ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 original scientific article UDC 091:821.131.1.09-1(497.4Izola) received: 2014-12-02 I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA COMMEDIA. PIETRO CAMPENNI DA TROPEA E IL SUO SOGGIORNO A ISOLA D'ISTRIA Valentina PETAROS JEROMELA Plavje 109/g, 6281 Skofije e-mail: vpetaros@me.com SINTESI Pietro Campenni, originario di Tropea, durante il suo soggiorno a Isola d'Istria e come cancelliere del podesta, appassionato dantista copió due volte il commento alla Divina Commedia dantesca. Si tratta del commento di Ben-venuto da Imola che dette origine a due manoscritti ora custoditi uno presso la biblioteca Nazionale di Parigi e l'altro presso la biblioteca nazionale Marciana di Venezia. Questi due codici, nati alla fine del XIV, non furono mai posti a confronto ¡'uno con l'altro questo perché il marciano ritornó all'Italia appena nei primi anni Trenta del '900 e fu definito semplice copia del parigino. Questo studio ne definisce le similitudini e le differenze. Mai posti in confronto dagli studiosi e perció erroneamente definiti "gemelli", la studiosa ne ha determinato la natura comune ma anche le differenze che fanno pensare ad un "codex interpositus" o comunque ad un "antigrafo" Parole chiave: esegesi, Dante, codici isolani, Benvenuto da Imola, Commenti RAMBALDIJEVA TRADICIJA KOMENTARJA BOŽANSKE KOMEDIJE V IZOLSKIH KODEKSIH. PIETRO CAMPENNI DI TROPEA IN NJEGOVO BIVANJE V IZOLI IZVLEČEK Avtorica razprave je primerjala izročili Rambaldijevega Komentarja k Božanski komediji, preneseni s pariškim in beneškim kodeksom, ki izvirata s konca 14. stoletja in sta bila zapisana v Izoli v Istri. Ker kodeksov raziskovalci niso nikoli primerjali in so ju tako zmotno opredelili kot »identična«, je raziskovalka sklepala o njunem skupnem značaju, a tudi razlikah, ob katerih pomislimo na codex interpositus ali prepis. Dantejevska eksegeza se mora posvečati raziskovanju obsežnega števila kodeksov in jih razvrščati na podlagi skupnih značilnosti ali razlik v »drevo kodeksov« (stemma codicum - shema povezav med kodeksi, op. prev.). To velja tudi za razpravo o Komentarjih, ki predstavlja vzporedno, a nič manj obvezujočo znanost. Ključne besede: eksegeza, Dante, izolska kodeksa, Benvenuto iz Imole, Komentarji 677 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 II lavoro che si presenta in questo studio consiste in un'analisi approfondita delle differenze tra le diverse tradizioni del medesimo commento. Data l'impossibi-lita di confrontare l'intero testo ma ció non esclude un lavoro di questo genere in un secondo momento, si sono individuati alcuni punti piu caratteristici. Si e scelto di collazionare i primi versi di ogni canto e dal confronto emergono interessanti argomentazioni. Prima di presentare i risultati e d'uopo approfondire la storia del-la tradizione del commento Rambaldiano. Nella storia dell'esegesi dantesca i due codici analizzati in questo saggio non occupano un posto di rilievo. Gli studiosi, dal de Batines in poi, li hanno definiti semplicemente copia uno dell'altro o, in tempi piu remoti il commento del Benvenuto e stato addirittura confuso con l'opera di un altro commentatore antico, Jacopo della Lana.1 Recentemente i due manoscritti che tramandano il commento latino del Rambaldi sono stati riprodotti in stampa anastatica e cosí e stato possibile per chi vi scri-ve, studiarli. Da una prima occhiata mi accorsi della diversa grafia e della diversa impostazione del testo. Poi, approfondendo la lettura, ho potuto riscontrare molte anomalie che ora mi appresto a tradurre in termini fi-lologici. Il codice M ha suscitato curiosita e studi, ma non ha mai trovato posto nello stemma codicum della trasmissio-ne del commento di Benvenuto. Il presente studio e volto a questo fine non senza un paragone testuale con il P. Baccio Ziliotto (Ziliotto, 1948) colloca il codice che si trova presso la Bibliotheque Nationale di Parigi (P) tra il 1394 e il 1399. Questo codice fu piu volte descritto e studiato: da Paulin Paris (Paris, 1836-1848), dall'istria-no Antonio Ive (Ive, 1879), dal Mazzatinti (Mazzatinti, 1886-1888), dal Marsand (Marsand, 1835-1838), dal de Batines (de Batines, 1845)2, dall'Auvray (Auvray, 1892), dal Prompt (Prompt, 1842, 301). Nel primo trentennio del Novecento fu raffrontato col secondo esemplare, cioe con il nostro M, da Luigi Ferrari (Ferrari, 1935) che, a differenza del Marciano, e presente nella bibliografía del de Batines. In questo saggio, che rappresenta uno studio in-troduttivo per la promozione degli studi da effettuarsi proprio attraverso un confronto tra i due codici, si procedera con una presentazione delle caratteristiche rile-vate3 nel secondo codice, ovvero il cosí detto Marciano (M, It IX 692). Si tratta di una recensio aperta. I due codici oggetto di questo studio sono P e M, la sigla si riferisce al luogo, dove sono conservati. Il primo, "P", e custodito presso la Biblioteca Nazionale di Pa- rigi (BNP-Ital 77) e il secondo, "M", e custodito presso la Biblioteca Marciana di Venezia (BNM-Classe IX, Ital. DCXCII). Sono stati scritti a Isola d'Istria da un cancellie-re del comune rispettivamente nel 1395 e 1398-1400. Questi dovrebbe essere Pietro Campenni da Tropea, non un amanuense di professione ma un semplice spettatore delle lezioni di Benvenuto Rambaldi da Imola. Proprio per raccogliere queste pubbliche letture che l'imolese fece in piazza, lezioni volte a commentare la Divina Commedia, cioe a spiegarla, sono nati questi due pre-ziosi manoscritti. La particolarita del loro valore risiede nella lingua: sono scritti in latino medievale ma dal co-lorito dialettale o in un latino definito "parlato". Il presente studio non ha approfondito la loro posi-zione nello stemma codicum della tradizione del testo della Divina Commedia, che andrebbe ricostruito attra-verso uno studio filologico. Mentre e certa l'apparte-nenza del testo agli studi e al commento dell'imolese derivante dalle letture bolognesi. Benvenuto Rambaldi da Imola nasce a Imola all'i-nizio del secolo XIV e dalla documentazione risalente alla fine dello stesso secolo e attribuito nomen gentis Rambaldi. Dal padre, docente di diritto, apprese i primi rudi-menti di grammatica ma continuó e terminó gli studi a Bologna. Gia tra gli anni 1361-65 dal suo talento nasce la prima opera, il Romuleon, un compendio di storia romana in dieci libri commissionata da Gomez Albornoz. Come Dante, anche Benvenuto ebbe l'inca-rico di ambasciatore e fu inviato (20 marzo 1365) ad Avignone per convincere Urbano V a intervenire con-tro Bertrando e Azzo degli Alidiosi. Non riuscí nel suo incarico e gli Alidiosi furono nominati vicari di Imola; fu anche lui esiliato, non poté piu rientrare in patria. Visse da esule e si mantenne grazie alla sua opera di maestro. Probabilmente a causa di rivalita letterarie e contrasti con studenti e colleghi dovette trasferirsi, dopo il 1375, da Bologna a Ferrara. In questa nuova citta, e sotto la protezione di Niccoló d'Este, trascorse gli ultimi anni rivedendo e completando la sua opera maggiore: il Commentum. Morí intorno al 1387, a Ferrara (Mazzoni, 2005, 200-205). La particolarita del suo commento risiede sia nella dottrina dell'autore sia nella lingua, cioe quel latino cosí dialettalmente colorito. Benvenuto da Imola e la sua at-tivita di divulgazione si collocano in un momento stori-co in cui si legge largamente nelle piazze; e, a differenza dei contemporanei, Benvenuto e attento innanzitutto alla lettera, piu espositivo che interpretativo. 1 Come lavoro in sede di tesi ho trascritto proprio questo commento che ho analizzato bene e altrettanto bene conoscevo il manoscritto della Marciana, poiché e stato la mia prima scelta come argomento di tesi, ma il microfilm non arrivava e cosí ho approfondito la ver-sione veneziana dei commenti danteschi. 2 Va segnalato il seguente dato che, a causa di un gap cronologico puó dare origine a fraintendimenti: la classificazione dei codici parigini e doppia, questo sia perché e cambiata la classificazione sia perché la biblioteca ha acquistato codici che non erano ancora presenti al momento in cui il de Batines procedeva con il suo spoglio bibliografico. 3 Non si considera esaustivo ma preparatorio ad un approfondimento volto a determinare il ruolo dei codici Parigino e Marciano all'interno della tradizione manoscritta dei commenti dell'Imolese. 678 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 f f o «VTW ((rUl»R»HÍ cUeitw»» &tf nhlft l-;'iSt(»y>>ftt'*« '»Ite p¿» . tyriH.t* í» (i—MTr^ig V l.^mr.or,, V, vp&nu t1 ' m [flrt ■ - . T.pii i** «01 t^tiiriltit» «Wfr.,,1 ki). ft,lp~' pl* íípco ÍI)E V VmmO «i»..fWi ■ I>¿£-9*t!r „ fr1"1 ye-f....... ipJií'i!1^^ W' AHI Ti«, ftli . vfDruw iffínr*- f' r'Fr "i fi.r (<•- ™ tjfi VA fM ¡tvtn ' ^----f ¡j^y^ W trp» <*it pipw, Vi* mítrf**c . ktrf* jUllt» r«w TÍ C-Tl«*«»*^ -»fu r ^^ e | "ri,i™o ^Kimfl K)|» ittV nilfTC*- T 4 feíT"* ~ Íy aa \tu. y'-**, H-bf (Ti^i y»« T^ttJ,» p-«i-.K» (Kt)tiv -y i | fv vn i^ia ^fo r let.4& ■? ^ y, &IA < >* 11 p!f llñtvw J«*» y fc, -"— < nc Li A ^^ (.1 ..jlj, itfcifn •AK W jLfl^UMi |«H. J> Kifkn . t« túi««, ^'jL'^j^^riío ,*. i!-fei-..: o»»» -p^ri:.'.-»! leí. "»<"•*> t>rT W «» íwlW filie -»f. (ti..: . ■ ,„ o i.» - F'.c-TVAJÜ ©1 fV^Cqílít T^TJT^I i -A< rm'í T*1' ' »»i ítrtn, „s, "f ' . ' t'f-M Htn rtiff. MjM - r ^rf Ww.-pRwtn««. ■ -p^Tv^W f «T^Nift.-, »^n'V- r >-Carite P ¿hi rv^-^ «Tifetin*. - Tff, V.tb.icu ('"'é «liltf»- «111 r^-^^wií In^lR'p CN 'fh r irtiu ^ *rrr j «Vf.iv..-', ^. ricp.ii.Hfl . '-' ^ tp. I.V irr 11W Y----0 WH -1', fr-. ? (líjnat.n-.(.i'.'s -Vipli (fl mi"««» hi -^-Jtí i»iTOpl*J*.r n- n» vpí tWxfUifi- Jf'JT* .IV ^r^S . O^W > ' (títii- yí>»pt* -i- ...^-V*. . in un ¿ * ° r ** ^ neo JtTl«^ fV^H 6' «t- (V ^^»r ' vn^ (W »tí* ^»j^f»" -tf vi .«jp ^ ^Mrívrft rvií^ Mtnunpr ^^^ florón ^V'^trv limu'íí V A-ní^ hrv ft^+vl títtilí i : " i, 's». L . r^-^r ti.-.- Jirj/.mJpyLi "C- i.-ci L^flSí,* ■ V _ Particolare in cui e evidente la nota: Dante glosado (Tav. I: códice Marciano, carta 1 r) 679 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Sebbene il commento del Rambaldi caichi le linee generali della retorica medievale, rimanendo attaccato a vecchie formule standard della tradizione dei com-menti, il suo lavoro manifesta nuove forme. Di con-suetudine s'iniziava il commento con un Prologo, un proemio-sermone d'introduzione, che corrispondeva a precisi canoni definiti per gli accessus ad auctores, (Nardi, B., 1961, 2006) mentre per l'imolese diventa una premessa composta da parti ben definite. L'introduzione al commento e divisa in tre parti (anche se, il nostro M non presenta questi elementi in questa successione e la dedica si trova alla fine del commento all'Inferno (c. 105)): dedica al Marchese Niccolo d'Este; pregi dell'autore e della sua poesia; esplicazione dei ca-ratteri essenziali del poema (La Favia, 1977, 105-118), mentre la novita sostanziale che Benvenuto utilizza e l'oratio. Come gia anticipato, il Rambaldi sostituisce un passo della Scrittura con un passo di un autore profano: Averroe (la parafrasi del De Anima di Aristotele) tradot-to in latino negli anni Venti del Duecento (Illuminati, 1996, 2006; Nardi, 1958; Gagliardi, 2002; Centi, 1975; Gagliardi, 2003a; Gagliardi, 2004; Gagliardi, 1999; Gagliardi, 2003b) e sono rintracciabili anche diversi riferi-menti all'Epistola a Cangrande. Peculiarita della dottrina averroista e si la visione di Dio da parte dell'uomo, ma da vivo, dopo aver percorso un cammino di perfezione intellettuale e morale. Anche l'oratio e divisa in tre parti e tratta della profondita, utilita e fertilita dell'opera dantesca. Conclude con la spiegazione dei caratteri generali di ciascun aspetto dell'opera: una notizia biografica circa l'autore, la materia trattata, l'intenzione o lo scopo dell'opera, l'utilita o l'effetto che l'opera si propone di ottenere, con quale parte della filosofía va interpretata (soprattutto la filosofía etica), il titolo del libro e la spiegazione del ti-tolo dell'opera. Nell'analizzare la materia del poema, Benvenuto fissa le linee esplicative, che poi rivedremo nelle chiose, circa i vari sensi con cui la Divina Comme-dia puo essere letta (historice - senso letterale; allegori-co, tropologico - senso morale; anagogico - citazioni Bibliche (Pasquino, 2011, 94). Un pregio, che qui diventa difetto perché difficilmente riducibile in schemi, e la varieta e la complessita delle sue chiose e la laboriosita del testo (La Favia, 1977, 119). Una sostanziale novita, ed e qui che la chiave umanistica si palesa, e la tecnica chiosastica nella singola analisi verbale del verso. Il testo passa, parola per parola al vaglio del commentatore che ne rileva i diversi valori esegetici, senza spezzare il discorso del dettato. Questa tecnica, come gia detto so-pra, era applicata solo ai classici (ai poemi scritti literali-ter - scritti in latino) mentre Benvenuto la utilizza per un lavoro scritto in vulgaliter, sancendone cosi la classicita. In questo modo Benvenuto rivaluta lo stylus - e dunque anche la locutio humilis equiparandolo allo stylus subli-mis. Un risultato secondario, se cosi puo essere definito il suo senso del ritorno alla fonte genuina della notizia erudita e l'amore per la classicita, e l'attenzione per la restituzione del testo. Sintomo di quella cura umanistica per il ripristino del testo, della lettera originaria del poema - prassi che precede gli studi filologici. Causa ed effetto che si deve rilevare in quell'amplissima diffusio-ne della Commedia che comporto, inevitabilmente, uno scadimento della qualita testuale delle copie successive, accresciuto dalle non poche perplessita degli amanuen-si di fronte alla Nuova lingua di Dante - alle novita les-sicali e associative. Incertezze testuali, fraintendimenti e sostituzioni faciliori sorsero dunque molto presto, inquinando la tradizione manoscritta della Divina Commedia. Altrettanto precocemente abbiamo la proliferazione delle variae lectiones e di una tradizione sempre meno circoscrivibile e molti ne furono anche i copisti. L'erro-re cosi diventa esponenziale, ma dalla meta del secolo XIV, alcuni commentatori si accorsero di questa tradizione cosi frammentata e talvolta tentarono, ope codi-cum, di disciplinarla (Mazzucchi, 2001, 955). Esemplari sono le scelte testuali di Boccaccio riguardanti la Commedia nelle Esposizioni, ma maggior scrupolo e una piu sensibile coscienza del problema ecdotico del poema lo troveremo nel suo allievo Benvenuto - soprattutto nella redazione definitiva del suo Commentum. La precoce sensibilita filologica del Rambaldi si manifesta nel valore assegnato alla veritas della lettera, ritenuta condizione imprescindibile per accedere ai successivi livelli dell'in-terpretazione. Molto spesso, infatti, nel commento (sono stati censiti 113 casi) dopo aver spiegato un lemma, da notizia di lezioni alternative (Mazzucchi, 2001, 977). La varieta delle lezioni, anche se perfettamente adiafore, costituisce per il commentatore tardo trecentesco una legittima presunzione di corruzione testuale da cui con-segue l'obbligo di collazionare il testo che si possiede con altri codici. Ovviamente non e possibile riscontrare puntualmente ed esattamente questa recensio sistematica del materiale manoscritto: la collazione era realizzata saltuariamente ma dimostra la necessita e un possibile metodo di emendare un testo che si sentiva corrotto. I codici manoscritti in questo periodo (cioe della filologia medievale e umanistica) sono considerati come un prodotto anonimo, privo di una precisa identita e ven-gono dunque intesi e letti in una prospettiva sincronica, considerati come contenitori di varianti e la cui validita e assegnata dal iudicium del commentatore. Indispen-sabile un grande studio ed erudizione per affrontare ed emettere un giudizio del genere soprattutto perché i manoscritti sono citati genericamente, la loro autorita non e identificata gerarchicamente: ma si fa solo riferimento ad aliqui textus o ad alii textus o a plures textus. Atti-tudine che riscontriamo anche nel nostro imolese che, in 62 casi su 113, si limita a segnalare e a chiosare le varianti ma senza dare un giudizio sulla maggiore atten-dibilita di una variante rispetto all'altra. Lascia questo compito all'attento lettore: esse sono precedute dall'in-dicazione secundum aliam literam o semplicemente da vel o da aliter (Mazzucchi, 2001, 961). Naturalmente l'intenzione di Benvenuto non era quella di farsi edi- 680 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 In dettaglio la lettera noncupatoria per Niccoló d'Este (Tav. II: códice Marciano, carta 105 r) 681 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 tore del testo dantesco, ma il tutto e finalizzato a una maggiore comprensione per restituire al lettore una piu approfondita spiegazione (Mazzucchi, 2001) ma porta anche il commentatore a un ulteriore esercizio critico. Non esiste in Benvenuto un vero e proprio criterio di se-lezione delle varianti come, per esempio, una maggiore o minore presenza di queste nei manoscritti. Il principio che lo muove e che determina le sue scelte e quello del contesto, ovvero, il rapporto della variante con la parte del testo in cui si trova, la sua coerenza e la fedelta con l'intentio auctoris. Uno studio piu che attento, dunque, che si basa sul principio di selezione critica ope fon-tium che va alla ricerca della lectio difficilior (Pasquino, 2011, 101). Benvenuto, nella sua abbondanza di notizie sto-rico-erudite, si appoggia sulle "auctoritates" di grandi scrittori latini: Cicerone, Livio, Seneca, Svetonio etc. Atteggiamento proprio dell'umanesimo, rivolto allo studio delle fonti antiche di cui si vuole penetrare il pensiero genuino. Era un commento scritto per letterati, per l'uma-nista che in quel periodo si stava formando: lo studioso, il maestro di retorica, di storia, di filologia e poesia. Unico neo che gli studiosi indicano come limite del Rambaldi e il suo latino cosí parlato. Un aspetto popo-laresco sottolineato gia dal Salutati ma ció divenne la sua forza perché Benvenuto da nuovo impeto al commento partendo da un punto di vista nuovo: la cultura preumanistica. Il suo e un commento "ad usum huma-nistae", ricco di digressioni storico-letterarie, annotazio-ni d'ordine testuale e giudizi di gusto. Un commento nuovo, diverso che forse lo porta lontano dall'atmosfera culturale e spirituale dove nacque la Commedia (Barbi, 1932, 136). Muove dal piano concettuale intendendo la Divina Commedia come un'opera teologica e profetica: Dante e da un lato "rhetor et philologus", dall'altro e il teologo e il Vate. Sembra quasi una contradictio in ter-minis ma e percepita dal Benvenuto come un processo rivelante cui il Poeta da voce e forma. La diffusione del commento di Benvenuto ebbe qual-che difficolta: fu anche confuso con il commento laneo e pubblicato sotto il nome di quest'ultimo (da Pesaro, 1477). Si rintraccia un (Norton, 1861) primo tentativo di divulgazione per interessamento di Ludovico Castel-vetro (Lacaita, 1887, 31), per la tipografía dei Giunti. Il codice sul quale doveva basarsi la stampa e andato perduto, ma la cronaca ci racconta di un manoscritto custodito presso i canonici della Cattedrale di Reggio Emilia. La pubblicazione fu interrotta poiché anche a Castelvetro fu imposto l'esilio (morí a Chiavenna nel 1571). Da questo momento in poi il commento fu quasi dimenticato, ma e un periodo storico (dalla fine del XVI alla meta del XVIII secolo) in cui lo studio della Divina Commedia e trascurato, quasi abbandonato. Vi sono comunque alcuni sporadici studi come, per esempio, le citazioni che del commento di Benvenuto fanno Lattanzio Benucci nelle sue inedite Osservazioni sopra la Commedia di Dante Alighieri (1564); il Borghini nella Giunta fatta a Ragionamento degli articoli de messere Pietro Bembo (1563); il Dionisi nelle Postille alla Commedia (1749) e il dantista romagnolo Alessandro Mariot-ti nel suo commento alla Commedia (Alessio, 1991, 15). Riscontriamo una ripresa degli studi nella meta del secolo XVIII con il Muratori che rivaluta il lavoro di Benvenuto pubblicandone alcune parti nelle sue Anti-quitates Italicae (Muratori, 1788, 1029). Qui si segnala un'ennesima particolarita: il de Batines (de Batines, 304) indica che il Muratori si serví, per pubblicarne gli estrat-ti, non del nostro P e nemmeno del nostro M ma bensí di un codice piu tardo risalente al principio del secolo XV, cioe del Pluteo XLIII 1, 2, 3. Le origini di questa scelta non sono chiare, e non sono oggetto di questo studio, ma forse fu imposta dal fatto che il codice M fece parte di una collezione privata di una famiglia aristocratica spagnola rimanendo, di fatto, escluso dagli interessi degli studiosi. Considerato di poco valore perché mancante in certi luoghi di miniature, conserva peró ancora l'ex libris: Dante con glosa latina de Dante. Alla fine della prima pagina, di mano un po' piu tarda, si legge: Dante glosado (Tavola I). Il merito della sua ri-scoperta e dell'antiquario Paul Gottschalk (Gottschalk, 1967, 50), avvenuta durante una visita al Duca d'Alba di Madrid. Durante questo soggiorno gli fu proposto l'acquisto di un codice della Divina Commedia e dopo un breve esame, l'antiquario si accorse che il codice tramanda il commento latino di Benvenuto da Imola. Ebbe anche una felice intuizione notó che e della stessa mano del codice (piu antico di 3-4 anni) conservato presso la Biblioteca Nazionale di Parigi. Il codice era in perfette condizioni e presentava una rilegatura antica. Prima di concludere l'acquisto era necessario ottenere il benestare del curatore della Biblioteca Nazionale di Madrid il quale non si accorse dell'enorme valore del manoscritto e desiderava venderlo per una cifra irrisoria (circa 1.800,00$). Ritornato in Germania, Gottschalk, fece esaminare il manoscritto al dantista Wiese, che in seguito pubblicó un articolo anticipando gli studi del Ferrari e che diede per primo notizia della sua esistenza (Wiese, 1927, 469). Questo codice, infatti, rimase sco-nosciuto all'esegesi dantesca e alla bibliografía dantesca sino agli anni trenta del Novecento, semplicemente perché si pensava che fosse una copia del Parigino. Gottschalk medió la vendita e il manoscritto fu acquistato da un americano, Lathrop C. Harper di New York. Dopo essere stato "nascosto" per quasi quattro secoli questo manoscritto restó sottochiave per altri venti anni sino al fortunato (per noi) incontro con un altro antiquario, il fiorentino Leo Olschki. Era da molto tempo che Olschki era alla ricerca di codici danteschi e a un certo punto venne in contatto con Gottschalk che pensó di mettere a sua volta in contatto l'americano e il fiorentino. Dopo una breve trattativa, ma soprattutto dopo aver ottenuto il permesso dal Governo Italiano per l'acquisto (vinco-lo posto dalla cosiddetta legge Pacca: editto emanato dal cardinale Bartolomeo Pacca (1820) sulla tutela del 682 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Iniziale assente (Tavola III: códice Marciano, carta 31 r) 683 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 patrimonio artístico, che sottopose gli scavi di antichità a licenza e il commercio degli oggetti d'arte e il loro restauro ad autorizzazione) il codice torno in Italia. La somma necessaria per l'acquisto (circa 15.000,00$) fu messa a disposizione dal Governo Italiano. Promotore dell'impresa furono l'allora senatore Francesco Salata e l'allora capo del governo primo ministro segretario di Stato, Benito Mussolini. Il prezioso codice fu poi donato alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, dove ancora oggi si trova. Dopo questa breve parentesi, il commento fu ricon-segnato all'oblio finché, e siamo alla fine del secolo XIX, il Municipio di Imola (che non possedeva alcun codice) caldeggiato dall'Accademia degl'Industriosi e dal suo presidente (Giovanni Tamburini) ne promosse la trascrizione. Si trattava del codice conservato presso la Biblioteca Estense di Modena, lo stesso usato dal Mura-tori per la sua pubblicazione degli Excertpa. Il Tamburini si cimento in un impegno molto oneroso: la traduzio-ne del commento in italiano. La versione in italiano fu pubblicata sotto il titolo: Benvenuto Rambaldi da Imola, illustrato nella vita e nelle opere, e di lui Commento latino sulla Divina Commedia di Dante Allighieri, voltato in italiano dall'avvocato Giovanni Tamburini. Opera monumentale che non fu accolta benevolmente dalla critica. Quasi contemporaneamente al lavoro del Tamburini, segnaliamo quello di Giorgio Lord Vernon. Questo dantofilo decise di far pubblicare a proprie spese alcuni commenti inediti (Allighieri, 1845), tra i quali anche quello di Benvenuto. Incaricato della pubblicazione fu Vincenzo Nannucci e doveva basarsi su diversi codici tra i quali non erano compresi i nostri P e M (Lacaita, 1887, 32). Questa pubblicazione, all'epoca imminente, fu anche annunciata dal de Batines, nella sua Bibliografia Dantesca. Purtroppo anche questa pubblicazione non vide la fine, Lord Vernon si ammalo e dovette so-spendere la stampa che non fu mai ripresa e le bozze furono distrutte (Lacaita, 1887, 31). Ritorna un periodo di silenzio sennonché, in seguito all'incontro avvenuto nel 1879 tra il senatore Giacomo Filippo Lacaita e l'americano C.E. Norton e sir Fredric Pollock4, rinasce l'interesse per la pubblicazione di questo commento. Nello stesso periodo fu istituita, a Cambridge nel Massachussetts, la Società Dantesca di cui Norton fu uno dei soci. Il compito di curare l'edizione fu affidato al senatore Pasquale Villari e il Nannucci scelse il manoscritto base per questa pubblicazione il Codice Laurenziano Pluteo XLIII, cod. 1, 2, e 3 (de Batines, 1845, 305). La notizia giunse a Lord Vernon, dispiaciuto per non aver portato a termine la pubblicazione inizia-ta in collaborazione con Nannucci, la volle riprendere. A questo punto, per secoli ignorato, il commento del Benvenuto ora si vede conteso nella pubblicazione tra il Nuovo e il Vecchio Mondo; ma si è giunti ad un com- promesso: la Societa Dantesca del Massachussetts sospese la pubblicazione in America a favore di quella italiana ad opera e cura di Filippo Lacaita. L'edizione cominciata nel 1883 fu pubblicata a Firenze il 12 mag-gio 1887. I codici arrivati sino ai nostri tempi tramandano diverse fasi di elaborazione del lavoro del Benvenuto; ognuno di questi origina un ramo di studi e di pubblica-zioni. La preparazione di una pubblicazione e un lavoro in fieri al quale Benvenuto dedico gran parte della sua vita. I rapporti tra i codici conservati e studiati, sul numero dei quali non concordano i vari esperti (Bellomo, 2004, 146), hanno originato diverse teorie (Roddewig, 1991, 79). Il La Favia basa i suoi studi su 49 (La Favia, 1977, 28) codici, la Roddewig (Roddewig, 1991, 95) ne ha enumerad 72, il de Batines ne indica 35, mentre il Pasquino ne enumera ben 113 (Pasquino, 2011, 103) e Bellomo 109 (Bellomo, 2004, 146). La sola biblioteca Marciana di Venezia ne conserva diversi, ma vanno distinti, come quelli degli autori menzionati, tra diverse classi o categorie. Ci sono quelli contenenti frammenti del commento, denominati Classe IX Ital. 428 - 6098, prima meta del secolo XV (Bellomo, 2004, 152) e quelli contenenti le recollectae (Paolazzi, 1979, 2006) del corso tenuto a Ferrara (It. Z. 54 - 4780). Bellomo (Bellomo, 2004, 147) ci ricorda che possiamo trovare anche quelli che tramandano il commento sopra una sola cantica: Inferno, (It. Z. 57 - 4750) del 1421, il Paradiso (Lat. XII 6 -3904) del secolo XIV o altri esemplari (It. Z. 58 - 4807; Lat. XIII 120 - 4542) della seconda meta secolo XV. La monografía del La Favia (La Favia, 1977) e lo studio piu esteso, ma a proposito di questa pubblicazione va detto che l'autore non ha inserito il nostro codice M nei suoi elenchi e per il suo studio uso il testo del Lacaita. La pubblicazione di Lacaita (appartenente alla tradizione delle lectio bolognesi) si basa sui codici Pluteo Laurenziani 43. XLIII 1, 2, 3 vergati da Federico Bencini nel 1409 (con l'eccezione del numero tre che e datato 1410). L'autore integro i passi lacunosi avva-lendosi di diversi manoscritti (Bellomo, 2004, 157) ma da uno studio recente si evince che sia il P (1395) sia l'M (1398-1400) hanno molti punti in comune con il Pluteo (Laurenziano Pluteo XLIII 1, 2, 3) e che non sono semplici copie5 (codex descriptus), come appare dalla trascrizione diplomatica proposta nell'ultimo capitolo del presente saggio introduttivo. I rapporti che legano questi tre codici e la loro posizione stemmatica vanno ancora identificati, studiati e approfonditi. Benvenuto (Pasquino, 2011, 86) lesse pubblicamen-te Dante a Bologna e a Ferrara. Le letture bolognesi, del 1375 (Novati, 1889, 258), che riunite per formare una prima raccolta, sono alla base della pubblicazione definita "Lacaita". Questa raccolta rappresenta la terza 4 Autore di una traduzione in inglese, in versi sciolti della Divina Commedia, Londra, 1854. 5 Questo è l'argomento dello studio della dott.ssa Valentina Petaros Jeromela, di prossima pubblicazione. 684 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 rj« Trnct^juc* TUn^jfftUfyív! J^^T-j^JBW Jtí)W llM "PT™ tKr 0«' -»tt^tw.^YiíiVí «4 f-cntef V Jlí'ütfKI. í.nwWf f 5 CíMTtup iinn-eiptr * «rftíl ÍS^»«- A ÍVmít j^f HHijrffii t .■cfSwií JÍÍ- Ktftrmefi o-uetio- fiTfctríiit- ttfttft rWíji i»™« ■'Un^.-a.r,« ni "KiníStej^ p»« iisíteñ-JtJ'hí tun rm^M?*1" w«wiw>e(ífn» ««»»• j>iUWUD dinnu«n nnn ei 0ZUICH nrtOl mftfOiwS TMiifíin^htry^fl^ '*^^"^ _ ....jiJTlUAlYíft1 —, jte^-UnMi. fií¡ <5- Cf tnup* fiffmc pA: muRilar» w"ni61 v^V^Tt^lfp^^^«.^ h; wnrAtttnmvmftnHcrfíurriiT ¡>ct«- LiBmepio }(hrm»n- itvsv-vai ^ ÍUM,«^»^ mr^tv^gU? ftí trtawmr dirtft ftnrc moitp ^VjurfCTci-a^ü tmn, uonrituií JHCP rhcrtlt Ulfttillíi tlpVHWclOin I ^ " * * ^ .Pí*"^«*?® m cte pvrfHt, niilLím rir p.n cw« * wrturifr VSCAnrt'UI ' ^ ."A "'V-VÁ 1 1 Alt? yr.^iín ít-fh'lj^n htlM ....... .... t .í í cflfctm «f vuUi Sii»f¡>TT>* V® 5"» J>iiS" tyi'.Jf ttmQÍ* ^ l T^i ntri í^ ííí"uitwí^f«? if. wfíiii M tl^f Mntetf Jnlticj jjfcij rfirnre- yi» -V-x.' ut rtfít^ (¿fc üPÍáSg ípano aUtr;nít d)un mwtttl pirv iujr. i r* ««™í í (tu «mte i" sm pto?'^™«^ alnriHí» rfr put t=u£n ícid crom» rPu^cA mAÍVtiVÍl uocn^c¡jiuf^íya mí PinfeSj Ke i" Jífcír liíf UM3¿ cf> iju fo Sr ni I I.lftin C. (SmL-.jiUKeLjcfi1nieOip.piir n«5j\^t>''&r?t í»|lí'm¡nié;^iv(Íl|eiTn>tU'Ht- til) Afiliar(ni Afv^mnA^ t' if. fHjiivi-pfm- J Mnn'p ,iin( wíhtna ftnotwttst CíWAÍUCTUl .Ifpma fíprfpigUA mVtA fin íiiiiiiiíc ft tifhum lAKrtHafiíntttttt dxfUpnta fe tíquet tq» tome (Kj cpiirtn ^cnuAUftííL dtrifp cpji. ■ -|TE1 m prAiflO-pm- "H ' Alfyut rt.tytimintüa ¿ffl^Liffiu üdj r, * jnwllci iwmjnapi ccolifí íttb.x ^ÜS ^liAtfíitnbi (írm.Tía -X^1^^ p2XHílUíllCÍ?C (til tCHH JtíTttlW ' L i ^ ..i f** aA r» 1. 1>. » A W Alltu iltu u«Mr minn^n aitn 1" f.ipMBt ) üf&in& .1- rpifiA T.PHJ B-Ítníl"! a Cw-ín» f^yjfmithi Jim rhc ~ (^flTLff [pTtt> .itrtcciifr t crw l^ní mp ' ■ rr - ' 1 • -UtíwípAlfí fu- Uw — --lef'itu^iíí iw'i"!-" AtTatip: ■ [tli^tlc fif iníia Jfiíjiüfitfi qvufo lr(V^L(- ífl« Ifíí» toe J|oSf (fifi "t- «1»»- 6Síf\in -íjíir^ (0 nTi?K(íítvri5 fT^IW ff" P» «5 |.im,n-| 'un .................... a,',? pm'cl. ¡fjii ifi- agtOíii?' t1«^■ ^^ ^ $ t tw f¡i« «íü Wm p!" oT-fí ttiTIÍ flr? nsil tí^g utin^o; ¿í^ tom pw^ rf.vmnvU- IV ]fe ni hu,; nudltcquo ("l a«W P41UMCM „Jrtiu^^a«^™^^^ lMa CI)(í)tt(rtl pmnpm ftliuni \ imtiR ^ y**™1" ot-^K «Mi uu-» ce eqn i c!k pfiip curto pinc Cff wí.i(fiL¡,ar{,^. Stí^,^ t nveiw ir "'ttW «iwl* F"» ^ 1 «IWmJ j^^fe w^t^. ¿jj.l.lrTImui flmí ¡f ffe* (ft"' Ow Tmihun trek birpc^-yrtUt t» j "^lnw tiMlJ/fl Ama ».1.1L .. j» . A . JvMidATMtt crtítl 1 . . ........ ■ ...........^ ^ rrJ> Oíai twf tu mií™™! mMsV"-"3'^llltM< ^J> y Ht^vu- ASt. TiitJu íl^tteBW i ucn^tyii ^J c ftjtTier TC^It? Tní^ie&l (B-moSj bfmt inf^ r" * t lir^ r^V 3 O"«' fvvríkfi1"® T""1 [>"' „rinr gaft»f&r^iUil- j'fS«^Sf^f ViTiniuta ftA' iicfiicri- ft, T í¿tf rtt&i^^fWtatSAh »BLVHIÍ» dptMÍ trraptjioitf ftm- ÍHíjii ^ «^fiih ha(k I migr- tr -Tr^n^ntuíí ^ c» ||1LÍ piir uSfMitíi iV^K-ihl: inplí M^Se I fiiitíicmo^ipiiíSi^r'í11£'mí" »wmi'ií 1" ff"1 til» fi»fm- . CtM- pLM-ftfflffÍlt HiSñ« W^ijtll {II D^amfine ™ T»" ^vnitffi .1>HJ a-^K&ffat- -y-r fyin t'irt^ J I richiami al testo (Tavola IV: codice Marciano, carta 140 r) 685 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 redazione del Commentum. Un'altra pubblicazione e quella della "recollectio" di Stefano Talice da Ricaldo-ne, uno spettatore e uno studente. Questa raccolta di note, che trasmette anch'essa la tradizione delle lectio bolognesi e intesa come prima stesura ed e conservata a Torino presso la Biblioteca Reale (segnatura Varia 22). Il manoscritto torinese, sebbene appartenga alle letture magistrali svolte a Bologna, non tramanda i suoi appunti personali ma quelli raccolti da uno dei presenti (La Fa-via, 1977, 44). Benvenuto poi torno a rivedere il suo lavoro serven-dosi dei propri appunti e di quelli dei propri scolari ("la redazione intermedia") delle letture pubbliche tenute a Ferrara. Si crede che l'autore abbia preparato questa edizione, o che l'abbia pensata, per la pubblicazione ed e tramandata dal codice Laurenziano Ashburnhamiano 839. Secondo il Barbi, questo manoscritto ci offre una seconda lettura del poema fatta a Ferrara, dove Benvenuto passo tra il 1376 (La Favia, 1977, 54) e il 1377 e dove poi visse sino alla morte; in questa citta tenne la cattedra di retorica. Benvenuto ha lasciato Bologna, dopo un soggiorno piu che decennale, per trasferirsi a Ferrara e qui volle dar forma definitiva al proprio lavoro; completando e rielaborando la precedente lectura dedicandola, intorno al 1379-1380, a Niccolo d'Este. La prima lettura pubblica del commento dell'Imole-se fu fatta probabilmente su invito dell'Universita di Bologna. Dovendo stabilire la data della prima stesura del commento, ci si basa e ci si aiuta con alcuni elementi di cronaca (soprattutto lettere di Coluccio Salutati e di Pier Paolo Vergerio) e notizie desunte dal commento stesso. La determinazione della data non fu univoca, ma pre-valse la presente tesi (Novati, 1891, 93): Benvenuto, che risiedeva a Bologna dal 1373 (Rossi-Casé, 1889), venne a conoscenza della lettura pubblica della Divina Com-media che il Boccaccio si apprestava a svolgere a Firen-ze nello stesso anno. Dopo avervi assistito, e ritornato a Bologna, promosse un nuovo studio: l'esposizione della Commedia. La possibile data di una prima stesura si puo intendere, almeno per l'Inferno, l'anno 1381. Un inter-vallo cosí ampio puo essere giustificato sia dalla mole del commento (non iterata per le altre due Cantiche) sia per i molti lavori che il Benvenuto svolgeva. Questa laboriosita, secondo il Mazzoni (Mazzoni, 2005, 200), creo dissapori con i colleghi e cio lo spinse a trasferirsi, dopo il 1375, a Ferrara. Lí, protetto da Niccolo d'Este, trascorse gli ultimi anni in serenita e in ferace operosita votata a rivedere e compiere (talvolta in nuova stesura) i commenti a Virgilio, a Lucano, a Valerio Massimo, alle tragedie di Seneca e, in fine, alla dantesca Divina Commedia. Nascono qui, poi tramandate anche dal nostro M, le lezioni tradite e raffrontate con altri codici (pratica ritrovata anche nel Campenni: copiose le note rese au-tentiche dal suo monogramma) ma anche integrazioni di note grammaticali e linguistiche. Un groviglio di ci-tazioni dotte (Toynbee, 1902, 216), notizie storiche e un'appassionata laudatio dantesca (Luiso, 1906, 252). Questo commento è rimasto a lungo dimenticato nelle Biblioteche, ma la critica dantesca ha riscontrato che non pochi commentatori posteriori (come il Talice da Ricaldone) ne trassero ispirazione. In molti commen-ti sono state riscontrate similitudini poi accertate come citazioni: in quello di frate Stefano Mangiatroia (Puletti, 2011, 219), Giovanni Bertoldi da Serravalle (Ferrante, 2011, 224), Guiniforte Barzizza, Matteo Chiromono (Mazzucchi, 2011, 328), Niccolo Lelio Cosmico (Cor-rado, 2011, 365) e quello che diede origine poi ad un clamoroso equivoco: Jacopo della Lana. A iniziare la tradizione dei commenti alla Commedia furono, invece, già i contemporanei di Dante, o quasi. Il primo fu proprio il figlio di Dante, Jacopo Alighieri (Vernon, 1848; Piccini, 1915) che la commento solo un anno dopo la morte del padre. Le sue Chiose all'Inferno (Bellomo, 1990) sono una serie di postille in volgare limitate alla prima cantica e si aprono con un breve proemio (Malato, Mazzucchi, 2011, 318). Il commento (Rossi, 2011, 253) di Bambaglioli, limi-tato al solo Inferno, scritto nel 1324 (Vernon, 1848; Fiam-mazzo, 1915), è coerente con il pensiero aristotelico-to-mista. Graziolo si sofferma e approfondisce il significato del messaggio morale e politico e, con la consapevolezza della storicità, ha compreso i personaggi principali (Virgilio e Beatrice) come persone veramente esistite. Cronologicamente segue il commento del Lana (da Imola, 1477; Scarabelli, 1865; Scarabelli, 1866-1867; Witte, 1879, 406; Schroeder, 1935, 77; Schmidt-Kna-ts, 1939), impostato sullo scientificismo e sulla visione scolastica che preferisce interpretare la Commedia come un'enciclopedia didascalico-moraleggiante. Il suo commento è il primo esteso a tutte e tre le cantiche (Petaros, 2003) ed è scritto in volgare (spesso arricchito da dise-gni) e questo fu il fattore decisivo per la sua amplissima diffusione (testimoniato da un centinaio di codici tra integrali e parziali), per la grandissima fortuna e l'influenza che ebbe sui commenti successivi (soprattutto sull'Otti-mo). Suo anche il primato della prima stampa a Venezia da Vindelino da Spira (1477), seguito dall'edizione milanese di Martino Paolo Nibia - detto Nidobeato - degli anni 1477-1478 (Volpi, 2011, 290). L'enorme fama che il Commento del Lana ebbe durante il cinquecento, tanto da diventare il punto di riferimento dei letterati contemporanei, oscuro la sua fonte e, lentamente, si sostitu! ad essa (Pasquino, 2011, 102). Il Lana trasse molta ispira-zione dal commento rambaldiano, fu confuso con la sua fonte e fin! che il Commento di Benvenuto fu pubblicato con il nome "lanèo" (da Pesaro, 1477). Il seguente commento fu definito, per la purezza del volgare fiorentino, dagli Accademici della Crusca come l'Ottimo commento. L'autore propone una summa (Cor-rado, 2011, 374) del materiale esegetico raccolto dai precedenti commentatori e, accanto a queste partico-larità, vi si aggiunge quella della "Chiosa generale", in altre parole, una nota introduttiva per ogni canto che anticipa i temi principali con relativi approfondimenti 686 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Aggiunta della parola "gioia" al verso nr. 78 del Prima Canto dell'Inferno (Tav. V: códice Marciano, carta 5 r) 687 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 (Corrado, 2011, 378) maturati grazie alla conoscenza del precedente lavoro esegetico, degli aspetti storico-let-terari della vita di Dante, una profonda dimestichezza con la Commedia intera, ma anche della poesia provenzale e una grande famigliarità con gli scrittori latini. Capitolo a parte andrebbe dedicato alle Chiose sel-miane (Brambilla, 2011, 175) o marciane (Selmi, 1863; Avalle, 1900), se queste si fondassero anche sul nostro manoscritto (M), ma cosí non è (Brambilla, 2011, 175). La personalità del commentatore non è certa, ma sem-bra si tratti di un senese, non dotto e nemmeno molto preparato. Anche la data della composizione è incerta: forse il 1337 (Rocca, 1891, 79), il commento si limita alla prima cantica ed è scritto in volgare. Grazie pro-prio al confronto con un codice Marciano (It. IX 179) lo studio di Luigi Rocca ha rilevato che queste chiose non tramandano una semplice parafrasi delle chiose del Bambaglioli ma una lezione più ampia e chiara che fu poi pubblicata integralmente dall'Avalle. E' da aggiun-gere che il nostro M nel 1900 non si trovava ancora in Italia ma il P era presente a Parigi e nessuno ha appro-fondito la sua lezione. Il commento di Pietro Alighieri (Ginori Conti, 1939) è considerato fra i più importanti (Nannucci, 1845) e completi di cui solo una redazione su tre è edita (Mala-to, Mazzucchi, 2011, 409), è scritto in latino ed è esteso alla Commedia intera e vi sono più redazioni; la prima redazione è stata composta tra il 1340 e il 1341, la seconda tra il 1357 e il 1358 e la terza tra il 1358-1364 (Bellomo, 2004, 80). E' importante ed è fondamentale per la profonda conoscenza di tutto il pensiero dantesco (Bowden, 1951), per l'adesione alla poetica dell'A-lighieri, per la dottrina filosofica e scolastica, per la conoscenza di prima mano della classicità, ora usata per interpretare la classicità dantesca. Leggendo questo Commentum (Malato, Mazzucchi, 2011, 409) ci si sente veramente vicini alla mente e alla voce dell'Alighieri (Mazzoni, 1963, 279): questo perché Pietro si è concen-trato sull'esegesi (Barchiesi, 1963) e ha anche cercato di correggere alcuni fraintendimenti altrui, soprattutto quello di Guido da Pisa (Rocca, 1891, 343). Fra i commenti trecenteschi d'indubbia importanza annoveriamo quello di Guido da Pisa (autore del Fio-re dltalia) all'Inferno (Mazzoni, 1970). La caratteristica principale di questo commento (in latino: Expositiones et glose super "Comediam" Dantis") è un acceso fideismo (Luiso, 1907, 109) ma è molto interessante perché rivela gli effetti della crisi della cultura della Scolastica. Le Chiose ambrosiane (Rossi, 1990) - cosí dette perché conservate in un codice della Biblioteca Ambrosiana - sono l'ultimo commento prima degli studi e appro-fondimenti dei lettori, sono latine, estese a tutte e tre le Cantiche, databili dopo il 1355 (Rossi, 2011, 141) e sono importanti perché dimostrano la secolare fortuna e divulgazione di Dante anche nella Romagna. Il commento (scritto in volgare e limitato ai soli di-ciassette canti dell'Inferno) alla Divina Commedia rap- presenta per Boccaccio - per la questione del "Falso Boccaccio" rimando all'articolo della Mazzanti (Maz-zanti, 2011, 181) - anche il vertice della sua operosita come dantista. La sua esegesi (Toynbee, 1921) e il frutto delle lezioni tenute in Santo Stefano di Badia su dispo-sizione del Comune di Firenze. Ma il Boccaccio oramai era lontano dal contesto e dalla mentalita in cui Dante scrisse e formo il suo pensiero; per questo il certaldese sovente e lontano da una interpretazione accettabile del dettato dantesco (Guerri, 1926). Benvenuto da Imola (Rossi-Casé, 1889) e il commentatore che segue ed e successivo all'opera di "pubblico lettore" del Boccaccio. Il primo fu Boccaccio, dunque, seguito anche nelle letture pubbliche dal Rambaldi e gli succedono, in ordine cronologico: Francesco da Buti (Bellomo, 2004, 246), Filippo Villani (Basile, 2011, 187), Domenico Bandini (Bellomo, 2004, 125), Cristiano da Camerino, Bartolomeo Nerucci (Bellomo, 2004, 345) e Giuniforte Barzizza (Bellomo, 2004, 22). Tra i suoi contemporanei erano presenti diverse opi-nioni sia sul commento sia della divulgazione che anda-va fatta. Il Buti (Giannini, 1858-1862), che lesse Dante a Pisa nel 1385 (Silva, 1915), identifico le peculiarita grammaticali" (Novati, 1897, 251) del testo ed estese il suo commento a tutta la Commedia e, soprattutto, uso il volgare. Il concetto fondamentale era la chiosa letterale, gia proposta da Guido da Pisa e seguita dal Boccaccio (Guerri, 1926). L'esposizione e allegorica ed e organiz-zata su una struttura di commento scolastica con una configurazione chiara, schematica, molto didascalica (Franceschini, 2011, 192). Il pregio dell'opera e proprio questo, l'approfondimento linguistico-grammaticale (Battistini, 1928, 881) e, non a caso, fu conosciuto e circolo soprattutto nell'ambiente dell'Accademia della Crusca. Verso la fine del Trecento (Geymonat, 2011), ma per alcuni critici andrebbe collocato nei primi anni del '400 (Hegel, 1878, 59; Guerri, 1926, 32), il nuovo commento e quello delMnonimo florentino (Fanfani, 1866-1874), scritto in volgare e limitato alle prime due cantiche. Apre il suo commento con una summa dei commenti precedenti, soprattutto della tradizione iniziata con il Boccaccio e il Buti ma questo commento si distingue soprattutto per le citazioni dei commentatori anteriori. Riprende, infatti, il commento di Jacopo dalla Lana in altre parti cita le Esposizioni del Boccaccio (Geymonat, 2011, 36) e contiene molte notizie di cronaca storiche tratte dal Compagni (Lungo, 1879-1887) e dal Villani (Villani, 1832) ma anche molte interpretazioni letterali con un'ampia conoscenza delle opere di Dante. Ultimo, ma solo dei commentatori contemporanei al Rambaldi, e Filippo Villani (figlio e continuatore della Crónica di Giovanni Villani). Diversamente dai suoi predecessori, Filippo ha realizzato un restauro testua-le del poema che ha prodotto un commento in latino; il Commentum in latino e tramandato dal manoscritto Laurenziano Pluteo, Pl. 26 sin.1 - Santa Croce (Basile, 688 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Nel dettaglio, la data (Tav. VI: códice Marciano, carta 105 v) 689 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 2011, 187). Basato su una chiave interpretativa figúrale il personaggio Dante diventa il modello da seguire per ottenere il riscatto con la guida della ragione (Virgilio), della teologia (Beatrice) e della fede (San Bernardo). Un aspetto importante del suo lavoro e l'utilizzo dell'inter-pretazione dantesca contemporanea, soprattutto di al-cuni esegeti come Guido da Pisa, Graziolo Bambaglioli, Pietro Alighieri, Francesco da Buti. Molto presenti sono le idee esposte da Benvenuto durante il suo corso ferra-rese (conosciute, sembra, attraverso il manoscritto Laur. Ashb. 839). Il Villani si distinse anche per i suoi studi sulla lingua di Dante e alcune interpretazioni partico-lari di alcuni personaggi; riflessioni che ritroveremo nel commento del Landino (Basile, 2011, 189). Il commento di Benvenuto occupa un posto partico-lare tra questi commentatori. Gli antichi interpreti hanno un grandissimo valore soprattutto perché ci hanno consegnato la quasi totalita delle informazioni sui fatti, luoghi e personaggi ricordati nella Commedia. L'esegesi posteriore ha aggiunto pochissimo, anzi, ne ha attinto largamente. L'esigenza di accompagnare la lettura della Commedia con una spiegazione, non semplice parafrasi del testo, era chiara gia a Dante, prova ne e l'Epistola a Cangrande (Bellomo, 2004, 29). Il Marciano contiene, oltre l'intero poema con il commento di Benvenuto, un breve compendio della vita e una nota sulla data di nascita di Dante, l'epitaffio di Menghino da Mezzano (Inclita fama ...) e l'epigrafe commemorativa di Bernardo Canaccio (lura monarchie superos Phlaegetonta lacusque), entrambi incisi sulla tomba del Poeta 6. Sono presenti anche tre carmi latini in esametri, redatti da Benvenuto in accompagnamento del proprio testo: uno in lode a Dante subito dopo l'In-cipit dei canti (Nescio qua tenui sacrum modo carmine Dantem); altri due a ricapitolazione del contenuto delle singole cantiche: alla fine dell'Inferno: lamque domos Stygias et tristia regna silentum e alla fine del Purgatorio: Hactenus ipse suas vidi tolerantia poenas. Il testo dantesco tramandato e di una grafia piu accu-rata e questa non pare al Ferrari di mano del Campenni al quale, invece, risale sicuramente la trascrizione del commento. In ogni modo, il copista ci lavoro intorno -sempre ad Isola - negli anni 1398 e 1399; nel 1400 si dedico all'ornamentazione del codice e alla trascrizione del commento latino in Portobuffole, nella Marca Trevi-giana, dove si trasferi, probabilmente quale cancelliere. Poco o nulla si sa di questo cancelliere e amanuense, le uniche notizie sono quelle del Morteani (Morteani, 1888, 189) desunte dagli Statuti del comune di Isola d'I-stria. Come, per esempio, la lista cronologica dei nomi dei podesta d'Isola d'Istria affiancanti dal nome dei ri-spettivi cancellieri. Nel 1398 il podesta era Pietro Be-legno e come suo cancelliere figura Pietro Campeni da Trapani proprio negli anni in cui Pietro stava scrivendo, 0 finendo di scrivere, il commento. Altra notizia certa è la sua permanenza a Portobuffolé ma nulla di più su questo cultore di Dante. Il commento si apre con l'Incipit dei canti dell' Inferno (mancano quelli del Paradiso) con le note circa i pec-cati ovvero le pene (come da attitudine propria del Benvenuto, cioè indicazioni schematiche e didascaliche). Seguono sei righe circa l'introduzione all'argomento del Purgatorio e l'Incipit dei canti allo stesso. Il codice presenta poi una nota sulla data di nascita del poeta e i due epitaffi (secondo l'Ive, 1879, di altra mano); la prima pagina termina con quella chiosa già menzionata, di probabile mano spagnola: Dante glosado. A carta 2 trovano posto gli esametri in lode di Dante: "Nescio qua tenui sacrum modo carmine Dantem" e non la dedica a Nicolo d'Este, come nell'edizione La-caita (basata sul codice Pluteo). A carta 105 r. e v., dove termina il commento all'Inferno, abbiamo la lettera di dedica a Niccolo d'Este (Tavola II), subito dopo abbiamo la prima indicazione della data (quel famoso 1398 di cui sopra) e il carme latino in esametri (lamque...). Un dato importante, perché stabilisce le diverse fasi della vergatura del codice, sono le rubriche dei Canti ovvero 1 luoghi dove esse sono assenti. Ne sono sprovvisti, oltre il primo Canto di ciascuna Cantica (come abbiamo già detto, presenta degli spazi che molto probabilmente erano destinati alle miniature mai eseguite) i canti V-XXII, XXIV-XXVI e XXVIII-XXXIII del Purgatorio. Altre anomalie sono le iniziali del commento assenti in certi punti (Tavola III - carta 31 r. e 40 r.). I richiami, che nella maggior parte del commento si riferiscono al commento stesso in alcuni casi (cc. 130 v., 150 v., 160 v., 170 v.) sono del testo e del commento e a carta 140 r. sono del testo (Tavola IV). Si tratta di un codice membranaceo, misura 370x275 (con carte aggiunte 116 bis, 130 bis, 131 bis, 141 bis, 150 bis di dimensioni inferiori), è composto da 285 fogli (cc. II + 289 + I) numerati (la numerazione è stata ag-giunta dopo e da mano ignota, manca la carta numero 180) di pergamena, lo stato di conservazione è ottimo. Gli inizi delle cantiche sono abbelliti da grandi lettere iniziali, e ogni canto ne possiede altre minori (sempre arricchite di ori, molto decorative, di studiata eleganza e di sobrio stile). Tutte le iniziali variano nei loro disegni a ogni Capitolo (o Canto) e si distinguono per l'armoniosa distribuzione fra margine e testo7. La scrittura del testo della Divina Commedia è gotica italiana, è calligrafica, molto uniforme e posata, molto chiara. Il commento è inquadrato con caratteri più minuti, abbastanza leggibili ma ricchissimi di abbreviature. Nelle poche carte in cui il commento manca, le terzine dantesche risaltano dai vasti margini delle pagine, di- 6 L'approfondimento sulle caratteristiche di questo codice è materia di una seconda prossima pubblicazione. 7 Nasce qui il dubbio controverso se la stesura del testo e del commento fosse contemporanea e solo le miniature - come da tradizione -scritte successivamente oppure esistano varie fasi di stesura. 690 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Nel dettaglio: la data "1398. Ind. 6. 20° septembris Insule provincie Ystrie" e il monogramma di colore roso (Tav. VII, codice Marciano, carta 205 r) 691 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 mostrando che il commento fu aggiunto posteriormente quando il testo del poema era gia interamente fissato. Il commento e assente (in due quaderni due serie di carte ne sono prive) forse perché il copista non aveva potuto recuperare i relativi quaderni per copiarli: da carta 175 r. a carta 179 r. (parte del Canto XXI e l'intero Canto XXII del Purgatorio) e da carta 183 r. a 187 v. (i Canti XXIV e XXV). Molto interessante, e che fa riflettere, e il dettaglio notato dal Ferrari (Ferrari, 1935 pag. 415) o meglio, le aggiunte di sicura mano del Campenni in alcuni luoghi del testo della Divina Commedia. Come esempio si ri-porta l'aggiunta della parola gioia al verso 78 (carta 5 r.) del Primo canto (Tavola V) e il relativo confronto tra il P e l'M. Il lemma e effettivamente di mano diversa rispetto al testo. Si possono rilevare anche altre anomalie ine-renti al testo della Commedia: mancano 25 versi8. Que-sta imperfezione e segnalata e si e cercato di emendare questi punti, parte di queste correzioni sono attribuibili al Campenni (Ferrari, 1935,415) in altri punti la mano e sicuramente diversa. Secondo diverse opinioni e studi queste pagine sa-rebbero la copia di una prova di stampa di un futuro magnifico incunabolo9. Il commento riproduce la scrittura gia vista nel P (notarile) mentre, come gia anticipato sopra, ai versi danteschi e riservata una scrittura elegante e di corpo piu grande. Il Ferrari (Ferrari, 1935, 413) indaga a fondo e riesce a identificare le caratteristiche della grafia del Campenni (commento) rispetto a quella del testo (autore ignoto oppure maggior cura?). Stessa "maggior cura" e individuata anche nella vergatura sia delle lettere ini-ziali delle cantiche sia delle minori, che decorano gli altri Canti. La datazione e la paternita sono ricavate diretta-mente dal testo: a c. 105 v (Tavola VI), colonna 1, dove termina la lettera all'Estense che chiude il commento dell'Inferno e prima dell'inizio del commento del Purgatorio (da notare che su questa carta non e presente il testo della Commedia) si legge: "1398 Ind. 6. 6 Julii Insule". A c. 205 r (Tavola VII), dopo le ultime parole del Purgatorio: "1398. Ind. 6. 20° septembris Insule provincie Ystrie", con un monogramma (di colore rosso) che poi scopriremo appartenere proprio al Campenni. A ulteriore conferma della mano dell'amanuense abbia-mo la firma nell'ultimo foglio del codice (Tavola VIII), subito dopo il testo della Commedia: "Explicit iste liber Deo gracias"; alla fine del commento, invece, troviamo la sottoscrizione: "Iste liber est scriptus per me Petrum Campenni quondam Johannis de Tropea in terra Insule provincie Ystrie anno nativitatis domini millesimo tre-centesimo nonagesimo nono indictione septima die XV frebuarii (sic). Hec sun expleta scriptor portetur ad leta. Amen" seguito dal monogramma del Campenni PS (o segno di tabellionato che si scorge spesso in entrambi i nostri codici, anche a margine di quelle correzioni o emendamenti al testo (Ferrari, 1935, 110). Più sotto, in rosso: "Suprascripte rubrice et parafrache (quasi certa-mente paragraphe) scripte et finite fuerunt per me su-prascriptum Petrum. Anno nativitatis domini millesimo quadrigentesimo indictione octava XVIII marcij in terra Portus Buffoleti marchie Tarvisane". È ragionevole sup-porre che sia il testo della Commedia sia il commento sono di mano del nostro Petrus. Il codice è stato esem-plato negli anni 1398-99 e completato nel 1400 ma a ragione si puo sostenere che il testo della Commedia sia stato trascritto nel 1398-99 e solo in un secondo momento il commento (cioè nel 1400). Non puo essere diversamente perché gli explicit che indicano le date 1398 e 1399 sono compresi nel corpo del commento e non possono riguardare la trascrizione del testo ma, sempre ragionando, al massimo il testo del commento. Difficile sciogliere questo nodo perché il tempo necessario per trascrivere sia il testo sia il commento è troppo breve (ri-cordo che la trascrizione a mano con calligrafia posata poteva richiedere anche moltissimi anni). Non è dunque possibile sostenere la teoria che se il Purgatorio è stato scritto (come da explicit) nel settembre del 1398 allora il Paradiso è stato completato (sia il testo sia il commento) in cinque mesi o poco più (finito nel febbraio 1399). Non solo, ma trasferitosi a Portobuffolé si è dedicato all'abbellimento calligrafico: scrisse cioè le rubriche dei canti, coloro i paraffi e disegno, probabilmente, anche le iniziali filogranate del commento. Ma questo lavo-ro di finitura, inferiore come impegno e come vincolo di tempo, lo impegno per più di un anno; come mai ci mise tanto tempo? Forse si dedico alla trascrizione del commento avendo di fronte a sé un'altra redazione (Salata, 1934, 4)? Si pone l'accento sulla qualità delle miniature presenti anche su quella che potrebbe consi-derarsi "copia di servizio", cioè il codice P: in ogni Canto, come anche nel codice M, sono presenti le iniziali e miniature preziose arricchite da foglia d'oro, anche se l'accuratezza non è paragonabile a quelli del codice M. Qui, vediamo presenti delle eleganti lettere iniziali azzurre arabescate di rosso con aggiunta di foglia d'oro (scelta di colori e materiali molto preziosi che ci fa pensare ad un committente ricco e ad una destinazione preziosa). Comunque sia, è lecito ipotizzare che questa copia fu pensata per altro scopo che non sia quello di mero strumento di nota? Altro elemento caratteristi-co che riscontriamo in entrambi i codici è la presenza, all'inizio di quasi ogni Canto, dell'argomento in latino scritto con inchiostro rosso (le rubriche). Sembra assodato che la trascrizione del testo, quanto 8 Mancano i seguenti vv.: Inf. VI 55; VIII 44-45; XI 25; XIII 36-37; XX 53; XXVII 23; XXXI 14; Purg. VIII 32-33; IX 38, 41; XII 80; XXVI 23, 79-80; Par. VI 79; XIX 39; XXIII 77; XXIV 148; XXVII 146; XXVIII 126; XXIX 51; XXX 69. I vv. 56 - 57 di Inf. VI sono spostati dopo il v. 63; i vv. 10 - 11 di Purg. III dopo il v. 15 e sono ripetuti due volte i vv. 95 - 96 di Par. XXIII. 9 Diversi gli studiosi concordi in questa tesi come, per esempio: Salata, 1934; Ferrari 1 935; Roddewig 1991. 692 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Nel dettaglio: "Iste liber est scriptus per me Petrum Campenni quondam Johannis de Tropea in terra Insule pro-vincie Ystrie anno nativitatis domini millesimo trecentesimo nonagesimo nono indictione septima die XV frebuarii (sic)" e il suo monogramma. (Tav. VIII: codice Marciano, carta 285 v) 693 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Nel dettaglio: testo del Commento che si adatta all'iniziale miniata (Tav. IX: codice Marciano, carta 125 v) 694 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Nel dettaglio: testo del Commento che si adatta all'iniziale miniata (Tav. X: códice Marciano, carta 147 r) 695 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Inizio della Cantica dell'lnferno (Tav. XI: codice Marciano, carta 3 r) 696 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 l'ornamentazione delle iniziali miniate, dovettero essere compiute prima della scrittura del commento. A nuova riprova portiamo due esempi: carta 125 v. (Tavola IX) e 147 recto (Tavola X). Si tratta di due miniature alle quali vediamo sovrapposto il testo del commento - come al-trimenti sarebbe potuto accadere se non fosse che la miniatura era già presente e l'amanuense non ha fatto altro che scriverci intorno (c. 125 r.) o un po' sopra (c. 147 r.)? Una caratteristica dei libri medievali (o tecnica di copiatura medievale) è la fascicolazione del codice. Significa che si acquistavano (o si procuravano) dei pic-coli fascicoli (di solito già rilegati) e man mano che si procedeva alla copiatura, questi erano nuovamente legati insieme (sia per non perdere la sequenza sia per non perdere i quaderni). Rileva il Ferrari (Ferrari, 1935, 414) che la fascicolazione del codice è regolarissima (28 quaderni di 10 carte l'uno, più l'ultimo di 5 carte) ma presenta al 18° una irregolarità che non si sarebbe presentata se la trascrizione fosse avvenuta tutta di seguito: è completamente privo di commento - è stata anche resecata una carta bianca. Assente anche l'aggiunta calligrafica di color vermiglio. In cinque luoghi (dopo le cc. 116, 130, 131, 141 e 150) il copista ha dovuto inserire dei foglietti o strisce di pergamena perché ha esaurito lo spazio. Altri segni rivelatori o indicatori che il testo della Divina Commedia è di altra mano e risale a un periodo di stesura differente, sono alcuni indizi all'interno del nostro codice: il testo della Commedia è in alcuni luoghi difettoso. Il copista ha saltato qua e là dei versi (Ferrari, 1935, 415) ma ha anche aggiunto delle note. Questo pero puo essere letto anche come un tentativo di emen-datio. Il fatto che pero rende queste varia lectio cos! interessanti in questo contesto è il monogramma del Campenni posto a fianco di queste "correzioni". Voleva, forse, come il Benvenuto, confrontare diversi testi per affrontare, appunto, l'emendatio oppure aveva di fronte a sé due manoscritti e stava incedendo su quell'insidio-sa procedura che i noi filologi definiamo contaminatio? Il testo di Dante è stato riveduto, dunque, da Pietro. E se ha voluto lasciare memoria di questo "controllo", anzi documentarlo, possiamo forse ritenere che non sia stato lui il trascrittore ma il revisore? Possiamo anche considerare e intendere questi segni come dei notabilia: cioè un tipo di annotazione antichissima e colta volta a segnalare i versi notevoli, le comparationes e talvolta i vaticinia (Bellomo, 2004, 25). Da una sommaria verifica paleografica (ristretta alle prime righe del commento a ciascun Canto) si puo intuire che il codice Marciano è strettamente imparentato con il codice Pluteo della Laurenziana (Pluteo XLIII 1, 2, 3), quello utilizzato dal Lacaita per la sua pubblica-zione e dal Muratori nelle sue Antiquitates Italicae. Qui di seguito offriamo la trascrizione di alcune righe del codice Marciano, di quello Parigino da confrontarsi (e da completare) con la pubblicazione del Talice e quella del Lacaita. Da questo esempio possiamo desumere alcuni elementi caratterizzanti: innanzitutto che P e M non sono semplici gemelli. Le lacune riscontrate in M, relative all'assenza del commento (da carta 175 r. a carta 179 r. - parte del Canto XXI e l'intero Canto XXII del Purgatorio - e da carta 183 r. a 187 v. - i Canti XXIV e XXV) sono presenti in P ma si limitano alla lacuna del Canto XII del Purgatorio (ed è relativo solo a due carte: 121 r. e 121 v.), dunque M non puo essere copia di P. Mentre si ripe-tono gli errori circa i versi del testo della Divina Commedia mancanti10, forse si potrebbe ipotizzare la presenza di un terzo codice (o antigrafo) che diede origine ad en-trambi. Sicuramente sono imparentati ma di certo non sono gemelli. Differenti le misure, il formato del P è di 400x285 mm mentre l'M misura 370x275 mm; il P conta 192 carte contro le 285 del Marciano. Si è riscontrata anche una differente disposizione del testo; sulla prima pagina dell'M abbiamo l'Incipit dei canti dell' Inferno (mancano quelli del Paradiso), poi l'introduzione all'ar-gomento del Purgatorio e l'Incipit di tutti i Canti. Segue una nota sulla data di nascita del poeta, i due epitaffi e in fondo alla prima pagina vi è la nota: Dante glosado. Il P, invece, comincia con un quadro sinottico dei Canti del Paradiso e precisamente, dal Canto VIII, quello de-dicato a Carlo Martello d'Angio. Prima del riassunto dei Canti dell'Inferno, troviamo una nota biografica di Dante. La carta 1 recto prosegue con il compendio dei Canti dell'Inferno e del Purgatorio (da segnalare che sono in-seriti alla fine i Canti del Paradiso mancanti). A carta 2 è inserito l'Indice dei Canti dell'Inferno e del Purgatorio, una nota sulla data di nascita del poeta e l'epitaffio di Menghino da Mezzano (Mazzucchi, 2011, 340); non c'è il secondo epitaffio, quello sui diritti della monarchia (Iura monarchie superos Phlaegetonta lacusque). Entrambi i codici presentano a carta 2 gli esametri in lode di Dante: "Nescio qua tenui sacrum modo carmine Dantem" e non la dedica a Nicolo d'Este, come nell'edizione Lacaita. La lettera dedicatoria a Niccolo d'Este trova posto, in entrambi i codici, alla fine del commento dell'Inferno e precisamente: per M a carta 105 recto e per P a carta 74 recto. Sono presenti anche i 14 versi sul viaggio di Dante11 e nel P manca la data (ben leggibile nel Marciano: 1398 Inditione 6° 6° julii Insule). Nel P non vi sono miniature assenti, ovvero, le carte dei primi Canti presentano delle miniature preziose (sempre eseguite con colori pregiati e foglia d'oro e occupano un notevole spazio) a differenza delle gra- 10 Inf. VI 55; VIII 44-45; XI 25; XIII 36-3 7; XX 53; XXVII 23; XXXI 14; Purg. VIII 32-33; IX 38, 41; XII 80; XXVI 23, 79-80; Par. VI 79; XIX 39; XXIII 77; XXIV 148; XXVII 146; XXVIII 126; XXIX 51; XXX 69. I vv. 56 - 57 di Inf. VI sono spostati dopo il v. 63; i vv. 10 - 11 di Purg. III dopo il v. 15 e sono ripetuti due volte i vv. 95 - 96 di Par. XXIII. 11 Anche se il Ferrari ne conta solo 8, cfr. Ferrari, 1935, pag. 411. 697 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 vi mancanze riscontrate nel Marciano. Le rubriche nel parigino vi sono sempre, mancano pero le iniziali miniate ai Canti V (c. 13v) e VI (15 v) dell'Inferno. Nel Marciano, sia le miniature sia le rubriche sono assenti in diversi punti (le miniature in ogni primo Canto di ciascuna Cantica e i Canti V-XXII, XXIV-XXVI e XX-VIII-XXXIII del Purgatorio). Ma nel Marciano mancano anche le iniziali all'interno del commento (carta 31 r. e 40 v.). In entrambi i codici, i richiami sottolineati con una riga rossa, si riferiscono talvolta al commento e in al-cuni casi al testo della Divina Commedia e parallela-mente anche al commento, ma non mancano i casi in cui si riferiscono solo al testo. Elemento non riscontrato in entrambi i codici (che si puo intendere come errore separativo) rispetto al Pluteo, è l'assenza dei sei versi dedicati a Niccolo d'Este che precedono la lettera nuncupatoria e i due carmi in esametri come riepilogo del canto del Paradiso (Gloria iam felix patuit michi regna tuenti) e quello conclusivo dell'intera opera (Tartareos sordes vidi loca plena nocentium). Oltre alla loro evidente parentela con il Pluteo (o l'edizione "Lacaita") si puo palesare la grande cura che il copista (forse il Campenni) dedico alle miniature, alle iniziali dei Canti e alle prime lettere di ogni verso. Piu volte si e sottolineata quest'attenzione e si e anche po-stulata una destinazione di prestigio come, per esempio, una biblioteca di una nobile famiglia o meglio ancora un regalo importante. In conclusione di questo saggio si puo affermare che uno studio piu approfondito e necessario. Qui si sono confrontati solo alcuni versi, uno studio allargato a piu parti del testo forse confermerebbe queste prime impres-sioni oppure potrebbe portare il filologo a nuove inte-ressanti scoperte anche all'interno della stemmatica dei commenti danteschi. Il cono Infernale, Disegno attribuito a Pietro da Figino ora riconosciuto come opera di Antonio Grifo, l'originale è di proprietà della Casa di Dante in Roma. 698 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 APPENDICE: COLLATIO CODICUM IN ALCUNI LOCI CRITICI Commento all'Inferno comincia a c. 8 r Comenza la prima comedia di Dante al-dighieri da fiorenze in la quale mostra como gl'apparvero Virgilio e mostroli lo Inferno el Purgadorio (c. 11) Ipse est mare inundans undique veniencium indigencias replens affluenter et cupiose Averoys commentator super poetriam Aristotelis qui iuxta sen-tentian philosophi XII ethafisice. Melius est scire pauca de rebus nobilibus quam multa de ignobili-bus. Ideo commendaturus nobilissimum poemata qui caeterorum poemata illustravit ne dicam superavit. Ex verbis propositi chematis tria breviter colligo que celeberrimi hominis indicant gloriam predicant et extollunt [...] Il testo della DC comincia a c.11. M: Commento all'Inferno comincia a c. 1v, testo DC a c.3v Ipse est mare inundans undique veniencium indigencias replens affluenter et cupiose Averoys commentator super poetriam Aristote-lis qui iuxta sententian philosophi XII metha-fisice: melius est scire pauca de rebus nobilibus quam multa de igno-bilibus. Ideo commen-daturus nobilissimum poetam qui caeterorum poemata illustravit ne dicam superavit. Ex verbis propositi chematis tria breviter colligo que celeberrimi hominis indicant gloriam predicant et extollunt [...] Talice: Varia 22. Ipse est mare inundans undique venien-tium indigentiam replens affluenter et copiose: Averois qui facit comen-tum super poetriam Ari-stotelis. Ex quibus verbis tria possunt colligi: pri-mum scilicet profunditas admirabilis; secundum, utilitas desiderabilis; ter-tium, fertilitas ineffabilis. Lacaita: Pluteo XLIII 1, 2, 3. Ipse est mare inundans, undique venienti-um indigentias replens affluenter et copiose. Averrois commentator super Poetriam Aristotelis. Quoniam juxta sen-tentiam Philosophi XII metaphysicae: melius est scire pauca de rebus nobilibus, quam multa de ignobilibus, ideo commendaturus nobi-lissimum poetam, qui caeterorum poemata illustravit, ne dicam superavit, ex verbis propo-siti thematis tria breviter colligo, quae celeberrimi hominis inclitam gloriam praedicant et extollunt Il Commento comincia a c. 1r (foto 3r); testo DC a c. 3v (foto 5). 699 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 P: M: Talice: Lacaita: Purgatorio: commento co- Purgatorio: commento co- Varia 22. Plúteo XLIII 1, 2, 3 mincia a c.75 v con. mincia a c. 105; il testo della DC comincia a c. 106r. Om poeta bonus et pe-ritus sit ille qui describit et determinat unamqua-mque rem secundum suam proprietatem verita-tem ut scribit philosophus in sua poetria. Poeta Dantes descripto perfette Inferno secundum exigenciam rey in quo agitur de statu viciosorum realiter et moraliter iuxta [in] formam promissi or-dinis permissi ordis describit Purgatorium in quo similiter agitur de statu re-cedentium a viciis. Cum poeta bonus et peritus sit ille qui describit et determinat unamqua-mque rem secundum suam proprietatem verita-tem ut scribit philosophus in sua poetria. Poeta Dantes descripto perfette Inferno secundum exigenciam rey in quo agitur de statu vicioso-rum realiter et moraliter iuxta in formam promissi ordinis permissi ordis describit Purgatorium in quo similiter agitur de statu re-cedentium a viciis. Iste secundus liber in-dictus Purgatorius, seu de Purgatorio, distinguitur in 33 capitula. Primo dividi-tur in tres partes generales, in Antipurgatorio, in Purgatorio, et in Postpurgatorio. Prima pars continent solum aliquos, qui sunt confiniati et relegati extra Purgatorium, et va-dunt errando; Cum poeta bonus et peritus sit ille qui describit et determinat unamqua-mque rem secundum suam proprietatem et veri-tatem, ut scribit philosophus in sua poetria; poeta Dantes descripto perfecte inferno secundum exige-tniam rei, in quo agitur de statu vitiosorum realiter et moraliter, juxta formam promissi ordinis describit purgatorium in quo simi-liter agitur de statu rece-dentium a vitiis Ego vero non exonera-tus expositione libri primi velut ipse in parte laboris fuerim cum autore [...] Ego vero non exonera-tus expositione libri primi velut ipse in parte laboris fuerim cum autore [...] Il testo della DC comincia a c. 106r 700 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 P: M: Talice: Lacaita: Paradiso: c.139r. Paradiso: c. 205v. Varia 22. Pluteo XLIII 1, 2, 3. Rubrica: Incipit primus Cántico promictunt di-cenda et invocatur at deos more poetico Incipit istia comedia dantis scripsi padisum in quom beatix solvit dubi-um quo ipse corporeus port in celum ascendere - Et Primo poit caplue primus in quo port proe-mium. Bonum est cribare modium sabuli ut quis inveniat unam margari-tam inquit Averoys in suo collegeth quod allegantis-sime fecisse dignoscitur curiosissimus indagator poeta dantes in divino poemate suo primo namq Bonum est cribare modium sabuli ut quis inveniat unam margari-tam inquit Averoys in suo collegeth quod allegantis-sime fecisse dignoscitur curiosissimus indagator poeta dantes in divino poemate suo primo namque cribravit modium sabuli ubi solum invenit dispo-sitionem evadendi ab una valle tenebrarum ubi est centrum omnium miseria rum sicut patuit libro primo in quo venatus est omnia genera viciorum et supplicia eorundem In auctoritate predicta Austini intendit dissua-dere gloriam terrenorum, ut facilius invitet nos ad supernam gloriam. Unde quod iste appetitus glorie mundi vane est insitus omni homini. Et in hoc vicium cecidit Aristotiles, summus grecorum, sicut ait autor; nam cum fecis-set librum Rhetoricorum, sed dedisset Theodoti, postea in nova Rhetorica sua dixit: & de isto diximus plenius in libro quem de-dimus Theodoti. Et subdit Valerius, quod iste appetitus ita inest hominibus, quod etiam illi qui disputant contra istam gloriam, etiam nesciverunt evitare; qui disputant contra istam gloriam, etiam nescive-runt evitare; quia nomina sua in operibus seripse-runt. Unde Augustinus in predicto libro: hec fuerunt illa duo que impulerunt romanos etc., scilicet cu-piditas glorie etc. Bonum est cribrare modium sabuli ut quis inveniat unam margari-tam, inquit Averrois in suo Collegeth; quod elegan-tissime fecisse dignoscitur curiosissimus indagator poeta Dantes in divino poemate suo. Primo cri-bravit unum modium sa-buli, ubi solum invenit dispositionem evadendi ab ima valle tenebrarum, ubi est centrum omnium miseriarum, sicut patuit libro pirmo, in quo venatus est omnia genera vitiorum et supplicia eorumdem 701 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 THE COMMENTO TO DIVINE COMEDY OF RAMBALDI IN THE IZOLA'S CODES. PETER CAMPENNI FROM TROPEA AN HIS TIME IN IZOLA Valentina PETAROS JEROMELA Plavje 109/g, 6281 Skofije e-mail: vpetaros@me.com SUMMARY The research aims, by means of a selective collatio, at identifying the role of the Marciano (1395) and the Parisian (1398—99) commentaries within the existing tradition or in the genealogical tree of transferred comments. By selecting the crucial places of the Commentary, and by comparison between lectures or the three variants (the recol-lectio by Stefano Talice from Ricaldone; the Laurentian Ashburnhamian 839 codex; Edition Lacaita), advancements will be made towards analysis. After the publication of the Dante Bibliography, several codexes assumed the role of authoritative ones; certainly the most antique is the parchment codex in the National Parisian Library (our Parisian or »P« codex). The Marciano has been defined at all times as a simple copy of P; nonetheless, there is no research based exclusively on »>M«, which would abridge or compare the (at this time) presumed twin P. The actual research examines attitudes towards the statements and assumes a position on a possible existence of the codex interpositus. During a stay in Isola, belonging to Istria, Pietro Campenni, originally from Tropea, as a chancellor to the podesta and an impassioned Dante scholar, copied twice the commentary to the Dantean Divine Comedy. We are dealing with the Commentary by Benvenuto from Imola, which gave origin to two manuscripts, one now in custody of the National Parisian Library and the other of the National Marciana Library in Venice. These two codexes, deriving from the end of 14th Century, have never been compared with one another, due to the return of the Marciano to Italy as late as the thirties of the previous Century and its having been defined a simple copy of the Parisian. The research defines the similarities and differences between them. Keywords: exegesis, Dante, Isola codexes, Benvenuto from Imola, Commentaries BIBLIOGRAFIA BNM - Biblioteca Nazionale Marciana (BNM), Codici italiani, Classe IX, Poeti. BNP - Bibliothèque nationale di Parigi (BNP), Fonds italien, numéro 77. Alessio, G. (1991): Introduzione. In: Palmieri, P., Pa-olazzi, C. (a cura di): Benvenuto da Imola. Lettore degli antichi e dei moderni. Atti del Convegno internazionale: Imola, 26 e 27 maggio 1989. Ravenna, Longo, 15. Alighieri, I. (1848): Chiose alla Cantica dell'Inferno di Dante Allighieri attribuite a Iacopo suo figlio. Firenze, Manoscritto. Alighieri, P. (1845): Petri Allegheri super Dantis ispi-us genitoris Comaediam Commentarium, nunc primum in lucem editum. Florentiae, Manoscritto. Anonimo (1848): Commento alla Cantica di Dante Allighieri di autore anonimo. Firenze, Manoscritto. Anonimo (1846): Chiose sopra Dante, Testo inedito. Firenze, Manoscritto. Auvray L. (1892): Les manuscrits de Dante des bibliotheques de France: essai d'un catalogue raisonne. Paris, Thorin. Avalle, G. (1900): Le antiche chiose anonime all'In-ferno di Dante, secondo il testo Marciano: ital., cl. 9., cod. 179. Città di Castello, Lapi. Barbi, M. (1934): La lettura di Benvenuto da Imola e i suoi rapporti con altri commenti. Studi danteschi, XVI, 1932, 136 e XVIII, 1934, 79. Barchiesi, M. (1936): Un tema classico e medievale: Gnatone e Taide. Padova, Antenore. Basile, B. (2011): Filippo Villani. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 187-191. Batines, P. de (1845): Bibliografia dantesca, ossia Catalogo delle edizioni, traduzioni, codici manoscritti e comenti della Divina Commedia e delle opere minori di Dante, seguito dalla serie dei biografi di lui. Prato, Aldina, 305-306. Battistini, M. (1928): Un ancien commentateur de la Divine Commedia, Francois De Buti. Revue belge de philologie et d'histoire, VII, 3, 881-911. Bellomo, S. (1990): Chiose all'Inferno di Jacopo Alighieri. Padova, Antenore. Bellomo, S. (2004): Dizionario dei commentatori danteschi: l'esegesi della Commedia da Iacopo Alighieri a Nidobeato. Firenze, L. S. Olschki. 702 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Bowden, J. P. (1951): An analysis of Pietro Alighieris Commentary on the Divine. New York, [s.n.]. Brambilla, S. (2011): Chiose selmi. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 175-180. Centi, T. S. (1975): Somma contro i Gentili di san Tommaso d'Aquino. Torino, Utet. Corrado, M. (2011): Niccolo Lelio Cosmico. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 365-370. Fanfani, P. (1866-1874): Commento alla Divina Commedia d'anonimo fiorentino del secolo XIV. Bologna, Gaetano Romagnoli. Favia, L. M. La (1977): Benvenuto Rambaldi da Imo-la: dantista. Madrid, Jose Porrua Turanzas. Ferrante, G. (2011): Giovanni Bertoldi da Serravalle. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 224-240. Ferrari, L. (1935): Il nuovo Codice dantesco Marciano. Atti del Regio Istituto Veneto, Sc. Lett, ad Arti. Tomo 94, 415 nota nr. 3; nota nr. 2; 413; 110 nota nr. 2; 414. Fiammazzo, A. (1915): Il commento dantesco di Graziolo de' Bambaglioli, dal Colombino di Siviglia con altri codici. Savona, Bertolotto e C. Franceschini, F. (2011): Francesco da Buti. In: Malato, E., Mazzucchi, A.(a cura di): Censimento dei com-menti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 192-218. Gagliardi, A. (1999): Giovanni Boccaccio. Poeta filosofo averroista. Soveria Mannelli, Rubbettino. Gagliardi, A. (2002): Tommaso d'Aquino e Averroe. La visione di Dio. Soveria Mannelli, Rubbettino. Gagliardi, A. (2003a): La scienza ovvero Beatrice. Tenzone, 4, 85-113. Gagliardi, A. (2003b): Guinizzelli Dante Petrarca. L'inquietudine del poeta. Alessandria, Edizioni dell'Orso. Gagliardi, A. (2004): Dante e Averroe: la visione di Dio. Paradiso XXXIII. Tenzone, 5, 39-78. Geymonat, F. (2011): Anonimo fiorentino. In: Mala-to, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei com-menti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 36. Giannini, C. (1858-1862): Commento di Francesco da Buti sopra la Divina Comedia di Dante Allighieri. Pisa, F.lli. Nistri. Ginori Conti, P. (1939): Vita e opere di Pietro di Dante Alighieri con documenti inediti. Firenze, fondazi-one Ginori Conti. Gottschalk, P. (1967): Memoirs of an antiquarian bookseller. Gainesville, University of Florida. Guerri, D. (1926): Il commento del Boccaccio a Dante. Limiti della sua autenticita e questioni critiche che n'emergono. Bari, Laterza. Hegel, K. (1878): Uber den historischen Werth der alteren Dante-Commentare mit einem Anhang zur Di-no-Frage. Leipzig, S. Hirzel. Illuminati, A. (1996): Averroe e l'intelletto pubblico. Roma, Manifestolibri. Ive, A. (1879): D'un codice dantesco scritto in Istria. La Provincia dell'Istria, XIII, 16. Jackson Toynbee, P. (1921): Boccaccio's commentary on the Divina Commedia. Cambridge, University press. Lacaita, F. (1887): Comentum super Dantis Comoe-diam. Firenze, Barbera. Luiso, F. P. (1907): Di un'opera inedita di frate Guido da Pisa. Firenze, [s.n.]. Luiso, P. (1906): Le »Chiose di Dante« e B. da Imola. Giornale dantesco, XIV, 252-261. Lungo, I. Del (1897-1887): Dino Compagni e la sua Cronica. Firenze, Le Monnier. Malato, E., Mazzucchi, A. (2011): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice. Marsand, A. (1835-1838): I manoscritti italiani della Regia biblioteca parigina. Descritti ed illustrati dal dot-tore Antonio Marsand. Parigi, Stamperia reale. Mazzanti, F. (2011): Falso Boccaccio. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 181-186. Mazzatinti, G. (1886-1888): Inventario dei manoscritti italiani delle biblioteche di Francia. Roma, Firenze, Tip. Bencini. Mazzoni, F. (1963): Pietro Alighieri interprete di Dante. Studi Danteschi, XL, 279-360. Mazzoni, F. (1970): Declaratio super Comediam Dantis. Firenze, Societa dantesca italiana. Mazzoni, F. (2005): Benvenuto da Imola. In: Enciclopedia dantesca. Milano, Mondadori Editore, 200-205. Mazzucchi, A. (2001): La discussione della "Varia lectio" nel commento di Benvenuto da Imola nell'antica esegesi dantesca. Roma, Salerno, Volume II. Mazzucchi, A. (2011): Matteo Chiromono. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 328-332. Mazzucchi, A. (2011): Menghino Mezzani. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 340-353. Morteani, L. (1888): Isola ed i suoi statuti. Atti e Memorie della Societa istriana di archeologia e storia patria, IV, 189. Muratori, A. L. (1788): Antiquitates Italicae Medii Aevi. Mediolani, ex typographia Societatis palatinae. Nannucci, V. (1845): Pietri Allegherii super Dantis ipsius genitoris Comoediam Commentarium, consilio et sumtibus G. J. bar. Vernon, Florentiae, Piatti. 703 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 25 ■ 2015 ■ 4 Valentina PETAROS JEROMELA: I DUE CODICI E LA TRADIZIONE DEL COMMENTO RAMBALDIANO ALLA DIVINA ..., 677-704 Nardi, B. (1958): La mistica averroistica e Pico della Mirandola. Saggi sull'aristotelismo padovano dal secolo XIV al secolo XVI. Firenze, Sansoni. Nardi, B. (1961): Osservazioni sul medievale »acces-sus ad auctores« in rapporto all'epistola a Cangrande. In: Studi e problemi di critica testuale: Convegno di studi di filologia italiana nel centenario della commissione per i testi di lingua, 7 -9 aprile 1960. Bologna, Commis-sione per i testi di lingua. Norton, C. E. (1861): A review of a translation into Italian of the Commentary by Benvenuto da Imola on the Divina Commedia. The Atlantic Monthly. Cambridge, Massachussets. Novati, F. (1889): Per la biografia di Benvenuto da Imola. Giornale storico della letteratura italiana, XIV, 258-268. Novati, F. (1891): Di maestro Benvenuto da Imola, commentatore dantesco. Giornale storico della lettera-tura italiana, XVII, 93. Novati, F. (1897): Due grammatici pisani del sec. XIV: ser Francesco Merolla da Vico e ser Francesco di Bartolo da Buti. Miscellanea storica della Valdelsa, anno V, fasc. 3, serie n. 14. Castelfiorentino, Giovannelli e Carpitelli. Paolazzi, C. (1979): Le letture dantesche di Benvenuto da Imola a Bologna e a Ferrara e le redazioni del suo Comentum. Padova, Antenore. Pasquino, P. (2011): Benvenuto Rambaldi da Imola. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione ma-noscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 94. Paulin Paris, P. (1836-1848): Les manuscrits francois de la Bibliothèque du Roi: leur histoire et celle des textes allemands, anglois, hollandois, italiens, espagnols ... Paris, Techener. Pesaro, C. da (1477): Dante col Commento. Vinde-lino da Spira. Petaros Jeromela, V. (2002-2003): Il commento di Ja-copo della Lana al Purgatorio dal codice Vat. Ott. 2358. Tesi di laurea. Trieste, Università degli studi di Trieste. Piccini, G. (1915): Chiose alla cantica dell'Inferno di Dante Alighieri scritti da Jacopo Alighieri. Firenze, Bemporad. Pollock, F. (1854): Autore di una traduzione in inglese, in versi sciolti della Divina Commedia. Londra. Prompt, P. A. I. (1842): I codici parigini della Commedia. In: L'Alighieri - rivista di cose dantesche, Anno III. Venezia, Olschki, 301-320. Puletti, G. (2011): Frate Stefano (Stefano Mangiatro-ia). In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimen-to dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 219-223. Rocca, L. (1891): Di alcuni commenti della Divina Commedia composti nei primi vent'anni dopo la morte di Dante. Firenze, Sansoni. Roddewig, M. (1991): Per la tradizione manoscritta dei commenti danteschi: Benvenuto da Imola e Giovanni da Serravalle. In: Palmieri, P., Paolazzi, C. (a cura di): Benvenuto da Imola, lettore degli antichi e dei moderni. Ravenna, Longo, 79-109. Rossi, L. C. (1990): Le Chiose Ambrosiane alla Commedia. Pisa, Scuola Normale Superiore. Rossi, L. C. (2011): Graziolo Bambaglioli. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 253-261; 141-145. Rossi-Case, L. (1889): Di Maestro Benvenuto da Imola, commentatore dantesco. Pergola, Gasperini. Salata, F. (1934): Per il ritorno in Italia di un codice istriano della Divina Commedia. Venezia, Carlo Ferrari. Scarabelli, L. (1865): Commedia di Dante degli Al-lagherii col commento di Jacopo di Giovanni della Lana bolognese. Milano, Gareffi. Schmidt-Knats, F. (1939): Dante Alighieri, La Commedia col commento di Jacopo del Lana dal codice Francofortese Arci-ß. Francoforte sul Meno, Stadt. Schroeder, H. (1935): Das Problem einer Neuherausgabe des Lana-Kommentars. Deutsches Dante-Jahrbuch, XVII, 77-101. Selmi, F. (1863): Chiose anonime alla prima cantica della Divina commedia di un contemporaneo del poeta, pubblicate per la prima volta a celebrare il sesto anno secolare della nascita di Dante. Torino, Stamperia reale. Silva, P. (1915): Lo studio pisano e l'insegnamento della grammatica nella seconda meta del sec. XIV. In: Studi di storia e di critica letteraria in onore di Francesco Flamini. Pisa, Mariotti. Toynbee, P. (1902): Benvenuto da Imola and his commentary on the Divina Commedia. In: Toynbee, P. (a cura di): Dante studies and researches. London, Met-huen and Co., 216-237. Vernon, G. J. W. (1848): Chiose alla cantica dell'Inferno di Dante Alighieri attribuite a Jacopo suo figlio. Firenze, Piatti. Villani, G. (1832): Cronica: a miglior lezione ridotta coll'ajuto de' testi a penna. Tomi I-VIII. Firenze, Gaspero Ricci. Volpi, M. (2011): Iacomo della Lana. In: Malato, E., Mazzucchi, A. (a cura di): Censimento dei commenti danteschi. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480). Tomo I. Roma, Salerno Editrice, 290. Wiese, V. B. (1927): Eine unbekannte Dante-Handschrift. In: Mulertt, W., Voretzdch, K. & B. Schadel (a cura di): Philologische Studien aus dem romanisch-germanischen Kulturkreise. Haile, Niemeyer, 469-475. Witte, K. (1869-1879): Die beiden ätlesten Com-mentare der Divina Commedia: Jacopo della Lana. In: Witte, K. (a cura di): Dante-Forschungen. Heilbronn, 406-427. Ziliotto, B. (1948): Dante e la Venezia Giulia. Rocca San Casciano, Cappelli. 704