L' ASSOCIAZIONE per un anno anticipati f. 4- Semestre e triraestrein proporzione. Si pubblica ogni sabato. I. ANNO. Sabato 1.° Agosto 1846. M 49—48. Condizione religiosa in Capodistria, alla fine dello scorso secolo. .41 Dr. M£andler TRIESTE. Poiché le piacque, chiariss. Signore, d'indirizzarmi, con esuberanza di gentilezza nel suo numero 33-34 dell' Istria, una eruditissima lettera concernente Capodistria, mia patria carissima, e quindi con la vastità delle sue cognizioni abbracciare l'interessante storia di tutta la nostra provincia, è mio dovere di ringraziamela, lieto di averle dato, comunque siasi, occasione di svolgere quell'argomento. Ed avendo Ella inoltre nei numeri 26-27, e 28-29 dati dei ragguagli tanto sul Collegio de'nobili quanto sui Conventi in Capodistria stessa, non le sarà, spero, rin-crescevole, se traggo partito dall'obbligo sì aggradevole di rispondere a quella sua lettera, per aggiungere, quasi a proseguimento, un prospetto della condizione religiosa in quella città, al finire dello scorso secolo, vale a dire al cessare del veneto dominio, e poco dopo, fino alle innovazioni del governo francese nel 1805 e 1811, in cui rimase interamente rovesciato 1' antico edificio sociale anche nelle nostre contrade. Il che mi sembra tanto meno da trascurarsi, che le condizioni religiose anche in Capodistria, ed a quell'epoca, come sempre e dappertutto, trovansi potentemente compenetrate, ed influenti, sull'educazione, sui costumi, e per conseguenza sul corso della civiltà, ne' suoi sviluppi. Anzi fra noi e ai nostri tempi ci mostrano un quadro della società tanto più rimarchevole, quanto che l'Istria veneta, di cui Capodistria meritamente godeva il primato, passò dal cadere di quella repubblica in poi, in un tratto e senza transizioni preparatorie da un sistematico stazionamento ad un'improvvisa rapidità di progressive mutazioni. Quindi è che ci offre più di tanti altri paesi l'evidenza de'contrasti fra le attualità tutte movimento, ed il passato tutto calma. Del qual passato, nel vortice de'cangiamenti, vanno perdendosi fin le prossime tradizioni. Mentre d'altronde il conservarle, comprenderle, e giudicarle ci darebbe la chiave dei metodi tenuti dai nostri padri; e mercè un paragone scevro del pari da diatribe e da apologie, ma storico ed imparziale, si arriverebbe, con la possente eloquenza de' fatti ad utili riflessi, addentellature, e lezioni. Pertanto Capodistria, citta cattolica e Vescovato fin dal principio del sesto secolo, aveva, entro le sue mura, intorno il 1800, con 5 a 6 mila abitanti le seguenti 11 Chiese sacramentate: 1. Il Duomo, o cattedrale, con Vescovo, Capitolo, e Clero relativo. — L' ultimo vescovo, residente in Capodistria fu il Camaldolese Bonifacio Da Ponte, morto nel 1810 in gran concetto di sapienza e di santità. Al Duomo era, ed è tuttavia annessa la Cappella della B. V. del Carmine, che ne forma il Battisterio. Al vescovato s'univa il Seminario, con sua Cappella esso pure. 2. La Chiesa di S. Basso martire, detta volgarmente dell'Ospitale —succursale del Duomo; che posta presso la porta di terra della città, serviva e serve ancora, tanto ai cittadini, che al contado. 3. S. Maria Nuova — annessa al Collegio degli studi, con Cappella interna per i convittori, appartenente ai Padri Scolopi, di cui si parlò nei numeri 26-27. 4. S. Domenico — col convento dei Padri Predicatori, della riforma dal B. Jacopo Salomonio, detti volgarmente Gavotti (dal nome di altro loro riformatore provenzale), e connessi con quelli de'Gesuati sulle zattere a Venezia (così chiamati dall' ordine del Gesù fondato dal B. Giovanni da Siena; convento soppresso, onde impiegarne i beni nelle spese per la guerra di Candia, e dato poi ai Domenicani). — Ora questa località è ridotta a carceri criminali. 5. S. Francesco — col convento dei Padri Minori Conventuali — ora Capo-scuola. 6. S. Gregorio —col convento de'Padri Francescani Terziari in lingua illirica, specialmente dedicati ai villici slavi, che frequentano la città. Ora il locale è addetto al militare. 7. S. Anna —col convento de'Padri Minori Osservanti di S. Francesco ; tuttora esistente. 8. I Cappuccini — tuttora esistenti ancor essi. Inoltre i due conventi di monache. 9. S. Biagio —delle Madri Agostiniane; ora abitazioni, e chiesa dell' oratorio. 10. S. Chiara — delle Madri Francescane Clarisse. — ora caserma. 11. S. Lorenzo — chiesetta patronale situata per singolarità, in un primo piano, per essere sopra una delle porte della città, come diremo più sotto. Di più, vi erano le Scuole laiche o Confraternite, con proprie Cappelle, che erano anche sale di radunanza, e deposito di suppellettili, sovente assai belle e pompose per le pubbliche processioni, ed altre funzioni ecclesiastiche, cioè: 1. Del SS. Sacramento, principalmente de'Nobili. 2. Di S. Antonio Abbate — de' commercianti e notabili. 3. Della B. V. de'Servi, nella gran Chiesa già appartenente all'abolito convento de'Serviti; degli artisti, agricoltori ed altri. 4. Di S. Barbara e S. Cristoforo — de'bombardieri, 0 milizie urbane. 5. Di S. Nicolò — de' marinari. 6. Di S. Andrea — de'pescatori. Per lo più in ciascheduna Scuola si affratellavano degli individui di cospicue famiglie, che per continuate elezioni ne divenivano i capi; e rappresentavano così un patronaggio con sua clientela, in un gruppo. 7. Vi erano ancora altre Chiesette o Cappelle di patronati particolari, e fra queste: 1. S. Nicolò, in contrada Zubenaga, mantenuta dai marinai, de' quali abbiamo già mentovata la Confraternita ; e tuttora esistente. 2. SS. Trinità, patronato della nobile famiglia dei Conti Borisi; e tuttora esistente. 3. S. Giusto martire, patronato della nobile famiglia de Belli; e tuttora esistente. 4. La SS. Annunziata, patronato della nobile famiglia Madonizza; chiusa da pochi anni. 5. e 6. S. Dionisio e S.Giovanni Battista, atterrate, per ingrandire il così detto Brolo, o piazza d'armi. 7. S. Giacomo, ridotta ad uso di tenere gli attrezzi della Confraternita del SS. Sacramento. Inoltre: S.Antonino, e S. Maria dell'Oratorio,o la Rotonda — Confraternita minore. — La SS. Concezione, cui aggregavansi le dame, aveva il suo altare di devozione nella Chiesa di S. Francesco. Finalmente sulle porte della Città si erano erette delle vòlte, entro le quali, ascendendo per delle scale latenti al sommo dell'arco vi erano delle Cappelle, ai Santi protettori del luogo — vale a dire : 1. Porta Isolana: S. Sofia. 2. Bossedraga: S. Lorenzo, già mentovato. 3. Porta S. Pietro: S. Stefano. 4. Porta S. Tomaso: S. Tomaso. 5. Porta Ognissanti: Tutti i Santi. 6. Ponte piccolo : S. Margherita. 7. Porto: S. Martino. Scorgesi da ciò, che l'elemento religioso costituiva la base del sistema sociale d'allora; e presiedeva, invece che alla centralità, ad una serie di associazioni o aggruppamenti che ripartivano, addentellavano, e tornavano ad unificare la città e gl'individui; le classi e le famiglie; 1 ranghi e gli uffici; i notabili e il popolo, sotto l'invocazione de'Santi. La sorveglianza, o come oggidì si direbbe la controllerìa per promuovere il bene e frenare il male nasceva da sè con la gara di emulazione, e la rivalità del clero secolare a fronte del regolare; del Collegio col Seminario; degli ordini monastici l'uno con l'altro; delle arti, delle professioni, delle famiglie fra di loro, secondo che si affiliavano all'uno o all'altro di que'centri. La quale controllerìa era tanto più influente, che in allora le relazioni sociali stringevano i membri d' ogni singola corporazione, non che tutte le corporazioni fra loro, mediante una successione di gradi, che ne formavano un tutto compatto di patronati e clientele, da cui ne derivavano armonia d'interessi e di mire; e per così dire una rete di superiorità e dipendenze, in cui v'era posto per tutti. Ne risultava così un utile impulso a sostenere il proprio decoro e splendore in ciascuna classe, che si spiegava in fabbriche ed elemosine, ed in protezione reciproca dei diritti. Fra gli ecclesiastici, senz' altro numerosi, se ne incontravano sempre di dotti e pazienti, che già abbastanza retribuiti e soddisfatti nella loro carriera, davano alla gioventù istruzioni private, amorevolmente, paternamente, di scienze e di lettere, e spesso ancora di musica. II Collegio ed il Seminario, a gara principale l'uno con l'altro, erano già per loro natura forniti di abili professori, di biblioteche e raccolte. Ogni convento aveva un poco di libreria e qualche bravo frate, che del pari istruiva, per lo più i giovinetti abitanti nel vicinato, che v'accorrevano volentieri, allettati dalla parte che loro si dava come accoliti nelle funzioni di Chiesa, sempre maestevoli e decorose. Così di contrada in contrada principiavano ad educarsi i fanciulli senza incomodo per la contiguità, e senza spesa per le condizioni; onde poscia o passare alle professioni che richieggono pochi studi; o convergere al Collegio, donde poi i migliori compivano in Padova il corso delle Facoltà ; o al Seminario, donde sortivano Sacerdoti. Si noti in aggiunta che tanto gli Scolopi, che gli altri conventi solevano per così dire reclutarsi gradatamente secondo i bisogni dai rispettivi Generalati, o Provincie d'Italia. Così si avevano sempre quà e là de'nuovi venuti che portavano seco le idee e le scoperte più recenti, e naturalmente diflondendole con l'insegnamento o con la conversazione, tenevano a giorno il paese dei progressi nelle scienze e nelle arti. E come i monaci s'applicavano con predilezione all'agricoltura sia nei loro orti, sia nei loro poderi; così gli scolopi per loro istituzione preferivano le scienze fisiche. Perciò s'aveva sovente fra essi qualche abile Botanico, o Meccanico, o in altri rami di studi matematici e naturali versato, che spargeva consigli ed ammaestramenti vantaggiosi alle diverse classi di persone. Nei due conventi di Monache si ricevevano delle Educande, e così anche l'istruzione femminile veniva impartita convenevolmente. Mansionerie e Canonicati di principali famiglie guarentivano al Clero degli individui della classe notabile, il che contribuiva a sostenerne la dignità; e l'esempio veniva imitato da minori casate, che miravano a ritrarre splendore da un proprio Sacerdote. I conventi dei Minori Osservanti e dei Cappuccini menando vita assai frugale e ristretta vivevano come tut- torà, delle oblazioni de'fedeli; e così si teneva viva negli animi la carità, senza sbilanciare la domestica economia. Gli altri conventi erano dotati di beni-fondi per lasciti pii, che fra noi non avevano varcato i limiti della discrezione. Tutti i conventi poi, oltre alle utilità morali sostentavano parecchie famiglie povere, mediante impieghi, di portinai, giardinieri, ecc. Le quali famiglie, occupandosi il capo senza stipendio pecuniario, dal Convento ricevevano il vitto. Nè meno utili erano le distribuzioni di minestra e pane, ed altre somministrazioni agli indigenti, o a chi lavorava in qualsiasi mestiere per il Cenobio. Le confraternite si reggevano con beni-fondi, e contributi de' fratelli. Se la vicendevole gara diveniva soverchia, erano tanti e sì moltiplici i contatti fra quelle diverse Corporazioni, e tanti e sì moltiplici i riguardi co'terzi, che la forzavano a contenersi. Lo spirito religioso poi sovrastava a tutto ; e tutti riunivansi, clero secolare e conventi, Confraterne e massa della popolazione nella pompa comune delle funzioni ecclesiastiche; e tra queste nelle processioni; fra le quali segnalavasi la notturna del Venerdì Santo, una delle più celebri negli Stati Veneti. Da tale complesso di riunioni e legami fra il clero ed i cittadini ne risultava un insieme di reciproci aiuti, che non lasciava nessuno senza guida ed appoggio negli affari della vita. L'istruzione partendo dal sacerdozio aveva per fondamento la lingua latina, ed era per conseguenza classica e solida. Il canto degl' inni in cui le Confraternite cercavano di emergere diffondeva lo studio e l'esercizio della musica in tutto il popolo; ed il legame tra gl'inferiori ed superiori in quelle loro adunanze lo educava buono, spiritoso e sagace. Del che ogni forestiero che visiti Capodistria ne incontra con meraviglia le traccie^e fu osservata la somma attitudine dei nostri popolani a cogliere i frizzi i più fini sul teatro, manifestandolo con le risate; e come questa attitudine non può essere in loro più pronta, così è viva la grazia e la sottilità in Capodistria nelle scherzose conversazioni e se ne riferiscono sovente i tratti pieni di arguta originalità. Di già il governo veneto, nella seconda metà del secolo scorso aveva principiato ad impedire la dilatazione de' conventi. Ad alcuni venne interdetto l'accettare ulteriori lasciti di beni-fondi, come per esempio ai Dominicani; altri vennero concentrati, come per esempio i Serviti, che cessarono da Capodistria. Nel 1805 l'Istria venne aggregata al regno italico-francese ; ed attivate nel 1806 le sue leggi intorno i claustrali, si videro aboliti i Conventi de'Padri possidenti, di cui i beni furono demaniati. Così scomparvero da Capodistria i Domenicani, i Conventuali, ed i Gregoriti; e le Monache furono dapprima concentrate in S. Biagio, con le Agostiniane, di regola meno severa; e poco dopo disciolte. Rimasero gli Scolopi, perchè addetti all' istruzione pubblica, e perchè infatti non possidenti. Bimasero pure i Minori Osservanti, ed i Cappuccini, perchè mendicanti. Nel 1809 l'Istria fu tolta mediante un decreto napoleonico , dal regno d'Italia, ed 'unita alle nuove provincie illiriche francesi. Perciò non fu colta dal decreto di Compiègne del 1810 che scioglieva le famiglie religiose, mendicanti, del regno italico. Di quà il fenomeno di tali conventi, che tuttora sussistono, non solo in Capodistria, ma anche nel resto dell' Istria. Nel successivo decreto di Napoleone, datato dalle Tuileries il 15 aprile 1811 in cui si organizzarono le provincie illiriche, dei Conventi non si fa parola. Bensì nel titolo XIV concernente i culti, fra le disposizioni generali, comprese nella Sezione II, al § 149 è detto : "Le Confraternite ancora esistenti sono soppresse e le loro rendite riunite al Demanio. Sono eccettuati i Santuari e le Confraternite conosciute sotto la denominazione del S. S. Sacramento e dei Suffragi per i morti, che sono conservate con le loro rendite. Per altro non vi sarà nella stessa Parocchia che l'una o l'altra di queste Confraternite „. Dello scioglimento graduale degli Scolopi si diede ragguaglio nei N.ri 26-27. Frattanto erano state atterrate le mura esterne, ed abbellita la città con una strada carrozzabile tutto all' intorno. Caddero pure successivamente le vòlte che erano sulle mura interne, diroccate in varie epoche, e con esse le cappelle ivi ancora esistenti: e similmente si abolì qualche altra chiesetta. All' epoca delle grande Ristorazione europea nel 1814, non rimanevano più dell'antico sistema in Capodistria che pochi avanzi e tradizioni. Lunge pertanto da noi la pretensione di far prevalere que' metodi in confronto de' successivi, e molto meno di risuscitarli. Ci basta che non si sprezzino; e che se qualche cosa di applicabile vi si rinvenga, si applichi. I metodi nuovi non saprebbero che guadagnarvi. Ella disse assai bene in un suo articolo, che esaminando le vecchie istituzioni vi si trova, come in tutte le cose umane, del bene e del male. Studiamole dunque, senza stancarci ; e dai medesimi errori de'nostri antenati potremo ritrarre vantaggio. Soltanto non siamo sì imprudenti ed ingrati da condannare senza intendere. Egli è in questo senso, che la comparsa del suo giornale V Istria segna un' epoca di vero progresso, a-prendo il campo a deporre le ricchezze storiche che la di lei erudizione e l'attività de' nostri concittadini che sì nobilmente la fiancheggiano, va dissotterrando, e ponenck) in vista alla pubblica luce. Ce n'era proprio bisogno. Accolga con ciò le proteste della stima del Trieste, 27 Luglio 1846. x . suo affettuos. amico Giuseppe de Lugnani. Distretto di Capodistria. L'odierno distretto di Capodistria misura in superficie 53944 iug., 1061 tese ossia 5, 3944 leghe quadrate, composto di tre Comuni, Capodistria, S. Odorico o Dollina e Muggia, surripartite queste in frazioni o sotto Comuni. Nei tempi più remoti, allorquando Egida era colonia romana, l'agro suo municipale misurava 1, 46 leghe quadrate, ampio a sufficienza, nel quale i nomi degli antichi predi desunti dal cognome delle famiglie romane che lo possedevano, si conservano tuttora, e meriterebbero di venire registrati a comprovazione delle antiche condizioni. Neil' assegnazione fatta da Augusto dei distretti tributari alle prossime città, e nell'aggregazione che l'imperatore Antonino Pio fece di questi distretti alle Curie, Capodistria ebbe aumento di territorio che non sapremmo precisare, ma che poco fu inferiore alle leghe 3, se le induzioni tratte da posteriori confinazioni sono esatte. L' agro municipale comprendeva, oltre tutta la frazione detta Lazareto, anche le frazioni di Monte, Gason, Pomiano, Maresego, S. Antonio, Vescovato, Oltra, Anti-niano, Ducaina. L'agro distrettuale o tributario sembra che avesse abbracciato quanto stava entro i confini della diocesi, perchè le diocesi non cangiarono confini in provincia che in tempi a noi vicini, ed è noto come le diocesi fossersi regolate secondo i confini dei territori politici delle città. L'accrescimento del territorio seguì nelle parti verso mezzogiorno (chè nelle settentrionali si era ampliato quello di Trieste) e comprese Covedo, Crestogliano, Valmo-rosina, Socerga, Cerusol o Trusche, Geme o Boste, Costa-bona, Carcauze, S. Pietro dell'Amata colla superficie di leghe 1,78; con che il territorio intero di Capodistria giunse alle leghe 3, 24. A' tempi dei patriarchi, allorquando questi elessero Capodistria a capitale del Marchesato e furono larghi di grazie e favori, s'accrebbe con altre baronie che incorporate vennero alla città e furono queste: Ospo, Gabro- H SS H « M fi e & t w ss m ri e fi Antiniano . . . S. Antonio . . Boste .... Carcauzze . . . Capodistria . . Castabona . . . Covedo .... .Cranostogli . . 'Ducaina . . . Gason .... Lazareto o Risano Lonche .... Maresego . . . Monte .... Pomiano . . . Popechio . . . Rosariol . . . ■ Trusche o Cerusol \ Xaxid .... Bagnoli o Boliunz Borst .... Cernical . . . Cernotich . . . Dolina o S. Odorico Draga .... Gorzana . . . Occisla .... Mascoli o Prebeneg Presniza . . . S. Giuseppe . . [ S. Servolo . . I Caresana . . . 1 Gabroviza . . . \ Monti .... Ospo .... Plavia .... Vescovato . . . Valle .... Muggia .... Arativo 79, 670 118,1446 173, 434 49,1029 103,1273 126, 595 41, 586 25, 36 46,1251 163, 237 27, 499 161, 783 71, 686 192, 937 148, 721 8, 879 170, 136 109, 153 71, 130 Arativo ! Arativo Arativo vignato vio-nato 1 olivato I ed olivato 83, 284 176, 662 187,1577 6, 688 224, 834 48,1462 10,1148 129, 490 22, 359 107, 249 53,1522 37,1324 Vigne Vigne olivate Oliveti Orti 114, 336 -- 322, 668 -- 187, 846 |-- 242, 445 26, 224 333, 870 205,1425 184, 173 217, 192 252,1569 2113, 121 161, 424 359, 118 357, 856 287,1219 80,1101 199,1060 312, 466 26,1472 279, 178 126,1379 174, 896 26,1515 280,1521 48,1091 50, 512 105, 302 28,1381 188,1051 69,1022 68,1329 66, 675 176, 756 185, 84 202,1309 355, 599 474,1584 360, 222 15, 548 10, 526 43,1080 8,1530 6, 911 23, 692 6, 166 31, 102 9, 174 93, 252 56, 503 HO, 868 36, 159 1097, 941 15,1442 54, 144 72,1135 117,1027 38, 876 10,1173 6, 595 2,1592 2, 91 3, 371 4,1435 14,1216 30,1470 28, 757 62,1464 22, 57 65, 80 215, 567 370,1458 93,1521 69,1126 10,1343 1, 388 2, 453 36, 4 5, 205 12,1431 5,1202 10,1283 14, 365 —,1215 4, 823 19, 530 ! 42, 473 2,1398 10, 525 7, 460 6, 991 13, 830 8,1548 11, 728 3,1455 9, 947 2, 926 26, 11 3, 845 5,1582 4,1319 5, 761 4, 806 3, 910 9, 479 2,1466 4, 460 2, 183 1,1014 8,1224 —, 962 1, 130 3, 85 1, 840 2, 839 5, 80 4, 277 3,1144 3,1298 3, 708 10, 480 7,1125 3, 254 2376, 680 9228, 359 1134, 711 2639, 336 [ 33, 24 82, 960454, 777ì 210, 290 vizza, RosarioI, Cernical, Loriche, Popechio, Xaxid, Ra-chitovich tolte al territorio triestino ; Gradigna, Topolovaz, Sterna, Cuberton, Berda, Merischie, tolte al territorio di Cittanova; con superficie complessiva di leghe 1,97; l'intero territorio misurava leghe 5, 21. Il territorio cosi composto rimase con minima differenza ( meno Cernical ) fino alla ripartizione italica del 1807. Nel quale tempo furono tolte a Capodistria le frazioni di Oltra, Vescovato, di Gabrovizza, di Ospo, per darle al Comune di Muggia ; la frazione di S. Pietro dell'Amata per darla al comune di Isola; ed ebbe in ricambio Momiano, che cessava di essere baronia; e questa composizione fu conservata dalle ripartizioni del 1814 e del 1818. Più tardi si vedono passate a Pinguente le frazioni di Valmorosina e di Rachitovich, a Montona le frazioni di Gradigna, di Topolovaz e di Cepich, a Buie le frazioni di Sterna, di Cuberton, di Berda, di Momiano e di Merischie, per modo che l'odierno capo-comune di Capodistria misura leghe quadrate, 3,122. Questo Comune, o Capo Comune, si suddivide in frazioni delle quali la minima è il sottocomune di Capodistria con. iug 71, tese 1072 il quale abbraccia soltanto la città che è in isola di mare; la maggiore è il Sotto Comune di Risano o Lazareto che enumera 6339 iugeri. Di Capodistria noterassi, come cosa unica nella provincia, che la città sebbene di possidenti agricoli, non abbia unite a sè le contrade esterne, e formi un sotto comune del tutto urbano, a differenza delle altre città, e di Trieste medesima che hanno agro annesso alla città ; e che l'agro naturale circostante a Capodistria, sia ripartito in diverse sottocomuni, comunque i precipui possidenti dell' agro abbiano domicilio in Capodistria. II Comune di Muggia fino al ripartimento del 1807 si compose di Muggia, di Monti, di Plavia, di Caresana: ebbe poi Oltra, Vescovato, Ospo e Gabrovizza ed ha la superficie di iugeri 8234, 83. Il Comune di S. Odorico o di Dollina è di recente creazione, cioè dell'anno 1811. Prima di quest'epoca era ripartito il territorio in tante baronie. Prati Prati alberati Pascoli Pascoli alberati Bosco alto Bosco ceduo Area d' cdifizi terreno improduttivo Insieme 32, 180 61,1152 117, 228 124,1542 61, 42 167, 942 2, 577 70,1452 5, 7 265,1335 32,1415 101, 61 11,1520 22, 342 61, 421 25, 438 205,1367 303, 207 63,1326 6, 119 11, 653 83, 779 116, 604 121,1053 95,1497 216,1272 14,1173 531, 73 23, 210 123,1120 48, 906 87, 74 88, 148 101, 638 40, 364 39, 618 42, 515 189, 741 425, 790 232,1229 157, 580 195 945 910 997 88 8,1017 117, 283! 23, 46 6, 860 21,1439 127,1101 259, 781 339,1007| 257,1598j 76, 560 3, 631, 631, 735, 282, 200,1392 929,1413 323, 290 695, 147 257,1177 732,1475 1316, 943/ 291, 145 *?29,1319 1438, 228 277,1169 77,1386 43, 254 891,1474 213, 484 683, 429 947, 1094, 31, 1531, 814 856 48 521 859, 463 74,1393 219, 528 262, 517 316,1262 162, 451 294, 734 431, 249 149, 107 8, 494 15,1133 250, 354 54, 718 136,1256 148,1296 146, 408 155, 648 124,1015 207, 678 111,1363 527,1248 31, 762 71, 609 48, 46 79, 905 123, 205 241, 677 202, 280 765, 577 283,1570 16,1220 63,1009 9, 188 109,1087 33,1170 42,1386 54,1081 417, 117 347, 386 105, 209 179, 427 63, 147 177,1516 355, 942 375, 903 284, 243 '7, -715 130, 446 1086, 678 72, 603 20,1255 29, 267 10, 168 100,1455 57, 67 65, 953 223,1506 14,1494 383,1216 27, 297 243, 10 42, 622 224,1047 270,1181 445, 365 33, 741 171, 231 31,1550 3, 430 7, 332 3,1274 3, 140 27, 980 4, 86 5, 608 3,1266 5, 36 2, 674 18,1579 3, 4 6,1062 3,1392 3, 842 3,1064 4, 527 8, 794 2,1187 6, 613 5, 584 3, 985 2, 123 7,1313 3,1309 4, 983 5,1121 2, 937 4, 869 4, 718 2,1548 2, 448 2, 351 3,1423 2, 755 3, 688 7,1403 6, 539 8,1543 172, 721 52, 535 71, 841 75, 902 27, 667 81, 426 432,1573 35,1250 61,1531 25,1096 1424,1453 228, 109 50,1028 73, 119 63, 492 25; 625 47, 618 147, 438 66, 829 218, 684 16, 121 30, 3 19,1291 38, 612 21,1064 21, 601 83, 863 5,1504 13, 890 17, 560 10, 767 15, 185 48, 41 33, 687 121, 405 33, 687 255, 706 89, 732 266, 727 829,1013 1232,1418 1636, 815 1098,1279 71,1072 1841, 368 2194, 944 1112, 113 971,1303 635, 821 6339,1185 811,1448 1862, 398 1244, 1720, 1680, 927, 2934, 2078, 870, 387, 440, 1284, 991, 1354, 1683, 2730, 213 2958,'1067 306, 788 1269, 124 499, 569 453,1437 896,1128 1063,1397 1112, 432 1508,1232 1665,1549 1033, 339 685 621 817 69 389 961 885 945 449 581 228 676 616 362 638 3485, 255 | 1280,1207) 18865, 928 | 2109,1239| 461,1440) 7490, 861 212, 520| 4622,1404 L'Osservatore triestino sessant'anni fa. Suiti hic etìam sua proemia laudi . VIBGIL., Aeneis. Chi volesse prendersi la cura di frugare fra gli scaffali delle antiche biblioteche quelle opere che riguardano la storia e la letteratura di Trieste, nella condizione in cui si trovavano ne' secoli scorsi, farebbe opera ben altro che vana e priva di un certo compenso. Vedrebbe quante idee che oggi ci vengono presentate sotto forma più elegante e appariscente col titolo di nuove, fossero patrimonio dei nostri maggiori, e com' essi, senza pompa di affettazione, di figure rettoriche, le venissero insegnando ai loro contemporanei. E da queste ricerche varie scienze potrebbero trarre profitto : la medicina, la storia e 1' archeologia, in quanto esse c' insegnerebbero come i nostri padri se ne prendessero cura; e quei benemeriti, ignoti alla maggior parte, ne avrebbero gloria e riconoscenza dalla posterità. Fra queste opere una ve n' ha che merita speciale attenzione, ed è la raccolta dell' Osservatore triestino, la quale può chiamarsi un archivio della patria ed estera storia, e viene conservata intera dal 1783 (epoca della sua fondazione) fino a' giorni nostri in questa civica biblioteca. Scorrendo i principali articoli pubblicati alla fine] del secolo scorso, si prova una certa compiacenza nel vedere il retto e nobile spirito che li animava. Ogni utile scoperta, ogni istituzione sociale di qualche importanza, ogni fatto notabile, sono commentati e dilucidati in degno modo. Ogni accusa avventata e leggiera verso qualche popolo o qualche frammento di nazione è combattuta con energia e coraggio, senza timore all' autorità o alla celebrità de' nomi. Le questioni d'allora sulla denominazione e divisione dei confini dell' antica Istria, che volevasi comprendesse anticamente anche una parte del Friuli, sono qui discusse con non comune sagacia e con documenti opportuni. La critica però, anche dove dev' essere un po' forte, è sempre civile, e non degenera mai in epigramma, com' è costume vituperoso dei giorni nostri. So bene che i critici risponderanno prontamente con Orazio. « E chi vieta di dire il vero scherzando ? > Ma questa massima verrebbe acconcia se si potesse chiamar riso lo sghignazzare impudente, e s'essi oppugnassero sempre la verità. — Varie questioni industriali e storiche sono rischiarate nell' appendice di quel foglio, ora compendiando, come s' usa anche a' nostri giorni, opere straniere di qualche interesse vivo e prossimo, ed ora compilando delle memorie originali su tali materie. Alle memorie storiche appartengono vari aneddoti e giudizi di Federico II, non privi d'importanza, raccolti poco dopo la sua morte. V' è pure tradotto un saggio dello stesso re Federico sulla letteratura alemanna, trattato scritto non senza un certo buon gusto, ma in cui si scorge troppa smania d'innovare. Egli voleva, a quel che qui si può vedere, mutare affatto la forma a quella lingua vigorosa, e abbigliarla sdolcinatamente alla francese, togliendole 1' originalità e i nobili ed efficaci ardimenti, forse per far piacere a Voltaire che non sapeva di tedesco, o al Marchese d'Argens. Seguendo quei consigli, chi sa se la Germania avrebbe dato uno Schiller, un Gòthe, un Herder, un Lessing, un Klopstock a cui l'idioma natio non impedì punto d'esprimere degnamente alti e robusti pensieri? Fra le memorie storiche è notabile una relazione sull' Inquisizione di Spagna, quel temuto tribunale di cui tanto si parlò, e su cui i posteri già pronunciarono la loro sentenza. Questo scritto è dettato con coraggio e nello stesso tempo sine ira et sine studio, e comechè diffuso e lungo, non può dirsi prolisso. D'altronde in quei tempi in cui ogni abile osservatore avrebbe presagito una reazione quale si fosse, non tornava inutile lo spargere qualche luce su un argomento che poteva riuscire di qualche importanza, su un soggetto che i pavidi legislatori non avevano osato toccare. Questo sunto di notizie sul Tribunale di Spagna fu dettato nell' occasione che allora a Colonia era comparsa alla luce un' opera sulle eresie e sul Santo Officio. Poco poteva dare allora Trieste in fatto di bella letteratura; nondimeno si cercava nel foglio triestino di destare nella gioventù l'amore allo studio, riportando scritti poetici e letterari d' altri giornali o d'altre opere, frangendo al popolo il pane della scienza, e ponendolo al fatto delle scoperte meritevoli d' osservazioni. Era allora il tempo in cui Franklin rischiarava l'universo colle sue dottrine sull' elettricità, in cui Volta, Spallanzani, Lagrange, Berthollet cominciavano a dare saggi luminosi del loro ingegno che doveva produrre un giorno frutti utili e gloriosi. E il foglio di Trieste dava ai suoi lettori esatto ragguaglio di questi importanti avvenimenti, del modo con cui erano accolti dai dotti, e che più importa, dalle nazioni, che non approvano in generale che ciò eh' è buono e proficuo. Non erano quelli, no, trattati scientifici o confabulazioni accademiche, ma cenni brevi e succosi , adatti all' intelligenza di tutti. Sovente la poesia didascalica rischiarava quegli astrusi insegnamenti scientifici. Così nell' occasione che Montgolfier inventava i globi aereostatici l'Osservatore pubblicò una splendida poesia lirica di Vincenzo Monti. Il modo di compilare le notizie politiche era esatto e coscienzioso. Si cercava di scegliere i fatti che più interessavano il Pubblico, e che potevano trovare qualche utile applicazione fra noi, eh' è dovere del giornalista che toglie da giornali stranieri le notizie d' altri paesi. Rare volte s'intraprendevano polemiche, ma sempre le giustificava, come abbiam detto in altro rapporto, il nobile modo di trattarle, e il fine a cui erano rivolte. Ogni accusa leggiera ed ignobile verso qualche persona, o verso qualche ordine sociale veniva confutata con ragioni opportune e adatte allo scopo. A provare le mie parole, citerò un articolo pubblicato nel 1786 a proposito di alcuni detti irreverenti del giornale intitolato Notizie del mondo, verso gli Israeliti. Erano ancora i tempi della superstizione e dell' intolleranza, in cui si credeva giovare alla causa della religione coli' offendere i settari delle altre credenze. Ed è cosa che onora Trieste il vedere già fin d'allora professate coraggiosamente quelle massime di fraternità e di rispetto verso gli altri culti, che non è miracolo se vengono poste in opera dagli uomini del nostro secolo; ma lo era bensì allora in cui le menti raramente sapevano togliersi dalle opinioni abituali. Le ragioni che il giornalista triestino oppone alle ingiù- rie del calunniatore straniero, sono il dovere di non offendere qualunque corporazione religiosa che i governi proteggono, qualora questa non si renda colla sua condotta da meno degli altri cittadini. E questo non è il caso degl'Israeliti, i quali, anche dove non godono di alcun diritto civile, si fanno distinguere per i loro sentimenti pacifici di concordia e d'umiltà, per l'affetto al paese natio e per uno spirito generale di beneficenza illuminata ed operosa. E quand' anche non fossero dotati di queste virtù, e convenisse dir loro qualche dura verità, sarebbe dovere di non offenderli bassamente, perchè la sferza corregge talvolta il somiero, ma non l'uomo che ha bisogno di ammonizione nobile, severa e coscienziosa, ma non rigida e schernitrice. Questi pensieri meritano osservazione, e fanno onore a chi seppe concepirli. Il giornale suddetto faceva menzione delle sedute dell' accademia che durò in Trieste alla fine dello scorso secolo sotto il titolo d'Accademia degli Arcadi Romano-sonziaci *) di cui era custode Apollo. La qual protezione d'un dio tanto scaduto ed impotente avrebbe giovato poco a quella istituzione senza le cure di vari onorevoli personaggi che avevano preso a favoreggiarla, fra i quali principalmente il conte Brigido, il barone Cobentzl, uomini dotti e zelanti per il bene di tutta la patria, e che onoravano le cariche in cui i loro meriti li avevano collocati. Il nome d'Arcadia, grazie a certi canti pastorali, a certi idilli, troppo melliflui per piacere ai veri amici della poesia, grazie a quella smania di far nulla forse per seguire appuntino, più che il buon senso e il dovere noi richieg-gano, i versi di Virgilio, e per poter dire con Titiro : Deus nobis haec olia fecit, è nome oramai venuto in uggia e deriso. Tuttavia, bisogna far lode all' Arcadia triestina, che in mezzo ai cantici pastoralmente adulatori ed altisonanti, e fra le Disertazioni infinite su qualche frammento di pietra spezzata, o su qualche ghirigoro gotico o latino, pur rinchiudeva persone che s' occupavano di qualche tema sociale ed economico tendente al vantaggio comune. Gli è allora che le Accademie son più che trastullo dell'orgoglio e della vanità, un'utile palestra in cui esercitare l'ingegno a prò dei nostri fratelli; gli è allora, insomma, che questi stabilimenti sussistono. Sventuratamente, quest'Accademia cessò per gli avvenimenti del secolo scorso poco favorevoli allo Muse, che il Guarini diceva amare la quiete e la tranquillità, e " Lieto nido, aure dolci, ombra cortese.,, Senza le quali vicissitudini, l'Arcadia avrebbe vissuto lungo tempo. Diamo fine ai presenti cenni intorno a questo antico giornale facendo invito ai nostri concittadini che amano la storia e la letteratura patria, di svolgere talvolta quelle pagine, dove potranno senza dubbio trovare qualche utile ammaestramento e varie importanti notizie su fatti non ben conosciuti e degni della comune attenzione. g. l. morpurgo. Pietro Crussich. Bitorno a spiattellare le mie miserie, e ciò per puro amore di patria. — Fra le scienze alla coltura dell'umano *)Qucsta Società chiamavasi Sonaiaca, perchè prima che in Trieste, esisteva a Gorizia, città che dai Romani era detta Pons Sontii. intelletto destinate, uno dei posti più eminenti deesi alla storia, che abbraccia tutti i fenomeni e tutte le mutazioni che nello spazio e nel tempo avvengono. L'uomo per le vie degli organi sensori viene a pensare eccitato, e la prima materia delle cognizioni gli somministrano le spe-rienze e le osservazioni: nelli quali cose il poverino nei limiti dello spazio, del tempo e della capacità è confinato. Grandi sono le angustie di lui in questa bassa dimora ! Anche se la capacità fosse molta, ristretto è lo spazio che occupa, troppo breve ahi ! la vita nell' esilio. Piccola invero sarebbe delle sue cognizioni la cerchia, se tranne gli eventi che accadono nello spazio e nel Jempo di sua mortale carriera, e quelle cose che sontf ai suoi sensi soggette, nuli' altro conoscesse. Indubitatamente può delle cose preterite, o poste fuori della sfera delle sue osservazioni, conseguire sufficiente cognizione, purché in qualche modo gli vengano comunicate, ed abbia morale certezza che tanto nell'apprenderle quanto nel comunicarle nessun vizio sia stato commesso. A questa condizione c' è concesso di conoscere gli avvenimenti che ci precedettero, il tempo ed il luogo che ne fu il teatro, e di far nostre le sperienze e le osservazioni altrui, le quali aumentano il circolo dello scibile, illuminano l'intelletto, esercitano la memoria, ammaestrano, informano, sviano dalle tortuose semite del male, ed al ben operare guidano. "La storia, lasciò scritto Tullio, è il testimonio de'tempi, la luce della verità, la vita della memoria, la maestra della vita, la messaggiera della vetustà, (L. 2 de Orat., c. 9). Studiando con diligenza ed attenzione i fatti, la loro connessione, le cause, gli effetti, i consigli ed i fini degli agenti, i principi interni dei Sommi, secondo cui non solo singoli individui, ma intere nazioni i loro pensieri e costumi composero, di giovani che siamo, vecchioni di 38 secoli possiamo diventare. Ma se i nostri Antenati non avessero avuto cura di comunicarci i fatti, eh' ebbero luogo nello spazio e nel tempo prima di noi, se l'orrida voragine dell'obbliviòne avesse inghiottito i memorandi avvenimenti, avremmo noi di essi contezza? Nulla. Se nessuno fosse stato sollecito di tramandare alla posterità il luogo della nascita, i genitori, i maestri, le opere degli uomini che si giuoca-rono sulla scena di questo teatro d'apparenze e d'illusioni, e grande influenze esercitarono sulle cose e sui loro consimili, potremmo noi scrivere la vita d'un uomo celebre? No certamente. E se di tante azioni nobili o vili, che smarrirono nelle folte nebbie de' tempi andati, avessero soltanto registrato le più eroiche, senza notare 1' origine e 1' educazione de' personaggi, saremmo noi capaci di compilare una completa biografia? Nemmeno. È vero che molti autografi ed apografi, molti libri stampati andaron perduti, altri furono preda alle fiamme voraci, altri dal dente edace del tempo, e dalle tignuole, o dalla polve rosi e divorati, altri in mani avare esistono : quindi le mancanze, le lagune, gì' inutili desideri, le ipotesi, le guerre, i granchi che si pigliano scrivendo cose, onde non può aversi morale certezza. Molte cose furono da' nostri Maggiori scritte, stampate e conservate in guisa che giunsero fino a noi; ma molte in ogni regno, in ogni provincia, forse perchè sembravano ai loro occhi I troppo piccole, furono trasandate e smarrirono senza | lasciar dopo di sè veruna traccia. Per questi difetti de- plorandi uopo è rovistare, dicervdlare affine di trovar le circostanze de'fatti, la genealogia di quelli che non son più fra noi, i loro precettori, la condotta, le cariche, i sudati travagli, le virtù, i meriti, e così via discorrendo, e sovente, dopo aver lunga pezza ansiosamente cercato e ricercato col fuscello, che ne resta? La brama di trovare. Affinchè gli eventi non rimangano nel buio di fitta notte sepolti, e le venture generazioni, riguardo al passato, non si trovino nelle nostre angustie, non perdano il tempo prezioso in vane ricerche, non vendano lucciole per lanterne, errori per verità, sarebbe molto desiderabile che in ogni città, anzi se possibil fosse in ogni castello, in ogni borgata qualche anima di patria carità infiammata si ponesse alle vedette, osservasse tutto ciò che avviene, razzolasse e raccogliesse quelle cose che sembrano aver maggior importanza per la storia, notasse la terra natale, le doti di spirito e di cuore, l'indole, il carattere degli uomini che si distinguono ed onorano il paese co' loro talenti e buone opere, i luoghi ove vengono educali, i maestri che coltivano la loro facoltà, i progressi che fanno, lo stato che abbracciano, il posto che occupano in provincia o fuori quando, come e dove, operano il bene ; in una parola sarebbe desiderabile che si ragistrasse tutto ciò eh'è necessario per ben conoscere un fatto, un uomo illustre e benemerito , e che le cose registrate si facessero di pubblica ragione, od almeno gelosamente negli archivi di famiglia si custodissero. Qual servigio non presterebbero tali anime alla patria storia ! Quanta luce non verserebbero sull' avvenire ! Quanti dubbi, quante angustie di mezzo non toglierebbero! Quali benedizioni non si attirerebbero ! Meglio sarebbe, credo, passare qualcuna delle ore, che rapide e furtive fuggono, in occupazioni sì belle, sì utili, sì onorevoli, che scorrazzare, piazzeggiare, gettare e vita e sostanza e tempo nel rombo de' fittizi piaceri, in balocchi, in baggianate: meglio sarebbe impiegar una parte della sera a scrivere le osservazioni del giorno, che consumar la notte curvi al lume di pendenti faci ad incantar l'emula turba sospignendo su polito panno i levigati sferici avori nelle infauste sonanti gole: meglio sarebbe menar vita attiva , che avvizzire nell' inerzia e nella noia. Che direbbero i barbassori del tempo della coda, se mi sentissero parlare in tuono da maestro ? Farebbero molte parole, e l'aria avrebbe vano sufficiente a raccoglierle! — Se così avessero pensato ed operato i nostri Padri, noi non avremmo a stillare il cervello per dettare la biografia di quelli che sono nell'eternità. Così toccò a me volendo far conoscere ai mortali un altro defunto. Frugai nella polve delle biblioteche, chiesi lumi a diverse persone, e dopo tante indagini appena trovai qualche cenno. Non mi arguiscano dunque i benevoli lettori o di negligenza o d'inesattezza, non paghino la mia intenzione di miele con parole condite di aceto, se non trovano tutto ciò che occorre per ben conoscere il soggetto che a descrivere imprendo ; ma sì piuttosto pensino saggiamente, esser meglio saper qualcosa che nulla. Ciò che so comunico di buon grado, e se taluno avesse, o aver potesse idea più chiara del personaggio, abbia la gen- tilezza, pubblicando le notizie in cotesto giornaletto, di sopperirne le mancanze. Ecco quello che mi riuscì di rinvenire negli autori a piè dell'articolo allegati del sig. Pietro Crussich, il quale, per quanto m'è noto, sfuggì alle ricerche dei raccoglitori delle cose patrie. Pietro Crussich vita visse nel secolo XVI, fu istriano, Signore di Lupoglavo in Istria, e come feudatario della corona d'Ungheria Capitano comandante la munitissima fortezza di Clissa in Dalmazia, situata su ripida ed orrida rupe, non lungi dalle ruine dell' antica Salona, patria dell' imperatóre Diocleziano, avente scabro sentiero per discender alla sottoposta landa. Istriano, Signore di Lupoglavo, e Capitano del forte di Clissa , per vedere i suoi e le cose sue navigava sovente dalla Dalmazia in Istria, e dall'Istria in Dalmazia. Di cuore religiose, temendo i perigli delle tortuose vie ingombre d'isolette e di scogli, per viaggiare felicemente sul formidabile elemento, si raccomandava alla tutela di S. Nicolò, protettore de' naviganti, non che al patrocinio della Vergine Deipara; e per impegnare a suo giovamento l'intercessione de'celesti, l'anno 1531 fece a sue spese costruire l'antica scala dalla falda fino alla vetta del tersattano colle, che sommava 118 scalini, e alla fine della scala una cappelletta dedicata a S. Nicola. Chi vide la città di Fiume e visitò il famigerato Santuario di Tersatto, non tarderà a credere che, per eseguire cotale lavoro, il Crussich dovette fare alla sua borsa un buon salasso. La scala eseguila per ordine del Crussich, attrita dalla frequenza del popolo, che incessantemente sale a venerare l'immagine taumaturga della Madre del Verbo, fu disfatta, e quella che tuttora sussiste è opera del corrente secolo. Pietro Crussich, fidando nel sito dirupato, su di cui sta il forte di Clissa, e sembra inaccessibile, inespugnabile , dava volentieri ricetto agli Uscocchi, i quali o per commessi delitti, o per sottrarre il collo restìo al giogo del principe, voltavano ai domestici focolari le terga, erravano per li macchioni e per le balze, lasciando per ogni dove impresse orme di barbarie e di sangue, ovvero al servizio di qualche potente Signore si conse-cravano. Del coraggio, del valore e delle braccia robuste di que' uomini truci si serviva il Crussich, per difendere le cose proprie, e forse anche per dilatare i confini della sua temporale dominazione, ed arricchirsi di bottini. (sarà continuato.) Appendice alla Sentenza contro le Streghe del 1716. Il signor Antonio Ivancich da Pisino ci comunica gentilmente copia del testo latino originale della sentenza che il Giudice Perii pronunciava in Castua contro alcuni stregoni, e che in traduzione italiana venne pubblicata nelli N. 45 —46. Dal testo latino rileviamo anche la pena: "ed è perciò che condanniamo cadauno e cadauna di voi di venire dapprima colpiti di spada fino a che moriate; poi di essere bruciati col fuoco, fino ad essere ridotti in cenere „. Il Sig. Ivancich non ha potuto verificare se la sentenza sia stata posta ad esecuzione.