti» chiederli, mofloi.compaflione,cauofì vn tonachino.replicado l’Apo-Aed in °gni tempo ne riceuerno la bramata falutefcbe io per me tale il ccl*-4.C.J.<.7 I*10) Gridinoà yiua vote con cento bacche, e cento lingue per gratitudine, le numerolefchierede paralitici,e ftroppiatinCwat^febrieiunti liberati,ciechi illuminati, zoppi raddrizati, fordi racquieti l’vdito, opprefli (olleuati , a Haliti da dolori liberati,muti fauellanti, morti rifufcitatijil dica Bianca Mafia moglie di Francefco Sforza Duca di Milano, che n’hebbe nella propria p-fona elperienzargridmo pure i maldicenti puniti^ pentiti liberati, e quauci incendi) fpenti? e quanta varietà di morbi rifanati? e quanti mali a mille, i mille (cacciati? E fe la radice del Giglio è antidoto contro rcleoofi ferpenti, oh quanti dal peltifero veleno de peccati furono rifanati f da quanti corpi •fieflì furono cacciati i ferpenti d’inferno» che vlulando, & beftemmiando f ilippo, fe ne tomauan» aU’atre , e orride loro danze. Beato tempo, felice mondo, auenturauFiorenza,mapiùdi tutti felici/fimo.e fortunato Todi» che iute campeggiasi grato fiore,e miracolofogigliotonde lieta cantar puoi Eccl. ja Ad facrum cuius tumulum frufutnttr Hymno Mtmbr» Unguentum mai» fatatati fguohht mtrka futrint granata Rtfìituuntmr. Mach. II. *°1 foggiongere caci vident, claudi ambulant, fuetti audiunt, mtrtui refur-gunt,pauptrts tuangilizantur; Ne refero fido teflimonio , benché con mutole voci le defle infendbili creature , e della Santità, e della riuerenxa , & dell’honore eh’à lui (ideue, che mentre portauali il Saeratifs. corpo le dame de roti quinci pendenti,c5 le faccie riunite verfo il Santo,, de raprefeqtati ir grazie rendendo, con chinareil capo li fecero riuereim . Leo X in £ ben ^ouel mondo con folcane celebratione à Santi douuta fi j e honorato e in-Philippi uocatoìgiiche>U £tl. roem. di Leone X. ne concedè benigna licenza, finche * ‘ 'alla fua Canonizatione fi folle deuenuto:e ma (lime da te mia patria, che ota pillato il decimo quarto Ludro il tuo Rccell. Senato con immortali honori,e con animo grato ne potè la fila Statua di marmo nel Duomo. Io per n,e,per douuto tributo di gratitudine riverente m’inchino , wmil r’ adoro,eeonaffcttuofiprieghi vi fupplico, che col fuoco d’amore raliiniaceit mio cuore, cal’Audro delie Santeinfpirationi, con l’acqua della Diurna gra -tia il raflbdate come puro Cullalh>‘, anzi pregiato Diamante Arabico tra le miniere d’oro della carità, acciò^come in degno rafe »1 collochi voi punflim» gighe,fpeflò v’odori nel merito,ri vagheggi nell» beltà della diuotionc^ofler, ui il candore delta purità, mi rinforzi l’oro delDiuino amore, e nemidblfo-gm à voi habbia ricottero erifugioaefe oggi denota Capejla,e Sito A-ltare vi e confagrato > Io altresì vi dedico il picciol, e feluaggio tuguri^e! ano petto, per Altare v’offero il cuore, in cui fcimillono taccile accefcdi viua fede , vi làpeggerà l’oro e l'argento della diuotione ,,li odorofi incenfi faranno i de-firi, ilUioco Sacroi miciaccefifolpiri,ferro taglienteìldolordelle colpe,fa-gnficio la Conf<(fione,Holocaudo l’opre da vortri menu auualorat e» i denoti Cantici ìlmuualo filenuo . Hò detto. ORATIONE- IN LODE DI S. IGNATIO LOYOLA. Fondarore della compagnia di GIE S V' E DI S. FRANCESCO XAVERIO dell’iitefla compagnia, VAL PAD\E DON \AIMOU^DO Dl LVNA l Canonico Ingoiare Lateranenfe, compofìa , e recitata in Piacenza nel Collegio di S. Pietro per la Solen- mtà della loro C anont%attone nel- f l’anno 1622. ^ Dedicata., Ainiluftrifsimo e Reuerendifsimo Signore il Signor Cardinale Serra Legato di Ferrara. IN PIACENZA. Nella Stampa d'Aleffandro Bazachi, Appretto Giacomo Ardizzoni. *■ f r / /r"\ * •■'i”" / U ' , % 5 ifrm\ ^ •/. Ji -A Jt- * f - - V./ t . \ t j. t\.j « ff k. ■■ ) T ‘ • 7 v \. 1 * .. 4. ' ' " \ ' ? » ; ; ■ a' . - - y. J* ; > " ’ j* ' :■ J. U -A v ; J c A'. cJ '■ < I 'v ? rT nf ♦C* * u. . ' i: ' . D rr* r'*t . C i" . ; o f > l\ • , i • * . ■ S I M P M M A T V R. Fr. Claudius Coftamezana Inquifit. Placentis. _ *■**' ——*'•**•' ' ' * — —— —— — Pr^pofit. Boninus Vic. Generalis. ■ T ■ ' • : ; T, o"? *;:p ", ik. 7* 7. -n- 9 : ■ -.7 7 .1 •; J n % ■i n A T ^ H T quando preualendo il vento dello Spirito Santo» fuperrorato Tingiuriofo buffo Aquilonare fchia-ri la mented’lgnario. Ets’AfeffandroilMagno, al fuono e foaue armonìa di Ti moteoaccefo, tutto di bellicofi fpiriti auampò di martial furore, & abbando- ' 11 abbandonado il conuitofe ne corfe all’Arme; riti uegliaco dalle Diuinevocilo SpiritofoGiouine, fentendo il grato fufurro, e dolcifsima confidanza, che gli facea laGratia:rinunciò a' piaceri mon dani,& anunciando la guerra alla carne,rìconofcé dola infidiatrice,prefe l’arme contro di lei,& rjtro uandofi in quefto ftato,ben fi gl’affià lo ferino. Po fi nubilia Clarior. Ed in qual guifa fuelare fi compiacque,quefto Sole, Dio? vdite. Qual fulmine di Marte precorrendo gli altri, &efibendo il petto per farlo diue-nire vn Cielo Stellato di mille ferite., gerreggia-ualgnatio. Accefeinfidiofa mano con picciola fiamma il fuoco nella Bombarda,grauidadiben pefanteballa.edi fulfurea poluere, ed ecco ad vn tratto quel fuperboElemento appiccato aftem-prati carboni, ebituminofo Sale, fdegnàdo gl’an-guftifsimi confini della Madrina,conftrinfe il ferreo feno a vomitare repente l’infuocato globo, e quafi fi fquarcialfe il Cielo s’vdì vn fragore,che fè fcuotere la terra ,• andò la balla à ferire duro macigno, e fpiccandonc ben pefantefcheggia, ferì co effad’ignatiolerobufte, & vigorofe Gambe, & egli pallido, freddo, muto, e quafi priuo di moni-» mento, chiufo lo Spirito, & la vira in brieue lede, in terra cadde.Ondegliaftanti credeanfi che Mor B 2 te 12 te nel di lui pallido volto fpiegatahaueffegià la vincitrice infegna. Sì rauiuò,che così Dio volle, ,e condotto a gli agi delle piume alleuiato il Male, leggendo perDiuinogiudicio libro,in cui del Be nedetto Chrifto, e de’ Tuoi Santi conteneanfi l’at-tioni,e memorandi gefti,reftò, dal nuouo lume in fufojtalméte accefo,che di cangiar vita,e fare della trafcorfa la meritata penitenza fi difpofe * Ne furono dalla cieca fortuna, come1 vollero gli A-thei,ne dairhumana prudenza,come i Politici,ca gionate quelle faluteuoli metamorfifi,- ma dalla delira di colui, che non fenza gran millerio nelle facre carte vie chiamato Signore de’ Signori Egli quafi formar volelfe vn nuouo Mondo. Fiat lux, dille in lgnatio,& eccolo illuminato,diuifa funt aqua ab aquts, lafciò quelle, che, Quo plus funt fota, plusfittuntur,& abbeuerofsi di quelle di cui,chi be Ile, nonfìttetmaternum. Quindi è, ch’ei giudicando, che cadauero era la Fede fenza l’opera,diede principio a i digiuni,à le vigilie,à le mortificationi, al perdonare l’ingiu-. rie, allumare gl’ingiurianti, & al pregare per efsi, & ciò operando il nollro Sole,fe gli deue il motto Cum fplendore calor. Mà perche nelle vicendeuoli mutationi diuer-famenteopera quello Pianeta, dimoftrandofila gran gran madre, hor fanciulla, horgiouanetta, hora dulta,hor vecchia; andiamone ancor noi vagheggiando il noftro Milìico Sole,,nella Primauera della fua Conuerfione,ncH’Eftatedelli’inferuora-to fuo amore,nell’Autuno dell’opere fatte da lui, neirinuernodellafua Morte Qgefte quattro Ha-gioni pennelleggiò intornoal Sole MarcianoCa-pellain figura di quattro mifteriofi vafi. Del primo era il nome. . & era d’Oro: quindi ' quali da fonte fgorgauano piccioli riuoli,che con arpa di Cridallo sfidauano gli Augelli al canto, i fiori al ballorvedeanfi gocciiolarele Rugiade, & verfando nembi di fiori, maritaua il Cielo con la Terra. Era nominato il fecondo. Caput Vulcani. Era quello di Ferro,& efalauaferuidi calori,onde da cento bocche efalar vedeafi f arlìccia terra. Dì Vetro egl’era il Terzo,& haueanome. Mammtl/a louìs. verfaua anche quello tutte le Semenze, che di vopo fono a gli humani affari. JMons Satum. era il foprafcritto del quarto, che di Piombo era formato: da lui cadeano precipitofe le pioggie,& fdegnati veniano nell’ampio campo dell’aria à guerregiare fra loro i venti. Nello fpalfeggio,che in quelle llagioni fa il Sole per ciafcheduna d’elfe per tré fegni camina nella Primauera, per Ariete, per Tauro,per Gemini NeU’Eilate,per Grancio, per 74 per Leone,per Vergine, Nell’Àutuno per Libra ; per Scorpione, per Sagittario: Etnell’lnuerno, per Capricorno,, per Acquario, per Pefce. Verfaua nella Pri'mauera della fuaContierfio-ne diuturne de gli occhi amarifsime lagrime lgna tio,mà per effe maritauafi con il Cielo: entrò per ciò in Ariete dominator del capo, ricordandoli della paffata vita,& efalando da gli abifsi del cuo* reardentifsirai fofpiri, germogliar vedeanfi l’her-bettede’Santi penfieri. Solpefe l’arme nella Chie fa di Noftrà Signora di Monte ferato, etantoiui macerò le fteffo, quato giudicò fi doueffe ad vno, che per lòdianti s’era arrollato fra coloro di cui Lucano egregiamente diffe. V^ulU fidesiptètafyj <-vtrùì cjuì cafìrd fèqmntur. E fopponendo il collo al giogo di Crifto pafsò per Tauro dominator di quello, s’accoppiò con FrancefcoXauerio, & eccolo in Gemini. Profequi la Penitenza,nefu punto mancheuole, incalzando femprei fuoi nemici in modo, chedafeló-tani ogn’hor rifopinfe,ne diede a quegli agio di ri Porgere a danni fuofcome all’accorto Lacedemo-negl’inauueduti Argiui,che morti credendo i nemici, immaginandoli vincitori vfcire dal campo, inalzò quello femiuiuo riforgendo della Vittoria il Trofeo. Sapeualgnatio5 che ferite talhora,& 13C non non vccife piu vigorofe a’ danni altrui riforgono le pafsiotìOintemorito, che non fignoreggiaflero il Tuocuore volle efifequire il documento di colui, chd dalla Mandra,ne pafsò alla Corte. Perequar pfaim inimicos meos>(£) comprehendam tllos>& nanconutrtar 17 ' donec deficiant. ., i. ;•:> Et folleuandofi ogn’ hora più per EHmifpero il noftrolucido Sole, à vibrare cominciò raggi cocenti , ed ecco l’Efiate del feruente Amore verlo Dio,& verfo il profumo,a cui per ifchiarire lotte nebrata mente, dopò Tei tutòri di vita |0 Amore. O Feruore,quafi fuife fanciullo fi pofe allo ftudio delle prime Iettere,& con humilrà incomparabile profeguì mai Tempre in Barzellona, & ciò operati do pafsò per G rancio. Indi in Parigi terminò il corfo del facro fapere. Et mentre quel voto, che a lettere d’intaglio fcolpitohauea nel cuore volle efequire, aflalito da repentino male,fè nelle Spagne ritorno. Nepergl’afFaridelcorpo,eifi diftol fe da!que’ dell’Anima. Non vola, non vola nò così frettolófo al fuo viaggio il Sole,ch’egli non lafci dalla prima foruo-lante sfera rapirfi alquanto al corfo repugnante, ne tanto da quella diftornare fi lafcia, che non fe-gua pure l’empito naturale. Con talmouimento, è con quetò’Arte imparata dall’Angiolo fuo Motore tore nel libro della Sapienza Diuina,diuiene felice reggitore,ed illuftracoredel noftro Mondo. Sì lafciò,egli è vero, tal volta diflógliere per le necef Cita corporali d’affaticarfi come bramaua Igna-tio,non lafciò però mai il vero moto,feruen do an ch’infermo per lo fpatio ditrèmefil’Hofpicale. Et quando rinuigorito ei fu, che non fece ? a qua-tìfchiarì la mente? da quanti fè lafciareil peccato ? Quello fuo Santo voleret,almente fu dal fou-rano Signore gradito,che paffandofi nel fegno di Leone in Roma dominata da quello,facendofi da lui vedere,l’afsicurò del fuo patrocinio dicendogli . Ego •vobis Rome proptttusero. Et fe al primo Legislatore,& Capitan Generale di Dio, tanta fourabbondanzadi Spirito fu data, che ne furono fatti fettanta riuoli,per darne a ferrata Vecchi; tanto fpirito diede adlgnatioDio, ch’egli qual Sole, che communica la fua luce alle (Ielle, fenza fcemareil proprio lume, luminofi ed inferuorati refe inoue compagni della fondata Religione in Roma, e facendo i folennifsimi voti, pafsò per Vergine.Olucido Sole, O Santo Ignatio. Delle tue lodi vorrei che Giudice ne fufle l’Orecchio, nonfauoreuole Auuocata quella miabalbutien-ta lingua, che non sa mifurare i detti faudlando di virtù fmifurata,Cimile alla Diuina. Se/eparauem prettojùm prettofùm a 'vili, quafios tneumerìs. E tanto in ciò ci preualeua, che nel trarre a fé l’humàne menti, cagionarla mutationi tali, che non vi mancò, chi Mago lo chia mafie; Manon haueanocoiloro letto Seneca . Fruslra quarts cMaleficas ad amorem: tìftendam tibi Maleficium potens i ama, ftjam aberù. Amante parlandoli il Santo, Amanti facea gli-amati > ch’egli è purtroppo il vero, che. magnes Amons e fi Amor. queft’era la Magia, e quello l’Ar te,con cui tiraua qual Sole dalla terra i piccioli va pori,e cangiauali in iride bella, che toccando con il giro il Cielo, fermando il piedefopra laterra, eranobenche terreni, habitatori del Paradifo. Niente di meno, anzi molto di più operò di gioueuole nell’Autunno il noftro Sole,di ciòch’-ei cagionò neU’Eftate. Deh perche non hò filmane del frencipedeH’Eloquenzalafauella,per annouerareVattioni memorabili fattedalui. L’ha uei in Roma eretto il Collegio Romano, il Germanico, la Cafa de5 Catecumini,Quella de’ Poue-ri Orfanelli, llMonafiero di Santa Marta e di S. Catennaje Scuole a publica Fducarione,che furono fe non Semenze, cheverfaua dal Vafodel-l’Autuno il Sole Ignatio?1 Ne fenza il Configlio delCelefte Agricoltore ei procedea, che perciò dal fauellar con efifo ridondò in lui così come in C Mosè, Gerent, cap*i$. i8 Mosè, lo fplendore del volto veduto da San Filip pode’ Neri, & qui camino per Libra. Non è il Sole portato da quel Tuo Epiciclo come in carro j o come altri difle in vna Tazza $ Mà più toftò qual libero Augello, per la foftanza del Cielo ^ jion meno, che l’Aria tenue, e fluida fene vola, ò per meglio di re egli è portato dall’Angiolo . Non era violentato al corfo della perfettione,ed al giocare altrui il Santo;mà aiutato dal cagioniere delle cagioni,andauafene qual Sole per la linea Eccli; ticaaflfegnatalida Dio per lizza della Tua carriera nel mezzo del la ftellata e gioiellata 'falcia del Zodiaco, ne mai fidilungo da quella, anàcol moto sépre regolato,e luce,e calore apportò. Via Eccli tica è la vìa di Dio, mentre per effe eicaminaua, non tornaua in difconcio ciò, che difle il Profeta. Orietur uobis umentibus nomen meum fol Iuftnu, & p la velocità,tn pennis eius, ò com’altri leggono in etus, quando però per penne non vo-lefsimo intendere i Tuoi figli, che per tutto volando recano fatate con la loro Dottrina, con cui au-u^lenandol’Erefie cifannomirare il Solein Scorpione. ’ : Co ttittociò cotro tal benefattore, qual è il So le, gente ti gli fclleua colà nell’Etiopia così nehii» ca, che là doueall’apparire vezzeggiando la vola-t-.coM tile tile fchtèra.eon dolce garrire lo faluta, quella bia-ftémiandoli s’intana, & Io fugge.Contra la diiar-mata innocenza oimè, quante calunnie inlorfeio quate biaftémie fi diflfero : quanti ad ignatioed a’ fuoi figli s’oppofero? Ma quelli. Fuerunt rebedes lumini, & chiamare fi poflono. Degeneris bumam^aio‘ ritus. E quelle, & altre auuerfità(empre follenne intrepido, mercè ch’eghera entrato in Sagittario hauendo ferito il cuore dalla Saetta dell’Arciere illelTo,da cui ferito fu il mio gran Padre Agoftino all’hor che difle. Sagittaueras tu Domine cor meum Cbxrttate tua . O' grande amore,ò a moro la ferita. Pure cedendo alla natura,&al pefo dell’età gra uante bramando la gratia dell’efilio, quafiyn al- tro infieuolitoElia. Petiuitantmxfux^'vtmoreretur . ne fia di marauiglia, mentre anche Mosè, fa-c»p. pendo che il fottofcritto del Memoriale, che dato hauea per vedere Dio, egli era. Non ^videbit homo > ($f rviuet, perdendoli d’animo difife: feper*5-vederti Signore ci vuole la Morte, Venghidel vi-uer mio tolto l’occafo. Et Agoftino. Età Domine inoriarfut fervide am fuideamsvt btc mor tarinolo uiue redolo mori. Et Cupio d'J]olui,($f effe cum (brtftofè ribombare l’Apoftolica TrÓba. Volarono nel Cie-lolefue humili ricchiefte,e quello, che -voluntate timentium fefacit>o* deprecationem eorum exaudit. C 2 L’ag- S almo.’ 144. io L’aggratiò. Vennero della Morte i Forieri, che furono infirmiti, e dolori,ed il Sole s’inuiò nell’Occafo, paflando prima per Capricorno,per cui voleuano gli Antichi afcendeflerol’Anime, così come per Grando difeendeuano . Ne dò fenza operare effetti della quarta ftagione dell’I n uernodebilitate le membra, & infieuolendofiil naturai Calore la fua bocca articolauaTempre il Santifsimonomedi Giesù,fràlecui più Eccellen ti dotiannoucraBernardo, ch’egli è Mele nella bocca, Melodia nell’orecchio, Giubilo nel cuore. ^Meliti oret in aure melos, in corde tubtlus. Hor tfletl- do 1 gnatió il Fondatore della Compagnia di Gie sù, che mele tener douea nella bocca ? Che Zuc-caro ftillauano quelle Labbra ? eh’ Ambrolìa, che Nettare formaua quella lingua d’innarr.Orare in vno il Cielo, e la Terra, allhor che fouente Giesu chiamaua,& ftillandofi per dolcezza in Acquaia Acquario fe ne paflaua? Immaginareui ciò voi come potete, ch’io non losò rapprefentare. Quelli in oltre fattoprefagodel fuomorire, flauaattendendone il fine, onde s’auuera in lui il Dauidi-^Imo.co detto Sol eognouit occafum fuum. Et le del Sole 103 * fùchifcrilTe, che Briareo chiamar fi douea, non perche cento vigorofe braccia hauelfe, ma perche molti beni per Tuoi raggi feguiuano. Vero Sole, 21 Sole,e Briareo appellare ficàie Ignatio>quaI prima dell’Occafo con cento braccia mancggiaua , hauendo già fatto (labili mento dì cento tràcafe, e Collegij, & qui pafsò perfvltimo fegnodel Pe^ fce, che figura molciplicità. Da grauifsimklolori dunque fopraprefo, atto non fece , fe non deuoto, e grandenei tolerarli. Suole in membra inferme ftarfene l’Anima non altrimente, che su duro, e pungente letto delicata perlona, che in lato veruno non potendo ritrouar ripofo,di qua,di là fi torcere fi dibatte. L’Anima di pari in corpo afflicto punta, e ripunta, all’affabilità rinunciando impartentefatta,in varie difpe rationi torcendoli, feluaggia diuiene, & afpra. Non così Ignatio > nelle cui tormentate Membra, intrepida, e collante l’Anima vedeafi : mercè che bengliera noto,che fe fotto ruuida corteccia dili-cata midolla fi nafconde, fe dentro vilissime conche fi rirrouano ricchifsime Perle,così fotto (lenti 3 & dolori celauanfi gioie e contentezze: pagò dunquealla naturail commune tributo, tramontò il Sole, Morì ignatio, e talmoiì, qual vifle. Onde fe dal Cielo ci fu dato acciò illuflralfe il Mondo, ciò fattoinCielofà ritorno. OrnarSo/> (gf occidit&J ad locum fuum reuerttfur. Neperche fi partì da quello Emifperio trala- fcia d’impiegarfi a prò di ciafcheduno : m lbiq> re vafcensgtratper'Mendtem-. Fede ne fanno le grane chec impetrò,& hor da Dio c impetra : Onde, a ragione da’Potentati del Mondo vien tanto ri-uerito. Del fole talmente innamorato fcorger fi fece Analfagora,che fuperaua l’Aurora^ch’à villa di quello vi fi trasforma e muore ; dicea, che fola-mente per affi flarfi in lui eglieranato. Ne ceder volle a quello Eudolfo,che non ben fatio di mirar, lo dalla terra, dir folea, che quando conceduto gli fuffe mirare da vici noia luminofa Faccia,ricufato ei non haurebbe d’efler qual Farfalla dall’ardor di lui incenerito » Ne ad ambedue quelli riuali, Inferiori,o men feruenti Amanti fi lafciarono co-nofcerei Gimnofofilli Indiani, che fenza chiuder occhio,o pure batter palpebra,quai animati Gira foli fempre in lui fifsitenendo glifguardidall’a-prirfi del giorno, fino all’apparire della notte, intentamente lo vagheggiauano. E tanto di quello Sole nollro furono e fono innamorati, gl3 Imperatori, Regi,e Prenci pi del Mondojch’a Ferdinando non cede Filippo Secondo,nealuiil Terzo , ne il Quarto a chi fi fia di loro. Gareggiarono con quelli gli affetti d’Enrico Quarto Rè di Francia, & hor verdeggiano le deuotioni di Luigi fuo fig!iuolo;nientedi meno ad honor di lui fe- ce Sigifmondo Rè della Polonia,& Mafsimiliano DucadiBauiera. Quelli non contenti riuerirlo B eato j b ramo fi ehe, Afoltfortu rvjcjue adoccafum ri-. bomba0e'ilnomed;ignatip il Santo , e come tale adorato fulfe, à trèfuprejnj fuccelfori del Principe, Apoftolieo^fecefo,r;ebiefta della Canoniza« tione.' Le lóro preghiere furono elfau di te, & le communi volontà fodisfatre da Gregorio Quin-todecimo Pontefice meglior de gfottimi. Maggior de Mafsimijchauendoverdadiera.relatione de gl’effeni, che quello Sole produlfc nel firmamento della Chiefa, arricchì quella di vnnuouo Santo. . . . Di cui s’annouerare volefsi i miracoli, à mala-géuoleimprefam’accingerei, fienile a! computo dellelampane, ch’adamano lofcabello de piedi di Dio. Pure fe quellaccorto,non men ch’indu-ftriofo Pittore,per dimoftrare qual fulfe il Gigan teda cui valla mole tolfe troppo ardito in angufta tau’ola a pennelleggiare, delineàdone vn fol dito, fodisfeceall’altruicuriofità, imitandocolui,che nell’unghia del Leone pofelolcritto. Ex per te ftefio ragion na. Che dal. SoIe riceuendo l'a luce la Luna tol« ta per corpo d’Imprefa, dirimpetto a quello vi ficchivi pofe lo ferir to. Lumen ab ipfo. Da te chia mato Xauerio, da te riceuè la luce , onde qual /una piena fi refe allo ftdlato Cielo di Santa Chiefa.. £ :yu. . > ■ T rafie Qu.efti l’origine da gl’iftefsi Regni di Spagna, fk funobilifsimalafuaProfàpiaj anche nell era puerile illufire fi palesò ; impercioche q u ellopere pri me, che da fem plice ed i n fan te feti no fogltono germogliando efler i prefagi della vitafutura , non s’offeruarono in lui, fe non virili e magnanime, eflendo fiato fempre grande, & col valore fopragl’anm/ In tutto quel tempo dunque in cui eflendof anciulla la ragione, e tenero D raffecto L’affetto, rogUonopar^ófcggoTe fidile pìometfe .molli, e delicati penfieri > in elfofi Ridderò fatiiIte d’adulto ingegno ed empiti di gloriofìe Santi affetti. Di quello gran Santo mentre a> voi prò-pongo i meriti nel miglior modo* chepoffo, immaginateli con Teminenza del faper voftro tali5, quaifono. Ne ciò fia malageuole, fe luminofe Luna mandata da Dio per illuftrate con ia luce della fua Dottrinale Santità colorojèhe per le lòz-xure della gentilità caminauano rtètlè rethote par ti dell’Indie, lo confiderarete. Fede ne fece col luo vaticinio la di lui deuota Sorella Maria Madà Iena, e fe ne vide lefperienza, hauendofi acquieto dalle communi voci, che figurano laDiui-iia> il rtomed: Apertolo, all’horache mandato dal fuo Padre Ignatìo,tanto predicò^ tanto fece con gente che non era di Dio conofcitrice,& auuerofè fi l’Oracolo della Sapienza .> tmfteìul ts efuafl fin. menfapientìa, terram retexrì àHim»tua ^ reple flttn eotnparatiombtM, animata, adtnfuUs lotici dimlgutum eftnomerituum.. Glonofi A pòrtoli, Principi San-tikithi, lamia lingua hà Tempre predicato, che mentire dimoravate tutti ekualTin fpiritoin quel giorno fempEe Toten ni fsi mo*dopò lo fpirare d’v-n’aura vehemente difce vi ^uguagliò rie! dono delle li irgue eflen-do davarie nationi in vn tempo ntédefntro varia- &-•! méte in te(b,nè ciò imparò altjrau e,die nella Scuo ladellaSapienzaDiuiiia, Ma nello fpirito profetico ed in tante, e tante miracolofe operationi vijfuperiorò. / vr l:.r . l ; i. Et fea* Pianeti tutti non che al Sòle,nell’influi-renullacedela Luna quantunque per altroinfe-riore a quelli» perche nulla pare, che producili da fe il Sole fenza l’aiuto della Luna onde il Poeta. Tu rufttca ^Agricola tetta Bonis frugibus exples. Xaiie-Catullo rio per Santità, per Fede, & perlaPredicatiònd gioftrò fempre di pari con Santi Apoftoli, & coit il Maeftro lgnatio, ma ne’ miracoli he riporich'f pregio, & fe ficurezza maggiore ne bramate, f«c-correiela mia lingua col voftroorecchio, cheac-čoraggiataanzfsfidata dalla voftra vdienza tanto di rà che farauui iolleuarenon p urè a vagheggiare quella Luna, ma ad adorarla ancora, non come 1- Elefante , che fi gi tta in acqua, onde fu forgiata qucirimprefi,che vedete con Io fcritto ; Vtpurks' adorem. Mà ftillando per tenerezza vn fonte di D 2 lacrì- 2,8 z Jberimc vigittarete mentalmentdln temendo, ahi perfido,che que-* « <3 fti ft! pcp.h'umilta očcupaffe quella Sede, ond'egU perfupetbhmon fcefenò, precipitò, a* calunnia« tori tirnitifri drfaUcoo tutto ciò, influiua benigna là noftr&ljmrmijt^gt Tuoi,non tralafciando il prò priocorfcu\ SaotQ;cancÒ di ijuélla nelTEmbie-ma quello fpirito eleuato. -l'ìuooo;nr.djnàrfi inohisms- ani! *:t i f'Lunarem noBu^ alTardentifisima Tete daua ri-ftoro, ftringendofi in oltre le carni tanto fi mace-raua, che fioprauanzando quelle larigidacinta, quando il Medico celeffe non l’hauefle prelevato, da’ terreni era derelitto. Si percuoteua in ma li rS: do, do; cheporporeggiare tiedealrdel fu©Sdogare!# terra. Et fe ad Ignatio per éflerfi v«ftH?ojd;afpro Apo.6 Cilicio,ternana in acconcio ildetto- >SolftSlused siger tamquatofaccuj ttttanus. à Xauerio pQVlo flnM lare del Sàngue&gl alffò, Et luna, tot* f* fifae&finn fànguìs. .cu. .■ ornicioibnpani Per tante fingulari attieni meritò anco couer-to di fpoglia mortale vdife celefte melodia ,’.pfer la ,f dolcezza fenrendofìScoppiare il cuore dicea ; Somn?, fitis e/imal gi»ftò Dio* checon larga vfuraconcede a* ferui Tuoi gratie maggiori, non pure in così facto modol’aggratiò, ma diegli forza, Fede, e tale Spirito di Frofetia, che non pa-uentando l’altrui minaccie, molti, predicando,a Dio concertiua, & predicendo le cofeauucrìire eracommunemente nominato Fadre Santo. Na-uigaua quelli da Amboino-all’lfola BaJaccoIa* quando ecco in vn Baleno fcatenati i venti nel gran campo del Mare s’vrcano in gioftra,e fdegna co il Ciclo auuenta Fulminee lancia Saette,da ne-grifsimo velo«bendatala fàccia del Sole,& muggendo il mare ral volte mille monti d’acqua al Cielo iolleua jtaHìbora altre tante voragini nell’a-biffo fà parere: daU’ondeglieran tolti i remi,dalla procelia le farre, dal vento fquarciatele vele, e dal Fulmine abbruciato l.’arbore, &rfà dotte per si «cb fatto fatto malehegfoM fifcorgea fede di Vetro, mentrecontrcmantenianoi» accingcuanoagic-tane nelfintetiabil mare ogn’hauere, In Xaue* rios’amnwò coftanza di fcoglio. Impercioche ieùandofi dai callo Immàgine del Crocifìtto la calò nel Mare, é dmenncia mòbil onda immobile» e trafpareriteCriftaHo$ màhon so perequai tacita próùidenzaDiuinavfcendò Hmagine dalle mani del Santo retto fbmmerfa. Hor mentre egli hauea per sì gran perdita negl’occhi il mare,-Etna nel petto, Qfa.todafchieggiareDiamanti, non cheda'jfpietrireicuOri j ecco che gi un ri in Tamo-lo fmòntò il Santo a terra , ben quaranta miglia dittante dal luogo oueH Crocefiflb s era affondato» dà vn MànnóG;rancioglifurefoj ah che più afprt del Diafpio dirò habbiate il cuore non ifté* prandojì per tenerezza in acqua.« O gran Santo, OGrànFràncefco. D altro dicitore, Dicitori fa-mofifsimi deueuate fareelettione fta mane p far ribombare le lodi d’uno de maggior Santi, di cui quafi di vagorqonife s’ingemmala Chiefa,deuea quèfti effer pari al Bianco, AlfAlbritio, che ne* due feguenti giorni haurannoa favellare; la mia linguae impotente ila mia voce è fieuole, e già la Iena manca per celebrare Xauerio,che qual Luna piena, e mai maricàntedeflruttrice delle tenebre .oijoti' itluftrò iltoftrò' quc’remoti angoli del Mondar»;n o :.. Colà f piegar oh auea orrida notte1 il tenebro fo velo. Notte infeuda -Richiamo bielle meftitie, Laberi nto d’auuiluppi, Manto de ladri, Regno dvlamie, Bandiera delle Fiere ifcluaggie, Madre dell’Ómbra , Tómba del Sole > Homicida del Giorno, Immagine del Baratro, incuinelfonno morti,& nel foporé fepolti giaceuatìo gl’infelici Habitatori. » Nétte era queita inolila catlgirvoià Ignoranza bendaoaillumedellj’lntellettoj. Nori te ricchiamo della Meftitta della tfioiulata C^on* faenza ,• Laberinto d’trrefolutionit ; Manto dfcS Scelerati ; Regno D’errori f, Bandiera delle Paz* zie ; Madre dell’Ombra delle falfe opinioni} Ton >ba del Sole della verità:; Homicida del gior-no della prudenza 5’lmmagine del teneBrofo Tar taro, in cui la bella luce della Ragione giacea in altri moribonda, in altri ellinta. Quando fra* quegli orrori, quafi Luna pienaauanzandofi Xa-ueno con la Luce de’Tuoi Santi configli Fugò grerrori della Meftitia , Suiluppò i Laberinti* Atterrò l’Infame Bandiera della pazzia, Ricchia* mòla pace, fcacciò l’ombre delle false opinioni, Fè riforgere il Sole della verità , Riconduce il Giorno della Prudenza, e diroccato il Regno de gli errori e delle Tenebrepofela Fènel meritato Trono éfbrono N e d pronare c ib jrtcchiede -ai uto dar-xe,gonfio fauellare ,n e m ag ni fi cen z. ad3 Qraperc j auuerandòlìil tuttòàlfai benenèll’Anime, acui diede il Bàttefimo , ch’afeefero al numerodito Millione, tra quali furono tiie Rè, e due Regi* ne., —''ir . >’j;v t -iiinsO 0‘ opere degne d’un tanto Santo,idi cui Con* uien, che dichi non hauer parlato# modo,'ira-percioche s’io volgo la mence à ciò ch’ei non pu* re profetico, ma pri ma, chWalerui orecchie vernile predicò ; farò aftretto d marcare p iftuporel le ciglia, lènza batter palpebra ammirare la Aia Santità * Che direte Signorififcordandou i Ia memorabile Proferia ch’ei fece, alhor che da Barbara gente predati furonogfamici habitatori di Ma lacca ? Contra que’ Perfidi-Acenideil’ifola dii Somatra inanimì Xauerio i Portoghefi Sojdatijfio in otto naui afeender fece non più dhe ducento trenta di loro per combattergli, benché iti feflan-' ta Legni cinque mila con battenti hauelTeroj e; datei noftrial vento le veje, neli’ulqir dej pòrro fi r fam merfe la.nane Patrona, onde per sì ftranoìau^d uenimento prelèrogli finocchi augurjofià dire;, ch'era quello in fattilo p ri n ci pio klin fel ici fsimo line: la di colloro titubante fede rim prò uerò; il Santo, & in vece della fommedà altre due in loro:, E aiuto " aiutonc promifè*«tanto auuenrie. Seguirono 1*4 mprefa,& era già trafeorfo ho fpatio di piùd’uO Mete , che nouelia verima di loro s'hebbe mai. -Quando in giorno di Domenica, ò Giorno per noi felice» venuti i noftri a Guerra Nauale cóA Gentili, fi vide cangiato in Sangue il Fiume Paries; Ribombauanoicaui legrii, ituòmaflbtdaiia-no l’Aria, non dada tempo la Morte allo fpauèn-; to, volaua in nu unte il fumo , cadeua in pioggia il Sangue, fembraual'Aria vtì atra fornace, il fiume interno; Vedeanfiandareerrandoi corpi femiui-ui: Beueano quegli l'acqua, vomitavano quelli ilSangue /Quegli hàueano per Feretro l’onda, e quelli i gorghi ; He mentre il fumo, ed il fuoco in-gombrauano l'Aria non fi fàpea diteerhere qual fuffe maggiore la luèe, o l’ombfà, Così pendendo le cofe,predi£aua in Malacca XaUéfio trecento miglia lontano dal fatto, & eèeolo auuam*-pato,eda fe fi elfo rapito, èdò fedeli dille, hór fono i noilri alle mani con gl’intedeli,o còme vàio* rdfamér* buerpègglano, hors’aaaftii?io,hor sab bordano,’lk)r fiedon&yhór vcadono, corre d’i nimico Sangue il fiume » òvàlòrofi Soldati, ò forti Campióni* Ihdipofimdo in vn angolo del Pul-pitoilCapodoppobrieue dimora ripigliandoli ragionare, dite difife la Dominicale, éd Angelica 01 nifi 3 Oratione, Orationi chela Vittoria è aoftra, e così fù in quel pumo » ch’ei predicò, con martedì qua* tro mila gentili , e quairo foli de’ Fedeli % O Ifaia che dicefti,inumate mI>u> fufi 'ventura funt, Ifa f@f dtcemus, raliegn Rdigio^ fifsima Religione; poiché in queft’età di ferro* t'ingemmiil pe 11 o di d ueM eda gl ie d’£) ro d ’ igta fio•$ e di Praqiceifc^3che\fe in quella primi era «ras, mentre bambolegg!auada, Et ermi Anima ùTifoìtflffi ta&vmM m Jeni $ Vi furono nitriti Santi, ■iSon fiàftupore'i anzi'roaraufgliare ciafctm fi delile3 y che Santi npn bifferò tutti in quel primo -Supinoidi quella 'dama* infuocata. Mi; che OU £ 3 '■ nella n doHatfecdnaia anxi decrepitezza del mondo, elidendola ftammadella Charità debilitata almen fé -noaeftinca, fi vegghino due accefe fiamme, anzi vn-5ojep& vna Lana, che fi chiaro rendono il Mondo , hot quello fi chiama ftupore,& apporta Marawgiia-b » ? • • ; % Ed o Feliciirioi5 efiendoci nel Cielo accrefciuti duefauoreudiAuocati: felici dico, fechiamando quelli in noltrp aiuto inùiaremo per efsi i voti noftri a Dio, verfo cui tanto celebremente in que’luminofi Carri vengono pòrtati^ cheperciò mi perfuado che non haurebbero errato i Manichei nel credere che’l Sole, & la Luna due Na-uifuflero, che tragettauano l’Anime de gli Eletti in Paradifo, quando per Solehaueflerointefo Ignawt>>Si per Luna Francefco. Ed ò auuen-turat^te Empedocle, fe dicendo, che due Soli v’erano, vno di fuoco l’altro diChriftallochere-fletteua à noi la luce del primo, intendeui per primo il Loiola per lo fecondo il Xauerio ambedue di tanto bene autori, che folo intorno à minima parte s’è affaticata la mia lingua fta mane. Fammi dunque lecito, Piacenza, il profegui-re a concerti migliori c’hor fento Yinuigorirmi, e le lodi di quelli Santi, gli effetti di queflo Sole, e quella Luna fono tali, e tanti, & abbondanoin modo modo che s'opprimono, & precipitano nella fol. fodel mio ragionare, & peno molto a farli carni-nar per ordine. Ma ©ime che da voftri Splendori abbagliato. O Sole, O Luna * QIgnà-* -rio > 0 Frati éefcocon uien, che bendi gli Occhi col Velo di Ti-mantev&aftrettodalgià tra&odb tempo > c quado vorrei dire, io dicojconuien che dichì HO DETTO - ti :u: -■ - l «*C&. f \ ORATIONE IN LODE DI S- TERESA DI G I E S V. Fondatrice delJi Rea. Padri Carmelitani Scalzi. Ccmpojìa>e recitata dal "T. tJ%facJiro Cherubino Ferrari nella Qhiefa degli iftejjì ‘Tadri Scalai in Milano "Ter la folennna della Canonizat ione della mede [ima Soma* He» t ! ?: $},1š DÌGf;A T A AI(ÌU.~ & Eccella Sienoré.il Signore;J 60MEZ SVARIZ de hgveroa, e cordoa, i>vca di eeria». Gouernatorc per 5. M. Camlicà delio Stato (fi0 MilanOjC iuo Capitan Generale in Italia. A m* T M " f /A i T * (j • j 1 } J l I' J- v ^ * » K? X aO» mi .e i a iaoJ T/ T Jr i. i O fJ T 6 il i .islfi'jZias* rw jnh**! Imprimatur Ff. Fraacifcus Vicarius Rofic» ^Commiflfarius S Iaquiiicionis Mediolani. Fr. A. Bariola Confa Itor S. Ofiìtij prò lllufttifs. D (Cardinali Archiepitìropip.^j - **oR3.VC y. Saccus pro Exccllcncifs. Senatu. /v 3Q {•J c /1 - 5 111.™® whi . #to»Wj.w hmm**- giufìo, ne ifenft temperato re lente,»(11'orditure jcdecho, nell'operare méntre sfittali mente ardenti fimo amante della virtù » e capHalifltmdfHE m ico del vitio, quejìocra notturno ; Ma tale, e tanta è leu dtuotione,c bora b 'a dimofirato nella filennitk della Catto-meatione di S. Ttre fa» e di S. Ifidorofileggiata nella Refi fa Chiefa del!1 airi CarAcBiaui Stilai, * nella filennita de* SS. Ignatio, e France fio , che tutta la Citta di Milana r ammira,e di lei dice ciò,che il grande Àrtotto difedi Carlo Imperadore. Et egli tra Baroni,e Paladini» Preneipi,tsr Oratori al maggiorTempi» * CèHW&dt aire ligi en a quei diurni vf ni intervenne,e ne diè a gli altri effimpiel E vaglia a dir*il vero.V. E. coll'intervenire, e colf affi ere a quejìe folennita ha dato effempio a gli altri » Xfr bh faldato ogn agghiacciate cuore nella devotione. Ond’ioda* tutti fon (iato perfvafo a dedicare aZ/. E. qveHa (trattone, eh* a(lrimprouifo feci, com’elta sì, delle Lodi di S. Tere fa di dette per gratitudine di guanto bit fatto a favore de* A * Padri n. all W «{gratitudine dunque %epcr[egno dell'affettaofa ritte* rin%ètcfao li periode dedico tc dono queflaOratione, e coll*-Oratione le dedicaret me fteffo quando prima d' hora non me lefif dedicato. È con talfinedaJi. Signor e le prego quelle ficiÌit)tche li[noi gran meriti ft deuono ] Di S. Gio. in Conca di Milano il io. Aprile itti. V • • r.-vwnktr* "a i •.»,;>** ri < O _ 1 > « > 1 V».&« rt« ,tWjVi e>v.E|Ox •Z *.i» .t« ^ *W.\ A / ?*?-**' &y. . 'v Pžiiiifti Set. > «tfti.UK*ito iv*v^ *l- una* amAvìIiì^I ^tUS^j»* IWnV y.iwj.ó’.}%*\biAA»t*«\ , tttbb'.^wù «A .V .«.mUA *(u|WM& fttt,i\vt t3L •v o ijSStfR'iX, .v*ÀbVtV. -\0 im ÉOb^feoFwari; ,n^s»S> vtAt» iU £ VA*sa %•*««: x v ■ U>- 3tiVV- -'.-V*«—/à(rt ,;'^'val!s6'\*‘ rZ x\ K** < itti.. '*i » ù.-Ai ;vK , -’ -fc*" r' / ' '.&& . t :/\v> * «u%*t vica* v*utv .«àwO tHwi» ^,*wA ■ %u» > \ • 'V s ORATIO NE ■b«/2f:r:;> T S 4 oi rra Ef »flf quefia ridente, c vaga ftàgion* di Pri madera, in quella beila ìafati-ria dètl'àrino, nella quale la 'Teinu* ricanto il fuò bel minto di righi, v: Varij frotir dh’cmpiono d’odóre, er di vaghezza il Ciclo. L’Acqua co®, niaic ruicilli di ftrutrò Argento, e di liquidi zafirKir-nga le valli, inaffia le prato, e i prati abbellite , # ìnàrecata. L'Ariadòlce^ foaùc ride iti ognfcàflto. Il Ciéffcrcnò rcad^tutte IeVòfeliete, e |?bìbfev II Sole col Tuo bel carro adorno di lucenti raggi, e con fan rare chiòme fpartò ritorna ad albergar col Tauro, Selhqucfta ita ginn endice, nella quaflcc la^Fcr-ra.cl'Acqua, cl’Atiai«tófel6,eìlSdfc;q^fia,«Ètf igara-dell’altro,cercano d’abbellir’il Móndo, nàci*1 qùe la gratiofa VcrgiòklLaTcrcra.Che mcrauiglia^ r poich’ella nacque per rinucrd ire il Carmelo,per infiorargli il fedo,per ingcmmargliil manto,pcr inghirlandargli il crine,per adornariddi nouelle piante,per abbcllrf’il Mondo,e rallegrar il Cielo? É'Che mcraui- glia è fé dèlio (ledo tempo viene-dal fomrho Pontefice, conforme all’Oracolodiuiòo,afcrftca nel nùmero dr quéi fpiriti beati, che fanno ampia coróna al Sommo Sire? E che mcrauiglia èfe in fegno di gioia, e d'allegrezza Icgrezzarfi/encpn® fc$egg*flti trombe,** |cco«KÌ®a fupcki, UiafcnjMn® fa|cilc^ vol*n perjMja ^ggi, tuonano lcbombarde.rimbombanolc Torri»s’addo« bano le Chiefe?/or nan® ari.fi f«Btqf\& h dolci foft*>bcs odono fi roauicanti,9h.qrapifcanQ noi £ eoi ipctfefimji ardono i lumi;feunpjno gli inccnfi.ciiSctfiio i. Sacq^ti ; c d Qgnj intorno fi veggono Imprcfe, W^fc^^Gcr®gl#M*fW?»oiii, c Piotfic.ch’irpie-gftoojc.fucglotic.ti inc«|a^bonori. ■ . Vna.^pl cofa vi dcuc.r^^fatkiglUlòSigrvo^ facondi,?; Wgfcjbfógg* pou?^igcJbptt^qf(c4 ragiopat^lefpn 4* di qg ftfógranSf>ofe*ii r, Pur tegli e y*ro,cJiq gliafpctti JfcGfelijffe SrcUc damano forza, q^abrpàitagionarc à quelle Stame t:eJic *o® £ fi|-PS^&Vic «PjeiauigiiofQ*4*f*W° fabricauapo già gli <ŽW? .4 ^egi wyero * che gli fpycchi di c'^ftallo q^ptefeouti allucidiflri^fp^fbipdc] SoleMmgk 4 conce dall’Alba fi gibdica qual efler debba il giorno; cofi da li'uo nalcimenco argomentarono i Genitori qualcflfcr doueuala vita di quella Aia figlia ; pofcii* che,quali Bambina ancora,non confumaua i’hores pargoleggiando,come fanno falere ; ma poncua ella medefima fenza ch’altriTammaeUralTc il tenero piede nell’a;fpro,e duriffimo fenderò delia virtù y& cllar medefima efl'endoà fc fiefla, e Maeftra, e Sferza v fiQ, Eflempio cominciò fenz’aicro aiuto à moftrare quanto per tempo s’inamoraflc di Dio. Nc afpetfò,chc t fuoi Genitori le infcgnaflcro à lodarlo, & à riogra-tiarlo dei beneficij ri cen uti; madafe (Iella imparò à farlo. Cofi crcfcendo ne gii anni, crebbe mai fena-^ pre nell^ virtù. Et ecco che fatta giouinectà}ìn quella età più pericolofa,quando non folo i potentilfimi no A ri nemici > ma la natura ancora fembra alla tmii- iu na dell'anima noftra tfongitrara, fprezfcò gii allctta? menti della fcnfualità , faterò l’attrattiuc lufipghd del Mondo,fpczzo i l.accidcgli alluri infidiatori,*5 co la fcortadclla ragione, guidata dallo fplcndoredelVa honcftà, come feda pefo carnalcaggrauata non folle, fpedita,&agile per la ftrada. dp gli Euangelici Cpn-? fcgli fen corfc'i neper lunga ft*gipne,c variarci tempo fi raffreddarono i Tuoi fanti proponimenti \ ma^ó lo ftudio ^vna continua mortificatione acquetò i f«bi tj moni menti della ribellante fcnfualità. j o Conobbe quella prudente Verginella,che il Mon-? do altro non ècheyna fonte di Narcifo, nella quale chififo, rimirado lì compiace rclla inamoratod’vn’7 ombra. Vnarcte di Vulcano, che innilibilcfii pijfcn-de.cpoici rende,fauolà al volgo. Va verde prato fparfo di vaghi fiori,e piano di veleno!! ferpfi Vna pania,ouc chi mette il piede non può ritrailo,che no v'inacfjchi Tali. Vna candela aecefa intornotalla quale api (ciocche farfalle andiaRiyoJaodo, e fchcrzan-Ìdo in finche vi lafciamoi’àii |a, vira. Vnpomo tolbritonella feorza , e vermicato nella polpa. Vn vafo dipinto di fuori, e dentro pieno di fetida feccia. Vn veleno , che dolcemente:fi fparge, & vccide. VnChirurgo,che prima Infinga *c poi fucna,c caua ilfangue. Vna Sirena,che^col capro ad-dotmentai nocchieri. Vna Circe, che con gli in* canti muu gli huomini in fiere. VnaMcdula>che t con con Io sguardo glitrasforma’in durlffitherfnltre v -Vn labcrinto di'Dedalo, nel quale«ftaè©:mo g ug*o giaci dal Demonio ^clli,che dentro vi^tt*ik?anOu * J V na tu ocasdi Hìfótn ès eli e. fómpre g:i tavernai Iffe-rroa. Vn vr na delle hgliedi Dana oj c h cfenjjpsrtpwra>»c^ u a p i nomai fiiicnrpie. V «Hi pip o me nè,che co» trepòttSi' i indrpt Hiti,cioè don lai cene u pi lccn«5 a de 1 Udirne, co n ì ladoncnpikffidzad©gHo?jn$ri;e con la sfótti tostiti & vita cerca di V in cerei? anima n o ft r a r efar ftk ft>gg€t-C| ca. Vn’Idra vdcho£a7chccoale fette tclied©peccati mor cali cerca d’audeanarciranima v ó Vns^ézzofa^ Dalida,chc ci Infìngale«: accarezza ppoi bei tradifle* > e dà neHéroani dcFilrftci fófcrnaliv ;VA‘hdfifó fótta l’cfea. Vn toffico fólto:il mele, . Yna-feiefocraii* grano. Vn arca dragarmi. Vn lambito de cèrtiélli. Vnapoluc, ch’accicca J’ Vn fumo ^èh’atmefi**' Vn * ombra,che inganna-Vna leena di metitiperfónàggi. Vtt’amarilfimo Mare i’oue fono piu onde i.p& venti ; più tcmpcftc»più fóogli, più lecchc, più moliri, più* Balene,più Sirene,piu ftretti, più corfarfpm firti, ebe ne! proprio Mare. Efc pure in quello Mate amaro» talhora li troua qualche dolcezza etnai fomprcacco* pagnata dal fuo contrario ; pofciachc fc vi è la arita, vi è altresì la morte . Se la falute,rinfcrmicà. Se il * cibodafame. Sc& rfcchezzc;la poucrri. Se la gloria,la miferia. Sel’honorc,la vergogna. Sclapace, la guerra* Se il bene,il male - Ma colanti Ciclo vi -........................... B èia .rf'i’ è i'JK èkviwfifarfaìiorte.. La faifttcftoiw fin fornita :ii ì cibofcacitUfifkcv - La tichczze lenza. la ^euetcii v V La gioita!*•{£* Utnifcria * L’honore lenza U tergo»? gnju iLatpa Cedenza la guerra . Et ii bene rema ifran-le* .Stcsotiifcpcffcomrario acli'Iafcrno vi èia morto/ W|*vitios L'tqfiimiti lenzarla falutc. La fame*> feiwa ilobav Lapouertà fejBia le tichczze* i£ùiqifo*i fiafc&Mikglioii«. -La vetgognaieoza l’ho noie * Lai guerra lenta la pace. Et limale Hom il bene.. Si che/ conchi udendo 4iccua la laggiù Taccia. e i h ì ; V si jNd Cielo ti c v ita fc a zamorce r taci Mondo mosti Vita 1 nell! Infercio morte lenza Vica. s J. * > ! T .Nel Cicloifalutc lenza infirmiti .ri nel Mondò infit» miti, c falutc: ncirinfcrnoinfirmiti ftnxa fatate.; Vi Nei.Gicl0.ciho. lenza farnercci*> ho: ncllfiflfernoiàmc lenzatibo. 3 V Nel Ciclo ricchezze lenza power ri*, nel Mondo po-aercii c ricchezze ; nell’Inferno poucrtilenza richcz* 20* 'r . : h ' • *v ■ Nd Cielo, gloria lenza raiferia: nel Mondoipilerìa* * gloria: nciria&roomtfcna lenza gloria. - a - Nel Cielo hònofcfoozzvergogna: nel Mendo ver-? gogna,& honore ; hcirinfcrao vergogna lenza fio« nore. . : th • r: ; NclCiflo pécefenza guerra **chMoudo guerra» d pace: neiriofcrno guerra lenza padci, * iish i Nel Ciclobcnc lenza male j nel Mondo ma le, e bene; sii a nell*. fieirinfefno male lenza ben* . Per ondi fife ia prudente Vergine Tcrefa > in quello Mondo non vuò io Aggiornare'; ma entrarmene io, foiitariacella,che irH^arà vo-Ctel'terreno; Le lofefi celano frxlefpine, i gigli friie foglie* i Coraljr nel te-»odel Mare,le perle nelle conchiglie,l'oro fri le ve-*é,e le géme nelle vifeere del I a Tm a :Cofi vogl i o anch’io celarmi in viwf cella, che quella mi farà fclicò ilania. La Colia è come il Monte Olimpo , oue non« -mai pioue,non fiocca,non tcropefta, nòtiindiano i veti »non baiena,non tuonale jfon folgora il Ciclo. La« Cella è come il Monte Libano pieno d’hcrbe medicinali,e d’acque vi uc,otte nafcono gli incendi« glialrti odori;edotte lcferpi,e i veleni nonsaccòftaAo. E mentre ftaua diligenrerncnec confideranno in qual Religione douefie entrare,inrefe rorigine,«raccrefci-snento della Religione Camclira»aJntcfe*chc infin« nel tempo,che regnavi» Acab Rè d’Ifraelcyiicui Regno precede la venuta del Saluavofdcl'Mondo- circa nouc centoiicwotfowni vfgTn incoiti miracoli .^ Joule» chcmcotrc' &gitftada ragionando conHclifeo fd capito pccqti4-«(hcamptMidfppra va carro di fuoco al ter rcftrcPa** *f«diCcfei^iecftrbdtoÌ5 vita. Intefe.chc la-prima Chi®-.faich'cfù fabricata in honòrc della Madre diDjo.ia» ! aibb oitts i au u &3iGfoV(fiti/àtidtfiatKiuUZ\-3i;cTiiaavc iq I .a a -ì ;t. Int^fcfittalmente le fnomerabijii 4pdalgea2e*etef®% «. ri cclcll i concedi à q u citi,che pariand«jbcf(o*fl.bIabi~ . to Carmelitano ; onde moda da tutte «b»Jctnn-fciifc JLtifoKfldipigliar quello S. H abitaci*» ctfocpjruirc «alkScreniffima Regina dei Gictoi;-£wDKÌ:,xbc;dieÌe (/cgnod’dTcrprcdcftinaia; pofeia chefcgtto;«hkrrflì* .mo di prcdeflinationc e la deu ottone vcribik'.JHddtei ™ 4 a di idiDf ò" E fe non IocredèteJdnci credetelo aii’iftcfla Madre di Dio,che dice. i$9i&b*&nmet reqmeùit in /«-Vernaculomto>&dixitmthiin lftd inbniiu,inlfneiht-redttare,(p'in tltftis m(is mitu r.ndfces. E vuol dite, Quello,che mi crcò,evcontalapienczza de tempi veti* ne ad habitar nel mio V«otrc,pM dlflVch’io douefli habitare itrIacob,c non inE fai» b perche Iacoh rapprc* lenta i giudi, Efaui rei, ^iacsibgliektti, Efau i rc-protn^xGìarobi predcftiaatbEfau i dannati » E par maggiòrchiarczza foggiongc. EtiptUUh mtU mhu ,rédtnt, Si che dunque quaodó.aicuQo nel fuo cuore Tenrec flcr radicata Maria Vergine può dire d’hauer'in de vafegaodi pn:écfti*ati»ro.!tnfi cpcfto prómife Iddio inrirtJttpriintrefnpicanfctittijiraauccntica , coinè fi vede, nei Icuiciéb; al z éf. Poni nfc T+bexnaculuitu • meuminmedio wHny(Tmnabijaet ?xiotk vltmAnrm lo vi porròncl cuore il mio Taber nafialo*dnc Marta# Vergine,c quando i’hatiretfcia voi,pct fùo rispetto farete da me rifpettati,hauròdi voi cura >Vame.iò,c vi tcuftodirò ,c nella Cantica dice. ReU* diiigunt teSi che vuole,che dalla diuodanc verfo lei lì conofcauo -gli eletti * S. Anicimo anch’egli ragionando con 1!-rftelfa Madre di Dio dille. Sicuro Sentifmnomnit a ro auerfuj^£r d u dc/peElui nectjfe ed vt intereat ji» omnh nd ttCùtìcrfuSy et à te refpcQus impoffibilerji vipereif.Et oltre Jc autorità addotte cónfiderò la prudente Vci giocXo-refalc'parolc di S. Paolo à Romani aU’8.ouc d icc.Quvs prddeftìnauitftnfermttftriimégt'Hi fibfJuU Si che il predeftinato deue eflfcr’ imagine di Chrido,le *òtocPlttifto è figlio di Dio? cofi anch'cgH deue di-uentare figlio di Dio .« Hor chi non vede,che mentre noi elogiamo per noftra Madre Maria Vergine, venia-Mo ifarfi Tuoi figliuoli* e confegucotcmcmc fitnili ò Chrifto figlio di Dio,epe*èoofegucQza entriamo nel 'numero de prede dinari. Pferò la noftra Tcrcfafaggia-'Mente elcflc per faa cara, e diletta MadrrMariaJVer-*gioc,fi vedi del fuo.habiro>fi fece fua figlia,ediede fogno iole ft affa di prede ftinat ione . O animo faggio , ò menrc eccella, ò cuore Angelico. • Entrata > che fu iella Rcligioàc CàrìneIwa»a* e vedita nel Coauemo deiriocarnatione d!Àùii»iattefe coiKogrjwiiligcnza# all’oficruanza dvd’ObcdiarezavPoucDtàieCaduàl cefi i dudiocercò d’ornar feditila di tntibie virtù mo- imcJktniali,H cheottranef mercè delle fue editaci Orationi) con me ha facili! ft>c felicità; pofciache in breoe tempofùdocatadi Grammatica nel regolare Ba lingua,^ifienfi .Di Re rancane 1 far’Orarioni à Dio, &alla Santilfiniafua Madre. Di Logica nel d licerne tc il verodal falfo.crdil'beoe dal male. ; Di Mufica ncif-accordarc t fenico la ragione,l’anima co Dio,caci cfi. «tarmai seprcle fnclodi. pi Geometria nell'aggiraifi eper la terra del proprio corpo. D’Ari me tipa nel leuar conticolnumcrodelle buone opere. D’Aftroiogi*, ad contempiace il Facitote delle delie. Dj Filoicfi*,, -**v nel r igercatrqucHj pi im t cattfauper 1 a epa Je'fi» a. fatte tifiti le cofcjè Yen za la qHalce(i tvJnL'. sfili j TIibom 1 ogUi, la vna fida Tcfóricra delle ccleft»ricc(iclzc,VDa chiara Ri udatrice di pungatiflì-jni pcnfieii, flìvna Chiàue animata dello fcrigao del Uìo f petto. I5’ petto .n ion la dotta tba-cloqucnzsl fignoreggufii* i cuot r.itffiararhaft i fenaà-fuoco.acldc ftrafti fcn zi frc« nOjtrafiìgcfltìXcnzadardi}icgifti rcnza catene , ifpu.; g b a A t &i in fo rn tu a v o 1 ge (U il M ondorftWM piacer*,« loiochmafti^Titf.quaotavolcfii. ,;Mitnan, è ihcrajat^lia^llluftriflfmi Signor i,ch’ella operaffedo«» le troììlfie,gnalarc,e iantcj po(ciache tuuraDìóìlcco} ri) ■ q ubici’atidlorauain ognifai.alcione»l11 Brencipede Filofofitneli «ottauo delta Eificsrdiec. Qucd quanto ma* ghalicfitid appropinquat prtnctpwtanto wagts ^participata txceiltntiam tUiusprincipi).. Quanto più.:Vnaàjapptcf-fa al fuoco*tanto piibfir felda » pcrchc-il fuoco c cz-gionediqnclcalorc.Quacopiùvno& auicinaal lume* tanto pòLvcde j eflendo che la lucerna c cagioneàh quellofplcndorc: Così iquanto più vno s’auicina à Dio,tanto più participa delle fuc grane. E S. Dioai&o dice . Adgtliqui funt propinquiores Deo, magii pórti ci-pantdibonitatilmdÌMÌ»i$.z Gli Angioli, chd fono piu vicini à Dio,tnaggiormenté participano della booti diuina . Però cflcndóianoftraTcìcfa eoo l’anima cofi. vicina à Dio, c dando Dio in lei, poich.clla (taua ioui Dio, non è merauiglià fc cantò partecipai« dell«, gratindiuineiu s-«- * •s". ) •';:1 • * ì;.> Aggiofjgete/ch’ellaviueadoinTerra foggiornaua iti Ciclo,& hatìeua conuerfatione co gli Angioli,deltt cuigcatdeinamorataocrc^d’iinitarlt ssA:gb?Atigtóli sattcibuitfc la pudicitia, àgli ArcaDgiolàia gratia, i c.jt-a ' Troni iy Trosila q u i et e, al le .Do m inà rio h i ildòftiimó » a i Phn-cipatiU fignoria,alle Poterà la poffanYaj alle Virtù il vigore» àcherubini tl fa pere , à ‘Serafini l’amóre. Ef cccojchc la no lira Tcrclà fu pudica come gl’Angioli» gratiola cóme gli Archangioli, quietacome i Trèni, dominatrice come le Dominationi » iignoreggiantc come i Preocipati, pofltntecomeie Potcftà, vigorofa come le Virtù.faggia come iChér ubini, 5: amòrola» cornei Serafini. Piuohrc. Nel fuo cuore hebbcvni-tc le virtù (parie nc’Sann, il candor delle Vergini, Sa cofta&za de Martiri,la dortrina dc’DotrorijIa prudenza dc’ConfciTori,il preditarodaglfApoilob , il fog» getto de gli Euangciifti,ilprcniineiatoda Profeti,* I-afpcttato de Patriarchi« Cbc piu ? Nel fuo cuore fi (cuopriuaao l’opcratioittdelle Tre Per fone Diuine. H Padre con la fua potenza la rcndétsa forre contro la-fragilità . Il Figlio con U fua fapienza la rendeua fag» già contro l’ignoranza. Lo Spirito Santo con la iua bontà larcndeua immacolata contro la maliria. Si ebe^ «ela malina,nc l’ignoranza ,ne la fragilità potcuano prcaalcrc contro di lei,- onde potiamo dire,ch’ella fbf-fc quali impeccabile. O Vergine felice,© Vergine for* funata. Ma non ce&ccntf di tener’ in fc fteffa odenite? queft* grafiedinidepensò di communiearlc altrui,^ ©onfigliatafi con l’oraaolodiÓib, c delia Santrls. ftra Madre s’accinfe aiPahaifc^oritff* imprefa di fondate akttRi Conuétj y et j quali fi Viueflccó quella fìrctrtev it-.ì ' ~ C zar zadimita, n tli a .quale già yiflero quei primi defce«-denudatila nolMontc Canncjo i E fc ben quella Nemiche alThonorareimptcfc fcnjpre contraila^* paru^cb’emraflcin Canopo congiurata con nnfcrno* acciochq non profeguiffc quella Tanta imprefa, ella nondimeno non lì mode piamo dal Tuo ardente dello • nel quale fu magginrmcnteconfiranata quando Iddio gli dilfe»ch€ non sVftf ftafle dall’opera incominciata; poiché quella glifarebbc fopraogrfaltfagradita, no dubiraficdi qual fi voglia incontro > cheli tuttobaierebbe felicemente lupcraio. Et colia puma ausane,eflendoche in breue Ipacio di tempo fondò molti Conuéci di Scalze CarmcIitanc.Ne di ciò paga cominciò à trattare,cheli faccflero parimente Monafterij dr. Scalzi Carmelitani,e di quelli paranco fu fcliciflìma» Fondatrice. Cofa,vaglia a dir*1 vero, non folo mera-; i)ighofa,c noua in vna Donna; ma non piu veduta dal principiodi SantaChiefa fin’hora.E quelli Scalzi, ifl-iroduficjacciocihcfoircroimitatori di quei primùSmdd Zi dei Collegio Apoftolico. £ certo s’andiamoìcófid«« rando la vita loro li trouaremo tali ; pofeiaebe fc quel«* lìvbidironofemprc à Chriflo,quelli fanno votod’-ybtdire à Chri fio,& alla Tua Chiebu Se quelli non ha«-: ucuanocolà alcuna dipropriojqucftifprcz2adoogoi 11 e eh ? a,nc jk t fe andoficoia àJ cuna di proprio fanno vita comnauflfjr Sa^wìIU saffencUMiodacibi * e fosente digiunaua09»qusfM ho« aui«WtOgiono carne,? con frequentigli trti drgidni mortificati« i fcnfi . So quelli con flagcl 1 i percotcua retri corpi loro-cuciti core sferze,e diftripli nc fifUgcHano «La. fc flcfS. ' Se* quelli cranoperfcueranrr ndl’oratianc» quelli fono afirdui ncll?ptaiF^di gibrnro^cdt notte*. Se cj tic Hi faro no m andatila dineaift parti del1 Mondo à predicare,, corno PitìriOintflbtfia; Andrea’^lk Seitbia ,. Giacobo:Ze-kédeo nella- Spagna, Gioaa ni ncll’Afià miretir*>£>STn-t «ufi» ncirXndia,Giacobt> AXfèoin Gcro&lemme>: j Ris»! lipp^ ndk’&f» maggic**,;Bajrthlomco ‘|KÌl’«Arjneiws(, MattcoédKHcthippia, Simone in Me io pOtamia « T a-( dr opélf Acab t a-,Mathia nella Grudea^qucdkrifivano di» confidilo fpargciid© iit varie parti del Mondo^al Gan> g*,àl»Tžago,all!Indo,a 1 MatfrO*.« conia doctrina,« co» ladaqnti della Vita fanno cpoimùi ècq.Hdk.d>ittoce>ì àrDio f 'Nc qui fi fermala-grand*2za dlqticiti dbrm~ i nat i Scalzile fc l ici ffi mi poucrii perche iodiigiàlrvcgqf go.v-feitgdalVEirropa paflarlenc; nell’Afe» nsirAfrica*. ne M ’j&mi ricicli ò per dire fuori del Mondo »mereat, nodi Mondi per ridurli al vero culcoidi;E^osdEncIlaL fine del Miondxnquando ilfito gcan Dume Heih> verrà; controd^cmpto,& hofribilmóftrodclIrlnfocreo-AiBeb^ e hi ifto,c fiì fa ra n no inficmefccoconrro quei; fidfi Pro-, feria SfchequellkchencipiiHnifempidclkC&i'cjk prth] dicaroBoslaviSÉa federanconegli virimi la manrenciai«-i no * - Ma siBornandoalla glóriofa Fondatrice di q udii Setài di Diovdico, chi votendo lo Spolo ecidi* ìo prc* C 2> IHl© svio de Tuoi grafi meriti.condurla alle giocoadilSmò» nozz&ìalinfontuofiffime fede apparccchutcLc ncll’-> Empir ea Corte, p ri mai! a vrifitòco» vnainfirmicà racf-faggitf a di morte, poi tenne egli fteflo per focalmente ad invitarla,accioche,haueBdahomai;fiimi gli.afpri £ e fatti coli Viaggi di quefta valle di mifeticv rictueiT* datui Icpalthe,« le corone iti premio deHedjic fatiche? per àcquifto delle quali ella tante volte combattendo Jbfpirò/s’affliire,e s’affaticò per reftar vtncttrtcc.com« felicemente rollò * Si chfc élla feppeil giornanti qua-. 1« douena palla re alla beata eternuà>& etèrna beatu«* di ne ; onde tutta gioiofa fra £• ftefla diceua,vftiròpur' vita volta da quìetto ofeuro carcere, da quefta Fabtica runiaofa.da quello infido Mar«,da qucfto intricalo La-, bcriato,da quelloInferno temporale del Mondile fa«il lòcrafpotcaca'dalla facica-alripoio, dalla fertfitù allaj Itbcrcàidal timore allalicurczza.dairamarézzi&àHsdok cezze,dalle mcftidc alle lentie,-dalle noie alle gioic ,e dal pianteal canto. Ne potendo capirci« icftefJà 4V allegrezza grande, che (cntiua vedendo a ppieflarfi il giorno dafei tanto d 5 fi dorato» ne volle dar parke alle iùofiglie ; onde le fece chiamar à fc.c coli le diffe. Perche piaga anciueduta aliai mcn duole, « mcn fcrifco no gliftrali.chcfì preveggono,io vi faccio sapere ò mie figlie dilette,che il Dator della vita, e della morte à se. mi chiama. Però da voi, che sete le visceceideiraai-km mia,chiedo licenza,prendo gii cftrcmi congedi, e : gli ’ gli vltiturabbradciaawftd. il che scateno le sue £* giic comi n'c.iayqaQ um p etcì u gc cai ti ,c (ìu gultir in lagrime,cdofpiri ; &x5l.ia.ppf confejadc dille.;; Non piangete àfiglic ; pccfth&roorcndoà Voi , rinWooad vaa vita, oucq auéjft&em«.coagIi Aflgfei» ci 0t an<*J ^ ai na*> Bea r e* le diuiuftWdi^oao «MflidiTwPt« «et nameutèi ìmm gioia, i$vbf&$itfi ma fobctifc »e fidici&OM tic ud idè.: Vi ta,«u§qpacchoaoAlfiiina.1>pncftapacàfica> glorio-' fa dolcezza,p,dob:ilBm0 ripof«.i Pei» non yx finiste: della mofteijya^uzi tóecogioitei^bsora mcn’imdràii à vedereil Padfc««aOifopcedi felicitaci#» mai noa*; mancaAvaft»/5 tao naarc,&jmracnfo abiffo>d fagui be* nej tn^icfaufto^Q .^mpi« copiofidljiro di Yjcj-ajfctaticm* dine.- IjPigli^di gratiiftmaiucjfjfpIendeafccpjùhcliMl Solcai <3naie^fidrapp^ii bugisi* femfifft gi*acrf*» re. Lo Spirito Santo,che? riempie de Tuoi j^kiHdoa* gii Aagio)iÌp tutùglLcUftid» Paradifo : Qftdefjsfla-» rosole fuc Figlie Spirijuali^oofeja ^ a i qua* fp, pen $a-do,chc fc in Ter# pcrd,c#aj«xca! b«aigpaiMadre>f acqui fonano nd Cielo,o»c le farebbe continua lucer* ciaìmce 4M «• cidirriceprefloN. Signore,edouende ella far q'tiefte fiaggio ¥ olimpi in? à coin fot tir#'col pàtlrc^lcfte còl pa-- aeddgli Aogi olisce tendoni Santiflìro© Saéramcntòi Ecooofcendocdi quanto gitféamento fiano i bnorti coofigUsprima^hcietiiandalk^lf<ra'vitacofiglian-4o lB^udfight;4v(Tc : afrfcudndd iroi‘f!>b£ndotiato il MQodcKpfip gàa^agnardi il Gk&PVirftteVdo ’chfc' òf-fcmwaf c Co ri eg ni d di jgc neutfàttì f f1 gl * Òr d i ni n ci* ftri.cke ffeqaeutiatìc^iiStti^iifiiéfìSàdrttt^cbevveoi iètiiratfir*pccvfcvrifonnT^offci^cbeiper fa concordi! k lecòfc pictile ctetcoftÉKd perfe diftófdi» te glandi s’inipicci’oiifcónò.éw-arinailtao'o ; ^ucfté psichi non l’ haifrete fr à voi to Tèrra j, ftèifc ìa tcQuarcte frega ti-coilCieie* Seneapace bgniifaticWfrfa inv&tttbv è va* iammag^nciiJafcnappè»vn fondare fuefpcraflzc in fra* giWctrdvèvn prendeDcon le reti itterwo-i «ù chi hi' Js»pace può ficnta'raefMfeaffartiC&rfi^henc fipòrterà pfiimi&MtìtìÉórcile,e^opG <}oèAi yiiirffim» ricordi fi fecèdàie itCrocifilfb-rn roano ,^élqfcal ^ragionando 4sffè. o-roio-SfgB^«,che infin da primi anni dbnfi<^|^riét>fò?chct^pef ’émòr mieti cPrnpiaccfti A’ e flc r ve ft#é compre fg/fega^ipp ré fen ra t o alendi-t»dè^ète*arl*&MaborJaro,rchern)tb?;^ihpcfo',befFcggiaro;; h«ttAltpiflag«llarèIintbcoii^ró',itìtpÌagatò j punto dai fptaev*rap«l&fo da^c Eftòdrrtri bakyifi fièle J àb b cueraro ^ac«tW,«^cnò:tócoftÌtó^tÌàóètdrt!Earfiìaì'per amor tuo di ver far1 ilfanguc,' manoamifù conccflo; hora quello che ilferrononfeefcjo faccia l'arnore, vcffal tu di tua manoifia l’arco la tuaOoec,i chiodi fi rali ; tu rAmor.io l’Amante; piagami pria ch’io mora,che d* tua mano ferita, più dolce mi fara 1 vJcir di vita. E in* quelle parole Cpirò 1’anima, «he eoo ali'.di Colomba# veloce le oc (ali al Cielo. Q Religione Carmelitana» Certo tu mertigranlo-dc per gli innumerabili foggetti, c’hai hauuto cofi il-luCÌri^c famofi nelle lettere,come nella latititi della# vita . Per li Profeti HcliaxHfilifcq,Giona , Abdia ,Sj Michea . Per li Pontefici Dionifio, e Benedetto . .Pcf li Prelati * Gioanni CardinalePietro Thoma Patriarca di Conftantinopoli, Cirillo Patriarca# Alcfla«-drino »Gioanni Patriarca Gerofolimitano, Gherardo Patriarca d* Antiochia, Carlo Patriarca di Gerufa-Icmrac, Spiridonc Vcfcouo di Cipro ,, Serapione, Se Euodio ambi Vcfcoui d’Antiochia , Andrea Vc-feouo di Fiefolc ; Per li Santi Bertoldo Brocardo, e cento, e mille altre ; ma non minor lode tu meni per quella gloriofa Vergine Torcia,la qual nata in tempo,che il Mondo è più imm©- «iodi tempo è fiata afericca a caratteri eterni nel libro della gloria,c’nà nelle mani Iddio. Hor cu dolcifiìma Sorclla.ehc cale ti chiamo per Religione , c Madre, c Maefiraper li documenti, che da te imparo. Tù che «elio fpecchio della dimoila vedi,ch’ogn’vno gioifee dite,edelle tue lodi,che con giubilo infinito tutti fc-ilcggianoqueftatuafolcBiiità, che tutti celebrano! tuoi miracoli . Deh prega Dio, che come t’honoria-inoàn 1 erra ; cofi potiamo venire à vederti nel Cielo,oue tù regni,e regnarsi mai Tempra sa* fccoli dc‘fc-coli» Hò detto. w- ^ y—, ^ - • • ' ^ ^ ' r *, . Sj\ •'. Ki SIO • ' ZtìZit*:' 1 ? b cbinti'D t -■*:£# o ■' /• : •;*£*! Iti. . c r ;i »’b i: osbV ^ «Ji ii tsfl : s- :bc.ì> it!5^01.021 n Udrò:,021 , .. noa scrii, sì !. -sT eaiv^V sr* U3 ?bc ic: ornai, *. q * n iniiiiiiimiHi^iuMiiiiiiiniiiiilj imiiniiuiiiiiniunnm,,,,,^ |_I*vT VENETIA DAL PINELLI . MDCXXVl | ORATIO, AC METRA D- HIPPOLYTI BOCCI! VJmenfis Piceni, Artium Liberalium, ac Philofophias Dočloris, In obitu PerilluHris, ac Excellentifs• D. n NICOLAI PETRONII CALDANA Antiquiflimi Patricij Pyrrhancnfis, I. V. Confulriffimi. s r P E R1 O Ry m PERM IS S V. \ ■■ r’ier* X*\ '• 7» 0: *"s § 1 : ;» r \ » »j* J*" * /i nr sr i -ji M A - v n O a T » ■ -t ;•* :1 X . T o *1 - " •a c . .T > t ?F?nor i •iOGaulquiO,;. ^ <■ ,■*■:.-:. ■?■* « v. utòv-'-' ' 4- • •••' ' \ „qj.At> itvipH ... , r \ <\ i/i 7* O » 7- •*• * “ ' •; - •>, & TM ' ,.^, ■ *>; jf. /> J&Ì ; /s, ,JMW* P'*, mm;. -SS& ■;•'<,• ^Ll' ,.' . . * . . ... .. 'j' '.: . ■ B ifinr ' ,, „ „ m-», ~ ***• .. ... . «*ff: V?’ ^rsaTT~......................TTiTgž^ t 7 '*' -■■?■.'! . . . - . . ■ . . :r - i ! ■ _ ;; - -••■--' —• ■• ,ji' ' ’.r -*t?v ’T" * MOLTO ILLVSTRE, Et Spjffdfeile C O M M V N I T A’ D X P I R A N O- Mi ' Fine che noto fa non mi fi renda la tita dopo ìa grattif fima perdita deli' Eccellerti > tifiimo Signor NICOLO1 (PETRONIO CA L-D A NaA 3 mio Zio y che. pojjo ben dire fra tanti de» fonti OjentitHuomini di quefto luogo, do e pia* ci ut o d Nottro Signore da poc hi.mefi in qua di ^ 2 afe a fechiamare, io filo effer rìmafo (nelQuarto sAnno de miei studi ) nelle tenebre, inuolto in 'un a folta nebbia di mi II’errori, et di mille mi feri e, fatto priuodelfuo benigno affetto, & di fuoi falni ari confegli; ho voluto perciò (PA-TKI,*• ■ •*.- E PI- f~\Vel gran Giure C on fulto 3 V^/ Che fìat rP ne in marmo giace A *Mà dt ciaf un nel cor ripofa in pace. ALI V D » V UVe ' ■ V) * \\ \ » \ \ ì ■* Vi. Y7 5A( hreuìs rna tegit DOCTO RE M 3 nomine 1 i clarum, Et *Patrite, g/ ‘Troiis gloria, fplendor, honos. Candida membra tacent CALDA NJE, Spiritus atqui 'Latatur fuperas f petij [Se "Domos. i ct ~r * i4 -W. ORA- O RATI O Ecundum Arift. lib. de Morte,• & Pomo Mors eft receflus anima; à corpore. Omnium terri-biliflimum.Idem j.Eth. Quid vltimum ,quodexneceflitate materij proficifcitur. Auer. 2.Phyf.com.22. Rerum duarum , anima; Icilicet , & corporis ab fé inuicem dif-iòlucio. Plato in Gorgia. Demum malorum finis,& felicitatis initium. De Vifit.Infirm.D.Auguftinus. Ecquis eft(amantiflimi Patres) quiviuit, &non videbit mortem? Vnus eft introitus omnibus ad vitam,&fimilis exitus. Sap. 7. Elodie Adam, & Eua mori ceperunt, quo mortis legem, qua in lenium inueterafcerent, acceperunt. Auguft. fupra Genefim ad literam. Si de diuitijs, & honoribus, &, mortrm nobilitate teiadas, de Patria, 3cpulchritudine corporis, & honoribus, qui tibi ab homini-bus exhibentur, refpice te ipfum, quia mortalis terra es, & in terram ibis. Circumlpice,qui fimilibus fluxere fplendoribus. Vbi flint, qui ambiebant currum poteftatis ? Vbi infuperabiles Imperatores? Vbi funt, qui conuentus dilponebant, &feft a, & equorum Iplendidi Nutritores ? Vbi nunc veftes, & ornamenta peregrina ? Vbi leruorum turba?Vbi jocus, 8 iocus, &lf titia? Vbi exercituum Duces' / Vbi Satrapi, & Tyranni ?Nonneomnia puluis, Squilla? Nonne in paucis verfibus eorum vita: patet me-moria?Refpice eorum fepulchra,& vide,qui feruus, & qui dominus. Qui diues, & qui pauper.Difcerne, fi potes,viCtum à Rege, fortem àdebili, pulchrum à deformi. Vide, fieft aliquod in eofignum iačtantiae iua:. Memorare itaq; natura:, ne ex tollaris. Idem-, Auguft.lib.deNatura, & Gratia. Latet vltimus dies,vtobferuenturomnes. Sero parantur remedia,cum mortis imminet periculum. Idem de difei-plina chriftiana. Inter eos, qui dece vixere annos,& illum,qui mille, poftqua idem finis viteeaduenerit irrecufabilis mortis neceftitas, translatum omne ti mendum eft, nifi quod magis fenex,onuftus peccatorum falce,proficifcitur.Hieronymus ad Heliodorum. Omnem fapientum vitam meditationem effe mortis. Debemus igitur & nos animo praemeditari, quid aliquado futuri fumus, &quod, velimus, nolimus, longius abefle non poteft Platonis eft’fen-tentia. Nudi omnes nafcimur,nudi morimur.Nul-ladiftinčtiointercadauera mortuorum, nifi forte, quia grauiusfetent diuitum corpora propter luxuriam. Ambrof. in Hexameron. Vita noftra fimilis eftnauiganti. Is namque, qui nauigat,ftet,fedeat, iaceat, vadatq; imputiti nauis ducitur. Ita ergo, & nosfumusquiafiuevigilantes,fiuedormientes,fi-1 ue iacentes, fiue ambulantes, fiue volentes, fiue no-r/ -• lentes, 9 lentes, per momen ta temporum quotidié ad finem ducimur. Gregoriusin Regiftro. Moriens cundos falutat, donec fu# mentis dominus eft, donec Tua lingua poterit loqui. Valete (inquit) amici mei, & Deum pro me orate. Iter enim pergam extraneum, per quod nunquam ambulaui, in regionem longinquam,quam nemo vidit,&in foculum alterum animarum, vndenullusreuerfus, &in regiones metuendas , per quas nullus me comitatur,& ante Iu-dicem terribilem, vbi nelcio, quid mihi continget. Ioannes Chryfoftomus in fermonede Patientia. Illi deplorandi funt in morte, quos miieros Infernus ex hac Vita recipit, non quos C£leftis Aula l#tifican do includit. Ifidoruslib. 3. de fummo bono. Tres funt Nuncij mortis. Cafus. Infirmitas. Sene&us. Cafus dubia. Infirmitas grauia.Sene&us certa denuntiat. Cafus nuntiat mortem latentem. Infirmi-» tas apparentem. Senemus pr#fentem.Ex hacincer-titudine mortis timor. Ex grauitate dolor. Ex certitudine ienedrutis non obftinatio, fed humilitas, & affli&io fequi debet. Hugo de Clauftro Anim# lib. 2. Corprimumfit inanimali. Vnde ipfum eft primumviuensj&vltimum moriens» de Iuuenru-te, & Sene&ute Ariftoteles. ò mulier incedis ob iu-uentam, & pulchritudinem elata, & tu# vit# terminum ignoras? Ego fum illa, fic importuna,& ferox, vocata à vobis, & furda,&c#ca gente, cui fit nox ante diei terminum, Conduxi ego ad finemu B gen- IO gentem Graeam,& Troianam^ vltimò Romanos cum meoenfe, qui pungit, & diuidit. Populi elati, barbari,& alieni,& adiens,cum alij non me fpe&at, interrupi plurimas cogitationes vanas. Tunc ad Vos, cumviuereplusdele&at, dirigo meu curfum, antequam fortuna in veftrum dulce quidpià amari immittat. In triumpho mortis Cap. i. Petrarca.,, Dic, fi mori eft tara grandis paena? Reipon di t,quo-ufque vulgus fequeris ,& opinionem eius c£cam,& duram, dfe fidix tu nequaquam potes. Mors eft finis vniusobfcuri carceris animis nobilibus ,& alijs p9na,quipofuerunt in corno iam curam omnejjj. Et nunemori meum,quod tamen difplicec, gaudium tibi ferret, fi tu millefimam mei gaudij par* tem fentires.Idem Capite 2.Morsvocat,quos vult. Vnde Carmina. Mors fedet ante fores,8c msefto pai lida vultu, ad pamam, quem vult, exitiumq; vocat. Plautus in rudente. Nemo me lachrvmis decorer. Ennius.Huicdiftocontrarium.Morsmeanecareat lachrymis. Linquamus amicis m re rorem, vt cele-brentfuneracum gemitu.Cicero.in Tufo qureft.j. Ii 1 .Deus fepequos plurimi facit, eoscitius aufert Vita.Euripid£S.Sciremori eft honos mortis. Vnde Carmina. Mortis honos eft fciremori, virreq; beata* exituseftteftis, quifinelabe fuit. Verinus. Ex Afra rediens,cum ab Aegina Megaram verfusnati iga rem, coepi regiones circucirca profpicere, poft meerat Aegina,ante Megara,dextera Piraeus, fi« •. il niftra, ri nifi ra Corinthus, quaeoppida quodam tempore Florcntillima fuere, nuncproftrata, & diruta ante oculos iacent. Cic. lib. 4-epift. epiftola $. ad Sulpi-tium. Demum morieris, vita noftra eli peregrinatio,cùmdiùdeambulaueris , domum eft redeundu. Arili. Omne mortalium genus( Viri Pyrrhanenfes) ea lege natum, ea conditione aedi tum eli in hanc lu cem, vt ad finem, quem vltimum terribilium pleri-que arbitrantur, ad mortem inquam, interitumq; perueniat. VndePoeta. Tempora labuntur, taci-: tifq; fenefcimus annis, & curritfraeno non remorate dies. Volat aetas. Vita decurrit. Dies hominis pnEtereunt,non lecus ac vmbra. Dififugiunt,atque euanelcunt tamquam puluis. Haec veritas per ante polita fundamenta luce meridiana clarior, licet recenti probatione haud indigeatiuxtaillud. Nota_, perfe probari non poliunt: tamen Iob 14.10#. $. Breues dies hominis funt.Numerus menfium apud teell.Conftituifii terminos, quipraeteririnon poterunt. Idem Iob 17. le#.7.Spiritus meus attenuabitur. Dies mei breuiabuntur. Et lolum mihi fupe-reft fepulchrum. Fertur Xerles, Rex ille Perla rura poten tifilmus, cum numerofum, atq; immenfum, quemparaueratjcircumlpexiffet exercitum, illa-chrymafle, quòd tot millibus tam breuis immine-retoccafus. Quocirca non vitam hanc, quae dicitur vita, fed mortem potius vocare, atq; exillimare de-bemus.Non iniuria Aurelius Augullinus dubitan- B z dum Il _____r_ dum cenfuit. Vtrum mortalem vitam» an vitalem mortem eam ipfam appellare debeamus. Mortem quidem omnibus natura propofuit. Mortem effugere, mortem euitare nemo poteft. Moritur dodus (fapiens Condonator inquit) fimilitervt indodus. Omnia tempus habent, & fuis fpacijs tranftunt v~ niuerfa fub fole. Mors omnibus fupra caput inftat. Quotidie dies vltimus appropinquat. Quotidie dies auferuntur nobis. Quotidie tendimus ad extremum. Quotidie properamus ad interitum. Me-ri to i gi t u r cu m p racla ro Or a tore exci a m a re licea t. ò fallacem hominum fpem, fragilemq; fortunam. ò reuera inanes noftras cogitationes, qux medio vi tae curriculo fsepe franguntur, farpe corruunt. Hcec mors(vt aitLyfiasmagnus Orator) bonis,& malis communis eft, ac neque ignauos deipiciens, neque parcens probis,parem fe eundis prseftat. Verè Clan dianus. Omnia mors sequat. Quod cum Horatio confirma tur lib. i.carminum ad Seftium ode quarta. Aequo ptiliat pede pauperum tabernas,Reguq$' turres. Ab hoc vero nequaquam alienum eft, quod’ MidamRegem Silenum docuifle ferunt. Homini longèoptimum effe non nafti, proximum autem quam primum mori. Id quod ipfequoq; Euripides vfurpauit. Execrabantur nonnulli ipfumquoque_> generationis diem. Habemus illud teftimonium. lob cap. 3. Pereat dies, in qua natus fum, &nox, in qua didum eft. Conceptus eft homo,dies ille verta-* .> £ « tur tur in tenebras, non requirat éum Deus defuper,& -non illuftretur lumine. Obfcurent eum tenebrose vmbra mortis, occupet eum caligo, & inuoluatur amaritudine. Nodem illam tenebrofus Turbo pof-fideat, non computetur in diebus anni, nec numeretur in menfibus.Si t nox illa foli taria,nec laude digna. Maledicant ei, qui maledicuntdiei, &qua;fo-quuntur. cui opinioni aflentiri videtur Thracum Natio,qu^ natales hominum flebiliter,& exequias cum hilaritatecelebrabat.Quid nos mortem tantopere perhorrefeimus ? Luculente fané Lucius Seneca. Moriendum eli, inquit. Quando ?Quid tua_, intereft?Paratus efto;quia nefois diem, neq; hora. Vniuerforum debetefletranfitus, ait Ambrofius. fiuecafu homines moriantur, quod Stoici crediderunt. Siue fato, vt Epicurei pu tan t. Siue genitura, quod Pythagorici affirmant, vna eft mortis ratio,fi redè vixerimus.Preciofa eft enim mors Sandorum, preciofa fapientum Vi rorum, deniq; omnium bonorum preciofa mors eft. Audite bene Marcum Tui lium,ad Aulum Torquatum feribentem. Mori nemo fapiens miferum duxit, ne beato quidem. Illa_, au temmors,quacEterni doloris perpeffio diffini tu r facile à viro bono,ac lapienti vitatur. Ab ea vindicat vita bene, & innocenterada. Virum iuftu mortis fupplicium non tangit. Nequeo fané hodierna^ luce,in qua nifi gemi tus,& aerumna? an te oculos ver fari videnturin hocfunefto,* acluduofoIpedaculo- (Do- *4 (Domini Pyrrhanen fes cariflimi) finekchrymis vo bifcum affari,dum cogitofublacumè terrisD.Ni-colavmPetronivmCaldanam, Clariflimum Virum, acDo&orem, nullovnquam tempore à veritate recedentem, ac noftra quietem tempeftate inu. hac Patria neminifècundum, qui (crimen abfit af-fedatie gloriae ,& procul repellatur ambitio) quinque rerum bonarum maximis, acprscipuis Thefau ris fruitus eft, hoc eft Di u i tij s,Nobili ta re,Eloq u en tia,luris prudentia, Pontifici) demum dignitate. Non funt (praftantiflìmi Auditores) hcec fpernen-da,non contemnenda: fiuefortunae, fiuecceleftis Principis munera.Cuius vita non modò praeclarum hoc oppidum, verum ( audeo dicere) vniuerfam Istriae Prouinciamdod:riniefplendore,&admira bili fcientiffilaudeplurimum illuftrabat . Haec funt prcciofa Talenta. Haec mea quidem fententia reliquorum omnium fundamenta bonorum. Cuius mores ab ipfis vfq; tenellae aetatis primordijs vfque adeo in omnem vitam probatiftimi extitere, vt ve-rè ad virtutem, ad fa pientiam, ad communem hominum vtilitatem natus effe videretur. Summam namque eius viri integritatem , ingenij magnitudinem, acdodrinae la udem mea quidem rudis ne-quitoratio, fed beneeloquentiflimi alterius copia, atque vbertasiam fatis, fuperqj explicare poteft. Quapropter ex infinita quadam rerum abudantia, ac varietate, quas tanti viri probitas atq; huiufce defun- defundiDocTORis,nondumfexagenarij,fuppedi- tat gloria, vnum dari mihi dicendi Jocum, fi ad Iu-gendameius migrationem vos Patres Pyrrhanen^ fes fuero cohortatus. Hodie(proh dolor)optimo vi t£ Duce,Praeceptore beneuiuendi praeftantiflimo, Optimo luris Confulto, optimo legum Interprete, optimo veritatis Indagatore,nullius rei prorfus ru di, orbati fu mus. Hodie (bPyrrhanum) probitatis exemplum,virtutisfpeculum,dodrin£ lumen maximum extm¨acereaper.tè videmus. Hodie_* inquam foluto Camis ergaftulo, & corporeis laxatis vinculis, res humanas deieruit,qui res humanas con tempii t, ibi um Deum puro, ac mundo cordis a f fedu fe&atus eft,Qui (vt Ecclefise verbis vtar) pius, prudens,humilis, pudicus cum eo, quod fequitur, quamdiu fragili carne, ac mole corporis circunda-tus eft. Qui proculcatis terrenis delicijs, ipretis mundi honoribus, reieda foculi pompa,eam veram fapientiam in terris amplexandam eft arbitratus, qu«eadDevm ipfumid eft, incommurabilebonum fola perducit. Thefaurizauit enim thefauros in cg-lo, quorum immarcefcibilis, atq; aeterna extatpof-feftio.Numquam viuensociofus. Raroioluserat. Legebat femperaliqu id. Scribebat. Docebat. Contemplabatur. Sociam fané habebat men tem. Veritatem meditatum eft Guttur eius, & labia eius deteinata funtlmpium.Erat Domuseiusofficinalau-da tarum,ac bonarum artium,in qua Concertationes nes literarne legales, & per Excellentifiimos Dodo* res, & per Scolafticos fcepcnumero habebantur. Pueritiam còtriuit in literis. Ludos eft afpernatus. Adolefcens altiora ftudia fecutus. Flagitium,ac Ve nerem, tanquam fcopulum fugit. IuniorCiuibus cum lingulis, tum vniuerfis prodefle ftuduit. Reliquum omne tempus itatis ad communem vtilita-tem, atque faiutem contulit. Mira fuit hominis té-perantia. Tenui vidu contentus, lautiora neglexit conuiuia. Qui denique in omni vitee fta>tu proba tifi fimus,domi vtilis,foris elarus,Ciuis modeftus, ftu-diofus admodum Patrice, fedatorhonefti,plenus fidei,amas officiofbrum, pius in Deum, vi tee integer, minime elatus,alieni abftinens,viduarum, ac Pupii lorum fuiceptor,citra malam femper vixit cetatem. Gratus omnibus.Nemini Inimicus. Fundus in Co-mitijs fummis Magiftratibus,non indignus eminé-tioribus, quoseademmet Refpublica Veneta , inlfi gnium Alumna fpirituum,confimilibus elargiri fole*. Eius verba, tanquam ab oraculo emanantia., j exeeutioni tradebantur.Statutarias Pyrrhani leges in linguam italicamad maiorem omnium intelli-gentiam, vbi nihil obfcurum, nihilq; inexplicatum reliquit reformauit. Prarfedus ampli, ac Magnifici Aedificij admodum Reuerendce Collegiatce Diui Georgii Specificas Aras non tantum exornandas,verum,& reliqua omnia,ibi amplificanda fummo, ac pertugili ftudiocurauit. Item & Camobii San- San#! Fran c i sci Min. & Diui Bernard i n i de Obferuantia vigilantiffimus extitit Procurator. Viuet ergo eius virtus. Viuet celebris memoria..,. Flete igitur (fi flere iuuat)fed nolite flere fuper illum,qui bene,& feliciter vixit, ac iuxta Dei San&u timorem eft operatus, fed fuper vos flete potius, tali viro orbatos,qualibus vtinam multis veftra nunc abundaret Patria. Quis non doleat, quis no defleat huiufceviriamiflionem, cuius prgfentia, & vita_, Mirificos in terris,atque vberrimos fru<3a$profere-bat? Lugeat non modo Nobilis Petron i a Caldana Prosapia, qux talem,ac tantum virum genuit, verum tota Pyrrhanensis Patria. Lugeat iure Nobilis,ac ftudiofus Iuuenis D.Petrvs Petron i vs Caldana, plenus in omnes offici/, humanitatis, & modelli#, Nepos, 8c Haeres, in quo Ipe&abilis, & per egregia Commvn i tas magna ieri t fundamen ta virtutum, à quo, ficut de proximo accingendo,laudem, & decus,& gloriam eft defideratura,cui in ci-uilis, ac Pontifici/ luris Infignibus tribuat,atq; im-partiatur fummus reru omnium opifex profperos (vtfert Civivmomnium ardentiffima cupiditas) ad vota fucceflus. Lugeat Nobiles Consiliari i, qui Patrem Patriae amiferu^authoritatej&gra tia prepoten tem. Lugeant doriiffimi C#tus, tota Circunftantium Corona. Quis non deplorerà primo ad vltimum tam::;; preciarum fpecimen, ac Doctorem, noftr# memori# nobiliffimum? Orba- C ti tan- ti tandem tàmfplendidolumine, quamquam moriendum eft omnibus(vt propofltum eft) lege naturas,indulgeamus tamen aliquantulum humanitati, & lachrymis, & magni viri, & Do ctor i s funera., gemitu profequamur, paffi obeius migrationem grauemiačfriram. Et ego Petroniae Caldanae Fam r l r ae famulus obfequentiflimus inter tot,tan tofque deflentes (veluti alter Titius) non conquerar? à lachrymis abftinebo ? Id in huiufmodi omniu turbulentiffimo ftatu dubio procul haud faciam) quoniam Compater meus erat officiofiffimus, eiuf-que confilijs, & authoritate, & gratia familiariter quam qui maxime vtebar. Obijt Die Quarta Decembris Anno Virginei Partus MDCXXIV. Conclufiue afferamus, ac piè dicamus,tanquam &fide,j&:fpe,&charitate,& Ecclefias Sacramentis bene munitum in Virorum Piorum Domicilium effe translatum. Dicebam. SO- SONETTO PR IM*Oj Veliinfigne DOTTOR fugato ha l’alt Verfo’l Cielo colafra degni Heroi, Godendo Di adente, che fra Noi Non fur ville già, mai, ne fon vguali. Ben fcaltro lui le cofe bafie, e frali Calco del baffo Ine arco. Onde li SVOt La perdita è cagion, che tanto, annoi, ; Fra mili' error viuendo, e mille mali. Qs Fio NEPOTE Tu in fublime luogo, jE in gloriofo Tempio pon fua Tefia, A fin eh’ ogn hitom lariuerifca, e ammiri. SIGNOR gentile il mio defire appretta, Dolce ti fia, ed amorofo il giogo Scemar in guifa tal i tuoi martiri. SECONDO. T TEroe canti di Te la fama’l vero, JlX Mejfaggiero d’Afirea, di dir facondo, Di confi gito T he foro affai profondo Si, che t'màdie l’ISTRIA, e lo ftraniero. Per l’immortai parlar faggio, ed altero Fufii di leggi interprete giocondo, Ce fareo Sacerdote, di cor mondo, In Rime celebrato in quefio Impero. Ben fiameftier , che qual nouel Solone, Del tempo domator, ri for ga, e friua De gli Antenati, e del tuo gran valore. Il BOCCI, di Picena Natione , r Al viuente NE POTE, che derma Dal molto tuo fuer, confacrail core. C 2 TER- Terzo. f~\Veflif»nefiì memi, e quefii Ver fi Mi detto hot Indole me Mufi., « >neffa Per la. perdita tua, qual si minfefia, Ch'in pianto fa, fid mi dilegui, e ver fi. Saggio SIGNOR quant'atne furo auuerfi J fati, eia fortuna «tu Ara, e frefia Nel'inuolar la Salma , Onde »arresta Ofiuro Manto a TV01, &a DIVERSI. Appagami, eh’in Te rifarger vedo 11 pio NEPOTE PIER, notrel Leggìfia, Pianta d'amati frutti, efrondi, e fiori. Tu dunque, Tu, chtne gli eterni chori Miniflro fi, cola figgio conquista Perme, che temo, e del mio mal m'autdo. ARTO. £" ^ On flebil trombah voi Gigni canori y j Con lo Jhtdio mi deflo, ed apprejènto Al Nobile CALDAIA tutto intento ftuefti lugubri Carmi, e metti hohori. Dìa lo flirto l gran Fabro, ed aualori Le note, accio fianoto ri mio lamento : V oi non tardate con componimento \ Grane moslrar il duol di dentro, e fuori. Vituperate in tanto il fzssO mostro Di quell’infame, edifpettofa fiera, Jptal ne de preda-di virtù ò migliori. E fra Mirti, eCipreffi, e grafi odori Di lui cantate, accio refii, e non pera .1 . v V Ammortai famai» questo baffo chhfin. Qvin- QVINTO, ET VLTIMO. -, EflortationedeirEccellentiflìmo Caldana al Signor Piero Nepote. T) / E R o, s’io fialfi a miglior vita., heredi a t^uai re li eran de beni, e de l’amore ? Succedi Tù, mio vero Succejfore, solo NEPOTE, e Figlio, 'acuii cor diedi* Come Zelante de la Patria vedi Terminar ituoi studi,vd il dolore , Che ti lacerai petto, e tarpa'Icore, Reprimi, e al pio configlio intento credi, DIO temi, ed a i Defonti de la Prole Soc cor fio attendi con le al mercede. Pietà di lor ti prenda, e di me ancora. Gli altri legati miei fienza dimora ) V Ti prego ad ejfieguir? tosi richiede La tua fe, la fiperanza, eie parole. SONETTO DINCERToT"*"*" Ve’ tenebroni orror de l’atra notte Lampeggiar fala purpurante Aurora, v E con raro pennel gl’ABri n’indora chiudendo l finno a le Cimeree erotte , A Noi fio fii Alha diua in auree Cotte > . V llluflre Sir (per cui PIPAN s honora) Di librato fiauer, d'Afirea canora, Dando al rapace oblio l’opre corrotte. NICOLO Saggio, ma con fiorta vera Tapri à giorno più bel SolpiàMente. Vanne dunque a race or l’eterno frutto > Che ben corfieggierà la Fama altera DA più fieruido Ethiope al Scit'algente. DEL DEL MEDESIMO CANz ONE. Entre che'» fragìl ve fi Campeggiai foblime (^uàji magiche rime) Col foggio dir ftupido l’huom rendeflt, E con fouer profondo Eofti gloria, a CALI)ANI, bonor al Mondo. si” * 1 m«' ■* \ v « P wì ? Uo vi ■ vi* Il or da rmrtal'inearchi Sciolta l'Anima bella (Felicijf ma Ancella) * > Pafeggia’l ciel con fublimati varchi E ne l'eterne Scene Scherza i noftri dolor , gode'l foto bene. Mentre nel Centro vile De gli Abiffi mondani Follia fonfi tiranni ( guafi reggio) 7 tuo far flirto gentile Afre a piaci da refe, • ' Sollcuo gl’ Imi, e feo'l Rettor cortefo.\ v t v;r-,uO ’«J * Vi < ? :v ìlor ne le diue fohtere (Spirito fo, Eloquente , Anima folo, e mente) Salmeggi a DIO, godi l'etberce sfere, EneiFulgidi'Tetti < w ' Scorgi i nojlri mar tir ne' tuoi diletti. Me»- Mentre che cella, angufia Tt fu l’immobil Terra , Eugnafli audace guerra, Liberando gli humil d'opra non giudi a, E con ragion fourane De fi legge alSauer, meta al'humane, Bor che da tauree E orte Tutto rimiri, e forgi, Eietofa aita porgi Control nemico altier, contro la morte. E preghi n Sacro Zelo Il SIGNOR, che fi allumi, e colga n Cielo. Vagheggia DIO pur fdo Nele fellanti Ruote > Eoi ch’egli dar ti puote Segno l Mondo a la Gloria, il ciel per Nido, La fama relatrice, Seruo tHonor, la Gente ammiratrice, n INNO. innominati avctoris Exametra, ac Pentametra Carmina. Nhftida profiliens nuper Deti nubibus at fis Horrida, pallenti liquerat antra gelu. '■ Cui contorta acies aderat, cui Unga a veneno Vipereo mentum turpe cruore màdetisT- • ^ ^ ^ " ' \ Cumqs peragrando lati a s veni fife t adoni ■' - Piranas lente confiitit ante Domos. Hic vbi pefiifero confpexit lumine clari > • Fulgentem Sanila Religione Virum. (Tu fueras NICO LAB Sacro bene iure pente • j i O' Pater, ò Patria gloria rara, decus.) Ingemit, & triplices fimulans ad dira Sorores, Imperat immani fila fecandamanu. Turgida fquallenti gefians pracordia tabo obfequitur iufium, turba maligna noe erti. Sed mirum ? quf Falx vetuit terrestre T hčatrtm > ' A Colica perpetuum regna colenda dedtt. Non fecus ac vafio premitur dum pondere palma, Efficit, vt citius tollat ad afira Caput. Nam qui mortales inter terraqi marifqi Sydera, nuncinter lura, Deofij-.ienet. FINIS,