ANNO XIII Capodistria, 16 Agosto 1879 N. 16 LA PROVINCIA DELL' ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-primestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. EFFEMERIDI ISTRIANE Agosto 16. 1293. — 11 veneto senato delibera che il podestà di San Lorenzo presso Orsera sia eletto d'or innanzi anziché per due per un anno solo ed abbia da quel comune l'annuo stipendio di 400 lire, mentre prima per i due anni ne aveva 600, coli' obbligo però che al pari degli altri podestà d'Istria non abbia a siminare grani entro il raggio di sua giurisdizione e che debba condurre seco a proprie spese un notaio. - 46, L 188. 16. 1363. — Cividale, Il patriarca Lodovico della Torre conferma per un anno il podestà di Muggia il nobile veneto Lorenzo Micheli. - 9, 140, - 32, 16, - e 4. 17. 1029,;— Aquileia. Corrado II dona a Giovanni, vescovo di Cittanova, e suoi successori la villa di San Lorenzo presso Daila. - 26, IV, 221. 1) 18. 1319. — L'eletto patriarca d'Aquileia, Pagano delia Torre, nomina a marchese governatore dell'Istria Franceschino della Torre. - 8, V, 220, - 9, 50, - 18, IV, 93, - e 28, I, 310. 19. 1283. —Venezia. Il senato accorda al comune di Ca- podistria poter ritirare il grano ed ogni legume da qualsiasi luogo dell' Istria, purché tenga la via di mare. - 46, I, 151. 19. 1268. — Il castello di Buie si pone sotto la pro- tezione di Alberto conte di Gorizia, e del comune di Capodistria; si obbliga di prestare aiuto a Capodistria in caso di guerra; gli abitanti dai 14 ai 70 anni giurano l'osservanza de' patti e danno a garanzia sei ostaggi. -8, V, 38. - e 38, 17. 20. 1287. — Monfalcone. Il patriarca Raimondo officia il capitolo di Cividale di voler spedire a Trieste 200 staia di farina per provedervi all' esercito friulano, ritornato dall'impresa istriana. - 9, 21, - e 14, XXIV, 463. 20. 1702. — La flotta franco - spagnuola bombarda la città di Trieste ; le monache benedettine si ritirano a Sagrado presso l'Isonzo ove si fermano sei mesi. - 36, IV, 169. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. 20. 1799. — Conferma del progetto del canonico d' Albona, don Giacomo, Nacinovich, di potervi erigere una casa di ricovero. - 10, I, 18. 21. 1344. — Venezia. Patti di pace firmati tra la Re- pubblica ed Alberto conte di Gorizia con la mediazione di Andrea Micheli, conte d'Arbe ; il doge restituisce al conte Antignana, vuole però che smantelli le fortificazioni di Terviso e di Momiano, rispetti il comune di Montona, e bandisca dalle sue terre Pisanter Angel, Gallo e Galluccio di Postoina, causa d'immensi danni agi' Istriani veneti nella guerra testé sostenuta. - 51, 106 e seg., - e 4. 22. 130&, — al "«ptnnfl Ai Arisi CHI ali a. .Pie ti'0 Marcello accorda di spendere lire SOO degli introiti del luogo per ripararvi la fonte, i balladori ed il tetto del pubblico palazzo. -7, 31 - 21, 108.a 22. 1373. — Venezia prende al suo servizio Nicolò de Galleotto Malatesta, signore di Rimini, il quale si obbligava di assediare con due bandiere di cavalli il castelio di Moccò, difeso da Astolfo Peloso. - 32, II, 259. 23. 1488. — Il vescovo di Capodistria investe il giu- stinopolitano Simone del fu Giovanni Nucio di alcuni masi in Ceraselo (ora TrusJce), cedutigli nel 1473 dal patriota Giovanni de Spelati. - 21, II, 137, - 15. 24. 1216. — Le città di Capodistria e di Treviso si pacificano tra di loro. - 18, II, 243. 24. 1233. — La cità di Trieste depone nelle mani di Pietro Zeno il giuramento di fedeltà alla Signoria di Venezia. - 5, XIII, 315. 1) 25. 1267. — Il comune di Capodistria e suoi complici nella cattura del patriarca Gregorio, posto a piò libero il loro prigione, si rimettono alla sentenza che sarebbero per proferire contro di essi Ottocaro re di Boemia e Vodeslao arcivescovo di Salisburgo. - 5. II, 100 e seg. 25. 1336. — Il senato accorda al castellano in Castel Leone, Gabriele Bono, di recarsi a Venezia __ I) Il Cod. Dipi. Istr. nel Documento 3 settembre 1368 dice erroneamente li 25 agosto. — Così pure l'opera Fontes Rerum Austriac, come può vedersi la Provincia An. XII, pag. lld errò nell'interpretare Vociavo exeunte augusto pel giorno 8. per uii mese, purché nulla osti da parte del podestà di Capodistria. - 7, 17-7, 21.b 26. 1177. —Papa Alessandro III conferma la donazione della chiesa di S. Martino di Tripoli presso Or-teneglio, fatta da Artrico vescovo di Cittanuova al convento di S. Daniele in Venezia. - 30, VII, 750. 26. 1283. — Venezia. Il senato apre un imprestito pelle faconde in Istria. - 46, I, 151. 26. 1749. — Il senato paragona i nobili del consiglio di Capodistria ai nobili di Terraferma, e con ciò li autorizza di entrare nel reggimento Corazze e di aspirare a posti maggiori. - 38,57. 27. 1500. — Il comune di Trieste viene officiato a ristaurare le mura e le fortificazioni della città. - 80, 64. 27. 1642. — Il senato accorda alla città di Capodistria il trasporto della fiera del mese di giugno ai 14 di ottobre con qualche modificazione nei dazi. - 1, I, 281. ^ 28. 1285. — Dietro domanda del comune di Trieste il veneto senato prolunga siuo al dì primo novembre, che possa mandare a Venezia i suoi difensori alla presenza dell' officio dei tassatori. - 46, I, 154. 28. 1365. — Il senato ordina di sviare le aque del flumicellum che fino ad ora scorrevano per le fosse presso Castel Leone, e ehe vadano in mare percorrendo loro via a piedi della strada che conduce al fiume Risano. - 7, 31-21,109.b 29. 1522. — Il comune di Trieste viene officiato a permettere a Giorgio Brischio di Contovello la piantagione di viti. - 4. 29. 1600. _ Oroinn rio "Ravfi'o, Traonnvo di Triocto, ed i tre giudici della città accomodano certe differenze, insorte tra il comune locale e la chiesa. - 12, III, 144. 30. 1344. — Rovinato che fu il castello di Momiano il senato delibera di scrivere al capitano di San Lorenzo del Paisinatico, perchè mandi a Venezia le due bandiere, capitanate dai cone-stabili ser Martino e ser Ubertino. - 7, 22 - 12, 37.a 31. 1369. — Trieste si dà in sudditanza ad Alberto e Leepoldo, duchi d'Austria; caduta dopo brevi mesi nelle mani di Venezia, i duchi vendono a questi li 20 ottobre 1370 ogni loro diritto. - 4. 31. 1475. — Venezia. Il consiglio dei XII vieta ai suoi sudditi di mercanteggiare co' paesi tedeschi e con la citta di Trieste eccettuato il ferro. - 5, XXIV, 334. 31. 1511. — Trieste. Il capitano Nicolò Rauber condanna alla pena capitale certo Gregorio di Capodistria, domiciliato in Trieste, per aver coadjuvato i veneti nei giorni 6 e 7 dello scorso luglio a danno della città che l'ospitava; a fronte delle raccomandazioni di Giovanili Farra, vulgo Bombizza di Muggia venne giustiziato in Camarzo li 2 settembre. - 4. Società Alpina Istriana Verbale della seduta di direzione, tenutasi li 11 agosto 1879. Presidente: il vicepresidente Siguor Antonio D.r Scampicchio, Presenti i direttori, Signori: Bradicich Giuseppe, Camus Giuseppe, Camus Leandro e Hasch Luigi. E scusata l'assenza dei direttori, Sig.ri Benussi, Sbisà e Sottocorona, impediti e dei direttori Sig.ri D.r Fonda e D.r Mrach assenti. La seduta è aperta alle ore 6 1/2 pom. Letto ed approvato il protocollo della seduta dei 28 maggio p. p., sono invitati a firmarlo i direttori G. Camus e Hasch. Il segretario sociale Signor G. Bradicich comunica, avere il Sig. D.r Fonda con sua lettera d. d. 27 giugno p. p. rinunziato alla carica di presidente della Società, conferitagli nell'ultimo congresso generale. È dispiacente di non poter dar lettura dell'atto relativo, statogli sequestrato dall' Autorità giudiziaria nella perquisizione domiciliare praticata in data 4 luglio a. c. Accettata la rinunzia del Sig. D.r Fonda e procedutosi all'elezione del nuovo presidente, riesce eletto a voti unanimi il Sig. Giuseppe Bradicich, il quale accetta la carica, ringraziando i signori colieghi di questo nuovo voto di fiducia e simpatia. Rimanendo così scoperta la carica di segretario, viene chiamato a fungere come tale il direttore Sig. Leandro Camus, il quale pure accettando ringrazia. Vengono indi ammessi, dietro analoga loro domanda in qualità,di soci i signori: Bartoli Matteo da Rovigno, Benussi Adrea da Dignano, Cleva D.r Giovanni da Diguano, Costantini capitano G. A. da Rovigno, Crevato Antonio da Dignano, Davanzo Andrea da Dignano, Depiera Antonio da Antignana, Marchesi Carlo da Dignano, Scampicchio Vittorio da Albona, Tirchis Angelo da Rovigno, Vattolo Antonio e Vidali Marcello da Dignano. Adottato l'itinerario proposto dal vicepresidente Signor D.r Scampichio pella gita al vallo romano, si delibera d'intraprenderla nei giorni 18, 19, 20 e 21 settembre p. v. od al caso nei giorni 25, 26, 27 e 28 ■ mese stesso — incaricata la presidenza di compilare I analogo programma, da distribuirsi fra i soci. Proponente il neo-eletto presidente, si delibera di fare acquisto di un canocchiale grande e di un buon binocolo da campagna. Viene incaricato il cassiere sociale di riscuotere prontamente i canoni arretrati e correnti, servendosi di quei mezzi che riterà più confaceuti allo scopo. Su di che la seduta e levata alle ore 7 1jì pom. D'i Cote Dantesco scritto ìli Istria NOTIZIA di Antonio Ive La Biblioteca Nazionale di Parigi, ricca come non lo è forse nessun'altra biblioteca strauiera, in fatto di manoscritti italiani, possiede una cinquantina circa di Codici Danteschi. Non ci soffermeremo qui a passare in disamina, uno per uno, tutti questi Codici, più o men preziosi J) : ciò ci porterebbe troppo lontani dal nostro assunto ; ci limiteremo solamente, per quanto le nostre forze e la natura dell'argomento il comportano, a richiamare, o meglio a ridestare l'attenzione de' dotti su d'un manoscritto di Dante, che ha, per i nostri comprovinciali, in ispecie, un interesse particolare, come quello che, in un'epoca relativamente remota, venne steso in terra istriana. E qui, prima di proceder più oltre, ci affrettiamo ad avvertire il lettore, come altri, già prima di noi e con più validi argomenti forse di quello clie a noi sia concesso, abbia impreso a dimostrare l'importanza del prezioso documento2); sicché a noialtri, infine, non resterà che di ripetere il già detto, riservandoci, per parte nostra, di rettificare —dacché a far un tanto ci dà, in certa qual goisa, facoltà l'esame accurato e minuzioso ch'avemmo a fare, a Parigi del codice — i lievi errori e le inavvertenze, in cui incorsero coloro, che prima di noi si fecero a descrivere il manoscritto in questione. Ed ora, senz'altro, passiamo all'esame del codice. Il manoscritto porta, dietro il Catalogo del Marsand, i N.ri 70024 e (Fonds de Réserve) della vecchia numeratone, il N.° 77 (Fond. Ital.) della nuova; è membranaceo, in foglio grande e della fine del sec. XIV.0 Comprende, in tutto, 192 fogli, scritti in lettera nitida, in carattere quasi tondo e di buona conservazione 3). La legatura è in pergamena sovrapposta a del cartone; sul dosso della medesima sta il titolo, tutto moderno: Dante Aldigliieri Opere col Commento. II foglio ài carta, appiccicato alla membrana interna della legatura, porta il N.° 2067, il foglio che serve di guardia e che, come il ms., è in pergamena, ha, sul v.° il N.° 49 e le note seguenti, che ci fanno conoscere gli antichi possessori del codice: Marcelli Muti et amicorum --Nunc Joannis Bissaighe canonici Sanctorum Celsi et luliani de Urie. 1680. Al principio d'ogni Cantica si trova una miniatura a oro ed a colori, il cui soggetto si riferisce al Poema. Queste miniature, del pari che le iniziali, iu generale, ben conservate, hanno, a nostro avviso, non troppo pregio, eia per l'invenzione, che non è delle più felici, come anche per il disegno ed il colorito, che lascian molto a desiderare. Il codice comincia con una Tavola degli argomenti de' canti, Tavola, che, per errore del copista, principia dal contenuto degli ultimi canti del Paradiso ed occupa la prima colonna del 1° foglio. Al principio della seconda colonna del detto foglio, si trova una Vita di Dante, assai in succinto4) — I sommarj dell' Inferno, del Purgatorio e dei primi canti del Paradiso tengon dietro a questa Vita ed occupano il rimanente del foglio. La prima colonna del 2° foglio contiene un indice de' principi de' singoli canti del Poema. A metà circa della seconda colonna, leggesi la seguente Nota: quod Dantes ortus fuit in 1264 die 8 marcii et obit 1321 die 14 septembris. Seguono quindi l'epitaffio noto : " Inclita fama cuius universum penetrat orbem etcc, che si trova a Ravenna nella chiesa de' frati minori : indi, ad un quinto circa dello stesso foglio, un'altra iscrizione di 26 versi, il primo dei quali è: "Nescio quo tenui sacrum modo Carmine Dantem„. Quest' iscrizione, come anche l'introduzione in prosa che ad essa s'accoda, sono i soliti esordj con cui principia il commento latino di Benvenuto da Imola. Il testo del Poema comincia al foglio 4i° v,° dopo la rubrica: "Comenza la prima Comedia de Dante Aldighieri da fiorenze, in la qual monstra corno glaparve Virgilio e monstroli lo inferno el purgadorio„ — Il testo trovasi nel mezzo del foglio, in colonna strettissima, attorniato dai commenti latini, scritti in carattere minutissimo ed in numero assai abbondante, Il commento del c.° XVIII dell' Inferno offre, fra le altre, al fol. 37, r,° in una chiesa, una variante preziosa del passaggio, concernente il tempo in cui l'Imolese compose il suo commentario5), passaggio che suona: Sed proh dolor ! hoc sumptuosum opus (Castel S. Angelo) destructum, et prostratum est de anno presenti MCCCLXXIX, perpop(ul)um Romanum .Così la data del commento di Benvenuto sarebbe chiaramente indicata anche dal nostro codice. Alla fin dell' Inferno (fogl. 75, v.°) un altro individuo v'appose la seguente rubrica: Ree sunt expleta — Scriptor portetur ad leta — Amen. In coda al commento del Purgatorio e propriamente al fogl. 140, v.° (non 148, come dice il Paris), trovasi, scritta della stessa mano che il commentario, la nota seguente: "1394, die X martii. Ind(iction)» ter eia, In £(e)ra(ra) Insule, pr(o\in)cie Ystriae hc(aec) S(Jcra) Cantici script(a est?) j»(er) me petru(m)......? Dopo i vv, (118-123) del c. XV0 del Paradiso, che nel nostro ms. si trovano al foglio 165, v.° e che suonano: 0 fortunate, ciascuna era certa Di sua sepultura, e ancor nulla Era per franza nel letto diserta. L una veglava a studio della culla, E consolando usava la ydioma Che pria li padri e li madri trastulla il nostro comm. non riproduce la canzone delle balie, che, a questo passo, ci dà l'Imolese, nella maggior parte de' codici che d'esso si conservano [come nel N.° 7002.2 vecchio] e che ci permettiamo di riprodurre qui, se non altro per richiamare alla memoria del lettore questo pre zioso avanzo di poesia popolare, che veramente intenerisce il core : Nanna, Nanna, Li miey begli fanti, Giamay non fu chotanti: Tre in chamarela, Tre in foserella, Tre a prova del fognolo, , .____E tre ent™ a! haprnnln.____ E tre entro la chuna, E graveda e saduna. Un'altra rubrica alla fine dell'ultima Cantica, dice: "Explieit liber Da(n)tis sub anno D(omi)ni MCCCCXXXVIII1 et die vigesimo tertio mensis februarii. — Ora come conciliare questadata coll'altra che trovasi alla fine del Commento del Purgatorio? Sarebbe invero molto strano,- ammettendo che le due sottoscrizioni sieno della stessa mano, supporre che il commento della terza Cantica fosse stato scritto 45 anni dopo i primi due. Voler d' altronde credere che il commentatore v'abbia speso un mezzo secolo circa per chiosare questa parte, o meglio che tanto tempo abbia impiegato 1' amanuense a trascriverne il commento, sarebbe, come bene osserva il Marsand, ridicolo assai. Il Paris e già prima di lui il Marsand supposero, che la nota finale, secondo essi fallace del tutto, sia stata scritta da qualche briccone, affine di dar a credere d'aver fatto lui il lavoro d'uu altro. Ma anche questa spiegazione, che a primo aspetto potrebbe appagare, a nostro avviso; non regge punto; dacché, se anche si vuole ammettere che una bricconata abbia avuto luogo, resta sempre incomprensibile perchè l'autore oltreccbè la data non v' abbia apposto di suo pur il nome. Con ciò la causa sua avrebbe guadagnato molto di più ; giacché, una volta apposta la propria sottoscrizione in fin dell'opera, 1' accorto contraffattore sarebbe senz' altro passato per il vero copista, tanto più che il nostro istriano, forse per soverchia modestia, aveva creduto bene di radervi il proprio nome di famiglia. Così invece il supposto falsificatore non ebbe che a fare una cosa a metà; non fu dunque contraffattore vero, chè le contraffazioni, sappiamo, di rado s' arrestano a metà di cammino. Come si spiega d'altronde il fatto delle due date, essendo la scrittura ('ciò eh' ebbero di già a notare e il Marsand e il Paris) dal principio del commento fino alla fine dappertutto la medesima? Ci sia lecito esporre qui una, nostra congettura. Un esame accurato delle coudizioni paleografiche delle scritture del codice, che v'abbiam praticato, c'induce a credere che, tanto la nota in fine del volume, quanto auche le notizie che vi si trovano in principio (Contenuti di canti, Vita di Dante etcc.), sieno di mano diversa da quella che scrisse il testo e le chiose. Ora nulla, al nostro modo di vedere almeno, è di più verosimile che 1' ammettere, che un individuo qualunque, e sia pure il possessore del codice (dacché la smania di scrivere ne' volumi di cui s' è venuti in possesso tutti gli uomini, in ogni età, 1' hanno avuta, quasi volessero con ciò affermarne il diritto di proprietà), nel 1439, avendo trovato i primi fogli del ms. lasciati ancora in bianco dal copista, li abbia riempiuti delle notizie, che, come avemmo occasione di osservarlo, non sono delle meglio ordinate — constituiscono veramente una parte accessoria e che nulla ha a fare col contenuto del volume propriamente detto — e che questo stesso individuo, osservato del pari un altro spazio vuoto alla fine del codice, abbia avuto l'idea, non troppo felice in vero, d'introdurvi una data. Quale? Probabilmente quella del tempo in cui scrisse le notizie che precedono il commento, senza curarsi che, nel contesto, ce n' erano altre due, discordanti dalla propria; diciamo espressamente due, dacché, anche in fine della prima Cantica, stava un' annotazione del tenore di quella che si trova in fine del Commento del Pur-torio, ma che, per il motivo che più sopra notammo, fu rasoiata a al uOStiru oóptéta, tanti' è elio osservando attentamente vi si scorgono tuttora le tracce d«l 1394. _ Comunque sia la cosa, per noi resta sempre il fatto certo, che il testo ed il commento propriamente detto vennero scritti, verso la fine del sec. XIV0, nella città del Besenghi, probabilmente da uno de nostri comprovinciali, e che una mano diversa vi fece, nel 1439, l'aggiunta della nota finale e delle notizie preliminari, apponendovi la prima, nella perfetta ignoranza delle altre due. Non possiamo intrattenerci più a lungo su questo argomento, sul quale speriamo ritornare quaii-doccbessia affine di esaminare più da vicino il nostro testo6), e couchiudiamo, per ora, col dire, come, in genere, la lettera del testo sia buona, se anche discordi sovente da quella che commentava Benvenuto. La scrittura delle chiose poi è piena, zeppa, d' abbreviature cui non si riesce a leggere che collo farvi uno studio particolare. Parigi, luglio 1879. 3st o t e ') Per chi volesse conoscerli più da vicino citiamo qui alcune delle tante fonti, che s'hanno : Marsand A., 1 Manoscritti italiani della regia Biblioteca Parigina, (Parigi, Dalla Stamperia Reale, 1835-38; 2 voi. in 4°) — descrizione molto incompiuta ed inesatta, rettificata in buona parte, da Iacopo Ferrari, nelle Giunte ch'ei fece insieme a G. Campi e P. G. Terachini. — È da vedersi, sull' argomento, il dotto articolo del D.r C. Witte int. Marsands Nachrichten iiber die auf der Icòniglichen Bibliothek zu Paris befindlichen Handschriften der Divina Commedia. — nelle sue Dante-Forschungen (Halle, 1869, I, p. 270-277). Paris Paulin, Les Manuscrits frangois de la Bibliotheque du Boi (Paris, L'auteur, 1840 voi. 3 ; spec. voi. Ili, p. 308-326), lavoro molto più preciso e più scientifico di quello del Marsand, sebbene anche questo qua e là inesatto. Visconte Oolombo de Batine3, Bibliografia Dantesca, (Prato, 1845-1846 ; T. I,p. 639; II p. 226-249); opera questa veramente magistrale. V., in proposito, la critica del Witte cit. ne' Blàtter fùr Literarische Unterhaltung, del 1847 N.° 64 (articolo riprodotto poi nelle Ricerche Dantesche dello stesso, vo!. I., p. 231-239). — A questo lavoro del Batines furono fatte delle Aggiunte e Correzioni da Antonio Cappelli (Modena, 1853). Barlow H. K., Criticai historical and philosophical Contn-bution to the Study of the Divina Commedia etcc. (London 1864 ; II p. 45: Codici in France). Ferrazzi laoopo, Manuale Dantesco. (Bassano, 1871, voi. IV, pag 306.) 2) Così debito di critica ci obbliga a ricordare qui il Marsand (op. cit. I. pp 8-10 e 810-811). — È singolare, che il dabben uomo del bibliografo italiano abbia fatto del nostro codice due esemplari, diversi assali'uno dall'altro, e ch'egli descrive successivamente ai N.d 8 e 700! — Paris 1. cit., III, p. 321-325; C. de Batines., II, p. 230-231 8) Il Marsand, che a pagg. 9, 10, mette in rilievo i pregi del codice — qui ei dice d'avervi riscontrato molte e molte di quelle buone e sane lezioni che oramai universalmente sono state ricevute, che esso codice deve riporsi fra i buoni codici di Dante che è scritto in caratteri tondi, ed é di buona conservazione, — a pag. 810 lo dice scritto in carattere «enti gotici (sic), di mediocre conservazione (!) e nota che chi lo scrisse oltrecchè essere stato ignaro della favella italiana, ebbe pur la disgrazia (sic) d'aver avuto sotto gli occhi (!) un pessimo esempio. Quanto poi ai commenti, che il Marsand, in tutti e due i luoghi, dichiara tanto noiosi quanto scipiti, dobbiamo osservare, con buona pace del dottor padovano, che la colpa del non essersi egli trovato soddisfatto, la deve tutta attribuire all'insensibilità del proprio palato, che lo rese del tutto incapace di gustare cibi sì saporiti, dacché trattasi nientemeno che de' commenti di Benvenuto Rambaidi da Imola, intorno al valore storico de' quali C. Hegel, scrisse un prezioso lavoro intit : TJeber den historischen Werth der aelteren Dante-Commentare. Miteinem Anhang zurDino -• Frage(Leipzig, Hirzel, 1878; p. 40-49). i) a proposito di questa Vita, tanto il Paris quanto anche il visc. de Batines, lessero, per una falsa interpretazione paleografica della cifra 6 (nel codice scritta: 5), il 1254 come anno della nascita di Dante. Il continuo ripetersi della cifra, sotto la detta forma, là dove non c' è dubbio possa indicar altro che 6, come dove si parla del contenuto del canto 16° dell' Inferno del Purgatorio e del Paradiso, non ci lascia dubitare sul valore della predetta cifra, nel caso nostro. 6) Nella traduzione ital. del commento del Rambaidi, fatta da Giovanni Tamburini (3 voi. Imola, 1853), dietro una copia del Codice Estense di cui si servì il Muratori, pegli Estratti che ci ebbe a dare del Commento di Benvenuto (V. Antiqmt, Italica« I, p. 1034-1298), c'è posto, in seguito ad un errore in cui incorse anhe il grande Modenese, 1389 in luogo di 1379. (Cfr. Gre-gorovius, Geschichte der Stadt Bom, VI, 504). Di più il Tamburi:.: emise, nella traduzione, le parole ben importanti, de praesenti anno — (V. per ciò. Pop. cit. dello Hegel p. 41). 6) Per non defraudare i nostri lettori di boccone si ghiotto, diamo qui, già sin d'ora un saggio del nostro testo Prendiamo all'uopo i primi 105 versi dell'Inferno, che riproduciamo con iscrupolosità diplomatica. Fol. v.° (subr). Comenza la prima Comedia de Dante Aldi-ghieri da fiorente, in la guai monstra come glaparv. Virgilio e monstroli lo inferno el purgadorio, Nel mezo del camin di nostra vita, Mi ritrovay per una selva oscura Che la dritta via era smarrita. Ahy quanto a dire cqual era è cosa dura Questa selva salvagia aspra e forte, Che nel pensier rinova la paura! Tanto è amara che pocho è più morte, Ma per trattar del ben che vi trovay Dirò di 1' altre cose eh io v o scorte. Io non so ben ridir corno ventray Tanto era pien del somno in quel punto, Che la verace via abandonay. Ma poi eh' io fui a piè d' un colle giunto La ove terminava quella valle Che m avea il cor di paura conpunto, Guarday in alto e vidi le sue spalle Vestite già di ragio di pianeta Che mena altrui dritto per ogne calle. Alor fo la paura un poco queta, Che nel lago del cor m era adurata La notte oh io passay con tanto pietà. E come quel che con lena affannata Uscito fuor del pelago ala riva Si volge alaqua periglosa e guata, Così 1 animo mio ch ancor fugiva, Si volse indietro a rimirar lo passo Che non lasciò giamay persona viva. Poy eli ebbi riposato il corpo lasso Ripresi via per la piagia diserta Si ch el piè fermo sempr eral più basso, fol. i. r.o — Et echo quasi al cominciar di 1 erta, Una lionza ligiera e presta multo Che del pel maculato era coverta. E non mi si tollia dinanzi al volto Anzi impedia tanto il mio camino Ch io fui per ritornar più volte volto. Temp era dal principio del matino, El sol mutava in su con quelle stelle Cheran colluy quando l'amor divino Mosse da prima quelle cose belle; Si che de bien sperar m' era cagione Di quella fiera la gayeta pelle L'ora del tempo e la dolce stagione ; Ma non si che paura non mi desse La vista che me parve d'un lione. Questo parea che contra me venesse Con la testa alta eccon rabiosa fame Si che parea che 1' aer ne temesse. Et una lupa che di tutte brama Sembrava carcha nela soa magreza, Et multe gente facea viver grame. Questa mi porse tanto de graveza Cola paura che uscia de sua vista, Ch'io perdi la speranza de 1 alteza. ■ fogi. 5, V. — E qual e quei che voluntieri acquista E giuuge el tempo che perder li face Chen tutte suoi pensier piange e s'attrista, Tal mi fece la bestia senza pace Ce venendone inchontra a pocho a pocho Mi rinpingea la dov el sol tace. Mentre ch io riuniva in basso loco Dinanzi a gli occhi me se fu offerto Che per luongo scilencio parea fiocho. Quando vidi costui nel gran diserto Misererò di me griday a luy Qual che tu se o ombra, o homo certo ! Risposime.- non homo ho già fui E li parenti mei fuoron lombardi Mantoan per patria ambedue. Nacqui sub iulio ancho che fusse tardi Et vissi a Roma sottol buono Augusto Nel tempo de li dei falsi e bugiardi. Poeta fui et cantay di quel iusto Figliol d' anchise che venne da troya Poi chel superbo Ylion fu conbusto. Ma tu perchè ritorni a tanta noya, Che non ne Baie al delecioso monte Ch è principio e cagion di tutta gioya. Or se tu quel Virgilio e quella fonte, Cho spandi di parlar sì largo fiume Risposi a lui con vergognosa fronte. 0 degli altri poeti honore e lume Vagliami il luongo studio, e 1 grande amore Che m a fatto cercar il tuo volume. Tu se il mio maestro e 1 mio autore Tu se Bolo collui da cui yo tolsi Lo bello stile che m a fatto honore. Vi la bestia per cuy io mi volsi Ayutami da ley famoso e sagio Ch ella me fa tremar le veue e i polsi. A te conven tener altro viagio, Risposi poy che lacrimar me vedi Se voy campar de sto luogo salvagio. Che questa bestia per la qual tu gride Non lassa altruy passar per la sua via, Ma tanto 1' ompedisse che l'ucide. De natura e sì malvasa et ria Che may non empie le bramose voglia E dipo il pasto a più fame che pria. Molti sou gl animali a cui sa moglia E più seran ancor infili ch el Veltro Verrà che la farra morir di doglia. Custuy non ciberà terra nè peltro, Ma sapieucia amore e virtute E sua nation sera tra feltro e feltro. SPIGOLATURE STORICHE di Simone Gavardo arcidiacono di capodistria L'esimio prof. D.r Francesco Pellegrini di Belluno mi comunica alcuni particolari relativi alla prigionia, alla morte e alla eredità di quel Simone Gavardo arcidiacono di Capodistria del quale intrattenni altra volta i lettori della Provincia. (Vedi anno 1873, n. 14 pag. 1268 e 69 e anno 1874, n. 1 pag. 1389.) Persuaso che tutto giova alla storia, trasmetto all'onorevole Redazione quanto mi venne comunicato dall'esimio professore, cui rendo pubbliche grazie e mi raccomando per altre eventuali notizie relative all'Istria. T. L. "Sul finire del secolo XIV un istriano, Simone de Ga-vardi arcidiacono di Capodistria, era, non so come e perchè, domiciliato a Belluno durante il dominio dei Carraresi (1388 decembre), ed era guelfo diparte e caldo fautore dei Carraresi anche sotto il dominio dei Visconti a quelli succeduto. Entrato di nuovo in Padova Francesco Novello, i guelfi in questi dintorni o tentarono di ribellarsi o si ribellarono di fatto al Visconti: e tra questi Simone Gavardi con alcuni bellunesi di quella parte si impadronì della Rocca di Piétore posta sui monti presso al confine tirolese. Il consiglio dei nobili di Belluno mandò le sue genti in servizio del suo signore ad assediare quel castello, lo prese e lo distrusse: e il Gavardi fatto prigioniero fu condannato nel 1391 dal podestà e capitano a carcere perpetuo a pane ed acqua in fondo a una torre del castello di Belluno ; dove morì il 17 marzo 1393, lasciando suo erede il capitolo dei canonici di Belluno. Ora nei libri della Masserìa del Capitolo di Belluno si trovano le seguenti note : Lìbras quatuor soliclos odo "Item datas fratri Francischo de Caronellis de Co-neglano lectori loci fratrum minorum civitatis Belluni procuratori misso Iustinopolim ad exigendos ducatos vi-ginti, quos dictus Archidiaconus legaverat capitulo in eius testamento scripto per dominum presbiterum Io-hannem sacristam, de mandato capituli in uno ducato.» Solidos duos parvorum "Item datos Nepoti pilipario et ferlario prò scopando sepulcrum in quo est sepultus Archidiaconus Ju-stinopolitauus, quia fetebat.,, (Excapitulo expensarum mensis aprilis 1393, fol. OLII) Ducatos vigintitres, in ratione librarmi 1III solidorum Vili prò ducato.. "Item recepit a domino Simone de Gàvardis olim archidiacono Justinopolitano, sive a fratre Francischino de Caronellis de Coueglano, dante prò heredibus dicti qu. domini Simonis, prò legato facto ecclesie, ut con-tinetur in testamento scripto per dominum presbiterum Iohannem magistri Valantini sacristam : computatis tri-bus ducatis legatis clericis.„ (Ex capit. introytormietc. mensis maji 1393, fol. CLIP) Libras vigiliti, solidos quìnque Item datas fratri Francischino de Caronellis Iectori minorum ecclesie Sancti Petri civitatis Belluni, prò labore suo eundi Justinopolim prò legato Arcbidiaconi de quo constat in carta precedenti. „ Libras tresdecim et solidos quatuor parv. Item distributas inter clericos prò obsequijs Archi-diaconi, ducatos tres auri de illis viginti tribus ducatis positis prò receptis in carta proxime precedenti ; in ra-tione librarum III, solidorum Vili prò ducato, ultra alios denarios etiam distributos pio sepultura ispsius Arcbidiaconi.» (Ex eapitulo expensarummensismaji 1393, fol. CLIII) Non pare che quest'uomo qui possedesse benefici; e però quali casi lo portarono quassù, così lontano dal natio loco? DI UNA FAMIGLIA BALLERINI DI PAKENZO Lo stesso egregio prof. Pellegrini mi comunica anche quest'altra notizia. "Nel 1470, o circa, si trovava in Belluno una famiglia Ballerini di Parenzo: anzi Domenica Ballerini moglie di Lorenzo dalle Fosse gli partorì nel 1477 Giam Pietro dalle Fosse, detto poi Pietro Valeriano, celebre letterato bellunese.,, NOTIZIE Il congresso della Società agraria istriana si radunerà quest'anno a Kovigno nei giorni 30 e 31 del corr. Agosto. Ci gode l'animo nell' annunziare che l'egregio sig Enrico Iurettig, redattore dell' Isonzo, dopo essere stato tenuto in prigione a Gorizia sua patria parecchi mesi, per imputazione politica, venne rimesso in libertà per deficienza di prove. Appunti bibliografici letteratura Manzoniana I Dopo quanto si è detto nei giornali, e negli opuscoli, e in libri sugli scritti e sulla vita di Alessandro Manzoni a taluno parrà forse strano e nojoso il ritornare sull'argomento se non che il titolo di questo scritto farà subito persuaso il lettore che qui non trattasi di portare giudizio sulle opere del grande, ma sugli scritti de' suoi critici, e un po anche sulla varia fortuna del Manzoni, e sulla influenza di lui nella vita letteraria della nazione; onde se non si ha la pretesa di dire cose assolutamente nuove, almeno almeno le vecchie si presentano sotto altro aspetto, e in argomento nuovo. Gli uomini veramente grandi, gl'iDgegni universali questo hanno di proprio, che non entrano solo, come parte di un tutto, nella storia letteraria di una nazione; ma formano anche una letteratura da sè: le loro opere vogliono essere particolarmente esaminate e studiate,|per tirarne poi delle conseguenze e stabilire i principi coi quali una data epoca vuol essere giudicata. Nessun poeta in Italia, dopo Dante, può forse con più diritto aspirare all'onore di formare una letteratura da sè, meglio di Alessandro Manzoni. Se per la sua popolarità, per la luce storica degli avvenimenti, ai quali si è ispirato, non ha, e non avrà bisogno di tanti commentatori, come n'ebbe il gran padre della nostra letteratura ; la universalità e profondità delle dottrine religiose e filosofiche nel Manzoni, la riforma della poesia, e più ancor della prosa, la subblime semplicità del romanzo, la verità dello stile, per cui ogni lettore trova nel libro la parte migliore di sè, daranno sempre occasione a nuove osservazioni ; onde io penso che se mai fosse possibile (ciò che non credo) che le verità religiose si dimenticassero dal popolo italiano, si sentirebbe anche allora il bisogno di commentatori e maestri di fede cattolica, per sentire e gustare le opere di Alessandro Manzoni. Il Bonghi non dubitò di asserire, in un suo dotto ed affettuoso articolo sul Manzoni che l'Italia progredirà sempre civilmente e moralmente, finché le opere di lui saranno in onore. Sentenza giustissima che l'esperienza e la storia accertano con l'esempio di altro ingegno universale: di Dante. Se anche fosse possibile uua terza caduta (non politica, ma morale come credono alcuni) ho tanta fede nei destini d'Italia da credere fermamente che lo studio di Dante e del Manzoni infon-rebbe ben presto nuovi spiriti nella infiacchita razza latina e le renderebbe l'antico vigore: tanta è la forza educatrice di questi due sommi scrittori. Non dispiacerà adunque ai lettori della provincia se alquanto diffusamente, come ho fatto per la letteratura zingaresca e per la foscoliana, smessa per poco la critica particolare, tratti del movimento della letteratura manzoniana in Italia: i molti ammiratori del grande uomo nell' Istria, e il favore con cui si accolse altra volta dalla dotta vicina Germania qualche mio scrittorello in proposito, (1) mi crescono animo in questa mia qualsiasi impresa. E qui, per procedere con ordine, gioverà dividere lo studio in tre parti : toccare prima del movimento letterario che pigliò forma apologetica negli ultimi anni della vita del grande uomo, dopo la nota accusa del Settembrini alle opere del Manzoni nella RETTIFICA. Un onorevolissimo signore di Pirano, a nome suo e di molti concittadini ci ha scritta una lettera di rettifica del contenuto nell' ultimo articolo Gli Istriani sul mare inserito nel N° 15 del nostro periodico; nel quale articolo l'egregio autore rileva la parte presa dalla nostra provincia all' esposizione di Parigi, e scrive di aver provato rammarico nel non aver veduto rappresentati due noti stabilimenti, dei quali uno di Pirano; e ne rimprovera i conduttori. Se non chè, come ci informa l'accennata lettera di Pirano, a quella mostra presero parte lo stabilimento di prodotti chimici del Consorzio delle Saline di Pirano, — e lo stabilimento industriale dei signori Salvetti e comp; — ed ottenero tutti e due la medaglia d' argento. Sono questi gli stabilimenti ai quali ha inteso accennare l'egregio nostro collaboratore ? Attendiamo da lui la risposta tardata senza dubbio in causa della molta lontananza del suo domicilio; ma intanto siamo certi eh' egli avrà goduto nel sapere che i suoi desiderii, ad onore delle nostre industrie, furono appagati per ciò che riguarda la laboriosa città di Pirano. (1) Vedi Sauer. Alessandro Manzoni. Eine Stadie. Prag 1871. sua storia letteraria; quindi dire degli scrittori che trattarono del Manzoni subito dopo la morte, e che in certo modo ne dissero l'orazione funebre, per accennare finalmente agli ultimi studi ed alla influenza che in campi opposti e tra scrittori discordi, nelle moderne baruffe tra Idealisti e Realisti esercita ai nostri giorni l'immortale scrittore dei Promessi Sposi. Sarà facile ad ognuno di rilevare subito una lacuna; e mi si potrà rimproverare di non dir nulla del grande movimento letterario in Italia, quando comparvero la prima volta gl'Inni Sacri le altre poesie e specialmente i Promessi Sposi. Ma le sono cose note, e il lettore ne troverà un cenno e citate le fonti ne gli scrittori specialmente del secondo periodo: d'altronde non intendo di scrivere una monografia completa ma solo articoli da giornale che tengano, per mezzo di appunti bibliografici, informato il lettore dell'attuale movimento letterario (1). II Nel nove giugno del 1872 saltò il ticchio al Corriere di Milano, giornale politico compilato dal Treves, dì partecipare a' suoi lettori che noi conoscessero lo strano e irriverente giudizio, pronunciato dal Settembrini nelle sue Lezioni di Letteratura italiana, intorno al Manzoni e ai Promessi Sposi, libro che veniva presentato quale "il romanzo della reazione,. L'affare è ormai un po' vecchio e basterà averlo accennato. Inutile quindi ricordare il chiasso e lo scandalo se ne fece in Milano, dove giustamente una tale pubblicazione venne considerata come un insulto e un offesa alla pace del vecchio venerando. A riparare in parte il mal fatto il Corriere stesso stampava ai 14 Luglio dello stesso anno una mia appendice in risposta al Settembrini 2). Certo quello scritto non avea che il merito dell' opportunità. Di una sola casa mi vanto ; di non avere per questo sollecitata, come avrei potuto, una visita al grande uomo. Sono quel che sono, ma la parte del moscherino che monta in groppa al generoso destriero e grida: io corro, non l'ho mai fatta, e non farò. Chi volesse prender notizia di tutto-ciò si scrisse in quell'occasione veda — Una difesa del Manzoni per^ Luigi Gelmetti. Milano Tipografia Bernar-doni 1872. E un'opuscolo di trenta pagine dove con buone ragioni, ma con un metodo troppo analitico e senza larghezza di vedute si tratta la questione: la causa troppo facile non giova a mettere sempre in rilievo le doti dell'avvocato. Ma non bastava certo a Milano che giornalisti ed autori di opuscoli si facessero i rappresentanti della pubblica indignazione, ci voleva voce autorevole e una solenne protesta. E la voce autorevole sorse e in degno luogo. Veggasi l'opera — Manzoni, ossia del progresso ! morale, civile e letterario quale si manifesta nelle o-pere ai Alessandro Manzoni. Letture fatte avanti il Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere dal membro effettivo D,r Antouio Buccellati. Professore ordinario di diritto penale nella R.a Università di Pavia Volumi 2. (1) E noto come la Biblioteca italiana compilata dai parrucconi del classicismo movesse guerra al Manzoni. E cosi pure Paride Zarotti nella sua critica ai Promessi Sposi. Tutti conoscono le stupende prose del Tommaseo sugli Inni sacri. Il compianto ed illustre medico D.r Andrea Manzoni a Capodistria possedeva nella sua bella biblioteca una completa raccolta di tutte le critiche dell'ode — il 5 Maggio da me consultata con grande vantaggio (2) Ad altra critica, assai più cortese, ma secondo me più offensiva del De Sanctis, risposi nell' Universo illustrato di Milano dello stesso anno. (E tiriamo il fiato) Milano Legros editore 1873 Via Santa Sofia 29. E opera adunque oratoria-apologetica, e del discorso apologetico tiene le forme e lo stile un po' troppo o-ratorio, scolastico e prolisso come appare del resto dal lungo titolo dell'opera stessa, ciò che non toglie il merito essenziale delle buonissime ragioni e delle sode dottrine che il lettore vi trova esposte. Si può anche dubitare se per ribattere le ragioni del Settembrini fosse proprio necessario di. scrivere due grossi volumi, e se non crescevasi così importanza ad accuse che dovea-no cadere da sè, o al più meritavano una breve risposta nei giornali, a soddisfazione dell'opinione pubblica e per istruire i facili lettori pronti a piegare ad ogni aura che spira. D'altronde fu utilissimo che uno scrittore valente e professore in una delle più antiche università del Regno assumesse l'incarico di scrivere una seria e grave difesa degl'intendimenti manzoniani; e, ciò che fu più bello, l'opera si stampasse a spese degli studenti pavesi, affinchè il prestigio del nome del critico, prefessore in altra università, non eccitasse la gioventù a giurare nelle parole del maestro, e sopratutto affinchè gli stranieri sapessero subito quale sia stata la risposta della nazione alle ipercritiche del letterato napoletano. Ili All'annunzio della morte del grande uomo, la terra non stette già immòbile e meno che meno muta; ma dall'Alpi a Capo Passero in Italia, e fuori d'Italia in ogni paese civile, critici, prosatori, e poeti sorsero a dirne con più o meno eloquenza la funebre orazione. Ecco uu catalogo de' principali scrittori, che potranno all' uopo consultarsi dagli studiosi.'—Antonio Puccianti. Antologia giugno 1873 — Buggero Bonghi. Lettere alla Perseveranza, giugno 1873. — Ferdinando Galanti. Discorso — Venezia Tipografia Antonelli 1873. — Vittorio Bersezio. Studio biografico e critico. Torino 1873. Libreria Beuf. — Giuseppe Rovani. La mente di Alessandro Manzoni, Milano. Perelli 1873. — C'arcano. Vita di Alessandro Manzoni, Milano Richiedei 1873 — Benedetto Prina. Studio biografico e critico. Milano. Richiedei 1874. Fabio Nannarelli. Discorso nell' inaugurazione del monumento al Manzoni nell'università di Roma. Roma Ci velli. 1878. — Marco Mounier. Revue des deux mondes 15 Luglio 1873, — Terenzio Mamiani. Manzoni e Leopardi. Nuova Antologia. Agosto 1873. ecc. ecc. Dire di tutti uon posso senza uscire dai limiti imposti; gioverà toccare di alcuni meno noti, o che trattano di questioni di somma importanza nella letteratura. Vittorio Bersezio scrisse in lingua e stile corrente un libro facile e ameno pei lettori e sono i più, che-amano di andar per le piane, e non vogliono aver rotto il capo da troppe disquisizioni. La biografia del Manzoni si muta però qua e là in autobiografia dell! autore stesso, ma con molta grazia e disinvoltura. Veggasi per esempio a pag. 53. — "Quando un autore ha avuto la fortuna ed il merito di inventare in una sua opera un personaggio così vero e vivo che si fa il tipo d'una classe, d'una professione, d'una virtù, d'un difetto umano, e che diventa popolare come espressione di quel difetto, di quella virtù, di quella professione di quella classe ; codesto autore può dire d' aver fatto un capolavoro, e per usare la piacevole espressione del mio amico Luigi Sauer, La piantato un chiodo al proprio nome nell'immortalità.,, Coi debiti riguardala modestia dell' autore, sia lecito al lettore un po' maliziosetto di riconoscere in queste parole una cambiale tirata sulla ditta Don Abbondio, e girata a Monsieur Travet. Alla chiusa del volumetto il Bersezio aggiunse un'ode del suo amico Guido Giacosa dal titolo: In morte di Alessandro Manzoni. È una delle tante parodie del 5 Maggio; infelicissima specie nei versi che più rasentano l'ode immortale. L Ei fu vi è tradotto in un prosaico Egli morì! E la celebre similitudine è di-litu in frasi impossibili comò questa: "Stette l'Italia immobile Percossa istupidita» Alla chiusa accennando ai materialisti e alla nuova scuola se la piglia con la molecola che fa guerra al Dio dei padri. Però c' è qualche bel verso, qualche buon concetto: bellissime le due ultime strofe ove apostrofa il Manzoni così: 0 padre, alto è il periglio, Nè già son pochi i vinti, "Scendi, ricrea gli animi 1 cor nel dubbio estinti» E dai celesti vertici Grida che il Verbo c' è ! Nè se avverra che il sentano Nei cerchi ampi stellati, Nei monti inaccessibili, Nei mari interminati, Schiudan tue sacre pagine, Lo sentiranno in te! Nel leggere il titolo dell' opuscolo del Rovani — La mente di Alessandro Manzoni, ricorre subito alla memoria il professus grandia di Orazio. Ma l'autore della storia di cento anni non era uomo da dare nel gonfio e non si lasciò sgomentare dall altezza dell argomento. A taluno forse certe verità avranno saputo d'agro altri avrà desiderato una maggior prudenza meno panigirici e più critica;ma egli è certo che per vastità di concetto, solidità di dottrine, e forza sintetica, questo del Rovani è uno dei migliori lavori, e più che scritto d'occasione sembra frutto di forti studi, e brano d'opera più vasta e lungamente meditata. . L'illustre Marco Monnier da quell' esperto e benigno conoscitore che è della letteratura italiana, stampò un suo dotto lavoro nella Berne des deux mondes ma non si ristette dal gettare un po' d'acqua a scemare gli entusiasmi italiani di quei giorni; onde qualche sua sentenza vuol essere rettificata. Il Professor Somasca nella solenne commemorazione, seguendo il Sauer, avea detto che il Manzoni è certamente superiore al Boccaccio nel racconto. Marco Monnier si scandalizza di questo confronto, e indirettamente accusa di esagerazione gì' Italiani, come se alla moderna Italia non fosse lecito di produrre niente di più bello e di più buono di quanto hanno saputo fare gli antichi. Premetto che i confronti sono sempre odiosi quando s'instituiscono fra autori differenti per indole, per iscopi e per l'epoca in cui vissero. Il duomo di Milano è un grande monumento ; il teatro olimpico di Vicenza e anche un capolavoro dello Scamozzi; ma a nessuno è venuto mai in mente di paragonare questo a quello. Il Boccaccio è grande nella novella ; ma è tale quali erano ì tempi ed i costumi ; il Manzoni è grande nel romanzo, romanzo che sta in proporzione alla novella come la facciata d' un duomo archiacuto al pronao* d' un tempietto di classico autore. Ma perchè il confronto non 1' ho fatto io, posso anche esprimere il mio qualsiasi giudizio. Il Boccaccio ha scritto un libro bello; il Mauzoni non solo bello ma buono. Volete accertarvene ? Leggete le due famose descrizioni della peste. Il Boccaccio vi diverte, e vi fa anche ridere; il Manzoni trova uno stile conveniente, efficace, vi fa fremere e piangere: la Cecilia rimarrà un tipo immortale, e mostra una profonda conoscenza del cuore umano. Qualche episodio c'è anche nel Decamerone, come quello „dei porci che sopra i mal tirati stracci caddero in terra; senza dire di quella fina ed arguta osservazione, prodromo alle novelle," che lo scoprire, durante l'infermità, per mancanza di donne, agli uomini anche giovani ogni parte del corpo, fu forse alle donne che guarirono di minore onestà, nel tempo che succedette, cagione.» (Cont.) P. T. Varietà Riproduciamo dalla jRivista Italiana di Palermo (anno IX, 1879, IO luglio N. 28,) il seguente brano di un articolo. — Sulle mura ciclopiche di Bocca vecchia, vicino Pescina, negli Abruzzi — perchè crediamo che possa essere ottima guida a determinare sempre meglio l'origine e il carattere dei nostri più antichi Ca-stellieri detti preistorici. "I Marsi, che aveano al pari di tutti i popoli sa-belli un'origine agraria, non abitavano in grosse città, ma in case aggruppate, sparse quà e là nelle campagne in mezzo ai pascoli ed ai poderi. Aveano però un centro comune, che al principio fu un recinto di grosse pietre e che non era una città, ma uu luogo di riunione, cinto di mura, non abitato nè custodito, ove si teneva ii mercato ogni ottavo giorno, ove si adoravano gli dei, ed ove si rendea la giustizia alle epoche della luna nuova e della luna piena.» "Quando venivano molestati dai nemici, in questi centri riunivano le ricchezze, le provvigioni, le donne, i fanciulli, i vecchi, il bestiame e tutto ciò che avevano di più caro, perchè ivi stavano sicuri dalle aggressioni, essendo per lo più questi luoghi forti per la loro posizione naturale, perchè posti in cima a roccie inaccessibili, ed ove potea entrarsi unicamente per una sola parte. Questi luoghi erano tanto rispettati e temuti, che gli schiavi fuggiti dai padroni, i debitori, gli accusati, i rei e gl'innocenti deboli e perseguitati, che vi si ricoveravano, erano sicuri, liberi ed immuni da ogni violenza, perchè entrati in questi asili e luoghi di rifugio s'intendevano posti sotto il patrocinio degli dei, e venivano in tal modo assicurati gli effetti della compassione ai perseguitati». Pregati dal chiarissimo autore dell' opera "L' Istria note storiche di Carlo de Franceschi„ pronta per la pubblicazione a mezzo della stampa, interessiamo tutti coloro i quali tenessero schede di associazione alla detta opera, di volerle quanto più presto possibile rimandare all' autore colle firme raccolte. La Redazione