ifiamo di cui-minile e tutti vogliono ma-bekeiatài da deimcìatici l PREZZO Iti TUTTO IL T.L.T. Lire 20.- , Tassa postale pagata - Abb. Il Gruppo ti. 9 - 7 FEBBRAIO 1948 * PAT 12155)1 » SEI TUTTI NOI numero 9 Fastidiosissima la pioggia dura, la strada scivola, la taccia è scura. Di«* quanti microbi-die vita durai L’acqua che gocciola lenta e noiosa rende più isterica vieppiù nervosa la gente debole, 1» gente ansiosa. Tutto quest’umido che Tossa intacca, che ovunque attacca che ovunque penetra la tosto sorgere Tùie* bislacco che colpa o merito di quest’inverno sia ancor del solito nostro Governo che spesso atteggiasi a Padreterno. Ma no, carissimi ! non late caso; nel verno tiepido quel .. . San Tomaso — mancando l’utile — non «cesa il naso. Imparzialissimo ma non banale, e democratico ma originale, quest'amm ennicolo macia tal quale. Per questo, Ubera, la pioggia dura, la strada scivola, la faccia è scura.., -..Dio, quanti microbi! Che vita dura! DVLCINEO *• ‘ fc/S WSuB. V' 1 -y|r V »'.Mifi , j Movimento Sputacchiere Italiane EIEMOSINA SOSPETTA E1 arrivata la «Nave dell’Amicizia», ed ha portato tanti regali per i poveri. Quanta bontà c’è ancora nel I mondo! Ma pure, quanta ìngra-t titudine! Pensate che i poveri hanno detto che, sì, ringraziano perii dono, ma che invece dì legumi e farina avrebbero preferito la-I voro, materie prime per far ! andar avanti le industrie e pos-i sibilità di "scamb are le merci j prodotte con altre che serva-i no al sostentamento della popolazione. Quanta ignoranze e quanta mancanza di spiritualità ancora, su questa terra! Gente che non riesce a comprendere la bellezza deli'elemosina e che ti viene a parlare d scambio e di commercio invece che di sussidio ed elargizione. Per fortuna, i ricchi, che queste cose le comprendono bene, hanno ringraziato loro per i poveri. Cosicché la fiducia nel mondo nori è scomparsa del tutto. Finché d sarà della gente che, non ritraendo nessun beneficio, ringrazia qualcuno che ha fatto l’elemosina a un altro, il quale ingrato oom’è, fa l’indifferente e pretende... ia luna, vuol dire che il mondo non- è ancora corrotto del tutto. Però,. a pensarci bene, in tutta questa faccenda c’è qualcosa che non va. Infatti questi ricchi non si sono limitati a ringraziare per V poveri, ma si sono profusi in salamelecchi, baciamano, quadruplice inchino e quindi ancora salamelecchi, baciamano e così avanti a catena. E tutta questa fregola è un po’ troppo... Vivace per essere disinteressata. Che proprio non ne ricavino vantaggio alcuno? Se essi si commuovono tanto perchè chi ha molto, ha fatto un dono a chi non ha • niente, vuol dire che sono buoni, molto buoni Ma. se sono tanto buoni, essi che pure hanno molto, perchè non. danno niente? E allora forse essi ringraziano tanto non perchè sono buoni, ma perchè pensano che il dono dello zio d’America farà risparmiare loro qualcosa e che ; poveri, contenti di quanto hanno ricevuto non penseranno più che anche qui c’è delia gente che ha troppo mentre essi non hanno niente e che questo stato di cose non è giusto e deve cambiare. Specialmente poi perchè i poveri vogliono lavorare e pro- — Camerati E H Governo Militale Alleato, emanazione di quelle potenze che jrzr accanitamente combatterono e vinsero il fascismo con l’autorizzarsi ad indire oggi questo comizio hanno smentito chiaramente le accuse di neo-fascismo mosseci dai nostri nemici Per il Governo Militare Alleato; Eja-. eja._ eia... Alai ài SOTTOVOCE Pare che il ministro B eviti sia socialista!... (dia. di Luca*) Ghignò Sancio attratto dallo spettacolo e si rivolse al Cavalier della Mancia: — Mi perdoni, Vostra Signoria, sa lei come ciò possa avvenire? — Sancio — disse il Cavaliere, — credi che non vi siano altri spettacoli al mondo lerci come questi? — E così dicendo indicava una strana città piena di polizia coloniale. — Lo spettacolo è edificante, Vostra Signoria, — disse Sancio, — ma non solo in questa estranea città noi ne abbiamo veduti ma pure in altri luoghi, come nella moresca Algeri e simili. — Hai ragione, Sancio, — disse il Cavaliere, — hai ragione. — E ripensate che ebbe, disse: — Sancio, tu bene intendi come non vi sia differenza alcuna tra i luoghi che hai detto e questa città Vedo infatti laggiù un tale che prima d’ora ho intravisto fare il suo eccellente mestiere in via dei Babbuino, nella Città Eterna. -»■ Quel tipo dal viso olivastro e dalle basette lunghe, Vostra Signoria? — Precisamente, Sando, e qnell’altro che vende sigarette all'angolo l’ho visto vestito in strane foggie militaresche coi capelli lunghi, lunghi. — Proprio, Vostra Signoria. E ciò mi ricorda le ragazze che prima se la facevano con ufficia letti azzimati, poi con altezzosi signori dell’Alemagna e oggi. .. — Basta, Sancio, — lo interrup pe il Lungo Cavaliere, — tu trasmodi e ti metti nelle peste e tocca a me, poi, traitene fuori. Dimmi, piuttosto, che credi sia una opera pubblica? — Un’opera privata, Vostra Signoria. — E il termine « fiduciario »? — Una parola, Vostrasignoria. — E ia Charta Atlantica? — Una promessa annegata. — Bene, Sancio, tu hai la lingua lesta come una lucertola. Sorrise Sancio ai complimento del suo signore e rispose: — Vostra Signoria mi perdoni, ma io, al contrario della lucertola, non ci voglio rimettere neanche un pezzo dì. coda e, quando è il caso, taccio. — Saggezza questa, Sancio, la tua. Specie in certi momenti e in certe città, — confermò Don Chisciotte. — Stia sicuro, Vostrasìgnoria, che non mi sentirà mai dare del ladro a un ladro ma, al massimo, dell’involatore di cose altrui. E’ più elegante e non dà luogo a incidenti. — Specie con certa gente, San ciò, — disse il Cavaliere. — 1 pompieri, Vostra Signoria? — ammiccò Sancio. — I pompieri, Sancio, — strizzò l’Occhio Don Chisciotte. — Quelli che usano spegnere la libertà ... — Ahi, ahi, Vostra Signoria, mi pare che sia lei, adesso, a ca scorci. — No, Sancio, sbagli. Io intendo dire della libertà del fuoco di bruciare quello ohe vuole. Non doòoiamo fone volere la messi-ma libertà? — chiese Don Chisciotte. — Certo, Vostra Signoria, ma al mio paese si usa dire: ognuno è libero di pestare la coda al gatto; tutto sta a evitare le graffiature. — Hai ragione, “r.nolo. Ma, prima che ce ne andiamo via'di qui, dimmi che ne '»mi» di «Candido». — Un magnifico libro, Vostre Signoria. •— E dei settimanale, Sancio? — Ripensaci Giovannino ... — E di Hollywood, Sancio? — Un « bosco sacro », Vostra Signorìa, che non è bosco e non è sacro e che ha tante madri di maiali assieme e tanti padri di caprette. — Ben detto, Sancio, ben detto, — ammise Don Chisciotte soddisfatto. — E, senti, che nei sai sul conto di Sceiba? — E’ un questurino con incarico di ministro; un.cristiano in veste di bestiario; un uomo in funzione di carogna; un italiano in funzione di gangster di Chicago; un... —. Fedmati, Sancio, — gridò Don Chisciotte, — sta zitto, che ho ben compreso e non voglio che ne risentano danno i nostri distributori, in Italia. Tacquesi allora Sancio e st avviò trotterellando con ja sua cavalcatura dietro il Lungo Cavaliere MAMBRIN© durre e ne sono impediti proprio dall’egoismo dei ricchi, i quali pensando unicamente a dilapidare e a fare ; salamelecchi allo no d’America lasciano che la nostra industria e la nostra attrezzatura vadano a rotoli. Tanto, è comodo divertirsi mentre a tenere a bada la marea dei pezzenti Cj pensa le zio d’America, un po' con la «Nave dell’Amicizia» e molto con la Polizia Civile. E allora hanno ragione i poveri. a non ringraziare e a gridare in faccia a questi benefattori pelosi che essi non vogliono elemosina ma soltanto lavoro. 0 gm Io che sono antimilitariste diventerei volentieri generale solo se 1 miete soldati anziché presentare le armi mi tasserò le toro cugine. India misteriosa: — «Hanno ammazzato il povero Gandhi— sempre le solito «settei» •— Non dite sciocchezze sono le otto e un quarto!». «Tu abiti nel Territorio Libero?». «No, abéte a Triestel». M. S. I. Neo è il fatto che, di per se stesso, possa impreede-narei; chi vive a Trieste al libero neo-fascismo ci ha fatto Tabitudine e sa fino a dove, e tino a quando questo neo-fascismo possa essere pericoloso. Per dirla sinceramente gli eventuali obiettivi strategici delie scorie del neo-fa seismo in fregola di «revanche» per meritarsi il suo nome. Ed lo, quasi quasi, mi lascierei persuadere. Ma poi. purtroppo, mi ritorna sempre alla mente quella storia della lametta RONZINANTE 18 MIMMI di JOHN STEINBECK Edizione BOMPIANI -J Qjou Chidciotte Ul Brava geni* meno male riamo in pieno Carnevalel Pulcinella ed Arlecchini b-uffonceUi a burattini, rivedrem le sarabande veramente memorande E le teste di cartone di moltissime persone. Su spicciamoci che il gioco. brava gente, diura poco. Su, gustiamo la baldoria tal che la nostra memoria VOI terribile non vide. (C’è che guarda e se la ride) bla partitisi quei tali, lui da noi pia carnevali! Follia 1' Follia! Semel la sa* ®o Ucet insanirei territorio libero DI TRIESTE Sul Territorio Libero dì » risate oggi voglio raccontarci un sacco di cretinerie; incominciamo perciò con la graziosa vignetta intitolata: TRA SORDI jXi m — Sono molto, ma molto, »maialato! — Come?... Governo Milit a-Alleato? — Beh anche! Noi siamo cosi quando incominciamo a parlare del G. "L A. non la vogliamo più smettere, sentite, ad esempio, iTuesta, dedicata al generale l,aither nostro carissimo amico- e cioè la vignetta «torbido dopoguerra» dal titolo: L’OLOCAUSTO — Povero generale, dopo i mili« problemi ohe lo assilla-110 ha voluto risolvere anche della settimana enigmistica. T1 nostri lettori d’olire T. L. ' S1. domandano spesso il ve-1 significato della definizio-,e «Amministrazione Fiducla-ria». poiché lo spazio è il so-*ùo tiranno cercheremo di spiegar loro brevemente con Pp» semplice ma brillante vignetta: ECCO QUA* ' Presto Caterina, corri a cacciar via quel brutto ca-OPaccio, è la terza volta che »wicina la nostra cagnetta amministrarla fiduciariamente! ITALIA ®A Roma a verno er Papa!» Anno i romani. dic>amo noi «... ^apa»11 Papa e * Parenti del v«unefrdtiU3nda' «Lavoratore» di de dO gennaio, si appren-cioè i?le 5 Parenti del Papa, e U i,,,1' d.cmeipe Giulio Pacelli, nchiere Bernardino Noga-pHrc.ii pi‘mcrpe Marcantonio Diioi altri, tengano in nguo I economia del Banco iiiTrT01Sa' del!a Socictà Ano-ima Ferrovie sud-est della Mh tà JL-miarm dell’Acqua lvmro:a della Banca Com- ciotte VEGLIONISSIMO — E quello laggiù? — Si è mascherato da 8 SETTEMBRE! (dis. di Red) «■Mi O Carnevai che impazzi per le strade, quante graziose maschere ci porti! Ci sembra quasi d'essere risorti in altri tempi, come a voi te accade. Quanti Arlecchini! quanti Pantaloni! quanti Briganti!... e quanti pistoloni! H Gran Brigante inventa una Dottrina, il suo Arlecchino vuol suon are il.. Piano ma per suonarlo vuole an dar lontano... ...e i soldatini marciano in sordina. Quanti Arlecchini! quanti Pantaloni! , quanti Briganti!... e quanti pistoloni! E l’Arlecchino grasso e la burlata che accorda il Piano e scaglia paroloni? Se guardi bene è degno de i padroni seppur si finga un bravo pacifista. Quanti Arlecchini! quanti Pantaloni! quanti Briganti!.. e 4» ariti pistoloni! E i piccoli Briganti che ad Atene ripetono le gesta dei.... Def unti? Se guardi i loro volti, sono smunti.«. ...E la paura, che dai mont i viene. - Quanti Arlecchini! qua nti Pantaloni! quanti briganti!... e quanti pistoloni! E il Piccolo Pagliaccio della Spagna? Beh, quello se la ride e n on ha torto (dovrebbe ormai da tempo fare.... il morto!' perchè ogni di che passa ci guadagna... Quanti Arlecchini! qua nti Pantaloni! quanti Briganti!.. e quanti pistoloni! E l’Arlecchino con la croce addosso che in mano (ancor per po co) ha lo Stivale" Si dice porti appresso un gran pitale per non sporcarsi... quando vede rosso! Quanti Arlecchini! quanti Pantaloni! quanti Briganti!.« e quanti pistoloni! E tanti e tanti altri. E’ un’infor nata! Li trovi un pò dovunque. E non son rari nemmeno qui. Ci son certi esemplari!?) Che Carnevale! Che carnevalata! Quanti Arlecchini! quanti Pantaloni! quanti Briganti!.« e qu anti pistoloni! S I AT E FRATELLI — E vi lamentate perchè siete poveri in canna? Ma gua rdate me, che oltre ad esser* in canna sono in frac e in an tomobàie! (dis. di Reti) Alla mezzanotte La * giuria* prese posto -nella tribuna per la premiazione delle maschere migliori. La sala era una foresta di stelle filanti che avvolgevano i ballerini frenetici. Sfilarono innanzi alla tribuna Pulcinella scherzosi e generali celebri. Languide dame che ringraziavano gli applausi con lo scintillìo dei loro denti, ed importanti uomini d’arme. — Vince quello con il naso grosso! — diceva qualcuno, — Il Pierrot è figlio del «giurì». .. — diceva qualche altro... — stiamo attenti non facciano bottega! L’orchestra eseguiva degli splendidi ballabili. Follici Follie! Ad un tratto la porta principale si aprì e sulla soglia apparve un omino. Aveva un berrettuccio da soldato, ed una giacca corta e bisunta piena di toppe. — Buonasera. — disse — C’è nessuno che voglia fare la carità ad un povero diavolo pieno di fame? La sua voce querula turbò per un istante la gioiosa atmosfera che riempiva la sala e tutti gli occhi si puntarono sopra di lui, poi tutti quanti, quasi per scusare il loro momentaneo turbamento, scoppiarono in una convulsa ilarità. — Fantastico! — urlò una Pom-padour, allontanando la. mano di un Pulcinella ce cercava d’introdursi nel suo fornito decolleté — Fantastico! — Meraviglioso! — dissero gli nitri. — Ha pure le pezze sulle brache' e le scarpe sfondate! — Sembra vero! — Porca miseria... — disse una signora che accompagnava la propria figliola al primo ballo... *■ sta a vedere che quello là si pappa il primo premio! — Un originale! — si sentì commentare da ogrd lato. — Un originale! — Alcune maschere afferrarono l’omino per le braccia e lo trascinarono davanti alla «giu-fia». — Ma... — disse l’omino — ... io veramente... — qualcuno gli soffiò in faccia con trombe colorate — Il vostro nome? — chiese il «giurì». — Tonio — rispose l’omino — ... calzolaio disoccupato! A questa sortita seguirono applausi in tale quantità da compromettere la saldezza del soffitto. — Primo premio! Primo premio! — si gridava da tutte le parti. L’omino si guardò intorno smarrito. — Però... — disse — .. è la verità. La folla si sbellicava dalle risa, qualcuno fu assalito dai convulsi, accadde addirittura ad una Colombina di doversi cambiare la sottoveste. Atteggiando il viso a grande compassione la Pompadour dal decolleté ben fornito si avanzò con malcelata serietà e porse all’omino una fetta di torta finta. — Prendete buon’uomo! — disse — Tutto per voi! — Grazie! — disse l’omino con gioia, e l’addentò avidamente. Ormai non si rideva più, si delirava quasi. — Come fa bene la parte! diceva uno. — Deve essere un grande attore! Ad un tratto però si vide l’omino sputare a terra con disgusto e guardarsi attorno co» rancore. — Eh nò, — Io si udì a dire — ... non è così che ci si comporta tra cristiani! Siete un branco di porci, ecco quello che siete. Si avviò con le gambe malferme alla porta e uscì senza voltarsi. I presentì rimasero ammutoliti. — Era un povero vero!! — disse il «giurì» sgomento. — Chi è che s’è permesso dì farlo entrare? — gridò una «ignora offesa. — E’ venuto da solo! — rispose qualcuno. — Mamma cos’è un povero? — domandò la ragazza che era al suo primo ballo in società. — Bah! — disse la Pompadour dal decolleté fornito — .„ non era neanche un bell’uomo! — # presa la mano del suo Pulcinella se la infilò nel corsetto. ALIGI COSÌ È SE VI PARE . ... : ... y?cnki$ìo di CINQUANTANNI FA Si tratta dell’avventura capitata ad um vecchio «vivieur fin de siede» (il nonno del nostro «gagà» tanto per intenderci) che un sabato grasso mentre folleggiava al Veglione dell’Opera di Parigi, venne avvicinato da una mascherina la quale dopo avergli sussu-rato in un orecchio: «Voi portate le mutande azzurre a pallini bianchi» scomparve fra la folla ridendo come pazza. L’incidente non poteva non scuotere profondamente il marchese C. che inutilmente tentò di ritrovare fra la folla delle maschera la sua misteriosa interlocutrice. Non tanto per il desiderio di fare una nuova conquista, quanto per curiosità. Curiosità più die giustificata, del resto, dato che egli d’abitudine portava «effettivamente» le mutande azzurre a pallini bianchi. L’azzurro gli donava. Certo, non faceva per vantarsi, ma le donne che potevano essere a conoscenza di un tale intimo particolare, erano parecchie. Già, ma quale di esse si nascondeva sotto la mascherina di quella sera? La voce sembrava quella d. Susanna, ma Susanna era molto più piccola di statura. Mentre dal veglione per recarsi a casa, il mistero di quella voce continuava ad ossessionarlo. A letto non riusciva a prender sonno... Che sia stata... Luisa? Eh, sì, Luisa è una di quelle che lo può sapere... Mi ha veduto tante di quelle volte in mutan... Cioè no, maledizione! Quella lì era molto più magra e sottile di Luisa... E poi Luisa ha la voce da contralto e la mascherina aveva la voce da soprano leggero... Maledetta ragazza, non aveva nulla di meglio da fare quella sera! La mattina dopo, mentre faceva la sua toeletta, il marchese seguitava a stillarsi il cervello nella vana ricerca di un nome che non riusciva a trovare. La contessina B.? Forse. Ecco, la contessina B. La taglia del corpo corrispondeva, 11 timbro della voce era lo stesso, già, ma... Piccolo particolare che scombinava tutto: la contessina non lo aveva mai veduto in mutande. Tutto ciò cominciava a diventare una specie di .ossessione per il marchese. Trascorse tu ita la domenica a pensarci, seguitò a pensarci il lunedi, dalla mattina, alla sera. In studio, in casa, in carrozza, per la strada, non riusciva più a pensare ad altro che alla misteriosa mascherina e alla ancor più misteriosa frase. La baronessa, forse? Ma no, la baronessa era a Montecarlo. Al ristorante, dopo aver risposto distrattamente al cameriere ohe gli domandava che cosa desiderasse: «Sapere chi mi ha visto in mutande», facendolo trasecolare, credette di aver trovato finalmente la chiave dell’enigma. La viscontessa T.! Ma no! LI FOSSIMO... Il — Buon giorno, signori consiglieri!«. (di*, di Serse) Se vi dicessero: «Su, da bravo dipingi la faccia del carnevale», cosa fareste? Io farei un uomo grasso, ridente, ben vestito, con l’espressione di soddisfatto. Il carnevale è fatto, io credo, per gli uomini contenti, tanto contenti da riuscire a fare i buffoni, a mettersi nasi dì cartone, vestiti da Arlecchino o dipingersi la faccia di verde. Se vi dicessero, invece: «Su da bravo dipingi la faccia della quaresima», cosa fareste? Io al posto vostro farei una faccia di un uomo magro e triste, ma che sa di essere magro e triste e vuol essere grasso e allegro. Sì, non c’è dolore se uno è magro e triste e, in un cerio senso, e contento di esserlo. C’è un povero a Trieste, vestito di stracci, incredibili. Lo trovate di notte, coper o di carta, che canta seduto con le spalle contro un mu- DE GASPBRI: — Temo che mi abbiano riconosciuto, avevano cominciato con i coriandoli! (dis. di Zergol) Diceva un mio amico filosofo: «Per vedere teste di cartone non occorre aspettare Carnevale !» «Sono fregato!» — disse ad un veglione un ta'e nomo politico americano quando a mezza notte precisa un grido si levò nella sala: «Giù la maschera!» «Arlecchino, Pantalone, Pulcinella... e De Gasperi? Dov’è De Caspe ri?» * «Via quell’occhio!» impose il direttore di sala all’avvocato. «Ma» fece questi impallidendo visibilmente «...io non...» «E’ finto si o no?» gridò umo della commissi one. «Ssss,... è finto, «balbettò lo avvocato estereffatto»... però io...» «Se è finto poche discussioni». Un dito fu cacciato nell’orbita del povero giurista; l’occhio di vetro saltò in mezzo alla sala. Follie di Carnevale: «Ah Ah Marchesa, vi siete messa il sedere finto!» «Come avete fatto àd accorgervene, barone?» «Vedete mi sono messo il naso finto!» Al veglione un tale mascherato da generale Cambronne avvicina una graziosa Colombina dicendo: «Permettete una pa-ro'a?» L’altra lo guarda e poi risponde: «Sporcaccione!» * Durante un veglione un giovane di buona famiglia, costretto dai suoi famigliari, invita a ballare la magrissima e racchia figlia di alcuni conoscenti. Alia sua richiesta la ragazza accetta, ma dice: «Figuratevi che sono rimasta senza «Carnet»! «e il giovane: «Si vedet, si vedet!» * Intanto il Carnevale impazza nei veglioni., e al Governo militare alleato! ALICI Sabato sera, la viscontessa era andata ad un concerto con sua cugina. Oh, Dio! il marchese cominciava a temere d’impazzire. Il martedì sera dopo un’infernale giornata, il marchese, a teatro, passò in rivista dalla sua poltrona tutte le signore del bel mondo: «La duchessa no, perchè si trova a Como. Il suo palco infatti è vuoto. Forse la principessa Z.? Già, quella volta che era indisposta e mi ricevette nella sua camera da letto... Però ricordo benissimo che quella mattina in indossavo mutande grigio perla. Il mercoledì nello scorgere i giornali del mattino, gli capitò sotto gli occhi la notizia che la regina di Westfalia aveva partecipato sabato sera in incognito ai ballo dell’Opera. «Lei? — si domandò il marchese. ‘— Possibile? Ma no, come potrebbe sapere ohe io porto abitualmente le mutande azzurre? A meno che non ne sia stata informata dalla polizia segreta. A questo punto, scattò: «Un corno! Che cosa c’entra la polizia segreta della regina di Westfalia con le mie mutande? Io con questa faccenda s.ò diventando pazzo... Non ne posso più. Le cose stavano in tal modo quando entrò il cameriere. — Signore — disse con il suo solito tono discreto. — Che diavolo vuoi? — Scattò il marchese irritato. Il cameriere tossicchiò discretamente: «Signore, — disse — c’è la stiratrice, quella che sta qui all’angolo, ohe è venuta a reclamare il saldo del suo conto...». Il marchese, seccalo di essere stato interrotto, disse al cameriere che non aveva denari spiccioli quella mattina e che dicesse alla stiratrice di ripassare un altro giorno. In fondo il conto non era molto fòrte e poteva aspettare. La voce della stiratrice risuonò nell’anticamera: «Non ha trentasette lire per pagarmi e va a fare il bellimbusto all’Opera! Ma che paghi i suoi debiti invece di por are mutandine azzurre a pallini bianchi!» — Era lei! — ruggì il marchese. — E io che sono sta’o a scervellarmi per quattro giorni. Eccoli, i vantaggi della rivoluzione che permette a tutti di frequentare i luoghi «chic»! FIERAMOSCA ... Quaresima ro. E’ dolore, quello? Probabilmente non sa più di vivere. Ma andate per ' le strade di Trieste, guardate quante faccie grasse e quante magre ci sono. Quanti carnevali e quante quaresime, quante persone contente e quante magre e tristi. Ecco, è questo proprio che volevo dirvi: un carnevale è finito, quello dei coccardosì contenti di essere imbecilli; adesso è quaresima, le facce sono tristi e magre. Potrà tornare il carnevale, e ques’a volta per tutti? Perchè deve sempre esserci, in qualche modo, carnevale per alcuni e quaresima per altri? O, peggio ancora, quaresima per tutti? Ve l’immaginate una ci tà di gente che soffia nelle trombette, e allunga lingue di Menelik, e va in giro con cappellini a pom-pom? Da tanti anni che non vedo, altro che nei sogni, una città di gente tutta allegra... Un uomo piccolissimo entrò nell’ambulatorio. — Sono un pensionato — disse con voce flebile, — Strano — disse il medico — che io sappia tutti i pensionati sono ormai in Paradiso. — Si è vero — confermò l’omino — ma io mi tengo su sperando nella Nave dell’Amicizia. . — Bene — troncò il medico — spogliatevi che vi darò una bussatina. — Non posso spogliarmi. Se lo faccio mi sfascio — mormorò confuso il pensionato e poi. è inutile che bussiate tanto sono vuoto ormai... chiese il me- — Come dite? dico stupito. — Si ecco voglio dire che di mio, non ho più niente dentro. — Di vostro? non capisco un accidente! — S'impazientì. U medico. — Finitela; porco mondo! — urlò una voce proveniente dall’interno del pensionato. — Siete ventriloquo? —gridò il medico spaventato. — No signore — disse l’omino abbassando gli occhi — sapeu per tirare avanti, e visto che era vuoto, ho dato alloggio a una famiglia di sinistrati. .. — Queste cose non si fanno, e poi potevate avvertirmi. Beh si può sapere cosa volete da me? — fece U medico seccato. — Ecco dottore, dovreste levarmi il cuoio capelluto... Vorrei farmi un paio di scarpe. — Mi rifiuto. Questi sono lavori da calzolaio! — Allora levatemi il pancredt e procuratemi il diabete. — Andiamo già meglio. $ perchè volete il diabete se è I#* cito? — Per la faccenda dello turi chero. Sapete bisogna pur alw tarsi in qualche modo. A guaP trocento lire il chilo, pensate. •* — Rifiuto. Non voglio favori-re la borsa nera! — Sentite dottore, a me n