ANNO VII. Capodistria, 16 Ottobre 1873. N. 20. LA giornale degli interessi civili, economici, amministrativi DELL' ISTRIA, ed organo ufficiale per gli atti della Società Agraria Istriana. Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Sedazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Atti ufficiali della Società agraria istriana. LA TUTELA DEI CAMPI Appunti ed osservazioni intorno al progetto di legge sulla tutela dei campi. I. Di fronte al progresso di tutte le industrie ed alle ricerche pazienti, che si vanno facendo sul campo dell' agricoltura, quale precipuo cespite di ricchezza, non potea accadere che si lasciasse inosservata la giurisprudenza agraria, questa applicazione dei principii generali di diritto alle speciali condizioni dell'agricoltura. Nè poteasi dubitare della necessità di norme speciali, giacché quando anche non ci fosse dimostrata dallo studio storico e comparativo delle altre legislazioni, sorgerebbe dall'esame delle condizioni stesse dell' agricoltura e dell' agricoltore. Anche l'i. r. Ministero di agricoltura si è occupato con amore nei pochi anni di sua vita di queste ricerche, portando a compimento varie leggi, che hanno attinenza coli'agricoltura, di altre presentandoci studi diligenti ed importanti. Tra questi ultimi noi rileveremo il progetto di legge sulla tutela dei campi, siccome quello che ci appare di vitale importanza per l'agricoltura e sul quale siamo invitati ancor noi da un pubblico appello della presidenza della Società agraria istriana comunque sia a discorrere. Il progetto di legge sulla tutela dei campi, di cui ci occupiamo, è a ben vedere nella massima parte un codice di polizia rurale, tendente in prima linea a prevenire il furto ed il danneggiamento campestre ed a tutelare in seconda linea i fondi rustici dai danni del vago pascolo. Abbiamo posto come precipuo scopo della progettata legge quello di prevenire il furto ed il dan- neggiamento campestre, perchè nell' uno e nell' altro stanno le piaghe più dolorose delle nostre campagne. Il bisogno di toglierle al più presto possibile è altamente e generalmente sentito, affinchè l'agricoltore cessi dall'essere tremebondo di vedere falcidiati i prodotti delle onorate sue fatiche dalle altrui malvagità. L'agricoltore, che, come egregiamente osserva la commissione incaricata dal Comizio agrario di Padova di redigere un regolamento di polizia rurale, vede mietuto il suo campo da chi non Vavea seminato, abbattute piantagioni, alle quali avea dedicati tante cure e tanti lavori, strappata da armenti altrui quelV erba che egli avea destinata al nutrimento degli animali necessari alla conduzione del suo fondo, quell' agricoltore, diciamo noi, dispera dell'opera sua, diventa sordo a quanto gl'insegna la scienza, e finisce o coli' abbandonarsi all' inerzia, cadendo nel vizio e nell'abbruttimento, o reagisce da sè là ove vede o crede di vedere imprevidente la legge, ed all' opera di chi dovrebbe tutelarlo sostituisce la brutale violenza di un animo rozzo e disperato. Nè crediamo' di esagerare, imperocché il furto campestre, cambiato, come bene osserva la sullodata commissione del Comizio di Padova, dal proletariato quasi in un diritto consuetudinario, fu a ben vedere la prima, la precipua causa di quella scellerata serie di misfatti, che recentemente vedemmo narrati e svolti a carico di molti agricoltori di Valle in un grande processo, che si agitò innanzi al Tribunale di Rovigno. Il furto ed il danneggiamento campestre, argomenti di studio e di bene spesso sterili recriminazioni di tutte le riunioni agrarie, non poteano per tanto sfuggire nè al Congresso agrario ministeriale del Gennaio di quest' anno, nè alla successiva inchiesta enologica. Spinto dalle deliberazioni e dalle vive rimostranze di questi due congressi, l'i. r. Ministero ci presenta oggi nella soggetta materia un progetto di legge e ci chiede cooperazione di consiglio, franca e spassionata critica. Nel giudicare ii lavoro propostoci dobbiamo però • tener conto della speciale difficoltà di compito, che avea 1' egregio referente ministeriale di giurisprudenza agraria, imperocché condurre la codificazione rurale dall' astratta teoria al fatto compiuto senza urtare nelle leggi esistenti o ledere quei sacri principii di libertà, cui oggi noti sapremmo più rinunciare, è ardua questione, che -faticò ovunque lungamente e fatica ancora la mente dei legislatori. Principale carattere del presente progetto di legge è quelló di essere diretto a prevenire i reati, e quindi più che colpire previene, e se colpisce, colpisce quasi esclusivamente la lesione delle discipline di previdenza, e non la lesione dell'altrui diritto di proprietà. Nè questo a nostro vedere è difetto, giacché non ci mancavano mai le leggi che colpissero il reato campestre, ma soltanto i provvedimenti che lo prevenissero. Onde il lavoro che unicamente nel primo riflesso rimarrebbe a farsi, sarebbe quello di raccogliere ciò che nei vari codici e nelle varie leggi riferibilmente all'agricoltura diggià esiste, piuttosto che d'invocare nuove leggi. Erano necessarie per altro, not me di previdenza e di queste si -occupa il progetto, di cui veniamo a discorrere, più col pensiero di corrispondere al fattoci invito di quello che di portar luce in uua materia, della quale fermamente riteniamo che anche altri istriani per la vitale importanza che racchiude, con studio ed affetto si occuperanno. II. Due quesiti ci si affacciano innanzi tutto nell'esame del nostro progetto e riflettono la competenza legislativa e 1' applicazione della legge. Nel primo riflesso conveniamo perfettamente collo schema, il quale demanda la legge in progetto alla legislazione provinciale. Difatti prescindendo dalle relative disposizioni delle. leggi fondamentali e dal' desiderio che dobbiamo avere di veder in ogni caso accresciuta l'autonomia provinciale, non dobbiamo dimenticare che soltanto la legislazione delle provincie può conoscere quali disposizioni di previdenza corrispondano meglio alle condizioni agrarie, morali e di pubblica sicurezza delle singole pro-vincie. Chè se il quesito di competenza legislativa non rende quasi possibile questione alcuna, più arduo ed anche più importante ci si presenta quello dell'applicazione della legge. E troppo chiaro che le leggi nulla giovano, se non sono applicate, anzi a nostro vedere riescono di danno, imperocché scuotono 1' autorità della legge e conseguentemente demoralizzano il popolo. E meglio quindi far poche leggi, ma farle irremissibilmente eseguire. Abbiamo mia legge forestale, ma a dispetto della stessa i nostri boschi sono in quello stato, che tutti conoscono, — abbiamo una legge a tutela degli uccelli utili all' agricoltura, ne abbiamo un' altra per la distruzione dei bruchi e di altri insetti nocivi, ma sono leggi morte, mai o quasi mai applicate, e quindi non hanno in pratica nemmeno il valore della carta, su cui sono scritte. Se ne cerchiamo la ragione la troviamo precipuamente nell'aver .affidato ai Comuni tanto il pro- cedimento agrario, quanto la vigilanza sulle campagne. La competenza comunale divenne il mare ma-gnum delle più svariate attribuzioni, nel quale, colle speciose idee di libertà ed autonomia, lo stato versa ogni giorno un' altra delle sue attribuzioni, senza diminuire le proprie imposte e rendere con ciò possibile l'aumento di quelle del Comune. Che anche ai nostri Comuni sia data ampia cerchia di attribuzioni, che i principii di autonomia e di self-governement, che la sacra parola di libertà dal campo della teoria si trasfondano nella realtà, è una ridente idea, cui vorremmo già oggi attuata. Prima però vorremmo averne i mezzi, affinchè libertà non suoni licenza ed abbandono. Così ritornando al nostro progetto ci piace il pensiero di affidare la tutela de' campi e la vigilanza dei malandrini, che spietatamente li flagellano, a guardie campestri. E idea di self-governement, è il pensiero di governare la propria casa da sé soli, ma guardie campestri furono istituite già nel 1860, e ciò non per tanto le trovammo, salve poche eccezioni, soltanto nella legge o nei regolamenti. Non basta che la guardia campestre sia fatta, ma vuoisi che faccia il suo servizio, che sia numerosa, attiva, disciplinata. Trovare molte guardie campestri, e molte ce ne devono essere, che facciano la ronda notturna senza essere pagate, e che nelle tristi nostre condizioni di moralità espongano sé a vendette nelle persone o nei campi, è più un desiderio che altro. Le paghino invece i Comuni o i privati, non potranno essere che poche, perchè le attuali condizioni non rendono sopportabile un ulteriore aggravio del bilancio comunale o ulteriori imposte, e se sono poche non otteremo lo scopo e spenderemo molto denaro senza avere adeguato servizio. Noi vorremmo quindi tolto e sostituito tutto il capitolo III del progetto di legge (§§ 21-32) ed affidata la vigilanza delle campagne alla gendarmeria, che tanto costa alla provincia, istituendone un servizio spesso, attivo, razionale, spogliato di tante attribuzioni per le quali non sappiamo perchè le provincie debbano spendere il loro denaro, intento precipuamente alla tutela delle campagne, che pure tanto contribuiscono allo stato, e ne sono anzi il principale sostegno morale e finanziario. L' altra questione di applicazione riflette il procedimento agrario, che il nostro progetto affida pure alle Comuni. Nemmeno con questo principio noi non conveniamo, perchè desideriamo che le ottime disposizioni di previdenza della nuova legge sieno seriamente attivate, diventino una realtà, una benedizione, che ci salvi dal malandrinaggio campestre. Abbiamo detto che le Comuni hanno già troppe attribuzioni, e che accrescerle varrebbe per noi a far dormire la legge. Abbiamo accennato alle condizioni tristi di moralità della maggior parte delle nostre campagne, ove più che autonomia occorrono un buon maestro, un nostro prete e pur troppo anche il gendarme, ove se non si trovano guardie, che di fronte ai danneggiamenti dei campi facciano il loro dovere, non si troveranno nemmeno capo comuni che si espongano coli' amministrare questa parte della giustizia a certa vendetta. Aggiungeremo che le' comuni cittadine dimenti- cario tal fiata la campagna, e che le foresi non hanno sempre persona, che anche volendo, sappia pronunciar sentenze. Non dobbiamo per ultimo dimenticare che è principio d' ogni bene intesa amministrazione della giustizia d' ogni stato basato sui principi di libertà e di diritto, che nessuna pena possa essere inflitta che dal giudice propriamente detto, allevato nello studio delle leggi, indipendente, alieno da timori di vendette, superiore alle fazioni ed ai partiti. La pena inflitta dal giudice fa più impressione, perchè quella dell'autorità comunale o politica non è sempre scevra del sospetto di spirito di parte, e d'altronde è pronunciata da quello stesso pubblico ufficiale che pronuncia nei reati maggiori ed infamanti, per cui la sentenza pronunciata dal giudice colpisce moralmente assai di più che se proviene dagli ufficiali comunali o politici o di polizia. Nè importa quale sia la lesione di legge che viene colpita, tanto è vero che il progetto di un codice di polizia, che si sta elaborando, affida al giudice la punizione di tutte le lesioni della legge di polizia, sieno queste leggi propriamente dette, o regolamento provinciale o persino ordinanza di previdenza, di ordine di polizia interna e di un capo comune. E senza attendere la promulgazione di una legge, che è ancora allo stadio di studio, la legislazione ha attuato questo principio nella recente legge sui vagabondi, sui precetti di polizia e sulla reclusione nelle così dette case di correzione. Lo stesso principio dovrebbesi attuare a nostro vedere anche nella legge presente e demandare al giudice la punizione di tutte le lesioni della stessa, restando ai comuni soltanto di stabilire eventualmente norme, che pel giudice diventano leggi, e di fornire a quest' ultimo la base della sua sentenza. Nè dovremmo più temere che le forme o le esigenze di prova della procedura giudiziaria tolgano elfetto al processo, in quanto che la nuova procedura penale ed il principio del libero convincimento che nella parte delle prove la informa ci fanno sperare anche dal giudice una procedura sommarissima, sollecita ed efficace. In questo senso vorremmo quindi modificato il capitolo IV del presente progetto, nel qual caso riteniamo però che prima della legislazione provinciale, dovrebbe quella dello stato stabilire i principi generali, a cui quelle dovrebbero informarsi nell' applicazione di questo progetto alle singole provincie. III. Premessi questi cenni ci occuperemo delle singole disposizioni del disegno di legge, che abbiamo preso ad esaminare, toccando, ove ne fosse il caso, anche il dettato, imperocché non ultimi requisiti di una legge sono a nostro vedere la chiarezza e la proprietà della forma. CAPO I. § I- Capoverso 2..... meglio "enti ed oggetti„, racchiudendo la parola * oggetto „ più il concetto di cosa mobile....... meglio "diretta ed indiretta,,.... fatta l'ag- giunta di uenti„ dovrebbesi dire "purché i secondi s trovino sul campo aperto. „ cap. 3.... meglio "ira le possessioni campestri,,.... dopo "d' ogni specie, dicasi "quanto etc., giacché altrimenti riterrebbesi che i torcni, i granai, i fenili, gli alveari etc. sieno una specializzazione dei fondi, locchè non è, quand' anche in determinati casi realmente o per finzione di legge debbano risguardarsi per cose immobili... innanzi a "frutti,, dicasi "nonché.„ § 2. Abbiamo di fronte un'assennata proposizione di un nostro possidente, *) il quale vorrebbe tolto ai Comuni il diritto di stabilire eccezioni alla regola, che non si possa lasciare il bestiame senza sorveglianza, eccetochè nelle tenute chiuse o in altro luogo recinto da siepi o da muri. Se in teoria non possiamo disconoscere l'aggiustatezza della sua proposta, la pratica attuazione della stessa ci sembra però dover urtare nello scoglio delle attuali nostre condizioni, sicché, pur desiderando che si possa un giorno dar colore al suo pensiero, riteniamo doverci per ora bastare il divieto in massima stabilito, lasciando ai Comuni un diritto di eccezione, di cui speriamo non abuseranno. Che i pastori cici ed indigeni sient» i danneggiatori non v'ha dubbio, ina d'altra parte è certo che essi non siedono nelle rappresentanze comunali e non concorreranno quindi a stabilire la temuta eccezione. In luogo delle parole „consiglio comunale" vorremmo poste "rappresentanza comunale„, giacché se vuoisi demandare il diritto della eccezione alle rappresentanze, e riteniamo per maggior sicurezza che lo si debba fare, la parola "consiglio„ non è a suo luogo, come non sarebbe propria se vi si volesse sottointendere "la deputazione „, senza dire che tale diritto non sarebbe bene affidarlo alle mani di pochi. _ i In luogo poi di "delle tccezioni„ dicasi "ecc«-zioni„. § 3. Se abbiamo bene inteso il «concetto di questo e dell' anteriore paragrafo, la legge non solo vuole stabilire, che fuori di luoghi recinti gli animali non possano essere abbandonati a sè stessi, ma esige unat speciale sorveglianza, quella di un abile pastore. Sorge però il dubbio che cosa stabilisca la legge nel caso della eccezione portata dal secondo capoverso del § 2. L'eccezione è ammessa soltanto nel § 2, non nel § 3, e quindi sembrerebbe che in ogni caso gli animali fuori dei luoghi recinti non possano essere che. sorvegliati da un abile pastore. L'eccezione però del § 2 tocca essenzialmente anche il § 3, giacché altrimenti questo renderebbe inefficace la eccezione stessa. Riteniamo quindi che dei due paragrafi se ne debba fare uno solo del seguente tenore : ' *) Il signor Giovanni Mandussich di Carnizza, di cui ci venne favorita dalla rispettabile Presidenza della società agraria istriana una breve memoria nella soggetta materia. Noi ne citeremo tutte le opinioui sia che concordino colle nostre o dalle stesse divergano. "Non si potrà abbandonare il bestiame in balìa di sè stesso, e quindi lasciarlo senza la sorveglianza di un abile pastore....„ "Qualora ecc.....„ Ci resta però sempre il dubbio quando il pastore possa dirsi " abile „ e chi lo debba qualificare tale. § 4. L'egregio autore della citata memoria vorrebbe che si facesse la seguente aggiunta : "Chi non dimostra con l'esibizione dell'estratto catastale o con contratto di affittanza di possedere sufficienti pascoli e prati per allevare o tenere un determinato numero di animali vacchini, cavallini, asinini o pecorini, dovrebbe inesorabilmente obbligarsi a limitarlo o anche disfarsene,,. A prima giunta questa disposizione, ottima per sè come mezzo di previdenza, ci sembrò urtare troppo nello scoglio della libertà individuale. Ma dal momento che riteniamo potersi obbligare i proprietari a far pulire le piante dagli insetti nocivi, proibir loro di togliere i nidi di uccelli sui loro alberi, nel caso di malattia contagiosa del bestiame costringerli ad assoggettarsi a misure gravosissime, e ciò tutto per lo stesso principio, quello dell'assoggettamento della volontà del singolo al bene tii tutti, opiniamo potersi giuridicamente difendere anche la proposta aggiunta al § 2. Teneri troppo della libertà individuale noi non vorremmo invero sagrificarla che in casi estremi a misure di previdenza, e come il già citato schema di un regolamento di polizia rurale del Comizio agrario di Padova vorrebbe obbligare soltanto coloro che sono sospetti di furto di campagna, e non possedendo gelsi, vogliono tener bachi di seta, a dichiarare preventivamente al sindaco il luogo, ove intendano allevarli, egualmente siamo dell'avviso doversi limitare la proposta aggiunta al § 2, di modo chè soltanto ai sospetti di furto campestre si possa imporre la limitazione del numero di animali, qualora non dimostrino di possedere corrispondente estensione di pascolo. Potrebbesi anche aggiungere con riflesso ai cran-zi che vengono a svernare in Istria che tale obbligo di limitazione potrà aver luogo anche di confronto a chi non è domiciliato nel comune, ove intende far uso del pascolo. Quanto all' ultimo capoverso vorremmo detto „passa per vie" ed in qualche modo meglio delineato il concetto troppo vago di "necessaria larghezza". § 5. Dicasi „su fondi".... fare eccezioni".... „rappresentanza comunale". La dizione „pascoli sui monti" o in qualunque altro luogo è impropria datrigettarsi. D'altronde l'aggiunta „qualunque altro luogo" rende inutile ogni specializzazione, per cui senza altra aggiunta basta dire che „la rappresentanza comunale in riflesso a particolari condizioni locali è autorizzata di fare eccezioni a questo divieto". L'aggiunta avrebbe ragione, di essere, qualora secondo altri (1. c.) si volesse limitare il diritto della eccezione ai soli monti. I motivi di questa limitazione („per non dar adito a favori e nel tempo stesso a lagni da quelli cui la domanda venisse respinta") non ci persuadono, sia perchè potrebbero valere anche contro il principio dell'eccezione pei pascoli sui monti, sia perchè il timore di parzialità in chi amministra una legge e di lagni in chi ne è amministrato, non è a nostro debole vedere un motivo, che possa comunque sia influire sulle determinazioni del legislatore. § 6. Dicasi „lo si deve". § 8. „Mandre altrui"..... Non comprendiamo, essendo del tutto indifferente che la mandra sia del conduttore o d'altri. Il progetto intende forse parlare di mandre che non appartengano al proprietario dei fondi attraversati dalle vie, su cui vengono condotte le mandre, ma allora la scelta dizione è del tutto infelice. Sarebbe più proprio il dire: „A passare di notte per istrado o vie, che attraversino campi o seminati non recinti, con mandre non appartenenti ai proprietari degli stessi seminati e campi richiedonsi la sorveglianza di persona a ciò designata dal capo comune e rimunerata dal conduttore del bestiame in base a tariffa stabilita dalla deputazione comunale (....„autorità" non basta, non sapendosi quale, nè lo stabilire questa tariffa è cosa da tanto da richiedersi l'intervento della rappresentanza....) nonché una licenza rilasciata dalla deputazione stessa con riflesso alle condizioni locali e debitamente notificata." L'aver stilizzato l'intiero paragrafo ci esonera da vari appunti di forma. Soltanto noteremo che il ricorrere alla competenza dell' autorità politica distrettuale, colla soverchia estensione della sua cerchia territoriale e colla poco felice ripartizione delle comuni tra le varie autorità politiche, ci sembrava cosa per nulla consulta e nella pratica malagevole assai. Soltanto ove il passaggio avesse da toccare vari comuni, potrebbesi ricorrere a questo mezzo, con tutto che noi vorremmo anche in tal caso meglio rispettata l'autonomia comunale. § io. Vorremmo detto „spigolare, rastrellare e raspol-lare" (che è il francese glanage), estendendo maggiormente questa ottima misura di previdenza. Vorremmo non limitato il divieto al solo tempo di notte, dacché il pericolo del furto esiste anche di giorno, tanto più da noi, ove per lo soverchio sminuzzamento della proprietà rurale e per le poche braccia di lavoro anche di giorno possono trovarsi singoli appezzamenti senza sorveglianza. Adottando la dizione di spigolare, rastrellare e raspollare non occorrerebbe dire „i frutti rimasti ivei giardini, nei frutteti, nelle vigne o sopra i campi." L'articolo 19 del più volte ricordato progetto di regolamento di polizia rurale del Comizio di Padova è assoluto : „Coloro che senza permesso spigoleranno, rastrelleranno e raspolleranno sui campi altrui, cadranno „nella contravvenzione prevista dall'art. 687, num. 3 „Codice penale, e saranno puniti colla relativa pena „agli art. 35 e 50 Codice stesso." icca detta di S. Martino di Gavardo che fu posto di ima e loro feudo nobile e titolato. La qual rocca spugnata nel 1110 dalle genti dell'imperatore Enrico F, fu ricuperata dai Bresciani intorno al 1121 e quindi pianata per evitare il pericolo che ricada iu mani ne-iche. Il luogo della rocca si disse da.allora Corte dei nardo, ed è nella pedemontana di Brescia ai conni di Luzago. Così il dott. Prospero Petronio nelle Emorie saere e profane dell' Istria, appoggiato a littori di cose bresciane e al Sigonio. (De Regno iliae.) Secondo antichi registri i Gavardo nei migliori rapi avrebbero avuto sulle loro terre della Bresciana i 18000 suggetti. Persone poi che hanno famigliari le Biblioteche gli Archiv» Municipale e Vescovile di Brescia riten-mo che i Gavardo, già vassalli dei Vescovi, avessero dato per le guerre di Ardiccio degli Aimani contro Vescovo Arimanno, e si fossero portati a Capodi-ria appunto intorno al detto anuo 1110. Lo stemma dei Gavardo è uno scudo partito per-mdicolarmente d' argento e di nero, tutto attraversato i bande dell' opposto colore, con sul cimiero del so-»postovi elmo, uno struzzo portante un ferro di callo nel rostro. Il ramo di Capodistria ha di più, nel ore dello scudo, altro scudetto d'oro con una lingua fuocata fra due freni. Questo distintivo speciale fu «lagnato alla famiglia, nel secolo XV da Santo Ga-r rdo I, con una azione, sono parole del Petronio, veniente nobile, anzi eroica. "Militando egli, (prose-e lo stesso autore,) una volta a' stipendi di Lanci-io (Ladislao) re di Napoli con titolo di Condottiere la sua cavalleria, venne a contesa con Rossetto di sua generale dell'infanteria, quale contrastando al ;ardo il vanto di poter dirsi italiano, lo rinfacciò barbaro e straniero, per il che disfidato dal Ga-do a duello, restò da esso vinto e costretto a men-sene alla presenza del re e de'suoi baroni, azione ! si guadagnò gli applausi di tutta la Corte, e che Ilo stesso re fu al maggior segno stimata; onde volle s d'allora in poi portasse nello scudo una lingua fuocata ristretta fra il tormento di due freni ecc.,, Il fatto è riferito anche da monsignor canonico incovich nella Biografia degli uomini distinti dei-Istria tom, III. pag. 10. Dalle memorie e dai documenti di sopraccennati «Ita poi, che mentre la famiglia Gavardo prese in-imento a Capodistria, si conservò anche a Brescia, re nel secolo XVI era divisa in due rami. Uno di isti, ricchissimo, cessò in Gio. Battista nel 1564: litro, dopo I' estinzione del primo, ottenne la civilità Brescia, nel 1580. Parecchi furono nel corso dei tempi anche in Brescia >vardo che si sono variameute distinti, ma per non alenarmi troppo dal campo delle cose istriane, mi librò a riferire, come il detto Gio. Battista, bello Ila persona e giostrato, re sopra ogni dire eccellente, te a tutti i principi italiani caro così che, senza di i,nou si fecero allora nè feste nè giostre in Italia, i anche mecenate generosissimo dei letterati, e lettelo esso stesso. Morì d' anni 42 e pochi mesi, e vuoisi bia lasciato una storia di Brescia che giace forse nenticata fra i manoscritti anonimi. In ciò riferisco Itrui opinione senza dividerla, parendomi che al to, avveduto e attentissimo autore delle Storie Breme, Federico Odorici, non avrebbe potuto sfuggire. Di Gio. Battista Gavardo dissero parecchi scrittori, ma più che altri Ottavio Rossi negli Elogi dei Bresciani illustri, Le Memorie manoscritte della famiglia Gavardo incominciano adunque con un frammento delle ^citate Memorie sacre e profane dell'Istria ecc. del dott. Prospero Petronio, (Parte I. lib. 3. cap. I. Delle famiglie ascritte al libro dei Patrizi nobili di Capodistria,) frammento nel quale, premesse le notizie sulle origini di cui sopra, sono registrati coli' ordine dei tempi : Gavardo Gavardo I, Gavardo Gavardo II, Santo Gavardo I, Rinaldo, Alessandro, Gavardo Gavardo III, Santo Gavardo II, Ottaviano, Gio. Francesco, Rinaldo II, Olimpio dott. e cavalier di S. Marco, Domitio, un terzo Rinaldo e Zuanne. Di Gavardo Gavardo I Capitano generale della cavalleria del patriarca Volchero e vincitore di Lodovico duca di Baviera (1210) nulla è detto più di quanto fu riferito nella Provincia; soltanto sono riprodotte le testuali parole della Antiqua Chronica Vino-rum Iustinop : armis et clara eruditione insignium. Di Gavardo Gavardo II (quondam Michiele) è ricordata la scalata di Candia (1366) e la custodia di Corfù. Poi è riportato nel testo originale un brano delle Cronicht della città, dal quale risulta, che il Gavardo fu sopra-comito precisamente della galea di Capodistria (tri-remis lustinopolitanae Praefectus) che ebbe compagno nell'ardimento, nel pericolo e nel successo uu Princi vai le degli Spelati, altro giustinopolitano, e che per cotesti meriti tanto il Gavardo che lo Spelati furono ascritti alla veneta cittadiuauza. Non ispiaccia una brevissima digressione sugli Spedali. Una Cronaca di Famiglie cittadine originarie venete, compilazione fatta su buoni documenti nei secoli XVI e XVII dice: Questi (gli Speladi) vennero da Cavo d Istria; erano delli antichi consiglieri, et romasero esclusi al serrar di quello, (del gran consiglio nel 1297,).... Furono già molto ricchi et furono compagni (della Calza.,) Hanno sepoltura ai Frari et pagorno de fattion ducati CXmille. Una fazione di ducati centodieeimille è tale che ha bisogno di spiegazione. Il Mulinelli, ex direttore dell' archivio dei Frari, nel suo Lessico Veneto alla voce fazioni scrive: Nei bisogni urgenti dell' erario accostumavasi di esigere anticipatamente V importo di due, tre, sei ed anche di dieci e quindici decime o gravezze: queste contribuzioni anticipate si appellavano fazioni, fatimi. Non vi sono dati per giudicare a quante decime corrispondesse la fazione pagata dagli Speladi, ma comunque sia, l'esborso di centodiecimimila ducati in una sola volta giustifica ad esuberanza l'asserzione che furono molto ricchi. L' accennata cronaca, nella quale è disegnato anche lo stemma della famiglia Speladi, esiste alla Marciana fra i Codici italiani, classe VII num. 27. Di Santo Gavardo 1 è ricordato ch'ebbe la condotta di 100 uomini, che nel 1452 diede la vittoria all'Abbadia di Ceretto contro lo Sforza duca di Milano, che preservò Crema ed altri luoghi dalle violenze de' nemici, che ricuperò dalle mani nemiche un grosso bottino, che essendo governatore di Brescia la liberò da un tradimento, e che nel 1463 spiegò ardimento e valore ammirabili nella impresa a lui principalmente appoggiata contro Trieste, impresa troncata dall' autorevole interposizione di Papa Pio II che fu Enea Silvio Piccolomiiii. Su questo proposito richiamo il lettore a quanto scrissi nel n. 8 della Provincia, e ohi vuol vedere di più, consulti Sabellico, il Verdizzotti, il Vero ed altre storie e cronache venete. Il Gavardo già nel primo impeto aveva occupato molte Castella arciducali sul Carso, fra queste Moccò, S. Servolo e Castelnuovo, il quale ultimo fu poi donato dalla repubblica alla famiglia di lui. Senonchè dopo le guerre tra la repubblica e l'imperatore Massimiliano, nella finale sentenza di Trento (1535) ritenutane la proprietà a favore dei Gavardo, ne fu conservato 1' alto dominio all' imperatore e per esso all' arciduca, ai cui tribunali e alle cui camere sarebbero di conseguenza andate le appellazioni, e forse anche qualche regalia o tributo. Ma i Gavardo fatto appena qualche duro esperimento, piuttosto che sottostare a poteri che non emanassero dalla loro bene amata repubblica, rinunziarono al castello, alla sua giurisdizione, ai suoi redditi, colla sola riserva che se in alcun tempo ritornassero nel dominio Veneto, ne ripiglierebbero il pieno possesso. Così il Petronio, che conclude 1' articolo colla narrazione del duello già riportata più sopra. Di Rinaldo Gavardo I è detto, più o meno, quello che è stato riferito nella Provincia, cioè i varii Servigi prestati per 25 anni alla repubblica, la sua missione (1454?) a Carlo Duca di Borgogna per distorlo dal discendere in Italia, l'utile influenza da lui esercitata sulle azioni e disposizioni di Bartolomeo Colleoni del quale fu fidatissimo segretario, la sua missione in Toscana per difesa dei collegati e in Isvizzera per raccogliervi gente d'arme. Si nota infine ch'ehbe in patria funerali pubblici e monumento nella Chiesa dei RR. PP. Domenicani. Anche qui poi è riportato un brano della cronica più citata, nel testo originale latino. Di Alessandro Gavardo è detto che nel 1511 fu eletto motu proprio del Principe, vice collaterale di Padova: poi è accennato a commissioni importanti e gelose nell' affar di Ravenna (1527) dove fu plenipotenziario e, in vacanza del provveditore, ebbe il comando generale delle genti a piedi e a cavallo. Di Gavardo Gavardo III è ricordato come nel 1514 operò da valoroso con una compagnia di 200 uomini mantenuti a sue spese contro gli Ùscocchi nel-l'Istria ; poi come con tre barche, armate pure a sue spese, prestò aiuti efficaci nell' impresa li Marano, come più tardi (1516-1519) cooperò all'impresa di Mon-falcone, mantenne la villa di S Antonio, e si offerse di dare in mano un grosso borgo e la stessa città di Trieste. Di Santo Gavardo II sono accennati servigi importanti prestati in terra ed in mare tra gli anni 1509 e 1532. Fu due volte sopracomito di galera, due volte prigione di guerra, poi nominato cavaliere e capitano degli schiavi a vita. Di Ottaviano Gavardo, che ancor giovanissimo aveva dato prove d'indole generosa e di valor militare congiunto a sagace prudenza, è deplorata la perdita prematura, seguita in servizio della repubblica conducendo munizioni da Orzinovi a Crema. Di Gio. Francesco Gavardo è detto che operò bravamente contro gli Uscocchi (1568 e 1578) dei quali riesci a prendere alcuni capi de'principali. Di Rinaldo II sono detti in generale i servigi che meritarongli il posto di vicecollaterale in Istria (1578). In fine è ricordato come in ducali del 1588 li casa Gavardo è dichiarata benemerita per contini* servigi prestati alla repubblica già centinaia d'anni fino ai tèmpi d' allora.. Quindi è detto dell' allora vivente dott. Olimpi creato cavalier di S. Marco con ducale di Nicolò Sa-gredo 14 agosto 1675, la cui minuta conservasi nel-Archivio dei Frari, mentre l'originale è posseduto dalla famiglia. Il dottor Olimpo Gavardo, uomo di lettere ave va "formato parte dell' 'ambasciata spedita dalli città di Capodistria a congratularsi col Sagredo del suo innalzamento al principato. Sono finalmente registrati un fratello del dotton Olimpo, Domitio di nome, dottore di medicina dotatoj d1 ingegno sublime e di già incamminato a VeneziaI nell' ordine dei primi medici ; — un Rinaldo dotton di legge istrutto nelle scienze nou meno che nella! bella letteratura, e un Zuanne capitano degli schiavi] dell' ordine de' segretari ducali, passato come tale in Candia col general Barbaro, ed altri. Tutto questo è detto nel citato frammento della Memorie sacre e profane ecc. del dott. Prospero Petronio, e fu ed è una letizia per me, come dev'esseri per ogni intelligente istriano, la scoperta di questi nuove pagine di manoscritto prezioso che si credette e non è intieramente perduto. Alcuni estratti della stessa parte 1,1' ho trovati fra i manoscritti di monsignor Giusto Fontanini alli Marciana. In essi è dato un elenco abbastanza particolareggiato di 66 diplomi o atti seguiti tra il 1000 e il 1300, nella città di Capodistria sotto li Patriarchi atti che riferivansi ai diritti dei patriarchi, sull'Istria e ai rapporti tra Istriani, patriarchi e veneti, atti che toccavano di Capodistria, Muggia, Pirano, Parenzo, Pola, Montona, Pinguente, 'Dignano ecc. ed erano privilegi d'imperatori, precetti di patriarchi, investiture, donazioni, concessioni, suppliche, concordi^ compromessi, statuti, patti, sentenze, commissioni, procure ecc. ecc. interessantissimo elenco, dalla chiusa del quale risulta che nel Petronio trovavasi ancora molta più copioso. In altro estratto è detto parimente dei patriarchi, dei vescovi, dei marchesi, vice-marchesi, gaJ staldi, vicedomini ecc. poi di Capodistria, di PietrapelosaJ di Albona ecc. Anche fra i manoscritti dell'illustre Apostolo Zenrt ci sono estratti delle memorie del Petronio, — sulllj famiglie venete originarie dell'Istria, — sui veneti eh« in Istria furono vescovi o coprirono altre principali sime cariche, — su alcuni feudi "ecc ; ma questi appartengono alla parte II, che è tutta intiera all' arn chivio. Io non ho dubbio oramai che le fatte scoperta guideranno a scoperte ulteriori, perchè a molti indizi m' accorgo che del manoscritto del Petronio v'erano più copie e molti estratti in provincia, a Capodistria di certo nelle case Barbabianca e Petronio, a Visinada ed al-* tri) ve. L'opera del Petronio, abb^nehè manoscritta, I stata lungamente una fonte aperta a tutti, e alla qual» ciascuno secondo i suoi studii attingeva: il Fontanini per le cose di Aquileia, il Naldini per la corografi* ecclesiastica di Capodistria, lo Sehöuleben per la sua Carniola antiqua et nova, lo Zeno per le molte moJ nografie che aveva ideato ad illustrazione delle cos« venete. Il frammento riportato nelle Memorie della famiglia Gavardo è copia di copia, autenticatala prima dal notaio Gasparo Corte nobile di Capodistria, la seconda dal notaio Fantiu Paruta, nel 1732 iuVisinada. Il manoscritto originale, o intiero o a frammenti, dev'essere in provincia, probabilmente a Capodistria o a Parenzoj e richiamo 1' attenzione e invoco vivamente la cooperazione attiva e sagace degl' istriani per iscoprirlo. La parte mancante che è la prima, deve contenere notizie generali sul-l'Istria, e speciali pel dominio dei patriarchi, più speciali ancora sulle vicende, i monumenti, le tradizioni, i costumi, il governo, gl' interessi ecc. della città di Capodistria e del suo territorio. La scoperta sarà preziosa, perchè il Petronio uomo erudito, fu raccoglitore quanto altri mai diligente ed appassiouato alle cose istriane, ed era a piena cognizione di quanto più se ne sapeva al suo tempo seconda metà del secolo XVII. Il suo manoscritto non è una storia, come non lo sono i Coin-mentarii del Tommasini, ma questi e quello sono raccolte di materiali storici così svariati, copiosi ed originali che al giorno d'oggi, dopo oltre due secoli, sarebbe diffìcile assai di rifare. Il frammento del Petronio segue un breve sum-mario de' servizi prestati dalla casa Gavardo da Capodistria pel corso di 400 anni circa alla serenissima repubblica di Venezia. È, come direbbesi, l'indice ragionato di una serie di parti, ducali, lettere pubbliche, fedi, patenti, conti, attestati ecc. dal 1366 al 1720, tutti relativi ai servigii ed ai meriti dei Gavardo già sopra registrati e di altri ancora. I nuovi sono: Roberto capitano di Castelnovo ferito mortalmente e fatto prigioniero con altri della famiglia nella presa di quel loro castello operata 1' anno 1509, dal conte Cristoforo Frangipane. Liberato sì col sacrificio della sua sostanza, prese le armi più tardi nella così detta prima guerra del Friuli (1515) e in quella di Ferrara. Gio. Filippo di Santo, che servì parimenti nelle guerre del Friuli e di Ferrara con quattro figli e 200 fanti a sue spese. Di questi è detto che consumò tutto il suo per la repubblica. Pietro, che servì prima in Dalmazia e nel regno di Candia (1664) venturiere a sue spese insieme al fratello Antonio che vi perì, e che poi (1685) fu spedito governatore delle armi a Capodistria, e quindi (1720) nella fortezza di Palma dove 1' anno successivo (1721) morì. Esso fu sepolto in quel Duomo ed ebbe iscrizione onorifica. Più avanti sono registrati ancora altri individui della stessa famiglia che si distinsero nell' una o uel-1' altra delle venete imprese, e che meritarono gli en-comii del principe. Sono questi : Gio. Filippo di Santo, il generale. Giusta ducale di Agostino Barbarigo 30 marzo 1491, ad imitazione delle paterne virtù diede mirabili prove del suo militare valore e prudenza, e servì con morito non volgare a' stipendi della Repubblica nella guerrra contro il principe Ercole d' Este di Ferrara. Gio. Francesco di Rinaldo II. Fu capitano degli schiavi del territorio di Capodistria. (Ducale 5 giugno 1618 di Antonio Priuli). Pietro, fratello di Gio. Francesco. Fu vicecollaterale di tutta la provincia dell' Istria. (Ducale di Giovanni Corner 1627, 13 luglio.) Rinaldo di Gio. Francesco dottor di legge. Cittadino originario assunto nell' ordine della cancelle- ria ducale ascritto al numero degli estraordinari, morì sommerso durante una pubblica missione in oggetti di sanità, viaggiando dailTstria alla Dominante. (Ducate di Francesco Molino 1649, 27 settembre.) Domando scusa ai lettori se il desiderio di non tralasciare cosa che giovi a noi di sapere mi portò a ripetere non poehi dei fatti già accennati negli articoli precedenti. Trattandosi di fatti domestici è meglio ripetere che omettere, e ad ogni modo il poco tempo che posso disporre per queste pubblicazioni non mi consentirebbe di fare altrimenti. A mia giustifica usurperò le belle parole che Donato Girolamo scriveva un dì al Poliziano : nos publica et privata distringunt, et nostra fere sunt temporis fiuta non studia. Io nutro lusinga però che di questi furti vorranno giovarsi i giovani istriani per far studii ordinati e severi sulla nostra storia, ed è perciò ch'io non mi limito ad accennare i fatti, ma ne cito a tutto rigore le fonti. Così chi vorrà prove potrà procurarsele facilmente nei documenti originali. Troppo si è demolito finora da taluni col muovere dubbii su quanto è stato faticosamente raccolto dai benemeriti che spianarono la via al difficile arringo. S'incominci ad edificare chè 1' ora è suonata. (Nel prossimo numero la fine) NOTIZIE. Dal verbale della seduta della Giunta Provinciale dell'Istria, 13 settembre a. c., rileviamo: che la Giunta accordava al Comune di Dollina verso certe modalità ed accordi da prendersi col Comitato stradale rispettivo, un sussidio di fiorini 300 per la ristaurazioue della strada di Lacotischie. Che il Comitato stradale di Lussinpiccolo venne sciolto e promossa l'elezione di un nuovo. Ha deliberato di rispondere, sopra ricerca del Municipio di Capodistria, che nou sarà per portare a discussione nella prossima sessione dietale alcuna proposta di legge in merito alla organizzazione provinciale degli impiegati comunali, ed al loro pensionamento. Ha deliberato di aderire in massima al progetto di legge concernente la tutela delle possessioni campestri elaborato dal Ministero di agricoltura. Assegnava alla Podesteria di Portole la somma di fiorini 100 a titolo di antecipazioni per spese relative all' epidemia cholerosa sviluppatasi nel Comune censua-rio di Gradisca; ed alla Podesteria di Pinguente altri 100 fiorini per antecipazione spese onde preservare il Comune dall'invasione del cholora. Ha preso per notizia la dichiarazione dell'i, r. Direzione del Ginnasio superiore di Capodistria di non essere in grado di corrispondere alla fatta domanda della Giunta; se prima che seguisse la recente disposizione ministeriale con cui fu introdotto in quel Ginnasio lo studio obbligatorio della lingua tedesca, fu sentito in proposito il voto della conferenza dei professori e quale parere eventualmente ne fosse stato emesso, non potendo dare ragguaglio su tali oggetti che alla sola autorità scolastica proposta. Assegnava dietro analoga ricerca l'importo di fior. 100 al Municipio di Aquileja a favore del Museo Municipale che si sta istituendo in quella città. Aderiva in massima al progetto di legge concernente la tutela delle possessioni campestri elaborato dal ministero di Agricoltura. Invitava la Podesteria di Pola a dare informazioni in seguito alla decisione della Commissione centrale pel riii tracciamento e conservazione degli oggetti monumentali di fabbriche, di appoggiare la domanda della Giunta per ottenere un sussidio pecuniario annuo per lo scoprimento, acquisto e conservazione delle lapidi e di oggetti storici della Provincia e principalmente di Pola verso garanzie per la conservazione degli oggetti esposti. Dal Comitato elettorale costituitosi in Parenzo, ci viene comunicato che, presi i necessari accordi, sono proposti a candidati per le elezioni al Consiglio dell'Impero i signori: Covaz Antonio possidente, di Pisino, per le Comuni foresi di Volosca, Pisino, Lussino. Giampaolo marchese Polesini, possidente di Parenzo, per le comuni foresi di Capodistria, Parenzo e Pola. Cavaliere, Francesco Dr. Vidulich,per le città borgate e camere di commercio. Giovanni Battista de Franceschi, possidente di Umago, pel grande possesso. Alla stazione di Pisino furono presentate quest' anno 22 cavalle madri di ogni età con puledri lattanti, 11 cavalle giovani coperte e non coperte, e 4 cavalli intieri; si premiarono 12 concorrenti con premio in denaro e 3 con sola medaglia. Sopra petizione degli impiegati comunali di Capodistria, questa Rappresentanza cittadina deliberava nella sua seduta del 1. Ottobre corrente, richiamandosi al voto preso dall'Eccelsa Dieta provinciale dell'Istria nella tornata 28 Settembre 1871, che fosse espresso il desiderio all'Inclita Giunta Provinciale perchè, ancora nella prossima sessione dietale, sia presentato un progetto di legge per la sistemazione degli impieghi comunali in provincia e per la formazione d'un relativo fondo di pensioni, incaricando di conseguenza la Deputazione di questo Comune a produrre analogo atto all'Inclita Giunta predetta con provocare il concorso in ciò degli altri comuni istriani. Persuasi ancor noi dell'importanza e dell'opportunità di assicurare le sorti degli impiegati comunali, finora sempre incerte e mutabili secondo il vario avvicendarsi di chi sopraintende alla pubblica azienda comunale, siamo sicuri che tutti i Comuni istriani faranno pronta eco alla ledevolišsima iniziativa di questa Kappresentanza, per impegnare col massimo calore l'instancabile zelo della Giunta Provinciale, sempre pronta a favorire ed appoggiare tutto che tende a comune interesse, perchè voglia mettere in esecuzione, più sollecitamente che sia possibile, il deliberato della Dieta 28 Settembre 1871. Non è, nò, questo argomento da potersi lasciare per la decisione ai nostri più tardi nipoti; ma spetta a noi invece risolverlo fin d'ora. Le incombenze dei Comuni sono tante e di così estesa importanza che richieggono l'opera di capaci officiali i quali sappiano disimpegnarle a dovere, nè si potrà mai esigere ne dagli attuali impiegati, ne dai sovvenuti, costante e intelligente lavoro, finché saranno trascurate le loro sorti avvenire. Alla chiusa del Congresso ginnastico italiano in Firenze si tenne un banchetto nella gran sala del Tiro nazionale. Allo Sciampagna incominciarono i brindisi, e il commendatore Peruzzi, sindaco di Firenze ha voluto bere alla salute dei rappresentanti e delle città di Gorizia, Trento e Trieste. Annunzio bibliografico. Diamo ai nostri comprovinciali una notizia che riuscirà loro assai gradita: è sortito il libro Le Georgiche di Virgilio, tradotte in ottava rima da Francesco Combi; opera postuma premiata dal congresso pedagogico italiano tenuto in Venezia nel 1872. — Venezia, tipografia Antonelli 1873. L' opera del nostro illustre concittadino, venne ordinata e pubblicata per cura del figlio Carlo Combi, il quale in questo lavoro ha riposto tutto 1' affetto. di figlio e di patriotta. La dedica dell'opera è fatta "alla diletta memoria di Leonardo D'Andri", nostro concittadino morto sul campo nelle file dell' esercito italiano il giorno 24 Giugno 1866. A guisa di prefazione l'editore ha posti "alcuni cenni della vita e degli scritti dell'autore,,. L'opera, come molti già sanno, conseguiva distinzioni da autorevoli giudizii. Il nono Congresso degli scienziati, che fu tenuto a Venezia, la dichiarava degnissima di onorevole ricordanza, e non venne ammessa al concorso, soltanto, per uno sbaglio di forma nelle modalità prescritte. L'anno scorso ottenne uno dei premj all'Esposizione del congresso pedagogico in Venezia, essendosi giudicato eh' era lavoro tale da onorare la letteratura italiana del nostro tempo. Binunziamo fd aggiunger parole che raccomandino questo libro, documento di grande valore, a sostegno e prova della nostra civiltà, davanti la grande patria. Il deposito dell'edizione per l'Istria è presso il Sig. Giovanni D'Andri in Capodistria. "Il prezzo del libro è di fiorini due„. N. 119. AVVISO. Imp. Beg. Scuola Reale Superiore in Pirano. Al principio del prossimo anno scolastico 1873-74; verrà aperto in questo i. r. Istituto anche il VII Corso, risultando così completa la Scuola Beale Superiore, in osservanza alla Venerata Sovrana Risoluzione 24 Settembre 1871. L'iscrizione degli scolari sarà nei giorni 3, 4, 5, Novembre venturo, dalle ore 8 alle 12 m. Gli scolari si presenteranno alla Direzione coi loro genitori, o con chi fosse legalmente sostituito. Pirano 26 Settembre 1873. L' I. R. Direzione. L'art. 687, Cod. pen. ital. dice: „Cadono in contravvenzione (contro la proprietà): „3. Coloro che senza la dovuta permissione e bri dei casi indicati negli art. 624 e 625 (crimine di furto) spigolano, rastrellano o raspollano nei ampi altrui, non ancora spogliati affatto dalla rac- tolta." L'aggiunta del Codice penale italiano, che i tnpi non sieno affatto spogliati della raccolta, è peciosa, talora inutile, e può dar luogo a contestazione dubbi. Osserviamo per ultimo che il permesso del roprietario del fondo non ci basta. Basterà per totere al glanage l'indole di un' azione contro l'altrui oprietà, non basta come misura di previdenza, perchè li facili passaggi da un fondo all' altro, colla man-Ma di continua sorveglianza da noi già accennata, permesso o la tolleranza dell' uno pongono a pericolo messi altrui. Chè se ci si opponesse peccare queste nostre os-tvazioni di soverchio rigore e di poca umanità e mdere a togliere quasi del tutto un' abitudine, di cui iviamo riscoutro già nella bibbia, risponderemo col ferente della commissione del Comizio di Padova, ime „la sicurezza del beneficio, la certezza di trovar fine senza lavoro, anzi che giovare, sieno nocevoli nmensamente alla causa dell'umanità, come quelle te abbrutiscono 1' uomo, rendendolo inerte, non culate del domani, meno ancora della sua dignità." Il glanage è furto o accatonaggio, e soltanto una riste abitudiue lo ha quasi consolidato in diritto," prò non fosse altro che per educare a moralità il stro popolo, per insegnargli a vivere di lavoro, a nettare sempre ed in qualunque contingenza e perij nelle minime cose l'altrui proprietà, restringiamo i ogni verso questa abitùdine ed avremo a lungo lare meno ladri. § 12. Salutiamo questo paragrafo come precipua base t togliere il furto campestre. Alla lett. b... meglio : „sui cigli e sui fossi strali, sulle vie e sui lembi dei campi." Del resto potrebbonsi unire le lettere b e c: „Pascolare il bestiame e tagliare o strappare l'erba, senza averne il diritto o il permesso, sui cigli (sui fossi stradali, sulle vie e sui lembi dei campi." Alla lett. d meglio: „Introdursi senza permesso del proprietario e «nza legittimo motivo sui fondi altrui." Questa dizione, suggeritaci dall' art. 17 del ogetto del Comizio di Padova, è più breve, più ìara, più assoluta e non ammettendo eccezioni, fa »giungere più sicuramente lo scopo. Inutile lo specificare il modo dell'introduzione un fondo, quando ciò può condurre a deludere la 5ge, inutile lo specificare i fondi, dacché a mio vele tutti i fondi e così anche gii orti hanno bisogno tutela, ed il proprietario ha il diritto di non volere ssuno sul suo prato, se anche mietuto, asciutto e m molle, sul suo campo se anche non coltivato, sul o terreno incolto se anche non indicato come luogo àuso, purché apparisca non essere pubblico passaggio. Alla lett. h.... meglio „le tabelle di divieto ed segni di avvertimento." Alla lett. i.... „le vie di uso comune attraverso i campi." Alla lett. Ti.... „danneggiare negli stessi moa.i i cespugli, che in qualche modo sono utili, o le piantagioni, che servono di circuito ai fondi." Alla lett. m.... „fare scavi." Alla lett. o.... „sui campi." Alla lett. r.... „in quanto che le azioni vietate „da questo paragrafo non cadano sotto la sanzione „della legge concernente l'uso e la conduttura delle „acque (lett. r) o quali reati di furto (lett. 1) o malizioso danneggiamento (lett. i, k, g) o per altra ragione „sotto quella del Codice penale." § 13. Dicasi „ove particolari condizioni locali." L'egregio autore della memoria già citata vorrebbe, si estendesse la stessa misura ai polli, ai suini, agli asini. Accediamo alla sua opinione pel pollame e diremo quindi „ai possessori di colombi, di galline e di polli d'India", ma non conveniamo nel suo pensiero di estendere l'ordine ai proprietari di suini e di asini, da uu lato perchè allora dovrebbesi farlo anche per le capre, per le pecore ed in genere per qualsiasi bestia, e d'altro canto perchè le disposizioni dei §§ 2—-9 ci sembrano bastare a tutelare i fondi dai danui degli altri animali. § 14. Sul contenuto di questo paragrafo fu tanto scritto e detto, che i lettori ne avranno a sazietà. Pure dacché ci siamo proposti di appuntare in ogni sua parte il propostoci progetto di legge, ne discorreremo brevemente ancor noi. Contrari a vincoli che, oltre a non essere necessari, ledono la libertà della proprietà, ci siamo altra volta pronunciati contrari al bando. della vendemmia, ammettendolo come via di mezzo soltanto con determinate guarentigie. Nella Provincia dell'anno 1871 abbiamo esposto in proposito le nostre vedute, e vi ci riportiamo. Con tutto che egregi giurecousulti ed agronomi in Italia, il Moli nei suoi studii sul progetto di un codice rurale in Fraucia, e varie autorevoli voci in Austria 10 reclamino, non sappiamo ammettere tranquillamente, appoggiati del resto ad altre autorità, uu provvedimento che troppo facile restrizione ai diritti della proprietà ci sembra ancor sempre un vestigio di regime feudale. Cercasi bensì di scusare il bando della vendemmia come opportunissimo dal lato della sicurezza dei raccolti a da quello anche dell'arte enologica. Nel secondo riflesso non sappiamo vedere che legittimo interesse abbia la generalità per costringere 11 singolo producente a far vino buono e durevole. L'esigenza dei consumenti costringerà più di qualunque bando il coltivatore a non vendemmiare uva che non sia matura e l'autorità preposta alla pubblica igiene ha mezzi sufficienti per impedire la vendita di uve o di vino che fossero dannosi alla salute. Quanto alla sicurezza dei raccolti riteniamo che il restare soli coli'uva pochi dei coltivatori non accresca i furti, ma al più li restringa a minor quantità di uva, e con ciò colpisca maggiormente quelli che non hanno vendemmiato locchè però non ei pare motivo sufficiente per restringere sì sensibilmente il diritto di proprietà di chi desidera vendemmiar prima. (Continua). CORRISPONDENZE -IlliW Huje 4 Ottobre. Nel giorno 13 del decorso Settembre dietro invito della Presidenza, radunavasi a Buje in seduta, il Comitato stradale di questo Distretto. Varii furono gli argomenti pertrattati. Ciocche però destava il massimo interesse si fu la relazióne della Presidenza sopra 1' operosità del Comitato dal 1 Ottobre 1872 a tutto Agosto decorso. Non sarà discaro alle Comuni rappresentate nel Comitato di conoscerne alcuni dettagli. Durante il suddetto periodo di tempo furono erogati i seguenti importi: a) In estinzione dei debiti lasciati dalla prima amministrazione......f. 746. 43 l) per pietrisco e lavori sopra la linea di Buje, dal laco di Lama fino al monte dei Olmi........... 388. 9 c) sopra la linea di Verteneglio, dal monte dei Olmi fino al confine di Citta- nuova compresa la linea di Villanuova „ 925. 30 d) sopra le linee di Cittanuova . . „ 516. — e) sopra la linea Carsette, Matterada ed Umago........... 1203. 79l/2 f) sopra la linea di Castagna . . „ 153. 13 g) sepra la linea da Buje a Grisignana e Piemonte.......... 253. 30 h) sopra la linea da Buje a Momiano, Berda, Merischie e Castelvenere . . „ 377. 85 i) sopra la linea Sterna, Cepich e Portole............ 325. 50 k) sopra la linea'Buje - Siciole . .' „ 184,45 l) per utensili ad uso dei Cantonieri „ 30. 33 m) per lo stipendio di 5 Cantonieri „ 802. 82 n) per provvigione sull'incasso ai cassieri comunali......• . . „ 56. 42 o) alla Giunta Provinciale mediante 1' i. r. Ufficiale Steurale a sconto dell'an- tecipazione........... 139.377a p) per spese postali......„ .97 Assieme f. 6103. 76 In questi importi poi sono compresi gli esborsi per diversi lavori straordinari ed urgenti, come la spesa pel tronco della nuova strada, che rasenta il piazzale di Buje; riparazioni di ponti in Cisa ed in Ferné di Buje ; paracarri sulla linea di Verteneglio come segnali di via per i casi di allagamento della valle; diversi tombini sopra le linee di Verteneglio, Cittanuova, Sterna e Merischie; apertura di fossi e costruzione di cordoni sopra la linea Cittanuova - Dada per St'Antonio; muro di sostegno sopra la linea di Momiano. Questi lavori furono eseguiti per la maggior parte in concorso dei respettivi membri del Comitato stradale sotto l'immediata sorveglianza e cooperazione dei Cantonieri. La necessità s l'urgenza erano i criterii che determinavano l'azione del Co- mitato : quindi alcune linee stradali, negli anni de-( corsi abbandonate e reclamanti ristauro, in quest'anno si ebbero una più generosa dotazione. Ora si stà pre-j parando il materiale per altri tratti di strada, che più ne abbisognano. E così si procederà man mano al governo dei singoli rami entro i limiti sempre dell' addizionale-stradale del 10%, non suscettibile di rialzo in questi, anni, più che calamitosi. Pur troppo gl' introiti non si seguono con quelli regolarità richiesta dai lavori stradali. Il sistema dell l'incasso delle addizionali mediante le Comuni per l'anno 1872 fece pessima prova. Solo le Comuni di Buje e Cittanuova corrisposero all' incarico. Le altre fecero qualche versamento, ma per esigere le restanzej si dovette aprire una serie di sceitturazioni, e final-j mente invocare 1' esecuzione politica tuttora pendente,1 E perciò fu di somma prudenza del Comitato^ di demandare l'incasso dell'addizionale prò 1873 al-j l'i. r. Uficio Steurale, che avea avuto anche l'esazione dell'addizionale prò 1871. Gl'incassi sono, è vero, lenti anche per la predominante miseria dei contribuenti, ma almeno offrono una garanzia per poter avere qualche antecipazione dal fondo Provinciale, senza la quale sarebbe impossibile continuare l'azienda stradale almeno sino a tanto che non sono ben regolate tutte le strade, e conseguito il pareggio dell'amministrazione. Gl'incassi fatti durante questo periodo amministrativo cioè dal 1 Ottobre 1872 a tutto Agosto anno-corrente sono i seguenti: a) Dalla Giunta Provinciale a titolo antecipazione...........f. 1000. — b) Dall'i, r. Uficio Steurale per restanze prò 1871 e pel corrente 1873. . . „ 1197.48' c) Dai Comuni di Buje, e Cittanuova l'intiera tangente prò 1872 con . . . „ 1757. 66; d) Dal Comune locale di Grisignana compreso Piemonte e Castagna conto 1872 ............. 287. 37] e) Dal Comune di Umago compresi gl'importi incassati in via esecutiva conto 1872 ............. 891. 431 f) Dal Comune di Verteneglio conto 1872 .......'.....„ 406. 72 g) Introiti diversi........ 12. 53 | Assieme f. 5553. 19 Ora confrontato l'Esito di f. 6103. 76 Coli'Introito di . . . „ 5553. 19 Resta un deficit di . . f. 550. 57, che l'amministratore dovea antecipare per non mancare alla fede dei contratti coi somministratori di pietrisco e per non far sospirare la dovuta mercede ai cantonieri ed operaj. A fronte di queste due antecipazioni, l'una dell'Inclita Giunta Provinciale e l'altra del Presidente del Comitato, abbiamo un credito: a) verso le Comuni di Grisignana, Umago, e Verteneglio a saldo 1872 di circa.......... . . f. 950. - b) verso 1' Uficio Steurale a saldo addizionale 1873 di circa....... 3500. — Assieme, f. 4450. —i Siccome però gl' incassi dell' anno corrente ser-hanno appena a tacitare le suddette due antecipa-ini, e siccome per conseguenza non vi sarebbe fondo cassa per sostenere le spese urgenti della stagione, qnali calcolate in seno del Comitato coli'intervento ii cantonieri e ridotte al minimo termine, compresa mercede ai cantonieri, ascendono a f. 2002, cosi il imitato deliberava di chiedere altra antecipazione 1 fondo Provinciale, da restituirsi cogl'incassi dei-inno 1874 mediante l'i. r. Ufìcio Sternale. Dopo ciò il Comitato approvata la gestione del 0 Presidente, passava alla formazione del preventivo 1 1874 e ridotto questo alla minima spesa possibile f. 4424, rimettendo ad anni più prosperi l'esecu-ine di alcuni lavori pur necessarii, deliberava l'attiene della solita addizionale del 10% sopra tutte imposte dirette da incassarsi mediante l'i. r. Ufìcio eurale. Chiudo il presente non senza osservare, che an-ein linea di polizia stradale la Presidenza del Comitato endeva vari provvedimenti ricercando l'assistenza delle spet-tive Comuni. N. C. S. Montona 21 Settembre. I nostri colli un tempo "di vendemmia festanti, ibiscóno il destino fatale di tutta la povera Istria. Molto lavoro, grandi speranze, ed uva niente, dire che scorsero venti e più anni dacché la eritema si è impadronita de' nostri vignetti, e che non ilsero nè cure di coltivazione razionale, ne solforarne per togliere o almeno menomare di molto tanto danno precisamente tanti anni quanti ci volevano i istabilire i prezzi mercuriali per i tempi futuri ile dare agli Istriani i famosi tre milioni di reddito Ito che l'Istria deve pareggiare alle Fiandre ed la Lombardia, e fare di Lei un' appetitoso Eldorado ! t qualunque cosa avvenga di peggiore a danno del-sgricoltura, perchè è di già molto se continuamente capitali vengono sottratti al lavoro e la finirà che terre rimaranno incolte, certo il peggiore è la manata del vino, che è la sola nostra risorsa. A Montona e nelle ville che la circondano, quel idi mosto che si ritrasse dall'uva basta appena a iprire le spese dello zolfo, e a Visinada, San Vitale, koiba, insomma nelle terre rosse dove c' era qualche ko di uva la grandine distrusse il prodotto, così ime se la natura volesse pareggiare tu^ti gli abitanti il distretto colla comune defficienza di tutto. Le cause i tante sventure sono da attribuirsi al untissimo in-erno, ed all'intempestiva gettata delle gemme, al mpo eternamente piovoso ed umido, e poi al solione le nei mesi della canicola abbrustolì ed uva e grame e tutto. Infatto chi attentamente osservava quel t di miseria che c'era sulle viti, vedeva disseccarsi frutto benedetto e sparire sempre più in ragione he si si avvicinava alla vendemmia. Si dovette quindi lori di stagione vendemmiare, ed anche questa è una insolazione per noi. Insomma uel distretto il prodotto è totalmente erdute, e se alla mancanza del vino si unisce quella el frumento, del granone, delle patate, non resta che laiche poco di oliva ed un' anno lungo lungo per spettare il prodotto nuovo. La prospettiva è brillantissima, specialmente pei calcoli che si fa su noi, e vedo già visi lunghi e meditabondi cui non giova confortare, e la fauna dei piccoli possidenti impallidire, e vedo altri impettiti passar belli e grassi sogguardandoci con occhio misericordioso...... Pinguente 28 Settembre. È triste il compito che mi assumo, perchè sanguina il cuore a parlare di miserie alle quali sarà ben difficile por riparo. L'incostanza dei tempi primaverili fece già fin d' allora presagire un' annata non troppo buona ; alle pioggie continue subentrarono gli ardenti calori, e la terra dei campi, che era melma, colpita dalla sferza dei cocenti raggi si convertì in croste. Addio speranze dei poveri agricoltori : il raccolto dei cereali fu nullo . alla lettera, e le debolissime speranze riposte nella raccolta delle patate, del formentone e degli erbaggi dileguarono ben tosto. Il Distretto di Pinguente raccolse formentone per una quarta parte del prodotto sperato, e bastante appena per due mesi pei bisogni del distretto; delle patate non se ne parla neppure ne dei capucci, dei quali il nostro contadino fa molto calcolo. Ma a tutta queste disgrazie il possidente avrebbe riparato, o almeno le stesse non gli sarebbero tornate troppo sensibili, se non lo avesse tradito il raccolto vendemmiale. L'uva spuntò pochissima, la pioggia ed i freddi la diradarono per metà, la crittogama, la siccità e la tempesta la distrussero affatto. Il distretto alla lettera non fece vendemmie. A formarsi una giusta idea basterà il dire, che i campi, ed in ispecialità le viti, alla metà di Agosto, presentavano 1' aspetto che sogliono avere alla metà di Novembre ; non un grappolo pendeva dai festoni, poche e sbiadite foglie addombravano la vite. E nuovo negli annali viniferi dell'Istria è il fatto, che Pinguente. abbia dovuto rivogliersi al mercato di Capodistria per l'aquisto di vino, come avvenne di questi giorni. Mai, da ricordo d'uomo, e giungo a dire mai da quando fruttò un tralcio di vite, il raccolto fu più meschino di quest' anno. Dall' esposto ognuno potrà facilmente idearsi il quadro desolante della miserevole condizione in cui trovasi il possidente del nostro distretto. Non un grano riposto nei granai, non un bicchiere di vino nelle pan-tine! Esso attende, non so se più instupidito od avvilito, colle braccia conserte, la tremenda miseria che non può evitare ; come appunto altra volta, colle mani fra i capelli, mirò 1' adensarsi della tempesta che distrusse il suo campo. E ad accrescere il suo avvilimento, e la sua disperazione, concorre potentemente l'esattore delle pubbliche imposte, che seuza speranza di un risultato,, ingiunge la esazione, perchè e assolutamente impossibile ü mungere ove non ne esiste. E bella e buona la disposizione del sig. ministro delle finanze, la quale vieta la produzione di domande collettive presentate da Comuni per la sospensione dei passi esecutivi nella esazione delle imposte, ma in casi eccezionali è d'uopo derogare dalla stessa, in ispecialità quando tale derogazione è imposta dalla necessità. La miseria e relativamente il bisogno in provincia sono generali ed incompresi; ed è appunto perciò, che ai comuni spetta V obbligo di provvedere ai rimedii per quanto è dato loro di poterlo fare. Le singole domande di sospensione sarebbero innumerevoli, e in molti comuni tante quante quasi sono le famiglie; ed importerebbero una spesa non inconcludente, impossibile, a coloro che dovrebbero produrle. L'accoglienza de7le domande collettive era quindi imposta dalla necessità e per viste di risparmio ed avrebbero dovute essere prese in seria considerazione. Comunque sia senza indugio, i comuni e l'Inclita Giunta provinciale devono provvedere a quei mezzi che almeno in parte valgano ad alleviare la miseria degli abitanti di questo distretto. Non sarà inopportuno l'estendere un memoriale e provocare la immediata sospensione delle esecuzioni per l'esazione dell'imposta fondiaria. Sarà pure cosa utile di ripetere la domanda per 1' apertura dei lavori della ferrata e l'Inclita Giunta provinciale dovrebbe cercare il possibile per dar principio ai lavori di quelle strade il cui tracoiamento venne già eseguito, o sollecitare il tracciamento e 1' esecuzioue di quelle altre che imperiosamente sono reclamate dai bisogni della provincia. Pisino 25 Settembre. Non varrebbe la pena quest'anno a far menzione della vendemmia se non fosse nel proposito di voler contezza d'ogni fatto relativo alle nostre condizioni, per valutarle ; dappoiché le medesime sono sottoposte all'influenza di accidenti fortuiti e di raziocinj astratti, forse piti che alle ragioni che potentemente dovrebbero imporre sull'economia privata e sul benessere pubblico. Il raccolto dell'uva fallì del tutto. Già da bel principio le viti fecero precoci pochi getti, che pel sopragiunto freddo e pelle pioggie perduranti in primavera, tralignarono; la crittogama e le solite ritoccatine di tempesta compirono la maledizione, sicché intieri jugeri di Alari non diedero che qualche manata di grappoli senza succo, che i contadini raccolsero per spremere un po'di acido a farsi della bevanda non del tutto esecrabile, avuto ìispetto all'origine sua, dalla sempre venerata vite. Non è già che non trovaronsi de' singoli grappoli atti a dar mosto, ma per salvarli si vendemmiò prima del tempo debito, tutt'insieme. Nella campagna Conte Montecuccoli, molto ben tenuta, sopra venti jugeri di arativo vitato si ebbero quattro brente d'uva che potranno dare in tutto circa un emero di mosto. Alcune eccezioni, come sempre, per piccole particelle, se n'ebbero anche in quest'anno, là dove ci sono viti vigorose, in terre messe iu coltura di recente, all'atto della piantagione, e nel paese collinoso in qualche posizione riparata o favorita da chi sa quale causa. Su questo rapporto osservo quanto erroneo sia il concetto che i teoretici si fanno delle posizioni verso settentrione. Il significato della parola settentrione desta un'idea triste, di freddo, bora e stratempi; ma in un paese come il nostro a colli di poco rilievo, non vi si risentono le gran differenze, anzi nelle nostre pendici verso Nord v'è di solito più uva perchè sovr'esse inveisce la bora nei mesi quando non c'è l'uva sulla vite, mentre sulle pendici verso oriente, scirocco e meridie, pel continuo ed infesto scirocco vengono sbattute le viti da perder» talvolta i grappoli in gran parte. In un appezzamento favorito dalle incostanze feci quest'anno sopra un jugero e mezzo di arativo vitato e mezzo jugero di vigna pura, sedici emeri di mostoj Adduco ciò non già come un esempio del massimo di produzione possibile, perchè se le viti s'imbizzarriscono a voler produrre, e vada loro tutto a propizio, sona capaci di presentarci un prodotto maravigiioso, il quala è però un eccezione alla regola anche negli anni miJ gliori; accenno il fatto per mostrare quanto soverchia-j mente fu compensato il contadino che lavorava a mez-j zadria questo piccolo appezzamento, chè se vuoisi va-j lutare l'opera sua a mercede di giornaliero con fiorini trenta (servondosi egli de' paletti nell' attiguo mio boscoj e dovendo io concorrere colla metà dei vendemmiator e condurmi l'uva a casa e d'altro canto valutare la sua porzione di mosto con fiorini centoventi, egli ne trad un guadagno che passa i limiti oltre ragione. Perchè adunque, si dirà, non coltivate voi per conto vostro? Egli è perchè sono certo che dopo le spese, il pensiero ed ogni sorta molestie, non farei un raccolto maggiore della metà che percepisco ; perchè durante l'anno mi sarebbero state danneggiate le viti col pascolo chi sa quante volte, e nel maturare dell'uva me l'avrebbero mangiata e rubata continuamente. Le nostre campagne o disunite o addentellate colle altrui, o distanti, ci è quasi impossibile di farle sorvegliare per tante ragioni che qui per brevità ommetto di accennare, i contadini possono farlo perchè si temono reciprocamente, ed è per ciò che i possidenti invocano; sempre la legge sulla tutela dei campi, unico presidio nostro, e fattore indispensabile pel progresso agricolo. L'abbiamo già in prospettiva; purché, per sottili interpretazioni di diritto, anche questa legge non riesca inefficace, inapplicabile ed infine lettera morta. In questioni di diritto, forse non guasta tanto il sentimentalismo, quanto il voler far pompa di erudizione, e la facilità di essere sistematici anziché studiarsi per vedere le cose da tutti i lati, e si trapassa ai sofismi ed a'cavilli che fiaccano ogni buona disposizione. Il quesito: "se e fino a qual punto il diritto di proprietà possa legittimamente subire l'influenza del principio dell'utilità pubblica», porta una soluzione di tanta importanza e di tale plasticità, che può venire proposta ed emendata in qualunque stadio di progresso si trovi la società, perchè esso quesito è inerente al progresso stesso. Notizie e documenti per la conoscenza delle cose istriane. I Gavardo di Capodistria. (V. numeri 13, li e 15 della Provincia) Mantengo la promessa fatta ai lettori della Provincia di completare le notizie sui Gavardo di Capo~ distria, giovandomi e delle Memorie di famiglia messe a mia disposizione dagli onorevoli discendenti ed eredi Gavardo, e di altri documenti rinvenuti nell' Archivio dei Prari dietro indicazioni gentilmente favoritemi dai cavalieri Toderini e Cecchetti. I Gavardo, antichissimi di Brescia, tennero la