ANNO XVIII. Capodistria, 1 Ottobre 1884. N. 19. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. DELLA VITA E DEGLI SCRITTI DI CARLO COMBI Carlo Combi ! Ecco un nome e cognome, che senza titoli, senza aggiunte di professione, di grado, di onorificenza indicano un uomo singolare, rispettato da tutti, amato, quasi venerato da molti, un rappresentante del popolo per libero suffragio del cuore, e perciò noto, popolare nella sua città, nella provincia, non per popolarità rumorosa quale è quella si acquista in piazza, lusingando le passioni del giorno ; ma per quell' altra nobilissima che è effetto di segreta simpatia, e sorge spontaneamente nel cuore di tutti, perchè tutti nell' uomo riverito ed amato rispecchiano la parte loro migliore. E Carlo Combi non è più! Unico superstite maschile nel ramo del Dr. Francesco, con lui si spense un' illustre famiglia ; ma il lutto d'un' amata sorella e dei parenti è oggi lutto di una grande famiglia; Capodistria e la Provincia tutta, ne piangono la perdita. Ed io che gli fui amicissimo, che con lui divisi i dolori della sconsolata sua gioventù, più che mai mi trovo oggi a disagio sotto il giogo della parola, perchè o troppo volgare o di soverchio invece ricercata mi torna; e inetta sempre a esprimere un sentimento il quale io prego, anzi voglio che da tutti i miei lettori sia creduto sincero. Dall' illustre Dr. Francesco de Combi e da Teresa Gandusio nacque Carlo nel 1828 a Capodistria. Più volte ho udito dal Dr. Francesco che i suoi antenati erano d' origine lombarda : i Combi anche oggi sono frequenti a Lodi. Fece i suoi primi studi in patria nel ginnasio allora tedesco, poi a Trieste, per trasferimento del ginnasio stesso in quella città. Era d'indole vivace, gentile, aggraziato nei modi : un giorno, per fanciullesco di- 1 , Articoli comunicati d'interesse generale si stampano grk-tuitf, lente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Da nun^o separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. fetto, fu dal catechista tedesco del ginnasio aspramente ripreso alla presenza del padre. Noto questo fatto subito perchè esercitò una grande influenza per tutta la vita nell'animo di Tarlo. Di allegro e chiassoso, di subito divenne malinconico e amante della,solitudine: fuggendo la compagnia dei coetanei in . tri i giorni di vacanza, a quindici anni, a Trieste si ricoverava per ore ed ore nel campo santo' struggendosi in lacrime dolci in quella solitudine, in quella pace! Era 1'età dei sogni, dell'idedie. Di costumi illibati, chiese alla fede una risposta ai perchè della mente, ed agli impeti giovanili del cuore. E l'ebbe; e perciò fu costante, senza alcuna ostentazione, anzi con modesta riser-batezza, che a certi fanatici parve umana prudenza, fino agli ultimi giorni di sua vita nelle pratiche di pietà. Ma con tutti questi conforti sempre confitto nella memore mente ii pensiero, la causa e le circostanze di quella prima villana, gotica ed antipedagogica riprensione; quindi un lavoro continuo, una fatica, di tutti i giorni, di tutte le ore ad allontanare da sè tuttociò che a quella anche di lontano si riferisse. Pe ciò, portato anche dalle, naturali attitudini, e dagli esempi paterni, si dedicò tutto allo studio, cercando in quello un diversivo ed un sollievo ; ahi ! troppo spesso con danno della vita fisica, ed in ciò il nostro Carlo ha molti punti di contatto, salve le debite proporzioni, con Leopardi. Ho detto salve le debite pro-i porzioni; è certo però che fu dotato di mente acuta, d'ingegno sottile, di una forza dialettica singolare, nè meno sarebbe stata in lui potente la vita del sentimento, se di proposito non 1' avesse repressa, e soffocata per la ragione si è detta di sopra. Alla sua vita mancò il dramma, 1' umano : in altre circostanze sarebbe divenuto grande poeta. Preferì divenire un uomo di grande carattere, ferino a non transigere mai con la sua coscienza, a non fallire all' ideale nobilissimo della sua fanciullezza. E tale si mantenne, miracolo davvero d' illibatezza durante gli studi legali a Padova, e dopo il 1848 a Genova, ove prese la laurea. Durante questo tempo, per non essere di troppo aggravio alla famiglia, collaborò al Corriere Mercantile, e in altri gioruali a Genova e a Milano, dove si trattenne qualche tempo in casa del prof. De Castro. La laurea piemontese non avendo valore in Austria, egli era stato obbligato a ripetereatutti gli esami a Pavia. Tornò intorno al 1850 il patria, ma più rotto di salute che mai, e per q^lche tempo fece pratica nello studio di un avocato triestino. Ma i tumulti, i traffici, e 1' allegria iella città operosa, mal si addicevano alla sua indole raccolta ; sospirava sempre la quiete, e la vita, come egli diceva, veneziana della sua Capodistria, e perciò iu breve fece ritorno in patria, e prestò valido ajuto nello studio paterno. Il codice però, le cause e i libelli, come non avevano spento il culto del bello nel Dr. Francesco, avvocato e rjoeta, così non distolsero il tìglio dal dedicarsi ali* -belle lettere. E reca maraviglia vedere come egli, l enchò avesse ricevuta la prima e seconda educazione in lingua tedesca, pure fino dalle prime proveemani-festasse un' italianità fresca di concetto e di forma. Niente in lui di quello stentato e contorto phe appare troppo di sovente iu chi è obbligato per lunga abitudine a tradurre il suo pensiero da lingua straniera; il periodo italiano scorre nitido e puro dalla sua penna ; lo stile scatta e manda lampi di luce nostra, e nasce il getto, mi si passi la vecchia frase, come la Minerva dal cervello di Giove. Tra suoi primi lavori si troverà forse ancora uua tragedia di soggetto americano (credo sia un Washington, se la memoria non mi tradisce) con molti personaggi; nessuna donna: Ecce homo! Noto il fatto, non suggerisco però di stamparla se si trovasse : troppi danni ha già recato alla postuma fama e alle lettere il furore dell inedito. Piuttosto di lui giovane noto un idillio — La vigilia della festa dell1 immacolato concepimento di Maria, — in una raccolta stampata a Capodistria nel 1855. Lo stile è del tempo, con una leggera imitazione delle malinconie del Fachinetti. Ecco la chiusa. Parla un fanciullo: Sì mi rammento, o padre mio, che allora Che di lei mi narravi, e tutta monda La ripetevi, una ridente aurora Sembravami veder, di placid' onda Il murmure sentiva, e cara intorno Mi spirava la prima aura del giorno. E la mite colomba (oh lascia ancora Che 1' anima t' effonda) e il puro giglio, Allor che il rinascente astro l'indora, Ricorreano alla mente ... il pianto al ciglio Dalla dolcezza mi spuntava ... e in core D esser buono giurava al mio Signore. Commosso il veglio al sen recasi e serra L'innocente fanciullo e : Madre, esclama, Quest' orfano tu guarda ! ... oh fa che in terra Serbisi puro, ed ogni casta brama Ripari ognor sotto il nitente velo Di puritade che assicura il cielo Ma ecco allarga la notte il bruno manto, E que' pii fan ritorno al poverello Tetto pregando ... Oh ! sì che il cielo intanto Vi parea scintillar lume novello, Come le stelle ancor, le dolci intese Loro voci, d' amor fossero prese. Questo componimento, non è certo senza mende ; così non parlano i fanciulli. Ma l'onda del verso è sonora; ed oh come in questa semplice poesia si riflette la bella e santa anima del Combi! Quel fanciullo era lui ; questi i suoi sogni ed i gentili ideali e le lagrime nel cimitero di Trieste. E il vecchio che adotta il fanciullo è lui, sempre lui, quale si manifestò fino agli ultimi giorni di sua vita nelle scuole a Venezia, e negli orfanatrofi e negli altri istituti di carità ! Quanta forza, quanta virtù, in un' anima così sensibile, che troppo bene capiva come anche le stelle d'amor fossero prese ! Ora è facile a tutti immaginare quanto dovessero essere negli anni giovanili violenti i mezzi per poggiare sì alto. Insisto in questo pensiero, perchè allora, correvano voci di disinganni patiti, di affetti delusi, e quindi di antipatie profonde. Tutte menzogne ! Come il fanciullo dell' idillio egli intese la vita, credette questo un dovere dopo quella prima allucinazione sofferta nella fanciullezza, e lo compì sempre con quel su^ fermo, ostinato volere. E tale morì senza piegarsi a nessuna Aspasia mai ; soggetto di studio nuovo a pedagogisti, ed a filosofi, esempio raro, freno ai giovani oggi nella baldoria briaca dei sensi. Nella lunga lotta degli anni giovanili ebbe validi conforti e distrazioni da pochi intimi amici, e più ancora dagli studi e dalle nuove preoccupazioni della vita politica. La virtù del Combi non era selvaggia di fatto, od ascetica. Fermo sempre nei principi, assiduo nelle pratiche di una pietà iliuminata e larga, conosceva il pericolo e 1' affron- tava a testa alta, poi tornava alle abitudini del viver sociale, e discorrendo cogli amici d'arte « di artisti pareva tutt' altro uomo. La sua conversazione era quindi brillantissima, faceta ; tra Ini e il padre spesso una sfida esilerante di bei motti, e giudizi e opinioni discusse largamente cogli amici, e nelle controversie una potenza di dialettica rara, temperata dalla gentilezza e dalla modestia, ma ferma e senza umani riguardi per nessuno. Perchè il Combi non era caparbio, come parve qualche volta a taluno; vedeva quasi sempre meglio e più degli altri, ecco tutto; avea la coscienza del suo ingegno, e non piegava quiudi; ma si affannava a rendere chiare e lucide le sue ragioni, e si doleva più per gli altri che per sè stesso, che gli amici non vedessero bene come lui. Ma finita la questione tornava sempre quello di prima, e ci lasciava con uua stretta di mano : non covò quindi odi, e non ebbe nemici. Neil' impeto della discussione, se qualche volta trovava duro, era sempre lui, poveretto, che ci andava di mezzo, con quel suo carattere eminentemente eccitabile e nervoso. Racconterò un fatto caratteristico in proposito. Una volta in Prato della Valle a Padova passeggiava con alcuni amici. Tra questi ce n' era uno, in cui la debole mente nou andava di un passo con la bontà del cuore : caparbio poi all'eccesso. Carlo ribatteva tutte le ragioni di lui, ma 1' altro a ripetere sempre sotto altra forma lo stesso argomento ; anzi vi aggiunse nel calor della disputa il sarcasmo, ed un motto che feriva nell' animo il povero Combi. Qualunque altro avrebbe reagito direttamente. Carlo invece furente e cogli occhi fuori dell' orbita si levò la tuba nuova fiammante, e la scagliò contro il piedestallo della statua d'un procuratore veneto. Era la forza irresistibile, ma frenata dalla volontà e da un gran cuore; la forza irresistibile che si sfoga coi cappelli. E fatti pochi passi, vedendo 1' altro umiliato, confuso, gli si avvicinò ridendo, e quasi quasi gli domandava perdono lui di aver conciato così il suo cappello. Questa rara bontà dell' animo che gli persuadeva sempre l'indulgenza e il perdono, tanto più è da ammirarsi, in lui eccitabile nervoso e dotato di uno spirito di critica acuta e di analisi che gli faceva a un primo sguardo conoscere i difetti del prossimo, e rilevare la nota caratteristica dell' individuo, o come si direbbe oggi la macchietta. Perciò si sentiva inclinato alla satira, e ne diede un qualche saggio nella Porta Orientale del 1856 — Una giornata di Ser Gaspare — Le Scimmie, Quadro ai giovani galanti. Sono felici imitazioni degli autori allora più studiati : il Giusti, ed il Parini ; anzi più che imitazione, un tentativo di assimilare i due generi, il classico e corretto del secondo col lasciarsi andare e le amabili capestrerie del primo, non senza un qualche spruzzolo qua e là del Fusinato e certi accenni al frizzo veneziano. Nou dico che siano composizioni finite; qualche strofa pare improvvisata, e accusa il vuoto riempito con frasche. Ma non mancano le frasi incisive; 10 stile scorre, il riso saltella, le macchiette sono ammirabilmente ritratte dal vero. Noi tutti si sapeva, senza che il poeta ce l'avesse mai detto, chi fosse quel mercante che dava saggio di buon gusto mercantile ridendo o sbadigliando secondo i casi alle proposte di affari. E non mi si venga a chiacchierare di perfetta oggettività nell' arte. 1 Mevi, i Gingillini, il giovin garzone sono sempre un po' il Tizio, Cajo, Sempronio della piazza. 11 merito del poeta sta nel generalizzare i suoi sentimenti, le sue impressioni, le sue antipatie se ne ha ; nell' alzarsi a più spirabile aere ; ma guardando sempre alla terra. Sotto questo aspetto i saggi di satira del Combi nulla lasciano a desiderare; alla fedele pittura aggiunge poi un nobilissimo fine che ancbe da questi versi fa capolino. Lice quindi conchiudere che se il Combi non avesse volo l'ingegno a' studi p:ù seri, e più utili al suo paesS, certo avrebbe anche in questo campo mietuto allori non pochi e duraturi anche dopo la festa. Più tardi, seguendo i nuovi esempi, avrebbe egli imitato certo felicemente quel compatire alle umane debolezze, quel rilevare le contraddizioni tra la coscienza e il dovere che fa nascere un sorriso benevolo, e forma il fondo dell' umorismo moderno, come nei personaggi del Dikens e nel Don Abbondio dei Promessi Sposi, ma senza lo scetticismo heiniano tanto oggi di moda, senza associare la giovialità alle immagini funebri come fanno gli umoristi della scuola dello Scheffel; senza rapidi trapassi, senza saltellamenti grotteschi, minuterie e chincaglierie gotiche di stile che vuol farsi credere oggi italiano, ed è venuto fresco fresco col treno diretto di Norimberga. Finora abbiamo veduto il Combi intento nella casa paterna a' suoi studi legali e di belle lettere nei serali convegni cogli amici, solo di raro pigliando un qualche svago, come nell' anno che i Fiorioli di Padova vennero a Capodistria a visitarlo ; e uel seguente, quando col figlio del Dr. Manzoni, allor giovinetto, e con me restituì in Padova la visita agli amici: sono giorni che ricordo tra i più belli della mia gioventù, ed anche Carlo pareva allora più tranquillo e alquanto ristabilito in salute. Ma tutte queste occupazioni, e gli studi specialmente di belle lettere furono ad un tratto interrotti, e la mente di Carlo si aprì a nuovi e più vasti orizzonti, e ricevette uno speciale indirizzo ; e tutto questo (l'impulso venne veramente dai nuovi tempi) per una frase letta in un libretto allora popolare e che fu la spinta occasionale all' azione. La frase era del Correnti e leggevasi nel Vesta Verde, e la si può leggere sempre. — Gl'Istriani non sono nè carne nè pesce. — Immaginate il colpo che diede Carlo col pugno sul tavolo, e che fece trasalire quelle due care macchiette già da me troppo sfruttate, di Nicoletta e di Ribulla ! Nè carne nè pesce noi! e quel che è peggio quella botta gli era drizzata al cuore da uno che egli venerava quale maestro del nuovo stile. Allora immaginò 'a l'orta Orientale, il Saggio di Bibliografia istriana ed altre opere d'immensa fatica e di erudizione che lo fecero subito salire in fama e in provincia e fuori di scrittore di primo ordine. Di queste opere passiamo ora a dire con la moderazione e i riguardi imposti dalle circostanze. (Continua) ^ ^ ploque talem te praebeas Episcopum, qualem Gentium Àpostolus Paulus Episcopum esse oportere, suis Epistolis ad Timotbeum praesertim, indicavit. In Nomine Patris et Filii et SpUs Seti Amen. In quorum fidem Dat. Rornae in Con tu uro S. Mariae supra Miuervam die 5: Iunij. Ali. 1776. Fr. loanues Thomas Card, de Boxadors Mag. Ord.s fr. Dominicus Vinc. Maria Bertucci Mag. Piovlis Daciae et Socius.„ RINGRAZIAMENTI Il Municipio di Capodistria nelle innumerevoli dimostrazioni di sentito cordoglio direttegli da ogni dove iu questi giorni, si compiacque ravvisare il più meritato degli onori, resi al compianto Concittadino Cav. Carlo Combi. E nell' impossibilità di corrispondere a tante prove di condoglianza, la sottoscritta, a nome della Città, | esterna pnblicameute la sua più viva riconoscenza ai i Municipi, Società, Istituti, Rappresentanze, publica Stam-j pa e privati Cittadini, i quali tutti, con delicato sentire I condivisero il suo lutto. — Capodistria, Settembre 1884. La Deputazione Coni. Venezia 20 settembre 1884. Ancora dello Stratico Il Generale dell Ordine de' Predicatori l al P. G. D. Stratico vescovo eletto di Cittanova in Istria') Jn Dei Filio Sibi Dilecto R. A. P. M. Fr. Ioanni Dominico Stratico Provae Urae Romauae Ord. F. F.Prae-dicatorum. Fr. loanues Thomas tit. S. Xysti S. T. E. Presb. Cardinalis de Boxadors eiusdem Ord. universi humilis j Magister Generalis et Servus salutem in Domino. Qùodiam iuxta Constitutiones nostras Dist. seeunda ì Cap. XIII Text. V quicumque absque nostra vel sui Pro-vincialis Lieentia Praesulatum receperit, suffragiis, socie-tate et omnibus beueficiis Ord. m-i iu morte et in vita privatur : tu R. A. P. M. Fr. loanues Dominicus Stratico supramemoratus, qui Aemouiensis in Istria Episcopus a SSmO Dno Nro Pio VI P. M. nominatus fuisti, eiusmodi suffragia magnifaciens eorumque communione ac partici-patione privali noleus, tuain item in Nos obsequeutem voluutaiem ostendere cupiens, Liceutiam ptam tibi dati desiderasti, ac a Nobis tuis Litteris petiisti. Nos itaque fructum anftnarum iu ,'praefata Aemouiensi Urbe ex tua promotione atque conversatione sperantes, facultatem et Licentiam quantum in Nobis est, acceptaudi atque suscipieudi praedictum Episcopatum tibi tenore pntium concedimus ; suffragiis vero, mentis et beueficiis Ord.te non modo non privari, sed eorum maiori cumulo te ditari ac numerari in tuae obedientiae meritum volumus, et quautum in Dno valemus, eoucedimus. Hortamur nihiiomiuus te, et per viscera misericordiae Dei nostri etiam rogamus, ut bonae et religiosae educationis numquam oblitus, verbo exern- ') Documento favoritoci dal nostro corrispondente di Portole sig. G. V. — All' Onorevole Direzione del giornale La Provincia dell' Istria Commossi dalle prove eli alta stima e di affetto per 1' indimenticabile e amatissimo nostro congiunto Carlo Combi che dalla illustre Città di Trieste e da tutte le altre nobili Terre dell'Istria ci pervennero in questi giorni di dolore, e delle onoranze che si resero, con gentile pensiero e cou islancio d' amore, alla memoria di Lui che tanto amò, in vita, il suo Paese — compiamo il dovere di rendere pubblicamente le più sentite grazie per tante e così nobili dimostrazioni il cui ricordo, soave lenimento all' angoscia che ci opprime, non si cancellerà mai dal nostro memore cuore. Alle Rappresentanze Comunali di tutta la Provincia, alle Società di Trieste e dell'Istria, che vollero essere rappresentate ai funerali inviando, a commovente dimostrazione di lutto, bellissime corone, agli egregi cittadini tutti i quali con affettuosi telegrammi, con lettere nobilissime dimostrarono di condividere il nostro sommo dolore, siano rese grazie vivissime. Alla pubblica stampa, che non fu seconda ad alcuno nel commemorare, con articoli generosi, con iscritti dettati dal cuore, le preclare virtù dell' estinto, — l'e-spressione della nostra viva riconoscenza. Uniti nella memoria del diletto fratello che ci ha lasciati, noi, nati sotto uno stesso cielo, piangiamo sulla recente tomba, e troviamo solo conforto nella concordia del comune dolore. Con riconoscente affezione e sentita stima : devot.mi obbli.mi la sorella Anna de Combi-Sossieli il nipote Guido Sossich anche a nome della rimanente famiglia 2ST o tìzi e L' ultimo numero del nostro periodico (16 Settembre) fu sequestrato per ordine dell' I. R. autorità politica. L' I. R. Tribunale provinciale ha pronunziata la seguente decisione che togliamo dagli atti ufficiali pubblicati nell' Osservatore Triestino n. 221 del 25 Settembre p. p. N. 6253-826 316. Decisione In nome di Sua Maestà 1' Imperatore L'I. R. Tribunale provinciale qual giudizio di stampa in Trieste, deliberando sulla proposta dell' I. R. Procura di Stato d. d. 20 coir N. 2254-1192 dichiara: Costituire '.'articolo „Carlo Combi* inserito nel periodico "La Provincia dell' Istria" N. 18 uscito a Capodistria li 16 Settembre 1884 gli elementi oggettivi del crimine di perturbazione della pubblica tranquillità prev. al § 65 C. p. Confermarsi il praticato sequestro, vietarsi 1' ulteriore diffusione di detto stampato ed ordinarsi la distruzione degli esemplari appresi e da apprendersi, passata che sarà in giudicato la presente decisione. Trieste 22 Settembre 1884 Il N. 18, 25 m. d. del periodico Patria venne sequestrato per ordine della locale autorità politica. Le fuuebri onoranze destinate dalla deputazione comunale di Capodistria pel giorno 18 m. d. iu commemorazione di Carlo Combi, vennero interdette dalla locale autorità politica. Veniamo a rilevare come 1' Imperiale Demanio, tra le Carte di amministrazione economica degli antichi nostri Monasteri, soppressi dal I. Napoleone, conservi forse aucora altre frammischiate Carte di privata natura, come sarebbero componimenti scritti, lettere, note, annotazioni, e sopratutto Stampati di patrio interesse.-- Sarebbe voto dei raccoglitori di patrie memorie di vedere gli at= tuali rimasugli, tra quali, e precisamente nel gruppo San Francesco, potrebbero trovarsi i celebrati due primi Stampati, i quali avrebbero veduto la luce a Capodistria, e dei quali fa cenno l'Egregio Cavaliere Tommaso Luciani nel Numero primo Settembre p. p. della Pro-viacia.— Sarebbe desiderabile, che il Lodevole nostro Municipio, volesse all' uopo attivare opportune pratiche appo la Imperiale Direzione Provinciale di Finanza a Trieste. Lettere agricole istriane. ni. Portiamoci in un orizzonte più sereno, ed intratteniamoci questa volta della viticoltura, che oggi, per il modo con cui viene trattata, in alcune parti, anche estese della nostra Istria, può dirsi senza esagerazione degna d' ogni encomio. Se noi infatti imprendiamo a percorrere la costa Istriana, i territori di Capodistria, Isola, Pirano, Umago, Parenzo, Dignano, e non pochi altri ancora, hanno la coltivazione della vite specializzata a vigneti regolari, a ceppaja unica, a palo secco, col tralcio al frutto tenuto orizzontalmente, o inclinato in basso, la lavorazione del terreno fatta accuratamente, sia a mano che coli' opera delle macchine. 11 vizzato predominante è il Refosco, che nella bassa Istria si chiama Terrano, fra i quali due tipi è minima la differenza. Altre varietà di viti importanti si coltivano nella nostra provincia : per esempio ci sono delle squisite varietà bianche, a grappolo rado, di cui si costuma fare una specie di viti santo, chiamato volgarmente liquore, che per il suo titolo alcoolico si potrebbe paragonarlo al sunnominato ; ma che in realtà è un vino da dessert. L' ho chiamato vino santo, poiché il modo con cui viene confezionato corrisponde perfettamente a quello che viene tenuto dai Toscani a preparare il loro, e di cui ne fauno uu esteso commercio. Per la qualità del vino aromatico che danno e per ia loro produzione, ci sono altri vitigni importanti, così ad esempio i vini di S. Vincenti, Canfanaro, il vino Uosa di Dignano, souo tutti vini squisiti, profumati, di fine abboccato; tanto che il citato vino Posa, cui ho potuto assaggiare elaborato con sistema razionale, potrebbe competere senza altro col Barolo. Questi sono esempi che non si possono dimenticare, avvegnaché si addimostrino 1' attitudine di quasi tutti i nastri terreni istriani a produrre delle eccellenti qualità di vini, e quello che più importa, che di varietà buone ne teniamo già in casa, senza ricorrere altrove. Quanto riguarda il sistema di coltivazione della vit^>, in generale si può dire e ripetere, che è buono nei teiritorii dove è più estesa la vite. Nel territorio di Pirano, il centro principale della coltivazione, l'abbiamo nella valle di Siciole, dove la vite a ceppaja unica ed a palo secco, viene tenuta ad un metro di distanza. Molti potrebbero obbiettare, che questa distanza è troppo piccola per lare dei buoni vini ; ma considerata la posizione della valle, il terreno ristretto, relativamente al numero dei proprietari, ecc. è chiaro che ci si abbadi più alla quantità che alla qualità del vino prodotto. Un vantaggio della valle di Siciole è quello ancora, di portare a maturauza I' uva 10 giorni prima di qualsiasi altro luogo della Provincia, cosicché uua gran parte del vino, viene venduta allo stato di mosto a Trieste. Non è a dire che molti approfittino anche troppo di questo vantaggio, ed anticipino la vendemmia più di quanto sarebbe consentito dalle buoue pratiche dell' enologia, ed a scapito molto spesso del buon nome del vino, ciò che vale non poco in commercio. Per sanare a questo male, ho udito ripetere che alcuni volevano proporre P introduzione delle prescrizioni della vendemmia, cioè di designare ufficialmente il giorno in cui si dovrebbe incominciare la vendemmia. Questa proposta non ha attecchito, e credo uon verrà accettata mai; difatti sarebbe una restrizione alla libertà individuale ed anche un danno al commercio vinicolo, tntto speciale di Pirano. Le cantine che si rispettano, infatti, sono presto conosciute anche dai mercanti. Sul sistema di tenere la vite in Istria, due sono gli appunti che si potrebbero fare, e di cui si potrebbe tener calcolo. Il primo si è quello, che nella potatura a secco, nou viene lasciato che molto raramente lo sperone, il secondo nella cimatura troppo esagerata. Se noi alla base del tralcio a frutto che pieghiamo orizzontalmente, lasciamo due <> tre gemme dell'altro tralcio, succede che da queste si sviluppano dai tralci più vigorosi e che crescano non a scapito del tralcio a frutto; perciò una maggior quantità di succhi andrà ad alimentare i grappoli, e d'altra parte così prepareremo per il prossimo anno dei tralci a frutto ben nutriti. La questione della cimatura della vite è ancora controversa. Molti scrittori di viticoltura la vorrebbero, altri vi sarebbero contrari. Io credo che una cimatura moderata sia sempre vantaggiosa e preferibile; le coltivazioni forzate degli alberi da frutto ce ne danno una prova. In Istria però si esagera, si lascia uua, due foglie sopra il grappolo, ed il rimauente viene soppresso. Se noi invece facciamo un po' di ragionamento fisiologico, troveremo che lo zucchero di cui si arricchisce 1* uva, viene elaborato nelle foglie. Se ciò è vero, è naturale d' altronde che quanto più povera renderemo la vite di foglie, tanto meno zuccherina avremo 1' uva. Noi potremo togliere però le foglie dell' estremità dei getti, in quanto, tutto lo zucchero da loro elaborato viene trattenuto da loro stesse, per il loro individuale sviluppo, mentre d'altro canto si concentra la linfa della pianta in una miuore lunghezza di tralci. Dunque per ottenere uu vantaggio dalla cimatura, non bisogna cimare appena a uua foglia sopra 1' ultimo grappolo, ma bensì sopra almeno il secondo nodo, con che si otterrà un viuo meno ricco di acidi e più alcoolico. La lavorazione del terreno nei vigneti istriani, vien fatta in alcuni luoghi a mano, in altri coli'aratro, f,ol-1' estirpatore ecc. L' aratro comunemente usato è il uo.'.tro antico, romano; soltanto ora i più accorti viticultor!'cominciano adoperare aratri speciali per vigneti e di questi specialmente quello del Prof. Hugues, che fa un lavoro meraviglioso, e di cui intendo parlare iu altra di queste mie corrispondenze. L' estirpatore casalese è poi adoperato ancora più, tanto che i contadini uua volta che hanno cominciato adoperarlo nou vogliono più rimetterlo. A proposito della lavorazione del terreno con mac-chiue, ho visitato l'estesa azienda viticola del signor Andrea Danelon a Parenzo, la quale merita d' essere conosciuta da tutti gì' Istriaui, per la razionalità cou cui viene tenuta. Sta bene ricordare ancora, che il sullodato signore, fu uno dei primi agricoltori della bassa Istria, che specializzò a vigua i suoi terreni. Questo proprietario, visto che i suoi campi coltivati a granaglie ed a filari di viti maritate agli olmi, e qua e là frammischiati da piante di gelso, corrispondevano poco nella reudita, pensò per il primo di tenere le viti a sistema Guyot, combinando però in modo, da poter fare la lavorazione del terreno coli' aratro. Le sue viti, sostenute da pali secchi, sono a filari distanti 3 metri uno dall' altro. Vista però la scarsezza sempre crescente, e la conseguente carezza dei pali, pensò di stendere le viti sopra fili di ferro, ciò che gli permise, per sua stessa confessione di estendere di molto nuovi impianti di viti, chè altrimenti non gli sarebbe stato possibile, e per le ragioni dette, e pel conseguito risparmio di mano d'opera. Il terreno vien lavorato «oli'aratro comune mediante buoi, così pure per estirpare le erbe e per miuuzzare il terreno, si serve molto vantaggiosamente degli estirpatori casalesi. È sua intenzione però di adoperare degli aratri per vigneti speciali, come sarebbe quello del Prof. Hugues. La maggior compiacenza che si prova, visitando l'azienda del sig. Danelon, si è quella di vedere 1' uniformità dei lavori, la lavorazione accuratissima del terreno, la bella e sapiente disposizione dei vigneti, allo scopo di evitaro la minima perdita di tempo nella lavorazione. Mi sono creduto in dovere di ricordare particolarmente questo signore parenzano, non solo per il merito speciale ch'egli ha in siffatta coltura, ma per il gran bene ch'egli ha fatto coli'esempio al suo paese; chè dopo lui, molti altri lo imitarono ; sicché col proprio egli fece auche il vantaggio degli altri. F cou questo signore, che io appena conosco, ma che molto mi ha edificato, per quel tanto che ho veduto coi miei propri occhi, chiudo la presente, facendo voti, che ogni nostra cittadella possa avere un agricoltore quale è il sig. A. Danelon, al quale anche da lontano, scevro da piaggierie e adulazioui, di cui non sono capace, mando un cordiale saluto. D. Dr. T. Appunti bibliografici Besenghi degli Ughi. Poesie e prose pubblicate per cura di Oscarre de Hassek. Trieste. Tipografia Balestra, 1884. Per iscrivere uua buona monografia ci vuole anzi tutto piena conoscenza del soggetto che si ha a trattare, poi una certa inclinazione, quasi direi, affetto alla persona e ai luoghi che si vogliono illustrare, e da ultimo una naturale attitudine a questo genere di studi. li signor De Hassek, non c' è alcun dubbio, possiede in grado eminente le due prime qualità. Con molta pazienza riunì quanto gli fu dato di raccogliere del poeta istriano ; e se di qualche fatto importante ha tacciuto, non glielo si deve imputare a colpa; perchè 1' opinione pu-blica, su certe avventure del bizzarro nostro scrittore è tuttora così ombrosa, così permalosa (e 1' egregio De Hasseck ben lo sa per esperienza) che meglio persuade il silenzio. Nato poi ad Udine da patrizia famiglia straniera, per lunga dimora nell" Istria ed a Trieste, naturale capitale dell'Istria, ben può considerarsi dei nostri ; e 1' affetto per questa seconda sua patria adottiva traspira efficacemente quasi da ogni pagina del suo scritto. Anzir o felix culpa, quasi direi, che 1' affetto al nostro paese, manifestato nella monografia, torna a danno delle doti intrinsiche del critico (le quali però sono sempre buone, se non proprio ia grado eminente) e ciò per le vivaci descrizioni, per gli affettuosi ricordi, per la soverchia soggettività con qualche scapito di quella fredda ed imparziale compressione, di quell' esame acuto senza frondosità estetiche che oggidì più che mai si richiedono nel critico. Opportunissima poi fu questa raccolta delle poesie e delle prose del Beseughi : rarissime erano in Provincia le copie di una vecchia edizione fatta in S. Vito del Tagliamento ; e ben poco conosciuto quindi fuori della provincia il suo nome, degno di fama migliore. La monografia è preceduta da una, anzi due prefazioni, inutili forse; seguono le poesie, quiudi le prose con note opportune, da ultimo 1' epistolario. In questo mi piace notare la mancanza di brevi note. Le persone, se anche oscure, alle quali un letterato ha diretto un suo scritto, assumono per un momento una certa importanza; anzi qualche volta la conoscenza di queste può tornar utile alla storia letteraria; perchè serve a completare il giudizio che abbiamo a for- ! mare dell' autore stesso. Così si usa generalmente; ! ed anche lo Sforzi ha testé corredato di buone note in questo senso l'epistolario del Manzoni. Così 1' opera ci guadagna in varietà : nella monografia, come si è detto, 1' esame serio ; in queste noterelle invece le piccole notizie, le analisi minute che daranno occasione ai larghi giudizi ; il pettegolezzo letterario, quell' amabile causerie, come dicono i nostri fratelli in latinità, e che rende tanto seducenti i loro libri anche se gravi, e la loro lingua per ispigliatezza la prima del mondo moderno. Chi erano poi il Brovedani, Pierviviano Zecchini, Ser Momolo Mamolo, e don Pietro Marco-lini ed altri moltissimi menzionati dal Besenghi nelle sue lettere o ne' suoi scritti ? Ne ho già detto qualche cosa in alcuni frammenti d' uno studio sul Besenghi ;1) e il De Hasseck potrà, se crede, giovarsene in una seconda edizione. Ser Momolo specialmente non è nome da lasciar passare inosservato. Fu letterato notissimo ai suoi tempi, autore di un trattato d'estetica — Calofilia ; — ricordato anche oggi a Portogruaro e in tutto il Friuli. Pierviviano Zecchini di San Vito del Tagliamento autore di un' opera — Quadri della Grecia moderna — e d' altri scritti importanti meritava bene una note-rella. Così l'Orlandini morto a Prodolone villaggio ad un miglio da San Vito; e nella cui vita randagia e bizzarra tanto si specchia il Besenghi. Il Brovedani, prima di ottenere il benefizio di Bagnarola, fu oratore tra i primi del suo tempo. Don Pietro Marcolini di Castions di Casarsa, uomo balzano, ma d'ingegno, fu per molti anni professor di grammatica nel Seminario di Portogruaro. Avea una predilezione speciale per la geografia; e noi ragazzi lo si chiamava perciò Penisola, anche per distinguerlo da altro professore omonimo che inspirò pur troppo allo scrivente il primo saggio di 1) Vedi „La Provincia" X. 11 e 22. Anno 1882. satira, con relativo processo e prigionia di tre giorni a pane ed acqua in camerotto. JSaturam ex-pelles . . . con quel che segue. Altre noterelle invano si ricercano sotto altri scritti del Beseughi, e che pur non erano meno opportune. Del giornale — La Favilla — di fama italiana, conveniva più diffusamente rammentare gì' intendimenti, le vicende ed i collaboratori. Del Lugnani, bersaglio alle ire del Besenghi, si possono, anzi si devono tacere molte cose ; ma nou una circostanza importante per la storia letteraria. Fu autore di certe strambe tragedie; ed avendo, dopo di lui il Niccolini trattato un argomento affine, i detrattori dell' illustre poeta tacciarono questo di plagio. Anzi per fargli maggior dispetto, il Cico-gnani ristampò a Firenze le tragedie del Lugnani. Se ne lagna il Niccolini medesimo nel suo epistolario. «Eccomi ladro, scrive egli, senza saperlo, giacché non sapevo che questo miserabile componimento esistesse". (Vedi Epistolario del Niccolini ediz. Le Monnier voi. II pag. 60) Ed altrove ,11 Cicognani ba stampato Steno e Contarena con una prefazione in cui mi accusa di plagio d'una cosa che io non conoscevo (Idem. voi. II pag. 69)'). Tutte queste ed altre sono omissioni di fatti i quali, se hanno solo un valore secondario, giovano però1; come ho detto, a dare varietà all' opera, e a mettere in pieno lume il lodato. Con queste noterelle potrà anche il chiarissimo autore ingrossare il volume, meglio che con digressioni liriche e cou citazioni di versi del Besenghi stesso che dovrebbero togliersi o tutti o in gran parte dalla monografia. La quale non perciò perde del suo valore intrinseco di sopra riconosciuto, onde ne viene lode ai bravo De Hassek. La bellissima edizione del Balestra dà poi al libro 1' aria di modernità necessaria oggi a rendere commerciabile il volume. La zecca dei Patriarchi d'Aquileja. Studio di Alberto Pusclii. Trieste Tipografia del Lloyd Austro- Ungarico. 1884. Opuscolo di pagine 63. Questo studio è estratto dal programma del Ginnasio Comunale superiore di Trieste. „Alla zecca dei Patriarchi, scrive 1' autore nella prefazione attesero non pochi scrittori del secolo passato e de' nostri giorni, fra i quali meritano di essere ricordati il Bertoli, il Muratori, il De Ru-beis, il Liruti, il Carli, il Gradenigo, lo Zanetti, e sopra tutti il Luschin ed il Kunz che trattarono particolarmente de' primi denari e dell' origine dell' officina monetaria aquilejese, conformando le loro 1) Vedi il mio articolo — Niccolini e Lugnani — nella «Provincia" 16 Ottobre 1869. investigazioni alle leggi della critica." Quindi il Puschi modestamente aggiunge di aver fatto del suo meglio, condensando in poche pagine quanto si trova nelle opere di tanti autori diversi, ed i risultati delle sue proprie ricerche. Rese le debite grazie al Kunz, all' avvocato Carlo Gregorutti, al loppi, al Luschiu pei ricevuti favori, avverte il lettore che i cenni storici, premessi alla descrizione delle monete de' singoli patriarchi, furono tolti dalle opere del Palladio, del de Rubeis, del Mancano, dell'Antonini e del Czoernig. Ciò premesso, il chiarissimo autore entra in argomento, trattandolo con ordine e con chiarezza. Perciò in qualche punto controverso, dopo aver recato l'opinione altrui, e discusso il prò e il contro, modestamente insinua il proprio giudizio. Le citazioni, come avviene in sifatti studi, sono frequenti, ma non inutili ; nè quasi mai il lettore si sente aggravato da quel sistema di superfetazione, che trova il destro di parlare di tutto addentellando questioni e questioni. Di studi etimologici solo si giova quel tanto che basta a portar lume nell' argomento : così nelle ricerche dell' origine del marco di Frisacco, e della marca. Estraneo a tali studi, non dovrei veramente metter bocca in argomento; pure non dispiacerà forse all'autore sapere che nel Friuli c' è pure un Frisanco c' Fri-sacco, piccolo villaggio nel distretto di Maniago. Non voglio già dire con ciò che i marchi di Fri-sacco si coniassero colà ; ma se non altro ciò potrà dare occasione a chi sa quali investigazioni. Che la parola marco o marca sia antica, si può provare anche coi versi seguenti di un poema inglese, dove contro la depravazione della curia romana si legge : Nummus est prò numine et prò Marco marca, Et non est minus Celebris ara, quam sit arca.x) Ben fece anche il Puschi a trattare in questo studio delle monete battute dai Vescovi di Trieste, in così stretta relazione coi Patriarchi e con la zecca di Aquileja. E appunto per tirar 1' acqua al mio mulino, qui mi giova riferire il giudizio dell' autore sul vescovo Rodolfo Morandino dei Pe-drazzani il noto chiamatore dei Soncinesi a Servola. ^Siffatta uniformità di lavoro, scrive il Puschi, con le monete del patriarca ci fa ritenere che questo denaro sia stato battuto ad Aquileja, forse al tempo in cui il vescovo Rodolfo era in lotta col comune per la rivendicazione dei diritti baronali che Brissa 1) Alessandro d'Ancona. La politica nella poesia del secolo 13 e 14. — Nuova Antologia. _ CAPOD1S1K1A, Tipografia di Cario priora. di Toppo aveva alienati. A tal fine egli aveva cospirato con Marco Ranfo, e nella speranza di raggiungere l'intento aveva forse in precedenza fatta approntare questa moneta, acciocché fosse nel momento opportuno solenne attestazione di suo dominio. Ma vietandogli la precedenza di far eseguire il lavoro nel proprio palazzo, ei ricorse all'officina dell'amico patriarca, che senza dubbio era consapevole de'suoi raggiri." Il bellicoso vescovo adunque avrà chiamato probabilmente intorno al 1806 i coloni di Soncino, addestrati per le continue baruffe tra Guelfi e Ghibellini nel maneggio delle armi, e che si potevano benissimo, al momento opportuno, mutare in buoni soldati. Ed anche oggi parmi che i contadini di Servola conservino qualche indizio della vecchia razza, e in loro si riscontrino certe differenze dagli altri mandrieri, degne di studio all' attento osservatore. L' opuscolo si chiude con la caduta del poter temporale del Patriarca (1445) il quale ritenne la giurisdizione temporale solo sulla città d'Aquileja, e le terre di San Vito al Tagliameuto, e San Daniele nel Friuli. Rimane al lettore la curiosità di sapere se e come i Patriarchi abbiano poi battuto moneta per questi luoghi del loro ristretto dominio. Invece il Puschi finisce il suo studio, determinando il valore intrinseco dei denari, e ritornando così su' suoi passi. Pure da principio bene aveva preso le mosse con opportune osservazioni d'ordine generale; con quattro periodi potrà anche alla chiusa appagare il lettore; affinchè il suo bel lavoro non somigli alle case del napoletano che, viste di lontano, pa-jono tutte senza tetto, e come statue decapitate. È un' inezia, è una ragione d' arte s'intende ; ma 1' egregio Puschi è uomo di appagare anche le fisime dei letterati di vecchio stampo. P. T. Gian' Pietro De Franceschi Nel giorno 30 agosto moriva questo egregio istriano, primogenito di Carlo De Franceschi, venerato nostro storiografo. Ei toccava appena il trentesimo anno e aveva saputo cattivarsi affetto e stima per le virtù dell'animo e dell'ingegno. Le lagrime dei congiunti e dei conterranei furono all'indimenticabile estinto tale elogio che ogni altro sarebbe vano. l'iatro ll.iJouuzi — Anteo Gravisi edit.» redat. responsabili.