received: 2006-13-02 UDC 338.2:629.123(450.361)"1918/1940" original scientific article IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI Alessandra UMILE * Università degli Studi di Trieste, IT-34127 Trieste, P.le Europa 1 e-mail: alessandraumile@yahoo.it SINTESI Il contributo si propone di individuare gli aspetti che caratterizzarono il processo di integrazione del sistema regionale di economia marittima giuliano nel contesto economico e istituzionale del Regno d'Italia, iniziato dopo la prima guerra mondiale. A tal fine, dopo aver evidenziato a grandi linee i nodi principali dello sviluppo dell'industria navalmeccanica italiana e di quella giuliana nel periodo asburgico, si sono individuati gli elementi di continuité e di discontinuité che segnarono la storia dell'economia marittima giuliana tra le due guerre. E ció attraverso la valutazione delle questioni che le industrie di costruzioni navali, in particolare quelle del polo triestino, dovettero affrontare in relazione all'accesso al credito, alla conformazione del mercato italiano e alla nuova situazione concorrenziale, ai rapporti con le istituzioni e con il regime, alle direttive di politica economica, alla diversa tradizione produttiva, ai nuovi confini geopolitici. Un processo, quello dell"'italianizzazione" dell'industria marittima giuliana, che in gran parte si risolve in una progressiva perdita di identité. Parole chiave: storia economica, politica economica, industria di costruzione navale, provincia di Trieste, periodo tra le due guerre TRIESTE ENTREPRENEURS IN ITALIAN WATERS: THE SHIPBUILDING INDUSTRY BETWEEN THE TWO WORLD WARS ABSTRACT The aim of the paper is to identify the aspects that most evidently characterised the process of the regional system of the Julian maritime economy's integration into Questo articolo presenta una parte dei risultati di una ricerca svolta grazie a una borsa di studio post-dottorato assegnatami dal Dipartimento di Scienze economiche e statistiche dell'Universitá di Trieste nel 2000-2001. 69 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..., 69-94 the economic and institutional contexts of the Kingdom of Italy, which began after the end of the First World War. After outlining the key development points of the Italian and Julian naval engineering industries during the Habsburg period, the paper singles out several elements of continuity and discontinuity that marked the history of the Julian maritime economy between the two world wars, presenting them through an evaluation of issues that the shipbuilding industry, particularly that of the Trieste pole, had to confront with regard to the loan policy, the structure of the Italian market and the new competitive system, the relations with institutions and the regime, the directives of the economic policy, a different production tradition, and the new geopolitical boundaries. Mostly, this process of"Italianisation " of the Julian maritime industry resulted in a progressive loss of identity. Key words: economic history, economic policy, shipbuilding, Trieste province, Inter-war period Con l'armistizio siglato il 3 novembre 1918 da Italia e Austria, si apre il periodo dell'amministrazione provvisoria della Venezia Giulia che, formalmente, si sarebbe chiuso un lustro piu tardi quando, con l'abolizione del Governo marittimo di Trieste, la regione venne pienamente a far parte del quadro istituzionale italiano. Il processo di integrazione dell'economia giuliana, e nello specifico del settore navale, nel nuovo contesto del Regno d'Italia si consumo invece nell'arco del decennio successivo alla fine del primo conflitto mondiale, e in parte puo essere letto come la progressiva "sperso-nalizzazione" di un sistema regionale di economia marittima che, per molto tempo, anche dopo l'annessione, aveva conservato un carattere sostanzialmente autonomo. In realta, in quanto alla politica economica attuata nei confronti del settore cantieristico negli anni precedenti al conflitto, le direttive dei governi italiani non differivano molto da quelle seguite dalla monarchia asburgica, per lo meno sul piano dei principi ispiratori: regime delle linee sovvenzionate con premi di navigazione e di costruzione per la marina mercantile (e del resto si trattava di un tipo di intervento diffuso nella maggior parte dei paesi europei)1 e stanziamenti in bilancio per commesse di naviglio militare ai cantieri privati. Ma le modalita secondo cui il comparto cantieristico triestino si era sviluppato, nel contesto della politica economica asburgica, erano diverse dalle parallele - in senso cronologico - vicende dei loro colleghi italiani. 1 In Italia la prima legge sui premi fu varata nel 1885, in Austria-Ungheria nel 1893. 70 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..., 69-94 Linee di política economica per lo sviluppo dell'industria pesante in Italia: le concentrazioni nei settori navalmeccanico e siderúrgico In Italia, a partiré dai primi anni del XX secolo, nei settori della siderurgia e della meccanica pesante si era assistito a un processo di integrazione finanziaria e produttiva, del resto in linea con il trend che in quel periodo si stava verificando a livello internazionale, dove questo tipo di concentrazioni appartenevano a una es-perienza già positivamente collaudata (Doria, 1984, 413). Tuttavia le maggiori concentrazioni sorte in quegli anni si erano sviluppate secondo una logica che privilegiava gli aspetti finanziari e speculativi rispetto a quelli economico-produttivi e si erano strutturate, sin dall'origine, come centri di pressione politica nei confronti delle amministrazioni statali e come organismi capaci di influenzare il mercato tanto sul fronte degli sbocchi, quanto su quello delle forniture. Ció era sicuramente vero nel caso del trust della "Terni", formatosi nel 1904 (Bonelli, 1975, 83-84; Lungo-nelli, 1987, 45) e del "Consorzio Ilva",2 fondato nel 1911 da un accordo siglato da sei imprese, tra le quali peró non compariva la Terni (Confalonieri, 1982, 76-77). Entrambe le operazioni furono condotte con il supporto finanziario della Banca Commerciale Italiana che, nel caso della fondazione del consorzio siderurgico, si limitó più che altro ad appoggiare una soluzione di stampo cartellistico voluta per regolare la concorrenza e influenzare il livello dei prezzi - accantonando l'idea di attuare una vera e propria ristrutturazione produttiva del settore siderurgico (Confalonieri, 1982, 74, 112-113) - secondo una logica propria della politica credi-tizia di questo istituto. Anche nella fondazione del trust della Terni fini per prevalere l'interesse della Comit per la siderurgia bellica e per l'integrazione con i cantieri navali (Bonelli, 1975, 80-81). Di fatto le Acciaierie ternane detenevano il monopolio sul mercato delle corazze e degli acciai speciali e, sin dal 1898, la dirigenza aveva pensato di intraprendere direttamente la strada delle costruzioni navali, per assicurarsi sbocchi sicuri alla produzione (AST, 1). Alla fine si giunse all'assunzione di una quota di partecipazione largamente maggioritaria negli stabilimenti liguri di Attilio Odero e in quello livornese di Giuseppe Orlando3 - che entrarono cosi nell'orbita creditizia della Comit - che lasciava nelle mani dei proprietari la gestione delle rispettive aziende, incanalando peró queste ultime, com'è ovvio, in una prospettiva in cui le commesse militari avrebbero avuto un'incidenza sempre mag-giore sui fatturati. Cosa che, specie per il cantiere livornese, alla fine si riveló una 2 All'accordo industríale e finanziario, che per Banca Commerciale Italiana (che non era l'unico istituto di credito a finanziare il consorzio) fu guidato da Otto Joel, aderirono l'Ilva e le Società "Elba", "Siderurgica di Savona", "Ligure-Mettallurgica", "Ferriere Italiane" e "Piombino". Le prime cinque in realtà facevano parte del gruppo Terni, per quanto quest'ultima, formalmente, non partecipó al con-sorzio. 3 Al trust ternano erano legati anche i Cantieri Navali Riuniti, con la partecipazione di Erasmo Piaggio. 71 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..., 69-94 scomoda condanna alla "monocultura" (Umile, 1998, 346-348). Tuttavia per un quindicennio, l'enorme potere lobbistico del gruppo Terni compensó pienamente la scelta di legare gran parte della produzione navale all'andamento degli stanziamenti in bilancio del ministero della Marina. I guai sarebbero arrivati negli anni successivi alla guerra, periodo in cui legami con il trust siderurgico si sarebbero rivelati per molti aspetti un fattore di svantaggio (Fanfani, 1990, 163). Allo strapotere della Terni nel campo delle produzioni belliche cercó di opporsi l'Ansaldo, che già dalla fine del xix secolo era in competizione, per la costruzione di navi da guerra, con il Cantiere Orlando (De Courten, 1996, 75) e che, dopo la fondazione del trust, si era trovata in posizione di inferiorità rispetto ai cantieri della Terni per l'accesso alle materie prime e perché non godeva dell'appoggio finanziario di un istituto come la Banca Commerciale Italiana (Conti, 1996, 226). La battaglia contro il trust si svolse sia sul piano della capacità di pressione sulle istituzioni -attività nella quale i Perrone, che guideranno l'azienda fino al 1922, erano particolar-mente aggressivi (Conti, 1996, 226; Falchero, 1990)4 - per una più equa ripartizione delle commesse governative, sia sulla ricerca di un'alternativa all'acquisto delle materie prime dal gruppo concorrente. Fallito l'obiettivo di ottenere, dopo la nascita della nuova Società Anonima "Ansaldo-Armstrong & C.", facilitazioni sui prezzi delle corazze dalla Armstrong (i prezzi praticati da questa società all'Ansaldo non erano poi molto più bassi di quelli che poteva ottenere dalla Terni) e altrettanto fallito il tentativo della Comit (nella persona di Otto Joel) di promuovere un accordo fra Ansaldo e trust ternano5 (Doria, 1989, 58-59), l'azienda genovese si decise ad attuare una strategia, anche di stampo difensivo, che prevedeva la realizzazione del "sistema verticale a ciclo completo" che l'avrebbe dovuta definitivamente emancipare dalle Acciaierie umbre6 (Falchero, 2001, 99-103). Il processo di integrazione verticale dell'Ansaldo, che si doveva svolgere, a differenza di quello della Terni che si basava essenzialmente su un sistema di partecipazioni azionarie, in maniera tutta interna all'azienda, si sarebbe completato nell'arco di quasi un decennio.7 4 Per una documentazione relativa agli anni precedenti il conflitto si veda ASA 1, 2 e 3; ACS, 1. 5 Lo scontro fra i due gruppi rivali si svolgeva non solo relativamente alle corazze, ma anche sul terreno della produzione di artiglierie e sulla loro fornitura allo Stato, e l'accordo proposto da Joel prevedeva una mediazione per entrambi i tipi di produzione. L'accordo, è bene ricordarlo, fallí per l'opposizione di Odero e Orlando. 6 La realizzazione del "sistema verticale a ciclo completo", intrapresa da Ferdinando Maria Perrone e proseguita poi dai figli Pio e Mario, prevedeva lo sviluppo degli impianti di acciaieria e fonderia per la produzione di acciai fucinati e laminati (quindi anche corazze), la costituzione di una flotta per i rifornimenti dall'estero di carbone e ghisa, cui si aggiungeva l'acquisto delle miniere di Cogne e la costruzione degli altiforni e acciaierie di Aosta. 7 Ma già dal 1911 i Perrone potevano ingaggiare la prima lotta con la Terni per la fornitura di corazze alla Regia Marina. 72 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..., 69-94 Anche la produzione navale della nuova Ansaldo dei Perrone, come quella dei cantieri di Odero e Orlando,8 aveva progressivamente visto crescere il peso delle commesse militari, una buona percentuale delle quali proveniva dall'estero (Rugafiori, 1993, 73-74; Conti, 1996, 225). Il grosso delle costruzioni per la marina mercantile era costituito da transatlantici e piroscafi passeggeri commissionati dalle grandi compagnie di navigazione (si pensi ai lussuosi piroscafi costruiti per la Navigazione Generale Italiana), produzioni di valore elevato che permettevano profitti non indifferenti, anche grazie al regime dei premi, ma che facevano riferimento, sul fronte della domanda, a un mercato piuttosto limitato. La situazione fu inoltre inasprita dalla recessione seguita alla crisi del 1907, che sull'economia ligure ebbe un impatto particolarmente rilevante, cui segui un declino della domanda di naviglio mercantile che spinse gli imprenditori navali di quella regione a fare ricorso crescente all'intervento dello Stato, sotto forma di commesse di navi militari e sovvenzioni marittime (Doria, 1973). Alle costruzioni di naviglio militare, oltre all'Ansaldo, si dedicarono gli stabilimenti dalla nuova Odero-Terni, mentre la Comit appoggiava un'iniziativa di Agnelli per la fondazione di una società nella zona di Muggiano, la Fiat-San Giorgio, che si sarebbe specializzata nella realizzazione di sommergibili (Castronovo, 1999, 131 e 138; Pollina, 1963, 47). Alla mancanza di equilibrio fra produzione militare e mercantile caratteristica dei maggiori complessi cantieristici italiani - che si sarebbe andata accentuando, pen-dendo sempre di più dalla parte delle commesse belliche, con l'avvicinarsi della prima guerra mondiale (quando raggiunse il suo apice con il regime della Mobi-litazione Industríale) - non era estraneo, oltre a quanto finora sommariamente de-scritto, l'atteggiamento del dicastero della Marina circa le questioni relative alla marina mercantile e la definizione dei rapporti con il capitale privato. L'argomento è troppo vasto per essere trattato, anche solo in maniera superficiale, in questa sede. Ci limiteremo a ricordare l'influenza che esercitô l'ispirazione militarista che prevalse in seno a quel ministero dove peraltro convissero, fino alla guerra, entrambe le amministrazioni, quella della marina militare e quella della marina mercantile (e di conseguenza le somme stanziate per l'una e per l'altra facevano parte dello stesso bilancio). Questo aspetto, com'è stato notato, unito alla provenienza militare dei ministri della Marina, condizionó la condotta nei confronti di tutta l'industria pesante (Flore, 1970, 38-50). A partire dal 1907, gli stanziamenti in bilancio per l'affida-mento ai cantieri privati di costruzioni navali furono in costante aumento, in parti-colare dopo la legge navale del 1909 (Gabriele, 1981, 15-16). Tuttavia, ed ecco un 8 In realtà bisogna fare le dovute distinzioni in quanto il Cantiere Orlando era stato fondato, nel 1886, con lo scopo principale di provvedere alle costruzioni per la Regia marina, mentre la produzione dei cantieri di Odero, fino alla prima metà del XX secolo, era formata per i % dalle costruzioni per la marina mercantile. 73 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 altro fattore che influenzó profondamente lo sviluppo dei settori legati alla com-mittenza pubblica, il ministero godeva di ampia autonomía nei criteri di distribuzione delle commesse, che esercitava facendo ricorso più alle licitazioni e alle trattative private che al pubblico incanto; inoltre adottava criteri di selezione che si basavano prevalentemente su parametri tecnici e che spesso prescindevano da considerazioni relative ai costi di produzione (Ferrari, 1992, 54) cosa che, se certamente ebbe un'influenza positiva sull'evoluzione tecnologica delle imprese (Ferrari, 1994, 711— 712), alla lunga avrebbe indebolito la già scarsa competitività dei cantieri. Come si puó vedere si assisteva a un miscuglio di retorica nazionalista (sviluppo della flotta nazionale per ragioni di autosufficienza e di prestigio a livello internazionale) e vizi di consorteria, che raggiunse il suo apice con l'intervento nella guerra mondiale. Del resto la guerra fu funzionale allo sviluppo dei grandi gruppi industriali-finanziari e, in qualche modo, ne favori i continui scontri che carat-terizzarono quel periodo. Proprio nel momento in cui i complessi navalmeccanici triestini stavano entrando a far parte del sistema economico italiano, si stava consumando una vera e propria guerra fra il gruppo Ansaldo-Banca Italiana di Sconto e la Banca Commerciale Italiana. La Sconto, fondata nel 1915 come alternativa "italiana" alla preminenza della Comit nel sistema creditizio della Penisola, aveva finanziato l'ambizioso programma industriale del suo principale azionista, l'Ansaldo, finendo per condivi-derne le sorti. La sua breve esistenza, sette anni appena, ebbe fine proprio con il crollo dell'azienda genovese, verso cui la banca si era esposta in maniera crescente, e dopo che i Perrone avevano tentato per due volte, senza successo, la scalata alla Comit. Nell'impossibilità di ripercorrere le vicende del gruppo Ansaldo-Sconto9 ci si limiterà a rilevarne alcuni aspetti utili a questa esposizione. 1) Con l'approssimarsi della fine del conflitto, il programma produttivo dell'An-saldo, dovendo affrontare anche i problemi della riconversione a produzioni civili, si centró, oltre che sul completamento degli impianti siderurgici e minerari, sul settore dei trasporti (marittimi e ferroviari) nell'ambito di un più ampio progetto di accapar-ramento delle materie prime (De Rosa, Malgeri, 1998, 183-185). Per i Perrone ció significava essenzialmente estendere gli interessi al settore della navigazione e puntare sulle costruzioni di navi mercantili10 - spinti anche dal vertiginoso rialzo dei noli verificatosi nel periodo 1916-1919 e dalle prospettive che sembrarono aprirsi, 9 Per le quali rimandiamo essenzialmente a Falchero, 1990 e 2001; Segreto, 1998; Doria, 1984 e 1989; Rugafiori, 1981. 10 Nel 1917 il gruppo Ansaldo-Sconto disponeva di due societá controllate, la Transatlantica Italiana e la Societá Nazionale di Navigazione e aveva legami diretti e indiretti in un'altra decina di imprese di navigazione, fra cui il Lloyd Sabaudo. Nell'agosto del 1920, inoltre, l'Ansaldo aveva stipulato una convenzione con la Banca Italiana di Sconto volta ad assicurare all'azienda genovese acquirenti sicuri per la produzione navale: Falchero, 1990, 201-204. 74 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..., 69-94 nel dopoguerra, nell'ambito della ricostruzione della flotta mercantile nazionale - ma soprattutto, e ancora una volta, cercare una situazione di indipendenza del gruppo nell'ambito dell'approvvigionamento di materie prime. 2) La nascita della Banca Italiana di Sconto era stata appoggiata, oltre che da esponenti del governo, dal direttore generale della Banca d'Italia, Bonaldo Stringher. Nel momento in cui si dovette procedere alla liquidazione dell'istituto e alla "sistemazione" dell'Ansaldo, questi aveva premuto per una soluzione volta a evitare che la, ormai ex, azienda dei Perrone finisse nell'orbita della Banca Commerciale Italiana, che in questo modo avrebbe assunto una posizione di eccessiva preminenza nel settore cantieristico-siderurgico. La nuova Ansaldo, creata nel 1922, fu messa sotto protezione dello Stato e della Sezione Speciale del Consorzio Sovvenzioni su Valori Industriali (CSVI). Tuttavia la sistemazione del gruppo portó al parziale scardinamento del famigerato sistema verticale e, in parte, a una sua spartizione, nella quale trovarono spazio proprio le imprese concorrenti, la Terni e la Fiat. Le opportunité offerte dalla guerra, in verità, avevano spinto la maggior parte dei grandi imprenditori del complesso statal-industriale a intraprendere una politica di espansione, spesso disordinata e onerosa, sostenuta essenzialmente dalle commesse belliche (Doria, 1998, 61-62 e 151-152), che a guerra finita si riveló sproporzionata rispetto alle prospettive che poteva offrire il mercato. Tutte le imprese che avevano prosperato all'ombra della Mobilitazione Industríale si trovarono ad afrontare i problemi legati alla riconversione alle produzioni di pace e al sovradimensionamento degli impianti. Quello dell'Ansaldo era stato un caso particolarmente clamoroso e aveva messo a nudo l'atteggiamento, tipico dell'imprenditoria del settore dell'in-dustria pesante, volto alla conquista di posizioni di monopolio e all'accaparramento delle risorse finanziarie. Quella dei Perrone alla Comit non fu l'unico caso di tentativo di scalata alle banche e qualcuna, come la scalata di Agnelli al Credito Italiano, era anche andata a buon fine (Castronovo, 1999, 141-143). Trieste e l'economia marittima giuliana nel periodo asburgico Non sorprende dunque se, già prima che il conflitto avesse termine, ma quando le sue sorti apparivano chiare, i rappresentanti dell'élite economica triestina si pones-sero la questione di evitare che il capitale italiano si impadronisse incondizio-natamente delle risorse finanziarie locali (Millo, 1989, 232). Nell'economia austriaca, Trieste aveva goduto di condizioni privilegiate e deteneva una posizione di rilievo negli scambi di merci provenienti e destinate al grande mercato interno della monarchia austroungarica (Panjek, 2003, 313-330; Drobesch, 2003, 349-367). Nel comprensorio della città si erano polarizzate le maggiori realtà navalmeccaniche della regione che, durante l'ultimo periodo della monarchia asburgica, avevano conosciuto un decisivo sviluppo nell'ambito della 75 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..., 69-94 política di sovvenzioni avviata dal governo nei confronti delle industrie della navi-gazione e di quelle cantieristiche, volta a svincolare la flotta dagli acquisti all'estero (Andreozzi, Panariti, 2002, 831-833). Come si puo vedere, si trattava di un indirizzo analogo a quello adottato dai governi italiani, e non mancarono neppure le commesse di naviglio militare affidate all'industria privata. Tuttavia il comparto delle costruzioni navali si era sviluppato in una prospettiva di profonda integrazione fra cantieri e societá di navigazione, e in questo senso si era venuto creando una sorta di sistema regionale autonomo. Si trattava di un modello di integrazione verticale diverso da quello realizzato dalla Terni e dall'Ansaldo. Peraltro legare la cantieristica alla siderurgia faceva capo a un atteggiamento diffuso in seno all'imprenditoria navale ligure, che da sempre aveva puntato al controllo del mercato siderurgico (Rugafiori, 1994). Nella Venezia Giulia, l'iniziativa di fondare o di potenziare gli stabilimenti di costruzioni navali era da sempre legata alle esigenze delle societá armatoriali. Un caso significativo e lineare di questa tendenza e certamente quello del Cantiere Navale Triestino (CNT) dei Cosulich, fondato a Monfalcone nel 1908, proprio in seguito al varo dei provvedimenti per le costruzioni adottati dal governo asburgico. I Cosulich, famiglia di armatori originaria dell'isola di Lussino, si erano trasferiti a Trieste nel 1890. La loro compagnia di navigazione (dal 1903 trasformata in anonima con la denominazione "Austro-Americana di navigazione") inizialmente dedita ai traffici commerciali con l'Oriente e con l'Australia, nel corso dei primissimi anni del XX secolo aveva inaugurato dapprima una linea commerciale regolare con il Nord America (che poi si era allargata al trasporto passeggeri) e subito dopo si era estesa percorrendo anche le rotte commerciali con il Sud America. La decisione di dare vita al cantiere di Monfalcone era dovuta sia alle opportunitá che si attendevano dal prevedibile incremento delle commesse che sarebbe derivato dal citato regime di sovvenzioni (Babudieri, 1988, 32), sia dalla possibilitá, per i Cosulich, di contare sulle costruzioni per la compagnia di navigazione di famiglia nella fase di avvio e di poter usufruire poi delle "vantaggiose compensazioni contabili" consentite dall'inte-grazione della societá di navigazione con quella cantieristica (Fragiacomo, 1997, 146). L'altro grande complesso navalmeccanico presente a Trieste era costituito dallo Stabilimento Tecnico Triestino (STT), nato nel 1857 dalla fusione del Cantiere San Rocco e della Fabbrica Macchine di San Andrea11 che, nel 1898, acquisto il cantiere San Marco, anche per fare fronte alle commesse per la Marina militare asburgica. L'intervento statale poi diede impulso allo sviluppo del San Rocco, che riprese 11 Del neonato STT erano azionisti i fratelli Strudthoff, fondatori del cantiere San Rocco, il banchiere Pasquale Revoltella, legato alle Assicurazioni Generali, la ditta commerciale Reyer & Schlik, legata al Lloyd, e l'armatore Edmondo Bauer (Babudieri, 1986, 20; Millo, 2003, 126). 76 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 l'attività di costruzione nel 1908, dopo un periodo in cui si era dedicato alle sole riparazioni, e che nel 1910 si trasformó in S.A. Cantiere Navale S. Rocco, le cui azioni erano ripartite al 50 per cento fra lo STT e il Lloyd Austriaco. Negli anni immediatamente precedenti il primo conflitto mondiale, nel Tecnico Triestino confluirono le attività che si svolgevano tradizionalmente nell'Arsenale della Marina militare di Pola, e quelle dell'Arsenale del Lloyd.12 Il Lloyd Austriaco, che dopo le convenzioni del 1891 aveva assunto lo "status di azienda di Stato", aveva il monopolio dei servizi postali e controllava il trasporto passeggeri sulle rotte del Mediterraneo orientale e dell'Estremo Oriente (Mellinato, 2001, 48-50). Come si puó vedere, l'economia marittima regionale aveva raggiunto uno stato di sostanziale equilibrio sia nella ripartizione delle rotte di navigazione che in quella delle costruzioni mercantili, sistema che nei primi anni Venti si sarebbe ulteriormente articolato con l'acquisto della maggioranza azionaria della società "Adria" di Fiume13 da parte dei Cosulich, e con l'affidamento allo STT del programma di rinnovamento della flotta della Navigazione Libera Triestina, società che non gestiva rotte regolari, ma che aveva una presenza preminente sulle linee commerciali verso l'Africa.14 Si noti peró che il regime delle sovvenzioni servi soprattutto a rafforzare l'integrazione fra grandi compagnie di navigazione e cantieri navali, e infatti la marina libera, nonostante i provvedimenti governativi, continuava per lo più ad acquistare le navi all'estero. Anche nella Venezia Giulia, pertanto, il modello di sviluppo fini con l'imperniarsi sulla grande industria protetta e a un certo punto i capitali locali si dimostrarono insufficienti a sostenere i bisogni finanziari delle imprese del comparto che, inevitabilmente, assunsero dimensioni sempre maggiori. Fu il capitale austriaco a impegnarsi nello sviluppo dei settori cantieristico e della navigazione giuliani. Di fatto, il capitale triestino, concentrato per lo più nella Banca Commerciale Triestina, coesisteva in una posizione di minoranza accanto a quello delle banche viennesi: la Unionbank controllava il Lloyd e la sua partecipata S.A. Cantiere S. Rocco, mentre lo Stabilimento Tecnico Triestino dal 1897 era nell'orbita della Credit Anstalt, istituto presente anche nell'azionariato dell'Austro-Americana accanto al Wiener Bankverein. Il Wiener, della cui dirigenza, dal 1913, faceva parte Oscar Cosulich, aveva finanziato la costituzione in anonima del Cantiere Navale Triestino e controllava la stessa Banca Commerciale Triestina (Andreozzi, 2003b; Sapelli, 1990, 27-29; Benvenuti, 1988, 39). 12 Di fatto l'attivitá di costruzioni navali nell'Arsenale del Lloyd termino nel 1911 e quello stabilimento si specializzo nelle riparazioni: Babudieri, 1986, 24. 13 La societá di navigazione "Adria" di Fiume, fondata nel 1881, tradizionalmente rappresentava per l'Ungheria cio che il Lloyd era per l'Austria, vale a dire una societá sovvenzionata legata allo Stato in quanto gestiva i servizi di interesse pubblico come, ad esempio, i servizi postali. 14 Le notizie sui cantieri triestini, dove non diversamente specificato, sono tratte da: Gerolami, 1957; Barsali, 1984; Babudieri, 1986; Seri, 1987; Babudieri, 1988; Benvenuti, 1988; Sema, 1989; Mellinato, 2001; Andreozzi, 2003a. 77 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 L'ingresso della navalmeccanica triestina nel contesto italiano Come si puó vedere, dunque, anche il comparto navalmeccanico giuliano, come quello italiano, era fortemente legato al credito bancario e di fatto in quel settore si intrecciavano gli interessi dei capitali triestini con quelli austriaci (Millo, 2003). Com'è stato notato, peró, gli imprenditori locali avevano goduto, rispetto ai colleghi delle vecchie province, di una maggiore libertà d'azione che si riveló "un elemento prezioso nell'ambito della ricostruzione postbellica" (Mellinato, 2001, 71) quando si assistette a un travaso finanziario dalle banche austriache al capitale italiano. Come si accennava più sopra, i rappresentanti dei capitali triestini e di quelli viennesi avevano messo a punto alcune mosse che si rivelarono fondamentali per impedire che istituti come la Comit, la Sconto e il Credito Italiano facessero man bassa delle quote azionarie delle industrie detenute dagli istituti di credito. Già nel 1917 la Unionbank aveva ceduto la maggior parte del suo pacchetto azionario del Lloyd a un gruppo di armatori capeggiato dai Cosulich, mentre nel 1918 era stato stipulato un patto di sindacato volto a mantenere il controllo dei capitali locali sulla Commerciale Triestina. La partecipazione detenuta dal Wiener Bankverein fu cooptata da una cordata di azionisti fra cui spiccavano i Cosulich e la famiglia di industriali tessili Brunner. Pertanto, quando la Banca Commerciale Italiana cercó di assicurarsi il controllo del Lloyd, trasformato dopo l'annessione da Austríaco in Triestino, si scontró con la presenza degli azionisti capeggiati dai Cosulich e dovette accontentarsi di una maggioranza azionaria relativa (Mellinato, 2001, 94-95; Millo, 1989, 232237). Quando nel 1920 furono ridefinite le cariche negli organi societari del "nuovo" Lloyd (e di conseguenza anche nello STT e nella S.A. "San Rocco"), accanto ai rappresentanti delle élite locali, fra cui Oscar Cosulich (nominato vicepresidente) e Arminio Brunner, stavano due personaggi, Giulio Uccelli, già presente nel CdA delle Assicurazioni Generali, che il direttore della filiale triestina della Banca d'Italia definirá "creatura di Toeplitz"15 (ASBI, 1), e Guido Segre, che aveva fatto parte della dirigenza della Fiat e del Credito Italiano e che, nel dopoguerra, era stato nominato capo della Sezione economica del Governatorato militare della Venezia Giulia. Sin dal 1919, Segre era entrato nel Consiglio di Amministrazione della Banca Commerciale Triestina e, dopo il riassetto del Lloyd, ricopri anche la carica di presidente dello STT.16 Per il primo decennio dopo la "redenzione", dunque, la penetrazione della Comit nel comparto navalmeccanico triestino in qualche modo fu circoscritta dalla presenza del gruppo Cosulich il quale, nel corso di quegli anni, non cessó di interessarsi 15 L'amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana. 16 Anche Uccelli faceva parte del Consiglio di Amministrazione del Tecnico Triestino, del Cantiere San Rocco e delle Assicurazioni Generali. 78 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..., 69-94 all'acquisto di azioni del Lloyd, di cui arrivo infine a detenere una partecipazione azionaria del 47 per cento (ASBI, 2). E per quanto formalmente una presenza dei membri della famiglia nello Stabilimento Tecnico Triestino la si puo rilevare solo a partire dal 1927, quando Albertino Cosulich entro a far parte del Consiglio di Amministrazione di quella societá, le sorti dei due complessi cantieristici non erano accomunate soltanto dall'intreccio di partecipazioni azionarie che faceva capo al Lloyd, ma anche da una serie di accordi per la ripartizione delle commesse, stipulati prima e dopo la guerra, e da alcune vicende comuni, come l'acquisto congiunto del Cantiere Navale Scoglio Olivi nel 1925 (Fragiacomo, 1997, 168-169) o la col-laborazione instauratasi per la costruzione di alcuni piroscafi per la "Cosulich. Societá Triestina di Navigazione" (ASBI, 3).17 Gli stessi funzionari della Banca d'Italia, riferendosi al sistema delle imprese marittime giuliane, scrivevano: "quando si parla di industrie triestine non si puo non pensare al loro accentramento in pochi gruppi che con la loro molteplice attivitá, controllano tutto o quasi il complesso industriale della regione" (ASBI, 4). Si puo dire che nel primo decennio che segui l'annessione della Venezia Giulia al Regno d'Italia, il sistema che si era creato, negli ultimi anni della monarchia asburgica, nei settori della navigazione e delle costruzioni navali triestini riusci a mantenere piu o meno invariata la sua conformazione, e questo senza dubbio rappresento un vantaggio competitivo. Dopo l'armistizio, i grandi gruppi siderurgico-cantieristici che avevano dominato il mercato italiano fino agli anni della guerra e che avevano accumulato ingenti profitti nell'ambito della Mobilitazione Industriale dovevano affrontare il difficile problema della riconversione alle produzioni di pace, aggravato dalla sospensione delle ordinazioni belliche, dalla rescissione dei contrató relativi a commesse non ancora iniziate e da provvedimenti come l'imposta sui sovraprofitti di guerra. L'intero comparto delle costruzioni navali risultava fortemente sovradimensionato rispetto alle reali prospettive di mercato; durante la guerra erano sorti nuovi cantieri e molti di quelli giá esistenti avevano avuto una crescita per certi versi smisurata, mentre buona parte dell'incremento del potenziale produttivo era dovuta all'annessione degli stabilimenti giuliani (Pescarolo, 1979, 50-52 e 185; Sacerdoti, 1925). Cio nonostante, nell'immediato dopoguerra molte speranze erano riposte nella ricostruzione della flotta mercantile, giacché si calcolava che dovessero essere reintegrate circa 900 mila tonnellate di naviglio18. Sull'onda della breve e felice congiuntura, nel biennio 1920-21, l'Italia raddoppio in percentuale la sua quota di produzione nel quadro internazionale, incremento a cui contribuirono in gran parte i cantieri delle nuove province (Giannetti, 1993, 444). Ma giá dalla fine del 1921 il 17 Questa la ragione sociale assunta dalla societá di navigazione dei Cosulich nel 1919. 18 Secondo una stima della Direzione generale della marina mercantile: Ministero delle Comunicazioni, 1926. 79 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..., 69-94 crollo dei noli arrestó quella crescita congiunturale e la produzione tornó ai livelli pre-bellici (Zamagni, 1990, 284). Si è visto come l'Ansaldo avesse puntato, in quegli anni, sulle costruzioni mercantili e come l'ambizioso programma dei Perrone si fosse risolto nel crollo del gruppo Ansaldo-Sconto e nel sostanziale smembramento del sistema verticale. Mentre l'azienda genovese subiva il riassetto voluto da Stringher, la Terni affrontava la riconversione con un nuovo programma industríale che non si basava più in maniera preminente sulla produzione cantieristica, secondo una linea dettata dal nuovo amministratore delegato Arturo Bocciardo, voluto e appoggiato dalla Comit (Bonelli, 1975, 136-146; Cianci, 1977, 171), che mise ai margini Giuseppe Orlando proprio mentre il suo cantiere livornese iniziava una parabola discen-dente che non avrebbe cambiato di segno se non, parzialmente, in seguito alla politica di riarmo degli anni Trenta (Umile, 1998, 349-350). In effetti, com'è stato notato, negli anni Venti la crescita della produzione cantieristica avrebbe interessato quelle imprese svincolate dalla siderurgia, che potevano sfruttare il legame con le linee di navigazione e che fossero riuscite a introdurre metodi innovativi nell'organiz-zazione produttiva (Giannetti, 1993, 445-453). Di sicuro in quegli anni gli stabilimenti navali triestini poterono contare sul rinnovamento della flotta delle società di navigazione ad essi collegate. Lo Stabili-mento Tecnico, ad esempio, sin dal 1920 impostó alcune unità destinate alla Navigazione Libera Triestina che era entrata nell'orbita della Banca Italiana di Sconto e che, dopo il crollo di questo istituto, era stata rilevata dalla Comit (Falchero, 1990, 176; Mellinato, 2001, 125). Il Lloyd invece avrebbe riattivato le ordinazioni solo dopo la stipula delle convenzioni con il governo italiano, avvenuta nel 1923. Lo stabilimento San Marco, inoltre, entró nei programmi di spesa della Marina militare con l'assegnazione della commessa di uno dei due incrociatori previsti dal bilancio di quel dicastero per l'esercizio 1923-24. Da notare che l'offerta presentata dal Tecnico Triestino era quella che effettivamente prevedeva il prezzo più basso, seguita da quella dell'Ansaldo,19 ma il secondo incrociatore fu affidato al cantiere di Livorno, che aveva presentato la proposta economica meno competitiva20 (ASBI, 5). Primi finan/iamenti da parte degli istituti creditizi italiani alla navalmeccanica triestina: il CSVI e la Banca Commerciale Italiana La vicenda dell'incrociatore in realtà è un primo segnale rivelatore dell'interesse crescente che la Comit andava manifestando per l'industria navale triestina. Mentre 19 Tanto lo STT come Ansaldo proponevano un progetto unico (vale a dire che prevedevano di costruire i motori presso i propri stabilimenti) rispettivamente da 94 e 94,4 milioni. 20 Tuttavia alla ditta Orlando fu chiesto un adeguamento ai prezzi praticati dallo Stabilimento Tecnico Triestino (ACS, 2). 80 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 appoggiava, come si è visto, l'emarginazione degli interessi cantieristici in seno alla Terni, rifiutando al tempo stesso di aumentare la propria esposizione creditizia nei confronti degli stabilimenti navali del gruppo (AST, 2), faceva leva sui suoi referenti in seno alla dirigenza dello STT, Guido Segre e Cesare Sacerdoti, per neutralizzare l'Ansaldo, dal cui riassetto era stata tenuta fuori per volontà di Stringher, che restava nonostante tutto la concorrente più temibile nel settore cantieristico e che era comunque responsabile della perdita del redditizio monopolio nell'ambito della siderurgia bellica da parte della Terni. Il contrasto nacque sulla questione della fornitura delle corazze per l'incrociatore, che lo stabilimento triestino aveva ordinato alla Terni, nonostante Stringher si fosse adoperato, attraverso la filiale di Trieste della Banca d'Italia, affinché fossero acquistate presso l'Ansaldo. Quando il direttore della filiale riferiva ai suoi superiori che con tutta probabilità dietro la faccenda si nascondevano le manovre della Comit, la presidenza del CSVI minacciava di ritirare l'appoggio concesso ad aziende che cercavano di "ostacolare la ripresa dell'Ansaldo" su cui vi erano interessi del governo e dell'istituto di emissione (ASBI, 6; ASBI, 7; ASBI, 8; Segreto, 1998, 50). In effetti in quel momento l'azienda ligure era ancora sotto l'amministrazione della Sezione speciale del CSVI - sarebbe stata riprivatizzata soltanto l'anno successivo - e nel frattempo il Consorzio aveva condotto una politica del credito navale che aveva favorito soprattutto l'Ansaldo e le società triestine (Confalonieri, 1994, 374-375). In particolare i finanziamenti del CSVI si erano indirizzati verso le società del gruppo Cosulich, rimasto estraneo all'orbita degli istituti di credito delle vecchie province e tenuto saldamente nelle mani della famiglia. Già subito dopo il conflitto, la causa dei Cosulich, a cui era stato negato il risarcimento dei danni di guerra per "difetto di italianità", era stata perorata dalla Banca d'Italia, soprattutto da Michelangelo Zago, il ricordato direttore della filiale triestina, che nel 1923 aveva ottenuto che agli armatori lussignani fosse accordato un mutuo di 55 milioni (Fragia-como, 1997, 162; Sapelli, 1990, 79-82). Ma già nel 1920, l'esposizione del Consor-zio verso l'industria marittima giuliana aveva raggiunto in totale la cifra di 64 milioni di lire, di cui 50 erano andati al cantiere di Monfalcone (ASBI, 9). E l'atteggiamento particolarmente prodigo del Consorzio nei confronti delle regioni "redente" sarebbe divenuto ancora più netto. Nel 1926, circa la metà dei contributi assegnati dal CSVI vennero indirizzati verso la Venezia Giulia e quelli navali rappresentavano i 2/3 di quelli in corso sulla piazza triestina (ASBI, 4). L'anno successivo, l'esposizione del CSVI nei confronti del gruppo Cosulich ammontava a circa 114 milioni di lire, ovvero quasi un quarto della cifra impegnata nel credito navale in quell'anno. Di questo ammontare, 77 milioni erano destinati alle società del gruppo Cosulich, 8 alla Navigazione Libera Triestina e 13,5 al Lloyd (ASBI, 9). Un contributo sostanziale nell'indirizzare questi flussi di capitali lo diede sicuramente il direttore della filiale locale della Banca d'Italia, il cui comportamento veniva stigmatizzato dalla presi- 81 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 denza del Consorzio che lo esortava ad atteggiamenti di maggiore moderazione nei confronti delle industrie triestine alle cui richieste era solito riservare "incondizionato appoggio" (ASBI, 4). Tuttavia una politica di attenzione particolare alle imprese giuliane era stata voluta dallo stesso Stringher, anche nell'intento di tenere sotto controllo la "nazionalizzazione" del capitale delle industrie delle province annesse, motivo per cui aveva stimolato, in seno alla Banca Commerciale Triestina, una strategia di immobilizzazione verso imprese come quelle dei Cosulich e dei Brunner (Sapelli, 1990, 40). E in ogni caso, per quanto l'atteggiamento generoso di Zago fosse probabilmente dovuto anche all'abilità della famiglia lussignana nel guadagnarsi l'appoggio delle istituzioni locali e nazionali, è pur vero che nel 1921, la com-missione tecnica consultiva del CSVI descriveva il cantiere di Monfalcone come "uno dei più importanti del continente" che primeggiava nel panorama nazionale in quanto a "vastità, attrezzatura, disposizione e dimensioni degli scali e delle officine, modernità degli impianti, provvedimenti a favore degli impiegati operai" (ASBI, 10). Il gruppo Cosulich e il cantiere di Monfalcone In effetti nel panorama cantieristico italiano il cantiere di Monfalcone rappre-sentava un caso pressoché unico in quanto a razionalizzazione dei processi produttivi e competitività (Pescarolo, 1992, 35-36). I Cosulich difatti, avviarono da subito una politica di ammodernamento degli impianti, a partire dalla ricostruzione dello stabilimento intrapresa nell'immediato dopoguerra, e procedettero alla riorganiz-zazione del ciclo produttivo, basata essenzialmente sulla riduzione del costo del lavoro21: ampliamento della meccanizzazione (ad esempio nella ribattitura e nei sistemi di sollevamento e trasporto) e dunque riduzione della manodopera qualificata con conseguente decremento dei livelli di salario. E ancora, organizzazione scientifica del lavoro tramite l'accentramento nell'Ufficio lavori della pianificazione e del controllo delle singole fasi di produzione, sistema che tra l'altro portó a una riduzione di 2/3 del complessivo delle ore lavorate e che permetteva di monitorare i cottimi (Benvenuti, 1988, 59-61; Fragiacomo, 1997, 240-247). E si ricordi che la possibilità di introdurre la lavorazione in serie nella cantieristica era legata esclusivamente alla costruzione di alcune componenti delle navi mercantili e alla facoltà di avere almeno un minimo di controllo sulle fluttuazioni delle ordinazioni. E questi erano fattori di cui il gruppo Cosulich poteva usufruire in quanto la per-centuale di navi miste e da carico sul totale della flotta era maggiore rispetto alle altre grandi compagnie di navigazione italiane. Inoltre, che lo stabilimento di Monfalcone avesse, a differenza degli altri cantieri della Penisola e anche dell'altro complesso 21 Per un panorama sulle diverse strategie adottate in questo senso nell'industria italiana di quegli anni: Federico, Toninelli, 2003, 337 e sgg. 82 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 navalmeccanico triestino, una particolare attenzione nei confronti della produzione a costi competitivi è dimostrato anche dal fatto che, a partire dal 1927, quando il mercato interno non offriva praticamente nessuna possibilité di sviluppo sul fronte del naviglio da carico, il CNT aumentó costantemente le sue quote di produzione di navi mercantili per l'estero e fece il suo ingresso nel mercato internazionale delle navi cisterna, in un momento in cui praticamente nessun altro stabilimento navale italiano esportava unità di alcun tipo, nemmeno l'Ansaldo, che pure aveva una consolidata tradizione nelle costruzioni per l'estero (Mellinato, 2001, 225; De Cour-ten, 1998, 128-129; Fragiacomo, 1997, 164). In un simile quadro, sembrerebbe che le aziende dei Cosulich avessero raggiunto una posizione di forza nell'ambito della cantieristica italiana, soprattutto se si tiene conto che effettivamente, negli anni Venti, la produzione dei cantieri triestini rappresentó il 65 per cento di quella nazionale, contro il 25 per cento realizzato invece dagli stabilimenti liguri, tanto che l'asse della produzione cantieristica si spostó dall'area tirrena a quella adriatica (Benvenuti, 1988, 60-61; Bagnasco, Rastelli, 1998, 139). E di certo i Cosulich agirono proprio in vista di quell'obiettivo quando, all'indomani dell'annessione, si adoperarono per assicurarsi, nel mutato contesto economico istituzionale, una nuova rete di relazioni politiche, finanziarie ed economiche che risultava decisive per poter sopravvivere all'interno di un settore sovradimensionato, che aveva fatto della domanda pubblica la fonte principale del proprio sviluppo e le cui maggiori aziende avevano variamente instaurato stretti rapporti con le istituzioni sui quali far leva per ottenere posizioni di favore nei programmi di spesa pubblica. In questo campo, peraltro, i Cosulich dimostrarono una discreta abilità sia, come si è visto, nella capacité di convogliare sulle loro società i fondi erogati dal CSVI, sia nell'intrattenere rapporti privilegiati con il regime fascista, attraverso una strategia lobbistica, definita dalla recente storiografia, "di stampo professionistico" (Federico, Toninelli, 2003, 323). I capitali triestini di fronte alla crisi: la ristrutturazione del settore della navigazione guidata dalla Banca Commerciale Italiana Ma la situazione del mercato italiano era piuttosto complessa e troppo spesso i suoi meccanismi esulavano dalle dinamiche proprie della competizione e della compe-titività. Al tempo stesso, la congiuntura economica di quegli anni non giocó a favore della redditività della gestione delle linee commerciali marittime. E per quanto ri-guarda il contesto politico, se le direttive del governo fascista si erano rivelate con-geniali alla strategia di riduzione del costo del lavoro, permettendo un'eccezionale age-volezza nell'attacco al salario operaio (Rugafiori, 1999, 52-53 e 66-67), lo stesso non puó dirsi per gli effetti della politica di rivalutazione della lira, soprattutto sull'unico cantiere navale nazionale che, in quel periodo, eseguiva costruzioni mercantili per 83 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 l'estero22 (Mellinato, 2001, 224; Melograni, 1972, 177). Inoltre, oltre alla nuova situazione sul fronte delle forniture siderurgiche con cui dovevano fare i conti gli stabilimenti di costruzioni navali, le compagnie di navigazione giuliane dovettero affrontare una serie di problemi dovuti non solo alla perdita dei tradizionali mercati su cui l'industria marittima triestina aveva operato in epoca asburgica, ma soprattutto alla concorrenza delle grandi società liguri. In particolare la "Cosulich di Navigazi-one" subi la concorrenza della Navigazione Generale Italiana e del Lloyd Sabaudo sulle rotte verso le due Americhe (Surdich, 1994) e risenti della crisi dei noli che investi la marina da carico, specie dopo il 1926, quando oltretutto vi fu un decremento delle importazioni di alcuni tipi di merci dall'Argentina, dal Brasile e dagli Stati Uniti. Nell'intento di mantenere una posizione finanziaria autonoma rispetto ai maggiori istituti di credito italiani, come abbiamo visto il gruppo Cosulich si era appoggiato alla Banca Commerciale Triestina e al CSVI, e contemporaneamente portava avanti una politica di crescenti partecipazioni azionarie nei confronti delle principali industrie del settore, in primo luogo il Lloyd e lo Stabilimento Tecnico Triestino. Per gestire il sempre più complesso patrimonio azionario, i Cosulich avevano creato un'apposita finanziaria attraverso la quale avevano partecipato, nel biennio 1924-25, all'aumento di capitale della società di navigazione e del cantiere navale di famiglia, nonché a quello dello STT e della stessa Banca Commerciale Triestina (Confalonieri, 1998, 614-618; Barsali, 1984, 430). Per sostenere il loro programma di sviluppo, i Cosulich finirono per indebitarsi in maniera crescente. La situazione divenne critica a partire dal 1927, quando oltretutto le prospettive di mercato, specie sul fronte della marina da carico, si facevano sempre più esigue. Sulla congiuntura negativa pesavano, oltre a una crisi settoriale che si avvertiva a livello internazionale, la concorrenza di paesi emergenti come Olanda, Svezia e Danimarca (Giannetti, 1993, 443) nell'ambito delle costruzioni per la flotta da carico e, sul mercato nazionale, quella delle grandi compagnie di navigazione, come la Navigazione Generale Italiana, per la quale l'Ansaldo aveva realizzato colossali piroscafi passeggeri, in sintonia con "una politica marittimo-industriale modellata sull'idea del prestigio nazionale" (De Courten, 1998, 130). Il regime commerciale e industriale di queste navi assomigliava a quello delle costruzioni militari in quanto a tempi di costruzione, fatturati e necessità finanziarie; nel cantiere di Monfalcone, proprio in quegli anni, ne erano stati impostati due. 22 Senza contare l'episodio raccontato da Confalonieri per cui, nel 1926, a causa del varo di "quota novanta" la Cosulich si ritrovo a pagare un credito ottenuto dall'istituto di credito svizzero Basler Handelsbank ben 26 milioni di lire in piu rispetto a quello che avrebbe potuto pagare prima della rivalutazione della lira (Confalonieri, 1998, 635-637). 84 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 I Cosulich continuavano a controllare il capitale delle loro aziende, ma si erano anche pesantemente indebitati, fra il 1926 e il 1927, anche con alcune banche estere (Confalonieri, 1998). La crisi che travolse poi la Banca Commerciale Triestina minó definitivamente le posizioni del capitale triestino e spalancó le porte alla Comit. Ma il processo fu tutt'altro che lineare. Inizialmente, nel 1928, la Cosulich rilanció la strada degli immobilizzi, appog-giandosi a un accordo siglato con la Comit: acquistare il pacchetto azionario del Lloyd detenuto dalla Banca contro un'apertura di credito fino a un massimo di 200 milioni (Mellinato, 2001, 192 e sgg; Confalonieri, 1998, 618-621). In un primo momento perció la Banca Commerciale lasció che fossero i Cosulich ad assumere l'onere del controllo della quasi totalità della cantieristica giuliana. Ma già l'anno successivo procedeva a una seconda e più decisiva operazione che fu programmata in base al valore effettivo della flotta Cosulich stimato intorno ai 300 milioni di lire. Si procedette a una svalutazione che ridusse il capitale sociale da 250 milioni a soli 100 milioni mentre, subito dopo l'assemblea degli azionisti, il capitale fu portato a 400 milioni. Le nuove azioni andarono per metà al Lloyd Sabaudo di Genova e per metà ai vecchi azionisti, con la garanzia del collocamento da parte della Comit. In questo modo i debiti della Cosulich "furono soddisfatti per intero" e la ristrutturazione della società di navigazione poteva aprire la strada alla sistemazione dei cantieri "ed in genere di tutte le altre società del gruppo" (ASBI, 11). La fine del "sistema" giuliano di economia marittima È in questo momento che si puó datare, non tanto la fine di quel sistema regionale di economia marittima giuliano, il cui esautoramento si era progressivamente snodato sin dai primi anni dopo l'annessione, ma la sua definitiva perdita di autonomia. E adesso veniva anche a mancare l'appoggio della Banca d'Italia. In un rapporto del marzo del 1930, gli ispettori dell'istituto di emissione sottolineavano come Trieste non fosse "riuscita a inserirsi tranquillamente nella vita economica nazionale e a trovare il punto di equilibrio tra le proprie forze, innegabilmente feconde, lo sconvolgimento della bilancia commerciale prodotto dalla guerra e le necessità di carattere finanziario del nostro paese" e che pertanto risultava sconsigliabile erogare altri contributi, lasciando alla Banca Commerciale Italiana il compito di "dirigere la musica" delle imprese navali che facevano capo al gruppo Cosulich (ASBI, 12). Lo spartito suonato dalla Comit prevedeva la fusione degli stabilimenti navali in un unico organismo, i Cantieri Riuniti dell'Adriatico (CRDA), fondato il 16 giugno 1930 e il cui capitale azionario era diviso, in ordine di consistenza dei pacchetti, fra il Gruppo veneziano capeggiato da Vittorio Cini, la Fiat, l'Ilva, il gruppo Cosulich e la Comit. Nel Consiglio di Amministrazione restavano, della vecchia dirigenza, Antonio e Augusto Cosulich, Guido Segre e Cesare Sacerdoti (ACS, 3). Facevano il loro 85 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..., 69-94 ingresso nella grande industria triestina la Fiat, da sempre in concorrenza con la Fabbrica Macchine di San Andrea nel campo della produzione di motori Diesel (ACS, 4; Castronovo, 1971, 295-297), e il gruppo veneziano Cini-Volpi che già negli anni precedenti aveva iniziato a interessarsi nelle Assicurazioni Generali e nella Navigazione Libera Triestina (Millo, 1989, 270; Sapelli, 1990, 115) e che poi avrebbe acquistato anche il pacchetto azionario dei CRDA detenuto dalla Comit (ACS, 5). Meno di due anni dopo, fu condotta un'operazione analoga per la risistemazione delle società armatoriali, che portó alla fusione delle compagnie controllate dai Cosulich con il Lloyd Sabaudo e la Navigazione Generale Italiana. Se l'accordo del 1928 aveva significato un ampliamento di quel sistema basato sull'integrazione dei cantieri navali con le società di navigazione, le fusioni del 1930 e del 1931 seguivano una logica di cartellizzazione. L'atteggiamento della Banca Commerciale nei confronti della cantieristica triestina fu caratterizzato da un'azione piuttosto oscillante e non poteva essere diversamente dal momento che proprio in quegli anni, quando si cominciavano a sentire i primi effetti della crisi del '29, il sistema industriale-creditizio basato sulla banca mista si avviava al tramonto. Le funzioni proprie delle banche "capogruppo" e i loro portafogli industriali sarebbero infine passati all'Istituto di Ricostruzione Industriale.23 I CRDA entrarono pertanto nell'orbita dell'IRI assieme ad altri organismi, come la Odero-Terni-Orlando, risultato della fusione dei tre cantieri del trust siderurgico, nati per "nascondere il tentativo di sopravvivere di imprese inefficienti" (Tattara, 1981, 160). E si trovarono pienamente coinvolti nel dibattito sulla riorganizzazione del settore cantieristico - progetto teoricamente possibile in quanto l'IRI controllava il 90 per cento delle imprese di costruzioni navali nazionali - animato dai lavori del Comitato Tecnico per l'Assetto dei Cantieri Navali Italiani (ACS, 6 e 7; Mellinato, 1996). In realtà, l'opera di riassetto partiva da considerazioni economico-industriali (soprattutto riteneva necessaria una decisiva contrazione del potenziale produttivo globale) per arenarsi su considerazioni politiche, sulla necessità di non creare problemi di ordine pubblico con la chiusura dei cantieri più inefficienti, sull'incidenza delle ragioni della marina militare, sulla crescente marginalizzazione delle questioni relative alla marina mercantile. L'IRI era un organismo dotato di un'elevata autonomia, ma era pur sempre l'organo di un regime politico affetto da assenza di democrazia e che si preparava ad affrontare un nuovo conflitto mondiale. Le prospettive della cantieristica italiana - per quanto si fosse proceduto a svincolarla dalla siderurgia in considerazione delle pessime prestazioni di cui erano state capaci 23 Per queste questioni si rimanda, fra gli altri, a: Saraceno, 1978; 1981; Cesarini, 1982; Rodano, 1983; Maraffi, 1990. 86 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 le concentrazioni "verticali" sul modello del trust della Terni - tornavano ad essere considérate nell'ottica del riarmo e della spesa militare. Peraltro, poco o nulla cambio nella logica molto poco attenta alle valutazioni di ordine economico che stava alla base dell'assegnazione delle commesse belliche, logica che spesso fini col "premiare i cantieri peggio organizzati e meno economicamente gestiti" (Mellinato, 1996, 84). In questo quadro, per i cantieri giuliani, e in particolare per quello di Monfalcone, l'inserimento nel sistema cantieristico italiano significo quantomeno un freno allo sviluppo, per quanto rimase il complesso navalmeccanico piu importante sul territorio nazionale e l'unico che continuo a piazzare unitá mercantili sui mercati esteri, anche dopo che, nel 1935, la Societá delle Nazioni aveva condannato l'Italia all'isola-mento economico (Fanfani, 1988, 325). Poco prima che l'IRI diventasse organo a carattere permanente, Guido Segre si esprimeva con preoccupazione sulla gestione pubblica dei cantieri giuliani, ritenendo che avrebbe danneggiato soprattutto il cantiere di Monfalcone. Sottolineava inoltre come l'atteggiamento del governo nei confronti dei cantieri non potesse "non significare una revisione profonda di tutta l'attuale struttura nel senso di una specie di allineamento degli scali dei tre principali gruppi italiani". Segre prendeva atto del ridimensionamento delle prospettive triestine, paventando un livellamento con altre imprese nazionali che non navigavano in buone acque, come gli ex cantieri del gruppo Terni. Se si fosse verificato quell'allineamento degli scali, diceva Segre, "la funzione di Trieste, aperta verso il mondo, non potrebbe che essere compromessa" (ACS, 8). TRŽAŠKI PODJETNIKI V ITALIJANSKIH VODAH: LADJEDELNIŠTVO MED OBEMA VOJNAMA Alessandra UMILE Univerza v Trstu, IT-34127 Trst, Piazzale Europa 1 e-mail: alessandraumile@yahoo.it POVZETEK V dveh desetletjih, ki sta sledili koncu prve svetovne vojne, se je odvil proces integracije tržaške ladjedelniške industrije v novi kontekst Kraljevine Italije. Področje ladjedelništva se je znašlo v novih tržnih pogojih, kjer so konkurenčne mehanizme pogosto urejali "politični" kriteriji in kjer je imel politično-vojaški interes za ta sektor veliko težo. Z vidika direktiv industrijske politike se delovanje predvojnih liberalnih italijanskih vlad resda ni veliko razlikovalo od ravnanj Habsburške monarhije, toda v Julijski Krajini je bil razvoj ladjedelništva v veliki meri vezan na družbe za pomorski promet, medtem ko se je v Italiji uveljavil oligopolen sistem, kije bil pod 87 Alessandra UMILE: IMPRENDITORI TRIESTINI IN ACQUE ITALIANE: L'INDUSTRIA CANTIERISTICA ..69-94 močnim vplivom velikih industrijsko-finančnih združb ter naveze med ladjedelniško industrijo in železarstvom. To je bil tesen trg, v katerem so imeli izdelki za potrebe vojske vselej preveliko težo in pri katerem se je konkurenca pogosto odvijala na področju sposobnosti pritiska na institucije ali veščin pri pridobivanju in spletanju delniških soudeležb, s končnim namenom pridobiti si nadzor nad tržišči in vpliv na gibanje cen. Največja julijska ladjedelniška podjetja so se razvila v manj zapleteni situaciji tržnih odnosov in so pravzaprav oblikovala regionalni sistem, kije temeljil na modelu sektorskega povezovanja, znotraj katerega so ladjedelnice skoraj vedno nastajale ali oživljale, da bi zadovoljile potrebe največjih družb za pomorski promet. Iz analize v pričujočem prispevku sledi, da so podjetja iz tržaškega pola, ki so se sicer po tehnološki razvitosti in konkurenčnosti cen lahko kosala z mednarodnimi trgi (in so že od vsega začetka pokrivala velik delež državnih potreb po trgovskih enotah), z vključitvijo v Kraljevino Italijo pridobile bore malo. Namreč, četudi so bila po eni strani pri Banki Italije deležna precejšnje radodarnosti v smislu kreditnih sredstev, pri institucijah pa zadovoljive podpore, jih je po drugi strani postopen propad tržaškega kapitala, ki se je pričel po pretrganju vezi z avstrijskim kapitalom, neizogibno pripeljal pod vplivno območje Komercialne banke Italije, ki je že nadzirala številne od velikih strojnih družb italijanskega škornja in je kasneje v "italijanski perspektivi" preuredila celoten sektor industrije pomorskega prometa in ladjedelništva. Tržaški ladjedelniški industriji tudi niso bili v pomoč nekateri ukrepi ekonomske politike, ki jih je sprejel fašistični režim (npr. revalvacija lire, ki je neugodno vplivala na podjetja, ki so dobršen del trgovske proizvodnje usmerjale na tuja tržišča), kot tudi ne vpliv k vojni usmerjene ideologije režima na osnovne ukrepe industrijske politike, kot je bila preureditev pomorskega sektorja, ki jo je sprožila uprava Inštituta za industrijsko prenovo (IRI) in ki je, objektivno gledano, nazadnje porušila sistem regionalnega pomorskega gospodarstva, ki je do tedaj podpiral razvoj ladjedelništva Julijske krajine. Ključne besede: gospodarska zgodovina, gospodarska politika, ladjedelniška industrija, Tržaška pokrajina, čas med obema vojnama FONTI E BIBLIOGRAFIA ACS, 1 - Archivio Centrale dello Stato (ACS), Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM), b. 1913-6/301, Lettere di Pio Perrone al Ministro della Marina Leonardi Cattolica, 6 e 12 aprile 1913. 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