ANNO VI— N.15. Sabbato 12 Aprile 1851 ■ Esce una volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini ti. Semestre in proporzione.— L'abbonaménto non va pagato "ad altri che alla Redazione. ! i i. i t-HI i ; -LETTERA Del Conte GIANRINALDO CARLI Giustinopolitano. Intorno ad alcune monete, che nelle Provincie del Friuli, e dell' Istria correvano ne' tempi del Dominio dei Patriarchi Aquilejesi. 1 Al Nobile, e Reverendissimo Signor Abate GIUSEPPE BINI Protonotario Apostolico ed Arciprete di Gemona. (Continuazione e fine. V. N. 14.) Per conoscere 1' autenticità delle antiche carte con più occhi considerarle attentamente dobbiamo; nè basta per giudicar apogrifo un documento, il vedere, che l'indizione,, eoli' anno discordi; bisogna far riflesso sul luogo della data; ed osservare, 6e in quel Paese si servissero dell'anno, e dell'indizione, che comunemente si usavano. Qui a Venezia per esempio avevano ed hanno, differente sì l'una, che l'altro ^tenendosi l'indizione Costantiniana, che al primo:di Settembre si rinuova; ed il principio dell'anno, come detto abbiamo.ai XXV, ed ora al primo del mese di Marzo. Nè io starò qui ad esaminare se quelle monete romane, le quali hanno lo stesso conio del Ducato, o Zecchino, coli'epigrafe da una parte ROMA CAPVT. MVNDI. S. P. Q. R,; e dall'altra S. PETRVS, e SENATOR. VRBIS siano di questo i' originale. Voi facilmente potrete accorgervi, confrontando i tempi nei quali, e l'uno, e le altre furono battute. Il Ducato lo abbiamo nel mese di Marzo l'anno i284. Se di tempo anteriore si troverà la moneta romana, bisognerà dire, che questa fosse il modello; altrimenti per quante congetture portar si possano per altra strada, o saranno insussistenti, o non bastanti a farci conoscere la verità. Ora per quello che riguarda il valore estrinseco del Ducato d' oro in Friuli, diremo, che si spendeva per danari aquilejesi 64. Cosi ritrovo scritto nel Codice MS. di Ambrogio Canonico, e Tesoriere di Antonio Patriarca, ltem die XV Octobris recepii, a Marchiussio de Marcliiussio de Pratnpergo nomine ejusdem Domini Pancerrae Du-catos quinquaginta in ralione LXIIII: denar: prò quolibel. Del valore, che in Venezia aveva il Ducato, non è mio istituto il parlarne, nè credo, che alcuno così facilmente ne verrebbe a capo, per le grandissime alterazioni, che si veggono fatte in ogni tempo in qualunque sorta di Moneta, Pure per soddisfazione di chi volesse fare su tal proposito, qualche studio, addurrò qui una nota, che tengo presso di me, cavata dalle parti del Maggior Con- 1517. 1520. 1529. 1562. 4 4 si 13 4 14 4 10 16 18 12 16 siglio, nella quale si vede l'accrescimento di'questo Ducato. Sarà però suo peso il distinguere il tempo, in cui cominciaronsi le lire dei soldi di rame ; avvertendola io, che-ne'primi secoli erano d'argento, come abbiamo notato. ' Avvertirà pure, che siccome il grosso valeva quattro' sòldi Veneziani, e che la parte dice, che il Ducato spendere si ■dovesse per grossi diciotto ; così, che questo nel 1284 valeva solo 72. Anni ■••-■■»• i . 1285. 2 Giugno fu presa parte che il ducato d' oro spendesse a soldi 40. L. 2 : 1397. 3 Ottobre fu valutato a S- 93 . . . L. 1429. 29 Luglio montò a S. 104.....L. 1443. 27 Gennaio fu cresciuto a S. 114 . L. 5 1472, 29 Marzo fu fissato aS. 124 .... L. 6 16 Ottobre montò a S. 130 . . . . L. 6 giunse a S. 136........ L. 6 arrivò a S. 158 ........ L. 7 si valutava . ........L. 8 1573. valeva...........L. 8 1594. 18 Ottobre si cominciò a ricevere per L. 10 1608. era computato . •. v . . . . L. 10 1638. era valutato . . . . . . . . . L. 15 : — 1643. si prezzava . . . .... . . L. 16 : — 1687. 11 Marzo Correva. . . . . . . L. 17 : — E qui vedrà ognuno quanto sia difficile Io stabilir prezzi a proposito di monete, quando particolarmente ci vogliamo distaccare dal secolo XIV, dopo il quale si mutò lega, si variò peso, e si cangiò con questi il valore. Dai soldi Veronesi si facevano anche delle marche in Friuli, e spesse fiate ritroverete marcam solidorum, o denariorum Veronensium. Questa marca valeva soldi 160, numero già stabilito; ma siccome un soldo era minore del danaro aquilejese, due piccoli; così per ridurla a questi, diremo che una marca de'soldi valesse solamente danari 137, e piccoli due. Noi ne abbiamo la pruova appunto per mezzo de'piccoli. Cento e sessanta soldi, a ragione di piccoli 12 l'uno ; fanno piccoli 1920. Cento, e sessanta danari aquilejesi, che la Marca facevano aquilejese, a rapporto di 14 l'uno, danno piccoli 2240, dunque la marca di soldi sarà minore di questa de' danari, piccoli 320: ma questi ridotti in danari aquilejesi ne fanno 22, e piccoli 12. Da 160 danari però che costituivano una marca aquilejese togliete via danari 22, e piccoli 12; ne resteranno per l'appunto 137 e pie. 2. Ed ecco il valore, che da principio avea stabilito della marca de'soldi a ragione de' danari dei Patriarchi. Si veggono nominati nelle antiche carte an- che i Bisanzj moneta d'oro di Costantinopoli, ma di questi ne faremo in altra occasione discorso. Dobbiamo per ultimo dir qualche cosa delle marche d'oro il prezzo delle quali è fin' ora ugualmente i-gnoto, che quello delle altre sovra esposte monete. Questo io ritraggo dalla parte del Consiglio di XL che ho esposta di sopra, ove leggo quod debeat laborari moneta auri communis, videlicet 67 prò marca auri. Ecco il valore di questa marca, eh' era di ducati d' oro 67. Tale numero però di ducati, a ragione di danari aqui-lejesi 64 l'uno fanno danari 4288. Dunque nel Friuli tanti danari comprendeva la marca d' oro. Dovrei ora ridurre tutte queste monete aquilejesi al valore della nostra corrente moneta veneta: ma questo è un impegno, che richiederebbe un' intera dissertazione, non che i ristretti conGni di brieve lettera. Due vai-lori hanno tutte le sorte di monete, cioè intrinseco, ed estrinseco. Intrinseco chiamo quello, che ne risulta dal peso, e dalla lega delle medesime; ed estrinseco l'altro, che in loro hanno assegnalo il Principe, ed il commarcio. Per giugnere dunque alla cognizione del valore di quelle monete, che nelle Provincie da'Patriarchi erano in uso, non basta saper quanto pesino, e quanto vagliano riguardo alla lega, ma saper ancora bisogna per quanto in que'tempi spacciavansi ; essendo in petto del Principe il far correre anche monete di cuojo collo stesso prezzo di quelle d'oro, o d'argento. Osservar dunque bisogna per prima cosa *1'estrinseco valore della moneta. Chi però volesse saper ciò per mezzo dell' intrinseco, se prenderà per esempio il Grosso, il Fiorino, il Ducato, e gli farà valutare per mezzo del peso, e della lega non arriverà mai alla cognizione del valore che aveano una volta, quando non si spendevano a ragione di peso, e di lega, ma di danari. Farà duopo pertanto consigliarci con questi, e vedepe (giacché ne abbiamo in gran quantità) di quanto valore esser potevano, e rilevar questo dall'intrinseco della moneta; giacché non si può fare altrimenti. Meglio però farebbe, chi potesse andar tutto per via dell'estrinseco, per cui replico corrono le monete; e questo per mezzo de' documenti. Bisognerebbe per arrivarvi, ritrovare carta che dicesse per esempio, essersi comprato in que'tempi uno stajo di frumento per danari quarantotto. In Yenezia ora si divide lo staio in quattro quarte, onde si direbbe, che allora una.quarta di frumento si comprava con otto danari. Ma siccome oggidì, ordinariamente una quarta di frumento vai lire quattro veneziane; cosi, si verrebbe a sapere, che ne'tempi antichi valesse un danaro quanto tra noi vagliono dieci soldi. Rilevando poi quanti < danari comprendesse ogni nna delle altre monete,,« arriveremmo subito a fare il rapporto d' esse colle nostre, venete, computando il valore estrinseco d'ogni danaro, a quello che noi.ora diamo a dieci soldi de'nostri. Cosi ht si dovrebbe; ma far così non si può. La scarsità de'documenti ci leva ogni maniera. di farlo. Non ostante anche questo calcolo patirebbe le sue crisi, non sapendo noi quale fosse fa misura antica del frumento, nè sa il prezzo fosse sempre lo stesso, variando tutto giorno anche il nostro. Aggiungasi a queste un! altra difficoltà : ed è, che mai non si può venire all' ultima precisioii del valore,»per la grande alterazione che ne' danari aquilejesi si vede riguardo alla lega, ed al peso. Imperciocché nei Jprimi tempi si veggono d'una grandezza, ne' mezzani di un' altra, e negf infimi di un' altra. Così fu ancor della materia; poiché quei che battuti furono da Lodovico di Tech ultimo Patriarca Principe assoluto, per la decadenza del dominio, e della forza, al rame quasi si rassomigliano. Per questo diremo noi, che allora, una lira non valesse 20 danari, un fiorino 63, un ducato 64,f una marca 160? So che particolarmente il Fiorino, ed il Ducato ascesero a miglior prezzo; ma nacque questo, dall'e.-sere in ogni luogo cresciuti, anziché dalla qualità intrinseca del dinaro del Patriarca. Essendo Io stesso se il Principe volesse far valere il soldo di rame, quanto vale una lira ; mentre non si ritroverebbe alcun nello stato, che per un Filippo moneta estera, volesse darne più di undici. Nelle monete dunque osservar bisogna il loro estrinseco valore: perchè altrimenti se vorremo andar per via dell' intrinseco, bisognerà far nuove somme sotto ogni nuovo Patriarca, anzi farne varie sotto ogn'uno dei Patriarchi, perchè i danari di quesii non si trovano giammai uguali. Che s'ha dunque a fare? non dovendosi ridurre le antiche monete a ragguaglio delle nostre, col loro valore intrinseco; nè potendo ridurle intieramente coli'estrinseco ; mi sono prevalulo di una strada di mezzo servendomi, sì dell'uno, come dell'altro. Ho ridotto, come veduto avete tutte le monete al numero de' quei danari aquilejesi, da' quali erano formate; e poscia dopo varj confronti e pesi ho scelto uno dei danari più conservati, che mi abbiano potuto venir alle mani, e Hella lega più fina che abbia ritrovato ; essendo certo, che il valor estrinseco non sarà stato minor dell'intrinseco. Fu questo uno dei danari di Bertoldo Patriarca che vivea nel principio del secolo XIII, e fatto pesare, da perito Artefice ha fatto rilevare il suo valore riguardo alla lega. Questo mi assicurò che detto danaro pesava qualche cosa di più di cinque carratti, e mezzo, e che per la purità dell' argento, senza confronto migliore del nostro, s' uguagliava al prezzo di nove soldi veneziani. Giunti alla cognizione di questo possiamo fare il seguente catalogo : I. Un danaro aquilejese valeva soldi renti L.— : 9 II. Se con 20 danari si faceva la Lira, ne seguirà, che questa fosse di soldi 180, cioè L. 9 : — III. Il Fort one, che ne avea 40 sarà stato di L. 18 : —. IY. Il Gianningio fog. 784 e Monsignore Fontanini delle Masnade fog. 38, asseriscono, che la marca de* danari valesse nove lire venete/ danari se?, * 0" piccoli otto. Ma e l'ano, e l'altro di gran lunga s'ingannano. So che anche al dì d'oggi per una marca11 s'intendono lire otto; ma questa non è ona marca aquilejese; e chi avesse una di queste, ridotta al valore-delle nostre correnti di lire otto, avrebbe* commesse Un errore sesquipedale. Dicemmo che-il danaro Patriarcale, eh'è d'argento si paragona al prezzoli soldi nove. Se1 però la marca d" Aquileja avea 160 danari; ne seguirà, che comr. prendesse la somma dei soldi 1440, la quale' ridotta in lire fanno ■ '••> • ' ' > • 72 : — V. Per non attediarvi però a forza di lunghi: calcoli dirò delle Forestiere1 monete succintamente così: La Lira de'soldi; L. 7 : 14 VI. Il Fiorino • Nella chiesa si leggono le inscrizioni di una Chiara della Torre cha fi» »posa a Giovanni HofFer capitano;di Duina morto) combattendo contro i Turchi intorno] il 1544, la quale ritirossi in questo cenobio insieme a due ; sue; figlie Paola che preso il velo ebbe nome di Eufrasia, e l'altra che conosciamo soltanto sotto il nome religioso di Ambrosina, morta Chiara nel di 13 giugno 1546, sepolta nella stessa tomba, nella quale ventìdue anni.. più tardi, Eufrasia divenuta abbadessa fu deposta dalla sorella Ambrosina. i ... CLARÀE • TVRR • VXORl • JOANNIS • HOFFERI FERD • ROM • REGI • CONS ET «DVINI-PRAEF A 'jTVRCIS • ACRITER • PVGNANDO • CAESI QYAE.' OB RELIG'ET'IN' FILIAS * EYPHRAS ET AMBROS VIRGINES , HVIVS • SACELLI • YESTALES * AMOREM HIC - CONDÌ • VOLYIT • FILII • PIENTISS POSVERE ;■> VIX"- ANN • LIHI * MENS - VI • DIES • XVII Poi si legge aggiunto: ET • EYPHROSIAE • FILIAE • ABBATISSAE EXIMIA • IN • DEVM. • RELIGIONE • ET IN *•• HANC • VESTALIYM • FAMILIAM PIETATE • SINGVLARI • AMPROSINÀ HOFÉRA • MOERENS • P • SORORI •. CON j CORDISS • QVAE ' VIX - ANN • - XLIII .. . j MENS * Vili • D'/ XXVII I-.' " OB • MDLXXIIivL.V/a ," L'altra leggenda è in onore di Orienda.Bonomo gentildonna^ triestina : . . a , v . . , , : ,..i i»tf g li (I /i..:.:, » „'d • i- '»■« fi i.. • j. .., ■ ìj . ,vì ■ : i'» . .1) QRIENDAE • BONOMO , . . - NOB t EXIMIAE * FIDEI « . . PIETATIS ATQVE fPROBITAtIS * MVLIERI r.'.',.'. . . VALERIA ET /EVPIIRASIA , , . EJVS FILIAE • MOESTISSIMAE ' , ' POSVÉRYNT • OBIIT • XIV • AVGVSTI - MDLXXXXYini II' vescovo Ursino de Bertis, che sedè-in Trieste fra il 1600 ed il 1620, diede alle monache di Si Cipriano la regola della congregazione benedettiria Cassinense che tuttodì osservano, e fissò a triennio la durata della caricaci badessa. < \ .. it Del 1702 avvenne che bollendo guerra tra Francia ed Austria per la successione spaynuola, e presentatosi dinanzi a Trieste il cavaliere Forbin con flotta gallo-ispana. per bombardarla, : le. monache lasciarono il convento e ripararono, in Sagrado nel> palazzo dei Conti della .Torre ove rimasero sei mesi; l'.abbadessa era una contessa della Torre, a mori in Sagrado durante quel tempo, sepolta, in Duino. Cosi del 1797 per timore dei Francesi le monache ripararono in Capodistria in quel convento di Clarisse ove si trattennero alcune settimane. ..? • ■ • a. . Durevole è la fama della santità di quelle pie madri, mantenutasi illibata in tutti i tempi. Fino alle riforme di Giuseppe II e dal 1550 impoi, nel convento riparavano non solo patrizie di Trieste, ma anche illustri dame della prossima contea di Gorizia; e vi attendevano alla preghiera, ed alla educazione entro le mura di giovani donzelle. Alla fine del secolo passato furono incaricate della pubbliche scuole per fanciulle, secondo il sistema generale; dura però l'educandato, l'edilizio del quale, o piuttosto 1' aia destinatavi fu costrutta nell' anno 1685. ..... Il numero delle madri è d'intorno a venti, che ristrettamente c vivono da proventi di propri beni, e da sussidi del fondo di religione. Piccola è la chiesa, però assai decente e ben tenuta; piccolo il; convento, servendo parte degli edifizi ad uso delle scuole; piccolo il giardino. Neil' interno del chiostro vi ha cappella che serve alle devozioni private, ed alle radunanze in capitolo, e nella quale si seppellivano le. monache, alle quali è or assegnato sito, determinato nella necropoli generale. Il governo interno della famiglia religiosa è poggiato ad una Badessa, supplita:da Vicaria; alle cose di religione provvede un confessore ordinario, ed un cappellano, all'economia un procuratore. ■ > ■ . Di questo convento dirassi essere l'unico di donne nella penisola, istriana che superò'le vicende dei tempi -e le ^riduzioni di Giuseppe II e di Napoleone; alla fine del^secolo passato y' erano conventi di donne in Pola, duo in Capodistria. . Quello di Pola intitolato a Si' Teodoro, quivi tra-sfferUp;da.S. Caterina,ovenne^scipito nel 1790 per insalubrità dell'aria, e le monache si unirono a quelle Benedettine di S. Gìov. Laferano di Venezia, indi a quello di S. Anna di Castello pure da Venezia. In Capodistria erano due i conventi di donne, Agostiniane a S. Biagio, Francescane a Santa Chiara ; del quali conventi è roemo-rabile'il primo per essere stato- (mentre era deserto di monache) dato dal celebre cardinale Bessarione in commenda all'Arcidiacono di Capodistria -Nel 1806 all'occasione della concentrazione di monasteri, ambedue si fusero in iun solo. Poco stantet anche. questo convento abbinato si sciolse, non per atta di governo, ma per propria determinazione. -, , ; \ •1 ' ; . . ' -"i-1 s. ;