L’ INFANZIA > m xvy Anno IH. CAPOD1STBIA, 25 Febbraio 1886. N. 4 Abbuonamcnto annuo fiorini 4 semestre f.r 2. Pagamenti antecipati. Per un solo numero soldi 20. Rivolgersi per gli annunzi all’Amminis. Redazione ed Amministrazione Tia EUGENIA casa N.ro SC4 pianterreno. Il periodico esce ai 10 e 25 d’ogni mese. Lettere e denaro devono dirigersi franchi alPAmmlnlstrazionc Si stampano gratuitamente articoli d’interesse generai Avvisi in IV. pagina a prezzi da convenirsi e da pagarsi antecipatamente. Non si restituiscono i manoscritti. Excelsior____ L’amministrazione raccomanda caldamente ai Signori Abbonati di mettersi in corrente coi pagamenti. Capodistria, Febbraio 1886. Dacché ci sono a Capodistra le scuole magistrali, si sono andate costituendo qua e là per le ville del nostro distretto delle citaonizze, dove un gruppo di contadini si raduna le domeniche a compitare un foglio slavo, o via per la settimana a ruttar la sera inni e brindisi alla grande Croazia, ad aspettare il verbo dei girovaghi tribuni che vadano «ad istillar nel povero cervello — il gran principio che nel brutto è il bello.» Ma non tutti i villici sono soci delle citaonizze, non tutti sono convinti che gli Italiani sieno loro nemici nati, che torneranno i tempi di Saturno, 1’ età dell’ oro, quando appena l’Istria si chiami Croazia, che insomma quei girovaghi tribuni si disagino, si sbraccino, trafelino proprio per il bel viso dei poveri contadini. Già l’anno decorso fu danneggiata una carrozza che aspettava uno o più di questi predicatori dei nuovi tempi, per ricondurli, da Villadecani ci pare, a Capodistria, gloriosi dei facili evviva, e sognanti, più che la palingenesi della grande nazione, le cariche e gli onori che retribuirebbero il loro zelo e le loro fatiche. Ora, la stessa cosa è avvenuta a Monte in questi ultimi giorni. C’ era là, in quella ci-taonizza, un convegno di capipopolo delle ville circostanti e festa da ballo, e, si sa, non ci potevano mancare dei docenti di questo i. r. Istituto Magistrale. Il mal gioco fu fatto alla carrozza che conduceva uno di quei docenti accompagnato da un. maestro di scuole popolari, addetto all’ insegnamento nella sezione slava di questa i. r. Casa di pena. Noi, si capisce, non approviamo i tagli fatti al mantice di quel calesse, nè facciamo le meraviglie se il villico o i villici che li hanno praticati non hanno riflettuto che finalmente la loro dimostrazione danneggiava il proprietario del veicolo ; ma constatiamo con vera soddisfazione che nelle menti dei contadini si comincia a fare un po’ di chiaro, che la logica dei fatti, il «prometter lungo con 1’ attender corto» li mette sull’ avviso. Del resto, i ricreduti e i non ancora guadagnati alla causa croata sono parecchi in questi nostri dintorni, e ciò perchè, conoscendoci da vicino, più difficilmente si prestano alle insinuazioni calunniose di chi trova il suo tornaconto nell’ ingannarli. Certamente del marcio ce n’ è da per tutto ; ma appunto per questo ce n’ è anche fra di loro ; e probabilmente quello che avranno scorto fra noi, sarà svanito al paragone di quello che avranno ravvisato fra i partigiani della causa che li vorrebbe sedurre. Ed ora non vogliamo riprometterci che il po’ di chiaro che dicevamo sia 1’ albore di un’ èra novella, chè la cocciutaggine non è 1’ ultima delle virtù di questi villici ; ma se fosse, sarebbe ad una provveduto alla nostra tranquillità e al loro bene. Quello che desta la nostra meraviglia davvero è il fatto, che ad onta dei memento del fu ministro Conrad, ad onta della categorica dichiarazione di Sua Eccellenza il Dr. Gautsch attuale ministro della pubblica istruzione a Vienna — il quale, rispondendo ad un’ interpellanza parlamentare, accentuava eh’ egli intende opporsi energicamente ad ogni agitazione politica degli addetti all’ insegnamento nelle scuole — i docenti di questo istituto magistrale con a capo 1’ ispettore scolastico distrettuale onor. Spincich, ed i maestri delle scuole popolari della campagna continuino nella solita propaganda croata, prendendo parte sfacciatamente ad ogni riunione o dimostrazione atta a tenerla viva, ed a diffonderla maggiormente. — Che non vi sia proprio forza in Austria per frenarne la tracotanza ? ---------------------------------------------------------- Saggio di Annali Istriani. Del secolo XIII — dall’ anno 1235 e seg. dell’ Ab. Angelo Harsioh. (Uunt. vedi Ni. antecedenti) 1278. Fioravante, gastaldo di Itovigno, riconosce di avere in feudo dal patriarca la Notaria di Rovigno, per cui godeva la decima di ogni carta o contratto di vendita, ed otto soldi per ogni testamento; dei quali metà spettava al notaio che lo aveva scritto e l’altra metà ad esso Fioravante. Kandler. Indicaz. p. 33; — Thesaurus Eccl. A-quilej. p. 107 ; — e Marnano. Ann. del Friuli v. Ili p. 141 e segg. 1278. — La chiesa di Maggia Nuova viene inalzata a chiesa plebanale e collegiata con sei canonici ; in Maggia Vecchia rimane soltalto un cappellano. Kandler. Indicaz. p. 83. 1278. — Alberto conte d’Istria in questione coi Veneziani i quali avevano costretto il castello di San Lorenzo al Leme all’ obedienza. Kandler. Cod. Dipi. Istr. sub an. 1257 maggio ; — e Liruti. Notiz. delle cose del Friuli v. IV p. 284 e segg. 1278. — Il Castello di Carsano (Golia.?) in Carso viene distrutto nelle guerre tra Aquileia, Gorizia e Venezia. Kandler. LTstria Ann. V, p. 111. 1278. — Moutoua si dà definitivamente alla Repubblica di Venezia, e riceve qual podestà Andrea Dandolo, diverso dallo scrittore del Cronico Veneto, che fu poi Doge. Kandler. Notìzie storiche di Montana, p. 101 ; Indicaz. p. 33; — e Liruti. Notiz. delle cose del Friuli v. IV p. 284 e segg. 1278. — Cacciati i Torriani da Milano, il patriarca Raimondo spinge verso quel ducato un corpo di 6000 uomini tra fanti e cavalli, raccolti nel-1’ Istria, nel Friuli e nella Trevisana; ma furono sconfitti e rotti. Kandler. L’Istria Ann. II. p. 193. 1278. Alberto conte d’Istria, rompe 1’ alleanza con Capodistria, rinuncia al titolo di podestà, si collega col patriarca, quindi fa pace coi veneziani ed abbandona la suddetta città alle proprie sorti. Il patriarca aveva trasportato da qualche tempo la sua corte da Capodistria in Albona e Pietra - Pelosa. Kandler. Cod. Dipi. Istr. sub an. 1289, 13 ottobre, ed Indicaz. p. 33. 1278. — In sull’ aprile dell’anno, Capodistria, collegata con Alberto conte d’ Istria ed il comune d’Isola, tenta di nuovo l'impresa di Parenzo che s’ era data a Venezia già nel 1267, distrugge Castel - Venere e guasta Pinguente, luoghi patriarcali ; si sceglie a podestà per parecchi anni lo stesso Conte. Kandler. Cod. Dipi- Istr. sub an. 1275, 13 ottobre, ed Indicaz. p. 33. e L’Istria anno VII p. 159. 1278, 7 gennaio. — Il patriarca Raimondo, essendo in Due-Castelli, commette a Monfiorito di Pola, suo Ricario (*) in Istria, la custodia della torre di Due - Castelli e la Terra stessa; gli ordina d’indagare chi sieno stati gli omicidi di certo Lottario e di Sercoue manco di Due - Castelli, e chi abbia manomesso questo luogo custodito per lo addietro da certo Menilo. Presenti a questo atto frà Epoue abbate di Santa Petrouila e frà Ognibene Sempre-buono abbate di San Pietro in Selve. (*) La carica di ricario, la massima delle provinciali, che poi prese il nome di marchese, puniva i delitti maggiori, pronunciava delle liti fra nobile e nobile, fra comune e comune, giudicava delle cause che sino al termine del secolo XVIII si dicevano summi princi-pis et commissorum, e dei delitti di stato, e dei contravventori delle regalie ; aveva oltre ciò l’alto governo, rappresentava il demanio pubblico di ragione del patriarca. La carica davasi in appalto. Così il Dr. Kandler. Carli. Ant. Ital. v. V, p. 244 e 269. — Kandler, Cod. Dipl. Istr. ; L’Istria Anno IV, p. 132. Notizie Storiche di Fola p. 298; — Archiv fiir Kunde Osterr. G. Q. XXIV p. 432 ; — e Bianchi Indie, dei Docum. per la stor. del Friuli p. 18. 1278, 12 gennaio. — Manzo, marico di Pinguente, impone una colletta a que’ del luogo. Carli. Ant. Ital. To. V, p. 270 e 246. 1278, 30 gennaio. — Ottone vescovo di Parenzo dichiara incorsi nella scomunica quelli del consiglio parentino, che aiutarono il fu podestà ad occupare il territorio della Chiesa pareutina, e quelli che tuttora suggeriscono a non ritornare il detto territorio alla chiesa. Kandler. Cod. Dipi. Istr. 1278, 5 febbraio (*) — Capodistria, stretta dalla parte di terra da Giacomo Tiepolo, assistito da Egidio dei Turchi comandante di 2000 cavalli, e da quella di mare da Andrea naseggio e Marco de Canal sotto il comando di Marco Corner ; apre dopo lunga resistenza le sue porte al capitano veneto Marino Mo-rosini ; manda a Venenezia Paffo di Aibaldo e Giovanni Dietalmo quali ambasciatori per giurarle ossequio di fedeltà ; i vincitori le impongono di demolire le mura dalla porta di San Martino sino a quella di Busscdraga, di rasare le case di ser Giovanni de Marzi, uno de’ principali istigatori alla ribellione. Venezia vi manda a podestà Ruggero Moro-sini e qual proveditore Pietro valijo Pierazzo Gradenigo A riparare Capodistria da esterni nemici c contenere i novelli soggetti, il senato fa costruire la fortezza di Castel - Leone sotto la sorveglianza del podestà locale, di Tomaso Gritti e di Pietro Gradenigo. I veneziani levano dalla città l’archivio patriarcale, lo trasportano in Venezia e lo pongono nel loro secreto. La resa di Capodistria fa rinsavire molti altri luoghi dell’ Istria. *) Cappelletti. Storia della Rep. di Venezia v. Ili cap. Ili pag. 23, pone il fatto sotto l’anno 1280. Romania. Stor. Docum. di Venezia v. II p. 309. — Carli. Archeog. Triestino v. Ili p. 300 — e Kandler. L’ Istria Anno I p. 120, Anno II p. 193. Anno Vili p. 159 ed indicaz p. 33. — 1278, 5 marzo, Venezia. — Il senato ordina al comune di Moutoua di passare quiud’ innanzi ai podestà locali lire cento oltre il solito stipendio, col patto che debbano condur seco un officiale e dargli annualmente trenta lire e due vestiti (duas robas) Nello stesso mese il senato impone agli istriani tenuti a presidiare il castello di Mon-tona di doversi anche provedere alle paghe stabilite. Così pure ordina al podestà di Mon-toua di condur seco 15 sergenti, esamini sulla necessità dei forti da fabbricarsi e riferisca al senato. Dei 15 sergenti 5 doveva darne Venezia, 7 Parenzo, 1 Cittanuova, 1 Umago ed 1 San Lorenzo. Minotto. Acta et Dipl v. I, p. 141, — Kandler. Notizie Storiche di Montona p. 165. 1278, 10 marzo. — Venezia prende sotto la sua protezione la Terra di Moutoua, salvi sempre i diritti e le ragioni del Patriarca, coudonaudo ogni pena ai ribelli che vi rimasero. Kandler. Cod. Dipl. Istr. e Notizie storiche di Montona. p. 166; — Minotto. Acta e Dipl. v. I pagina 141. 1278, 1 giugno. — Raimondo patriarca, trovandosi presso Padova, elegge a suo ri cario in Istria per un’ anno ser Genesio o Senisio de Bernardi da Padova, in luogo di Monfiorito da Pola; gli commette di esercitare giusta Giustizia, di amministrare rettamente i beni del patriarcato e di racoglierne le reudite e le annue collette. Il Genesio presta il debito giuramento e li 10 gennaio 1279 monta in carica. Guerra. Ot.ium Forojul. v, X. p. 123 e seg.; — Marnano. Ann. del Friuli v. Ili p. 145; — Carli. Antiči. Ital. v. V, p. 24(5 e 270; — Kandler. Cod. Dipi. Istr. — Archi?, fur Kunde iisterr. G. Q. v. XXIV p. 427 ; — Bianchi. Indie, dei Uocum. per. la Stor. del Friuli p. 19 1278, IO luglio. — Il vescovo di Trieste, Arlongo, fonda il convento delle monache della Cella di Trieste nella centrata Caboro (*) presso la chiesa di S. Sergio, esentando il convento da ogni giurisdizione vescovile salvo il diritto di confermare 1’ abbadessa e quella della decima e del quartese *) Là ove ora sorge la rotonda del castello di S. Giusto. À questa fondazione assistevano i canonici del duomo : Vitale decano, Sergio arcidiacono, Matteo scolastico, Almerico sa^ cristo, Ermano da Udine, Volrico, Enrico detto Bigoncio, Gregorio detto Belech, Caroto, Clemente e Bertoldo. Kandler. Cod. Dipi. Isti-.; e L’Istria Ann. II. p. 122: — Bandelli. Notiz. Stor. di Trieste p. 211; e Cappelletti. Le Chiese d’Italia v. Vili p. 693. — 1278, 11 settembre. — I canonici di Capodistria don Almerico arcidiacono, don Giacomo scolastico, don Fabiano prevosto di Baino e don Giovanni de Villano eleggono anche a nome di altri canonici a loro procuratore don Solando da Orvieto, pievano di San Fiore nella diocesi di Ceneda, per impetrare dal patriarca Baimondo la conferma di don Benvenuto p Bono, pievano di Sacile e canonico di Capodistria, eletto da essi a proprio vescovo, e la cassazione dell’elezione del decano locale, don Odorico Biffi, fatta dai canonici Garzano, (Ginano), Vezellone, Adelardo, e dai semplici sacerdoti don Corrado sagrestano, don Margarite e don Pietro detto Placebo, invitati a questo fine, dal sacerdote don Girolamo. Carli. Ant. ItaL To. V, p. 261 e seg. - .1278, I novembre, Capodistria. —■ Don Benvenuto o . Bono, pievano di Sacile e canonico di Capo-. distria, supplica il patriarca Baimondo a voler confermare la sua e non la nomina del decano giustinopolitano don Odorico Biffi, eletto a vescovo di Capodistria dal capitolo locale, che si era scisso in due parti. Tra’ testimoni don Corrado Sagrestano. Carli.. Ant. Ital. To. V, p. 260 e seg. la miopia, sua origino e suoi rimedii Già da tempi antichissimi s’ è rimarcato, che alcune persone per un difetto all’ occhio vedono assai bene a grande distanza e per l’opposto assai male in vicinanza, e che altre invece vedono chiaramente gli oggetti vicini e, non affatto, o molto oscuramente i lontani. Il primo difetto, che suole d’ordinario manifestarsi nella età decrescente, si chiamò Presbiopia (vista da vecchi), 1’.altro si disse Miopia (vista debole). Occupandoci di quest’ultima, •crediamo di far cosa grata ai lettori del Patria, massime a quelli, che essendo miopi hanno l’incoino do di porre sempre gli occhiali a cavalcioni del naso. , . Come sano si può in generale calcolare l’occhio che vede chiari e distinti gli oggetti a circa 22 centimetri di distanza. Una distanza anche di molto maggiore non impedisce all’ occhio sano di vedere con chiarezza, con questo che, se la lontananza -è. relativamente assai grande, 1’ oggetto apparisce piccolo e quindi meno distinto. Non è così nella miopia, per la quale il punto da cui comincia la chiarezza della vista è distante assai poco, e tutto ciò che è più lontano il miope lo vede imperfettamente, cioè fosco, indistinto, confuso, come se una nebbia si frapponesse fra l’occhio e l’oggetto. , ; ! ' La miopia può essere ereditata o acquisita. È ereditata nel senso che i figli di genitori miopi portano seco dall’utero, materno una disposizione particolare a diventare corti di vista, la qual disposizione si sviluppa in essi per cause leggere, che non basterebbero a rendere miopi persone nate da altri genitori. La miopia ereditaria comparisce assai presto, non di rado in fanciulli di dieci anni e àìiche meno. La miopia acquisita si manifesta nella prima giovinezza, d’ordinario dopo i 15 anni. A questa età incominciano gli scolari a lagnarsi, che non vedono ciò eh’è scritto sulla tabella della scuola, che ..per leggere .correntemente devono tenere il libro poco discosto dal naso, e questi lagni sono un indizio evidente, che l’organo della vista è viziato. L’ occhio, come .tutti i sensi corporei, è capace di cultura e perfezionamento, e addomanda quindi un assiduo esercizio, ma un esercizio ben regolato, chè altrimenti, per evitare un difetto, si va incontro ad un. altro. Gli uomini di campagna ed i marinai che vivono ordinariamente all’ aperto e diriggono i loro sguardi ad oggetti molto lontani, esercitano la loro potenza visiva nel guardare distante e trascurano di esercitarla nel guardare oggetti vicini, e diventano col tempo affetti da presbiopia, per cui sono incapaci di ben distinguere le cose da vicino. Gli scolari, gl’ impiegati di cancelleria, i letterati ed altri di tal fatta, che non usano degli occhi che per guardare oggetti che stanno poco distanti dal naso, e non guardano mai, o quasi mai particolareggiatamente gli oggetti distanti, diventano miopi appunto perchè non si abituano a guardar da lontano. Da tutte le esperienze fatte finora risulta dimostrato, che, anche senza una previa e innata disposizione, una protratta e non interrotta abitudine di fissare oggetti vicini è la vera causa del-l’omiopia acquisita. Le tabelle della statistica comparata dimostrano che l’omiopia è assai più frequente fra i giovani delle scuole medie ed universitarie, che in persone che hanno un altro genere di educazione e menano altro genere di vita, e che appunto durante il corso degli studii si sviluppa già nelle classi inferiori il difetto d’una buona vista e progredisce nelle superiori, di maniera che la è una triste ma innegabile verità, che la educazione scolastica, sia pel soverchio numero di ore d’istruzione, sia per la poca o mal diretta luce dei locali, sia per la difettosa costruzione delle panche, sia per altre ragioni, guasta gli occhi alla gioventù. Ma della loro omiopia ne hanno la colpa, almeno in parte, anche gli stessi scolari. Vi sono dei giovanetti che si mettono in occhiali, non perchè proprio ne abbisognino, ma piuttosto a darsi un tuono d’uomini d’importanza ; altri occupano in amene letture tutto il tempo che loro resta libero dai doveri scolastici, altri ancora limitano i loro passeggi entro le vie della città. Ecco tre cause, alle quali, se non bastassero per sè a rovinare la vista, vanno aggiunti gl’inconvenienti della educazione scolastica. Fra gli scolari il numero dei miopi sarebbe assai minore, se le ore che loro avanzano le occupassero in passeggiate sui colli, o alla riva del mare, ed avvezzassero l’occhio a guardare oggetti lontani. Ma qui nasce il quesito : Quali modificazioni subisce l’organo della vista, quando viene affetto dalla miopia? -— A dare una risposta scientifica, sarebbe necessaria una descrizione anatomica del-T occhio accompagnata da figure che la illustrassero. L’indole del giornale non lo comporta, e c’ ingegneremo perciò di somministrare ai lettori del Patria una spiegazione affatto popolare, bastante però a far capire in che consista il difetto organico del-1’ occhio miope. L’occhio è un globo sferico collocato nelle cavità alle parti laterali delle narici superiori, e chiuso anteriormente dalle palpebre, le quali unendosi lo coprono intieramente e servono a garantirlo dalla troppa luce, specialmente durante il sonno. I/ occhio è tenuto fermo nell’ orbita dal nervo ottico, il quale diramandosi lo circonda e fa che possa muoversi in tutti i versi a piacimento della persona, e penetrando ne’ suoi tessuti forma al fondo del bulbo una retina finissima, sulla quale si dipinge in piccolo l’oggetto guardato, e dà origine al fenomeno che chiamiamo visione. Il bulbo dell’ occhio è formato da due membrane, l’una bianco - opaca, che è quella che vediamo, l’altra d’una consistenza cornea. Questo due membrane lasciano sulla parte anteriore un’ apertura circolare, di' è coperta da un tramezzo colorito, chiamato iride. Il colore dell’ iride varia secondo il clima e la natura degli individui. Le nazioni del settentrione hanno l’iride d’ una tinta più pallida tendente al cilestro, le meridionali l’hanno castagno -oscura ; quei che vivono sotto la zona torrida l’hanno nera. L’iride ha nel mezzo un foro rotondo munito di papille sensibilissime. Questo foro si restringe per molta luce, per poca si allarga, e da qui si spiega perchè, chi da un luogo molto illuminato entra in una stanza a luce moderata, non vede niente fino a che il foro dell’ iride non siasi riaperto. Il difetto d’irritabilità nell’iride produce l’albinismo, cioè quella malattia d’occhi per cui chi n’ è affetto, ha di giorno una vista imperfettissima, e discerne meglio gli oggetti alla luce crepuscolare, o di notte. Immediatamente sotto l’iride sta 1’ umore cristallino, cioè una lente convessa limpida come cri- stallo, la quale ha l’officio di ricevere e far penetrare nel cavo dell’ occhio i raggi di luce, e acciocché i troppo lucidi raggi non impediscano la chiarezza della visione, il bulbo dell’ occhio sopra la retina è tappezzato d’un nero che assorbe la luce soverchia. Or ecco come nasce la visione. I raggi lucidi che partono dall’oggetto che si guarda entrano pel foro dell’iride, e penetrando nella lente cristallina si rifrangono, cioè prendono una direzione convergente per cui,fasciti dal cristallino s’incrocciano e si riuniscono al foro della lente in modo che il raggio partito dall’estremità superiore si combina con quello eh’ è partito dall’ estremità inferiore e viceversa. Come i raggi partono da tutti i punti dell’oggetto, e tutti hanno lo stesso modo di rifrazione, così ne viene che sulla retina si dipinge l’oggetto in tutti i suoi punti. Ma, perchè questo processo abbia luogo, è necessario che la retina si trovi alla precisa distanza focale della lente cristallina. Se la distanza è minore, i raggi -arrivano prima di unirsi ; se è maggiore si uniscono colla loro estremità prima di toccare la retina, e questo è il caso della miopia. Lo sforzo che fa la persona per distinguere oggetti o poco illuminati, o troppo piccoli, produce una tensione dei nervi dell’ occhio e determina un cambiamento nella sua forma, la quale da sferica si fa ovale, e se questo sforzo è continuo e prolungato, il bulbo dell occhio assume la forma di un pero. Da qui avviene che la distanza fra l’umore cristallino e la retina è troppo lunga, e che quindi i raggi si uniscono prima di arrivare alia medesima. Perchè, secondo le leggi della fisica, i raggi che attraversano un oggetto s’uniscono a formare l’immagine tanto più presto, quanto l’oggetto da cui partono è dalla lente più distante ; è chiaro, che gli oggetti lontani dall’ occhio s’uniranno prima di arrivare alla retina, e che il miope non potrà, vedere distintamente che gli oggetti vicini, i quali tardando a unirsi colle loro estremità riparano al-l’inconveniente della troppa distanza della retina dalla lente cristallina. Nell’ età regrediente, quando, per la diminuita secrezione degli umori ch’empiuno l’occhio, la cornea si fa meno convessa e la cristallina s’ avvicina di più alla retina, l’occhio sano va diventando presbite, il miope invece, appunto per la medesima causa, migliora la sua vista. Questo miglioramento però dura qualche tempo, e diminuendosi ancora la quantità degli uomori, al miglioramento succede il presbitismo. In quanto ai rimedii per la miopia, il più semplice e più sicuro mezzo di guarirla sarebbe quello di ridonare all’occhio la sua forma sferica ; e poiché a tanto non giunse, nè mai giungere potrà 1’ arte chirurgica, la radicale grarigione della miopia è affatto impossìbile, e al miope non resta che di munirsi di occhiali. La invenzione degli occhiali è una delle più importanti per le arti e per le scienze : per essa lo spirito si emancipa da quella schiavitù alla quale lo riduce la miopia. Ma acciocché gli occhiali dieno a chi li usa gli sperati vantaggi, è necessario che tanto la loro montatura, quanto la qualità delle lenti corrispondano ai bisogni degli occhi. Riguardo a montatura si badi che la distanza fra i centri delle due lenti sia perfettamente eguale a quella dei centri dei due occhi. Trascurando questa avvertenza ne nasce, che i centri delle lenti non combinano coi centri delle pupille e dell’iride, e riuscendo imperfetta la rifrazione dei raggi, imperfetta sarà pur la visione, e l’occhio ne soffre. Perciò vediamo che alcuni s’ aggiustano continuamente gli occhiali sul naso, se li tirano giù e li puliscono di spesso, attribuendo a difetto delle lenti ciò che è solamente difetto della loro montatura. Da questa circostanza dipende pur la molestia che provano dagli occhiali, il bisogno che sentono di tratto in tratto di deporli, il soffogarsi degli occhi che sentono stanchi. Nella scelta degli occhiali è perciò cosa importantissima il convincersi della loro perfetta montatura, e non è difficile il farlo. Chiudete un occhio e accomodate la lente in modo da veder chiaro e distinto coll’occhio rimasto aperto. Senza muovere gli occhiali, chiuso l’occhio che tenevate aperto, aprite il chiuso e se anche con questo vedete tanto bene quanto vedeste coll’altro, la distanza delle due lenti corrisponde a quella degli occhi. Se invece, per vederci bene, v’ è mestieri di muovere gli occhiali per accomodare all’ occhio aperto l’altra lente, la distanza delle lenti è o troppo grande, o troppo piccola : è troppo grande se vi conviene, a vederci bene, spingere la lente verso l’occhio chiuso ; se la dovete spingere dall’altra parte, è troppo piccola. Spetta all’ artefice il togliere l’inconveniente. Nella scelta degli occhiali è pur necessario di osservare il metallo in cui sono incassati. Un metallo troppo lucido, coni’ è specialmente 1’ argento polito, rifrange i raggi di luce e turba quindi il processo della visione. Il miglior fusto è quello di acciaio brunito. In quanto alla bontà delle lenti, non comperate mai occhiali dai chincaglieri e merciajuoli vaganti, ma ricorrete ad un ottico, acciocché, coi mezzi che stanno a sua disposizione, determini il numero delle lenti che corrisponde alla potenza visiva d’ognuno dogli occhi vostri, imperciocché frequentissimo è il caso di’ essa sia in uno diversa da quella dell’altro. Le migliori lenti sono quelle che vengono fatte col cristallo di monto. Chiuderemo questa lunga tiritera colla raccomandazione ai sorveglianti dei giovani, di non permettere loro mai 1’ uso degli occhiali e degli occhialini senza un’ evidente necessità. È un errore il credere, esservi degli occhiali atti a conservare la vista. I raggi di luce che passano oltre un vetro, per sottile e terso che sia, vengono sempre più o meno rifratti, e questa rifrazione non può essere che nociva ad un organismo così delicato, coni’ è quello dell’occhio. Chi tiene conto degli occhi e li abitua a guardare alternativamente oggetti vicini ed oggetti distanti, può arrivare all’ età senile senza bisogno di occhiali. g. a, f. Nell’ occasione che il dottore Pio dei Marchesi Gravisi - Barbabianca impalmava anni or sono la nobile Signorina Laura de’ Belli, la famiglia Gravisi pub licava un epitalamio, che, nell’ intenzione di far cosa grata ai lettori, riproduciamo come fu più tardi ritoccato dal-1’ autore. Lieta al divino intuito Qual di leggiadre spose Rise la bella imagine Delle future cose : Dio sen compiacque e furono, Sol per quell’ atto del divino amor. Ond’ è che un’ ineffabile Forza d’ amor costringe Tutto eli’ esiste ; un’ anima Chi all’ universo tìnge, Pone una tesi amabile, Scura alla mente, sfolgorante al cor. E vedi al lieto schiudersi Del rorido mattino Baciar soavi i zefiri L’ erbetta il fiorellino, Sulla vermena tremula D’ amor cantando folleggiar 1’ augel ; E al sol lieta sorridere La stella mattutina, E il fiore al fiore un balsamo Spirar di peregrina Polve e per essa espandere L’ amor costretto dal notturno gel ; E poscia al cheto riedere De 1’ ore vespertine Le stelle dardeggiandosi Di luci porporine Mescere amor virginei Là per l’immenso profondo seren. Seco d’ amor la candida Luna bramosa appare: Se a lei la terra slanciasi Coi palpiti del mare, Essa di luce argentea Bacia sfiorando della Terra il sen. Ma dove amore svelasi In sua maggior virtude, Egli è nei cuori vergini Cui doni gioveutude E nobiltade fervidi Ed alti affetti e nobile pensici1 ; Egli è nei vostri, 'baciasi La mia modesta rima : Voi sol potete esprimere Ciò che nel cor s’ adima ; Forse nè voi: beatevi, E sia il contento per la vita inter. ______________________C3-Q:->-E=>'C=’--------------------- Brano di Cronologia Romana e Veneta Allo varie cure dei Pontefici romani spettava il regolamento del tempo, la cui precipua divisione si era in anno, mesi, giorni. A diversi tempi diversa era la forma dell’ anno. Romolo primo re istituiva, o meglio, dai Latini istituito riceveva l’anno di 304 giorni, divisi in 10 mesi, dei quali Marzo era il primo ; dagli altri susseguito nello stesso odierno ordine. Senonchè, tale anno non convenendo al corso del sole nè della luna, Numa Pompilio, secondo re, riducevalo a forma lunare, che si è di 354 giorni, 8 ore, 48 minuti ; ai quali però (per amore, dicono, del numero dispari), aggiungeva un giorno (355) e dai dieci mesi, che sarebbero stati dai 35-36 giorni, formava altri due mesi, gennaio e febbraio; entrambi preposti a Marzo, a questo, derivante da Marte Dio della guerra, così togliendo Ninna, amico della pace, 1’ onore del primato. Ciascun singolo mese aveva dispari il numero dei giorni, tranne febbraio, il quale perciò avevasi per funesto o fatale ; a meno che il motivo non fosse quello che l’Esequie (Parentalia, solennità istituita a fine di placare le anime dei Maggiori) in quel mese ce-lebravansi. Essendo poi che 1’ anno solare sempre superava 1’ anno lunare di undici giorni e sei ore all’incirca, interponevasi ogni biennio un mese intercalare dopo il giorno 23 di febbraio, dettosi allora Merkedonius ; e componevasi, un biennio di 22, l’altro di 23 giorni. Credesi, che il nome derivasse da quello della Dea Mer-kedona, la quale presiedeva ai pagamenti delle mercedi. Però, avendo Numa peccato in ciò di aver stabilito 1’ anno lunare di un giorno più lungo del giusto, nuovamente la forma dell’ anno deviava dal corso del sole. E per questo ordina vasi dal sesto re Servio Tullio, od altrimenti dai Decemviri, che ogni 23° o 24° anno si omettesse il mese di febbraio Markedonio. Senonchè, siffatta intercalazione dipendendo dall’ arbitrio dei Pontefici, questi, a loro piacere, sovente intercalavano ora più, ora meno giorni ; a modo che il principio del-l’anno, ai tempi di Giulio Cesare, si era retrotratto di 67 giorni, imperocché i Pontefici, se, per esempio, volevano più presto cessato qualche Magistrato, intercalavano un numero minore di giorni ; laddove, volendo più tardi pagate le pensioni ai Publicani, frammettevano un numero di giorni maggiore. Avveniva pertanto, che Giulio Cesare, impadronitosi della Repubblica, riformasse l’anno giusta il corso del sole, comandando, che all’anno di Roma 708, si aggiungessero quei 67 giorni col mese di febbraio o Markedonio, per modo, che quell’ anno, nomato poi anno di confusione, fosse di giorni 445. Finalmente stabiliva Giulio Cesare, che 1’ anno si componesse nell’ avvenire di giorni 365 ed ore 6 ; le quali ore, ogni 4 anni formando un giorno, questo venisse inserito dietro il 23 febbraio ( sextus ante Kalendas Marti a s ) ; e così quell’anno si chiamasse bisestile, due volte numerandosi il sesto giorno avanti le Kalende di Marzo. — E questa la forma dell’anno che ancora chiamasi Giuliano, a vecchio stile. Del posteriore anno, regolato da Papa Gregorio XIII, l’anno 1582, e tuttavia sussistente, diremo in seguito. Per ora, aggiungeremo dell’ anno Veneto una specialissima osservazione, e storicamente importantissima. Riportandosi la origine di Venezia alla fondazione della prima Chiesa in Rialto, sacra a San Iacopo Apostolo, che si reputa avvenuta il dì 25 Marzo 421, fu sempre osservato il sistema di contare a Venezia il principio dell’ anno da detto mese ; e 1’ ultimo dell’anno allo spirar di febbraio. Perciò i Documenti e i pubblici Atti di gennaio e di febbraio portavano sempre la indicazione del precedente anno solare ; per esempio : una scritta del febbraio 1751, veniva datata in febbraio 1750. Ma, per togliere i dubbii, vi si aggiungevano le iniziali ili. V. cioè More Vendo. Così Venezia aveva il suo anno particolare. Divisiona romana dell’anno in mesi. Presso gli antichi, i mesi dell’anno portavano presso a poco gli stessi nomi di oggigiorno, siccome veniamo a riferire. — Gennaio, che apre l’anno, così fu detto da Giano Dio del tempo ; Febbraio dal verbo februo (are) purificare, purgare, espiare, perchè il popolo a quel tempo purgavasi ; motivo per cui i Greci lo chiamavano Espiatorio ; Marzo da Marte, Dio della guerra, cui era sacro ; Aprile dal verbo aperio (ire) perchè allora la madre terra apre i suoi visceri. Altri deducono tale nome da Venere, la Dea degli amori, alla quale Romolo avrebbe consecrato quel mese, siccome alla di lui autrice mediante Enea ; Maggio in onore dei Maggiori o dei Seniori, come Giugno in onore dei Giuniori ; sebbene altri intendano derivare il primo da Maggia, madre di Mercurio, Dio della Eloquenza, del Commercio e dei ladri, ed altri ancora dalla Dea Maestà, figlia dell’ Onore e della Riverenza ; Giugno da Giunone; da alcuni popoli del Lazio detto Giunonio e Giunoniale ; Luglio, anticamente chiamato Quintile dall’ ordine progressivo, cominciando da Marzo ; ed in seguito julico, in onore di Giulio Cesare, pel quale identico motivo il mese seguente, Sestile, dal successore di Giulio Cesare fu chiamato Augustus. I mesi residui furono detti Settembre, Ottobre, Novembre, Decembre, dal progressivo ordine dietro Marzo. Più tardi, alcuni dei mesi furono per adulazione denominati in onore de’ Principi, come Settembre fu detto Tiberio, in onore di Tiberio imperatore e di sua madre ; ciocché desso però vietava; Ottobre, Livio, e gli stessi mesi, più tardi ancora, furono detti Germanico e Domiziano, in onore degli imperatori di egual nome. — Anzi l’imperatore Comodo desumeva dapro-prii cognomi i nomi daini stesso imposti a tutti e singoli i mesi. Senonchè. morti quei Principi, tutte tali cose venivano abolite. Finalmente veggasi in Tacito, Annali XV 74, e XVI 12, in Svetouio Ner. 55, quali mesi si chiamassero Neronei, Claudii, Germanici. In tre parti dividevansi i mesi, dette : dalle Kalende, dalle None, dagli Idi. Kalende dicevasi il primo giorno di ciascun mese, dall’ antico verbo baio, che significa chiamo ; perchè il Pontefice, chiamandolo, annunciava al popolo la nuova luna. Ed il dì delle Kalende I di Gennaio si scambiavano piccoli doni, (Štrene) come ! ancora usasi oggigiorno. Nei giorni poi delle Kalende di tutti i mesi solevano esigersi i denari dati a mutuo ; il perchè il libro, nel quale erano registrati i nomi dei debitori, dicevasi Kalendario. Le None erano di sei giorni nei mesi di Marzo, Maggio, Luglio, Ottobre ; di quattro negli altri. Il nome None deriva dal numero dei nove giorni, che decorrevano da quelle agli Idi. Gli Idi probabilmente furono così detti dal greco verbo ISeìv, che significa vedere, perchè allora vedovasi piena la luna ; oppure dal verbo latino idno, verbo che nella lingua dei Toschi significava dividere, perchè gli Idi dividevano il mese quasi per metà. Le Kalende stavano in tutela di Giunone (dettasi poi Giunone Kalendaria) ; gli Idi di Giove. Per ultimo la maniera di numerare i giorni More Romano apparisce dalle notorie tavole. N. H. Capodistria 21, febbraio 1886. Oggi un mese ci perveniva una triste notizia: una fiera meningite aveva prostrato ed ucciso la bella e gagliarda figura di Luigi Damiani. L’ annunzio improvviso della sua morte ci colpiva dolorosamente, ed ora appena possiamo deporre sul suo avello il fiore dell’ amicizia col ricordarne in brevi parole la vita non ingloriosa. Luigi Damiani nacque nel 1882 da buona famiglia venuta probabilmente qui dalla bassa Italia, ove anche al presente esistono case omonime, da una delle quali sortì i natali T illustre deputato che rappresenta Messina al parlamento del Regno vicino sin dalla prima legislatura, sedendo sempre con Bertani all’estrema sinistra. Egli frequentò le sole scuole normali e compiutele, si dedicò con passione all’ arte paterna del fabbro, divenendo in breve abilissimo. Giunto il ’48 e con esso nel nostro golfo la flotta sarda comandata da Albini, voleva dividere la sorte di altri suoi concittadini accorsi a Venezia; ma ne lo trattennero i genitori, che, avendolo unico figliuolo, temevano di perderlo. Nel ’59 ricercato d’ arresto per causa politica, e-migrò; e fattosi soldato nel secondo reggimento del Genio militare piemontese fu col grado di caporale agli assedii di Ancona e di Gaeta e n’ebbe in compenso la medaglia commemorativa delle guerre combattute per l’indipendenza ed unità d’ Italia, Finita la guerra col Borbone, abbandonò il servizio militare e si fermò in Ivrea, ove, datosi all’arte dell’armaiuolo ed a studi volontari, s’acquistò, insieme a maggiore coltura, la stima generale e potè impalmare una bella e brava fanciulla di famiglia agiata, Tornato in patria nel 1868 fu varie volte in carcere per ragioni politiche e sempre sotto speciale sorveglianza di polizia. L’ultima volta fu arrestato nel novembre del 1867, quando con altri amici volea correre a dividere la sorte do’ prodi, che combatterono a Monterotondo e a Mentana gli zuavi pontifici ed i francesi muniti dello storico Chassepot. Ricuperata la libertà, s’ ebbe nel 1871 una menzione onorevole dal patrio municipio, per 1’ opera di salvataggio prestata in un caso d’ incendio con pericolo della vita. Gli ultimi anni li trascorse a Trieste, ove contava moltissimi amici, in un modesto impiego civico, am,to e stimato da quanti lo avvicinarono. Luigi Damiani fu il vero creatore della nostra Società Operaia, essendo stato egli che, tornato d’Italia o postosi in relazione di stretta amicizia coi patrioti, che avevano fondato quella triestina, oggi tanto fiorente, sotto la direzione del Rasaovich, indusse l’Avv. Madouizza e il Dr. Belli ad istituirla. E noi ricordiamo ancora, coni’ ei penasse a persuadere que’ due Egregi, non già perchè non credessero nella bontà dell’ idea, ma perchè temevano i tempi. Luigi Damiani ebbe una fede eminentemente umanitaria, e la tenne sino a che visse, deplorando spesso ne’ fraterni colloqui, che non avesse potuto potuto piantare profonde e stabili radici tra noi quando — diceva — avrebbe potuto pur far tanto bene. Ora alle di lui ceneri pace ed alla vedova desolata i più vivi nostri sentimenti di condoglianza. In tanta jattura la conforti il pensiero, che il nome di chi le fu diletto compagno e la trasse tra le nostre miserie dalle ridenti e libere aure del suo paese, come quello di Leonardo Dandri, di Carlo Depangher, di Michele Gallo e tanti altri, avrà sempre il culto di coloro che non dimenticano che „ A egregie cose il forte animo accendono Lv urne dei forti" F. M. Varia. L’ egregio professore Germano Candido, ornamento delle scuole e degli studi canavesani, pubblicò nella Dora Baltea, periodico da lui diretto, un affettuoso articolo intorno il compianto nostro comprovinciale Vincenzo De-Castro. Lo ristampiamo con molto piacere a ricordo dell’ opera zelante e amorosa del De-Castro nel circondario d’ Ivrea nel tempo che egli vi tenne 1’ officio di Ispettore Scolastico. „ Il buono e facondo prof. Vincenzo De-Castro che fu nel 1861-62 ispettore di questo circondario, spirò a Milano il giorno 18, dopo lunga e penosa malattia, fra le braccia del figlio Giovanni che lo adorava. „ Questa lugubre notizia sarà sentita con dolore dai vecchi insegnanti canavesani, che ebbero, nel suo breve soggiorno fra noi, largo campo di ammirare nel De-Castro 1’ amico vero dei maestri, il funzionario impareggiabile per attività e acume di amoroso intelletto. „ Egli Seppe affratellare laici e preti in un sol pensiero : V educazione vera del popolo ; egli solo seppe più volte raccoglierne a conferenza ben 150, e spesso quelle conferenze erano onorate da personaggi di alto merito pedagogico, come i Vincenzo Trova, i Pietro Buricco, ecc. Quando egli si partì da noi per Palermo e poi per Brescia, appena dieci frazioni rimanevano prive di scuola. In un anno e qualche mese ne aveva aperte ben 34! „ Colla potenza dell' ingegno, colla costanza nello studio, colla bontà dell’ animo Vincenzo De-Castro lasciò di sè non peritura memoria. Lascia opere più numerose dei suoi 78 anni, lascia esempio di sincere credenze, di elettissimo e delicato sentimento per il vero, per il bello, per il buono. Nel Canavese lascia imperitura memoria di opere e di affetti gentili, e sarà sempre salutato come il vero amico degli insegnanti. „ Preti e laici lo amavano di un eguale affetto ; perchè in mezzo alla turba dei codardi che ambiscono la gloria facile del dubbio, del sarcasmo, dell’ incredulità, ei proseguiva tranquillo nella sua missione educativa propugnando secondo le forze la giustizia ed il bene. „ A nome dunque dei Maestri canavesani io depongo una lagrima ed un fiore sulla tomba di Vincenzo De-Castro, la cui fede in Dio brilla serena nelle sue Gemme dell' Antico Testamento. „ Al figlio Giovanni, ai nepotini orbati di affetto e di così immenso amore, il conforto dell’ universale compianto. * * * -* Il 20 con-, è uscito il primo numero del periodico mensile „II Palladio," organo di quella imponente e simpatica associazione, eh’ è V Unione ginnastica triestina. Continuando le tradizioni del „Mente sana in corpo sano" caduto onoratamente coli’ Associazione triestina di ginnastica disciolta per ordine governativo nel 1882, non si terrà alle sole discipline ginniche ma si occuperà di tutte le esercitazioni, che con essa hanno tendenze affini, cioè di quanto tende a rendere il corpo umano sano e gagliardo, perchè possa albergare una mente forte e serena ed un’ anima generosa ed ardita. „II Palladio" invoca appoggio in nome „della buona causa, della santa propaganda" che intende di sostenere ; e noi, salutandolo fraternamente, lo raccomandiamo vivamente a tutti i nostri amici in provincia e fuori. * * * I giornali liberali triestini commemorarono degnamente 1’ anniversario della morte di que’ due Egregi che furono Francesco Hennet e Massimiliano Dr. Angeli, chiedendo che il neo eletto Consiglio cittadino provveda ad un monumento il quale ricordi ai venturi anche il nome e le virtù di quest’ ultimo, che assieme al primo cooperò tanto allo sviluppo morale e materiale di Trieste. Addì 10 covi-. Febbraio, nella grave età di 78 anni, moriva in Visinada sua patria Giacomo Fachinetti, cugino in secondo grado di Michele Fachinetti e discendente da una famiglia, che nei secoli decorsi si rese illustre nelle armi e nelle scienze. Dotato di uno spirito intraprendente e di una attività non comune, si dedicò con abilità e fortuna al commercio e ne ritrasse lauti guadagni, facendo in pari tempo prosperare lo sorti del suo nido natio, il cui benessere gli stava sommamente a cuore. La vita di Giacomo Fachinetti segna per Visinada il periodo della floridezza; ed è merito di Lui se oggi Visinada è reputata uno dei migliori comuni dell’ Istria nostra. Uomo di carattere fermo e franco con tutti, intelligente quanto altri mai in ramo amministrazione, fu ripetutamente, per unanime suffragio, eletto podestà di Visinada. Sotto il regime di Lui, Visinada vide sorgere 1’ edificio comunale ed assestati vari lavori di publico decoro, e riordinata la puhlica azienda. — Per un periodo legislativo fu anche deputato provinciale. Colla morte di Giacomo Fachinetti, Visinada perde un diletto suo figlio, l’Istria un prode della vecchia falange, che ci ha tramandato onorato e caro il nome di Lei. L’ultima „Istria" pubblica un’ assennato articolo, in cui dimostra la necessità della separazione ammini- strativa degl’ interessi comunali della città di Pisino, da quelli delle frazioni foresi ad essa aggregate, le quali dovrebbero costituire un nuovo comune a parte. Le ragioni svolte nell’ articolo sono così opportune e calzanti da rendere evidentissima la convenienza del chiesto disgregamento. * * * La Società operaia di Nuovo, orgogliosa di poter annoverare tra le proprie file 1’ amico nostro carissimo Dr. Lovisato che tanto onora la nazione lo proclamava nell’ultima assemblea generale Vice-presidente onorario. * * * Leggiamo nel Dalmata : Oggi la Corte di Giustizia nell’affare del Cav. Demarchi e dell’ Àvv. Forlani condannò in II stanza il capitano distrettuale di Spalato barone Co urad a 20 giorni di arresto commutabile in fiorini 100 di multa ed alle spese processuali in fiorini 149:50. * * * v Con soddisfazione generale fu rieletto a Podestà di Trieste Riccardo Dr. Bazzoni. L’ ufficio di primo Vicepresidente di quel Consiglio - Dieta provinciale l’ottenne il Dr. Moisè Luzzato, quello di secondo l'Avvocato Dompieri. Le sorti della nostra capitale non potevano essere affidate a mani migliori. --------------------------3XB----------------------- CRONACA LOCALE La sera del 14 con-., secondo avevamo annunziato, la drammatica Compagnia diretta da Icilio Brunetti diè la prima delle 24 rappresentazioni per cui fu scritturata dalla solerte Direzione del nostro teatro. Il repertorio delle produzioni date finora fu ricco di novità e di buon gusto ; notiamo fra le migliori „Federa" di Sardon, „La Signora dalle Camelie" di Dumas, „Carmen" di Ulisse Barbieri. La Compagnia non è certamente delle migliori ; ma, convien dirlo, ci mette tutto 1’ impegno di cui è capace per accontentare il publico, che, in complesso, si mostra soddisfatto e non di rado manifesta la sua soddisfazione cogli applausi più spontanei. Conta degli attori capaci, e se le seconde parti corrispondessero meglio, la Compagnia ne avvantaggerebbe parecchio. Così coni’ è invece rimane incompleta ; ed avviene quindi, fin troppo sovente, appunto per la mancanza ora accennata, che, per esempio, il primo attore di questa sera arzillo e galante, ti comparisce domani con tanto di parrucca : ed altre simili anomalie che fortemente pregiudicano 1’ illusione. Il publico potrebbe essere un po’ più numeroso, almeno per incoraggiare gli artisti ; ai quali raccomandiamo di continuare collo zelo ed interessamento finora addimostrato. * * * „Armi muliebri" sarebbe il titolo d’una nuova commedia in versi martelliani del nostro concittadino A. C... che a quanto si dice fra qualche giorno voleva assoggettare al giudizio del publico su queste scene, ma... ; si c’ è un ma, l’Autorità politica ha creduto bene di non dare il permesso .... Veglia fior. 95:14 in rifusione delle spese sostenute per la vaccinazione del cori-, anno, e fior. 25:45 pel trasporto del pus vaccino ; ed al Dr. F. medico comunale a Gimmo fior. 82:21 per la vaccinazione eseguita durante F anno 1885 e fior. 13 a rimborso delle spese di an-tionesto ; all’Amministrazione dello Spedale pubblico di dilli fior. 2:16 a rimborso delle spese di cura occorse per G. B. fu S. da Canfanare nel III trim. a. c. ; al Magistrato civico di Trieste fior. 1172:64 per spese di cura e mantenimento di ammalati istriani durante il mese di settembre a. c. ; alla Direzione dello Spedale civico di Capodistria fior. 18:91 a saldo conto delle spese di cura d’ ammalati pertinenti a questa provincia, nel III trim. 1884 ; alla Direzione dello Spedale civico di Fiume fior. 350.92 a rifusione delle spese di cura e mantenimento di maniaci, pel III trim. 1885 ; all’ Ordinariato vescovile di Trieste-Capodistria fior.7974:29l/2 a rimborso delle obbligazioni di questo fondo di esonero estratte il 30 aprile 1885, appartenenti ad alcune corporazioni religiose ; al Sig. I. B. in Trieste fior. 1653:75 a saldo di due obbligazioni di esonero, estratte il 30 aprile a. c. Seduta 94 — 3 novembre 1885. Viene delegato il deputato provinciale signor Giuseppe Dr. Bubba a rappresentare la Giunta provinciale nella pertrattazione da assumersi per la istituzione di una Società industriale di perfezionamento in Pirano. Si prosegue all’ i. r. Luogotenenza il rapporto del Direttore di questa Stazione eno-pomologica provinciale sul Corso agronomico pei maestri, tenuto nel decorso ottobre, e la dimostrazione della spesa occorsa per la tenuta del Corso stesso. Si acconsente alla proposta dell’ i. r. Consiglio scolastico provinciale relativa alla vendita per fiorini 250 di una casa in Lussinpiccolo, appartenente a quel fondo scolastico locale, verso investita del premesso importo in valori pubblici vincolati a nome del fondo stesso. In seguito a ricerca fatta dall’ i. r. Luogotenenza, si esprime il parere favorevole all’ accettazione della domanda del Comune locale di Dolina per essere costituito in Consorzio agrario separato dalla rimanente parte del distretto giudiziario di Capodistria, e ciò in vista della diversità delle condizioni agrarie di quel Comune In base ai relativi atti di concorso viene nominato al vacante posto di maestro di terza classe nella scuola popolare mista in S. Vito-Micoglizze il concorrente Gioachino Toncieh, maestro provvisorio nella scuola medesima; ed al posto di maestra di terza classe nella scuola popolare mista di Dobasuizza 1’ unica concorrente Maria Trinaistich, attualmente maestra provvisoria nella scuola stessa. Sui ricorsi di G. S. e consorti di Pisino, del Consiglio d’ amministrazione di Pedena, e d’ I. F, e compagni da Pisino, contro la deliberazione 23 agosto 1885 della rappresentanza comunale di Pisino, che approvò il Regolamento di servizio per gli impiegati comunali, si delibera di respingere i suddetti ricorsi e di approvare il Regolamento reclamato. „Non ti frastornino „La mente e il core „ Larve di gloria „Sogni d’ onore „Rinnega il genio „Sempre punito „Se pur desideri „Morir vestito. * * * . . Per norma de'nostri operai, registriamo con pia-cere che il Comitato legale al Parlamento accolse la risoluzione colla quale si chiedono provvedimenti contro la concorrenza delle case di pena: Sunto dei Verbali delle sedute della Giunta provinciale dell’ Istria, in Parcnzo. (Continuazione della seduta 93). Accogliendosi il ricorso del Podestà di Veglia, quale Capo del Consiglio d’ amministrazione delle Confraterne localizzate di Veglia, viene annullato il deliberato preso dal Consiglio predetto, di procrastinare il taglio delle legna del bosco Magnakis ; incaricandosi il Capo del Consiglio stesso di fare eseguire detto taglio nel modo prescritto dalle vigenti leggi forestali. Vengono liquidati ed assegnati : alla podesteria di Jelsane fior. 1:16 ; a quella di Umago fior. 8:74; a quella di Castelnovo fior. 14:92 ; a quella di Dignano fior. 2:95 ; a quella di Albona fior. 2:25 ; a quella di Buje fior. 22:44 ; a quella di Pirano fior. 8:15 ; a quella di Pola fior. 76:61, ed al Magistrato di Royiguo fior. 15:68 a rifusione delle spese di sfratto anticipate nel III trini, a. c.; al Dr. G. F. da Cherso fior. 25:95 a saldo delle spese di vaccinazione dell’ anno cori-, e fior. 6 a rimborso delle spese anticipate pel trasporto del pus vaccino ; al Dr. F. M. i. r. medico distrettuale in Lussinpiccolo fior. 26:69 pel primo dei suddetti titoli e fior. 19:41 per 1’ antiunesto ; al Dr. A. B. medico comunale a Lussin-grande fior. 13:75 a rimborso delle spese di vaccinazione, e fior. 3 per 1’ antiunesto ; al Dr. I). S. medico in Gissero fior. 13:54 per le spese della vaccinazione e fior. 6 per il pus vaccino ; al Dr. N. F. medico comunale di «J v» LU F (/) yj CCi H sL