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Cosi principiava la prefazione inserita nell’ ultima edizione di questo mio opuscolo, comparsa or è un quinquennio, e nella quale andavano aggiunti brevi cenni sulla coltura del gelso, indispensabile per l'allevamento del baco. La presente pubblicazione non è una ristampa di quel-l’ edizione ma bensì un nuovo libro, talmente essa è riveduta, migliorata ed ampliata. Speciale cura rivolsi inoltre alle illustrazioni, che aumentai molto di numero per rendere, più intuitiva la descrizione. In una separata appendice• rà'pcolsi alcuni articoli sui risultati di vari studi da me ■ intrapresi negli ultimi tempi nel campo bacologico, ed aggiunsi anche considerazioni sullo stato attuale della bachicoltura ed industria serica. Volli chiudere il libro con una serie di leggi ed editti, emanati sotto il regno della grande Imperatrice Maria Teresa per promuovere la coltura dei gelsi e l’allevamento dei bachi nelle nostre provincie. *) „L’Istruzione per l'allevamento razionale del baco da seta“ venne pubblicata nelle seguenti lingue: italiana, tedesca, slovena, croata, serba, ungherese, rumena, russa, armena, grusinica, tartara e giapponese, quasi ognuna di queste traduzioni ebbe parecchie edizioni. In questa guisa io faccio rivivere provvide misure che un saggio governo seppe escogitare un secolo e mezzo fa in favore della nostra industria familiare e che ancora oggi-giorno meritano tutta la considerazione e che indubitatamente potrebbero riescire vantaggiose anche al tempo presente se venissero applicate col dovuto riguardo alle condizioni ora vigenti. Scrissi il libro per chi desidera di essere avviato nel razionale allevamento del baco e nella buona coltura del gelso, e mi auguro che questo intento apporti buoni frutti e la soddisfazione a tutti coloro che lo consultano. Gorizia, l.mo Maggio 1913. Qio vanni Gialle I n D I C E Allevamento razionale del baco da seta. Pag. I. Del baco da seta e della bachicoltura in generale .... 1 II. Locali ed attrezzi per l’allevamento............................. 4 1. Ventilazione e riscaldamento dei locali d’allevamento . . 4 2. La pulizia e la disinfezione dei locali e degli attrezzi che servono all’ allevamento dei bachi..................... 11 3. Graticci e castelli..................................... 21 III. Allevamento del baco da seta........................32 1. Quanti bachi si potranno allevare?.........................32 2. Quali razze si dovranno di preferenza allevare ? ... 33 3. Conservazione del seme....................................39 4. Incubazione del seme......................................40 5. Alimentazione del baco da seta............................52 6. Cambiamento dei letti e diradamento dei bachi .... 63 7. Le singole età del baco e le mute.........................67 8. La maturità e l’iinbozzolamento dei bachi.................75 IV. Soffocazione e stagionatura dei bozzoli.....................98 V. Le malattie del baco da seta................................1C9 1. La malattia dei corpuscoli o pebrina......................109 2. La flacidezza............................................Ili 3. Macilenza................................................117 4. Calcino o mal del segno..................................118 5. Giallume o mal del grasso................................122 7. Misure preventive contro le malattie del baco da seta in genere................................................... 124 VI. Confezionamento del seme a sistema cellulare................126 VI Coltivazione del gelso. Pag. I. Generalità.......................................................141 li. Semenzaio e Vivaio................................................143 III. Impianto del Gelso a dimora stabile..............................147 IV. Potatura del gelso adulto........................................155 V. Raccolta della foglia............................................162 VI. Nemici e malattie del gelso......................................166 1. Il gelso e la brina...............................166 2. La rogna o carie..................................167 3. Marciume del legno................................168 4. Muschi e licheni ...........................................168 5. Ruggine della foglia..............................168 6 Marciume delle radici.............................169 7. La diaspide del gelso.............................171 8. Altre cocciniglie viventi sul gelso...........175 Appendice. 1. Moria dei gelsi.............................................179 2. La Diaspide del gelso ed il metodo biologico per combatterla ...................................................193 3. Le condizioni attuali della gelsicoltura e il suo avvenire 210 4. Le capanne per l’allevamento dei bachi nella Trans- caucasia ....................................................223 5. Nuove osservazioni sul giallume od il mal del grasso 233 6. Lo stato attuale della bachicoltura e dell’Industria serica 240 7. Provvedimenti in favore della coltura dei gelsi, dell’al- levamento dei bachi e dell’ industria serica sotto il Governo di Maria Teresa.........................257 Elenco delle illustrazioni nel testo Pag. 1. Stufa Franklin.............................................................. 5 2. Spaccato della Stufa Franklin............................................... 6 3. Stufa Franklin usata nel Trentino................................ ... 7 4. Caminetto Susani per la ventilazione e riscaldamento........................... 8 5. Caminetto usato nel Trentino .................................................. 7 6. Caminetto in terra cotta smaltata in uso nel Trentino 7. Caminetto in ghisa in uso nel Trentino................. 8. Focolaio con cappa in lamerino in uso nel Trentino............................ 11 9. Focolaio con cappa in mattoni in uso nel Trentino............................. 11 10. Tilimbar........................................................................12 11. Pulizia di una casa giapponese avanti il principio degli allevamenti ... 13 12. Disinfezione degli attrezzi con cloruro di calce a Campocroce di Mogliano Veneto...................................................................14 13. Disinfezione con sublimato corrosivo e lavatura degli attrezzi all’ Istituto bacologico di Trento.....................................................15 14. Fornello Pasqualis per la disinfezione colla formalina..................... 18 15. Disinfezione con zolfo e con cloruro di calce a Campocroce di Mogliano Veneto..................................................................... 19 16. Graticci di canne palustri •.................................................22 17. Allacciatura di canne palustri con spago al graticcio, visto di sopra ... 23 18. Allacciatura di canne palustri con spago al graticcio, visto di sotto ... 23 19. Graticcio in reticolato di filo di ferro zincato...........................24 20. Graticcio in bambù.........................................................24 21. Castello primitivo coi graticci assicurativi con dello spago...............24 22. Graticci pensili sospesi al soffitto con filo di ferro . .......................25 23 Graticci di stuoie pensili...................................................26 24. Castelli a graticci di un grande allevamento nel Goriziano......................27 25. Castelli a graticci con graticole di spago, a Campocroce........................28 26. Graticcio mobile in filo di ferro zincato (capovolto) dell’ Istituto bacologico di Trento................................................................29 27. Graticci mobili sovrapposti per l’allevamento, dell’Istituto bacologico di Trento...................................................................30 28. Catasta di 30 graticci mobili smontati dell’Istituto bacologico di Trento . . 31 29. Gialla indigena di Perugia.................................................34 30. Giapponese bianco Akaziku..................................................35 31. Incrocio poligiallo a bozzolo sferico dell’Istituto bacologico di Trento . . 36 32. Chinese giallo a bozzolo sferico dell’Istituto bacologico di Trento .... 36 33. Incrocio bigiallo a bozzolo sferico dell’Istituto bacologico di Trento ... 37 34. Chinese giallo oro a bozzolo sferico dell’Istituto bacologico di Trento . . 38 35. Termometro per bigattiere..................................................39 36. Incubatore........................................................... • 41 37. Spaccato di un incubatore..................................................41 o vin Pag. 38. Incubatore dell’Istituto bacologico di Trento..............................42 39. Seme bachi di ’/3 oncia di 30 gr. disteso in sottile strato, grandezza naturale 43 40. Telaino per l’incubazione del seme.........................................44 41. Telaino pel trasporto ed incubazione del seme..............................44 42. Disposizione dei telaini pel trasporto........................................45 43. Uovo del baco da seta, dieci volte ingrandito ................................46 44. Bacolino appena nato, dieci volte ingrandito..................................46 45. Camera sociale d’incubazione dell’Istituto bacologico di Trento .... 47 46. Principio della nascita dei bacolini, grandezza naturale......................50 47. Telaino pel trasporto dei bachi...............................................51 48. Trinciafoglia.................................................................53 49. Distribuzione della foglia sui bachi allevati su arelli trasportabili .... 56 50. Cavallone rustico.............................................................57 51. Graticola poggiante alla parete del locale....................................58 52. Cavallone con tavolette per poggiare i rami di gelso..............., . . 58 53. Cavallone carico di bachi prossimi alla maturanza.............................59 54. Grisoloni su cavaletti........................................................60 55. Grisoloni carichi di bachi maturi.......................................... 61 56. Grisolone rustico pensile.....................................................62 57. Grande allevamento su grisoloni ..............................................62 58. Cangiamento dei letti colla carta forata......................................64 59. Cangiamento dei letti colle reti..............................................65 60. Varie qualità di carta forata...................................... . . 66 61. Bachi nella prima muta, in parti già levati, un poco irregolari e troppo fitti 69 62. Bachi nella seconda muta, troppo radi........................................70 63. Bachi un giorno dopo la 2.a muta, troppo fitti...............................70 64. Bachi nella 3.a muta, un pò troppo fitti agli orli...........................71 65. Bachi che principiano levarsi dalla 3.a dormita o muta.......................71 66. Bachi nella quarta dormita...................................................72 67. Bachi levati dalla quarta muta al primo pasto.................................73 68. Bachi di razza nostrana maturi e pronti a salire il bosco....................74 69. Ghiandole seriche del bombice del gelso.......................................75 70. Castello con boschi fatti con manipoli di paglia di frumento..................77 71. Boschi con frasche secche senza foglia.......................... ... 78 72. Boschi con paglia di ravizzone sopra cavalloni friulani.......................79 73. Boschi con paglia di ravizzone sopra grisoloni di un grande allevamento alla friulana...............................................................80 74. Boschi con manipoli di paglia di ravizzone sospesi sopra grisoloni di un piccolo allevamento alla friulana ..........................................80 75. Castello con bosco di frasche disposte in gallerie............................81 76. Arelle accatastate con boschi di frasche disposte in gallerie.................82 77. Arelle con boschi di frasche disposte orizzontalmente ........................83 78. Arelle sospese con boschi di frasche disposti in gallerie.....................84 79. Un cavallone friulano imboscato completamente con frasche.....................85 80. Testata di un cavallone friulano con bosco al colmo...........................86 81. Mezzo cavallone friulano con boschi di frasche al colmo adagiato ad una parete .....................................................................87 82. Bosco improvvisato ed adagiato ad una parete..................................88 83. Bosco improvvisato con frasche sul pavimento..................................89 84. Bozzolo perfetto..............................................................89 85. Doppione........................................................................ Pag. 86. Modo di disfare i boschi di un cavallone.....................................90 87. Bozzoli deformati............................................................91 88. Bozzoli striati appartenenti alla seconda categoria..........................92 89. Bozzoli macchiati, cosidetto morto brutto appartenenti alia terza categoria od allo scarto....................................................................92 90. Bozzoli sezionati di terza categoria.............................................93 91. Bozzoli di niun valore e da gettarsi........................................... 94 92. Doppioni reali di varie razze, con bava o spelaia................................95 93. Doppioni deformi detti doppioni realini..........................................96 94. Crisalidi calcinate estratte da bozzoli..........................................97 95. Corbone pei trasporto dei bozzoli ed ai lati cesti più piccoli per bozzoli da riproduzione...................................................................97 96. Modo primitivo di scottare i bozzoli col vapore.................................100 97. Stufa trasportabile di Francesco Beretta in Milano..............................10i 98. Essiccatoio della ditta Bianchi, Dubini e Kachel di Milano......................101 99. Essiccatoio sistema Fratelli Pellegrino di Torino in funzione presso l’Istituto bacologico in Trento . 102 100. Essiccatoio di bozzoli a tamburo. Sistema Chiesa...............................103 101. Ammasso di bozzoli e loro insaccamento per la spedizione.......................105 102. Aspo di moderna costruzione dell’istituto bacologico di Trento .... 108 103. Bachi corpuscolosi dopo la IV muta.............................................110 104. Corpuscoli della pebrina ingranditi 500 volte..................................110 105. Letto di bachi sani............................................................112 106. Bachi flaccidi alla terza muta; vari stadi della malattia......................112 107. Letto di bachi affetti da flaccidezza dopo la levata dalla terza muta ... 113 108. Vari stadi della flaccidezza in bachi prossimi alla salita.....................114 109. Batteri ingranditi 600 volte...................................................115 110. Bachi flaccidi alla salita detti curti o strozzati.............................116 111. Bachi macilenti o .gattine“ dopo la quarta muta................................117 112. Bachi calcinati alla quarta muta ed avanti la salita al bosco..................119 113. Fungo parassita, che determina la malattia del calcino, veduto al microscopio, molto ingrandito..............................................................119 114. Bachi affetti dal giallume o .vacche“, alla salita al bosco....................123 115. Granuli poliedrici in bachi affetti da giallume................................124 116. Coppia di farfalle: a destra la femmina, a sinistra il maschio.................126 117. Sacchetti o celle di garza per l’isolamento delle coppie e modo di usarli . 127 118. Scelta éd infilzatura dei bozzoli nelle arpe all’Istituto bacologico di Trento 128 119. Arpe cariche di bozzoli che principiano a sfarfallare..........................129 120. Isolamento nelle celle o nei sacchetti delle femmine fecondate.................130 121. Arpe portasacchetti con 500 sacchetti .........................................131 122. Trituratrici meccaniche per la preparazione delle coppie di farfalle .... 132 123. Primo esame microscopico per la selezione della farfalla.......................133 124. Secondo esame 0 controllo microscopico delle farfalle..........................134 125. Sala di microscopia............................................................135 126. Grande sala per la sgranatura od il distacco del seme dalle celle di garza 136 127. Apparato per la lavatura del seme............................................. 37 128. Asciugamento del seme dopo la lavatura............................................ 129. Pulitura del seme col burattino e sua pesatura ................................139 130. Sala per la conservazione del seme.............................................140 131. Foglie di diverse varietà del gelso............................................142 132. Preparazione del vivaio per l’innesto............................................. X f>ag. 133. Innesto sotto corteccia modificato.........................................145 134. Vivaio di gelsi innestati..................................................146 135. Spaccato della buca d’impianto.............................................148 136. Tronco del gelso .... ,............................................149 137. Impianto di un gelso.......................................................150 138. Gelso dopo il primo anno d’impianto con palo di sostegno e con due getti nuovi.....................................................................151 139. Gelso potato nel secondo anno d’impianto....................................152 140. Gelso con i getti nel terzo anno d’impianto..................................153 141. Gelso potato nel terzo anno d’impianto.......................................153 142. Palco di un gelso potato nel quarto anno d’impianto, veduto di sopra . . 154 143. Potatura del gelso adulto eseguita in marzo...................................156 144. Gelso adulto in pieno sviluppo con palco in forma di vaso..................157 145. Scalvatila triennale d’ autunno............................................158 146. Gelso potato a capitozzo...................................................159 147. Filare di gelsi potati a capitozzo.........................................160 148. Filari di gelsi a ceppo basso e loro potatura.................................160 149. Gelsi ad alto fusto intercalati da gelsi a mezzo fusto, lungo una strada 161 150. Raccolto della foglia alla friulana; filare di gelsi visto subito dopo compiuta la raccolta .................................................................163 151. Potatura accurata o mondatura eseguita dopo la raccolta alla friulana . . 163 152. Gelso adulto avanti la potatura alternante.................................164 153. Aspetto di un gelso potato a sperone con fogliame già sviluppato ... 165 154. Aspetto del gelso assoggettato a potatura alternante, dopo la raccolta della fogtia.......................................................................165 155. Ruggine della foglia del gelso.............................................. 169 156. Radice affetta dal micelio................................................170 157. Radice marcita per causa del micelio..........................................170 158. Infezione della diaspide................••.................................172 159. Femmina della diaspide del gelso...........................................172 160. Maschio della diaspide del gelso..............................................172 16'. Spazzole e pennello, adoperati nel lavoro di distruzione della diaspide . . 173 162. Cocciniglia rossa della vite vivente sul gelso................................176 163. Gelso che palesa i primi sintomi della moria, con alcune rare foglie ingiallite 179 164. Gelso disseccato d’ estate per effetto della moria............................180 165. Gelso con rari tralci disseccati per effetto della moria...................181 166. Radice sana e sua sezione ....................................................182 167. Radice grossa affetta dal marciume............................................183 168. Radici profondamente attaccate del marciume da cui la corteccia si distacca come un tubo dal legno sottostante marcio ed annerito........................184 169. Radice con corteccia staccata sotto cui si vedono i cordoni della Rhizomorpha subcorticalis................................................................185 170. Radice coperta di placche di Rhizomorpha subcorticalis ramificata a guisa di ventaglio.................................................................186 171. Radici grosse colle fibre vascolari invase e putrefatte dalla Rhizomorpha subcorticalis ... 187 172. Legno spappolato di tronco di gelso morto dal marciume........................188 173. Cordoni di micelio della Rhizomorpha gracilis................................ 189 174. Micelio di Rizomorpha subcortical.s....................................... . 189 175. Fruttificazione dell’.Armillaria (Agaricus) mellea”...........................189 176. Spore dell’.Armillaria mellea”............................................ . 189 Pag. 177. Famiglia di fruttificazioni di „Armillaria mellea“ al piede del gelso morto dal marciume...................:..........................................190 178. Radice grossa di gelso con ferite non rimarginate e putrefatte .... 190 179. La stessa radice della fig. 178 in varie sezioni discendenti dal 1 al 6 per far vedere la propagazione del marciume fino alla porzione più sottile della radice.............................................................191 180. Ridice grossa, ferita, divisa per metà per far vedére la penetrazione del marciume.................................................................192 181. Gelso a siepaia da tre anni infetto dalla Diaspide........................193 182. Gelso a ceppaia giovane, fortemente infetto dalla Diaspide................194 183. Ramo di un gelso infetto da tre anni......................................195 184. Estremità disseccata di un ramoscello.....................................195 185. Larva di Diaspide appena sbucciata dall’uovo, dotata di tre paia di zampine 196 186. Femmina adulta della Diaspide.............................................196 187. Parti componenti lo scudetto dorsale della Diaspide femmina...............196 188. Sezione longitudinale di una Diaspide femmina collo scudetto fissato su di un ramo di gelso................................................................196 189. Estremità della parte ventrale dell’addome di una Diaspide femmina . . 197 190. Follicoli maschili della Diaspide..........................................197 191. Sezione longitudinale di un follicolo maschile contenente una ninfa ... 198 192. Ninfa maschile di La e 2.a età della Diaspide.............................198 193. Maschio alato della Diaspide veduto dal dorso ...................................199 194. Sul davanti un Gelso di 40 anni, non potato da tre anni, dietro a questo a sinistra gelsi della stessa età potati in primavera a capitozzo per rinvigorirli e facilitare il trattamento diaspicida...........................200 195. Prospaltella Berlesei con le ali spiegate.................................201 196. Prospaltella Berlesei in atto di deporre un uovo nel corpo di una Diaspide 202 197. Diaspide femmina con la larva della Prospaltella nel corpo................203 198. Diaspide femmina colla ninfa o crisalide della Prospaltella nel corpo . . 203 199. Ramo di gelso con scudetti della Diaspide aventi il foro circolare prodotto dalla Prospaltella e con foro irregolare e più grande derivante dal distacco della spoglia o cute larvale.........................................204 200. Ramo di gelso con Diaspidi parassitizzate.................................205 201. Ramo grosso d’un gelso fortemente infetto da Diaspide.....................208 202. Gelso infetto da Diaspide, sul quale si fissò un ramo di gelso con Diaspide prospaltizzata a Redipuglia presso Ronchi................................209 203. Doppio filare di gelsi ad ; Ito fusto od a potatura biennale a Campocroce . 210 204. Doppio filare di gelsi lungo un fosso di scolo a Piacenza...............211 205. Doppio filare di gelsi a potatura annua lungo una strada campestre a Re- dipuglia (Goriziano).....................................................212 206. Doppio filare di gelsi un anno dopo il taglio a capitozzo...............213 207. Doppio filare di gelsi con tralci di un anno............................213 208. Gelso altissimo a Trento..................................................214 209. Filari di gelsi altissimi con potatura trascurata a Trento................215 210. Gelso bene capitozzato due anni innanzi, a Campo Trentino presso Trento 217 211. Gelso altissimo con potatura a capitozzo nell’anno antecedente, eseguita troppo in alto a Campo Trentin presso Trento..............................218 212. Gelseto specializzato a ceppo basso di 15 anni, a potatura annua a Cam- pocroce di Mogliano Veneto............................................. 219 213. Filare di gelsi ad alto fusto alternanti con gelsi a basso fusto, framezzo aiuole coltivate a Campocroce............................................220 214. Gelseto a prato, piantato nel 1911 e fotografato nell’autunno 1912 nella tenuta del Conte 0. Collalto a Susegana presso Conegliano...................220 215. Gelseto a prato di 6 anni a Salgaredo ; sul davanti due ceppi spogliati dalla foglia per lasciar scorgere i tralci dell’ anno.............................221 216. Nel distretto di Tiflis si costruiscono capanne adossate al monte .... 224 217. Nel distretto di Zanghuesur le capanne sono provviste di piccole finestre . 224 218. Nel Djewanshire, la regione delle steppe della Transcaucasia orientale, tron- chi dell’ albero sostengono un basso tetto coperto di frasche ed argilla, le pareti sono fatte di capanne palustri....................................225 219. Nel distretto di Leukeran la capanna ha un gran tetto di paglia di riso sotto il quale si fa l’allevamento e lo spazio a pianterreno serve di dimora . 225 220-221. Le capanne del distretto di Aresch sono meglio costruite...........226 222. Aperta da ambi i lati nel senso della larghezza, nella capanna si allevano i bachi su graticci, su cavalletti o sospesi alle pareti od al tetto (Distretto di Aresch).....................................................................227 223. Le pareti della capanna, anziché di frasche o cannicci rivestiti d’argilla, sono fatte di tavolati ed il tetto di tegole................................228 224. A Kach le pareti sono munite di due finestre chiuse da fogli di carta e la costruzione serve in pari tempo da scuola rurale............................228 225. Nel distretto di Kach molte case hanno una soffitta così ampia da essere adoperata come bigattiera......................................................229 226. Lungo la costa sud-ovest del Mar Caspio vi sono costruzioni affatto parti- colari per uso di bigattiere e si chiamano Scelibar ........................230 221. L’interno di un Scelibar.......................................................231 228. Trachee di un baco affetto dal giallume.........................................234 229. Microfotografia del tessuto adiposo del baco da seta affetto dal giallume con cisti contenenti granuli poliedrici in vario stadio di sviluppo . . . 235 230. Bruchi sani della Limantria (Psilura) monacha...................................237 231. Bruchi della monaca della stessa partita come quella rappresentata nella fig. 230, morti dal giallume...................................................238 t Allevamento razionale del baco da seta. ----------•«£».--.— — I. DEL BACO DA SETA E DELLA BACHICOLTURA IN GENERALE. Si ritiene generalmente che il baco sia originario dalla China, però si deve ammettere che esso sia indigeno anche nei paesi limitrofi ed in generale in tutte quelle regioni a clima mite dell’ Asia ove alligna il gelso allo stato selvatico. Certo è che gli abitanti della China, fino dai più remoti tempi che risalgono a circa 3000 anni a. C, seppero trarre profitto del bozzolo sfarfallato, sottoponendolo a cottura per ottenere quel prodotto che si chiama ricotto e anche bavella che poi veniva torto al fuso, come usavano fare i contadini italiani fino a pochi anni fa, se pur non lo fanno ancora coi bozzoli scarti, non filabili o doppioni. Sembra che il metodo di dipanarlo nell’acqua calda siastato introdotto sotto il regno di Ho-hang-ti negli anni 2698 — 2639 a. C. e che sua moglie, l’imperatrice Si-Ling-Chi, col proprio esempio diffondesse fra quelle popolazioni l’arte di allevare i bachi, innaspare i bozzoli e tessere la seta. Ai tempi dell’imperatore Yao, 2337 — 2255 a. C., l’industria della seta prosperava già in molte parti dell’ impero celeste come si trova notato nel Canone degli Annali detto Schu-King. Dalla China 1’ allevamento del baco da seta e l’industria serica si diffuse quindi nel Giappone, nell’Asia centrale e nell’India e da questa nella Persia. Secondo una leggenda, due monaci dell’ordine di S. Basilio, ad un dipresso nell’anno 550 dell’èra volgare, introdussero di nascosto in Europa, e precisamente nell’allora fiorente Impero bizantino, una piccola quantità di semente del baco da seta, che servì a trapiantare la bachicoltura dall’ Asia in occidente e specialmente nel Peloponneso ove essa ebbe potente appoggio dall’ imperatore Giustiniano e dai suoi sue- cessori. Da queste contrade l’industria serica non si estese che lentamente in quelle limitrofe. E così avvenne che non prima del secolo XI 1’ arte di tessere stoffe di seta e di allevare bachi fu introdotta in Sicilia ove ebbe particolare impulso dai re normanni colà regnanti. Da qui si diffuse nella penisola e potè così giungere traverso il Veneto fino al Litorale ed alla Dalmazia. Nella regione di Trento e Rovereto la bachicoltura fece il suo ingresso nel secolo XV, colà trapiantata dalla vicina Lombardia, ove Lodovico il Moro dal 1480 al 1500 l’aveva favorita e protetta. Dopo più o meno lenti progressi essa acquistò maggior importanza nel secolo XVII per modo che nell’anno 1676 fu già introdotta a Rovereto la metida dei bozzoli, la quale continuò senza interruzioni fino al giorno d’ oggi. Verso la metà del secolo XVIII l’Imperatrice Maria Teresa ripose ogni sua cura nel promuovere la bachicoltura nelle provincie meridionali del suo Impero. Essa emanò parecchie savie leggi concernenti l’impianto di gelsi e l’allevamento del baco da seta, ordinando in pari tempo 1’ erezione della prima filanda austriaca di seta a Farra di Gradisca nel Goriziano. Gli Imperatori, che a lei succedettero, continuarono la benefica azione di far progredire sempre più questo importantissimo ramo agricolo in tutte le provincie meridionali dell’ Austria. Allorché al principio della seconda metà del secolo scorso infieriva la fatale malattia delle petecchie o dei corpuscoli, detta anche pebrina, minacciando di distruggere la bachicoltura, il Governo austriaco fondò nell’anno 1869 a Gorizia 1’,,i. r. Istituto sperimentale di bachicoltura“ col compito precipuo di divulgare le norme del razionale allevamento, di studiare le varie malattie del baco da seta, nonché di confezionare semente sana. Quest’ Istituto ebbe anche l’incarico di proporre 1’ assegnamento del premio, istituito dal Governo austriaco con apposito concorso, per il miglior metodo di lotta contro la malattia della pebrina, premio che, coni’ è noto, fu aggiudicato al celebre Pasteur. Lo stesso Istituto di Gorizia fu anzi fra i primi, che tradusse in pratica il metodo di Pasteur del confezionamento del seme a sistema cellulare, mercè il quale fu possibile di ottenere seme immune da corpuscoli o dalla pebrina e in tal modo di salvare la bachicoltura da sicura rovina. L’Istituto di Gorizia sussiste ancora ; senonchè, essendo stato il campo di sua attività notevolmente ampliato, esso appellasi presente-mente „I. R. Istituto sperimentale chimico agrario“. Per promuovere secondo i moderni dettami della scienza la bachi-coltura nel Tiralo meridionale fu fondato un trentennio fa dal Consiglio provinciale d’ Agricoltura di Trento l’Istituto bacologico, il quale, sussidiato dal Governo, ha il compito di confezionare seme cellulare e diffondere le norme dell’ allevamento razionale del baco. È merito della solerta attività spiegata finora da questa istituzione se si potè dare un notevole incremento alla produzione serica di tutto quel paese. Un simile Istituto fu creato dal R. Governo ungarico a Székszàrd nel 1880, il quale fece rivivere l’industria serica con opportune misure in modo insperato. Le stazioni bacologiche sperimentali di Padova e Monpellieri contribuirono in Italia e in Francia da circa quarant’ anni a questa parte con studi scientifici e coll’ insegnamento a far progredire grandemente la nostra industria in quei paesi. Altre stazioni bacologiche esistono nel Giappone dalle quali partì un fortissimo impulso diretto ad apportare alla produzione serida di quel paese nell’ ultimo ventennio un aumento veramente meraviglioso. * * * Il baco da seta, detto anche filugello o bombice del gelso (Bombyx mori), appartiene alla classe degli insetti e precisamente all’ ordine dei lepidotteri o delle farfalle. Come tutti gli insetti, il bombice del gelso, fino al suo completo sviluppo, subisce una metamorfosi, che comprende quattro periodi o stadi, cioè : 1. L’uovo o seme, dal quale durante l’incubazione si sviluppa ed esce, rodendone il guscio 2. la larva o baco (bruco); questo vive 30-35 giorni, nutrendosi di foglia di gelso, per tessere da ultimo il bozzolo, nel quale si rinchiude e forma 3. la crisalide, che dimora nel bozzolo un paio di settimane, per uscire infine da questo come 4. farfalla (maschio o femmina), che rappresenta lo stadio di perfetto sviluppo del bombice del gelso. La femmina fecondata dal maschio depone a sua volta le uova, da cui nasce la generazione seguente. * * * 1 principali compiti di chi desidera conseguire un buon risultato dall’allevamento del baco da seta si estrinsecano: 1. nel provvedersi di seme sano e bene conservato, 2. nell’ incubare questo razionalmente ed infine 3. nell’allevare razionalmente i bachi per preservarli da malattie e per ottenere il massimo prodotto di bozzoli. II. LOCALI ED ATTREZZI PER L’ALLEVAMENTO. 1. Ventilazione e riscaldamento dei locali d’ allevamento. 1 locali di allevamento oltre di essere sufficientemente ampi devono permettere una regolare ventilazione. Niuna cosa riesce tanto dannosa ai bachi quanto 1’ aria impura dei locali chiusi. È meglio, lo ripetiamo, che i bachi soffrano la fame ed il freddo, piuttosto che difettino di aria pura. Sarà perciò indicato di tenere le finestre continuamente aperte, beninteso però soltanto nei giorni, in cui la temperatura esterna non discenda sotto i 12° R o 15° C. In giorni ventosi si chiuderanno le finestre dalla parte d’ onde spira il vento, e ciò per evitare correnti d’aria troppo forti, oppure, ancora meglio, si copriranno i vani delle finestre con stuoie e cortine di tela da sacco o con iute, attraverso le quali l'aria non può entrare con veemenza. Dal lato ove batte il sole si socchiuderanno le' imposte esterne, oppure si stenderanno cortine o stuoie, affinchè i bachi non vengano colpiti direttamente nè dal sole, nè da troppa luce, ma si trovino in luce diffusa non troppo intensa che è per essi la più confacente. I locali moderni di allevamento sono muniti di speciali sfiatatoi o spiragli, collocati nei punti più bassi e nei più alti del locale, cioè al pavimento ed al soffitto. Gli sfiatatoi al pavimento della stanza traversano il muro, mentre quelli al soffitto se non sono di analoga costruzione, stanno in comunicazione coll’ aria esterna mediante tubi in lamerino che sboccano sul tetto e che sono protetti dalla pioggia con un coperchio a guisa il ombrello. Va da sè che gli sfiatatoi al pavimento servono all’entrata dell’ aria fresca esterna e quelli al soffitto per la sortita dell’ aria viziata e calda. Ogni sfiatatoio o spiraglio è munito da un congegno che a guisa di valvola può venire più o meno chiuso od aperto secondo 1’ occorrenza ; il maneggio degli sfiatatoi al soffitto si fa con una cordicella o con una stanghetta in filo di ferro grosso. In una bigattiera ben ventilata non deve farsi sentire alcun odore ingrato all’ infuori di quello della foglia, materiali od oggetti che emanano cattivi odori devono venire allontanati. È un grossolano errore quello di alcuni bachicultori, che credono di purificare 1’ aria della bigattiera, bruciandovi ginepro od altre droghe, o spargendovi dell’ aceto. In tal guisa non si fa altro che viziare 1’ aria ancor più di quanto lo è già. E qui ricordiamo, clic 1’ odore di fumo del tabacco non è neppure tollerato dai bachi. - 5 - Gran cura dovrà riporsi altresì nel mantenere una moderata tem-peratara dell’ambiente d’allevamento. Questa dovrebbe costantemente essere di 17° R o 21° C. Se la temperatura si abbassa sotto i 10° R o 12’5° C i bachi cessano di mangiare, tengono la testa innalzata e rimangono immobili sul posto dove si trovano. Quando subentrano temperature così basse si deve riscaldare il locale artificialmente, non dimenticando però che si deve costantemente rinnovare l’aria mediante una buona ventilazione. Per regolare la temperatura il locale d’allevamento dev’essere provvisto di una stufa e di un termometro, il quale si appende dalia parte opposta alla stufa, lontano dalle porte e finestre. La stufa può essere in ferro o ghisa, però è molto meglio che essa sia in mattoni, in maiolica o materiale simile. Anche i focolai economici in ferro possono supplire al riscaldamento. La stufa di ghisa o di lamiera di ferro, senza rivestimento interno, riscalda presto il locale; però, non appena vi si smorza il fuoco, l’aria del locale si raffredda tantosto. Seguono allora repentini sbalzi di temperatura che nuocono del pari ai bachi, perciò tali stufe non sono raccomandabili. Se si possiede una stufa consimile, sarebbe opportuno di circondarla tntt’ all’ intorno con dei mattoni. In tal modo la stanza riscaldasi bensì lentamente, ma il calore vi resta conservato per più tempo, nei mentre si consegue un risparmio non indifferente nel combustibile. Fig. 1. Stufa Franklin. - 6 - Fra le stufe di riscaldamento delle bigattiere, la più Semplice e meno costosa è quella denominata Franklin, fig. 1, che qualunque muratore è in grado di costruire con poca spesa. Il corpo principale di questa stufa è in mattoni, disposti in taglio uno sopra l’altro ed uniti assieme con argilla. Internamente la stufa viene suddivisa in tre o più sezioni, comunicanti una coll’ altra, come vedesi nello spaccato fig. 2. I piani divisori di queste si fanno di mattonelle poggianti sui fianchi della stufa ed unite pure con argilla. I canali interni hanno Io scopo di utilizzare nel miglior modo il calore e di promuovere un discreto tiraggio dell’ aria. Esternamente ii fornello ha una portella per il fuoco ed una per la cenere; il fuoco arde sopra una graticola, attraverso la quale cade la cenere; se manca la graticola il fuoco si fa direttamente sui mattoni. Tutta la stufa é poi legata assieme con filo di ferro, affinchè non si sfasci, ed intonacata con uno strato di malta. Alla fig. 3 è rappresentata una stufa economica Franklin con camino in mattoni, come viene costruita nel Trentino. Un’ altra costruzione assai pratica è il caminetto che è rappresentato dalla fig. 4, molto in uso nelle bigattiere dell’ Alta Italia, e che corrisponde al doppio scopo della sola ventilazione del locale, oppure di ri-scaldamento e ventilazione simultaneamente. Esso consiste di un focolaio a volta in mattoni (a), lateralmente comunicante con un canale (£), lungo quanto una parete del locale pure in mattoni, suddiviso in due sezioni, comunicanti tra loro alla estremità opposta al caminetto, e per le quali deve passare 1’ aria riscaldata che sale poi nel fumaiolo (c). Il caminetto però comunica anche direttamente col fumaiuolo mediante la valvola, chiudibile dalla chiave (rf). Volendo ottenere una forte ventilazione del locale, senza riscaldamento, si apre la valvola d'c si accende Fig. 2. Spaccati delti Stufa Franklin. nel fornello una fiammata di frasche secche, paglia o trucioli. Se invece si desidera di riscaldare in pari tempo il locale, si chiude la valvola d, nel qual caso il caminetto funziona da stufa di riscaldamento. Un altra costruzione più semplice di caminetto è quella che vedesi alla fig. 5, ove il camino invece di essere di lamerino è in mattoni posti in taglio e sostenuti da regoli di ferro ; simili caminetti, di poco costo, si fanno in terra cotta smaltata o maiolica fig. 6 oppure in ghisa fig. 7. Nelle case coloniche, fornite di solito di ampia cucina con focolare a fuoco aperto, quest’ ultima costituisce il miglior locale d’ allevamento, Fig. 5. Caminetto usato r.el Trentino. Fig. 3. Stufa Franklin usata nel Treniino. almeno per le prime quattro etcì del baco. Qui diffatti l’ambiente è sufficientemente riscaldato ed il rinnovamento dell’ aria continuo ; il fumo di legna che spesso vi regna non danneggia i bachi, anzi sembra che questi non solo non ne risentano punto molestia ma che si (rovino anzi bene. Conviene però escludere i boschi dalle cucine ove regna molto fumo poiché i bozzoli ne potrebbero scapitare nel colore ed assorbire 1’ odore di fumo che renderebbe avvisato e circospetto 1’ acquirente anche se non scorgesse il cangiamento del colore naturale al bozzolo. Infine, invece di caminetti sono sufficienti anche focolai fatti in un angolo della stanza con un doppio strato di mattoni con soprastante - 8 - cappa in lamerino, fig. 8, oppure in mattoni poggianti sopra un regolo di ferro conficcato nel muro fig. 9. Questi caminetti hanno il vantaggio di attivare con semplici fiammate una sollecita ed abbondante ventilazione senza in pari tempo riscaldare troppo il locale — come farebbero altre stufe — ciò che preme in giornate sciroccali e di afa in cui riesce difficile, anche con finestre aperte, di rinnovare 1’ aria. Su questi cami- netti il personale che accudisce ai bachi può prepararsi il cibo senza bisogno di abbandonare il locale. I contadini od i piccoli agricoltori non hanno caseggiati speciali destinati all’ allevamento dei bachi e perciò devono utilizzare ogni spazio disponibile delle loro abitazioni. Se per le prime età basta anche un B Fig. 4. A. Caminetto Susani per la ventilazione e riscaldamento. B. Spaccato del suddetlo : a. Caminetto; b, canale laterale; c. camino; d. valvola. piccolo locale, purché sia fornito di uno o 1’ altro dei mezzi di riscaldamento, per 1’ ultima età e per la salita al bosco devesi avere tanto spazio da misurare circa 100 metri cubi per ogni oncia di seme allevato. Ogni corridoio, ogni stanzuccia ed anche la soffitta potrà venire utilizzata, basta che vi sieno aperture, cioè porte e finestre per una buona ventilazione. Le soffitte sono buonissime per 1’ ultima età, quando sono suffi-centemente alte da non essere riscaldate troppo nell’ora del massimo sole. Specialmente le soffitte con tetto di paglia, sotto il quale regna una temperatura più costante che non sotto il tetto di tegole, si prestano benissimo per allevare i bachi innanzi nello sviluppo. Nelle regioni del Caucaso, della Persia e dell’Asia centrale si costruiscono di solito nel mezzo dei vigneti apposite capanne per allevare i bachi nell’ ultima età, che portano il nome di Chilibar o Tilimbar. Tronchi greggi o rozzamente lavorati, conficcati nel suolo sostengono una costruzione a foggia di tetto, sotto cui è l’ambiente d’allevamento. Il pavimento è fatto di sole traversine e sopra queste, alla distanza di 50 a 60 cm, sono applicate altre traversine su cui deve stare la persona che ha da ammanire la foglia ai bachi con frasche intere come si usa per l’allevamento sui cavalloni ad uso friulano. Per Fig. 6. agevolare questa operazione l’o- Caminetto in terra cotta smaltata in uso peraio sale sopra un tavolo ino- nel Trentino, bile e poggiante nel mezzo delle seconde traversine da dove distribuisce obliquamente le frasche ai bachi sottostanti. Una scala levabile dà accesso a questo piano superiore e tutto attorno di questo si possono disporre stuoje od intrecciare paglia di riso per riparo dei venti e della pioggia; d’altronde tale riparo viene spesso risparmiato perchè lo spiovente del tetto si protende tanto verso il basso da proteggere sufficientemente I’ ambiente sottostante dalle intemperie della stagione. Le misure più adatte per allevare un’oncia di seme bachi in queste capanne sono di 4 m per larghezza e di 9 ni per la lunghezza ; i pali greggi sostengono il primo piano a 2 ni da terra ed il culmine del tetto è5m alto, fig. 10 a pag. 12. Simili Tilimbar si hanno sperimentato con eccellente risultato non solo nei dintorni di Napoli ma anche nella Toscana, e noi crediamo che meritino una prova nell’ Istria e Dalmazia, ove gli allevatori, per mancanza di locali, usano accumulare troppi bachi in uno spazio assai ristretto con non poco pregiudizio al buon esito finale dell’ allevamento. Ove manca il legno si potrebbe costruire capanne a muro secco ed in pietra greggia, otturando gli interstizi con muschio o terra simili a quelle che usano i pastori nell’ alta montagna, e coprendo il tetto se non con paglia con lastroni o pietra. L’ allevamento in queste capanne si potrebbe condurre col metodo friulano, e siamo convinti che dovrebbe riescile e spesso meglio che nei caseggiati ove si limiterebbe la cura dei bachi alle prime quattro età. L’ utilizzare ogni spazio disponibile nei caseggiati per le prime e-poche d’ allevamento e trasportare poi questo in apposite capanne permetterebbe da una parte di aumentar la produzione dei bozzoli e di sostituire d’altra parte le costruzioni delle grandi bigattiere, che nei tempi addietro i grandi possidenti solevano erigere, ma che oggi sono quasi abbandonate per la ragione che l’allevamento riesce meglio in piccolo che in grande, essendo esso più casalino che indastiiale. Fiß. T Caminetto in ghisa in uso nel Trentino. — 11 2. La pulizia e la disinfezione dei locali e degli attrezzi che servono all’allevamento dei bachi. Un’antichissima credenza spiega l’insorgere ed ih propagarsi di certe malattie dell’ uomo coll’ ammettere 1’ esistenza di esalazioni dal corpo di ammalati o dal suolo di regioni paludose oppure da sostanze in putrefazione, le quali esalazioni, diffondendosi per 1’ aria, vengono inspirate dall’ uomo sano e Io ammorbano. Ancora di recente le febbri palu-do:e si ritenevano prodotte da siffatte esalazioni, caratterizzate col nome Fig. 8. Focolai) con cappa in lamerino i.i uso nel Trentino. Fig. P. Focolaio con cappa in mattoni in uso nel Trentine, di miasmi o di malaria. E più d’uno ricorderà come in tempi dell’infierire del colèra, per scacciare o distruggere questi miasmi particolari, si facevano nelle case fiammate e sulle pubbliche vie grandi fuochi con legni resinosi, in ispecie col ginepro, convinti che questi suffumigi fossero tanto più efficaci, quanto più molesti si palesassero al naso ed agli occhi della popolazione impaurita. Ancora ai tempi odierni, alcuni bachicoltori, imbevuti di questa credenza, vogliono combattere con suffumigi o con aceto, il morbo che dimezza i loro allevamenti, ritenendo per analogia risiedere nell’aria la 12 — sua origine. Il progresso odierno della scienza potè invece scoprire, che tante malattie che colpiscono 1’ uomo e gli animali, quindi anche il baco da seta, sono cagionate da microorganismi, i quali, sospesi che sieno nell’ aria, trovano con questa il modo di diffondersi e riprodurre il male. Non si può quindi attribuire tutto il torto ai suddetti bachicoltori se, credendo ai miasmi dell’aria, tentavano di distruggerli; soltanto i mezzi per raggiungere lo scopo non potevano chiamarsi efficaci. Ai suffumigi si è sostituita al giorno d’oggi la disinfezione, parola che è sinonimo di distruzione degli organismi, che sono causa di malattie infettive. E come contro le malattie dell’ uomo, così anche in ba- Fig. io. Tilimbar. chicoltura, questo metodo trova larga applicazione e viene eseguito con mezzi vari. Le malattie principali del baco derivano tutte da microorganismi che da veri parassiti uccidono il baco che li alberga *). I medesimi si diffondono e si propagano non solo durante l’allevamento ma, conservando la loro vitalità da un anno all’ altro, possono riprodurre il male negli stessi ambienti ove comparvero l’anno innanzi. È cóntro questo pericolo che il bachicoltore può lottare con speranza di successo mediante la disinfezione. Prima ancora di effettuarla, *) 1 microorganismi che sono causa della Pebrina, del Giallume e del Calcino sono ormai bene studiati ed è constatata la loro trasmissibilità da individuo malato a quello sano. Per la flaccidezza c la macilenza invece le cause non sono bene chiarite ; il modo di propagarsi delle medesime non lascia però alcun dubbio, che esse sieno di natura infettiva; anzi noi, per certe forme particolari che si scorgono nei tessuti del sistema digerente, le reputiamo provocate probabilmente da protozoi. - 13 — devesi, con un lavoro di scrupolosa pulizia, allontanare dalla bigattiera e dagli attrezzi, con mezzi meccanici, il sudiciume aderente dopo finito Fig. li. Pulizia di una casa giapponese avanti il principio degli allevamenti. 14 — l’allevamento. Questo sudiciume, composto di polvere, escrementi, residui di foglia, cadaveri spappolati e poi essiccati, ecc. imbratta ogni cosa ed è causa precipua della ricomparsa del male negli stessi locali nell’anno seguente. Si devono fare profuse lavature, immergendo gli attrezzi, se mai possibile, in acque correnti ed esponendoli per più tempo alla pioggia e poi al pieno sole, che è pure un disinfettante efficace. Queste lavature sono da farsi tosto finiti gli allevamenti e da ripetersi avanti che questi abbiano principio. Se eseguite a dovere, esse sono da para- Fig. 12. Disinfezione degli attrezzi con cloruro di calce a Campocroce di Mogliano Veneto. gonarsi quasi ad una buona disinfezione, e sono tenute in grandissimo conto dai giapponesi, un popolo per eccellenza amante della pulizia. È degna di essere segnalata ad esempio la solerzia con la quale quei bravi bachicoltori accudiscono ai relativi lavori : la casa viene messa sottosopra, tutte le masserizie allontanate, le stuoje, che costituiscono il pavimento, sbattute con canna d’India o bambù per allontanarne la polvere penetratavi; altrettanto si fa con i graticci i quali, arrotolati, sono poi portati ad un fiume o canale per essere lavati ed infine asciugati al sole ; anche l’interno, tavolato e pareti, e non meno che l’esterno e persino il tetto della casa ove si allevano bachi viene spolverato e lavato, e tutto questo lavorio vien fatto con una cura che dimostra la piena convinzione che colà si ha della sua utilità, fig. 11. Le lavature possono rendersi più perfette o più efficaci impiegando anziché acqua, lisciva bollente o soluzioni del |2°/o di soda; alcuni adoperano un latte di cloruro di calce al 5 o/0, col quale spalmano ogni cosa. Anzi si fanno vasche apposite, tanto grandi da poter immergere nella poltiglia o latte di cloruro di calce parecchi graticci alla volta, che ■<- I. GENERALITÀ. Per allevare il baco da seta è indispensabile di avere dei gelsi, la cui foglia forma 1’ unico alimento del prezioso insetto *). Molte regioni, adattissime alla bachicoltura, o mancano affatto di gelsi, oppure ne hanno in numero troppo limitato e non corrispondente alla superficie del terreno coltivato, nè alla popolazione rurale, che potrebbe dedicarsi a questa lucrosa industria agraria. In altre regioni invece, dove questa industria è già fiorente e le piantagioni di gelsi abbondanti, havvi sempre bisogno di rinnovare gli alberi vecchi e decrepiti, o quelli malandati o morti per una causa o I’ altra. Crediamo perciò cosa utile di esporre anzitutto quali norme deve seguire chi vuole fare impianti di gelsi, per ottenerli sani, robusti e di sollecito accrescimento, e quindi più pronti ad essere utilizzati a profitto della bachicoltura. Due sono le specie di gelsi che si riscontrano nelle nostre regioni : 1) il gelso nero (Morus nigra) e 2) il gelso bianco (Morus alba). La coltivazione del primo risale a tempi antichissimi, nel mentre il secondo venne introdotto nei paesi sericoli molto più tardi cioè nel XV secolo, ed è quello che, per essere assai produttivo e di facile adattamento ad ogni terreno, nonché per la sua foglia più appetita dai bachi, è attualmente il solo che si coltiva per l’allevamento dei bachi. Di questo gelso bianco esistono molte varietà e sottovarietà, e sarebbe troppo lungo il volerle qui enumerare e descrivere. Basti dire che si deve dar sempre la preferenza a quelle varietà del gelso cosidetto moro, che non producono frutto {more) o ne producono soltanto in piccola quantità, e che *) Un succedaneo del gelso è la Maclura aurati tinca; ma te spine di cui ne sono provvisti i rami, rendono impossibile la sua utilizzazione. Oltracciò la vegetazione di questa pianta è molto più lenta che quella del gelso. La Scorzonera hispanica, tante volte provata in Germania c in Russia, non diede risultati incoraggianti. — 142 - hanno la foglia liscia e lucente, ampia, intera, cioè non frastagliata, con nervature alquanto consistenti, ed infine non acquosa. Le varietà più preferite in questo senso sono sopratutto il moro trevigiano, poi la limoncina, cedrona o arancino, la giazzuola di Toscana o la rosa di Verona ed infine la varietà Motta. Il gelso moret-tiano, il filippino, il Cattaneo nonché il Lhon, dànno foglia più grande, però più acquosa. Le ultime tre varietà possono moltiplicarsi a mezzo di semplici talee, nel mentre tutte le altre devono essere innestate su piantine di gelsi selvatici (bianchi) ottenuti da seme. Il gelso selvatico bianco, detto di mora madre, cioè quello derivante da piante da seme non innestate, ha una foglia molto più piccola e molto frastagliata, di Fig. 131. Foglie di diverse varietà del gelso: a selvatico, b moro, c Motta, d Cattaneo. cui produce poca quantità ; esso germoglia di solito prima delle altre varietà e la sua foglia, quando è ancor tenera, viene preferita come cibo nelle prime età dei bachi, mentre quando matura indurisce e la si ritiene allora meno digeribile. Nella fig. 131 veggonsi rappresentate foglie di gelso di varietà diversa, nella loro forma tipica. L’allevatore dei bachi deve dare speciale importanza alle varietà di gelsi precoci. Avendo nei propri impianti un certo numero di gelsi a vegetazione precoce, egli può antecipare gli allevamenti e così sfuggire ai grandi calori tanto perniciosi ai bachi. Fra le varietà suesposte le più precoci sono, oltre al gelso selvatico, il gelso Cattaneo e la varietà Motta. Si potrà avere della foglia precocemente, cioè qualche giorno prima del solito, piantando dei gelsi in posizione favorevole, esposta a mezzogiorno, — 143 - oppure lungo i muri, a riparo dai venti, ed infine coltivando i gelsi a forma nana (a cespuglio, a siepe ecc.). Il gelso può essere propagato per seme, per propaggine e per talea. ma meglio di tutto per seme, perchè con questo si ottengono piante meglio conformate, più robuste e di maggior durata. Ma siccome col seme di solito non si riproducono i caratteri della pianta madre, per ottenere esattamente la varietà desiderata, le giovani piantine devono assoggettarsi all’ innesto. Colle talee e propaggini si ottengono direttamente le volute varietà, senza ricorrere all’ innesto. Però da queste non si ha quasi mai un regolare sistema radicale, per cui le rispettive piante riescono meno robuste e facilmente vanno soggette al marciume delle radici, una delle più micidiali malattie del gelso. Però un’ eccezione devesi fare in questo proposito, cioè le talee e le propaggini della varietà Cattaneo o filippina, sono invece assai resistenti al marciume e perciò vi si innestano sopra le varietà nostrane, che riescono così più durature. II. SEMENZAIO E VIVAIO. Anzitutto occorre procurarsi un buon seme, che ogni agricoltore può anche prepararsi da sè, nel seguente modo : Si raccolgono i frutti {le more) ben maturi di un gelso sano, robusto e ben sviluppato, il quale possibilmente non sia stato sfrondato da due anni almeno. Questi frutti vengono riposti in uno staccio a maglia fitta e quivi soffregati e spremuti fra le mani e lavati in abbondante acqua, fino a liberare i semi dalla polpa, in cui sono avviluppati. I semi si asciugano poscia all’ ombra e quindi si conservano in un ambiente secco, entro vasi di terra smaltata o di latta, mescolandoli prima con della sabbia bene asciutta o con della torba in polvere. Un chilogrammo di seme è pari a 2 litri in volume. Ci vogliono da 500 a 600 semi per formare un grammo. 11 seme perde il suo potere germinativo nel secondo anno. La semina sarà perciò da farsi nella primavera, che segue la raccolta del seme, e precisamente nella prima decade di maggio. Pel semenzaio si sceglierà una posizione abbastanza soleggiata, in prossimità a depositi d’acqua ed un terreno piano, piuttosto fertile e sciolto, cioè ricco di sabbia. Il terreno dev’ essere previamente lavorato in autunno avanzato od al principio della primavera a 30-40 cm di profondità e concimato con buono stallatico, ben decomposto. 11 terreno, così preparato, si divide in aiuole larghe 70 cm lasciando fra 1’ una e 1’ altra una stradella di appena 30 cm, destinata al passaggio del lavoratori. Nelle aiuole si fanno dei solchi o fossette in direzione trasversale, cioè perpendicolare alle stradelle, profonde 3-4 cm e distanti una dall’ altra circa 30 cm. In queste fossette si semina uniformemente a riga, in modo di adoperare per ogni metro quadrato di terreno da 4 a 5 grammi di seme ; di questo germina di solito appena la metà. Il seme si ricopre con un leggerissimo strato di terriccio, fattovi cadere attraverso uno staccio, spargendovi sopra da ultimo un po’ di paglia trita o foglie secche per riparo dai cocenti raggi del sole. Dopo 2-3 settimane nascono le pianticelle, le quali, non appena hanno mostrato le prime tre foglioline, devono venir diradate per modo, che si trovino a circa 6 cm di distanza 1’ una dall’ altra. Va notato, che dalla semina alla nascita, deve innaffiarsi il semenzaio almeno ogni due giorni; più tardi l’innaffiamento si pratica soltanto nel caso, che il terreno, per mancanza di pioggie, minacci di seccarsi soverchiamente. Al semenzaio si prodigheranno inoltre tutte quelle cure, p. e. coperture contro il sole, sarchiature e mondature dalle malerbe ecc., come usasi per semenzai di alberi fruttiferi o forestali. Nell’ anno seguente alla semina, e precisamente nel mese di marzo, le piantine meglio sviluppate vengono trapiantate dal semenzaio nel vivaio o piantonaio. Le piantine meno sviluppate si lasciano nel semenzaio ancora un anno, tagliandole colle forbici a fior di terra. Il vivaio o piantonaio si farà in posizione piana, possibilmente riparata dai venti. Il suolo dovrà essere di fertilità media, non però troppo argilloso, nè eccessivamente sabbioso, precedentemente lavorato con uno scasso di 50-70 cm. Spianato e rastrellato il terreno, si formano delle aiuole larghe 2 ni e divise una dall’ altra da stradelle di 30-40 cm, che permetteranno la necessaria lavorazione del suolo. Le piantine si collocano in file distanti una dall’ altra 50 cm, e per ogni aiuola si formano 4 file distanti fra loro del pari 50 cm. Alle piantine, prima di trapiantarle, si taglia il fittone (cioè la radice principale) a circa 15 cm sotto il colletto; sopra il colletto si lasciano due o tre gemme soltanto. Se le radici sono molto secche, si immergono in una poltiglia formata di acqua, sterco vaccino e terra argillosa. Il piantamento nel vivaio si fa quando il terreno è asciutto ed il tempo mite. Nella direzione delle aiuole si scavano deile fossette di circa 20 cm di profondità, piantando quindi i gelsi alla suddetta distanza di 50 cm, tenendoli verticali e comprimendo colle mani terra fina contro le radici. Se, dopo il trapianto, il tempo fosse troppo asciutto, si inaf-fierà di quando in quando il terreno. Più tardi non occorrono che frequenti vangature o zappature per tenere sempre mondo il suolo dalle male erbe. Dato il caso clic il tempo fosse troppo piovoso e non permettesse l’impianto, si conserveranno piantine già tolte dal semenzaio od 145 — eventualmente ritirate da fuori anche fino a maggio, interrandole in sabbia asciutta, in un locale fresco. Fig 132. Preparazione del vivaio per l’innesto Le piantine del vivaio, fig. 132, lasciate crescere spontaneamente, in capo ad un anno raggiungono un tal grado di robustezza, da poter procedere al loro innesto. Tralasciamo di descrivere dettagliata-mente i vari metodi d’innesto, cui possono assoggettarsi i gelsi, poiché sono identici a quelli usati anche per le piante fruttifere. Però vogliamo tuttavia esporre una modificazione dell’innesto sotto corteccia, che recentemente viene preferito da chi si dedica alla coltura di vivai di gelsi, perchè di sicura ripresa e perchè il taglio fatto al sito del-l’innesto si rimargina bene e presto, senza lasciare la menoma traccia di ferita. Siffatto innesto sarà da farsi in aprile o maggio nella seguente maniera : Scalzato il giovane gelso così da metterne allo scoperto il colletto, lo si taglia un po’ obliquamente alquanto al di sopra delle prime radici, fig. 133. Si prende poi all’estremità del taglio con due dita la corteccia per modo da staccarla e sollevarla alquanto, senza che screpoli o si fenda ; entro la fessura così ottenuta si fa penetrare a f!d$ |6, Fig. 133. Innesto sotto corteccia modificato a, gelso selvatico da innestarsi, colla corteccia sollevata in b. c, marza tagliata a becco di clarinetto in ri e raschiata in e. a,, gelso già innestato in bu colla marza ct. la marza o talea. Questa dovrà portare preferibilmente un occhio solo e sarà tagliata a becco di clarinetto; la parte opposta a questo taglio verrà leggermente raschiata con un coltello tagliente e liberata così dalla sottile corteccia bruna, in modo da lasciar vedere lo strato verde sottostante. La talea così preparata viene quindi cacciata nell’ apertura suddetta, per guisa che il taglio combaci colla corteccia; e la parte raschiata col legno del gelso da innestarsi. Fatto l’innesto, si copre la buca attorno Fig. 134. Vivaio di gelsi innestati. il gelso, premendo alquanto la terra e mantenendo fuori terra la gemma della talea innestata. In climi favorevoli ed in suolo fertile, già dopo il primo anno d’innesto si potranno avere dal vivaio o nestaiuolo piantine innestate abbastanza robuste da essere atte al trapianto, fig. 134. Anzi è preferibile di trapiantarle non più vecchie di un anno per ottenere un palco meglio formato e di più rapido sviluppo. La coltura dei gelsi nel semenzaio e quindi nel vivaio richiede una certa abilità ed esperienza, che il semplice agricoltore raramente possiede; perciò egli preferisce di acquistare i gelsi già innestati, per poi piantarli a dimora stabile. Ili. IMPIANTO DEL GELSO A DIMORA STABILE. Il gelso è una pianta, che si accontenta anche dei terreni meno fertili e richiede, una volta adulto, pochissime cure. Però dall’epoca del suo impianto fino all’ età in cui può essere sfrondato, deve tuttavia essere tenuto e curato con una certa attenzione che, se viene omessa, compromette I’ avvenire della pianta e quindi del raccolto della foglia. Dove qualunque altro albero alligna, colà, anche il gelso si trova bene. Si eviterà però di piantarlo in siti troppo ombreggiati, in troppa prossimità di corsi d’acqua o in terreno molto roccioso o sassoso, dove manca la terra o dove il sottosuolo è sterile o troppo superficiale, oppure acquitrinoso ed in generale dove altre piante, in ispecie gli alberi fruttiferi, deperiscono in breve. Il meglio sarà di destinare il terreno prescelto esclusivamente alla coltura del gelso, e di farne così un vero gelseto, il quale, allorché le piante saranno grandi, lasciando crescervi l’erba, potrà anche servire da prato perenne ; però per avere un gelseto di lunga durata è necessario di fare gli impianti dei gelsi a grandi distanze uno dall' altro. Nelle località ove I’ agricoltura è intensa e dove il prezzo dei fondi coltivabili è elevato, si potrà utilizzare il terreno tutto all’ ingiro dei campi e lungo le strade, le vie campestri ed i fossi. Adatti alla gelsicoltura sono anche i piccoli appezzamenti in pendìo o scoscesi, meno fertili, e perciò inservibili ad altre coltivazioni. A lche in vicinanza di caseggiati si potranno piantare alcuni gelsi, onde avere la foglia un po’ più precocemente e più alla mano, in caso che minacciasse temporale o pioggia. Per impianti regolari a file, si apriranno delle fosse fino dall’autunno e, quando il tempo lo permette, anche d’inverno, profonde circa 50-70 cm e larghe l'3 m; la terra fertile del soprassuolo si getterà da una parte, separandola da quella sterile del sottosuolo e così pure dalle pietre e ciottoli che si scavassero. Dovendo piantare più file nello stesso appezzamento, si terranno queste alla distanza di 6 metri almeno, scavando per ognuna le suddette fosse. La distanza da gelso a gelso nella fila dovrà essere, per gelsi da potarsi secondo il metodo friulano da 6 fino a 8 m. Una siffatta distanza delle file nonché degli alberi fra loro permette un ampio soleggiamento ed un’ abbondante areazione della piantagione ; le file stesse sarà bene di disporle in direzione da tramontana a mezzogiorno. Per l’impianto di singoli gelsi si faranno le buche quadrate d’ un metro per lato e di 50 a 70 erti di profondità ; volendo risparmiare lavoro c facendo le buche più piccole, gli alberi non prosperano bene ed in- tristiscono, mentre in buche ampie ovvero in un terreno estesamente smosso, in breve raggiungono vigore e possono venire prima sfrondate. Nello scavare le buche si porrà in mucchio lo strato superficiale, separatamente dal resto della terra, ed altrettanto si farà colla ghiaia, le pietre e lo strato del sottosuolo, fig. 135, come si descrisse per le fosse. La preparazione delle fosse e delle buche fino dall’autunno od inverno torna vantaggiosa assai poiché, lasciata esposta la terra alle intemperie, essa diviene più fertile. Nelle regioni calde si potrà fare il trapianto anche d’inverno ; ma in quelle ove la terra gela facilmente, questa operazione sarà da farsi dalla metà di marzo fino alla metà d’aprile, in giornate non troppo ventose, nè fredde, ed in prossimità del luogo d’impianto, si toglieranno da questo le piante nello stesso giorno che si vorrà collocarle a dimora Fig. 135. Spaccato della buca d’impianto : a, strato superficiale ; b, strato sottostante ; c, sottosuolo ; a, b, c, mucchi corrispondenti ai suddetti strati ; d, calcinacci e letame. stabile. Se le piante devono ritirarsi da luoghi lontani, chi le spedisce dovrà bene imballarle con paglia e muschio tutto attorno le radici, acciocché queste non si dissecchino stando all’aria. Dovendo ritardare rimpianto per molti giorni dopo l’arrivo delle piante, queste saranno da conservarsi imballate come sono in luogo riparato, lontano dal sole, nella sabbia, oppure sotterra. Tuttavia si procurerà di piantare i gelsi tosto dopo arrivati, e non si trasporterà sul terreno che quel numero di gelsi, che può venir piantatoi entro la giornata. I gelsi per l’impianto a dimora stabile devono avere un tronco di oltre 2 cm di grossezza e di almeno 1 V2 metri di altezza, misurata dal suolo fino al sito ove comincia la corona, la quale dovrà già essere iniziata da tre o quattro robusti rami di un anno. Se si avessero da piantare gelsi subito dopo il primo anno d’innesto, ciò che è preferibile, si dovranno potarli a 1 V» m circa d’ai- tezza, lasciandovi all’ estremità solo 3 a 4 gemme ed allontanando le rimanenti gemme sottostanti, affinchè la forza vegetativa si concentri tutta sulle suddette. Arrivato il giorno destinato per l’impianto, si dissoda un po’ il fondo della buca e poi si conficca nel suo centro un palo appuntito alla base ed abbruciacchiato per quel tanto che dovrà stare in terra o poco più, affinchè abbia maggior durata ; assai vantaggioso sarà inoltre di incatramare la sua estremità. Su questo palo si fa un segno colla talee nel sito che corrisponde al livello del suolo circostante. Fig. 136. A, Tronco del gelso; B, sito dell’innesto; C, coltello; D, fittone; E, radici principali ; F, rr.dici secondarie o laterali; G, radici capillari; J, linee indicanti il taglio razionale delle radici, mentre H sono le linee, che denotano un taglio verticale e perciò male eseguito, che difficilmente si cicatrizza e rimargina, quando fatto su radici grosse. Dovendo fare impianti entro fosse, la distanza da palo a palo e quindi da gelso a gelso verrà fissata con pali o cordicelle di voluta lunghezza; un’altra cordicella tesa da un capo all’altro del fosso, lungo la sua linea mediana, permetterà di porre i pali e così pure i gelsi nel voluto allineamento. Ad ogni gelso si taglieranno con un coltello o con forbici bene affilate tutte le radici offese o disseccate, e precisamente un po’ più sopra della parte sana, cioè là ove comincia a sgorgare rumore o latte, di cui sono pregne. Nel fare il taglio, si baderà che esso, per le radici più — 150 - grosse, sia rivolto all’ ingiù, onde facilitare la rimarginazione, che riesci-rebbe difficile, se lo si facesse perpendicolarmente, fig. 136. Questo taglio delle radici dovrà essere però fatto con certa parsimonia, onde restino alla pianta più radici che sia possibile. Mentre un operaio prepara così il gelso, un altro getta nel fondo della buca alcuni dei ciottoli o delle pietre, che da questa fossero eventualmente stati estratti nel-1’ atto di scavarla, quindi aggiunge dei calcinacci, se ce ne fossero, e fatto con tali materiali uno strato di circa 15-20 centimetri, vi si getta sopra della terra che si trovava alla superficie del suolo, cioè di quella più fertile, facendone un piccolo monticello. Non avendo nè ciottoli nè pietre nè calcinacci, converrà porre al fondo della buca addirittura la terra che si trovava più prossima alla superficie del suolo, mescolandola possibilmente con un po’ di letame bene corrotto, mai fresco, perchè questo favorisce lo sviluppo del marciume. Il monticello in parola deve avere un’ altezza tale, che poggiatovi sopra il gelso, questo F‘g- 137< venga a stare col suo col- Iinpianto di un gelso: letto o punto d’innesto a, fittone reciso : a circa 10 centimetri so- b b, monticello fatto con la terra del soprassuolo j| |jve||0 jc| SU0|0 frammista a concime ben corrotto; . . ’ c c, terra del sottosuolo. rispettivamente sopra .1 segno corrispondente del palo tutore. Mediante una legatura si tiene in questo sito il gelso fisso al palo, acciò non si smuova nelle susseguenti operazioni di ricolmatura della buca. Fatto ciò, si aggiunge gradatamente dell’ altra terra, distendendo in pari tempo tutte le radici uniformemente e per guisa, che non si incrocino o tocchino, e coprendole infine con il resto della terra estratta dalla buca, fig. 137. A volta a volta che viene gettata la terra, la si comprime colla mano e poi coi piedi per guisa che non vi rimangano interspazi o vani. Si ricolma poi la buca con la terra del sottosuolo, in modo che questa formi un rialzo di circa 10 centimetri sopra il suolo circostante e si comprime anche questo. Questo rialzo, assieme a tutta la pianta, cederà col tempo di circa 10 centimetri per causa della graduale compressione del terreno e così il colletto verrà a stare al giusto livello. È da notare, che la legatura del gelso fatta provvisoriamente al palo tutore all’ atto dell’ impianto, deve venire sciolta tosto colmata la buca, affinchè non avvenga, che col-1’ abbassarsi della terra, le radici si trovino esposte all’ aria. Per la legatura definitiva del gelso al palo si ricopre il tronco nel sito della legatura o con muschio o con paglia bene compressa, sopra cui si fa la legatura con vimini ; di solito bastano tre legature, una a 30 cm sopra il suolo, 1’ altra all’estremità del palo e la terza alla metà fra queste due, fig. 138, 11 palo stesso non deve eccedere molto la grossezza dell’albero e dovrà finire alcuni centi-metri sotto la corona, cioè sotto le prime ramificazioni. Ove temesi che gli animali o la ragazzaglia guasti il tronco, lo si ricopra per tutta la sua lunghezza con ramicelli di piante spinose. In luoghi as- Fig' 138‘ sai ventosi conviene applicare al palo Gelso dopo il primo anno d’impianto verticale un secondo palo di sostegno con palo di sostegno e con due getti . ... , ... nuovi n n, a ciascuno dei tre rami; inclinato contro il vento dominante, per-- p p> indica la distanza alla quaIe si chè presenti resistenza e mantenga il deve tenere monda la terra tutt' ai-gelso diritto. l’intorno del gelso. In paesi ove havvi mancanza di pali l’impianto potrà farsi anche senza questi nella seguente guisa : Il monticello di terra, su cui ha da poggiare il gelso nella buca, viene fatto alla voluta altezza ; poi un operaio tiene il gelso fermo al posto, per modo che il colletto resti a circa 10 cm sopra il livello del circostante suolo, mentre un altro operaio distribuisce le radici e vi getta sopra terra e la comprime coi piedi, fino a che il gelso sta da sè. L’ o-perazione è la stessa come se si usasse un palo, solo questo è sostituito temporariamente da un operaio. Osserviamo però, che il palo di sostegno è indispensabile se si vuole avere un tronco diritto ed una corona ben formata, soprattutto se nella regione domina forte vento. Relativamente alle ulteriori cure da prodigarsi ai giovani gelsi, conviene ora far distinzione tra gelsi destinati ad essere sfrondati e quelli da assoggettarsi alla potatura annuale per la raccolta dei getti frondosi secondo il metodo friulano. Al gelso che dovrà essere sfrondato, dopo piantato a dimora stabile, si lasciano solo da 3 a 4 rami, dei meglio disposti, che vengono potati a sole 3 gemme, cioè a 20—30 erti dal tronco, ed anche a 4 gemme, se la robustezza della pianta lo comporta. I! taglio ai rami deve essere fatto con falci, coltelli 0 forbici bene taglienti, obliquamente verso il tronco, lasciando sopra la gemma un po’ più di mezzo centimetro di legno, per modo che essa poggi per tutto il suo percorso sul moncone del ramo; la gemma stessa deve essere rivolta all’ infuori e mai verso l’interno dell’albero, e ciò per evitare che 1 rami si incrocino e contorcano. Nel primo anno d’impianto, fig. 138, la terra deve essere tenuta monda dalle malerbe, un metro circa tutto attorno il gelso, il che si farà con almeno due sarchiature cioè in maggio ed in agosto ; su questa terra non si dovrà coltivare nessun seminato, onde non impoverire il suolo a scapito del giovane gelso. Dal maggio impoi fino all’ autunno si allontaneranno tutti i polloni o succhioni, ovvero i getti rimessiticci, che sortissero dal tronco, dalla corona in giù, e principalmente dal colletto. Visitando le nuove piantagioni di frequente, sarà facile di distaccare i getti inutili fino che sono giovani con una semplice pressione deliedita; trascurando questo allontanamento, detto anche la scacchiatura, e lasciando divenire questi getti grandi e legnosi, si potranno sopprimere soltanto con potature rasenti il legno vecchio. Anche nel secondo anno d’impianto, fig. 139, si dovrà tenere libera Fig. 139. Gelso potato nel secondo anno d’impianto ; C, Palco o corona con sei speroni; z z z, tre speroni esterni lasciati, se il gelso era debole ; n n n, speroni interni tagliati, se il gelso era debole. - 153 - dalle malerbe la terra attorno il gelso. Siccome il suo tronco ingrossa d’ anno in anno, sarà pure necessario di rinnovare le legature con altri vimini. La potatura primaverile sarà da farsi in marzo su ognuno dei getti dell’anno antecedente, raccorciandoli per guisa, che non siano più lunghi di circa 20 centimetri : si otterrà così un palco od una corona portante 6 speroni, ognuno colla gemma superiore o più estrema rivolta all’ infuori. Se i getti mancassero di vigoria e fossero deboli, se ne lascierà Fig. 140. Fig. 141. Gelso con i getti nel terzo anno d’impianto. Gelso potato nel terzo anno d’impianto a a a, siti in ove deve farsi la potatura C, Palco o corona del detto gelso, vista dei gelsi. di sopra. uno solo ad ogni ramo, e precisamente di quelli guardanti all’ esterno e più robusti, e così il palco sarà fornito solo di 3 speroni. Durante la vegetazione si sorveglieranno i nuovi getti, allontanando gli inutili finche son teneri, come si fece nel primo anno d'impianto. Nel terzo anno si procederà come nel secondo, raccorciando ogni ramo per due terzi della sua lunghezza, fig. 140 e 141. Tale potatura si farà possibilmente in modo, che tutti i rami sieno recisi ad eguale altezza, formino cioè un piano quasi orizzontale. Tutti i getti che si fossero disseccati, che vegetassero intristiti o contorti, che si incrociassero con altri, oppure che fossero rivolti verso l’interno del palco, saranno in tutti i casi da recidersi vicino al legno vecchio. Le altre cure e così pure la sarchiatura del suolo si eseguiranno in egual guisa, come si disse più sopra per i gelsi nel secondo anno d’impianto. Attorno il colletto del gelso si dovrà scalzare la terra e recidere fino alla base tutte le radi-chette troppo superficiali ; altrimenti, cioè lasciandole, si essiccherebbe Palco di un gelso potato nel quarto anno d’impianto veduto di sopra. durante i calori estivi compromettendo la buona vegetazione della pianta. Dopo il quarto anno d’impianto, procedendo come negli anni antecedenti, si otterrà un gelso, fig. 142, avente 24 speroni e che potrà essere già sfogliato, però soltanto parzialmente, affinchè non se ne risenta troppo; meglio sarà, sopratutto in terre magre, di non principiare la raccolta delle foglie prima del 5° o 6° anno dopo l’impianto. Per la coltura del gelso secondo il metodo friulano, le piantine devono restare nel vivaio ad ogni modo due anni, avendo cura che formino quattro getti o rami. Dopo il trapianto, questi si poteranno a sperone corto di soli 3 a 4 cm allo scopo che il palco rimanga più basso. Nel primo anno, i getti secondari, che sortono durante il maggio, dovranno venir recisi già nel corso del giugno, lasciando per ognuno — 155 uno sperone corto, avente una o due gemme. Questo metodo di potatura estiva, consistente nel lasciare dei cortissimi speroncini attorno la base di ogni getto primario, assicura in avvenire un’ abbondante germoglia-zione di getti novelli, e quindi un maggiore raccolto, e contribuisce in pari tempo ad una buona conformazione della corona. Nel secondo anno dell’ impianto, i gelsi coltivati secondo il metodo friulano non abbisognano di nessuna potatura, devono cioè esser lasciati a se stessi, salvo di allontanare i succhioni ed i getti inutili. Nel terzo anno infine questi gelsi si assoggettano alla fine di maggio od al principio di giugno ad una potatura assai corta, cioè a speroncini cortissimi. E’ da questi speroncini che si formeranno nell’ anno seguente, cioè nel quarto dall’ impianto, i getti che daranno la prima raccolta di foglia. Gli altri lavori culturali nei singoli anni, come ad es. la zappatura, la rimondatura dei rami disseccati, contorti, incrociantisi, ecc., saranno da eseguirsi parimenti, precisamente come si disse per la coltura dei gelsi da sfrondarsi. Più sopra accennammo, che per gelsi tenuti col metodo friulano, anziché tre getti, conviene lasciarne quattro fino dal primo anno d’impianto, per cui nel secondo saranno da lasciarsi 8, nel terzo 16, nel quarto 32 speroni, operando la potatura a speroni sempre più corti, affine di non innalzare troppo il palco e rendere così più facile la raccolta della foglia. In terreni magri si potrà però fare il palco di gelsi, tenuti col suddetto metodo, conservando nel 1° anno tre soli speroni corti, che nei seguenti anni si poteranno ognuno a due speroni corti, precisamente come scorgesi nelle figure 138 fino 142. IV. POTATURA DEL GELSO ADULTO. Qualsiasi metodo di potatura si adotti, il gelso adulto ha bisogno ogni anno in primo luogo di una mondatura. Questa viene eseguita durante il tardo autunno e d’inverno in giornate miti, nonché d’estate, dopo la raccolta della foglia. Essa ha lo scopo di allontanare tutti i getti secchi, spezzati, guasti o deboli e così pure gli inutili e molesti per il regolare accrescimento della pianta. Per avere il tronco liscio, si. recidono fino alla base tutti i polloni o succhioni e così pure i rami più grossi che fossero offesi o secchi, e per ciò fare si usa la falce o le forbici ed anche la sega, se i rami da allontanarsi avessero maggiore grossezza. Dopo il 5.° o 6.° anno d’impianto, cioè dopo che si avrà principiato la raccolta della foglia, la potatura del gelso, propriamente detta, sarà da farsi con un triplice scopo, cioè: 1. di conservare alla corona dell’albero quella forma regolare che acquistò dopo rimpianto; 2. di avere molta e buona foglia e pochi frutti e 3. infine di favorire un buon accrescimento e di assicurare una lunga esistenza alla pianta. Un gelso, che mediante la potatura ha conservato od acquistato una forma regolare, produce più foglia, la quale a sua volta si può raccogliere più facilmente e sollecitamente, e quindi con poca perdita di tempo; la foglia, dopo la potatura, si fa più grande, meno frastagliata, più nutriente; i getti novelli si sono allungati e non portano frutti o assai pochi, e a l’albero infine diviene rigoglioso e di più lunga durata. La potatura può farsi in varie guise. Per climi caldi e da preferirsi quella annuale, che permette, l’asporto intero dei getti fronzuti ; per climi meno caldi si potrà farla alternatamente, cioè in due tempi ; entrambi i metodi sono descritti più sotto, ove trattasi della raccolta della foglia. In molte località la potatura si fa però ogni due, tre ed anche quattro e perfino ogni dieci anni, recidendo nel marzo i getti per modo da lasciare degli speroni di 10 a 15 centim., fig. 143, dai quali si sviluppano germogli, che non ven- /r/rgeu7die'd7v'on7Vcnire'rilón.a^t'i'.'"'' ' «0n0 sf°gliati- 1113 clle si la’ sciano crescere perchè formino i getti per 1’ anno seguente. Questo ultimo modo di potatura però non è raccomandabile che per regioni piuttosto fredde. Con esso cioè si ottiene una troppa copiosa ramificazione dei getti, la quale rende difficile la raccolta della foglia ; 1’ albero poi fruttifica abbondantemente ed acquista forma irregolare, cui non è agevole di rimediare. Sia che si faccia la potatura ogni anno, oppure ogni 2°, 3°, 4° od anche ogni 10° anno, si dovranno in pari tempo tagliare del tutto anche quei getti o rami, che fossero sortiti dal legno vecchio, che ingombras- Fig. 143. Potatura del gelso adulto eseguita in marzo : n cnorrini Ha ni! cnrtirnnnn i mmvi aprmntrli • sero o che si incrociassero, oppure che fossero così vicini, ad altri rami da compromettere una regolare forma del palco, al quale si deve sempre porre grande attenzione. Si procurerà in generale di fare la potatura in modo di ottenere una giusta proporzione fra il tronco ed i rami e di mantenere queste parti aeree della pianta in equilibrio collo sviluppo delle radici e coll’ età del gelso. Sui rami troppo bassi si lascieranno Fig. 144. Gelso adulto in pieno sviluppo con palco in forma' di vaso. speroni più lunghi, mentre su quelli troppo alti si farà la potatura quasi rasente il legno vecchio, onde così regolare le ineguaglianze nell’altezza e forma dell’ albero. La forma da preferirsi sarà quella di vaso vuoto nel mezzo o di campana rovesciata, acciò vi possa penetrare il sole e circolare liberamente l’aria ed infine sia facilitata la raccolta delle foglie, fig. 144. — 1^ — Se il gelso fosse stato trascurato da lunghi anni e che avesse assunto una grandezza talmente sproporzionata, da rendere malagevole la raccolta della foglia, lo si potrà ridurre a forma più conveniente mediante la scalvatimi, fig. 145, la quale, se i rami da tagliarsi sono molto grossi, chiamasi potatura a capitozzo. La si fa in marzo, recidendo ad eguale altezza i rami secondari del palco, possibilmente in vicinanza al sito da cui partì il ramo dal primitivo sperone, che diede la forma all’ albero, fig. 146 e 147. A quest’uopo si impiega una sega; si taglia con questa il ramo fino alla metà della sua grossezza, prima da una parte e poi dall’ altra, così che i due tagli si incontrino nel mezzo del ramo. Usando questa precauzione, si evita che il ramo reciso, nell’atto di cadere, fenda il legno o laceri la corteccia del tronco ; il taglio stesso sarà da tenersi un po’ obliquo, perchè 1’ acqua piovana possa meglio sgocciolare. La ferita del ramo viene lisciata con un’ ascia o colla falce bene tagliente e poscia spalmata con argilla frammista a sterco bovino, oppure con catrame, o meglio ancora con carbolineum, acciò sia riparata dall’ umidità e non marcisca. Questa spalmatura dovrà rinnovarsi ogni qual volta occorresse. Osserviamo poi, che tutti i succhioni e i getti che si trovassero sul tronco o sui rami, sotto il sito del taglio, sono da recidersi affatto onde impedire che essi, sviluppandosi maggiormente, rendano più difficile l’ulteriore accrescimento regolare del gelso. Dalla corteccia di ogni ramo così tagliato, sortono nella seguente primavera in grande numero vigorosi getti, che devono venire lasciati liberamente vegetare, onde potarli a sperone nel successivo o meglio nel terzo anno. Soltanto quei getti, che fossero troppo vicini l’un all’altro, od altrimenti mal situati, o che si incrociassero, si dovranno allontanare, fintanto che sono teneri e verdi, mediante la scacchiatura, come si descrisse pei gelsi di nuovo impianto. In breve volgere d’ anni un simile gelso, se potato razionalmente, acquista una forma regolare, si ringiovanisce e produce foglia migliore ed in maggior quantità, nonché più facile — 159 a raccogliersi. Non occorre dirlo, che un gelso potato a capitozzo riprenderà più sollecitamente piena vigoria, se viene concimato, come se si trattasse di un albero fruttifero. Raccomandiamo però di non usare per concime dei gelsi i letti dei bachi, nei quali i germi di alcune malattie si conservano da un anno all’ altro, e che quindi si possono propagare colla foglia nelle bigattiere. La suddetta potatura a capitozzo potrà adottarsi anche per singoli rami grossi, offesi dalla carie, o spezzati, od altrimenti ingombranti il Fig. 146. Gelso potato a capitozzo : m m, sito ove vengono potati i rami secondari ; r r, getti, che sono da recidere affatto ; tee, sito ove non si dovrebbero potare i rami, perchè troppo grossi. regolare sviluppo della pianta. Essa però sarà da evitarsi su tronchi assai grossi, cioè oltre i 15 o 20 centimetri, poiché le ferite su questi difficii-mente si rimarginano e da esse ha di solito principio la cancrena, che finisce per distruggere il gelso. Il gelso, per la potatura o sfrondatura che subisce, non apporta sensibile danno alle altre colture ; così il frumento ed altri grani possono 'Fig. 147. Filare di gelsi potali a capitozzo. Fig. 148. Filari di gelsi a c.'ppo basso e loro potatura. vegetare e maturare normalmente, poiché ciò avviene proprio durante 1’ epoca in cui il gelso è stato poco prima spogliato dalle sue foglie c quindi non può gettare che poca od affatto ombra. Nel Goriziano, nel- l’alta Italia, in Francia ed in molti altri paesi, il gelso è piantato in filari tutto all’ingiro dei campi di frumento e mais e si associa benissimo ad altre piante ; sarà però bene di tenerlo lontano dalle viti. Preferibilmente si terrà il gelso ad alto fusto, onde non rechi molestia alla lavorazione del circostante terreno e non sia esposto ad essere brucato dagli animali da lavoro o pascolanti. Tuttavia si potrà piantarlo anche a ceppo basso, per modo che le diramazioni del palco partano un po’ più sopra del livello del suolo, fig. 148. Sul suolo a declivio si potrà alternare con vantaggio una pianta ad alto fusto con una a basso, utilizzando così anche maggiormente lo spazio, fig. 149. Del resto Fig. 149. Gelsi ad alto fusto intercalati da"gelsi a mezzo fusto, lungo una strada. le operazioni d’impianto e la coltura del gelso a ceppo basso sono le identiche come pel gelso ad alto fusto, salvo che per quello non occorre il palo di sostegno. Fin tanto che i gelsi sono giovani, non si dovrà avvicinarsi ad essi coll’ aratro, ma tenersi lontano almeno un metro, per non offendere troppo le radici. 1 gelsi si possono anche piantare in forma di siepe a doppia fila, tenendo le piante a distanza una dall’ altra di mezzo metro ed anche meno. Da queste siepi, sopratutto se addossate ad un muro, si potrà avere la foglia più precocemente ; ciò torna assai vantaggioso, poiché il con essa si può anticipare di alcuni giorni gli allevamenti, quando in aperta campagna la foglia non è ancora bene sviluppata. In buone condizioni di coltura e con una razionale potatura un gelso ad alto fusto dà approssimativamente i seguenti prodotti : A 6 anni di età produce 5 kg di foglia netta » 1 w n » » » „ „ » » a » 25 „ D » Prodotto medio : 35 kg di foglia netta. Gelsi di medio o basso fusto producono circa un terzo di meno foglia, che gelsi d’ alto fusto d’ eguale età ed in parità di condizioni di coltura. La coltura del gelso tende a subire, in certe regioni, delle profonde modificazioni, sulle quali noi, in un apposito studio critico, pubblicato nell’ appendice di questo libro, esponiamo diffusamente il nostro parere. V. RACCOLTA DELLA FOGLIA. La raccolta delle foglie si fa stringendo colla palma della mano la base del getto fronzuto per poi farla scorrere verso la sua estremità. Operando all’ inverso, cioè strofinando o scorrendo colla mano semichiusa il getto dall’ alto al basso, si strappano non solo le giovani gemme, ma si lacera spesso anche la corteccia del getto in tanti brandelli, danneggiandola gravemente, per cui riesce compromesso assai il raccolto susseguente. Per non denudare affatto il gelso, si lasciano all’ estremità di ogni getto alcune foglioline. Per le prime età, quando occorre soltanto poca foglia, si può raccoglierla man mano che si spicca, nel grembiale oppure in cestelli di vimini a manico ricurvo, appesi al braccio. Per avvicinare i rami del gelso, ai quali non si potesse giungere colla mano, torna conveniente di impiegare una pertica, lunga circa un metro o poco più, fornita ad un estremità di una specie di uncino o sperone rivolto all’ingiù, dall’altra munita di 3o4 piedini rivolti all’infuori a guisa di croce forcuta. Collo sperone si avvicina il getto o ramo alla portata della mano, mentre 1’ altra estremità della pertica viene stretta sotto il braccio. In questa guisa ambe le mani sono libere per sfogliare il getto. Per quantità maggiori di foglia è bene usare un sacco di tessuto grossolano, alla cui apertura è applicato un cerchio in legno, tenuto fisso a mezzo di una specie di bottoniera e quindi prontamente levabile. Raccolta della foglia alla friulana ; filare di gelsi visto subito dopo compiuta la raccolta. foglia è usata nella maggior parte dei paesi sericoli la sfrondatura. Però in alcuni paesi con clima piuttosto caldo, così ad es. nel Caucaso, nell’Asia centrale ed in altre regioni dell’estremo Oriente, così in China ed al Giappone nonché nel Friuli, si costuma per tutto il decorso dell’ allevamento di recidere i getti interi del gelso fin vicino al legno vecchio, come si fa pei vimini. Nel tagliare i getti si lascia per ognuno un mozzicone attaccato ad ogni singolo ramo, fig. 150. Alla potatura propriamente detta o mondatura, che si eseguisce tosto raccolti tutti i getti, i mozziconi posti alle estremità superiori dei rami vengono ridotti a corti speroni, che serviranno all’ accrescimento della corona dell’ albero, mentre gli altri mozziconi, situati più in basso vengono recisi quasi rasente al legno vecchio, fig. 151. La mondatura si fa dopo la raccolta dei getti, diremo così per comodità, onde avere maggior Fig. 151. Potatura accurata o mondatura eseguita dopo la raccolta alla friulana. Traverso l’apertura del sacco si può gettare facilmente la foglia man mano che viene raccolta ; due cordicelle, fermate all’ orlo, servono ad appendere il sacco a due rami del gelso e, quand’ esso è riempito, anche a legarlo, allontanando prima il cerchio di legno. Un simile sacco, della grandezza di quelli usati per il grano, può contenere da 15 fino a 20 kg di foglia. Quest’ ultima non deve però venire pigiata, ma soltanto compressa leggermente con la pertica suddetta, ove non si arrivasse a farlo colle mani ; il sacco stesso può venire calato dall’ albero colla detta pertica, per poi scendere più agevolmente dalla scala. Per la raccolta della Fig. 150. tempo a disposizione e poterla eseguire con più cura ; bisogna però ben guardarsi di non ritardarla. In questa guisa la raccolta della foglia è assai sollecita, ciò che è un gran vantaggio, sia per il risparmio della mano d’opera, sia perchè occorre far presto allorché minaccia pioggia; la foglia aderente al getto si conserva più a lungo in istato fresco e, se bagnata, si asciuga presto dopo uno scuotimento che fa cadere le goccie d’acqua aderenti alle foglie dai getti trasportati a casa. La foglia trasportata a casa può venire spiccata colla mano immediatamente avanti il pasto, ugualmente come si procede volendo raccoglierla dall’ albero ; i getti denudati servono poi come legna da bruciare, e possono anche, se sono ancor freschi, o se messi a rammollire nell’ acqua, venir facilmente liberati dalla corteccia, la quale costituisce un eccellente materiale da legatura. La raccolta coi getti interi si potrà farla in climi temperati ed ove la stagione corra abbastanza calda da permettere una perfetta maturazione dei getti estivi ; altrimenti questi potrebbero soffrire per i geli o le brinate autunnali e cagionare una diminuzione del prodotto di foglia nell’ anno susseguente ed anche un sensibile danneggiamento del gelso. All’ incontro in climi piuttosto freddi, il taglio annuale dei getti fronzuti non può essere fatto, ma si deve adottare il primaverile cioè la potatura del marzo, prima ancora che le gemme comincino a gonfiarsi. Soltanto in questa guisa i nuovi getti potranno raggiungere un pieno sviluppo e la completa lignificazione, che li preserverà dai danni di un eventuale freddo troppo precoce. In siffatti climi tornerà però vantaggiosa una potatura alternante o in due tempi, che permetta contemporaneamente anche la raccolta della foglia. Per raggiungere questo intento si procederà come segue. Osserviamo anzitutto, che il gelso, che si vuoi assoggettare ad una simile potatura, deve avere raggiunto il suo pieno sviluppo; un gelso giovane non si adatta a questo scopo, poiché rimarrebbe troppo arrestato nel suo accrescimento. Il gelso adulto viene parzialmente potato la prima volta in marzo, in modo che vicino ad ogni getto, che ha da sviluppare la foglia per 1’ anno in corso, sia lasciato uno sperone a due gemme, Gelso adulto avanti la potatura alternante : r r r, getti per la produzione della foglia a a a, sito della potatura a sperone da farsi in marzo. lungo cioè circa 10 centimetri. 1 teneri germogli, apparsi su questi speroni, non devono venire spiccati o sfogliati, ma lasciati che si sviluppino liberamente alio scopo di assicurare il raccollo nell’ anno prossimo. Al-l’incontro i getti non potati vengono recisi rasente il legno vecchio dopo che hanno sviluppato la foglia. La figura 152 rappresenta un gelso adulto, avanti la prima potatura parziale da farsi nel marzo, ove si scorgono in r, r, r, i getti da lasciarsi, mentre in a, n, a, il sito della potatura, da cui si otterrà lo sperone. La figura 153 corrisponde ad un gelso potato nel modo suddetto e sul quale le foglie si sono già sviluppate sui getti r, r, che nel corso dell’ allevamento verranno recisi in b, b, per la raccolta della foglia, mentre sugli speroni c, c, sono già apparsi i nuovi germogli. Nella figura 154 vedesi un gelso dopo il raccolto dei getti con i soli germogli c, c, sviluppatisi sugli speroni, che serviranno a produrre, tanto i getti pel raccolto della foglia nell’anno susseguente, quanto quelli che nel venturo marzo saranno da tagliare a sperone, ripetendo cioè la potatura alternante testé descritta. Aspetto del gelso assoggettato a potatura alternante, dopo la raccolta della foglia, con nuovi germogli in c c, derivanti dagli spe- Fig. 153. Aspetto di un gelso potato a sperone con fogliame già sviluppato. roni. Durante 1’ estate sarà però necessario di fare una ripetuta scacchia-tura di tutti i germogli estivi, che si sviluppano proprio là ove si tagliò il getto fronzuto, onde così la forza vegetativa dell’ albero si possa concentrare sui getti primaverili c, c. La potatura alternante od a due tempi non spoglia completamente il gelso della foglia e non interrompe la vegetazione ; i germogli usciti dagli speroni fino dal principio di primavera crescono normalmente e maturano bene ; la foglia si fa più grande e si hanno pochissime more o frutti. E notisi poi, che un gelso così trattato acquista una forma regolare, che facilita la raccolta della foglia e favorisce pure il suo rigoglioso sviluppo. Con un po’ di discernimento non è difficile di applicare la suddetta potatura a qualsiasi gelso, per quanto vecchio esso sia e per quanto trascurato od abbandonato fosse stato per lo addietro. Ove c’ è mancanza di foraggi per gli animali bovini, si potrà raccogliere la foglia del gelso a tardo autunno, quando cioè è matura e principia a cadere, però non prima, per non danneggiare la pianta. La raccolta si farà spiccando la foglia dai getti già lignificati, mediante la mano, facendola scivolare dal basso all’ alto di ogni getto, come si operò all’ epoca dell’ allevamento dei bachi. La foglia raccolta si può dare ancor fresca in pasto agli animali o meglio la si conserverà, ben pigiata nei silos, come usasi per altri foraggi verdi, oppure anche entro tini, come viene conservata la vinaccia per la distillazione dell’ acquavite ; assai utile sarà di spargervi sopra a strati qualche manata di sale bovino. VI. NEMICI E MALATTIE DEL GELSO. Fra le piante coltivate, il gelso è forse una delle più resistenti e non tanto soggetta a malattie, nè bersagliata da numerosi nemici, come è il caso p. e. per la vite. Tuttavia ce ne sono alcuni cagionati dal clima ed altri di natura parassitaria che sogliono arrecargli alle volte gravi danni e che perciò meritano di essere qui brevemente ricordati. 1. Il gelo e la brina. Negli inverni eccezionalmente rigidi, il gelso può essere più o meno danneggiato dal gelo ; il danno può limitarsi alle sole gemme, oppure ai rami giovani, od anche estendersi a tutta la pianta. Nei primi due casi, pur essendo perduto in parte o del tutto il prodotto di foglia dell’ annata si salverà la pianta con una corrispondente potatura, eseguita in marzo. Nelle regioni fredde avviene talvolta, che le estremità dei rami non bene lignificate, vengono colpite da freddi autunnali precoci ed allora esse si essiccano ed il prodotto futuro della foglia ne viene diminuito. Forti brinate primaverili possono distruggere la foglia non soltanto dei gelsi a basso fusto, ma anche di quelli ad alto fusto. 11 danno riesce maggiore, se la brina cade in stagione avanzata o se è susseguita da una giornata molto calda. Si potranno prevenire i danni delle brinate mediante le „nubi artificiali“, facendo delle fumate con catrame e paglia umida, come usasi pei vigneti. Un gelso molto danneggiato dalla brina dovrà venir potato a speroni corti, allo scopo di assicurare un buon sviloppo di nuovi getti per la produzione di foglia nell’anno susseguente. Talvolta un taglio a capitozzo gioverà assai a ringiovanire la pianta sofferente. In climi freddi, ed anche in temperati, quando in primavera, dopo spuntate le foglie, sopraggiungono freddi insoliti, anche senza gelo, le estremità o gli orli delle tenere foglioline, e principalmente dei rami più alti, si essiccano ed abbruniscono, come se fossero colpite dalla brina. Talvolta il danno è aggravato dalla circostanza che germogli interi si essiccano assieme a tratti del legno sottostante e quindi delle gemme per l’anno seguente, fenomeno che erroneamente si ritiene dovuto ad origine parassitaria. Se questo si avverasse, bisognerà fare una potatura radicale, come si disse per i gelsi danneggiati dalla brina. Anche la grandine arreca grave danno ai gelsi, ma specialmente ai vivai, cui si cercherà di riparare colla rimondatura dei getti colpiti ed eventualmente con un taglio rasente il suolo per avere nuovi polloni. 2. La rogna o carie. La rogna o carie rappresenta un’ escrescenza spugnosa della corteccia e dello strato legnoso sottostante, il quale gradatamente marcisce, cagionando il deperimento dei rami ed anche del tronco intero. Si manifesta principalmente sui rami grossi o sul tronco e nei siti ove la corteccia è stata offesa da tagli irrazionali oppure sofferse dal freddo, ed è di solito seguita da ingiallimento della foglia. Le parti del tronco affette dal male devono venire asportate con taglio fino a giungere al legno sano, ed i rami rognosi devono essere amputati ; le ferite poi vanno spalmate con catrame o carbolineum. — 168 - 3. Marciume del legno. 11 marciume del legno detto anche cancrena, lupa, è per lo più cagionato da maltrattamenti alla pianta e principalmente da potature a capitozzo mal eseguite sopra rami grossi. Dapprima si osserva, ove la pianta ha profonde ferite, un raggrumarsi di materia gelatinosa, che diviene presto di color bruno e sotto lo stesso sito ne consegue anche un imbrunimento della massa legnosa, che incomincia presto a marcire. Il marciume sotto l’influsso dell’ umidità si propaga lentamente fino al midollo, cioè su tutta la parte centrale del tronco ; questa si decompone rapidamente in una poltiglia bruna e quindi si producono nell’ albero delle ampie cavità, che possono prolungarsi giù giù fino al coltello. Questo male è da alcuni attribuito erroneamente all’ azione di bacteri e denominato perciò bacteriosi. Questa malattia, se trascurata, apporta certo la morte alla pianta. Si potrà però arrestarla nei suoi primordi, allontanando mediante strumento ben tagliente tutto il legno fracido fino a scoprire la parte sana. Il taglio così ottenuto si rimargina bene, se viene dapprima spalmato con una soluzione concentrata di solfato (vitriolo) di ferro e quindi ricoperto con un mastice oppure con una poltiglia di catrame e terra argillosa. Il marciume del legno viene denominato anche gommosi ed è frequente in molti alberi coltivati. 4. Muschi e licheni. In luoghi umidi ed ombrosi i tronchi ed i rami più grossi dei gelsi si ricoprono sovente di muschi e licheni di varie specie, i quali costituiscono una vegetazione verde o giallo verdastra, che danneggia la pianta per 1’ umidità che trattiene. Come usasi per gli alberi fruttiferi, così anche i gelsi dovranno venir liberati da questa vegetazione saprofitica con un’ accurata raschiatura delle parti attaccate, le quali saranno quindi da pennellarsi con una soluzione concentrata di solfato di ferro, ovvero anche con latte di calce frammisto al 2 °/° di vitriolo di rame. 5. Ruggine della foglia. La ruggine (fersa, bruciatura, macchia, seccume) si presenta sulle foglie in forma di piccole macchiette tondeggianti od oblunghe, di colore rosso bruno, con margine più scuro, ed è cagionata da un fungo parassita, denominato Seplogloeum mori, fig. 155. In certe annate piovose questo fungo si sviluppa intensamente già in primavera e fa cadere innanzi tempo le foglie, diminuendone non poco il raccolto. Le foglie ruggi- nose non sono dannose ai bachi, poiché questi ne lasciano intatta la parte ammalata, rosicchiandone soltanto quella sana. Questa malattia .apparisce di solito a stagione avanzata ed allora fa gran danno. La poltiglia cuprocalcica, quale viene usata per combattere la peronospora della vite, giova ad arrestare il male. Però questo rimedio non 10 si potrà applicare che dopo 1’ allevamento del baco, cioè nei mesi di estate, poiché le foglie spruzzate dalla suddetta miscela sono dannose ai bachi. Il trattamento dei gelsi affetti dalla ruggine o fersa, eseguito d’estate od anche d’ autunno, impedisce che il male ricomparisca nella susseguente primavera. In posi- Fig. 155. zione assai umide, male aereate, Ruggine della foglia del gelso. e su gelsi a siepaia od a prato 11 male può farsi così intenso da diminuire non solo il raccolto ma benanche da compromettere la pianta stessa. 6. Marciume delle radici. Il marciume delle radici (bianco delle radici, morìa del gelso, falchetto) è una delle più temibili malattie del gelso, che in certe regioni fa morire un gran numero di piante. Quando in un filare una pianta ne è colpita, a poco a poco tutte finiscono col deperire, il marciume delle radici è cagionato da muffe dette fungo Rhizomorpha subcorticalis e subterranea che sono forme dell’ Agaricus melleus che vive sulle radici e che rassomiglia alla muffa. Questo fungo scorgesi facilmente pel suo aspetto di ragnatela bianca attorno il colletto e sulle radici più alte, fig. 156. Esso si propaga anche sotto la corteccia delle radici e penetra nella parte legnosa, rendendola bruna c trasformandola in una massa fracida, fig. 157. Passando il fungo sulle radici dei gelsi vicini, la malattia si diffonde sempre più. Rimedi curativi di sicura efficacia non si conoscono pur troppo, poiché il male si ravvisa appena quando è già molto inoltrato e comparisce inaspettamente da un anno all’altro su gelsi che prima erano in piena vigoria. Scoprendo il male in tempo, si potrà tentare di arrestarlo o diminuirne almeno gli effetti, versando d’inverno entro buche fatte attorno 1’ albero una soluzione del tre per cento di vitriolo di rame, la cui quantità sarà regolata secondo lo sviluppo dell’ albero ; siffatto trattamento sarà da ripetersi per più anni. *) *) Le figure 156 e 157 vennero tolte d ll’opuscolo di Viola, intitolato: „II marciume delle viti“, e rappresentano quindi radici di viti; tuttavia l’aspetto del fungo parassita è lo stesso sia che si trovi su radici di viti, di gelso o d’altra pianta. — 171 Quando si osservasse un gelso, che nel corso della sua vegetazione, cioè in maggio o giugno o luglio, si arresta improvvisamente nel suo sviluppo, producendo foglie piccole, che perdono presto il loro colore verde vivace per farsi giallognole, e che i germogli rimangono esili e poi finiscono per disseccarsi, allora converrà scalzare il ceppo per osservare il suo colletto e le sue primi radici. Se vi si scopre la caratteristica ragnatela bianca, che è il fungo parassita, non resterà altro che estirpare la pianta, estraendo anche dal suolo il più completamente possibile tutte le radici, per quindi bruciarle. La buca dovrà restare aperta almeno per un anno, lasciando esposta all’ aria la terra da quella scavata ; nello stesso sito non si dovrà piantare un altro gelso, poiché immancabilmente contrarrebbe lo stesso male. Nuovi impianti di gelsi o di altri alberi non si potranno fare che 10 a 15 metri lontano da quelli, che fossero stati attaccati dal marciume. Onde impedire che il parassita si propaghi su gelsi vicini, ancor sani, sarà bene di aprire un fosso circolare, profondo almeno 70 cm, a metà distanza fra il gelso riscontrato malato e quello più prossimo ancor sano. Per accertarsi della presenza del male e della sua estensione, e quindi poter scavare le fosse nel sito appropriato, sarà necessario di esaminare le radici ed il colletto di tutti i gelsi, di cui si compone la piantagione. Il male apparisce più frequente in terreni ove in antecedenza altri alberi perirono dal marciume delle radici; esso e quasi costante in terreni dapprima portanti quercie, oppure in vicinanza a boschi di queste ultime ; il suo manifestarsi è favorito assai da terreni con sottosuolo umido o talmente compatti, da rendere difficile lo scolo delle acque piovane. Perciò sarà cosa utilissima di aprire in siffatti terreni, fosse di drenaggio o di scolo, per cosi renderli asciutti ed assicurare una migliore vegetazione, nonché impedire lo sviluppo del fungo parassita. L’importanza che ha questa malattia ci obbliga di aggiungere a questi brevi cenni nell’ appendice in fine del libro uno studio speciale sulla medesima. 7. La diaspide del gelso. La cocciniglia o diaspide del gelso (Diaspis pentagona) è un piccolo pidocchio, dannosissimo, che vive sulla corteccia dei getti di uno e più anni, nonché sul tronco, succhiandone gli umori. I rami colpiti in breve disseccano e, se il male non viene in tempo arrestato, la stessa sorte tocca a tutta la pianta. Osservando rami infetti dalla diaspide, fig. 158, vi si scorgono dei piccoli dischetti o meglio scudetti di color cenerognolo e di 1 Va millimetri di diametro, con un punto bruno quasi al centro ; sollevando uno di questi scudetti, vi troviamo sotto la femmina, che è rappresentata dalla fig. 159 in a in grandezza naturale ed in b molto ingrandita. Oltre agli scudetti con sottovi le femmine si trovano sui rami dei fiocchetti bianchi, costituiti dai cosidetti follicoli, che sono i ricettacoli o bozzoletti dei maschi non adulti o larve, e che rimangono attaccati ai rami anche dopo che i maschi li hanno abbandonati. Le femmine adulte hanno il corpo depresso, di color giallo, sono prive di zampe e stanno attaccate alla corteccia mediante il succhiatoio. Allo stato perfetto, i maschi rassomigliano a minuscoli mosche-rini, fig. 160 a e b. Vi hanno due generazioni all’anno, nelle quali ogni femmina fecondata depone da 100 a 150 uova. Di conseguenza la diaspide si moltiplica rapidamente in numero stragrande. In annate assai calde ed in paesi meridionali si conosce una terza generazione. Nella fig. 158 vedesi a sinistra parte di un ramo giovane di gelso col principio dell’ infezione ; a destra lo stesso ramo nel secondo anno d’infezione della diaspide. La diaspide è purtroppo molto diffusa ; si può dire che quasi tutta l’Alta Italia e parte della Spagna ne sono infette. Malauguratamente essa fu scoperta negli ultimi anni anche su territorio austriaco, e precisamente Fig. 158. Infezione della diaspide : a incipiente, b progredita. a b Fig. 159. a) Femmina della diaspidc del gelso (Diaspis pentagona) in grandezza naturale b) come sopra, 10 volte ingrandita. a b ; ! 4 Fig. 160. a) Maschio della diaspide del gelso (Diaspis pentagona) in grandezza naturale. b) come sopra, 10 volte ingrandito. nel circondario di Trieste, nel Goriziano nella parte italiana del Tiralo meridionale, ed a Castelvecchio presso Traù, in Dalmazia. Per impedire la diffusione della diaspide in paesi ancora sani è assolutamente indispensabile di rinunziare al ritiro dei gelsi da luoghi infetti. In virtù ad una relativa disposizione ministeriale, tutte le spedizioni di gelsi, provenienti dall’ Italia, vengono assoggettate alle stazioni di confine a minuzioso esame sulla presenza della diaspide, e respinte o distrutte col fuoco quelle trovate infette. Purtroppo però la diaspide non attacca soltanto il gelso. Molte altre piante (oltre 40) servono a darle ricetto, come ad esempio : il moro papirifero, la Sophora japonica, la Pueraria Thunberghiana, il pesco, l’ippocastano, la Bignonia catalpa, il lauro nobile, il lauroceraso, la falsa acacia, il bagolaro, le diverse varietà di salici, l’evonimo europeo e giapponese, il ribes, l’uva spina, l’ortica, il geranio, il pelargonio, la zucca ed i fagioli. Sarà quindi necessario di essere ben oculati anche nell’ acquisto di tali piante. Dove il male è già comparso farà duopo combatterlo. Vista la gravità del danno prodotto dalla diaspide, la lotta contro di essa dovrebbe anzi essere obbligatoria, come lo è già in Italia, e regolata da apposita legge. Se l’infezione si limita a poche piante, il meglio sarà di abbatterle ed abbruciarle sopra luogo. Per infezioni più estese bisognerà ricorrere al trattamento curativo. Le piante infette si assoggettano anzitutto ad una potatura radicale, distruggendo sopra luogo col fuoco i rami recisi. Si spazzolano dipoi diligentemente i monconi dei rami ed il tronco tutto, lavorando dall’ aito in basso, col mezzo di apposite spazzole metalliche, rappresentate dalla fig. 161. Le femmine staccate dall’albero periscono, non essendo più protette contro gli agenti atmosferici, come lo erano quand’ erano attaccate alla corteccia e ricoperte dallo scudetto. Ma dappoiché anche col più accurato lavoro non si riesce di liberare del tutto la corteccia dalla diaspide, che suole annidarsi anche nelle Fig. 161. Spazzole e pennello, adoperati nel lavoro di distruzione della diaspide. fenditure, insenature ecc. della stessa, è consigliabile di completare il suddetto lavoro colla pennellazione di tutti i rami e del tronco con una delle seguenti miscele, che finora furono riconosciute le più efficaci, servendosi all’ uopo di un pennello di crine di cavallo, fig. 161 a destra. I Miscela : Olio pesante di catrame .... . . 9 kg Soda calcinata (Solway) .... . . 472 » Acqua . . 100 litri li Miscela : Petrolio nero . . 9 kg Olio di pesce 2 V Soda calcinata . . 1 n Acqua . . 100 litri Ili Miscela : Olio pesante di catrame .... . . 10 kg Olio di pesce ......... ‘/2 » Soda calcinata................. ‘A » Acqua..........................90 litri Per preparare la prima miscela, si scioglie semplicemente la soda calcinata nell’ acqua ed alla soluzione si aggiunge 1’ olio pesante di catrame, mescolando continuamente il liquido. Invece di soda venne di recente consigliato di aggiungere altrettanto sale da bovini. Per fare la seconda e la terza miscela, si uniscono da una parte l’olio pesante di catrame od il petrolio nero coll’olio di pesce, si scioglie dall’ altra la soda calcinata nell’ acqua e si mescolano quindi i due prodotti, agitandoli ben bene. Onde le emulsioni così ottenute non si separino, fa d’uopo di agitarle ogni qualvolta si deve immergervi il pennello. Queste emulsioni perdono in breve la loro efficacia ed è perciò prudente di prepararne una quantità corrispondente al consumo di un giorno. La prima miscela corrisponde per efficacia alle altre due ; ma essendo più economica, si dovrà darle la preferenza. D’ altronde altre miscele, a basi di cresolo e di petrolio, sono pure efficaci, p. e. quella denominata Dendrin, 1’ altra diaspicida del Consiglio agrario di Trento, lo stesso dicasi dall’ alcoole 175 — denaturato che ha il vantaggio di poter essere impiegato anche d’ estate senza pericolo di danneggiare la foglia. Tutti gli insetticidi si dimostrano più efficaci quando vengono impiegati a stagione avanzata, p. e. metà Aprile e fine Marzo, epoca alla quale lo scudetto della femmina ibernante si solleva dalla corteccia pel gonfiarsi del corpo dell’ insetto e lascia meglio penetrare il liquido insetticida. Notiamo infine che la diaspide del gelso, come tanti altri insetti dannosi alle piante coltivate, ha a sua volta i suoi nemici naturali, che moltiplicandosi la distruggono o la rendono meno dannosa. Negli ultimi tempi si adottò in certi casi il metodo di lotta, che consiste nel favorire lo sviluppo e la moltiplicazione di questi nemici naturali dei parassiti delle piante. La diaspide del gelso, come si sa, fu importata circa trenta anni fa dal Giappone, ove questo parassita, grazie ad un suo naturai nemico, sembra non recare quasi alcun danno. Ora, per merito del prof. A Ber-lese, Direttore della R. Stazione di entomologia agraria in Firenze, questo nemico della diaspide, un minuscolo imenottero, denominato Prospaltella Berlesei How., è stato introdotto per la via deH’America in Italia e disseminato nelle varie provincie più infette di quel paese. E’ stato osservato, che il detto nemico della diaspide si acclimatizza benissimo. Le prove eseguite finora hanno assodato 1’ efficacia di questo moderno metodo di lotta. E’ a sperarsi, che in breve tempo si riescirà così a liberarsi da questo temuto parassita del gelso. Nell’ appendice di questo libro riportiamo una piccola monografia sulla Diaspide e sui mezzi per debellarla, ove l’importante argomento è trattato più diffusamente. 8. Altre cocciniglie viventi sul gelso. Oltre alla diaspide, due altre cocciniglie vivono parassite sul gelso e precisamente il Lecanium cymbiforme ed il Coccus (Pulvinaria) vitis. Ambidue sono di gran lunga meno dannosi della diaspide, meritano però di essere accennati, perchè spesse volte vengono scambiati colla diaspide, dando motivo ad ingiustificati allarmi. Il Lecanium cymbiforme distinguesi dalla diaspide del gelso per avere lo scudetto, che ricopre la femmina ibernante, molto più grande poiché misura 4 'p millimetri in lunghezza, è di forma di battello capovolto c di color cioccolato e lucido. Lo si trova comunemente sul pesco, più raramente anche sul susino e sulla vite, ma come detto intacca pure i rami di gelso. Il Coccus (Pulvinaria) vitis (cocciniglia rossa della vite) è, come ce Io dice il nome, proprio alla vite, ma fu da noi però trovato ripetute volte anche sui rami e sui getti giovani del gelso, fig. 162. E’ una delle più grandi cocciniglie che si conoscano. Si riconosce per i grandi scudi di color rosso bruno, poggianti sopra una specie di cuscino bianco ; staccando uno di questi scudi, vi si riscontra sotto la femmina ed un numero stragrande di uova inviluppate in una massa cotonosa. Accompagna le due suddette cocciniglie quasi costantemente un fungo microscopico, dall’aspetto di polvere nera, che ricopre i rami e le parti verdi del gelso, fungo denominato Capnodium ovvero Meliola. 11 fenomeno è conosciuto sotto il nome di fumaggine. 11 fungillo si svi- ni«. 162. Cocciniglia rossa della vite (Coccus o Pulvinaria vitis) vivente sul gelso. luppa sulle secrezioni zuccherine delle suddette cocciniglie e, ricoprendo le foglie, ne impedisce il regolare funzionamento. Il trattamento insetticida contro la diaspide, più sopra descritto, è ugualmente efficace anche per combattere queste due altre cocciniglie del gelso. Durante il periodo di vegetazione le stesse possono eventualmente venir debellate con una abbondante irrorazione delle piante infette con una miscela, consistente di 1 ’/* kg di estratto di tabacco e '/* kg di sapone potassico per 1 hi di acqua; anche l’alcoole denaturato giova. L’irrorazione sta bene di ripeterla dopo alcuni giorni. Con questi trattamenti estivi si riesce puro ad arrestare lo sviluppo della fumaggine. Fippenöice In questa terza parte del libro publichiamo alcuni articoli sul gelso e le sue malattie nonché sul baco da seta e sull’industria serica. / medesimi, per la loro natura scientifica o speciale tendenza, non si trovano in istretto nesso coll' allevamento propriamente detto o colla coltura del gelso, perciò fummo costretti di tenerli separati dal resto del libro onde non alterare l’indole puramente istruttiva che questo deve avere pel pratico bachicoltore. Gli argomenti trattati in questi articoli sono però di grande importanza ed attualità e speriamo che desteranno interesse in chi li leggerà; alcuni dei medesimi sono già stati publicati in giornali e se noi li riproduciamo di nuovo, completandoli ove occorre, lo facciamo convinti che le cose opportune conviene ripeterle. In fine dell’ appendice riportiamo alcuni Editti e Patenti Sovrane che l’indimenticabile Imperatrice Maria Teresia volle saggiamente emanare per introdurre e promuovere la gelsicoltura, l’allevamento dei bachi e l'industria serica nel Litorale austriaco. Con questa pubblicazione noi intendiamo di togliere dall’ oblio provvedimenti che un secolo e mezzo fa valsero a diffondere e migliorare quei rami agrari e manifatturieri in modo insperato apportando il lucro ad una intera regione e proprio alla classe più bisognosa degli abitanti. .. ’ì'jf ' • - 1. La moria dei gelsi. La moria dei gelsi è la denominazione di una malattia dei gelsi che non ha caratteri speciali esterni, all’ infuori del disseccamento della pianta, che muore senza cause appariscenti, ed il male comparisce all’improvviso e si propaga come fosse un epidemia e da ciò il nome suddetto che è molto bene appropriato. *) Un attento osservatore vedrà però già l’anno antecedente della morte del gelso che la sua vegetazione è meno rigogliosa di quella normale per gelsi sani alla stessa età, e questa differenza sarà più o meno accentuata, così che talvolta essa non sarà bene ravvisabile altra invece sarà distinta da getti assai meschini. Spesso, nell’ anno che precede 1’ arresto della vegetazione, si scorgerà sull’ albero affetto alcune foglie ingiallite, fig. 163, come fossero colpite dalla clorosi oppure tutto il fogliame sarà di un verde volgente al giallognolo ed ad ogni modo meno carico di quello che presentano alberi sani nell’ estate. Questo generale ingiallimento della foglia è caratteristico quando la malattia è assai avanzata ed esso è seguito Fig. 163. della caduta delle foglie già Qe|so che palesa i primi sintomi della moria, coi primi calori estivi, fig. 164; con alcuni rare foglie ingiallite *) La moria dei gelsi porta ancora altri nomi di cui noi non accenniamo che i seguenti : il falchetto dei gelsi — noi non sappiamo d’ onde questo nome tragga l’origine — il seccume o la seccherella, il salsanello, la malattia dei gelsi, il marciume come effetto od il bianco delle radici come apparizione della causa del male ecc. i tralci, portanti ancora qualche foglia avvizzita e pendente, si disseccheranno quindi in breve, denotando la morte avvenuta dell’ albero, fig. 165. Scuotendo con forza il tronco di un albero non troppo grosso, morto con questi caratteri, si si accorge che — all’opposto di quanto fanno gelsi sani — lo si smuove facilmente e se è giovane lo si potrà persino sradicare senza grande fatica. Questa particolarità è indizio sicuro del male e la si può constatare anche d’inverno, senza che la vegetazione dei tralci dia motivo a sospettare essere la pianta malata. La certezza però della vera natura del male la si avrà scalzando profondamente il colletto dell’albero ed osservando le radici ; è su queste che appariranno all’occhio indizi indubbi di putrefazione o marcescenza con le seguenti particolarità : La corteccia del colletto, se non è già in piena dissoluzione, si staccherà facilmente per grossi tratti dal legno sottostante tutto coperto da uno strato umidiccio come di gelatina, altrettanto faranno le radici anche le più grosse, mentre da quelle più sottili la corteccia si potrà allontanare in pezzi interi come un trombo scivolante sull’ asse legnosa, fig. 166 a 168. Una più attenta osservazione lascia scorgere sulla corteccia dei filamenti, come cordoni ora di un bianco sporco ora bruni oppure neri, con numerose sottili ramificazioni, assai fragili e simili ad esili radici. Questi cordoni con le loro ramificazioni si insinuano sotto la corteccia e formano placche bianche o lame feltrose che alla loro volta si ramificano in tutte le direzioni, spesso a guisa di ventaglio, e penetrano nel legno per distendersi in veli bianchi a strato sottile lungo i raggi midollari, fig. 169 a 170. I cordoni con le loro ramificazioni e le placche o lame non sono altro che ammassi di sottili filamenti di micelio vale a dire della forma vegetativa di un fungo assai noto ; tale micelio, quando è a cordoni più o meno ramificati chia- superficiali allora, mancano gli umori alla fronda, questa si dissecca da un giorno all’altro come fosse l’albero fulminato e la conseguenza finale del male è allora ben visibile ed impressiona chi non sa spiegarla. 1 miceli distruggono dapprima lo strato cambiale ed il libro e poi, diffondendosi nelle parti legnose del sistema radicale, lo disorganizzano profondamente così che il colore delle parti affette si cangia in bruno chiaro per divenire quindi più scuro fino ad annerire nei tratti più molli, ciò che diede al male anche il nome di cancrena, fig. 171. Il legno delle radici anche più grosse da durissimo che era, va in sfacelo così da divenire molle e sfibrarsi e spappolarsi fra le dita, come fosse legno marcio per causa del ben noto putridume del legno provocato dal fungo delle travature delle abitazioni, cioè dal Meruliuni lacrimans, fig. 172. Fig. 165. Gelso con rari tralci disseccati per effetto della moria. masi nel nostro caso Rhizomorpha subterranea, fig. 173 a 174, mentre se è a placche sotto la corteccia o nella compagine del legno vien detto Rhizomorpha subcorticalis. Entrambi queste due forme di micelio vivendo del succo della pianta ed invadendo sempre nuove parti distruggono tutto il sistema radicicolo. La diffusione del micelio in entrambe le sue forme, non è sempre regolare, e così avviene che talvolta soltanto le radici in una data direzione sono le prime colpite e le altri invece rimangono per lungo tempo sane e forniscono il nutrimento alla pianta per modo che questa vegeta normalmente per un tempo più o meno lungo ; spesso succede che tutte le radici principali sono deperite, restando solo al colletto e su qualche singola radice ancor sana alcune poche radichette novelle e superficiali, le quali apportano all’ albero, quando è diremo agli estremi, quel tanto di succo per vivere fino ai primi calori estivi, quando però questi si fanno sentire e disseccano assieme alla terra anche le suddette radichette — 182 - I suddetti miceli sono adunque veri parassiti che vivono degli umori dei tessuti della corteccia e delle fibre legnose delle radici e, potendo vegetare e propagarsi nel suolo, si diffondono in varie direzioni per invadere piante vicine, fig. 173, 174. Così avviene che in colture specializzate a gelseto il male si dilata a guisa di un focolaio filosserico, con piante le più deperite nel centro e gradatamente meno verso la periferia, mentre nei filari esso segue la linea di questi, ora saltuariamente ora senza interruzione. 1 miceli di entrambe le Rhizomorphe, vivono oltre che da parassiti anche da saprofiti, cioè nutrendosi delle parti dell’albero già morte e diramandosi nel suolo tutto attorno lo mantengono infetto per lungo tempo. Fino dal principio dell’ autunno sortono dalle diramazioni del micelio più prossime al piede dell’ albero ed anche distanti da questo, le fruttificazioni in forma, dapprima di piccolo pero, grande come una piccola nocella, che in breve ingrandiscono ed acquistano la nota forma di capello disposto ad ombrello tipica pei funghi, a lungo manico, portante un collaretto a guisa di braccialetto, che diede il nome di Armillaria - da Armilla - a tutto un genere di questi funghi, fig. 175. Il capello del fungo ha un colore che ricorda quello del miele e perciò ricevette il predicato di mellea; la specie appartiene alla numerosa famiglia degli Agarici avente spore ovoidi puntite, piriformi, che servono alla diffusione della specie anche a grandi distanze, come fossero minutissimi semi o germi del male, fig. 176. Esso è commestibile e notissimo ai contadini che lo chiamano con vari nomi come Famigliola buona, Famigliola bianca o leonata, Fig. 166. a, Radice sana ! b, sua sezione ; c, Radice affetta dal marciume; d, sua sezione I rialzi trasversali che si vedono sulla corteccia sono lenticelle, un tessuto normale delle radici Chiodello, Fungo o Chiodino del moro o morer ossia gelso, Nosaremi, ecc., fig. 177. Osserviamo che questo fungo apparisce di solito a gruppi numerosi come in famiglie, talvolta anche singolo, ma la sua comparsa non è costante per ogni gelso colpito. Tuttavia 1’ Hartig, che fu il primo a studiarlo accuratamente potè seguire il suo intero sviluppo come da noi Fig. 167. Radice grossa affetta dal marciume : a, a, lenticelle scoperte, di color violaceo; b, b, lenticelle coperte in parte dalla cuticola bruna ; c, c, corteccia staccatasi ed arrotolata agli orli d. descritto. L’ Armi/laria mellei ovvero 1’ Agarius melleus attacca oltre al gelso, anche alberi fruttiferi di varie specie e le viti nonché alberi forestali frondosi e coniferi. Il Prof. A. N. Berlese di Padova, troppo prematuramente rapito alla scienza, trovò anche le specie dette la Rosellinia aquila e la Rosellinia necatrix cagionante il marciume delle radici del gelso, noi però non avemmo campo di osservarle e neppure potemmo trovare sui gelsi la Dematophora necatrix o la Dematophora glomerata, descritte da Viala come cause del marciume delle radici della vite e di alberi fruttiferi. Dobbiamo però qui nolare che più di uno volle spiegare la cagione del marciume delle radici del gelso nella comparsa di un fungo denominato Rhi-zotocnia violacea, il quale presentava forme fruttifere in cosidetti sclerozi sono nul-l’altro che lenticelle della radice. Le lenticelle sono piccole protuberanze suberine, puntiformi sulla corteccia dei rami giovani, e che a prima vista si possono prendere per scudetti di Diaspide, ma che non si staccano dalla corteccia come questi sotto il stropicchiamento colle dita. Sulle radici le lenticelle sono in forma di strisce a guisa di protuberanze rialzate e circondanti in parte la radice in senso traversale ; sulle radici più grosse misurano in grossezza fino a V» centimetro e più. Tutta la corteccia di radici grosse e sottili, ma non novelle, è intersecata da queste protuberanze, tutte parallele fra loro ed a varia distanza una dall’ altra, così da formare come altrettante cinture interrotte alla loro circonferenza come fossero anelli aperti. La Fig. 168. Radici profondamente attaccate dal marciume da cui la corteccia si distacca come un tubo dal legno sottostante marcio ed annerito. — 185 - pellicola che ricopre queste lenticelle è assai esile e si stacca facilmente lasciando scorgere il tessuto sottostante di un bel colore rosso vinoso o violaceo. L’insolito colore di questo tessuto diede certo occasione a ritenerlo un prodotto di un fungo e noi abbiamo creduto bene di descriverlo poiché non dubitiamo che molti lo scambiano per un fenomeno proprio alla malattia del marciume delle radici del gelso e non già ad Fig. 169. Radice con corteccia staccata sotto cui si vedono i cordoni della Rhizomorpha subcorticalis. un tessuto normale della radice sana, fig. 166 a 169. La moria dei gelsi si manifesta in tutti i terreni, anche in quelli sabbiosi ed in tutte le posizioni, ma è più frequente in terre compatte, se non acquitrinose nel sottosuolo, almeno tali da trattenere lungamente 1’ umidità, come sarebbero le argillose ed è in queste che fa più stragi, sopratutto se la coltura è specializzata in gelseti o le piante nei filari molto fitte. Di solito sono i gelsi più vecchi e di preferenza quelli vicini a particelle coltivate quelli i più colpiti, ma anche gelsi giovani non ne sono risparmiati, mentre gelsi isolati, possono raggiungere età secolari senza esserne affetti dal male. In certe annate la moria si fa più intensa, in altre si arresta senza poterne spiegare la causa con influenze della stagione, e ciò forse per motivo che il male procede lentamente e che ci vogliono più anni per produrre quella profonda disorganizzazione della parte sotterranea del gelso che Io dissecca da un giorno all’ altro come fosse stato colpito dalla folgore. Affatto impossibile è di applicare rimedi curativi, poiché il male si scopre quando è talmente avanzato che ogni cura sarebbe vana. Gelsi colpiti dalla moria non vegetano più anche se si potano e raccorciano a capitozzo i rami più grossi. 11 Vialla consiglia bensì 1’ uso del solfuro di carbonio per più anni di seguito in dosi di 40 a 50 g per 1 m2 nei vivai invasi del marciume, ma, astraendo che le piante non possono stare nei vivai per più anni per attendere l'effetto del rimedio, noi sappiamo per espe-Fig 170. rienza che il solfuro è un ec- Radice coperta di placche di Rhizomorpha sub- citante la vegetazione e che, corticalis ramificata a guisa di ventaglio: anziche fungicida> esso è un n, Radice; 6, corteccia staccata; c, sezione. ver0 fertilizzante anche dei funghi delle muffe che si possono sviluppare sulle radici nel suolo. Non rimane quindi altro che a ricorrere a mezzi preventivi che noi riassumiamo come segue : Dato il caso che il male si sviluppi sporadico in un gelseto si estirperà la singola pianta malata e quelle in contatto con questa che. per l’incrociamento delle loro radici, si devono ritenere già infette. Se compaiono focolai di più alberi si scaverà tutto attorno una trincea o fossa tanto fonda da sorpassare le radici più profonde, isolando così il suolo infetto da quello ancora sano, ed avendo cura di versare la terra scavata sopra il suolo infetto. Le radici estratte si dovranno distruggere col fuoco sul sito se non havvi il tornaconto di adoperarle come legno da bruciare. Con trincee si potranno isolare anche focolai apparsi nei Fig. 171. Radici grosse colle fibre vascolari invase e putrefatte dalla Rhiz.omorpha subcorticalis. filari. Prima di eseguire siffatte trincee si dovrà, con un accurato esame delle radici dei gelsi vicini, accertarsi dell’ estensione del male. Se il terreno fosse in bassura o nei suoi strati profondi molto umido, perchè mancante di scolo, si dovranno approfondire le fosse esistenti o scavarne di nuove per facilitare un rapido prosciugamento del suolo. — 188 - Nel sito ove vennero estirpati gelsi colpiti dal marciume delle radici non si dovranno piantarne altri. Qualsiasi disinfezione del suolo con calce viva o con altri fungicidi ha una efficacia assai problematica, anche se fatta scrupolosamente e senza risparmi di spese. Più volte abbiamo osservato che il marciume colpisce facilmente radici più grosse, ferite od offese dagli strumenti della lavorazione del Fig. 172. Legno spappolato di tronco di gelso morto dal marciume. suolo, p. e. dall’ aratro. In tal caso si vede la radice con la ferita non rimarginata, e cancrenosa, fig. 178 e con il legno profondamente putrefatto e bruno. Facendo sezioni trasversali di siffatte radici si può seguire il continuo progresso del marciume fino all’estremità più sottile delle radici. 11 quadro che si ottiene in questa guisa è molto istruttivo e dimostra che il male si propaga sotto la corteccia in modo incessante tosto che ha invaso una parte della pianta, fig. 179. Se la ferita della radice era profonda come quella alla fig. 180 allora avviene che il marciume non Fig. 176. Spore dell’ Armillaria mellea. La spora inferiore in atto di germinazione. Fruttificazione dell’ Armillaria (Agaricus) mellea. si limita agli strati subcorticali ma invade anche le parti mediane legnose. Spesso il marciume parte da un sito della pianta affetta dalla gommosi provocata da alterazioni dei tessuti che trasudono materie gelatinose favorevolissime allo sviluppo e multipli-cazione degli organismi della putrefazione quali sono i batteri. Questi si collegano allora alle Rhizomorphe ed accelerano la distruzione della pianta. Ad ogni modo conviene stare attenti di non offendere radxi grosse Fig. 177. Famiglia di fruttificazioni di Armillaria mellea al piede del gelso morto dal marciume rappresentato alla fig 165. del gelso, poiché così si previene efficacemente il marciume. Notiamo che la morìa può apparire su gelsi che sono piantati in siti ove è escluso che vengano offesi da strumenti, però topi campagnoli, le larve del maggiolino, altri insetti roditori di radici possono attaccare la corteccia delle radici in modo così profondo e dannoso da provocare lo sviluppo del marciume. Questo, lo ripetiamo, si sviluppa di preferenza in terre compatte, perciò quando si ha da fare nuovi impianti si deve ricordarsi che il gelso ama terre sciolte, asciutte anche d’inverno e posizioni ove allignano bene le viti e gli alberi fruttiferi ; non troviamo raccomandabile di maritarlo alla vite, come si usa in certe regioni invece del-l'olmo, dell'acero, del ciliegio sel- Fig. 178 RadLe grossa di gelso con ferite non rimarginate e putrefatte. — 19! — vatico ecc., poiché questa soffre sotto il gelso più che sotto altri alberi di sostegno. Prima di porre un gelso a dimora stabile lo si visiti accuratamente se le sue radici presentano 1’ aspetto proprio a quelle sane e si faccia l’impianto senza troppo indugio cioè tosto che gli alberelli sono levati dal vivaio e fatta la pulizia ed il necessario raccorciamento delle radici, badando di premere bene la terra smossa tutto attorno l’alberello. E’ un uso cattivo quello dei commercianti di estrarre da! vivaio durante l’inverno gli astoni e di farne grandi mucchi o cataste che si coprono 2 Fig. 179. La stessa radice della fig. 178 in varie sezioni discendenti dal 1 al 6 per far vedere la propagazione del marciume fino alla porzione più sottile della radice. leggermente con terra, per avergli pronti alla vendita in primavera. In questi mucchi si sviluppano di solito i miceli di molte specie di muffe c fra queste anche quella dell’ Armillaria mellea che sappiamo causa del marciume delle radici. Una volta sviluppatesi le muffe su piante da vivaio non si riesce ad allontanarle con semplici puliture. Meglio è di immergere tutto il sistema radicicolo in una poltiglia bordolese al 2°/o così da spalmarlo tutto prima di porre le piantine sotterra. Dobbiamo però convenire che tutte queste misure preventive e raccomandazioni non serviranno sempre ad apportare l’effetto sperato, troppo spesso la morìa colpirà quà e là piante finora prosperose e bene coltivate, cagionando danni sensibili colla sua diffusione. — 192 La lotta biologica contro 1 ' Armillarìa mellea dovrebbe offrire maggiore sicurezza e questa lotta non dovrebbe essere altro che una severa selezione delle varietà le più resistenti, ma non crediamo che se ne trovino di assolutamente resistenti contro l’invasione del fungo parassito. Già ora i pratici gelsicoltori trovano nel gelso delle Filippine o Cattaneo o Lhov un porta-innesto molto refrattario al male e certo esso troverebbe maggiore diffusione se si potesse moltiplicarlo per seme, ma invece si è costretti a fare propagini o piantare ta-lèe in vivai per poi innestarle; un innesto su talèe e margotte ha però minor durata che gl’ innesti su piante allevate da seme. Un bellissimo compito aperto ai pepineristi intelligenti sarebbe di studiare,|come si fece in Svezia ed in California per altre piante, la selezione di varietà di gelsi con radici resistenti al marciume su cui innestare varietà le più produttive, le più immuni da crittogame, le più insensibili alle intemperie e le più confacenti ai bachi. Se - come giustamente il Quajat reclama *) un Burbank o un Nilson *) sorgessero per risolvere tutte queste importantisssime questioni egli sarebbe uno dei più benemeriti per la bachicoltura. Fig. 180. Radice grossa, ferita, divisa per metà per far vedere la penetrazione del marciume. *) Vedi l’Annuari della regia Stazione bacologica di Padova Vol. XXXVIII pag. 60, Padova 1011. 2. La Diaspide del gelso ed il metodo biologico per combatterla. Il nuovo nemico della bachicoltura, la diaspide od il pidocchio del Gelso, è comparso nel Goriziano e nel Tiralo meridionale già da alcuni anni a questa parte nè la sua diffusione naturale si può arrestare : minutissimo come è, quando è appena nato, può venire trasportato dai venti anche a grandi distanze. Il bachicultore stesso, col trasporto di rami di gelso, lo diffonde da una località all’ altra e non di rado lo introduce dal di fuori coll’ importare da regioni infette gelsi giovani da impianto. Così avvenne pur troppo anche nel Goriziano. Oltre a ciò la Diaspis ha invaso già da più anni quasi tutti i gelsi nei dintorni di Trieste e minaccia seriamente l’Istria. Di fronte all’ insetto che si dilata senza cessa non conviene stare inoperosi ma si eviti almeno di trasportarlo all’epoca dell’allevamento dei bachi in regioni o località ancora immuni e che tali rimarrebbero forse lungo tempo ancora senza questa diffusione artificiale. La presenza della diaspide sopra un gelso è facilissima a riconoscere, basta che ci si ponga un po’ d’attenzione. Un gelso infetto presenterà già da lontano sui rami di più anni, che partono dal tronco, macchie grandi, bianche, irregolari, come spruzzi od impiastricciature di calce, fig. 181 e 182. Queste macchie sono più estese o più bianche e perciò meglio visibili dal lato del ramo rivolto verso tramontana ; vedute da vicino, si scorge che sono composte di un ammasso di così detti follicoli, vale a dire piccoli sacchetti o bozzoletti bianchi cilindrici, lunghi poco più di 1 mm nei quali stavano racchiuse le larve maschili della diaspide durante la loro metamorfosi in insetto perfetto maschio. Tutto attorno a questi ammassi bianchi si vedono aderenti alla corteccia delle squamette circolari, larghe circa 2 mm, di colore alquanto più chiaro della circostante corteccia e molto simili alle cosidette lenticelle, cioè a quelle piccole protuberanze, che a guisa di minuta punteggiatura, ricoprono più o meno regolarmente la corteccia dei rami giovani dei gelsi. Queste protuberanze sono escrescenze della corteccia e non si distaccano da questa se vengono strofinate col dito o con una spazzola; le suddette squamette invece sono i cosidetti scudetti, sotto i quali stanno riparate le femmine, fig. 183-184, questi scudetti si staccano facilmente dalla corteccia con un leggiero strofinamento colle dita. Le femmine, ma special-mente i maschi, preferiscono la parte più ombreggiata del ramo, quindi quella rivolta a tramontana ed è là che pel susseguire delle generazioni di due a tre anni essi si accumulano talvolta in quantità tale, da coprire tutta la corteccia. Sui rami più giovani il numero delle femmine e dei maschi è di conseguenza minore e quest’ultimi mancano quasi affatto su quei tratti dei rami che vegetarono a tarda estate od in autunno ; le estremità dei getti poi non presentano che assai rari scudetti di femmine, di solito in vicinanza, o sotto una gemma, quindi in un sito riparato dal sole dalla ‘foglia che vi cresceva sopra od anzi dal suo picciuolo. Questo sfuggire che fa la diaspide dai raggi diretti del sole deriva dal fatto che essa non ama il caldo ed il secco eccessivo, ma preferisce 1’ umido e 1’ ombra e così si spiega anche la causa per la quale nel mezzogiorno ed in annate di gran secco il parassita fa meno danno, che in paesi più umidi od in annate piovose; fu proprio 1’ anno decorso con le sue frequenti pioggie uno di quelli in cui il male aumentò in modo insolito. In annate di siccità e forti calori alcune diaspidi si rifuggono sotterra fissandosi al colletto od alle prime radici, pochi centimetri sotto il livello del suolo,"come^ciò si osserva nel pidocchio sanguineo. Fig. 182. Gelso a ceppaia giovane, fortemente infetto dalla Diaspide. Durante tutto 1’ inverno le femmine stanno inerti sotto il loro scudetto, ma tosto die sopraggiungono i primi tepori primaverili, alla fine dell’ aprile o al principio di maggio, esse cominciano a deporre numerose uova, fino a 140. Da ognuna di queste, dopo cinque o dieci giorni, secondo la temperatura, nasce un piccolo pidocchietto di colore giallo citrino, dotato di 6 zampine, il quale sorte di sotto lo scudetto e corre agile per i rami a cercarsi un posto adatto per fissare il suo pungiglione Fig. 183. Ramo di un gelso infetto da tre anni, a sinistra scudetti delle femmine, a destra follicoli di maschi sulla corteccia rivolta a tramontana, in grandezza naturale. a b Fig. 184. a) Estremità disseccata di un ramoscello, coperta da Diaspidi; b) Gettone di un anno, infetto ; a) e b) cresciuti sullo stesso gelso della Fig. 182. succhiante, fig. 185. Fissato che si è, ingrandisce, muta la cute, perdendo le zampine e trasuda dalla nuova cute quella sostanza setosa che forma il suo scudetto e dal quale non sortirà più. Sotto lo scudetto esso, dopo esser divenuto ninfa, raggiunge ih 6 o 7 settimane la maturità e diviene femmina, la quale, dopo la sua fecondazione, deporrà le uova della seconda generazione e se la stagione è favorevole seguirà un’ altra terza generazione in autunno, fig. 186 fino 189 ; nel mezzogiorno questa terza generazione avrà luogo più frequentemente che da noi. Le ultime femmine divengono ibernanti, cioè non depongono più uova, ma rimangono inerti, come abbiamo più sopra descritto, durante Fig. 185. Larva di Diaspide appena sbucciata dall’uovo, dotata di tre paia di zampine, 150 volte iagrandita. Fig. 186. Femmina adulta della Diaspide, veduta dalla parte ventrale. A Antenne rudimentali ; St Stigmi ; M Setole rostrali o pungiglione succhiante; Pg Pigidio. Ingrandimento di 50 volte. Fig. 187. Parti componenti lo scudetto dorsale della Diaspide femmina, Si spoglia o cute larvale; Sn spoglia ninfale; Pf parte dello scudetto filata dalla femmina e composta di un intreccio di fili serici impermeabile all’ acqua. iu /• i' ii Fig. 188. Sezione longitudinale di una Diaspide femmina collo scudetto fissato su di un ramo di gelso (P) nel quale sono infisse le setole (Af). Si spoglie larvali; Sn spoglia ninfale; Pf Parte filata dalla femmina o scudetto; /'corpo della femmina; C materia cerosa; U uova; Vv velo ventrale. Ingrandimento circa 40 volte. tutto l’inverno. Una parte delle uova di ogni generazione estiva dà nascita a pidocchietti, che si racchiudono entro bozzoletti o follicoli, fig. 190, per trasformarsi dapprima in ninfe, fig. 191 e 192, e poi in insetti alati, di sesso maschile, che volando attorno vanno in cerca della femmina per fecondarla, fig. 193. La straordinaria moltiplicazione della diaspide non ha riscontro altro che in quella della fillossera ed i discendenti di una sola femmina si contano alla fine della stagione estiva a milioni e milioni. Uno sguardo alle fig. 181 e 182, che rappresentano gelsi a ceppaia che due anni prima erano ancora immuni dal pidocchio, basta a convincere ognuno in questo riguardo. La foglia di questi gelsi cadeva già durante il maggio ed i primi di giugno, quindi avanti di poter essere utilizzata pei bachi; prima ancora che 1’ albero fosse spoglio dalla fronda, i getti più giovani si arrestavano Fig. 189. Estremità della parte ventrale dell’addome di una Diaspide femmina ingrandita 200 volte. Vapertura sessuale; de cinque gruppi di diselli da cui viene segregata la cera; (P l—ò) lembi o palette chitinose della cute ; pf filiere da cui sortono i fili serici formanti lo scudetto ; s fili serici. b Fig. 190. Follicoli maschili della Diaspide. a veduto dal dorso, b veduto dal fianco. Ingranditi 40 volte. nello sviluppo e poi si essiccavano, ponendo in luce, coll’intristire della vegetazione, tutta la gravità del male, fig. 184. Si comprenderà di leggieri, che infezioni vecchie diminuiscono notevolmente il prodotto in foglia e di conseguenza il povero bachicoltore si trova costretto di ridurre i suoi allevamenti. La fatale invasione della diaspide deve perciò ad ogni costo essere combattuta, se non si vuole che la bachicoltura vada del tutto a cessare, ove essa era dapprima prosperosa. La lotta finora intrapresa con mezzi preventivi contro la diffusione dell’ insetto non giovò che ben poco, per non dire nulla. Malgrado leggi proibitive contro il trasporto di gelsi o parte di gelsi infetti, il male si diffuse in tutta l’Alta Italia e buona parte dell’ Italia media. Altrettanto è d’ attendersi pur troppo anche altrove. La diffusione naturale col mezzo del vento e 1’ altra col trasporto artificiale è d’ altronde molto facilitata dal fatto che la diaspide può vi- vere anche su altre piante p. e. sul moro o gelso papirifero, sulla ,,So-phora japonica“, sul pesco e l’ippocastano, il lauro nobile ed il lauroceraso, la falsa acacia, l’evonimo europeo e quello giapponese, la „Bignonia catalpa“, il bagolaro, le diverse varietà di salici, il ribes, 1’ uva spina, la „Pueraria Thunbergiana“, la rosa, la vite, l’ortica, il geranio, il pelargonio, la zucca ed i fagioli ne vengono pure attaccati. I rimedi curativi di natura chimica sono miscugli o meglio detto emulsioni acquose di 9 a 10 per cento di olio pesante di catrame o di petrolio greggio, a cui si aggiunge una certa quantità di soda caustica o sale di cucina ed olio di pesce; inoltre vengono in commercio dei Fig. 191. Sezione longitudinale di un follicolo maschile contenente una ninfa N di 2.a età; SI spoglia larvale; Sp spoglia della ninfa di l.a età; C parte cerosa del follicolo. Ingrandimento 40 volte. a Ninfa maschile di l.a età della Diaspide n * » 2.a » » Ingrandimento 100 volte. miscugli già preparati, pure à base di olio di catrame, p. e. il Diaspifugo di Bozzetto e Sala di Bergamo, il Diaspicida del dottor Koch di Milano e la Dendrina di R. Avenarius di Vienna, ecc. Le prove istituite lo scorso decembre in nostra presenza su gelsi infetti diedero per risultato, che con i suddetti rimedi non si riesce ad uccidere le femmine ibernanti, perchè lo scudetto che le protegge non permette la penetrazione dell’ emulsione. Malgrado che questa sia stata spruzzata a profusione sul tronco e rami infetti, non si riuscì di scoprire che poche femmine morte per causa del trattamento. Più efficaci riescono invece i suddetti rimedi, se applicati d’ estate sopra diaspidi appena o da poco schiuse dall’ uovo, quando cioè sono ancora sprovviste dello scudetto ; ma un simile trattamento danneggia non poco la vegetazione e rende la foglia, anche se cosparsa in leggiero grado dal rimedio, inadatta all’ allevamento. 11 trattamento estivo richiede quindi speciali cautele e lo si può estendere soltanto attorno il palco e sui rami più resistenti agli effetti dell’ insetticida, perchè protetti da grossa corteccia. Ad ogni modo prima di trattare i gelsi durante la vegetazione è indispensabile di provare il rimedio su alcuni rami per vedere come viene sopportato dal gelso. Sopratutto ai rimedi di ignota composizione, spacciati al solito con la gran cassa della rèclame, sono spesso assai pericolosi e chi volesse provarli, li sperimenti prima in piccolo. 1 trattamenti contro la Diaspide sono resi sempre difficili nelle regioni ove il gelso non viene regolarmente potato e che perciò il palco forma un intreccio troppo denso di rami tra i quali è malagevole arrivare coll’ insetticida. Si rimedierà a questi inconvenienti con una appropriata potatura biennale, e quando il palco fosse troppo ramificato, lo si poterà Fig. 193. Maschio alato della Diaspide veduto dal dorso. 100 volte iagrandito. a capitozzo, fig. 194. La potatura del gelso come è in uso nel Friuli giova assai a facilitare i vari trattamenti insetticidi per combattere la Diaspide. Metodi razionali di coltura ed abbondante concimazione possono fino ad un certo grado rendere più resistente il gelso agli attacchi della Diaspide, ma mai ad impedire la sua moltiplicazione. Negli ultimi tempi si volle coltivare il gelso in modo che tutto il suo tronco si trovi sotterra e che da esso non spuntino che tralci da potarsi annualmente. In tal caso la Diaspide non troverebbe attecchimento duraturo e non danneg-gerebbe la vegetazione. Noi non abbiamo finora veduta questa coltura che nei primi anni di sua esistenza e non possiamo pronunciare un giudizio in proposito. Dobbiamo però esprimere i nostri dubbi che il gelso, che è pure un albero e non una pianta erbacea, si adatti di rimanere sempre sotterra con tutti il suo tronco. Si volle citare 1’ esempio del Giappone ove siffatta coltura ad erbaio sarebbe in uso, noi però confessiamo di non averla mai vista : i gelsi si tengono colà a ceppaia bassa o rasente a terra, la quale coll’invecchiare, si innalza ad 1 metro e più sopra terra, punti d’ attacco per la Diaspide non mancano adunque a questa coltura. Un altro metodo di lotta, che possiamo denominare trattamento meccanico, è quello della spazzolatura del tronco e dei rami infetti. La medesima viene eseguita allo scopo di allontanare od uccidere le femmine ibernanti, le quali sprovviste come sono di organi locomotori, cioè di piedi, una volta che sono staccate dalla corteccia, muoiono infallibil- Fig. 194. Sul davanti un Gelso di 40 anni, non potato da tre anni, dietro a questo a sinistra gelsi della stessa età potati in primavera a capitozzo per rinvigorirli e facilitare il trattamento diaspicida. mente. Per questo trattamento si usano spazzole di varia foggia o pennelli fatti con sottili fili di ferro zincato (fig. 158 a pag. 172), ma anche le solite spazzole a fibra vegetale resistente giovano all’ uopo e si possono adoperare persino i tutoli di formentone, che sono assai adatti per arrivare negli angoli e nelle insenature dei rami. Questo trattamento è assai diffuso nella Lombardia ed in varie regioni è anzi il solo adottato, cosi p. e. nel Bergamasco. Esso deve essere eseguito assai accuratamente ed ogni anno, se ha da giovare. Di solito si impiegano squadre di operai sotto severa sorveglianza ; però la grande spesa per la mano d’ opera, che richiede, lo fa costoso in modo che alcuni rifuggono dall’adottarlo. 201 - Forse da noi troverà più facile applicazione, perchè la potatura annua non permette quella intricata vegetazione di rami di 2 a 3 e più anni, che ostacola tanto i trattamenti ; ad ogni modo esso dovrà essere eseguito con grande diligenza per essere efficace. 1 vari metodi di trattamento curativo contro la diaspide non incontrarono il favore degli agricoltori : la loro efficacia incerta, la difficile applicazione, la costosa mano d’ opera, la severa e continua sorveglianza degli operai indispensabile per un buon lavoro, il prezzo elevato del Fig. 195. Prospaltella Berlesei con le ali spiegate, 69 volte ingrandita. rimedio, che spesso danneggia la vegetazione, eJ altre cause ancora contribuirono a rendere la loro applicazione limitata più a scopi di sperimento che a trattamenti estesi. Attualmente tutte le speranze dei bachicoltori sono riposte nella lotta biologica della Diaspide, intorno la quale noi esponiamo quanto segue : Le varie specie di pidocchi delle piante hanno fra gli insetti dei nemici che li distruggono talvolta anche in gran numero, impedendo così che essi arrechino danno alla vegetazione. La Diaspide ha pure di tali nemici, cosi p. e. il piccolo scarafaggio o coccinella, „Chilocorus bipustulatus“, che trovammo qui da noi assai frequente sui rami infetti ; però la sua moltiplicazione è molto più lenta che quella della Diaspide, in modo da non riescire ad arrestarla nella sua diffusione. Invece nel suo paese d’ origine, in China ed al Giappone, la Diaspide ha in una piccola vespetta, appena visibile, denominata „Prospal-tella Berlesei“, il suo più acerrimo nemico, che non permette che essa Diaspide faccia danni. Questa preziosa proprietà indusse il Chiarissimo Professore Antonio Berlese, Direttore della Stazione entomologica di Firenze, a tentare di introdurlo nelle regioni più colpite dell’ Alta Italia. In un interessantissimo opuscolo il sullodato autore pubblica i suoi studi sulla Diaspide e sugli insetti suoi nemici, descrivendo vita e costumi di questi ed estendendosi in particolar modo sulla Prospaltella. Facciamo seguire un breve sunto di questi studi, correndandolo di alcune belle figure che dobbiamo alla squisita gentilezza del detto autore, al quale porgiamo qui le nostre più sentite grazie, anche pel valido Fig. 196. Prospaltella Berlesei in atto di deporre un uovo nel corpo di una Diaspide, 60 volte ingrandita. appoggio che egli volle sempre offrirci nei nostri studi sulla diaspide e sul suo parasito. Come già accennammo, la Prospaltella Berlesei è una vespetta, lunga meno di due terzi di un millimetro, rappresentata con le ali aperte nella figura 195 e con ali chiuse nella figura 196. Essa è, come la fillossera della vite, partenogenetica, cioè depone uova che danno nascita a larve senza subire una precedente fecondazione. Provvista di una specie di pungiglione, ossia organo ovopositore, la Prospaltella si serve di questo organo per perforare lo scudetto e la cute della sua vittima, e depone nell’interno del corpo di questa un uovo solo, fig. 196; fatto ciò essa va tosto in cerca di un’ altra vittima e così centinaia di Diaspidi vengono parasitizzate ognuna con un uovo per parte di una Prospaltella. Dall’ uovo nasce in breve la larva fusiforme, senza piedi, incolore e simile alla larva della mosca comune o dell’ api, la quale, nutrendosi degli organi interni della Diaspide, ingrandisce, si piega ad arco, fig. 197, e finisce per occupare mezzo e più del corpo della sua vittima, la quale acquista un colore giallo arancio intenso, facilmente distinguibile da quello delle Diaspidi sane che è giallognolo chiaro citrino. Raggiunto il suo massimo sviluppo questa larva subisce una metamorfosi dapprima in ninfa o crisalide, fig. 198, e poi si trasforma in insetto perfetto, munito d’ali, dall’aspetto di vespetta, fig. 195 e 196. Per sortire dalla Diaspide che la tiene prigioniera, questo insetto perfora lo scudetto e dopo pochi istanti vola in cerca di una vittima per deporre le sue uova. Il foro pel quale esce la Prospaltella, è sempre circolare, così da distinguerlo nettamente dalle aperture irregolari che talvolta si scorgono sullo scudetto e che derivano dal distacco dei residui della cute che la Diaspide giovane lascia alla muta nella parte più acuminata dello scudetto, fig. 199 e 200. Questo caratteristico foro circolare è un indizio sicuro che la relativa Diaspide venne distrutta dalla Prospaltella, che quindi questo suo nemico è diffuso nella regione, fig. 200. La Prospaltella adulta esce dalla Diaspide ibernante già in aprile ed infetta le Diaspidi sane avanti che queste incominciano la deposizione delle uova. Dopo 40 o 45 giorni segue una seconda generazione e così di seguito fino al novembre per guisa che dalla primavera all’ autunno si hanno da 4 a 6 generazioni di questi nemici della Diaspide. Dotata coni’ è di ali, la Prospaltella si diffonde non solo su tutti i rami di un albero, ma vola sugli alberi più prossimi e, trasportata dai venti, percorre anche distanze maggiori. Fig. 197. Diaspide femmina con la larva della Prospaltella nel corpo. Ingrandimento di 60 volte. Fig. 198. Diaspide femmina colla ninfa o crisalide della Prospaltella nel corpo. 60 volte ingrandita Se sopra un gelso, colpito dalla Diaspide, viene a poggiarsi una od alcune Prospaltelle, queste nel primo anno non potranno infettare che poche Diaspidi, che perciò difficilmente si scorgeranno. Converrà lasciar trascorrere un paio d’anni prima che si renda palese con un numero maggiore di scudetti perforati l’avvenuta moltiplicazione de! parassita della Diaspide e solo allora potrà aver luogo una sua diffusione più intensa sulla pianta eolpita od una sua maggiore dispersione su quelle Fig. 199. Ramo di gelso con scudetti della Diaspide aventi il foro circolare prodotto dalla Prospaltella c con foro irregolare e più grande derivante dal distacco della spoglia o cute larvale, cinque volte ingrandito. circonvicine. E quando questo sarà successo, non tarderà che la Prospaltella prenda il sopravvento ed arresti la moltiplicazione della Diaspide e quindi impedisca che si manifestino i danni che questa altrimenti avrebbe arrecati al gelso. E così si spiega che nel paese d’origine della Diaspide questa non fa danni sensibili, anzi a noi, nelle nostre peregrinazioni nei centri sericoli più importanti del Giappone, non fu dato di udire nessuna isp ÉSflHfe Mts »IIP lagnanza per causa della Diaspide nè potemmo rinvenirla benché altre malattie e particolarmente il Mombobio o fungo delle radici, menava stragi, così per esempio a Kyoto ove i bachicoltori ne erano molto impensieriti. I primi tentativi del Prof. A. Berlese furono intrapresi nel 1906 con rami importati dagli Stati Uniti dell’America del Nord che, legati con fili di ferro, si esposero su gelsi infetti nelle vicinanze di Milano; nel 1908 I' Fig. 200. Ramo di gelso con Diaspidi parassitizzate. I. Diaspide normale da cui si levò lo scudetto. — 2. Diaspide morta e suo scudetto ripiegato a destra di sotto. — 3. Diaspide prospaltizzato di colore rosso bruno aranciato e dal corpo allungato. — 4. Diaspide con foro circolare da cui uscì la Prospaltella, di sotto lo scudetto capovolto della stessa Diaspide. — 5. Ninfa da cui è levato lo scudetto. — 6. Scudetto della Diaspide colla spoglia larvale, gialla aranciata eccentrica. — 7. Scudetto con buco irregolare, non proveniente dalla Prospaltella ma dalla caduta della spoglia larvale. — 8 Scudetto con foro circolare da cui sortì la Prospaltella. — 9. Follicoli della Diaspide maschile. — 10. Giovane larva dotata di zampine della Diaspide. II. Prospaltella Berlesei, in atto di deporre l’uovo nella Diaspide femmina. — 12. Pro- spaltella Berlesei in cerca della sua vittima. Ingrandimento 20 volte. un’ ulteriore importazione di Prospaltelle ebbe luogo dal Giappone ; che vennero disseminate a Genova, Casale Monferrato, Vanzago presso Milano, Pisae Caserta. Come era da attendersi alla primavera dell’anno seguente la Prospaltella si diffuse solo in piccole proporzioni. Così a Vanzano a stento la si potè trovare, ma nell’ estate dello stesso anno aveva attaccato sullo stesso gelso almeno 1’ 80 per cento della Diaspide, e gelsi vicini ne erano già inquinati. L’ anno seguente l’invasione della Prospaltella aveva raggiunto non solo tutti i gelsi di quella proprietà di circa tre ettari, ma era arrivata oltre alle siepi ed ai muri su gelsi più lontani. 11 Professore A. Berlese ritiene che l’aumento della Prospaltella dal 1908 al 1910 sia stata dall’ 1 al 5000, e crede che la Diaspide abbia una moltiplicazione di gran lunga inferiore alla prima, quindi spera che il suo nemico potrà distruggerla. La diffusione a grande distanza il Prof. Berlese volle tentarla disseminando rami di gelsi con la Diaspide parassitizzata in moltissime località sericole dell’ Italia. 1 risultati finora conseguiti sono davvero assai incoraggianti poiché dappertutto si osservò una moltiplicazione e diffusione della Prospaltella, come noi pure, nelle nostre ripetute escursioni, potemmo constatare ampiamente. Questi fortunati risultati indussero 1’ Ufficio agrario della Giunta provinciale di Gorizia di tentare la disseminazione della Prospaltella su alcuni principali centri d’infezione della Diaspide del Goriziano. Le prime prove furono intraprese nel 1911 e diedero subito un risultato così sorprendente da estenderle nell’ anno seguente su quasi tutti i focolai scoperti, ed anche queste prove, come noi abbiamo avuto campo di osservare, ebbero pieno successo così che si può dire che la Prospaltella è diffusa in provincia altrettanto che la Diaspide c che in due a tre anni si dovrà vederne 1’ effetto. Noi diciamo due a tre anni, perchè altrove, così p. e. a Campocroce potemmo vedere che il terzo anno dopo la semina della Prospaltella, questa si multiplicò e diffuse per modo da immunizzare i gelsi che prima presentavano infezioni così intense da poterle scorgere da lontano ; diciamo immunizzare notando che il termine è da prendere nel senso relativo non assoluto. Diaspidi si scorgono ancora sugli alberi immunizzati, ma esse non sono che in piccolo numero ed in certo modo innocue. Analoghi risultati si ebbero pure in varie plaghe dei distretti di Riva e di Trento. Nella limitrofa provincia di Udine e così pure in quella di Treviso i risultati degli effetti della disseminazione della Prospaltella sono ancora più appariscenti perchè l’inizio delle prove data da qualche anno di più che da noi. 1 pratici agricoltori sono in queste regioni già così convinti dell’ utilità della Prospaltella che acquistano a 50 e più centesimi rametti di gelso con Diaspide prospal-tizzata — i cui caratteri sono ad essi ben noti — per seminarli sui gelsi infetti, sicuri di avere in brevi anni l’effetto sperato, ben superiore a quello che poterono finora conseguire coi trattamenti curativi. Un fatto assai interessante avemmo campo di constatare nel territorio di Trieste ove sei anni fa la Diaspide non aveva risparmiato neppur un gelso ed aveva invaso fortemente anche le numerose Broussonettie papirifere dei giardini. Nel 1910 furono esposti pochi rametti di gelso provenienti dal Giappone in una villa presso Barcola; i quali durante il trasporto soffersero in modo da ritenere impossibile che il materiale fosse atto alla diffusione della Prospaltella. Nel 1912 visitammo tutto il territorio di Trieste e trovammo la Prospaltella diffusa per ogni dove, persino sull’altipiano del Carso a 300 m sopra il livello del mare, così a Opicina ed a Trebiciano ; la Diaspide a sua volta era in forte diminuzione o quasi sparita. Questa diminuzione si osservava proprio su quelle piante che di solito erano le maggiormente invase e precisamente la Brousso-nettia, che noi riteniamo essere la pianta madre della Diaspide, così intensamente la vedemmo sempre infetta. A noi sembra una cosa impossibile che la Prospaltella si abbia diffuso da quei tenui rametti in breve volgere di pochi anni nel modo esteso che noi potemmo constatare e riteniamo invece che la si avesse importata, forse a più riprese, con prodotti di vivai dall’ Italia di cui se ne fa un commercio attivo a Trieste. Comunque sia, sta il fatto che in breve volgere d’ anni la Prospaltella si potè diffondere su un vastissimo territorio ed anche in senso verticale, senza che la coltura del gelso sia così intensiva come in paesi sericoli; nel Territorio di Trieste il gelso è sporadico e bisogna percorrere chilometri per trovarne, quà e là qualcuno lungo le strade od abbandonato nelle campagne. E questa è un altra prova della rapidità e facilità con cui il nemico della Diaspide si può diffondere a grandi distanze unicamente per mezzo delle correnti d’ aria. Ci rimane a dire poche parole sul modo di disseminare la Prospaltella in regioni infette dalla Diaspide. Durante l’inverno saranno da esplorare le regioni infette e notoriamente già invase dalla Prospaltella per scoprire quei gelsi che presentano molte Diaspidi con foro circolare, fatto dalla Prospaltella all’atto dello sciamamento. Un esame più attento, con aiuto di una lente di 4 a 5 volte di ingrandimento, potrà constatare se nelle Diaspidi ancora viventi si scorgono le larve ricurve, fig. 197, della Prospaltella; le Diaspidi che sono da queste invase presentano un colore bruno-aranciato, molto più intenso di quello citrino proprio alle Diaspidi sane. Trovate le Diaspidi infette dalla Prospaltella si demarcherà il gelso relativo e nella prima metà del Marzo si taglieranno i rami che presentano più Diaspidi, tenendoli possibilmente lunghi e scegliendo i più grossi. Per la spedizione si condizioneranno i rami in una cassa usando la precauzione di non schiacciare le Diaspidi. La cassa, appena giunta al luogo di destinazione, si porrà in luogo fresco e tosto che il tempo lo permette si procederà all’ appensione dei rami. Ciò si farà scegliendo gelsi molto infetti e fissando con filo di ferro i rami vicino al sito ove sono più Diaspidi ; questi rami saranno da esporre rivolti al sole, fig. 201. Per evitare una troppa sollccità disseccazione del ramo da semina sarà bene, come già si disse, di scegliere i più grossi, e di tagliarli lunghi almeno mezzo metro, fig. 202. Gli alberi che portano i rami di semina saranno da contrassegnare con una tabella colla scritta „Prospaltella, non toccare“. A secondo del quantitativo di rami che si ha a disposizione si appenderanno i medesimi a maggiori o minori distanze non eccedendo però i 100 metri; è preferibile di fare semine più vicine una alle altre e lasciare ai tempo la diffusione del parassito a grande distanze. L’ appensione dei rami da semina deve essere fatta entro la metà del marzo. Un metodo assai ingegnoso per la semina della Prospaltella ci venne suggerito dal Sig. Dr. G. Del Guercio, P egregio collaboratore del Prof. Ber-lese di Firenze, ed ecco in che esso consiste: Con alcune centinaia di gelsi da semina si pianta un vivaio che si infetta durante l’estate appendendo bene aderenti alla piantina, rami di gelso fortemente infetti da Diaspide avente in se il suo parassito. Le giovani larve della Diaspide non tardano ad attecchire e multiplicarsi e prima che giunga 1’ autunno saranno alla lor volta colpite dalla Prospaltella. Nella vegnente primavera si trapianteranno le piantine in gruppi di 4 a 6, in posizione soleggiata ed in tutta prossimità dei gelsi infetti da Diaspide che si vogliono immunizzare. In questa guisa si avrà, là ove si desidera, un focolaio di continua disseminazione, senza tema che per 1’ essiccazioni dei rami la Prospaltella vada a perire. Va da se che le piantine, dopo che sono rimaste due a tre anni sul sito, saranno da sradicare perchè hanno finito il loro compito e perchè saranno alla loro volta esse pure immunizzate. I gelsi su cui si fece la semina della Prospaltella non devono venire assoggettati a trattamenti curativi, i quali, uccidento la Diaspide, distruggerebbero in pari tempo la Prospaltella che si vuole appunto multiplicare Fig. 201. Ramo grosso d’ un gelso fortemente infetto da Diaspide, al quale si appesero con filo di ferro di sotto a sinistra tre rami di gelso con Diaspide prospal-tizzata. (Campocroce). e diffondere ; quand’ anche si osservasse qualche efflorescenza di Diaspide sarà tanto di guadagnato perchè questa offrirà cibo più abbondante ossia più numeroso all’ indomito appettito della Prospaltella. I risultati che noi finora potemmo vedere e qui da noi ed in Italia nella lotta biologica contro la Diaspide ci autorizzano alle seguenti conclusioni : 1. Il nemico della Diaspide, la Prospaltella Berlesei, si è accli-matizzata perfettamente qui da noi e sopportò impunemente i freddi intensi fino a 12° sotto lo zero, quanto i forti calori estivi ed il secco prolungato del 1911 e cosi pure la prolungata umidità del estate 1912. 2. La prospaltella si multiplica rapidamente e si diffonde già nel secondo anno a distanze fino ad un chilometro dal foco- laio di semina iniziale. 3. La disseminazione artificiale della Prospaltella riesce facilmente coll’appendere all’inizio della primavera rami con Diaspidi prospaltizzate su gelsi infetti da Diaspidi. 4. La Prospaltella si comporta ovunque egualmente distruggendo le Diaspidi ed immunizzando i gelsi in modo che questi vegetano normalmente e se malandati ripristano la perduta vigoria. Nutriamo ferma fiducia che i benefici effetti della lotta biologica vadino sempre più accentuandosi colla sempre più rapida diffusione del nemico della Diaspide e chi fu il geniale iniziatore di questa lotta trovi anche nella gratitudine di tutti i bachicoltori la ben meritata soddisfazione *). Fig. 202. Gelso infetto da Diaspide, sul quale si fissò un ramo di gelso con "Diaspide prospaltizzata, a Redipuglia presso Ronchi (Goriziano). Il suddetto ramo scorgesi, collocato orizzontalmente, nella corona dell’albero sopra la tabella portante la scritta : Prospaltella non toccare. *') In riconoscimento dei meriti acquistati dal Prof. A. Berlese nel vasto campo della lotta contro i nemici delle piante e pel valido appoggio che egli offrì sempre agli studiosi austriaci, Sua Maestà l’Imperatore gli conferì la Croce di Ufficiale dell’ ordine di Francesco Giuseppe. Porgendo al Chiarissimo Professore i nostri sinceri auguri per questa Ricognizione Sovrana nutriamo fiducia che essa gli sia di sprone per la sua sempre proficua attività in avvenire. 3. Le condizioni attuale della gelsicoltura ed il suo avvenire. Dalle falde occidentali del Carso Goriziano fin ai contrafforti del Monviso, per un estensione di un mezzo migliaio di chilometri, un’ immensa pianura, tutta verdeggiante di colture le più varie ha per albero dominante il gelso. Piantato accanto le strade, sugli argini dei canali, lungo i fossi od i confini dei campi oppure lungo le suddivisioni di grandi appezzamenti, talvolta maritato alla vite, di solito però specializzato in lunghi filari, bene allineati, esso prospera vigoroso ovunque e procura all’ Alta Italia un reddito annuo di oltre un centinaio di milioni Fig. 203. Doppio filari di gelsi ad alto fusto od a potatura biennale a Cainpocroce di Mogliano Veneto. di lire, una somma equivalente al valore di due terzi di tutta la sua produzione serica. Di coltura secolare, che negli ultimi tempi andò grandemente estendendosi, non esigente, elemosinando il nutrimento dai campi concimati in sua vicinanza, di regolare accrescimento, quand’ anche annualmente spogliato dalla sua fronda proprio nel periodo della sua massima attività vegetativa, suscettibile a tutte le potature, bene acclimato fino ad altezza di quasi 1000 m, il gelso è divenuto una pianta indigena delle più utili ovunque viene coltivata. Si riproduce da seme, però le piantine danno una foglia piccola e troppo frastagliata, specialmente coll’ invecchiare, perciò si preferisce innestarvi sopra varietà selezionate, possibilmente sterili ed a fogliame grande ed intero, che portano vari nomi, p e. Rosa di Lombardia, Bastarda, Gallarana, Ghiaccinola, Ce-drona, Limoncina, Rosa, Veronese, Toscana, Incalmo moro, ecc. La nomenclatura di queste varietà non è purtroppo ancora bene stabilita e vi esistono sinonimi che denotano la stessa varietà in varie regioni. Gli innesti si fanno di solito a becco di luccio e gli astoni sono il 2.° anno levati dalla nestaiuola per essere piantati a dimora stabile, 6 m a 10 m uno dall’altro in file distanti da 10, 20 e più metri a se- Fig. 204. Doppio filare di gelsi lungo un fosso di scolo a Piacenza. conda dell’ appezzamento e del suo confine o contorno. Il campo adiacente viene arato fino vicino 1’ albero, però le colture — cereali e piante sarchiate e foraggiere — non se ne risentono gran che, considerato che il loro periodo di massima vegetazione e maturanza avviene proprio all’ epoca in cui i gelsi sono più o meno spogli della loro fronda. Se un danno sensibile si fosse osservato sulle piante coltivate sotto il gelso non si sarebbe data alla sua coltura quella estensione che ha ora; d’altronde, non volendo del tutto negare questo danno, è giusto convenire che, quand’ anche esso è manifesto i vantaggi che si ricavano dal gelso, lo ricompensano largamente. I filari sono quasi esclusivamente ad alto fusto, fig. 203, 204 e 205, raramente si riscontra il gelso formare una bassa siepe ai bordi dei campi verso la strada ; talvolta esso si alterna con ceppi a medio o basso fusto, fig. 149 a pag. 161. Il tronco dell’alto fusto non è quasi mai oltre i 2 metri da terra e vi si arriva con una bassa scala a sfrondarlo comodamente, e se coll’andare degli anni l’albero, crescendo, diviene troppo alto, una ragionevole potatura a capitozza lo abbassa ed in pari tempo lo ringiovanisce, conservandogli quella bella forma a vaso, che si osserva da per tutto dove il gelso è preso nella voluta considerazione, fig. 147 a pag. 160 e fig. 206 e 207. Solo nel Trentino e nelle valli adiacenti nonché in certi paesi montuosi o meridionali questa potatura è trascurata e così avviene che quivi i gelsi vanno su su come tanti pioppi, a raggiungere altezze vertiginose Fig. 205. Doppio filare di gelsi a potatura annua lungo una strada campestre a Redipuglia (Goriziano). di oltre 10 a 12 m ed a far rompere le ossa ogni anno a più d’ uno nel raccogliere la foglia, fig. 208 a 211 *). È uso generale di raccogliere la foglia spiccandola dai rami, e questi vengono recisi ogni due o per lo più ogni tre anni ; con questa potatura si impedisce non solo una soverchia ramificazione dei getti, la quale renderebbe malagevole la raccolta, ma si mantiene l’albero in giusta *) In Ungheria i gelsi piantati per ordine di legge su larga scala, sotto il regno di Maria Teresa dal XVIII secolo, per lungo tempo non vennero utilizzati, e così poterono svilupparsi ad alberi giganteschi, ora si sfrondano ma la raccolta della foglia è alquanto rischiosa e perciò T Ispettorato per la bachicoltura in Ungheria deve versare alla Cassa contro gli infortuni del lavoro una speciale quota di assicurazione per tutti i bachicoltori. Ora la potatura a capitozza si pratica colà su larga scala e con grande vantaggio per molti riguardi. proporzione d’accrescimento. Solo nel Friuli i gelsi vengono potati di solito annualmente e ciò si fa recidendo i rami vicino al tronco e lasciandoli cadere a terra ove si raccolgono e si trasportano a spalla o Fig. 206. Doppio filare di gelsi un anno dopo il taglio a capitozza, lo stesso filare come a fig. 203. con carro a casa, fig. 150 e 151 a pag. 163. Per le prime età si spicca la foglia dai rami recisi, dopo la 4a muta la si ammanisce con i rami interi distribuendoli ad ogni pasto su cavalloni o pezzoni o grisoloni. Fig. 207. Doppio filare di gelsi con tralci di un anno; lo stesso filare come a fig. 203. Questo metodo fa risparmiare gran mano d’ opera, tanto nella raccolta della foglia, quanto nella somministrazione dei pasti ed offre inoltre il vantaggio che si può sollecitamente raccoglierla. Distribuita la foglia attaccata ai rami, essa si conserva fresca più a lungo e non viene pigiata dal corpo dei bachi come col metodo dei graticci orizzontali ove si imbratta di escrementi e di bachi morti e non viene consumata così completamente come nel primo caso. La potatura annua e praticata in tutta l’Asia minore, l’Asia centrale, nella China e nel Giappone senza che giammai si abbia motivo di lagnarsene, nè per danni sui gelsi, nè per diminuito o scadente raccolto dei bozzoli, e noi invero non sappiamo spiegarci perchè il sistema non abbia trovato la diffusione che merita anche altrove. Un solo motivo plausibile parla contro il medesimo: nelle regioni ove i getti messi durante l’estate non raggiungono la perfetta maturanza di lignificazione a-vanti i primi freddi o geli dell’ autunno, là potrà succedere che questi mortifichino l’estremità ancora verde dei rami e cagionino così un danno al raccolto della foglia del seguente anno, ci sembra però che questa eventualità non sia da temere in gran parte del-l’Alta Italia come non la si teme nella sua parte più nordica che è appunto il Friuli. * * * Osserviamo che la potatura annua propriamente detta, come è in uso nel Friuli, viene eseguita tosto dopo la raccolta della foglia, che si fa recidendo i tralci in tutta prossimità del legno vecchio, ma per non perder tempo, lasciando sempre un piccolo moncone ancora attaccato all’albero, fig. 150 e 151 a pag. 163. Il più presto possibile, ma sempre entro il giugno, si procede ad una pulitura di tutti i monconi col tagliarli rasente il legno e si lascia un corto sperone all’ estremità del ramo quando si vuole prolungarlo onde ampliare il palco per dare più aria ai getti futuri. Questa potatura del gelso è identica a quella che si compie per la raccolta dei tralci da vimini per cestai *). I gelsi che si vogliono assoggettare a questo metodo di coltura devono avere il palco ramificato a foggia di vaso aperto ed essere allevati in questa guisa fino dal primo impianto. A parità di condizioni di vegetazione e di età i gelsi potati alla friulana danno però meno foglia che i gelsi con potatura bi- o triennale. Tuttavia i vantaggi che presenta la potatura annua son ben noti dall’Asia minore fino all* Estremo Oriente ove tro-vansi i gelsi quasi tutti così coltivati. Però colà predomina la cultura specializzata di gelseti a ceppo basso, in file da 1 a più metri una dall’ altra. Anche in Italia si sperimentò questa coltura e noi conosciamo in vari luoghi gelseti che sono prosperosi. Ne citiamo a modo d’esempio uno piantato 15 anni fa nella tenuta del compianto Cav. P. Motta di Campocroce presso Mugliano Veneto, fig. 212. La piantagione è in file, a 3 m una dall’altra e nelle file sono poste le piante a distanza di 1.50 ni ; si usa la concimazione regolare ogni due o tre anni e precisamente un interfilarc riceve stallatico ed il prossimo un sovescio di trifoglio e così via; la seguente concimazione si alterna per modo che l’interfilarc che ebbe lo stallatico riceve ora il sovescio e viceversa. La produzione fu sempre buona e raggiunse fino i 40 q per ettaro e, cosa importante assai, la lotta contro Fig. 209. Filari di gelsi altissimi con potatura trascurata a Trento. *) Osserviamo che nel Friuli occidentale oltre alla potatura annua suddescritta è praticata anche quella biennale, cioè, per alimentare i bachi nella prima età, si suole spiccare la foglia dai rami e si potano questi appena nell’ anno seguente quando hanno fatto il 2° getto; questi ultimi rami si danno interi e con tutta la foglia in pasto ai bachi nella quinta età. In annate però di scarsità di foglia si pratica la potatura annuale su tutti i gelsi. la diaspide cogli insetticidi tosto dopo la raccolta della foglia, quindi in giugno, diede il migliore dei risultati *). Un metodo di coltura intermedia fra i filari propriamente detti ed i gelseti è quello da noi visto pure a Campocroce nel quale si trovano file di gelsi fra appezzamenti di 6 m di larghezza, destinati alle coltivazioni arative intercalari di trifoglio e granoturco, concimando il primo con 6 q di perfosfato e con letame e 4 q di crisalidi il secondo per ettaro. Nelle file di questo impianto i gelsi a medio fusto si alternano con quelli di basso fusto a distanze di m 1 '/2. La varietà è quella detta Rosa Veronese su incalmo moro. Notiamo che questo impianto di 26 anni d’età ebbe pure con buon successo il trattamento insetticida,**) fig. 213. * * * Negli ultimi anni si vollero sperimentare i cosidetti gelseti a prato nei quali le piantine stanno una assai vicina ali’ altra così che ne vedemmo di quelli in cui le stesse erano fino a 30 cm una dall’ altra nelle file e queste a 80 cm distanti. Taluni, ritenendo un po’ troppo poco lo spazio per un gelso, distanziarono nelle file le piantine fino a 50 e 60 cm ed allargarono le file fino a 1 m. Simili impianti, potati raso ai suolo hanno nei primi anni una lussureggiante vegetazione e producono tanta foglia da formare come un denso cespuglio traverso la quale non è dato vedere il terreno, fig. 214 e 215. La produzione in foglia, favorita anche da opportune concimazioni, è in questi gelseti, secondo le osservazioni di chi li coltiva, assai sollecita ed abbondante. Oltre a questo vantaggio *) Noi abbiamo sempre insistito che i trattamenti insetticidi debbono farsi poco tempo avanti il germogliare del gelso o tosto dopo la raccolta della foglia e la ragione è questa : d’inverno lo scudetto della Diaspide aderisce talmente alla corteccia che le gocciette della miscela non vi possono penetrare sotto e giungervi a colpire l’insetto, e per colpirlo traverso lo scudetto la natura o la concentrazione dell’ insetticida dovrebbe essere così caustica da danneggiare facilmente il legno del tronco e del tralcio e le sue gemme ; in primavera e fino dal marzo, gli ovari della femmina si rimpinzano così che il corpo gonfiandosi distacca lo scudetto dalla corteccia alla quale prima era fortemente attaccato con i suoi orli ; traverso la fessura cosi formata la penetrazione del liquido riesce facile, come lo si può constatare subito dopo un trattamento poiché la corteccia sotto lo scudetto è bagnata. I pratici sanno per prova che quando l'insetticida riesce a bagnare la corteccia sotto lo scudetto allora la sua efficacia è certa. D’estate, cioè dopo il taglio dei tralci, la diaspide è in pieno sviluppo ed è proprio a quest’ epoca che nasce la sua 2» generazione, la quale dotata di organi di movimento va in cerca del punto ove fissarsi e, sprovvista ancora dallo scudetto protettore, può facilmente essere colpita ed uccisa dall’ insetticida. Siccome questo lascia di solito intatte le abbondanti ovature, queste, breve tempo dopo il trattamento, — in 8 o 10 giorni al più — nascono ed è allora il vero momento di fare un secondo trattamento. **) Dobbiamo i dati surriferiti all’ egregio sig. Ugo Fabris solerte amministratore della tenuta di Campocroce, che ringraziamo qui sentitamente. — 217 - ne vengono annoverati anche altri ; così il precoce sviluppo della foglia in primavera in confronto a quello di gelsi ad alto fusto, la facile raccolta, la maggiore facilità di salvare la foglia dalle brinate mediante le fumate ed infine la resistenza contro la diaspide, la quale trovando il tronco sotterra non può attaccarsi e danneggiarlo, e quest’ ultimo vantaggio è quello che viene più di tutti apprezzato*). A noi manca una sufficiente esperienza per pronunciarci in modo attendibile su questo metodo di coltura e quanto potemmo vedere di esso non ci autorizza a dichiararlo senz’altro meritevole della più vasta applicazione ed atto a sostituire con vantaggio i vecchi impianti a filari ed eccone le ragioni : Il gelso, come tutti gli alberi, ha bisogno di espandersi e nel suolo colle sue radici e nell’aria con la sua fronda e soltanto se ha sufficiente spazio prospera, diviene grande ed è di lunga durata fino a divenire secolare. Col- tivato che sia, diremmo come fosse in vivaio, con piantine una presso l’altra, fitte fitte, non può durare molto e questo lo sanno coloro che preconizzano la coltura dei gelseti a prato, che devono venire rinnovati perchè diminuiscono in produttività dopo 6 a 8 anni ed anche prima se si trascurano frequenti sarchiature. Un altro inconveniente, che in certe annate può farsi grave, è quello dell’ insorgere della ruggine o fersa, dovuta al fungo parassita Sphaerella o Septoria mori, il quale, framezzo la densa vegetazione e vicino al suolo Fig. 210.; Gelso bene capitozzato due anni innanzi, a Campo Trentino presso Trento. *) Dobbiamo però notare che venne fatta 1’ osservazione che la diaspide, al pari del pidocchio sanguigno del melo, può vivere anche sulle radici. Crediamo di non errare attribuendo la apparizione più intensa della diaspide sulle radici al suo rifugiarsi su queste, in stagioni molte secche e calde, poco confacenti alla medesima, amante come è di frescura ed umidità, come lo dimostra la sua permanenza nella parte ombreggiata dei rami o del tronco del gelso. trova le condizioni propizie alla sua diffusione e moltiplicazione, cioè umidità, aria stagnante e calore, e sotto queste condizioni può fare danni al raccolto in corso e così pure a quello dell’ anno prossimo. È noto come la fersa comparsa in primavera ritarda la vegetazione, intristisce tutta la pianta ed arresta la vegetazione dei tralci, così d’ averli meschini ed immaturi. Anche gelsi ad alto fusto e in filari soffrono della stessa malattia, ma ciò avviene di rado e mai così intensamente come nei gelseti bassi; di solito l’infezione compare sui gelsi alti in autunno ed allora non è così perniciosa. Il vantaggio dell’ immunità dalla diaspis sarebbe invero di grande importanza nei gelseti a prato ma noi non possiamo porre in essi piena fiducia ed ecco perchè : è impossibile tenere, anche con scrupolosa rincalzatura, il ceppo del gelso sotterra : ogni anno esso elevasi alquanto e finisce per innalzarsi così da esporre la sua corteccia agli attacchi della diaspis; questa, d’altronde in annate di grande invasione, non risparmia i getti dell’ anno, anzi li può persino mortificare, come vedemmo in qualche località nel 1910. Vero è che il ceppo basso facilita grandemente i trattamenti curativi ancora necessari fino a che la Prospaltella, per vie naturali ed artificiali non siasi diffusa, come si spera, da divenire padrona sulla Diaspide; ci auguriamo vivamente che ciò avvenga presto. - Fig. 211. Gelso altissimo con potatura a capitozza nell’ anno antecedente, eseguita troppo in alto a Campo Trentin presso Trento. * * * Malgrado tutte queste nostre prevenzioni dobbiamo dichiarare che il gelseto a prato — che diremo meglio a cespuglio — è un ottimo mezzo per avere presto abbondante foglia e coprire così i bisogni quando per una ragione o 1’ altra si è costretti a sradicare una parte dei vecchi - 219 - gelsi a filari in un dato terreno od appezzamento per poi rinnovarli altrove. Lo sradicamento di filari si renderà necessario quando si hanno da fare nuovi impianti specializzati, p. es. vigneti o frutteti, o quando 1’ a-ratura a trazione meccanica, che in certe regioni si fa sempre più strada, obbliga ad avere appezzamenti molto estesi, sgombri da ogni intoppo. Noi riconosciamo questa necessità ma insistiamo che essa non abbia per conseguenza lo sradicamento di tutti i filari dell’appezzamento; si lascino quelli ai confini ed ai margini dei fossi e delle strade, sui terrapieni e là ove non ingombrano : i gelsi vicino alle altre colture arative non fanno Fig. 212. Gelseto specializzato a ceppo basso di 15 anni, a potatura annua a Campocroce di Mogliano Veneto. male e che così sia, lo dimostrano i filari vecchissimi che esistono da noi nel Goriziano ed in tutta 1’ alta Italia e che certo non si avrebbero piantati nè ripetutamente rinnovati se apportassero danno apprezzabile alle prossime colture. Rammentiamo che quasi la totalità della produzione dei bozzoli in Italia è dovuta ai gelsi a filari e troviamo affatto intempestivo il voler negare a questi il loro diritto d’esistenza anche in avvenire. Se la coltura specializzata p. e. della vite, degli alberi fruttiferi e degli olivi si impone ed è la sola che possa dirsi veramente razionale, non è lo stesso pel gelso ; questo solo in certi particolari casi offrirà con tale coltura il tornaconto di chi la adotta, in tutti gli altri sarà meglio piantato ad alto fusto in semplici filari. Insistiamo su questa coltura del gelso ad alto fusto perchè essa è la più produttiva e la più confacente alla natura della pianta, la meno esigente in fatto di cure e concimazioni, mentre dà costantemente molta foglia, la più sana, e permette di utilizzare molto bene quei tratti di terreno che altrimenti sarebbero poco o nulla produttivi ; Fig. 213. Filare di gelsi ad alto fusto alternanti con gelsi a basso fusto, framezzo aiuole coltivate a Campocroce. Fig. 214. Gelseto a prato, piantato nel 1911 e fotografato nell’autunno 1912 nella tenuta del Conte O. Collabo a Susegana presso Conegliano. infine il gelso così coltivato è di una durata ben più lunga, il quale ultimo vantaggio è assai importante, poiché sappiamo per lunga esperienza quanta poca voglia hanno i nostri contadini di fare nuovi impianti ove e quando occorrono : a loro riesce più facile di sradicare alberi adulti perchè di solito non pensano quanti anni occorrono prima che un gelso entri in piena produttività. 1 gelsi a siepe od a basso o medio fusto, anche se piantati in filari ai margini degli appezzamenti o su terreno che altrimenti non si potrebbe sfruttare, non danno mai tanta foglia quanto un eguale numero di gelsi ad alto fusto in filari anche piantati ad uguale distanza. I vantaggi che offrono i gelsi a basso fusto — astraendo dalla facilità della lotta insetticida — stanno nella sollecita raccolta della foglia, ma questa non richiederà gran lavoro di più se Fig. 215. Gelseto a prato di 6 anni a Salgaredo ; sul davanti due ceppi spogliati dalla foglia per lasciar scorgere i tralci dell’anno. l’impalcatura del gelso verrà mantenuta nelle volute proporzioni con potature se non annuali almeno biennali e con frequenti e bene intenzionati capitozzamenti. * * * In molti paesi, la bachicoltura, una volta fiorente, è ora quasi scomparsa per varie cause, ma spesso e principalmente perchè gli allevatori non trovarono più i prezzi di una volta; piuttosto di contentarsi di un utile minore rinunciarono al tutto. Là ove le nuove industrie sorte in vicinanza di regioni sericole assorbirono la mano d’ opera o la resero cara, non è possibile che la bachicoltura prosperi come per 1’ addietro. Bisogna impedire invece con ogni sforzo possibile, che il reddito della gelsicoltura vada a cessare, e che si insinui il disinteressamento - 222 — per la bachicoltura nella popolazione rurale. Lo sradicare i gelsi senza plausibile ragione, è un primo passo a provocare questo disinteressamento il quale può in breve estendersi oltre ogni previsione. Distruggere è più facile che fare o creare. Esempi tristi ne abbiamo molti e sieno essi di salutare avviso a coloro che hanno interesse a conservare un ramo così bello dell’ agricoltura come quello dell’ allevamento dei bachi. — 223 — 4- Le capanne per 1’ allevamento dei bachi nella Transcaucasia. Nell’ intento di diffondere la bachicoltura nelle regioni meridionali d’Italia, il chiar. prof. Quajat con giusti criteri proponeva nel 1910 di sperimentare i „Tilimbar“ in uso in Persia *). Piantate nel mezzo dei gelseti, di facile e speditiva costruzione e quindi di poco costo, capaci di contenere molti bachi in piccolo spazio e bene arieggiate, queste capanne offrono i vantaggi richiesti per introdurre e far prosperare un’ industria casalinga così semplice come quella dell’ allevamento dei bachi, in paesi a clima mite, nei quali mancano locali adatti e la mano d’opera a buon mercato. Ed infatti le esperienze finora istituite nel Mezzogiorno d’Italia coi Tilimbar diedero risultati così incoraggianti da far desiderare la loro più ampia diffusione **). Oltre ai Tilimbar si usano nella Transcaucasia anche altre costruzioni semplici e spesso usate anche per abitazioni, che meritano di essere conosciute e che perciò noi ci facciamo a descrivere attenendoci alle illustrazioni e descrizioni del Direttore, N. Schavroff nell’ Annuario della imp. Stazione bacologica del Caucaso a Tiflis del 1887 e 1888. L’Autore esordisce ricordando che proprietari di vaste tenute ai quali non mancano i mezzi, non trovano difficoltà di erigere adatte bigattiere munite di quanto richiedesi per un razionale allevamento di bachi. Altrimenti avviene invece pel piccolo contadino che è costretto ad aiutarsi come meglio può, erigendo col materiale che gli è più a portata e senza gran spesa, una capanna assai primitiva nella quale alleva i bachi in primavera e della quale si serve il resto dell’ anno come di ripostiglio per le masserizie di casa e non di rado anche per dimora. Un materiale che è frequente in quelle regioni è la pietra. Così nella parte orientale del distretto di Tiflis, ove la bachicoltura fu introdotto fino dal quinto secolo, si costruiscono capanne, fig. 216, adossate *) Quajat E. : Allevameto dei bachi da seta nel „Tilimbar“ 1910, Padova. **) Confrontasi : Prof. Dr. G. Leonardi : Risultati ottenuti coltivando i bachi col tipico Tilimbar persiano e vantaggi che offre questo metodo economico in confronto di altri sistemi usati fin qui in Italia, e dello stesso Autore : Nuove esperienze di coltivazione dei bachi coi tipici Tilimbar persiani. Entrambe queste interessanti memorie apparvero negli annali della R. Scuola superiore d’agricoltura di Portici, V. e X. Una buona e succinta descrizione diede anche E. Bisson, 1 Tilimbar, Padova, 1912. — 224 — al monte, con gran massi di pietra, i cui interstizi sono chiusi con argilla, erba o muschio. Una sola porta serve all’ aria ed alla luce, il tetto è orizzontale e fatto di argilla stesa sopra assicelle e frasche sostenute da grosse travi. I bachi vengonojtenuti sopra graticci appesi lungo le pareti Fig. 216. Nel distretto di Tiflis si costruiscono capanne adossate al monte. o pendenti dal tetto ; per la ventilazione si aprono dei fori traverso il tetto, i quali, quando piove, vengono chiusi. Non di rado queste capanne servono anche di dimora, ed allora sopra il focolaio si apre nel tetto un Fig. 217. Nel distretto di Zanghuesur le capanne sono provviste di piccole finestre. foro che serve da camino. Di solito in tali capanne regna spesso aria impura e 1’ allevamento non può farsi che in piccola scala e male ; di stufe non se ne parla, e così i bachi sono esposti spesso a forti abbas- samenti di temperatura e stentano a salire sul bosco perchè l’allevamento si prolunga sovente troppo. Non molto diverse sono le capanne, fig. 217, del distretto di Zan-ghuesur, le quali però sono provviste di piccole finestre. Nelle nostre regioni alpine e quando manca il legame, i pastori erigono in modo analogo ricoveri con sole pietre, che servono per se stessi, per gli animali Fig. 218 Nel Djewanshire, la regione delle steppe della Transcaucasia orientale, tronchi d’albero sostengono un basso tetto coperto di frasche ed argilla, le pareti sono fatte di canne palustri. che si trovano al pascolo e pel fieno. Spesso il tetto dei medesimi è coperto di grandi lastroni di pietra che dà al tutto un aspetto primitivo e di grande solidità. Ove il materiale non manca per simili costruzioni crediamo che esse si potrebbero usare anche per l’allevamento, e non sarebbe difficile porre in qualche angolo un focolaio con sovrastante camino pel necessario riscaldamento. Nelle regioni boschive ed ove il materiale non è lontano, una eccellente costruzione è quella dei blokhouse, fatta con grosse travi come le nostre capanne alpine o forestali. Raramente sarà possibile di costruirle al piano o nelle regioni coltivate perchè quivi il materiale sarebbe troppo caro. Invece tornerà assai vantaggioso costruire lo scheletro della capanna in travi e chiudere con pareti fatte di un intreccio di vimini, di giunchi, di canne palustri, di canne gargane o di materiali facili ad aversi in vicinanza. Una capanna primitiva assai, di questo genere, è quella che vedesi nella fig. 218 in uso nel Djewanshir, che è la regione delle steppe della 15 Fig. 219. Nel distretto di Leukeran la capanna ha un gran tetto di paglia di riso sotto il quale si fa l’allevamento e lo spazio a pianterreno serve di dimora. simili Transcaucasia orientale. Vecchi e contorti tronchi d’albero sostengono un basso tetto orizzontale e molto sporgente, coperto con argilla stesa su frasche che poggiano su Correnti ; le pareti sono fatte di canne palustri (Phragmites comunis) o di vimini spalmati di argilla frammista a letame. Una porta dà accesso all’ interno ed i bachi vengono allevati con rami interi di gelso distribuiti sopra paglia distesa sul suolo ; tali capanne Fig. 221. Le capanne del distretto di Aresch sono meglio costruite misurano da 6 a 8 m in lunghezza e 3 a 4 m in larghezza e si potrebbero anche chiamare stalle per bachi. Spesso servono come ricoveri per animali durante la stagione invernale, e non di rado gente povera se ne serve di domicilio. A destra della figura vedesi una arnia fatta con tronchi cavi d’ albero, un arnese che indica quanto primitiva deve essere la coltura di quei popoli. Poco migliore è la capanna del distretto di Leukeran, fig. 219, avente un gran tetto di paglia di riso sotto il quale si fa 1’ allevamento, mentre lo spazio ajpianterreno,.serve di dimora. Capanne più ampie e meglio costruite esistono nel distretto di Aresch, fig. 220 e 221, e in queste le pareti sono di stuoie fatte di canne palustri intonacate di argilla mista a sterco bovino. Passata la stagione dei bacili esse servono di solito come stalle ; sono sprovviste di finestre e raramente vi si fa pulizia, per cui l’aria è viziata : non sono destinate ad abitazione, ma si trovano vicine a queste ; il tetto fatto di paglia di riso o di erba mantiene l’interno più fresco che se fosse fatto con tegole. Una costruzione analoga, ma aperta da ambi i lati nel senso della larghezza, vedesi raffigurata nella fig. 222. In questa capanna i bachi si allevano su graticci posti su cavalletti o sospesi alle pareti od al tetto in Fig. 222. Aperta da ambi i lati nel senso della larghezza, nella capanna si allevano i bachi su graticci, su cavalletti o sospesi alle pareti od al tetto (Distretto di Aresch). guisa da lasciare un corridoio mediano per poter circolare ed ammannire la foglia. Nei distretti di Sakatalen e di Nucha la bachicoltura si fa di solito in soffitta e raramente trovansi apposite capanne, come p. e. quella a fig. 223 con pareti fatte, anziché di frasche o cannicci rivestiti di argilla, di tavolati sostenuti da travi e con tetto di tegole sporgente avanti la porta. Merita segnalare l’altra costruzione, trovata a Kach, fig. 224, fatta con tronchi biforcati, che sostengono un alto tetto di paglia. Anche qui le pareti di giunchi sono uniformemente ricoperte di dentro e di fuori con argilla e sterco vaccino e munite di due basse finestre chiuse da fogli di carta. L’ allevamento si fa sopra cavalletti che sostengono due tavolati che vanno da un capo a l’altro della capanna, lasciando nel mezzo od ai lati corridoi ; stufe pel riscaldamento non ci sono. Notisi che la stessa capanna serve in pari tempo di scuola rurale e viene a costare in quel paese circa 90 franchi. Nei distretti ora ricordati, molte case hanno una soffitta così ampia da essere adoperata come bigattiera. La fig. 225, rappresenta una di Fig. 223.5 Le pareti della capanna, anziché di frasche o cannicci rivestiti d’argilla, sono fatte di tavolati ed il tetto di tegole. queste case, il cui pianterreno si fabbrica in pietre o mattoni. Esse sono composte di 2 o 3 locali per abitazione, e della soprastante soffitta con pareti di stuoie di frasche intrecciate ricoperte d’ argilla ; una travatura solidamente connessa porta un tetto molto pendente, coperto da un grosso Fig. 224. A Kach le pareti sono munite di due finestre chiuse da fogli di carta e la costruzione serve in pari tempo da scuola rurale. strato di paglia. Il pavimento della soffitta è ricoperto di argilla e munito di parecchi fori ; sul davanti avvi una finestra e una porta alla quale si accede con una scala a piuoli, levabile. Appeso a questa porta esiste di solito un talismano in forma di cuore che dovrebbe assicurare un buon raccolto di bozzoli. I bachi vengono allevati su telai, ricoperti di paglia o frasche, che stanno sospesi alla parete ed al tetto. Le porte d’accesso all’ abitazione a pianterreno si trovano sotto un ampio portico e tutto l’edificio è lungo da 12 a 15 me largo da 4 a 5 m con il colmo del tetto alto 6 m. La soffitta di queste abitazioni si adatta bene a bigattiera perchè è ampia, asciutta e non viene riscaldata dal sole cocente come quella con tetto di tegole, però sprovvista come è di stufa, non impedisce che i bachi soffrano il freddo. Inoltre lascia penetrare, traverso i fori del pavimento, il fumo della sottostante cucina, il quale se è un buon Fig. 225. Nel distretto di Kack molte case hanno una soffitta così ampia da essere adoperata come bigattiera. disinfettante contro il calcino non deve punto imbianchire i bozzoli nel bosco. Costruzioni affatto particolari ad uso bigattiere si riscontrano lungo la costa sud-ovest del Mar Caspio cioè nel distretto di Lenkoran, ove si chiamano Scelibar. Sono capanne, fig. 226, sollevate da terra da alti pali, ed hanno forma quadrangolare, di circa 8 m di lunghezza per 4 di larghezza e di 4 a 5 m d’altezza. Si erigono nel bel mezzo dei gelseti, con una delle facciate più lunghe rivolte sempre al Nord, l’altra al Sud. I pali appuntiti sono conficati nel suolo in guisa da sporgere circa 2 m dal terreno e distano 1’ uno dall’ altro circa 2 m, mentre sull’ estremità superiore, che è biforcuta, appoggia ed è legato solidamente con corda di viticchio (Clematis vitalba) un tirante che sostiene l’impalcatura del tetto. Questo è fatto da puntoni su cui si legano corrcntini e sopra questi si dispongono pure con legature, fitti fitti, manipoli di paglia di riso od altro adatto materiale che serve di copertura del tetto a riparo della pioggia. Il colmo del tetto, è a sua volta sostenuto ad ogni sua estremità da una lunga trave, pure biforcuta, e legata con corde di viticchio come i tiranti dei due spioventi. Nell’ interno e lungo le travi delle pareti, a circa 70 cm da terra, sono attaccati, a guisa di tiranti, fig. 227, a ciascun lato dei correnti. Un altro corrente è fissato sulla trave mediana c, ma a circa 1 m da terra. Su questi correnti sono legati, da ambo i lati, dei puntoni in modo da formar una specie di impalcatura inclinata verso le pareti ; su questi puntoni sono a lor volta distribuiti e legati dei rami o delle bacchette come altrettanti corrcntini, una vicino all’ altra. Su queste Fig. 226. Lungo la costa sud-ovest del Mar Caspio vi sono costruzioni affatto particolari per uso di bigattiere e si chiamano Scelibar. si distende paglia e sopra vi si dispongono i rami interi di gelsi per il pasto di bachi. Discosto circa 70 cm da questa piattaforma e appoggiato sui tiranti del tetto, trovasi un palco su cui scorrono per il lungo tavole, discoste una dall’ altra alcuni decimetri, così da lasciar un largo interstizio. Chi deve ammannire il pasto sale per una scala a pinoli, entra attraverso una specie di finestrone che serve di porta e, equilibrandosi sul tavolato, introduce fra gli interstizi od aperture di questo i rami di gelso e li distribuisce ai bachi sottostanti. Questa specie di tettoia è riparata ai lati ed alle testate da stuoie fatte di vimini, giunchi, canne palustri, ecc., che si fissano all’ intelaiatura e che servono di riparo contro i venti. Non esiste stufa pel riscaldamento, ma I’ ambiente è bene ventilato e non vi regna nell’ interno forte calore poiché questo non penetra traverso il grosso tetto di paglia. 1 pasti si danno 4 o 5 volte al giorno e quando i bachi giungono a maturanza si coprono con manipoli di paglia o frasche secche, disponendo questi al-I’ occorrenza anche sopra il palco. I bachi durante le prime età si tengono di solito nelle abitazioni onde non soffrano dal freddo, e si trasportano nei Scelibar appena superata la 2 o 3 muta*). Questo metodo d’allevamento ricorda molto quello dei grisoloni in uso nel Friuli, che sarebbero una specie di cavalloni orizzontali su cui si danno ai bachi ad ogni pasto rami interi, alternandone spesso la direzione, cioè per lungo e per traverso : un cangiamento dei letti naturalmente non è possibile farsi. Invece si può all’ occorrenza diradare i bachi trasportandoli coi rami di gelso sopra un altro sito non ancora occupato dai bachi. Questi Scelibar sono diffusi anche in Persia ove sono denominati, secondo Lambert, Tilimbar ; il vocabolo significa casa da bachi o bigattiera. Essi offrono indiscutibili vantaggi in paesi a clima temperato, p. e. nella Dalmazia ed Erzegovina ove non sono da temere gran sbalzi di temperatura dopo la prima metà di maggio ; costano poco e possono servire \ ad altri usi finito che sia l’alle- vamento. Questo a sua volta non richiede gran mano d’opera, anzi, secondo gli interessanti esperimenti del Leonardi, questa verrebbe a costare ‘/a meno di quanto spendesi per allevare un’oncia di 30 gr. di seme bachi col solito metodo su graticci. Noi non abbiamo una nostra propria esperienza con questi Scelibar o Tilimbar e ci è difficile pronunciare in proposito un esatto giudizio ; crediamo però che certi inconvenienti che i medesimi presentano si possano evitare con un po’ di attenzione. Così p. e. conoscendo bene l’ambiente, non si alleveranno bachi in quantità maggiore di quanti troveranno comodamente spazio nella capanna ; la caduta dei bachi si impedirà stendendo uno strato fitto di paglia o meglio delle stuoie di canne sull’ impalcatura ove giacciono ed intrecciando bene i rami di gelso, ma sopratutto non facendo patire fame ai bachi nell’ ultima età. Le prime prove saranno sempre congiunte ad errori e piccole perdite che svaniranno certo in breve, tosto che si acquisterà un po’ di pratica in tutte le manipolazioni inerenti all’ allevamento dei bachi con questo metodo. Fig. 227. L’interno di un Scelibar. *) Per maggiori dettagli sull’ allevamento nei Tilimbar leggansi gli opuscoli già citati al principio di questo articolo. Per ben condurre 1’ allevamento non occorre che un po’ di buona volontà, e se nei paesi meridionali — ove pure ebbe inizio la bachi-coltura e da dove si diffuse sino a noi — mancano ora i locali atti ad essere impiegati come bigattiere, si imiti l’esempio dei popoli della Transcaucasia che con semplici mezzi — facilissimi da applicarsi altrove — e senza gran fatica sanno guadagnarsi una rendita sicura e non indifferente. 5. Nuove osservazioni sul giallume od il mal del grasso. È noto che la malattia del giallume del baco da seta è caratterizzata dalla presenza di innumerevoli minutissimi granuli poliedrici nel sangue e nei vari tessuti del baco malato. Il primo a scoprirli fu il Maestri *), il quale, scorgendoli in gran quantità nel tessuto adiposo, li ritenne che derivassero da questo per via di degenerazione. Altri autori li classificarono per cristalli e noi stessi, per l’addietro, li reputammo erroneamente, causa il materiale impuro analizzato, per urati. Durante un nostro viaggio fatto al Giappone, avemmo occasione di scoprire nella larva dell’ Uji (Ugimya sericaria, Rondani), che aveva invaso un baco affetto dal giallume, i granuli poliedrici nei loro vari stadi di sviluppo in guisa così tipica per organismi parassiti da doverli ritenere per tali. In seguito a studi più accurati, eseguiti al nostro ritorno, potemmo trovare pienamente confermata questa nostra supposizione. I granuli poliedrici sono uno stadio di sviluppo di un vero parassito, appartenente, secondo noi, alla classe dei protozoi, che si moltiplicano e diffondono assai analogamente ai corpuscoli della pebrina, uccidendo il baco in breve tempo. Tutti i tessuti ne possono essere invasi e benissimo si presentano al microscopio le cellule infette della membrana peritracheale, le quali diventano opache, rimpinzate come sono dal parassito, fig. 228. Il tessuto adiposo è però la sede preferita del parassito e sembra che esso invada, in forma di amiba, dapprima il nucleo stelliforme delle cellule adipose, trovando certo qui il miglior nutrimento, poi 1’ a-miba si trasforma in ciste entro la quale si sviluppano successivamente da minutissime granulosità i granuli poliedrici come noi descrivemmo nel nostro primo studio sul giallume, publicato in appendice al nostro libro sulla bachicoltura al Giappone **). Anche altri tessuti, così i muscoli, i nervi, le ghiandole seriche, il sistema digerente, gli organi genitali ecc. tanto del baco, che della crisalide e della farfalla vengono colpiti dall’ infezione. Le cellule colpite presentano il caratteristico aspetto di placche opache identicamente a quelle che osservansi nella pebrina. *) Maestri, Frammenti anatomici, fisiologici e patologici del baco da seta, pag. 119. Pavia 119. **) Q. Bolle. La bachicoltura nel Giappone con un appendice : 11 giallume, una malattia parassitarla pag. 106 e seg. — 234 — Noi ci siamo dedicati negli ultimi anni ad indagare vie meglio i vari stadi di sviluppo dei granuli poliedrici - die noi vogliamo nominare più brevemente poliedri - adottando metodi i più appropriati per le indagini biologiche dei protozoi. Nella figura 229 trovasi riprodotta la microfotografia del tessuto adiposo di un baco affetto dal giallume ove scorgonsi le cisti ripiene di poliedri in vario stadio di sviluppo, occupanti ognuna la parte mediana di una cellula adiposa. Questo preparato venne tinto con la miscela Haydenhain di Ematossilina ed Eosina e lascia scorgere i poliedri colorati in rosso ; l’intensità di questa finzione è mag- Fig. 228. Trachee di un baco affetto dal giallume a 100 volte d’ingrandimento. A sinistra una trachea sana, a destra trachee con cellule peritracheali invase dal parassito in vario stadio di sviluppo. giore più in ritardo nello sviluppo o diremo più giovani che sono i poliedri ; quelli maturi, cioè nettamente poliedrici, hanno soltanto una tinta rosea ; tutto il rimanente della ciste è tinta in azzurro dall’ ematossilina è quindi composta di cromatina e non manca il corpo residuale (Restkörper), a tinta più carica, in quelle ciste che sono ripiene di poliedri maturi, proprio come ciò succede nelle cisti di protozoi. Per quanto noi abbiamo tentato di provocare mediante finzione l’apparizione di veri nuclei nei poliedri, non ci siamo mai riusciti ; i mede- simi, se maturi, hanno un involucro che è restìo alla finzione e solo la materia centrale offre la reazione della nucleina, e come dicemmo più spiccata, più piccoli o giovani che sono 1 poliedri, ma sempre la tinzione è diffusa e mai concentrata su singoli punti. Puntini o granellini sferici, tinti in rosso, si vedono solo nelle cisti assai giovani e sono questi granellini, come noi già descrivemmo, quelli, che ingrandendo rapidamente, formano i poliedri. Non vogliamo qui ripetere ciò che abbiamo publicato Fig. 220. Microfotografia de! tessuto adiposo del baco da seta affetto dal giallume con cisti contenenti granuli poliedrici in vario stadio di sviluppo. (Oggettivo 2 in. m. ed Od. proj. 2 dello Zeis). sui caratteri morfologici c sullo sviluppo dei poliedri del giallume e richiamiamo 1’ attenzione del lettore sul relativo articolo *) ; osserviamo soltanto che gli ulteriori studi intrapresi in questo riguardo, non ci permisero di scoprire fenomeni diversi da quelli da noi già annunciati e che *) Vedi 1. c. pag. 87 e seg. — 236 — si compendiano nella conclusione che i granuli poliedrici o poliedri sono da considerarsi come veri parassiti, appartenenti alla classe dei protozoi, e come unica causa del giallume, Per convincersi della verità del nostro asserto basta spalmare con un infusione di sangue lattiginoso di baco affetto dal giallume, diluita con acqua, un po’ di foglia ed offrirla, dopo che si è asciugata, in 2 o 3 volte, cioè in ripetuti pasti, quale cibo a bachi sani ; dopo che la hanno rosicchiata si ammanisca ai medesimi la solita foglia sana Questi bachi ammalano immancabilmente della stessa malattia, come lo si può comprovare coll’esame microscopico già il 3° o 4° giorno dopo che hanno ingerita la foglia infetta. L’esperimento riesce nettamente con bacolini ancora digiuni ed appena sbucciati dall’ uovo ; neppure uno di questi supera la prima muta. Che nell’ infezione artificiale da noi sperimentate tantissime volte con pieno successo, sieno unicamente i granuli poliedrici o poliedri causa vera ed efficente del giallume lo abbiamo comprovato nelle seguenti prove rigorosamente sperimentali, cioè con contemporaneo controllo e con scrupolosa osservanza di tutte quelle circostanze che garantiscono il conseguimento di risultati sotto ogni riguardo attendibili da simili esperimenti. 1. Filtrando sangue diluito di baco affetto dal giallume traverso filtri (candele) di caolino poroso e non smaltato, usati per filtrare liquidi contenenti bacteri od altri microorganismi, i poliedri non passano traverso. Dati col cibo a bacolini, questi ammalano e periscono del giallume, mentre il liquido filtrato è innocuo ai bachi. Prove ripetute molte volte, con vari sistemi di filtri, diedero sempre l’identico risultato. 2. Sangue lattiginoso di baco affetto dal giallume, frammisto a vetro in polvere e triturato in un mortaio di agata fino a che i poliedri erano ridotti totalmente in frammenti minutissimi e tali da non lasciar scorgere la loro struttura caratteristica, non propaga il male, e ciò vale tanto se si sperimenta, dopo la triturazione, col residuo che sta sul filtro, quanto del liquido passato traverso questo. Dunque basta una azione meccanica che disgreghi la struttura propria ai poliedri e li laceri per distruggere il loro potere infettivo ossia di riproduzione. 3. Analogamente si può distruggere la virulenza dei poliedri riscaldandoli a 90° C, e lo stesso avviene con agenti chimici e precisamente con gli acidi solforico, nitrico, cloridrico, fenico, solforoso, il cloro, la formalina ed il sublimato corrosivo in conveniente, cioè forte concentrazione e con sufficiente durata d’azione. 4. L’infezione artificiale riesce anche mediante infezione sottocu-tenee, per le quali ci servimmo di una siringa Pravaz ad ago sottilissimo e facendo le infezioni in una delle zampe false, dopo averla lavata con etere. Però, malgrado questa precauzione, il baco o bruco muore spesso — 237 - per infezione septica e solo in un piccolo numero riesce l’infezione dei poliedri con tutte le sue conseguenze per dimostrare la propagazione artificiale del male con questo metodo. 5. Somministrando cibo appropriato, spalmato con infusione diluita di sangue di baco affetto dal giallume, a bruchi di altre specie di bombici, p. e. al Bombice della quercia del Giappone Antherea Yama May, a quello della China Antherea Pernyi, al Bombice dell’ ailanto Bombyx Cynthia, all’ Attacus Cecropia, al bruco della monaca dei pini Psilura monacha ecc. si può riprodurre nei medesimi la malattia del giallume con l’eguale facilità che nel baco da seta, fig. 230 e 231. Degno di nota si è che Fig. 230. Bruchi sani della Limantria (Psilura) monacha. la forma e anche la grandezza dei poliedri viene un po’ modificata a seconda della specie del bruco, ma tuttavia il modo di riproduzione e di diffusione dei poliedri negli organi interni del bruco infettato sono sempre gli identici ed eguali a quelli che si osservano nel bombice del gelso. Altra particolarità è quella che nei bruchi esotici, compreso il bruco della monaca, il giallume presenta sintomi esterni diversi da quelli propri al giallume del baco, poiché la cute non si lacera ma è resistente alla tensione, e su essa appariscono grandi chiazze nere ; il corpo poi non ingrossa ma si raggrinza e diviene floscio così che il cadavere pende giù dai rami pari ad un sacco vuoto come fanno i bachi da seta morti flaccidi al bosco. La malattia del giallume è diffusa anche in bruchi viventi su varie piante coltivate ed anche selvatiche, come noi lo potemmo constatare*); anzi nel bruco della monaca (Psilura monacha), il male può in breve aumentare talmente d’intensità da distruggere la più grande invasione di bruchi, così da far sparire l’insetto da un anno all’ altro, là ove prima era innumerevole e minacciava di devastare vastissime foreste. Questo fatto potemmo osservare nelle selve di coniferi a Trinitz in Moravia ed a Horoviz in Boemia. E qui ci si affaccia la questione : non sarebbe possibile di combattere certi insetti dannosi alle piante coltivate infettandoli artificialmente Fig. 231. Bruchi della monaca della stessa partita come quella rappresentata nella fig. 230, però morti dal giallume o dalla malattia dei poliedri, perchè cibati con ramoscelli di pino spalmati con un infusione d’ acque di sangue di baco affetto dal giallume. *) Dal D. E. Fischer, di Zurigo, ricevemmo nell’estate 1912 bruchi e crisalidi del Papilio madiaon, nonché del Smerinthus atlantica affette dal giallume. Nei bruchi della prima specie, assai frequenti nei dintorni di Zurigo, il male era insorto in forma epidemica ed è curioso il fatto che esso palesava, già da lontano, un odore caratteristico che ricordava quello del Sambuco in fiore. Lo stesso entomologo ci inviò nell’Aprile 1913 bruchi di Argynnis pandora morti dalla stessa malattia e ridotti in poltiglia zeppa di poliedri simili di forma ma un po’ più grandi di quelli del baco. Il Sigr. Lewis H. Gotigh, Entomologo del Dipartimento dell’agricoltura del Cairo, ci inviò pure bruchi della dannosissima Prodenia litosia, la cui prima generazione venne totalmente distrutta dal giallume, come noi potemmo constatare. con malattie che distruggono il baco da seta ? Sappiamo che si stanno facendo prove di diffondere il calcino colla Botrytis Bassiana e crediamo meritevoli di prova anche i corpuscoli della pebrina od ancor più i poliedri del giallume perchè hanno una moltiplicazione di gran lunga superiore a quelli. Speriamo di poter parlare in proposito diffusamente in altro luogo ed aggiungiamo soltanto che noi ci siamo espressamente diffusi nel descrivere la comparsa del giallume anche sugli altri insetti perchè 1’ argomento ha importanza particolare non solo per 1’ agricoltore in generale, ma benanche per il bachicoltore, il quale nel modo di moltiplicarsi e diffondersi del parassito, che è causa di questa malattia, deve intravedere una seria minaccia per i suoi allevamenti. Non è poi inverosimile che in annate in cui infierisce il giallume, talvolta già alle prime età, questo invada le bigattiere perchè fuori, in aperta campagna, una o l’altra specie di bruchi selvatici, lo abbia prima contratto e mediante i poliedri derivanti dai cadaveri spappolati e poi ridotti in pulviscolo, lo diffonda poi col mezzo di correnti d’ aria sui gelsi od in bigattiere. — 240 - 6. Lo stato attuale della bachicoltura e dell’ industria serica. .Ciò che è l’oro tra i metalli, il diamante tra le gemme, gli è la seta tra i tessuti ; il più prezioso, perchè il più bello, il più lucente, il più resistente. — Per ciò la seta è altresì la regina tra le fibre : essa costituisce un elemento di quella triade, che offre alle donne di tutti i ceti e di tutto il mondo il più vagheggiato degli ornamenti“. W. F. Exner. Affinchè un’ industria prosperi è necessario che vi esistano condizioni ad essa favorevoli, le quali di solito sono di natura assai complessa nè vi è dato sempre di influire sulle medesime nel senso che sarebbe desiderabile. La qualità, la quantità ed il prezzo della materia prima, il costo della mano d’ opera e la facilità d’ averla, I’ abilità degli operai, il macchinario impiegato, l’esigenza del commercio, l’equilibrio tra domanda ed offerta, ossia tra produzione e consumo, la concorrenza dall’ estero, il credito, le congetture politiche e tante altre circostanze sono altrettanti fattori dei quali conviene tenere debito conto quando si vuole sottoporre ad un esame critico lo stato in cui si trova un’ industria. In seguito procuriamo di fare un simile esame per quanto concerne dapprima la bachicoltura e poi l’industria da questa dipendente. La bachicoltura offre il prodotto greggio in forma di bozzoli, il quale, per la maggior parte, viene al giorno d’ oggi elaborato a seta greggia nel paese stesso di produzione o poco lontano da questo ed è questa seta greggia che forma l’articolo di commercio richiesto dall’industria tessile. La prima tabella aggiunta in fine di questo articolo riporta i dati della produzione media mondiale di seta greggia nel quinquennio 1906-1910*) nei singoli paesi serici secondo la statistica publicata annualmente dell’ „Union des marchands de soie“ di Lione. *) Dati più recenti non sono peranco stati publicati da questo sodalizio ed è perciò che in una seconda tabella, gentilmente inviataci da una delle primarie ditte in sete di Lione, cioè dai signori Chabrières, Morel & Co., noi publichiamo i dati riguardanti il quinquennio più recente del 1908 al 1912, che essi raccolgono regolarmente con grande diligenza e con ogni scrupolo. Questi dati superarono di 1 '/2 Milione di dilgr. quelli dell’„Union des marchands de soie* (1906-1910) e ciò unicamente percausa dell’aumento della esportazione dalla China e dal Giappone, mentre la produzione europea si è notevolmente abbassata nello stesso periodo di tempo. Osserviamo che le annate, tanto della la che della 2» tabella, sono annate commerciali, che comprendono la produzione e 1’ esportazione di una campagna bacologica nel periodo dal Giugno al Giugno dell’ anno seguente. Riportiamo qui il riassunto di questi dati : Europa occidentale cioè : Austria, Ungheria, Italia, Francia, Spagna......................................... 5,459,000 dilgr. Levante e Asia occidentale e centrale cioè : Balcani, Grecia, Turchia d’Europa e d’ Asia, Caucaso, Turkestan, Persia....................................... 2,836,000 „ Estremo Oriente: Soltanto l’esportazione dai porti della China, India e Giappone..........................14,917,000 chlgr. Totale 23,212,000 chlgr. di seta greggia che fu a disposizione delle manifatture seriche escluse quelle dell’ Estremo Oriente, nel suddetto quinquennio. Per completare questi dati devesi aggiungere ancora il quantitativo di seta greggia consumata nell’interno dell’Estremo Oriente e che è indicato nel seguente ragguaglio*). Giappone................................................. 2,270,000 chlgr. China................................................... 11,350,000 „ India, Indochina, Tonchino, Siam ........................ 3,000,000 „ Somma 16,620,000 chlgr. Più la seta greggia che viene in commercio, all’infuori dei suddetti paesi (tabella 1).................. 23,212,000 „ Totale 39,832,000 cklgr. di seta greggia. A questa devesi aggiungere ancora il quantitativo dei cascami formati dai vari scarti di bozzoli, dai macerati, dai ricotti e dalla strusa che vengono in commercio e che sono valutati, appar Silbermann secondo la 111 Tabella, a 31,900,000 dilgr.**) e da cui, con una conveniente ela- '*) Osservasi die questi dati non sono dello stesso quinquennio 1906 al 1910, poiché i medesimi non vennero pubblicati ed è perciò che siamo costretti a riportare quelli che potemmo togliere dalla publicazione dell’ Associazione serica del Giappone nell'opuscolo .Résumé historique de l’industrie séricicole du Japon“ publicato nel 1911 in occasione dell’ Esposizione internazionale di Torino, pag. 2. Per la China non abbiamo statistiche sul consumo interno della seta greggia ma sappiamo che colà I’ uso dei vestiti di seta, anche per parte degli uomini, è invalso egualmente come al Giappone. Ora, essendo la popolazione della China 7 volte maggiore di quella del Giappone, crediamo di non esagerare stimando colà il consunto di seta in proporzione 5 volte maggiore di quella di quest’ ultimo paese. Per gli altri paesi del-1’ Estremo Oriente la cifra di 3 milioni di dilgr. è certo inferiore alla realtà, quando si pensa alla densa popolazione del Sud e Sudest dell’ Asia. **) Silbermann. Die Seide Voi. li pag. 106, Dresda 1895. borazione, si deve ottenere circa 9,000,000 chlgr. di filugello e nell’ industria casalinga *). Con riguardo alla qualità dei bozzoli ed al macchinario primitivo impiegato per la filatura in gran parte dell’ Estremo Oriente, - vale a dire nei paesi di massima produzione, - non si può computare meno di 15 chlgr. di bozzoli freschi per ogni chlgr. di seta greggia, quindi si hanno in cifra rotonda 600 milioni di chlgr. di bozzoli freschi quale produzione complessiva in tutto i! mondo. Se si stima la rendita media per un oncia di 30 gr di seme a 30 chlgr di bozzoli - che certo non è troppo se si considerano tutte le circostanze contrarie a quantitativi maggiori - risulta che per il totale del suddetto raccolto di bozzoli richiedensi 20 milioni di onde di seme pari a 6000 quintali. Ora, essendo necessari in media, tra uomini, donne e ragazzi o ragazze, tre persone per allevare un oncia seme bachi, risulta che 60 milioni di abitanti sono dediti all’ allevamento del baco da seta, i quali ne devono ritrarre dal raccolto bozzoli un lucro che supera certo il miliardo di franchi. Il quale, colla elaborazione ulteriore del bozzolo in seta greggia e quindi in tessuto serico, raddoppia certo di valore dando ulteriori guadagni a molti altri milioni di operai, industrianti e commercianti. Le cifre da noi ora indicate sono da ritenersi approssimative tuttavia le medesime dimostrano ampiamente l’immensa importanza che ha potuto raggiungere la bachicoltura in certi paesi privilegiati. Per varie cause la produzione dei bozzoli e quindi della seta greggia oscilla d’ anno in anno e ciò influisce naturalmente anche sui prezzi del *) Qui sarebbe d’aggiungere ancora la seta derivante dai bozzoli di bombici selvaggi e dei loro cascami, e la cui quantità annua arrivo secondo Silbermann, (Vedi Silbermann, die Seide Voi. Il pag. 106) appar tabella HI a 16 milioni, mentre Rondot, Lcs soies, pag. 255 appar tabella IV, la calcola a 35 milioni diohlgr. di bozzoli dai quali si ottennero 2.098.000 chlgr. di seta filata o filugello. Quest’ ultimo autore calcola i bozzoli dei bombici della quercia Antlierea Pernyi raccolti in China a 22 milioni di chlgr. dai quali si ricavarono T3 milioni di chlgr. di seta; l’India a sua volta ebbe 10 milioni di chlgr. di bozzoli del Antherea Mylitta da cui si ebbero 600,000 chlgr. di seta filata. L’India, oltre questa seta ne ricava dal Bombice del ricino poi dall’ Assenna Merentoria altri 100.000 chlgr. di seta. I prodotti di questi bozzoli e quelli del B. Mylitta sono in commercio sotto il nome cumulativo di Tussah. Dalla statistica or esposta nella detta IV tabella si deve dedurre che la seta di bombici selvaggi asiatici è rappresentata da un quantitativo tutt’ altro che trascurabile. Questa seta, viene utilizzata per la maggior parte assieme alla seta greggia t forma di solito la trama che impartisce al tessuto una particolare resistenza. Il suo principale difetto è però quello di essere colorito in una leggiera tinta brunastra che non permette la tintura in colori delicati. Talvolto la seta Tussah viene tessuta anche pura per certe speciali stoffe a cui manca però la lucentezza della seta del bombice del gelso. Siccome questo prodotto greggio forma una categoria per se, non possiamo comprenderlo nelle nostre considerazioni che risguardono solo la seta del bombice del gelso. — 243 — prodotto greggio o manufatto. Un buon raccolto di bozzoli di solito fa abbassare il loro prezzo di vendita e viceversa lo innalza se la stagione o malattie sono contrarie ad un buon andamento dei bachi. Queste oscillazioni si fanno sentire in dati paesi serici e non tanto sul gran mercato della seta greggia, poiché questo viene controbbilanciato da favorevoli raccolti in altre contrade, quand’ anche lontane. Ma nell’ultimo trentennio un abbassamento sensibilissimo dei prezzi delle sete greggie si accentuò tuttavia in modo da compromettere seriamente gli interessi dei bachicoltori ed è su questo argomento che vogliamo ora alquanto soffermarci. La causa di questo abbassamento va ricercata principalmente nel-l’aumento constante dell’esportazione delle sete greggie dall’Estremo Oriente, aumento derivante non tanto dall’ animarsi dell’ attività commerciale in quelle lontane contrade quanto dall’accrescimento rapido e straordinario della produzione nel Giappone. Dalla statistica della Associazione serica del Giappone riportiamo i seguenti dati in cifre arrotondate riguardanti la seta greggia, prodotta colà ogni decimo anno dal 1882 fino 1909.*) Annata Produzione totale in Clilgr. Esportazione in Chlgr. Consumo nel Giappone in Chlgr. 1882 2,200,000 1,700,000 500,000 1892 4,150,<)00 3,200,000 950,000 1902 6,800,000 4,800,000 2,000,000 1909*) 10,300,000 8,030,000 2,270,000 L’ aumento sorprendente della produzione serica al Giappone, indicato nel suddetto ragguaglio, potè essere raggiunto unicamente per gli sforzi fatti da quel Governo a favore della bachicoltura, sforzi che furono ampiamente assecondati da una popolazione industre ed assidua e tutta dedita a migliorare le proprie condizioni economiche. Mercè questi sforzi si potè intensificare e diffondere l’allevamento in nuove regioni e ripetere perfino, quello usuale primaverile, altre due volte nel corso dell’anno, cioè d’estate e d’autunno. Per ognuno di questi due allevamenti si confeziona seme apposito che si conserva da un anno all’ altro nelle grotte fredde di alte montagne **) e si hanno pure gelseti che non vengono Vedi Resumé liistorique de l’industrie sericole an Japon. Tokyo 1911, pag. 2. **) Questo metodo di conservazione estiva ed autunnale del seme è una imitazione di quello che già da lunghi anni il Sig. Antonio Centa ha introdotto in una certa grotta frigida sugli alti monti in vicinanza di heitre presso Belluno. — 244 sfruttati che per una sola campagna d’allevamento. Ed è con questo triplice raccolto che la produzione totale del Giappone crebbe di un terzo sopra quella primaverile in pochi anni. Provvisti di tanto materiale primo i grandi filandieri giapponesi, poterono produrre, con un macchinario moderno, buona seta greggia e gettarla in enormi quantità sul mercato europeo ed americano a prezzi di concorrenza in confronto a quelli delle sete europee pel minor costo della mano d’ opera, sia per 1’ allevamento che per la filatura, vigente al Giappone *). La conseguenza di questa invasione di seta greggia giapponese era da prevedere e si manifestò funestamente con un ribasso notevole dei prezzi delle sete europee, le quali, pur troppo, perdettero in questo frangente i mercati americani che gli avveduti commercianti giapponesi seppero accappararsi con i loro prezzi ridotti. Un altra circostanza ha influito negli ultimi tempi sui prezzi delle sete greggie ed è queha della cosi detta sopraccarica delle stoffe tinte. Ogni tinziohe a cui si sottopone la seta fa aumentare il suo peso in proporzione alla materia colorante assorbita e fissata dalla fibra serica, però con moderni processi di tintura si riesce a fissare alla fibra enormi quantità di sostanze concianti o mordenti, p. e., di estratti di catechu, di noce di galla, di corteccia di legno castagno, ecc., i quali, o soli o combinati con sali minerali, come sarebbero il blu di Berlino, il nero minerale, vari sali di ferro, cloruro e fosfato di stagno ed altri ancora, permettono di aumentare quasi a piacimento il peso primitivo della seta fino al 500 °/o e con certi particolari procedimenti, detti Cachoutieren, fino aH’SOO'/o. Di solito però la sopraccarica non supera il 100 "/o. Di quale importanza sia questo metodo di tintura si comprenderà di leggieri quando si riflette che la seta tinta con sopraccarica aumenta notevolmente non solo di peso ma in proporzione anche di grossezza. Se p. e. un tessuto di taffettà richiede per ogni centimetro lineare 120 fili d’ordito di seta genuina, non abbisognerà che 87 fili se questi sono tinti con una carica di soli 60°/o. Ammesso che una pezza di taffettà di seta pura lunga 70 metri e larga 58 dm. richieda 2-40 ch/gr. di seta greggia genuina, impiegando di quella con la sopraccarica non ne richiederà che 086 chlgr. **) Con altre parole il fabbricante di tessuti serici ha un notevolissimo risparmio di seta greggia assoggettandola alla tin- *) Una relazione estesa sulla storia della bachicoltura e l’industria della filatura al Giappone e sulle misure adottate recentemente da quel Governo per darle incremento trovasi nella bella monografia intitolata : The sericultural industry in Japan, compiled for thè Japan-Britisch Exhibition by thè Japan sericultural Association, 1910, Tokyo. **) Vedi Silbermann, Die Seide Vol. II pag. 309 e seg. ove sono spiegati i vari procedimenti per la tintura con sopraccarica e citati pure gli esempi degli effetti che coti essa si raggiungono. — 245 - tura con la sopraccarica c può quindi tali tessuti vendere a peso od a misura, a prezzi molto inferiori a quelli usuali per la seta naturale o tinta senza sopraccarica. Le sete con sopraccarica di date sostanze facilmente ossidabili, si possono riscaldare spontaneamente in guisa da accendersi da se e ciò avvenne talvolta e con funeste conseguenze anche durante il trasporto ed il deposito nei magazzini ferroviari. Per questa ragione nel § 30 della Convenzione internazionale pei trasporti di Berna del 1893 vennero stabilite norme speciali da osservarsi nell’ imballaggio e spedizione di siffatte stoffe. La carica eccessiva delle sete tinte è da considerarsi un.inganno poiché chi compra crede di acquistare pura seta ed invece riceve un tessuto, bensì dall’ aspetto di seta, ma composto la maggior parte di prodotti chimici che non hanno soltanto nulla di comune con una fibra tessile ma che innoltre, per la loro natura caustica, diminuiscono assai la tenacità e i’ elasticità del filo serico e riducono quindi anche la durata dei tessuti con esso confezionati, i quali, per poco che giacciano nel deposito, si guastano in modo da perdere ogni resistenza. È bensì vero che il compratore paga tali stoffe a basso prezzo e che perciò egli non può attendersi stoffe durevoli, ma di solito non è a giorno della causa per la quale il prezzo è basso e crede sempre di ricevere seta genuina ed invece è ingannato senza saperlo. La fabbrica si giustifica adducendo che la richiesta è per stoffe a buon mercato e che essa deve così soddisfare il negoziante all’ingrosso, e questi trova a sua volta la scusa che è il negoziante al dettaglio che vuole di siffatte stoffe a buon mercato ; quest’ ultimo vende come riceve e l’acquirente, pur di spendere poco, acquista e poi impreca alla seta pessima solo dopo che vede che non dura; riflessioni sulla sopraccarica e sulle differenze di prezzo egli non le può fare. Eppure siamo convinti che per causa del-I’eccessiva sopraccarica delle sete moderne il consumo della seta genuina è retrocesso notevolmente. Quante volte non si sente dire : ah ! le sete di una volta, che duravano generazioni, sono oramai sparite, nessuno può più averle ; quello che si compra si lacera in men che si dica, non vale la pena di gettare via denari per un giorno. Eppure è la moda quella che distrugge le stoffe più presto che l’uomo, poiché essa richiede stoffe sempre nuove, e non vuole prezzi elevati e così si è in un circolo vizioso, da cui non si può uscire, perchè entrano in gioco interessi opposti : da una parte il prezzo elevato della materia prima : la seta pura, dall’altro: l’esigenze del compratore, che economizza più che può il suo denaro. Non è improbabile che le sete con sopraccarica cessino gradata-mente di avere l’importanza che hanno oggigiorno e ciò percausa della concorrenza che le stanno facendo le sete artificiali c di cui parleremo in seguito ; ad ogni modo conviene ora tenere in debita considerazione il processo della sopracarica perchè esso permette di risparmiare molto quantità della costosa materia prima tinta senza sopraccarica che altrimenti si dovrebbe impiegare. Lo sbilancio che così si manifesta tra la produzione genuina ed il suo consumo va in ultima analisi a colpire il prezzo della seta greggia e quindi dei bozzoli con ribassi a danno dei bachicoltore. Altro sbilancio lo abbiamo per l’introduzione dei filati misti di seta e cotone che, noti già da lungo tempo, cominciarono come tessuto di fantasia a riapparire perfezionati ed a buon prezzo così da invogliare grandemente il consumatore. Il mercato, specialmente in America, ne fu nel 1909 talmente innondato da fare seria concorrenza alle sete genuine e temiamo assai che questo genere di tessuti si facciano sempre più strada poiché si prestano benissimo alle esigenze della moda e sono alla portata di tutte le borse, quand’ anche la loro durata lascia molto a desiderare come è facile arguire. Un vero surrogato della seta e specialmente del filugello lo abbiamo nel cotone mercerizzato,, col quale si può tessere stoffe che raggiungono la lucentezza di vera seta in modo da non essere distinte da questa che da persone esperte Esso viene impiegato per imitare quelle varietà di tessuti che la moda cangia di frequente, tutte di basso prezzo e di poca durata, p. e. stoffe per cravatte, biouse, fazzoletti di seta, nastri e simili. Molto seria è infine la concorrenza insorta da pochi anni colla sete artificiale. Si ricava questa riducendo con opportuni solventi la cellulosa del cotone, ma maggiormente del legno, in un liquido denso come gomma, che poi si fa passare traverso alla filiera e si solidifica con metodi speciali in forma di filo sottile e lucente assai. Non è qui il luogo di descrivere i diversi processi per fabbricare e filare la seta artificiale e basti dire che vi esistono delle importantissime fabbriche dedite a questa industria, la quale, secondo le più recenti statistiche, ha una produzione annua che raggiunse la rispettabile cifra di 8 milioni di chilogr., ossia un quinto di tutta la produzione di seta greggia del mondo. Le sete artificiali, secondo i processi di fabbricazione, vengono portati nel gran commercio sotto diversi nomi, p. e. seta Chardonneut, seta Lehner, Glanzstoff, Acetcellulose, Celione, Cellit, Viscose, Ondine e Silkin, seta parigina, seta vegetale ecc., però una volta trasformate in stoffe, tutte queste fibre perdono di solito il loro nome proprio e passano per seta, che lo stesso venditore al minuto non sa talvolta distinguere da quella genuina altrimenti che pel basso prezzo al quale le vende. Fra le varietà di sete artificiali è la Viscose quella che oggigiorno è la più diffusa, ma ha il grande diffetto che non sopporta l’acqua, anzi in questa si gonfia fino ad aumentare di 3/4 la sua grossezza. Un vestito atto di Viscose, che venne bagnato dalla pioggia, dopo asciutto, si rag- grinza e si fa ondulato e non si può più utilizzare. Bisogna però convenire che la Viscose è un surrogato che seppe acquistarsi credito è che viene già impiegato in molteplici stoffe d’apparenza, specie nelle passa-manterie, nelle trine, calzerie e maglierie ecc. Si studia di perfezionarlo ed infatti si è riesciti di accrescere la sua tenacità e di ridurre il suo prezzo a 9 a 10 fr. il chilogr. La Viscose è destinata ad un grande consumo e già si alzano le voci, specialmente in Francia, contro la concorrenza che essa assieme alle altre sete artificiali, fa alla seta pura. Così al Congresso nazionale di bachicoltura di Alais nel febbraio 1913 fu dichiarato che il non voler distinguere la seta artificiale dalla vera seta costituisce una frode, ben dannosa così al pubblico come al bachicoltore, la quale si dovrebbe reprimere con severe leggi. In questo riguardo è da rimarcare che i voti di quel Congresso tendevano ad impedire 1’ abuso invalso di designare col nome di seta la seta artificiale e non miravano punto a sopprimere la fabbricazione di questa, il cui diritto d’ esistenza c di ulteriore sviluppo veniva riconosciuto senza distinzioni. Noi troviamo giustificato il voto emesso dal Congresso di Alais ma dubitiamo assai che i legislatori trovino opportuno di emanare una apposita legge per reprimere una siffatta frode, e la ragione si è che le leggi attuali, che sussistono in quasi tutti i paesi, dovrebbero essere sufficenti ad impedirla, inquantochè una merce qualsiasi non può essere venduta sotto altro nome a scopo d’inganno, e chi soffre danno da un simile commercio ha tutto il diritto di ricorrere ai tribunali. Anche i dazi proibitivi d’importazione, che taluni paesi serici reclamavano a protezione della seta genuina, non poterono trovare applicazione perchè certi rami d’industria manifatturiera avevano già introdotto la seta artificiale in modo così esteso da non poter più farne a meno. Così per esempio nelle passamanterie oggi giorno si adoperano grandi quantità di seta artificiale, così pure per veli, trine *), cravatte e per le svariatissime stoffe di fantasia, a vii prezzo e di gran consumo, ed altrimenti non può essere, data l’ingente produzione da noi più sopra accennata. Certo è che quest’ industria della seta artificiale, progredisce sempre più in merito ai continui perfezionamenti, che mirano a rendere i processi di fabbricazione più semplici e meno costosi ed a migliorare la fibra così che soddisfi meglio alle esigenze, sia del manifatturiere che del consumatore. Tutto considerato non si può negare che la seta genuina ha nella nuova fibra un serio concorrente contro il quale è difficile assai di proporre mezzi efficaci di lotta. Quand’ anche si volesse introdurre leggi severe contro l’inganno di smerciare stoffe di seta artificiale come se fossero tessute con seta ■'■) Veli e trine, come usano le signore per guarnizioni di cappelli, fatte con la Viscose non vengono più intrecciate ma pressate e sono tutte di un pezzo ed è in questa guisa che si possono farne di assai sottili. — 248 genuina e che si obbligasse ai commercianti di venderle soltanto sotto un nome che non permette erronee interpretazioni, certo è che una siffatta legge, per quanto provvida essa possa apparire, incontrerà gran difficoltà volendola applicare con ogni scrupolo ed anche nel commercio minuto. Il compratore, che non vuole spendere troppo, ricorrerà al surrogato senza curarsi del nome che porta, basta che esso soddisfi col suo aspetto esteriore ed imiti bene l’apparenza della seta, ed in primo luogo che abbia la lucentezza di questa, poco importa se pesa di più. Ed a proposito di questa lucentezza dobbiamo qui rilevare che essa, come apparisce nelle stoffe di seta artificiale, si distingue subito da quella propria alle sete genuine, perchè è troppo spiccata, quasi di quell’ aspetto vitreo e lucido che ricorda i tessuti di vetro filato. Questa lucentezza, salta così all' occhio, anche profano, da costituire il mezzo più spicciativo per riconoscere il surrogato dal manufatto genuino. Quest’ultimo ha innoltre un peso molto minore in confronto al primo e non da dimenticare è pure che stoffe di seta genuina, accese, abbruciano stentamente, emanando un odore ingrato di pelle o corna che bruciano ; mentre la seta artificiale, arde bene, senza dare siffatto odore. In casi dubbi e volendo avere piena sicurezza se ciò che si acquista è veramente vera seta od un suo surrogato, si ricorrerà ad un chimico per un analisi accurata. Ricordiamo un altro carattere, assai appariscente e che spesso costituisce un grave diffetto, cioè la grande trasparenza della seta artificiale, anche quando è tinta. I suoi ulteriori diffetti sono : la poca tenacità o resistenza alla rottura, l’insufficentc elasticità e duttilità, e perciò la facilità di divenire filamentosa c friabile, così che la durata delle stoffe fatte con i surrogati è ridotta assai, specialmente se devono essere leggiere ; solo i tessuti fatti con fili assai grossi resistono di più all’uso, gli altri si sfasciano e sfibrano in breve. Mentre I’ esperienza ci insegna clic le sfoffe di pura seta e prive di sopraccarica hanno una durata infinita*). Dippiù, lo splendore dovuto alla lucentezza della fibra, la morbidezza al tatto, l’elasticità che non lascia traccie di pieghe, la leggierezza, il fruscio aggradevole all’ udito, la facilità e la bellezza della tintura, le svariatissime forme c qualità del tessuto, tanto adatto ad essere intrecciato con metalli nobili c guarnito di pietre preziose, sono altrettanti inarrivabili pregi che fanno le stoffe seriche le maggiormente stimabili fra tutti i tessuti. *) Si hanno stoffe seriche dell’11. al 12»° secolo, clic sono ancora benissimo conservate sotto ogni riguardo e non palesano la loro antichissima origine. Il manto d'incoronazione degli Imperatori Enrico II ed Ottone IV e così pure quello dei Re d’ Ungheria, portato da S. Stefano, sono due siffate preziosissime reliquie. Ancora più antichi sono quei tessuti e ricami di seta che si rinvennero nel sarcofago di Carlo Magno a Acqui-sgrana e che si ritengono che sieno del 6.o fino 8.o secolo. Noi abbiamo la più ferma convinzione che tutte queste eminenti proprietà della seta, come lo erano finora, saranno anche in avvenire apprezzate come si meritano. Se la concorrenza dei surrogati, delle sete sopraccariche, delle stoffe di seta mista a cotone si fa sentire fino a compromettere una parte dei guadagni del bachicoltore, essa concorrenza non sarà mai così importante da ridurre il consumo delle sete genuine a proporzioni tali da rendere la bachicoltura non più conveniente. Certo è che gli utili, che si ritraevano trenta o quaranta anni fa dall’allevamento del baco da seta, non ritorneranno più; la concorrenza or accennata e quella dell’Estremo Oriente colla sua enorme esportazione, sono fattori sui quali bisogna far calcolo anche in avvenire. Riguardo all’ Estremo Oriente e precisamente al Giappone, crediamo che un aumento della sua produzione non possa aver luogo nelle proporzioni degli ultimi due o tre decenni, per la semplice ragione che mancano le braccia. Invece la China è ben più a temere, se essa, iniziata come è già sulla via del progresso, ci pensa anche a migliorare la sua bachicoltura e le industrie ad essa connesse per ritrarre maggiori guadagni. Solo 1’ avvenire potrà rispondere a una simile eventualità che noi auguriamo lontana ma che non è impossibile. La bachicoltura europea subisce ora una crisi per l’effetto delle suddette circostanze e tende, in certe regioni, se non a scomparire certo a diminuire d’importanza. Ove insorsero nuove industrie la mano d’opera disponibile venne da questa assorbita ed andò così perduta per l’allevamento. Anche certi rami agrari, che richiedono un continuo lavoro nei campi, e che si estesero assai negli ultimi tempi, p. e. 1’ orticoltura, non lasciano tempo che l’agricoltore s’occupi d’altro. Anche chi si dedica alla coltura della vite deve proprio alla stagione dei bachi accudire ai trattamenti contro le malattie ed ai lavori colturali dei vigneti in modo così intenso che non può pensare all’allevamento. Infine moltissimi agricoltori, lamentando i bassi prezzi dei bozzoli, trovano che non rende conto più di allevare bachi, troppo poco essendo retribuita la fatica che si ha da sostenere. E con più ragione anche i proprietari, che allevavano finora per proprio conto partite forti di bachi, rinunziano a questi perchè trovano che il rincaro generale della mano d’opera diminuisce troppo il guadagno, per non dire che lo trasformi in perdila. Tutte queste lamentazioni sono generali, così che si può dire che regna quasi un malcontento che si estrinseca col ridurre gli allevamenti e che va fino alla sua ultima conseguenza, quella cioè della estirpazione dei gelsi come piante oramai inutili ed ingombranti. Questo quadro dell’ attuale stato della bachicoltura è assai triste ma non è esagerato come lo comprova la diminuita produzione di bozzoli in tutti i paesi sericoli dell’ Europa e sopratutto quella dell’ Italia che da un massimo di 60 milioni di clilgr. di bozzoli si ridusse negli ultimi anni a soli 40 milioni. Ed altrettanto sconfortante è anche lo stato attuale dell’ industria serica, e precisamente quella cioè delle filande, la quale, da una vita prosperosa che godeva finora, va ora incontro ad un periodo di ben magri utili o di dissesti. Questa industria è stata negli ultimi tempi assai perfezionata e si estese più di quanto era necessario per elaborare la materia greggia di produzione europea. Vi era un epoca in cui enormi quantità di bozzoli venivano importate da tutto 1’ Oriente per essere filate in Europa ; al presente, in quei paesi di produzione si pensò a erigere moderne filande in grandissimo numero, così che ora, invece di materia prima, si esporta la seta greggia in quelle enormi proporzioni che noi abbiamo già ricordato al principio di questo articolo, quindi il guadagno riserbato prima alle filande europee andò a cessare. Di più, gran parte dell’ esercizio delle filande è basato sopra capitali tolti ad imprestito dalle Banche verso un tasso elevato d’interesse, ed il commercio della seta greggia è oramai reso assai difficile dalla instabilità grande dei prezzi della materia prima e poi della seta lavorata, dalla mano d’ opera, da noi più cara che non altrove, dalle congiunture politiche, dalla moda, dalla concorrenza dei surrogati e da altri fattori ancora, che sarebbe troppo lungo voler tutti qui ricordare. Dapprima la Francia e poi l’Austria, riconoscendo le cattive condizioni in cui versavano le filande, vollero procurare di conservare questa industria con premi di produzione, piuttosto ingenti, e computati secondo il numero di bacinelle ed i giorni di lavoro di ogni filanda *). Malgrado questi aiuti, l’industria delle filande va sensibilmente decadendo, tanto da noi che in Francia, ed in eguale guisa come in quei paesi europei ove non vige il sistema dei premi di produzione, i quali non giovarono allo scopo come speravano coloro che li hanno preconizzati. Questa decadenza delle filande, sopratutto da noi ed in Francia, è una conseguenza irreparabile del fatto che il loro numero, aumentato all’epoca dell’importazione dei bozzoli dall’ Oriente, è ora superiore ai bisogni della produzione europea e c’è ben poca speranza che questa si estenda in breve così da dare continuo lavoro a tutte le bacinelle disponibili. In condizioni più favorevoli trovansi attualmente le manifatture di stoffe seriche, le quali sfruttano i prezzi bassi delle sete greggie e lavorano con grandi quantità di sete sopraccariche, sete miste col cotone e surrogati a seconda della richiesta della moda e del compratore, senza *) I premi di produzione per la seta greggia vennero introdotti in Francia nel 1892 e furono modificati nel 1898 e nel 1900 ed attualmente ammontano in massimo a 400 franchi per bacinella filatrice di bozzoli francesi durante tutto l’anno, ed ad altrettanto e stabilito il premio per ogni bacinella accessoria sbattrice. Inoltre i bachicoltori ricevono un premio di 60 c. per ogni chilogr. di bozzoli prodotti. In Austria, i premi per le bacinelle filatrici ebbero principio nel 1904 e aumen-arono nel 1905 a 135 cor. per bacinella filante 270 giorni di lavoro all’ anno. — 251 soffrire sensibilmente per gli sbilanci od oscillazioni che colpiscono così spesso il bachicoltore ed il filandiere. Ed ora ci si affaccia la quistione : continueranno e bachicoltura ed industria delle filande in Europa ascendere già per la china in cui ora si trovano, oppure c’ è speranza e su cosa basata che 1’ attuale crisi sia arrivata all’ ultimo gradino e che sia in breve superata, se non a piena soddisfazione di tutti, almeno in guisa tale da lasciare non solo sussistere la bachicoltura e la filatura dei bozzoli come cespiti di onesto guadagno, ma di estenderle al di là delle regioni ove finora esistono. Tutti i vari rami agrari e le industrie più o meno connesse a questi hanno, di quando in quando, ancora sempre crisi, le quali però vengono superate in un tempo più o meno breve e con maggior facilità più indispensabili che sono i prodotti greggi per la fabbrica di manufatti. Qui dobbiamo dimandarci : è il bozzolo ossia la seta greggia da esso derivante un prodotto indispensabile all’ industria tessile delle stoffe seriche? Oppure non sopperiscono ai bisogni i vari surrogati, che ora si producano in quantità sempre crescenti, e non sono essi atti ad imitare completamente le qualità della seta genuina e quindi, anche pel loro modico prezzo, a soddisfare vie meglio le richieste dei consumatori ? Abbiamo già in precedenza risposto in parte a questa quistione e noi qui lo ripetiamo : le sete artificiali, con qualsiasi processo fabbricate, non raggiungono mai le preziose qualità della seta naturale : questa sarà sempre indispensabile per tessere stoffe di finezza e di durata quali il lusso ha sempre avuto ed avrà bisogno, ed il lusso è un elemento di coltura, che progredisce incessantemente, qualunque cosa avvenga. Crediamo quasi che i surrogati e le sete con sopraccarica o miste saranno causa che in un prossimo avvenire i consumatori sapranno meglio distinguere fra seta e seta, per infine ricorrere a quella naturale, convinti che la merce a buon mercato e la merce cattiva sono la stessa cosa, che non può in ultima analisi, soddisfare 1’ acquirente. Un ramo agrario che dà lavorò ed apporta lucro a 60 milioni di abitanti, come lo è la bachicoltura, non può precipitare nell’ oblio e sparire e come esso sussiste da quaranta secoli a questa parte sussisterà indubbiamente anche in avvenire. E non devesi — astrazione fatta di circostanze speciali — sostenere che i redditi della bachicoltura non paghino oggigiorno il lavoro che essa richiede ed cccone le ragioni : una famiglia di agricoltori, domiciliati in piena regione serica, a cui non mancano i locali, la foglia e le braccia dei famigliari, può allevare due oncie seme bachi, le quali, calcolata la media di 50 chlgr di rendita all’oncia di 30 gr, daranno 100 chlgr di bozzoli. Valutato i loro prezzo al minimo pagato negli ultimi 5 anni, cioè a sole 2 Cor. 70. — circa 2.85 Lire — per chlgr. si avrà un reddito di 270 Cor., il quale però subisce un notevole aumento con una opportuna scelta della razza, con un razionale allevamento ed adottando metodi che lo semplificano. Ma ammesso anche clic il reddito sia di sole 270 Cor., questo va, se 1’ agricoltore è colono, come lo è quasi sempre il caso qui da noi, diviso per metà, di cui una appartiene al proprietario per diritto di contratto colonico, 1’ altra al colono. Ora, quale famiglia di agricoltori o coloni sprezzerà un guadagno, si può dire netto di 130 Cor., fatto in poco più di 5 a 6 settimane senza gran fatica, se si eccettui quella degli ultimi dieci giorni, guadagno che giunge proprio al momento in cui risparmi, proventi e derrate dell’ anno decorso sono consumati ? Possiamo ben rispondere che solo circostanze speciali, da noi già accennate, faranno 1’ agricoltore restio a non volersi più occupare dell’ allevamento e respingere un aiuto pecuniario tanto sicuro e tanto utile a tirar avanti la famiglia bisognosa. Noi dal canto nostro abbiamo la ferma convinzione che la bachi-coltura merita non solo di essere conservata ma anzi diffusa in nuove regioni, ove le condizioni le sono favorevoli, p. e. clima adatto, — quale vige in gran parte del mezzogiorno dell’Austria —, gelsi abbondanti, una popolazione non indolente, disposta alla cooperazione e persone di buon volere ed intelligenti che insegnino, aiutino ed abbiano in mano tutto 1’ utilizzazione e diremo vendita del raccolto. Va da se che la diffusione della bachicoltura deve essere preceduta da quella della gelsicoltura*). Questa pur troppo venne assai trascurata, sopralutto nelle regioni ove, cessata la ricerca dei bozzoli di riproduzione, cessarono anche i lauti guadagni e si vide nei gelsi un ingombro inutile che tornava conto d’abbattere. Quanto bene non starebbero questi gelsi al loro posto ed in piena produzione ai giorni nostri, mentre ora se ne devono fare nuovi impianti ed attendere che crescano per poterli utilizzare. Quasi tutta la produzione dell’ Ungheria, che può ascendere fino a 2 milioni di chilogrammi, viene fatta colla foglia dei gelsi che un provvido Governo, sotto il regno della indimenticabile Imperatrice Maria Teresa, fece piantare un secolo e mezzo fa e seppe bene conservare fino al giorno d’ oggi. Serva ciò d’esempio e distolga chiunque, che in un momento di scoraggiamento, si disinteressa per la bachicoltura e l’abbandona e non si cura più di un albero così utile come il gelso. *) Ad un’analoga conclusione pervenne anche la Commissione d’inchiesta per le industrie bacologica e serica dell' Italia, le cui importanti risultanze vennero pubblicate in alcuni poderosi volumi da quel Ministero d’agricoltura negli anni 1910 e 1911. — 253 - I. TABELLA Produzione mondiale della seta greggia secondo la statistica della „Union des Marchands de Soie“ di Lione. Europa occidentale. Produzione media del quinquennio 1906 al 1910 in chilogrammi Austria-Ungheria................................. 350.000 Italia......................................... 4.450.000 Francia.......................................... 583.000 Spagna............................................ 76.000 Somma . . . 5.459.000 Levante e Asia occidentale e centrale. Turchia d’Asia : Anatolia, (Brussa, Ismid) . . 583.000 „ Siria e Cipro................ 496.000 „ altre Provincie.............. 109.000 Turchia d’Europa: Salonicco, Adrianopoli . 325.000 Stati dei Balcani : Bulgaria, Serbia e Rumenia 203.000 Grecia e Creta............................... 67.000 Caucaso...................................... 473.000 Turkestan ad Asia centrale: Esportazione . 319.000 Persia: Esportazione......................... 261.000 Somma . . . 2.836.000 Estremo Oriente. China: Esportazione da Shanghai .... 4.887.000 » » da Canton..................... 2.304.000 Giappone : Esportazione da Yokohama . . 7.448.000 India : Esportazione dal Bengala e Kashmir . 278.000 Somma . . . 14.917.000 Totale mondiale . . . 23.212.000 II. TABELLA Ragguaglio statistico sulla produzione mondiale della seta greggia compilato dai sig.ri Chabriéres, Morel & C.o di Lione. Media quinquennale Europa. dal 1908 al 1912 in chilogrammi Austria-Ungheria.................................. 352.000 Italia.......................................... 4.109.000 Francia........................................... 512.000 Spagna............................................. 82.000 Svizzera (Canton Ticino e Grigioni) . . . 18.000 Somma . . . 5.073.000 Oriente. Russia e Caucaso.................................. 480.000 Stati dei Balcani................................. 201.000 Grecia e Creta..................................... 60.000 Salonicco, Adrianopoli............................ 346.000 Somma . . . 1.087.000 Asia. Brussa & Anatolia................................. 645.000 Siria ............................................ 594.000 Persia (Esportazione)............................. 244.000 Turkestan......................................... 306.000 Somma . . . 1.789.000 Estremo Oriente. (,Esportazione). China.......................................... 5.379.000 „ Canton..................................... 2.390.000 Giappone........................................ 8.644.000 India............................................. 236.000 Tonchino ed Annam.................................. 15.000 Somma . . 16.664,000_______ Totale mondiale . . . 24.613.000 — 255 — IH. TABELLA Produzione mondiale dei cascami serici del bombice del gelso e dei bombici selvaggi. Cascami dei bozzoli del l dei bozzoli di Europa. bombice del j bombici gelso 1 selvaggi *) in chilogrammi Italia — Francia — Spagna — Altri paesi d’Europa . . . — Somma . . . 4.460.000 — Asia. Levante 100.000 Caucaso e Bokara . . . . . . 910.000 200.000 Persia . . 550.000 900.000 Turkestan e Afganistan . . . . 1,800.000 850.000 India . . 1.150.000 2.900.000 Somma . . . 5.510.000 4.950.000 Estremo Oriente. China e Manduria . . . . .... . •. 16.000.000 9.000.000 Giappone . . 5.200.000 650.000 Indochina e Tonchino . . . . . 600.000 600.000 Somma . . . 21.800.000 10.250.000 Altri paesi. Africa . . 60.000 1.000.000 America . . 30.000 100.000 Isole della Sonda e Australia . . 40.000 200.000 Somma . . . 130.000 1.300.000 Totale Mondiale . . . 31.900.000 16.500.000 *) Cosìdetta Kotonswatte secondo la denominazione di Silbermann (Die Seide pag, 106 Voi. 11). — 256 - IV. TABELLA Produzione serica dai bombici selvaggi secondo Rondot*). Bozzoli Seta Chilogrammi China: Bombice selvaggio del gelso (Teophila mandarina).................................... 420.000 28.000 China: Philosamia Cynthia....................... 440.000 38.000 India: Philosamia ricini 600.000 55.000 Giappone : Antherea Yama Mai.................... 180.000 12.000 China: Antherea Pernyi....................... 22.000.000 1.300.000 India: „ assama e mezankooria 1.000.000 45.000 „ „ mylitta........................ 10.000 000 600.000 China : Saturnia pyretorum...................... 300.000 20.000 Chilogrammi . . . 35.000.000 2.098.000 *) Rondot, l’Art de la soie,# Voi. 11 pag. 255. Parigi 1887. — 257 — 7- Provvedimenti in favore della coltura dei gelsi dell’ allevamento dei bachi e dell’ industria serica sotto il Governo di Maria Teresa. Osservazioni dell’ autore. Le patenti sovrane e gli editti che seguono furono emanati sotto il Governo di Maria Teresa e riguardano provvedimenti intesi a promuovere la gelsicoltura, 1’ allevamento del baco e l’arte di tessere le stoffe seriche nell’ Austria ed in ispecie nella Contea di Gorizia e Gradisca. È da quell’ epoca che data il principio di un era novella *) di questa industria, la quale seppe in breve svilupparsi in modo da costituire un cespite molto importante di ricchezza. Dalla foglia del gelso che serve di nutrimento al baco fino alla più preziosa stoffa di seta, si aveva pensato a tutto : dai premi a chi piantava gelsi alle severe punizioni dei colpevoli di danneggiamenti alle impiantagioni ; dalle istruzioni per allevare bachi alla scelta dei bozzoli; dal prezzo di questi al modo di filarli; fino al numero dei fili serici, e la loro qualità per tessere i più svariati drappi, fissando anche la grandezza dei medesimi e comminando pene ai trasgressori di una o 1’ altra delle minuziose prescrizioni. Tutti questi provvedimenti erano necessari all’inizio di un industria difficile e dal cui buon andamento dipendeva la facilità di un vantaggioso smercio dei manufatti e quindi un prosperoso sviluppo della bachicoltura ; questa era appena insorta quale nuovo ramo agrario, affidato alla diligenza del contadino, e dal quale doveva provenire la materia prima. E che queste rette intenzioni siano state coronate da buon successo lo comprova l’estensione presa in breve dell’allevamento del baco c lo dimostra pure il fatto che i telai per le seterie, da soli 30 che erano nel 1700, aumentarono fino a 462 nel 1782 nella sola città di Gorizia **). Fra i vari manufatti fabbricati erano principalmente i damaschi da chiesa o da paramenti, pei quali disegnatori speciali, stabiliti a Gorizia, *) Per la storia della bachicoltura nel Litorale austiiaco raccomandiamo gli interessanti Cenni storici intorno alla seta in Gorizia, Istria e Trieste di Eugenio Pavani, publicati nell’ .Archeografo triestino“. Nuova Serie Vol. XVI fase. 1. Trieste 1890. **) Pavani, 1. c. pag. 3. fornivano i disegni originali, che procurarono a queste stoffe fama e buoni acquirenti sulla piazza di Vienna *). Ma i privilegi concessi a pochi e le prescrizioni che vincolavano i fabbricanti di stoffe seriche non potevano lungamente reggere contro 1’ era moderna che sotto le aure di libertà civile si incaminava a gran passi verso il progresso in tutti i campi dello scibile. Abolite le leggi restrittive ed andati in dimenticanza certi editti, altri paesi più innanzi che il nostro e più adatti alla grande industria, assorbirono gradatamente tutta la tessitura casalinga nostrana ed a noi non ci rimase che la sola bachicoltura. Essa è, anche nello stato attuale, il più bel frutto che crearono nei tempi addietro i provvedimenti di una saggia Imperatrice tutta intenta a migliorare le sorti dei suoi sudditi. E guidati da un sentimento di grata memoria publichiamo questa serie di leggi, patenti sovrane ed editti che devono interessare chiunque **). *) Qui ci piace di ricordare il nome di Giovanni Battista Bujatti, che già nel 1770 fu in Gorizia uno dei più attivi e più rinomati in questa industria, il figlio del quale si trasferì nel 1811 a Vienna per esercitare su scala più vasta. Attualmente è la quarta generazione di questa solerte famiglia che continua in grande e col potente sussidio di tutti i meccanismi moderni l’opera dell’ avo così bene cominciata quasi un secolo e mezzo fa. 11 pronipote del suddetto, Francesco Bujatti, scrisse una pregevole monografia sull’industria serica in Austria che si publicò a Vienna nel 1893 sotto titolo: „Die Geschichte der Seidenindustrie in Österreich-*. **) Osserviamo che la Cesarea regia Patente e la Risoluzione sovrana era il primo atto legislativo di un governo non costituzionale, e costituiva in certo modo l’introduzione e motivazione di una legge fondamentale. Gli Editti erano Ordinanze emanate dal Sovrano per l’applicazione della legge. Le Patenti e gli Editti che seguono in ordine di data non rappresentano che una parte di quelli emanati in argomento sotto il Regno di Maria Teresa. Nei „Cenni storici“ del Pavani sono inserite dettagliate istruzioni emanate dalle Autorità amministrative, per la coltura del gelso, per 1’ allevamento dei bachi da seta e confezionamento del seme nonché Regolamenti per le maestre ed operaie delle filande e degli incannatoi. 1. Editto del 30 Aprile 1756 con cui viene eretto il Magistrato sopra le manifatture di seta in Gorizia. *) NOI MARIA TERESA, per la Dio grazia Imperatrice dei Romani ; ecc. ecc. **) Considerando Noi, mossi da Materna sollecitudine a prò de’ Nostri Stati, che per accrescere, e migliorare nelle nostre unite Contee di Gorizia e di Gradisca, la ma-nipulazione, produzione, e fabbrica della seta, sia necessario d’erigere in vigor della nostra clementissima Resoluzione dd. 24 Aprile graziosamente emanata alla nostra Rappresentazione e Camera del Cragno, un espresso Magistrato dependente unicamente dal Nostro Direttorio Commerciale denominando per Preside del medesimo te Bar. Antonio de Fin tempo fa Capitanio di Gradisca, ed Amministratore di Gorizia, in riguardo della cognizione di simili Manufatture per il corso di più anni da te acquistata, e per Assessori in primo loco te, per parte del Bancale, Carlo Gioseppe Lang Rendmeister di Gradisca, ed Inspettore sopra il Filatorio di Farra, non meno voi Gioseppe Pennello, e Domenico Segalla, che fosti Utontisti del Filatorio precitato, così pure te Francesco Gironcoli Giudice della Città di Gorizia, e te Giovanni di Giorgio Mercante della med.a Città, e per Attuario il Dottore Giovanni Polli, oltre un Cancellista. Vi abbiamo perciò, per porvi in attività rilasciato mediante il nostro Direttorio Commerciale le qui annesse Instruzioni, alle quali, come pure a tutti gli altri ordini dal medesimo a voi provenienti, saprete prestare ogni più esatta esecuzione, vi concediamo altresì l’Autorità di poter voi medesimi far eseguir le vostre disposizioni, toccanti tal materia, a qual effetto furono già rilasciati gli ordini opportuni al Capitanial Consiglio di Gorizia e Gradisca. Ciò poi riguardo gli Editti necessari da pubblicarsi, egli è nostro grazioso Ordine, che gli Editti, che concernano universalmente il Pubblico debban esser rilasciati unicamente dal nostro Capitanial Consiglio. A qual fine tu Preside saprai ogni volta transmettere al predetto Consiglio le tue Requisitoriali, gli Editti all’ incontro che puramente riguardano quelli Particolari, che saranno interessati nella Manipulazione, e fabbrica della Seta, potranno esser da voi, sotto vostro proprio nome pubblicati, come più diffusamente l’intenderete mediante la precitata Nostra Rappresentazione, e Camera del Cragno. *) La copia di questo Editto ed annessa Istruzione ci venne graziosamente imprestata dalla famiglia Gironcoli de Steinbrunn di Gorizia, che discende da Francesco Gironcoli, Giudice della Città di Gorizia, accennato nel suddetto Editto. Questa famiglia si interessò sempre per la bachicoltura, ed anzi Francesco de Gironcoli, decesso nel 1911, fu uno dei primi ad applicare su vasta scala il sistema cellulare nella confezione del seme bachi. Osserviamo che il suddetto Editto è stato per errore tipografico composto in caratteri diversi da quelli in cui sono stampati gli altri Editti o Patenti. **) 11 titolo completo trovasi in testa alla Patente Sovrana del 30 Giugno 1856. Con ciò s’ adempisce il nostro grazioso volere e noi vi restiamo ben affetti con le nostre Ces. Reg. ed Arciducali grazie. Datum nella nostra Città di Vienna adi 30 del Mese d’Aprile dell’anno mille, sette cento, cinquanta sei, e decimo sesto del nostro Reame. Tergo : Alli P. T. Antonio Lib. Bar. de Fin Nostro Intimo Consigliere, Carlo Gioseppe Lang nostro Rendmeister di Gradisca, Gioseppe Pennello, Domenico Segalla, Francesco Gironcoli, e Giovanni di Giorgio in Gorizia. Istruzioni annesse alla suddetta Patente sovrana. Per il Magistrato novamente eretto in Gorizia sopra le Manufatture di Seta. Avendosi ultimamente fatti gli opportuni riflessi sopra il vantaggio considerabile, che risulta a benefizio di quelle Provincie, nelle quali viene prodotta, tirata, e lavorata la Seta secondo le regole introdotte ; abbiamo perciò per ottener tal fine maturamente considerato sopra il modo, che tener si potesse nell’ apparechio, e manipulazione sin alla tessitura della Seta, che in buona quantità, e qualità producesi nell’ unite Contee di Gorizia, ed in specie di Gradisca, e nel Distretto di Cormons, nel qual apparechio consiste il più essenziale dell’opra, per riddure alla lor perfezione le Merci, che da quella si lavorano. Per giungere a tal’ intento diretto al comun interesse abbiamo non solo già anni sono fatto erigere con grave dispendio il Filalorio di Farra *>, ma abbiamo ancora mediante Privilegi graziosamente concessi invitati dalle Provincie estere gli opportuni Industriali, e posto in opera tutto quello, che servir potrebbe per 1’ accrescimento di si vantaggioso Commercio; ciò non ostante l’esperienza ce l’insegna, che senza una particolare cura e direzione giunger non possa tal opra alla sua vera perfezione, mentre ogn’ uno esperto, o nò, che egli sia nell’ arte, tira, e inanipula la Seta, e fa successivamente con la me-dema lavorare, e tessere in diverse guise li Drappi da Maestri poco pratici, da che ne segue, che non riduconsi alla perfezione nè la Seta in se, nè li Drappi da quella lavorati, in conseguenza eh’ esitar non si possono con quel vantaggio, che altrimenti potrebbesi. Vuole perciò il comun interesse, che sopra tal particolare venghi eretto un espresso Magistrato, con ingiungere al medemo per di lui direzione le seguenti distruzioni. PRIMO. Dovrà il Preside di questo Magistrato, non meno gli Assessori ed Attuario aggiuntili aver la mira d’ accrescere tal prodotto di Seta, con far piantare in maggior copia li Morari, di ridurre il tutto in bon stato dal principio sin al fine, cioè cominciando dalle Ova, o sia seme dei vermini, ovvero Cavallieri, sino alla tessitura de’ Drappi, e di abbolire totalmeate le trascuragini, ed imperfezioni introdotte a tal fine. SECONDO. Avrà a petto quel Magistrato di conseguire mediante corrispondenza quelle regole, dietro le quali si dirigono le Città più mercantili dell’Italia, Francia, ed Inghilterra nelle loro Manufatture di Seta, adattando al possibile le medeme, affinchè la Seta cruda venghi tirata nelli Fornelli con tutta la diligenza, secondo le regole dell’arte, *) Per utilizzare in provincia i bozzoli prodotti venne costruito sotto il regno di Carlo VI nell’ anno 1724 a Farra di Gradisca un grande filatoio mosso a forza d’ acqua deviata dall’ Isonzo. Il medesimo fu un tempo tenuto in esercizio dallo Stato e poi dato in appalto e forniva l’organzino e la trama perla fiorente industria delle seterie di quei tempi a Gorizia. — 261 — non già secondo il capriccio degl’industriali, come per il passato ; evitando in tal modo il Calo di 6. a 20. per cento fin’ ora sperimentatosi nel Filatorio, qual calo si converte in strazzi di pochissimo valore, con far perdere il tempo alli Lavoranti, 1’ utile alii proprietarj, e quel eh’ è peggio, il credito alle Manufatture. Se poi riuscisse impossibile di conseguire mediante corrispondenza il suaccennato intento, dovrà ciò notificarsi a questo Direttorio Commerciale, affinchè sappia prendere le sue misure per ottenerlo per altra via, e successivamente transmettere tali regole ad esso Magistrato; così pure. TERZO. Non siamo contrari di prestare ogni assistenza toccante le Maestranze, e quant’ altro contribuir potesse all’ aumento di tal Commercio, dovrasi perciò maturamente esaminare, e dimostrarci tutto quello che servir potrebbe all’ accrescimento di tali Manufatture, ed abbenchè si debba insistere, affinchè la Seta cruda venghi tirata secondo il buon ordine, abboliti li diffetti, che si attrovano, e castigato chiunque osasse dimostrarsi renitente alle Regole, ciò non ostante QUARTO : Esso Magistrato saprà usare ogni riguardo, e non mostrare in tal intrapreso una troppo eccessiva violenza, per non metter in confusione gl’ Industriali fin’ ora ignari d’ ogni buon ordine, anzi dovrà con buona maniera a poco, a poco indrizzarli, con far comprendere alli medemi non solo il comune, ma ancora il loro particolar interesse. QUINTO : Dovrà il Magistrato unirsi almeno una volta per Settimana, ad udire le Parti, le quali avessero o in scritto, o in voce qualche cosa di proporre toccante il negozio delle Sete, con ingiungere successivamente alle medeme le sue determinazioni, facendo ad un tempo sopra un oggetto si rilevante li suoi maturi riflessi, e dandosi tra le Parti qualche differenza non solo sopra il predetto materiale ; ma ancora sopra la manipulazione del medemo, saprà esso Magistrato mediante sua sentenza definitivamente decidere, a qual fine SESTO : Esso Magistrato avrà T autorità di poter senza verun impedimento rimediare, e disporre secondo la ragione, e giustizia tutto quello, che aspetta all’ interesse delle manufatture di Seta delle due Contee di Gorizia, e Gradisca, e tutte le differenze, che in tal particolare potranno insorgere, decidendo summarissimamente sopra le medeme, e protocollando tutti gli affari di questa natura, a qual fine appunto dovranno tenersi gl’ opportuni Protocolli. SETTIMO : Questo Magistrato saprà usare la dovuta attenzione per avere una sicura notizia toccante la quantità della Galleta prodotta nell’unite Contee di Gorizia, e Gradisca, così pure nel Carso, in Trieste, e Fiume, parte a fine di rilevare, se tal Commercio ad intra, s’accresca, o cali ? e parte per fare gli opportuni bilanci, se, e quanta Seta potrà lavorarsi nel Litorale Austriaco, e quanta potrasi estraere fuori del Stato, il che sarà facile ad effettuarsi mediante li Giurisdicenti, a quali il Preside di questo Magistrato dovrà transmettere le sue Requisitoriali, per ottenere dalli medemi la specifica, dove, e quanta Seta sia stata prodotta dalli loro respettivi Industriali, con l’aggiunta delli nomi de’medemi; a qual effetto appunto OTTAVO : Verranno rilasciati gli ordini opportuni a tutti li Giurisdicenti, ed altre Instanze, Consigli, e Dicasteri, affinchè sappino prestare a questo Magistrato la necessaria assistenza, e corrisponder con il di lui Preside mediante Requisitoriali, secondandolo al possibile in tutto quello, che conferir potrebbe all’ accrescimento di sì rilevante, e per il comun interesse si vantaggioso negozio. NONO: Dovrà questo Magistrato ogn’ anno prender in nota, e successivamente per tempo avanzare a questo Direttor Commerciale il prezzo della Seta; se, e qual prezzo poi DECIMO : Debba stabilirsi per direzione degli Artisti e Negozianti durante la Galleta, dovrasi maturamente esaminare, ed avanzarci sopra tal particolare il suo ben fondato bon parere, conciosia che tal stabilimento di prezzo ricerca una non mediocre attenzione, considerando, che facendosi per parte Austriaca il prezzo leggiero, e basso, invece d’introdur la Galleta veneta nel Stato Austriaco, passarà più tosto l’Austriaca nel Stato veneto, facendolo all’ incontro alto, vengono aggravati gl’ Industriali. UNDECIMO : E’ necessarissimo, che quelli, che saranno intenzionati di tirare la Seta cruda, annualmente due mesi prima o si presentino in persona avanti questo Magistrato, o si facciano insinuare mediante le loro respettive Instanze, specificando quanti Fornelli vogliono tenere, dove, e come li medemi siano situati, per poter successivamente stabilire 1’ opportuno bilancio, quanti possino alli medemi concedersi per loro proprio vantaggio, e buon ordine del Commercio, conseguentemente DUODECIMO : Per conservare tal buon ordine sarà permesso al Magistrato di denominare secondo il bisogno più o meno lnspettori pratici, ed intelligenti del tirar la Seta, i quali dovranno invigilare, se il lavoro venghi da per tutto eseguito nel modo determinato dando alli medemi la facoltà di rimediare alli disordini e trovando resistenza, di denunciarlo immediatamente al Magistrato per gl’ opportuni ripieghi, e dandosi più volte, tra gli altri diffetti il caso, che quelli, che tirano la Seta comprano più Galleta, che tirar si dovrebbe in un fornello, dovrasi perciò rilasciare gli ordini opportuni a quelli che saranno intenzionati di tirare la Seta, che nessuno sotto pena di f. 50 d’esser irremissibilmente levata, possa comprare più di 1000 II*), per cadami fornello, consistendo in tal principio il più massiccio dell’ opra, mentre se in un Fornello vien tirata più della quantità prescritta restano le Gallete troppo a lungo sù li Pezzoni, conseguentemente s’abbruciano, e si guastano, o almeno le Sete riescono di minor qualità, da che ne siegue un discapito universale. DECIMOTERZO : Gl’ Industriali avranno cura di provveder li loro fornelli di buone Maestre, instruendole del novo Metodo, alle quali, terminato il lavoro, daranno secondo la lor abilità, e condotta li respettivi attestati in iscritto, il che servirà per direzione a quelli, di cui esse, 1’ anno susseguente cercaranno il lavoro, e renderle Maestre più attente, e corrette, mentre quelle, che non avranno attestati, non potranno admettersi al lavoro. DECIMOQUARTO : Gl’ Industriali, o quelli, ei e avranno l’inspezione sopra simili luoghi saranno tenuti a bel principio del tirar la Seta, di presentare al Magistrato una Mostra, per esaminare la qualità del lavoro, ed attenderne o 1’ approvazione, o li diffetti in quelo ritrovati. DECIMOQUINTO : Dovrà inibirsi sotto gravi pene, che nessuno particolare, fuorché egli fosse perito nell’ arte possa tirare la sua propria Galleta, ma dovrà per oviare ad ogni imperfezione farla lavorare da Maestranza approvata, sul metodo, che verrà ordinato. DECIMOSESTO: Convien riflettere, che fabbricandosi nelle due unite Contee di Gorizia e Gradisca per il corso di un anno da 30. in 35. m **) Il di Seta cruda, deb-basi necessariamente cercare il presto esito della medema, affinché gl’ Industriali, i quali in essa impiegano li loro dinari (mentre li Maestri tirano la Seta cruda con Capitali non suoi, e sono tenuti ad un grand’ interesse sin alla francazione delti medemi ***) abbino con la possibile celerità il loro rimborso, perchè tirandosi, per lor disgrazia, a lungo tal esito, si farebbe il lor discapito sempre maggiore, ed in vece di lucro vi rimanerebbe un inevitabil perdita, crederissimo perciò, che *) Abbreviazione di libbra grossa o funto di 480 gr. o di 12 oncie a 40 gr. **) m Abbreviazioni di mille = 17.000 kg. seta greggia pari a 255.000 kg. di bozzoli freschi. ***) Proprio come avviene ancora oggigiorno. — 263 - DECIMOSETTIMO: Il Ces.° Reg.0 Filatorio, ed altri filatori di mano, e successivamente li Mercanti, Negozianti, ed Artefici delle Manufatture di Seta aver debbano la preferenza nella compra della medema non solo nelle Contee di Gorizia, e Gradisca, ma ancora nel Cragno, ed in tutto il Litorale Austriaco, di maniera però, che un mese prima, che si finisca di tirare la Seta, debba darsi in nota, quanta ogn’ uno sia intenzionato di comprare, per poter a tal effetto prescrivere un congruo termine, entro il quale ogn’ uno possa provvedersi del suo bisogno. Ma siccome DECIMOOTTAVO : 11 Ces.° Reg.° Filatorio per ora non è in istato di lavorare più di 7500 II Orsoglio, e 10000 II di Trama, e gli altri Filatorj di mano 2000 II d’Or-soglio*), e 6000 di Trama; somma 9500 d’Orsoglio, e 16000 II di Trama, summa summarum 25500 II di Seta, dimodocchè computando un anno con l’altro restino di superfluo 10000 II, qual summa per diffetto delle fabbriche sufficienti, devonsi per necessità lasciar estraere fuor del Paese, converrà perciò maturamente esaminare, come, ed in qual modo rimediar si possa a tal’ estrazione, affinchè tutta la Seta resti nel Stato Austriaco, e venghi impiegata a benefizio delti Mercanti in tante Stoffe, e Drappi di diverse qualità. DECIMONONQ: Siccome li Drappi di Seta costumansi tessere metà Orsoglio, e mettà Trama, nasce perciò un gran disordine, mentre delli 35 m II di Seta, che si produce nell’ unite Contee, si tirano solo 6. a 8000. Il a Trama, ed il resto tutto a Orsoglio, per provvedere dunque al bisogno sarebbe ben fatto, se Gorizia, Trieste, e Fiume con li loro Territori, non essendo la lor Galleta della più perfetta, tirassero la medema a trama, Gradisca all’ incontro e Cormons con loro Distretti, ove la Galleta è più fina, lavorassero la medema per Orsoglio. VIGESIMO : Correndo il Ces.° Reg.° Filatorio per conto dell’ Erario, dovranno gl’ Industriali, ed Artefici delle Manufatture di Seta, specificare, quanta Seta ogn’ uno voglia far lavorare, acciò per parte del Filatorio possansi ordinare l’opportune disposizioni tanto per servir li negozianti, quanto per non lasciar ozioso il medemo. V1GES1MOPRIMO : Dovrasi pure diligentemente invigilare non solo il Ces.° Reg.° Filatorio, ma ancora sopra gli altri Filatorj particolari, acciò le Maestranze siano poste in buon ordine, e disciplina, e sempre più ammaestrate nel loro lavoro, nel quale s’impiegaranno al possibile li propri sudditi, affinchè tal arte possa esser tra essi soli esercitata, senza servirsi di stranieri, la di cui condotta per ordinario non è della migliore, per qual motivo appunto la maggior parte deve abbandonare la propria Patria. VIGESIMOSECONDO : Quel Magistrato saprà informare, se trovasse necessario, che fosse ordinato agli Artefici delle manufatture di Seta, e Testori, di dover presentare li loro Drappi terminati, che saranno, all’ opportuna revisione, ed approvazione, in qual occasione dovrà bollarsi ogni pezza di Drappo, con un sigillo, che a tal’ effetto dovrà espressamente destinarsi, per denotare, che il Drappo medemo abbia le sue dovute qualità, e sia permesso l’esitarlo. Quel Magistrato dovrà tener nota distinta di tutte le manufatture di Seta, non meno della lor qualità, e quantità, con il nome delli respettivi Maestri, qual nota dovrà annualmente avanzarsi a questo Direttorio Commerciale. Ciò fatto V1GESIMOTERZO : Dovrasi maturamente considerare sopra il modo d’introdurre, e ritrovare Maestri idonei, e destri in tutti li lavori, specialmente nel disporre i colori, e lavorare secondo li disegni dell’ ultimo gusto, per mettersi in stato di produrre tal sorte di Drappi, mediante li quali si rendono celebri, e fortunate tant’ altre Provincie. E finalmente V1GES1MOQUARTO : Non avendosi per ora prevedute, e per conseguenza non essendo inserte nella presente Instruzione tutte quelle disposizioni ed occorrenze, ch’esser potrebbero espedienti, ed avantaggiose per 1’ accrescimento di queste Manufatture, *) Organzino. Si rimette all’ esatta attenzione, lunga pratica, e destrezza del Preside di porre in opra per Sovrano buon Servigio, tutto quello, che contribuir potrebbe ad un sì salutare intento, con espressa riserva però, di dover umilissimamente sfuggire ogni minimo motivo, ed occasione di competenza, e dubbio, che insorger potesse con altri Dicasteri, e di esaminare sempre in pleno Magistratus quelli ripieghi, che necessari esser potrebbero per la preaccennata manipulazione, avanzandoci successivamente 1’ opportuno per nostra ulterior Risoluzione. 2. Cesarea regia Patente, emanata nella Residenza di Praga in data 30 Giugno 1756 affine di prevenire il furto, il taglio o altro danneggiamento dei gelsi e di altri alberi, da frutto o selvatici. *) NOI MARIA TERESA per la Dio grazia di Dio Imperatrice dei Romani ; Regina di Germania, Ungheria, Boemia, Dalmazia, Croazia, Schiavonia ; Arciduchessa d’Austria, Duchessa di Borgogna, della Silesia Superiore e Inferiore, del Brabante, di Milano, della Stiria, Carintia, del Cragno, di Mantova, Parma e Piacenza, di Limburgo, Lutzemburgo, Geldra, Wirtemberga ; Margravia del Sacro Impero Romano, della Moravia, Burgovia, della Lusazia Superiore e Inferiore, Principessa di Svezia e Transilvania, Contessa Principessa di Ab-sburgo, di Fiandra, del Tirolo, di Pfert, Kyburgo, Gorizia, Gradisca e di Artois ; Langravia nell’ Alsazia, Contessa di Namur ; Signora della Marca Venda, di Pordenone, Talins e Mecheln ; Duchessa di Lorena e Baar, Granduchessa di Toscana. Assicuriamo tutti e ciascun abitante e suddito del nostro Regno di Boemia, sacerdoti e secolari di qualunque condizione, dignità e magistratura essi sieno, della Nostra grazia sovrana, e desideriamo loro ogni prosperità, recando loro a memoria quanto Noi abbiamo per nostra spe- *) La suddetta nonché diverse altre patenti ed alcuni editti, che qui publichiamo> sono tolti dal Supplementum codicis austriaci, 5° e 6° volume, che comprendono gli anni 1740 fino 1758, publicati dal Barone T. de POck, mentre le restanti patenti ed editti sono riprodotti da copie che potemmo prendere, grazie alla particolare accondi-scenza della Direzione dell’ i. e r. Archivi di Stato di Vienna, dai documenti originali. ciale sollecitudine graziosissimamente ingiunto addì 5 Aprile dell’anno 1754 rispetto al mantenimento e aumento dei boschi. Ma posto che per nostro sommo rincrescimento ci fu ossequiosamente denunziato che ad onta di tutti i provvedimenti i gelsi piantati qua e colà nei paesi Nostri, nonché gli alberi da frutto e selvatichi furono da gente reproba maliziosamente o danneggiati, o recisi, o asportati e clandestinamente venduti, onde i Nostri intendimenti diretti a pro della provincia Nostra ed in particolare all’ incremento dell’ industria serica e all’ ampliamento della gelsicoltura andarono miseramente frustrati : Noi comandiamo e ordiniamo con questa Patente con la maggior possibile severità che niuno per 1’ avvenire si attenti di recar danno ai gelsi, agli alberi da frutto e ai selvatici, e molto meno di reciderli, di guastarli 0 di asportarli. Che se taluno venga incolpato e convinto di tale delitto, sarà punito la prima volta con due anni di carcerazione, la seconda volta con tre anni di lavori forzati. Noi ingiungiamo quindi a tutte le nostre Autorità, Città, Borgate e Giudizi del Nostro Regno di Boemia di incaricare gli impiegati agrari, 1 giudici e i cittadini della più solerte vigilanza, affinché in avvenire non si rinnovino i deplorati danneggiamenti o furti di arboscelli *). Acciocché, poi, nessuno abbia con un pretesto o 1’ altro a scusare la propria ignoranza, è Nostra volontà che il presente Editto sia pubblicato in tutte le citta e in tutti i villaggi, a voce e per iscritto, che sia spesso preletto ai sudditi nelle cancellerie rurali, e che le penalità sopra comminate sieno rese di pubblica ragione con tabelle da rizzarsi sulle pubbliche strade e sui terreni di siffatti piantamenti. Dato nella Nostra Residenza di Praga addì 30 Giugno 1756. L. S. V1NCESLAO CASOMIRO NAOLITZKI, barone di Eysenberg. Ad Mandatum Sacrae Caesareae Regiaeque Majestatis: Et Consilio Repraesentationis & Camerae. GIANMATTIA IGNAZIO PREISMAYER. (Traduzione dal tedesco). *) Questa Patente fu emanata per la Boemia, ove, senza considerare il clima colà regnante, non favorevole alla bachicoltura, si volle tentare la coltura del gelso ritenendo che ove prospera questo sia possibile anche quella. Le pene comminate ai colpevoli sembreranno certo eccessive e forse saranno state più un spauracchio che un castigo d’applicarsi. Comunque sia ricordiamo che in Istria, ai tempi della dominazione francese i ladri campestri, colti di fragrante, venivano impiccati al più prossimo albero. Li 16 agosto 1763. Sovvenimen -to dell’industria dal Fondo commerciale. • 9 Introduzione della bachicoltura. Coltura dei gelsi. 3. Cesarea regia Patente, emanata dalla Capitale e Residenza di Vienna in data del 16 Agosto 1763 affine di promuovere la sericoltura e la coltivazione dei gelsi. NOI MARIA TERESA ecc. ecc. Assicuriamo i nostri ubbidientissimi Stati, e particolarmente tutte le Autorità, Prelature e Conventi, e altresì le Città e Borgate dei Nostri dominii reali di Boemia e d’Austria *) della Nostra grazia sovrana, e rechiamo loro a contezza : come nella condizione di pace ora felicemente ristabilita Noi ardentemente desideriamo che le Nostre terre fedelissime dopo tanta procella di guerra si acquetino e riacquistino nuovo vigore. Noi intendiamo dal canto Nostro di esperire tutti i mezzi atti a promuovere il benessere de’ poveri contribuenti. Con questi intendimenti Noi abbiamo ordinato di dare non solo il maggior incremento alle manifatture provinciali, e di sovvenirle abbondantemente dal Nostro Fondo Commerciale a quest’ uopo istituito, ma di provvedere altresì acchè agevolato sia lo spaccio dei prodotti nostrali tanto nell’interno de’Nostri dominii quanto fuori. In ciò fare abbiamo posto riflesso al grande utile che allo Stato, alle Autorità e ai sudditi ridonderebbe, se nei paesi Nostri fosse introdotta e con unanime zelo promossa la sericoltura, essendo notorio quali somme di denaro vanno annualmente erogate per l’importazione serica, e quale tornaconto ne verrebbe, se quei denari fossero riserbati alla circolazione interna a tutto vantaggio de’ sudditi Nostri. Tutto questo Noi abbiamo da gran tempo meditato, ma non volemmo procedere ad un materiale provvedimento sino a tanto che non ci fossimo convinti con prove irrefragabili che il suolo Nostro non solo si prestava dovunque alla sericoltura, ma era atto eziandio a produrre una qualità di seta idonea a fornire i più fini tessuti. E più ci animava 1’ esempio della Nostra Contea di Gorizia e di una parte del Tiralo, dove i sudditi ritraggono gran parte dei loro proventi dalla bachicoltura, anche i vasti puntamenti di gelsi, operati in questa Nostra residenza e nella Boemia, addimostrano ad esuberanza con che poca fatica si riesca nella coltura di questi alberi, e come sa- *) Osserviamo anche qui in riguardo alla Boemia quanto venne detto nella annotazione alla Patente antecedente a questa (pag. 263). rebbe a dolersi, se dopo tai successi s’indugiasse di propagare con ogni sollecitudine in tutti i dominii Nostri la coltivazione dei gelsi che dànno il foraggio ai bachi da seta Ne è intenzione Nostra che per questo abbia a derivare alle Magistrature, ai Conventi e alle Comunità la menoma gravezza; Noi vogliamo solamente che esse dieno la spinta alla cosa e persuadano sè medesime e i sudditi della manifesta utilità; che agiscano dunque per amor di patria, e nel proprio interesse appoggino un’ industria che Noi consideriamo fonte primissima di prosperità. Ora, 1’ accrescimento della bachicoltura riposa unicamente sul fatto che i Magistrati, le Prelature, i Conventi e le Città che posseggono broli e verzieri, s’inducano a istituire, a misura dei loro fondi, dei piantonai più o meno grandi, a trapiantare gli arboscelli in parte sui propri terreni, in parte a spartirli fra i loro dipendenti, e a vigilarne assiduamente la coltivazione. Ma affinchè l’istituzione di piantonai non abbia a gravare sopra chicchessia, abbiamo ordinato che non solo la semenza di gelso sia somministrata gratuitamente, ma che sia erogata dai Nostri Consessi Commerciali un’ annua premiazione ai gelsicultori in ragione del loro merito. Piantamento di gelseti. Semenza di gelso gratuita E poiché molto dipende dalla cooperazione zelante degli impiegati governo privati siccome di coloro che hanno a vegliare, acciocché i gelsi dopo piantati in-il trapiantainento sieno governati come si deve, specie nei primi anni: a°^fràdeHe Noi abbiamo divisato di significare a quegli agenti che si saranno dati Signorie. L la maggior cura nel governo dei gelseti, la Nostra sovrana soddisfa- Graziale in zione con una graziale in oro, e di tener conto anche in altra maniera „emeriti" b° dei loro rispettivi meriti. Specialmente saremo riconoscenti verso le Autorità spirituali e conoscenza'" secolari che questi Nostri sovrani intendimenti saranno premurosamente alle autorità assecondati e operosamente attuati; nè dubitiamo minimamente che esse sPin'ua.li e volentieri si sobbarcheranno a quest’ opera proficua, molto più che l’ufficio loro consisterà nel vigoroso avviamento dell’ impresa e in quella costante vigilanza, di cui han dato già tante prove nell’ attuazione di altre Nostre sovrane ordinanze. Noi sappiamo bene che a molti magistrati, impiegati e sudditi farà Insegnamen-difetto la debita istruzione in materia, epperò stimiamo necessario di ìturn ggra-recare a pubblica contezza come abbiasi a educare il gelso dal seme, tuito, come abbiasi a trattare nel semenzaio, e quante cose si debbano osservare nello strapianto e nel successivo governo di esso: ragion perchè abbiamo ingiunto a tutti i Consensi Commerciali dei Nostri dominii di somministrare gratis alle Autorità che ne facessero domanda, le relative Istruzioni a stampa, dalle quali ricaveranno i più minuti e sicuri ammaestramenti. Gelsi adulti ceduti alle autorità per il trapianto dai vivai regi. Somministrazionegratuita del seme bachi e spaccio rimunerativo dei bozzoli. Nel contempo Noi disponiamo che sino alla maturazione dei piantonai da istituirsi, alle Autorità sieno dai regi vivai senza alcuna spesa forniti per il trapianto tanti gelsi adulti quanti desiderano. La materna Nostra sollecitudine s’impegna inoltre a procurare ai sudditi che abbiano allevato un numero sufficiente di gelsi, un ammaestramento di esperti in tutto ciò che concerne la produzione della seta e che devesi osservare nella nascenza e nello allevamento dei filugelli. Anzi Noi vogliamo procacciar loro gratis il seme bachi e tutti gli attrezzi necessari per lo allevamento, e vogliamo assicurar loro un tale smercio del prodotto in bozzoli che abbiano a rallegrarsi del frutto delle loro fatiche, e invogliarsi a continuare un’industria comune che non li distoglie dalla rimanente azienda rurale. In questa maniera Noi speriamo che le Nostre cure dirette al benessere delle terre Nostre rendansi manifeste agli occhi dei Nostri sudditi, e che l’incremento di questo ramo dell’economia abbiano fra pochi anni a sentirsi i grandi benefizi Perocché questa è la Nostra volontà e intenzione sovrana. Dato nella Nostra Capitale c Residenza di Vienna li 16 Agosto 1763, vigesimo terzo del Nostro regno. MASSIMILIANO ENRICO Baron de SOBECK L. S. Ad Mandatum Sacrae Caesareo-Regiaeque Apostolicae Majestatis et Consilio Regii Officii Ducatus Silesiae. üIANSIMONE GRAMATKE. (Traduzione dal tedesco). 4. Editto emanato il 25 Maggio 1765 per promuovere il piantamento dei gelsi. NOI MARIA TERESA ecc. ecc. Assicuriamo a tutte e a ciascuna delle Nostre Autorità spirituali e secolari, agli abitanti e sudditi di qualunque dignità, ceto, ufficio e professione essi sieno, della Nostra grazia sovrana e rechiamo loro a contezza che, siccome la materna nostra sollecitudine sopra ogni cosa si estende che possa ridondare a pro e incremento dei fedelissimi Stati Nostri, così il presente Nostro intendimento era quello di promuovere e prosperare l’impianto dei gelsi per molteplici ragioni cotante profittevole. Onde Noi ordiniamo e accordiamo Primo : che sui piantamenti di gelsi e sull’ utile che ai proprietari*) ne ridonda, non abbia mai a gravare alcuna imposta di qualsiasi specie. Secondo: che a ciascuno sia lecito di piantare le brughiere di gelsi e di utilizzarle per proprio conto, semprechè il proprietario del terreno incolto, previo avvertimento, non intenda coltivarlo in una o 1’ altra maniera **). Per norma e direzione di chiunque intenda giovarsi dei predetti vantaggi. Dato nella Nostra Residenza di Vienna li 25 maggio 1765, vigesimo quinto del Regno Nostro. (Traduzione dal tedesco). *) Interessante è il sapere che anche in China anticamente, sotto varie dinastie, veniva promosso con analoghe misure l’impianto di gelsi. (Vedi il Riassunto dei principali trattati chinesi sulla coltivazione dei gelsi c l’educazione dei bachi tradotto dal Chinese in francese da S. Julien, Milano 1846, pag. 3 e 4. **) Un Ordinanza governativa del 1764 concedeva 1’ uso gratuito di fondi camerali e comunali a chi voleva fare impianti di gelsi. Li 23 maggio 1765 Immune da gravezze. Libero l’impianto di gelsi nei terreni brulli. Editto emanato il 30 Luglio 1765 concernente la coltura dei gelsi. ,^„:;0 lll»'lio Arrogi: Sua Maestà imperiale regia apostolica con decreto aulico di d. 11 e 19 del mese corrente s’è graziosissimamente degnata di far Patente del sapere, quanto Ella si era ripromessa che, cioè, in virtù della Patente '^rcduivó^n3 ^ ag°st° 1763 e le sollecitazioni in essa contenute tutte le Autorità spi-eitamento al- rituali e secolari si sarebbero indotte a prestar mano forte al prospera-tura^cCll'Cl°'" men^° della sericoltura e alla coltivazione dei gelsi, e a dare tanto mag-coi'tura K'L 51 g'or impulso alla cosa, quanto maggiore era I’ utile che ad essi medesimi e in ispecie ai loro dipendenti ne derivava, stantechè era loro non solo assicurata la somministrazione gratuita della semenza, ma eziandio promesso un premio cospicuo ai gelsicultori che avessero istituito dei semenzai e piantato dei gelseti, nonché promessa graziale in oro agli amministratori e impiegati dei poderi, che in questa facenda singoiar zelo avessero collocato sia col creare dei piantonai, sia coll’ animare i dipendenti alia coltivazione così proficua dei gelsi. Due sole Si- Risultava, in quella vece, dalla rispettiva inchiesta che in tutto il ottemperato0 terr^or'° più idoneo alla sericoltura non c’ erano che due sole Signorie all’ordinanza che per amor di patria e del benessere dei loro dipendenti avessero edu-Eppcrò sono ca*° dei ge's‘ del seme, avessero istituito dei piantonai e ne avessero state premia- spartito gli arboscelli tra i loro dipendenti, perchè con sollecitudine gli allevassero, onde tanto i due castaidi quanto gli ortolani furono da Sua Maestà imperiale e reale graziosissimamente regalati. Restando Sua Maestà Apostolica era ben lontana dall’ accollare alle Autorità senza effetto le ammoni- una cosa che potesse riuscir loro molesta o gravosa; tuttavia si credeva ru;,,rdi- in dovere, data l’inutilità degli ammonimenti, di attuare con severe insi attuarecon giunzioni ciò che potesse contribuire al comune benessere, tanto più mezzi peren- che non procacciava verun dispendio, e addimandava scarsa fatica, per Riconferma *a cfua,e cra g'a f>ssa*a *a debita rimunerazione fatica che ogni Autorità della Patente, era tenuta a prestare nell’ interesse proprio e dell’ universale. Obbligo del- Ciò posto, Sua Maestà imperiale aveva divisato non solo di ricon- le Signorie fermare la patente mentovata del 16 agosto 1763 in tutto il suo tenore, di creare se- ° menžai e di sibbene comandava e ordinava che ogni Signoria di questo distretto che ù^UibuirCf j tenesse proprio orticultore, a scanso di una multa di 50 talleri fosse ob-['dipendenti! bligata di fare ogni anno due piccoli semenzai di tre piedi in larghezza a scanso di e quattro tese*) in lunghezza, di piantare poi gettoni o polloni di due *) 1 tesa a (ì piedi; 1 piede a 12 pollici; 1 tesa pari a 189.6 cm ; 1 piede pari a 31.6 cm, 1 pollice pari a 2.55 cm. 11 suddetto semenzajo misurava quindi circa 70 m*. anni a spalliera, o di collocarli in un vivaio e lasciarli crescere ad alto fusto, per distribuirli quindi tra i dipendenti o coltivarli sui propri fondi, o per cederli agli altri. Quest’ ingiunzione non poteva dar ansa a gravami di sorta, in quanto il locale Consesso Commerciale somministrava gratuitamente il seme gelsi e il relativo insegnamento, mentre i gelsicultori venivano retribuiti secondo il merito, i castaidi e gli amministratori che avessero cooperato validamente all’ uopo, avevano a ricevere il premio promesso. Sua Maestà non dubitava che anche sacerdoti regolari e i Conventi, aventi propri verzieri, avessero a por mano all’ opera e dar buon esempio agli altri, rendendosi meritevoli della grazia e benevolenza sovrana. Era Sua volontà sovrana che di anno in anno s’ispezionassero i poderi, s’invigilasse 1’ attuazione dei sovrani ordinamenti, si premiassero gli agenti solerti e i neghittosi severamsnte si punissero. Alle Signorie e Autorità mentovate ai loro impiegati la presente risoluzione viene notificata coll’ ordine perentorio di ottemperare ossequiosamente all’ ingiunzione espressavi per non incorrere, nel caso di manifesta negligenza, nella predetta multa di 50 talleri. Un tanto per norma e direzione di ciascheduno che voglia scansare un proprio danno o che preferisca rendersi partecipe della grazia e clemenza sovrana. Vienna, 30 luglio 1765. (Traduzione dal tedesco) 6. Punti proposti dalli Capifilatoisti, per entrare nella Fraterna, ) ed unirsi colle Regole alli Mestri Tessitori di seta, colle unite contee di Gorizia e Gradisca, da questi accettati, e dal Ces. Reg. Consesso commerciale approvati. 1. ° Che un capomaestro filatoista venghi accettato alla banca della Maestranza de’ Tessitori. 2. ° Tutti gli Filatoisti accordino di contribuire la loro tangente stabilita dalli Capimaestri Tessitori, con la dovuta puntualità, in seguito di che il Capomacstro Filatoista che venirà elletto alla banca, dovrà avere una chiave della Cassa comune fra li Fillatoisti, e Tessitori. *) Esempio da darsi dai sacerdoti regolari. *) Fraternità. 3. ° Nessuno Filatoista potrà licenziare fuori del tempo dell’ anno qualsisia Lavorante Uomo, o Donna, secondo il costume già introdotto : ed in caso contrario sia tenuto il padrone a rifonderli ogni danno, a riserva di qualche legittima causa, e così reciprocamente rispetto alli Padroni saranno tenuti i Lavoranti a rifondere ogni danno, ogni qualvolta fuori del tempo, e senza legittima causa si levassero dal lavoro, a qual-1’ effetto per 4. ° Nissuno Lavorante possa licenziarsi nè levarsi da se dal servizio, se non 1’ ultimo del mese d’ aprile d’ ogni anno, acciò che in tal modo possano tanto li Padroni, quanto li Lavoranti far le opportune disposizioni, e provvedersi per il lavoro. 5. ° Che un Lavorante, il quale abbandonasse il primo Padrone senza le debite formalità, e licenza, non possa accettarsi da un altro Capo o Maestro, conforme è prescritta all’Articolo 9. delle Regole de’ Tessitori. 6. ° Che li Garzoni, Lavoranti non possano levarsi dal servizio anco sotto pretesto di star a casa, o mutar professione, salvo solo in caso di necessità essere riconosciuta dal Ces. Reg. Consesso Commerciale. 7. ° Che niuno Filatoista possa prendere un Garzone, il quale non sia almeno d’ età d’ anni dodici. 8. ° Che i Garzoni non possano essere dichiarati Lavoranti se non dopo l’espiro d’anni sei di garzonato, a riserva solo di qualche caso particolare riservato alla cognizione del Ces. Reg. Consesso Commerciale. 9. ° Se qualche Garzone, o Lavorante non rispetasse il proprio Padrone, o altri Maestri, quel tale dovrà individuarsi al Ces. Reg. Consesso, da cui verrà punito, e corretto secondo l’esigenza. Gorizia, 18. febbraio 1768. In assenza di Sua Eccel. Supremo Capitano e Presidente Commerciale S1VL10 GIOSEPPE CONTE Dl STRASSOLDO. Ex Caes. Reg. Consessu Commerciali Vnitorum Principalium Comitatum DOCTOR POLI ACTUARIUS. 7. Regole aggiunte alle già prescritte nell’ editto annuale, e separata stampiglia da osservarsi dalli traenti di seta, siano manifatturisti o industriali, e della loro maestranza alti fornelli di seta, sotto le pene riservate, secondo le mancanze che verranno rilevate. 1. ° Inerendo alli ordini già rilasciati, resta seriamente inibito a tutti li traenti, di non provvedersi per ogni fornello più di funti mille di gallette. 2. ° Dovrà ognuno servirsi di marangone pratico e capace, nell’ arte di travagliare il legname necessario per i fornelli, mentre non li servirà di scusa se il marangone lascierà difetto nel suo lavoro. 3. ° Ogni traente dovrà essere provisto di naspi numero 6. per ogni fornello acciò la seta abbia tempo di asciugarsi sopra il suo naspo, quali dovranno essere segnati distintamente per ogni fornello a scanso di confusione. 4. ° Resta inibito alli traenti di consegnare a mani delle maestre più gaiette per un peso, di quello possano produrre una libra di seta per orsoglio sopra un naspo. 5. " La seta per orsoglio dovrà avere almeno croci numero 9. ciò che incomberà alle maestre e sottradesse d’osservare, e la seta per trama dovrà avere croci numero 7. almeno. 6. ° Le gaiette per orsoglio dovranno essere scielte con tutta diligenza, e separare da quelle macchiate. 7. ° Essendo necessario che le gaiette di quando in quando si pongano fresche nella caldaja, acciò non si riscaldino fuori del dovere, perciò incomberà alle maestre e sottadresse di avertire che nella caldaia non vi siano più gaiette di quello richiede il bisogno. 8. La caldaja dovrà tenersi netta e monda da bigatti e l’acqua dovrà mutarsi spesso in essa caldaja, con servirsi d’acqua che abbia riposato qualche giorno ne’ tinazzi, o altri vasi. 9. ° Li scovoli non potranno essere composti se non di sole tre canne. 10.0 Avertiranno le maestre che non si diano sopra li capi di seta mancanti, se prima non saranno fatte le sopra prescritte croci, per evitare in tal modo le tante, e si perniciose partiture. 11.0 Ogni maestra dovrà aver l’occhio sopra la menaressa, acciò il fuoco sia sempre chiaro ed eguale, la fiamma specialmente verso la sot-tadressa. 12.° Finalmente sarà incombenza delle maestre di star ben attente acciò la trattura della seta sia continuamente eguale, sì nel principio che nel fine del naspo, tenendo lontana l’ineguaglianza delle bave, da che deriva che il filo riesca pure ineguale e difettoso. Gorizia, li 25 aprile 1770. In assenza di Sua Eccellenza Supremo Capitano, e Presidente Commerciale G1VLIO GIOSEPPE CONTE DI STRASSOLDO. Ex ces. rcg. Consessu, commerciali unitorum Principalium Comitatum DOCTOR POLI ACTUARIUS. 8. Regolamento delle qualità de’ drappi di seta che servirà per futura norma ai maestri fabbricatori de’ drappi di seta e broccati, esistenti in queste unite principate Contee di Gorizia e Gradisca, sopra quale regolamento dovranno pure con tutto rigore insistere i visitatori giurati, che sono destinati alla visita de’ drappi, perchè venghi osservato. 1. ° Li Croisees, o sieno Stanghette di seta, dovranno farsi di due sole qualità, di pura seta ben cotta, l’inferiore dovrà pesare almeno due lotti, ed il più perfetto lotti due e mezzo il braccio : il nero dovrà essere più pesante a proporzione del colore, ed entrambe le qualità, compreso gli orli, dovranno essere della larghezza di tre quarti. *) 2. ° I Rasi ad uso di Sicilia, o sieno i drappi a fiori a due colori, dovranno fabbricarsi senza che v’ entri seta cruda, e compresi gli orli, o sieno cimosse, dovranno avere due terzi di larghezza: quelli che avranno il fondo di groditor, dovranno pesare almeno lotti tre e mezzo il braccio : gli altri poi con fondo operato, dovranno pesare lotti quattro, o almeno tre e tre quarti il braccio. 3. ° Le Siviglie, e drappi a fiori a due colori, dovranno pure fabbricarsi di pura seta purgata, e comprese le cimosse, dovranno essere della larghezza di due terzi : quelli col fondo schietto, dovranno pesare lotti tre, gli altri poi col fondo a opera, lotti quattro, o almeno tre e tre quarti il braccio. *) La libbra sottile, peso usato per le sete, è di 300 gr. di 12 oncie a 25 gr; il braccio misura 77,79 cm a 4 quarti, di cui ognuno è di 19.4 cm ; quindi 3 quarti pari a 58.2 cent. 4. ° Il Damasco da spalliere, dovrà fabbricarsi di due sole qualità, 1’ una dovrà pesare almeno lotti quattro e mezzo, e 1’ altra lotti cinque il braccio, entrambi colle cimosse, dovranno essere della larghezza di tre quarti, e fabbricarsi senza seta cruda. 5. ° Il Damasco d’ abiti, dovrà pure fabbricarsi di due sole qualità, della larghezza di due terzi, quello a due diritti dovrà pesare almeno quattro lotti, e l’altro alla fiorentina ad un solo diritto, almeno tre e mezzo il braccio, nè v’ entrerà porzione alcuna di seta cruda. 6. ° I Damaschi ad uso di Lucca, saranno di una sola qualità e dovranno avere 1’ esatta larghezza di tre quinti, ed il loro peso dovrà essere di lotti due ed un ottavo, al più due ed un quarto il braccio. 7. ° Le Terzanelle, o sieno Gros de tur cordolati, saranno di tre qualità, 1’ una peserà lotti due, 1’ altra lotti due e tre quarti, e la terza, che qui volgarmente si chiama canelle, lotti quattra il braccio, tutte le tre qualità saranno della larghezza di due terzi, e se le canelle venissero ordinate di qualità più perfetta, potranno le medesime fabbricarsi d’ un peso anche maggiore. 8. ° Il Gros de tur, o sia Groditor schietto, si fabbricherà di due sole qualità, 1’ inferiore qualità sarà di otto fili, largo di due terzi colle cimosse, e di peso di lotti tre e un quarto il braccio ; la qualità più perfetta, che è consimile al Groditor di Napoli, sarà di dodici fili, della larghezza di tre quarti, e di peso di lotti quattro e tre ottavi il braccio : i neri poi più pesanti a proporzione del peso del colore. 9. ° I Lustrini conservaranno la larghezza francese, quale importa ventitré trentaduesimi del braccio di Vienna, comprese le cimosse : questi si faranno di una sola qualità; cioè del peso di lotti quattro e un quarto, e i neri dovranno essere di peso maggiore, a proporzione del colore. 10.0 I Droghetti, avranno la stessa larghezza, ma saranno di due qualità ; 1’ una delle quali dovrà pesare almeno lotti tre e mezzo ; e l’altra lotti quattro il braccio, i neri dovranno pur essere di maggior peso, a proporzione del colore. 11.0 E siccome alcuni maestri hanno principiato ad introdurre la fabbrica del Raso, così dovrà questo fabbricarsi solo di due qualità ; cioè la prima alla moda di Lucca, 1’ altra consimile al fiorentino, largo due terzi, e di peso di due lotti al più il braccio ; 1’ altra consimile al fiorentino, largo pure due terzi, e di peso di lotti tre e tre quarti almeno il braccio. 12." I Taffetà all’incontro potranno fabbricarsi di quattro qualità: Primo: Il Taffetà alla fiorentina, della larghezza esatta di minaccio di Vienna, e di lotti due di peso il braccio. Secondo : Il Taffetà alla lucchese, della larghezza pure di un braccio di Vienna, e di lotti due di peso il braccio. Terzo: Il Taffetà fabbricato all’ uso di Francia, Torino, e d’Inghilterra, dovrà fabbricarsi un ditto police più stretto d’ un braccio, il quale dovrà essere di peso di lotti due e un quarto. Quarto : I Mantini, o sieno Taffetà ermelini saranno della larghezza di sette ottavi, e peseranno lotti uno e tre quarti il braccio. Tutti questi Taffetà dovranno essere fatti di seta pura fina ed eguale, ben battuti, e lustri, per conseguenza l’ordimento non dovrà bagnarsi coll’ acqua. E poiché 13. ° Le Felpe sono state finora prodotte d’una qualità, e peso tanto inferiore, che il pubblico prese giusto motivo di lagnarsene, perciò dovranno queste in avvenire fabbricarsi solo di due qualità, 1’ una della larghezza di due terzi in settecento a doppio pelo, e 1’ altra in seicento, pure a doppio pelo. Non sarà all’ incontro permesso il servirsene per ordimento del fondo, d’ orsoglio crudo colorito, nè per trama, di fioretto, o filatura di lino : dovranno però in ogni pezza, sopra entrambi i lati, farsi tante striscie visibili, quanti sono i centinaia a pelo doppio, che stanno in conto. 14. ° I mezzi Croisees, o sieno Stanghette, dovranno in avvenire fabbricarsi d’ una sola qualità della larghezza di due terzi, ed ordirsi in ottocento denti, con quarantaotto portate, ovvero sei fili in ciaschedun dente, io che importa tre quarti di lotto in circa per braccio : la trama consisterà in lino, o lana, restando del tutto inibito l’uso della seta cruda nell’ ordimento. 15. ° 1 Camelotti di mezzaseta, tramati con filo goro, dovranno essere di tre quarti di larghezza, e per ciaschedun braccio, dovranno essere di due lotti d’ orsoglio purgato. Toccante poi 16. ° I Groditori operati, i Taffetà ad opera all’ uso inglese, e i Taffetà broccati, come non meno gli altri drappi broccati alla moda non si stabilisce per ora verun peso, poiché le rispettive loro qualità, per lo più dipendono dalla diversità delle invenzioni, ed opere ; ciò non ostante però i Groditori operati, e si Taffetà broccati, e quelli ad opera dovranno pure tutti essere della larghezza di due terzi. 1 drappi broccati, e i drappi ricchi, e mezzo ricchi, conserveranno la larghezza francese, la quale compreso le cimosse, fa un police meno di tre quarti. Ed affine che 17. ° I drappi fabbricati in queste Contee, sieno differenziati dagli esteri, si dovrà tessere sopra ciascheduno d’essi, il nome, e cognome del maestro tessitore, nella di cui bottega si lavora, col nome della città, o terra, ove lo stesso è dimorante : e così pure si faranno bollare tutti i suddetti drappi, tanto col sigillo del Ces. Reg. Officio della Muda, quanto con quello del Ces. Reg. Consesso Commerciale: di queste unite Contee. 18. ° I visitatori destinati alla visita delle fabbriche, e delle merci, che si trovano sopra i tellari, dovranno essere accolti dai maestri, e lavoranti, ne’ dovuti termini di prudenza, e moderazione. Quello poi, sia maestro, o lavorante, che osasse d’opporsi, o di usare qualche tratto inconveniente, dovrà irremisibilnrente punirsi con qualche sensibile pena corporale. 19. ° 1 maestri che osassero fabbricare una, o più pezze di drappi in qualità, o larghezza non prescritta nel presente Regolamento, dovranno la prima volta pagare alla Cassa Commerciale sei talleri imperiali per ciascheduna pezza, la seconda volta dodici talleri, e la terza volta dovrà al medesimo inibirsi l’esercizio dell’arte, e levarglisi il gius di maestranza. 20. ° Affinchè poi le merci qui fabbricate non abbiano ad eccedere di prezzo, a motivo della mercede troppo elevata de’ lavoranti, nè i medesimi restino pregravati, ma in questo particolare resti osservata una eguaglianza generale cosicché sì i maestri, che i lavoranti sappiano la mercede, che secondo la diversità de’ drappi, purché sieno dovutamente fabbricati, a ciaschedun lavorante competta ; perciò previo un maturo esame è stata tassata la precitata mercede come siegue. Un braccio di Damasco da spalliere, della larghezza di tre quarti —.18 Detto. Damasco a due diritti, largo due terzi.........................—.18 Detto. Damasco fiorentino, largo due terzi............................—.17 Detto. Damasco uso di Lucca, largo tre quinti.........................—.16 Detto. Raso a uso di Sicilia con fondo operato, largo due terzi —.20 Detto. Raso a uso di Sicilia con fondo schietto, largo due terzi —.17 Detto. Siviglia, larga due terzi......................................—.17 Detto. Lustrili, della larghezza di Francia..................... . —.20 Detto. Droghetto, della larghezza di Francia..........................—.16 Detto. Lustrili a due navette della larghezza di Francia .... —.24 Detto. Raso schietto a uso di Lucca, e Firenze, largo due terzi . —.11 Detto. Taffettà a uso di Firenze......................................—.10 Detto. Detto a uso di Lucca....................................—.08 Detto. Detto a uso di Francia, Torino ed inglese, e Mantini . . —.08 Detto. Felpa, larga due terzi........................................—.15 Detto. Croisees di tutta seta, largo tre quarti......................—.09 Detto. Mezzo Croisees, largo due terzi —.06 Detto. Groditor schietto, o cordolato largo due terzi..............—.09 Detto. Groditor operato all’ uso inglese largo due terzi .... —.14 Detto. Groditor operato con fondo schietto, largo due terzi . . —.11 Un braccio di Groditor a uso inglese a opera, largo due terzi . —.16 Detto. Camelotto mezzaseta, largo tre quarti .................—.10 Detto. Broccadel.....................................................—.12 Detto. Mezzo Groditor................................................—.04 Detto. Drappo alla svizzera..........................................—.08 Detto, veluto schietto............................................... 1.— *) *) Fiorino a 60 carantani pari a 2 Cor. 12 cts; un carantano pari a 3.53 cts austriaci ossia 3.8 cts di franco. Qual tassa dovrà da’ rispettivi maestri, sotto comminazione delle precitate pene esatississimamente osservarsi, per quanto concerne le qualità sopra specificate, con ordine ulteriore, che il presente Regolamento venghi anche dovutamente osservato in tutti gli altri punti. Tanto si notifica in vigore di Grazioso Rescritto de data Vienna 31 Luglio e presentato 11. Agosto anno corrente. Gorizia 8. Ottobre 1766. ENRICO CONTE D’ AVERSPERG Ex Caes. Reg. Consessu Commerciali Unitorum Principalium Comitatuum Goritiae <£ Gradiscae. DOCTOR POLI ACTUARIUS. 9. Punti di Regolamento per i maestri tessitori di seta. In esecuzione a grazioso Rescritto dell’Eccelso Ces. Rg. Sup. Aulico Dicastero Commerciale, de dato Vienna 24 Dicembre 1766, inesivo e due precedenti de dato 6. Agosto 1762 e 19. Aprile 1763 questo Ces. Reg. Consesso Commerciale delle unite Contee di Gorizia, e Gradisca, ha stabiliti i seguenti articoli di regolamento, da osservarsi tanto da’ maestri tessitori di seterie, quanto da’ lavoranti, secondo le rispettive regole adattate ad una, e 1’ altra classe, come segue. I. Avendo Sua Imp. Reg. ed Apostolica Maestà, con clementissimo Rescritto de dato Vienna 24. Dicembre 1766 e presentato 5. Gennaio 1767 autorizzato questo suo Ces. Sonsesso, di nominare dal corpo de’ maestri tessitori di seta, due inspettori, e visitatori sopra le fabbriche di seta esistenti in queste unite Contee, dovranno tali inspettori, e visitatori giurati, considerarli dal corpo di tutta la maestranza, per capi della loro arte. II. Essendo le incombenze d’ essi visitatori di non lieve impegno, affinchè il publico servigio, che prestar devono non venghi ritardato, o trascurato, dagli affari appartenenti immediatamente al loro officio, dovranno essi proporre due assistenti dal corpo de’ maestri, i quali verranno da questo Ces. Consenso confermati, e verrà assunto il loro giuramento. • III. Desiderando un lavorante di farsi maestro, prima che venghi accettato, dovrà sostenere 1’ esame che gli verrà dato da uno dei capi - 279 — dell’ arte, e dei due assistenti, come che però spesso accade, che taluno, benché perfetto nella sua arte, si confonda nell’esame, e non sia esperto in teoria, come in pratica; perciò farà al medesimo permesso di potere dar saggio della sua abilità in pratica, dimostrando di saper operare quanto fu interrogato, benché non avesse adeguatamente risposto nell’esame, acciocché però nell’esperimento di fatto, non succeda qualche inganno, dovrà un tale dar prova del suo sapere, in casa d’ uno dei capi, il quale avrà l’avvertenza di tenerlo solo in una stanza, sicché da alcuno non possa essere assistito. IV. Siccome sono due qualità distinte di lavori, una alla piana, e 1’ altra a pello, cosi i nuovi maestri dovranno spiegarsi per qual ordine essi intendano esser approvati, poiché se uno verrà approvato per i lavori alla piana, non potrà un tale maestro, senza nuova richiesta, e successiva approvazione, lavorare a opera. All’ incontro quello, che verrà approvato per maestro di lavorare a opera, potrà tenere anco fellari alla piana. V. Se taluno ardisse senza la permissione del Ces. Reg. Consesso d’erigere uno o più tellari, e fare da maestro senz’essere approvato, dovranno i capimaestri notificarlo al Ces. Consesso, il quale per allora condannerà un tale alla perdita di quel tellaro, sopra di cui sarà ritrovato lavorare. VI. Ogni qual volta un garzone sia arrivato al tempo di poter essere dichiarato libero, dovrà comparire, col suo maestro, ed i due capi-lavoranti, avanti un capomaestro, e i due assistenti dell’ arte, alla di cui decisione si dovrà sottomettere esso garzone, salva sempre la cognizione a questo Ces. Consesso, in caso che credesse esserli fatto qualche torto. VII. Prima dell’ espiro di sei anni di garzonato, non potrà alcun garzone essere dichiarato lavorante. Vili. Nessun garzone potrà essere posto a lavorare sopra un tellaro, senza l’approvazione, come al punto sesto. IX. Un maestro non potrà licenziare il suo lavorante, nè questo levarsi dal suo maestro senza la previa reciproca insinuazione di 15 giorni, nè alcun maestro potrà prendere un nuovo lavorante, senza che sia assicurato, che abbia terminato il suo conto col suo maestro, ed in caso contrario, sarà responsabile per tutto il debito, che esso lavorante avesse incontrato col passato maestro. X. L’istesso dovrà osservarsi rispetto alle lazzariolle, incanaresse, ed altre ragazze dell’ arte : e se in simili contingenze insorgessero delle differenze, dovranno le parti sottomettersi alla cognizione d’un capomaestro, e de’ due assistenti, come al punto sesto. XI. Se un lavorante perdesse il rispetto al suo, o a qualsisia altro maestro, dovrà portarsi la doglianza avanti uno dei capi, il quale o per sè o mediante i due assistenti unitamente, informerà questo Ces. Consesso, per determinare il castigo. XII. Non potendo un solo maestro da sè attendere a più di 6 o 7 tellari, incomberà a quelli, che ne tengono in maggior numero, di provvedersi d’altra gente abile, e capace, che supplisca ed attenda a quei tellari, ai quali egli non può, imperocché, resta sempre responsabile circa la qualità dei lavori. XIII. Nessun maestro potrà tenere più di tre garzoni per sei tellari. XIV. Resta espressamente proibito ai maestri d’ accettare per garzone alcuno, che non abbia almeno dodici anni d’ età. XV. Restano proibite tutte le frodi, e manipulazioni, sotto le più rigorose pene, e specialmente l’uso d’ogni acqua, e dragante, come pure resta nuovamente inculcata l’osservanza della prescritta misura d’altezza dei drappi. XVI. Se taluno di quelli, che vengono accettati per imparare 1’ arte di tessitore di seta, venisse scoperto d’incapacità tale, che non dasse speranza di divenire mai un passabile lavorante, il maestro lo licenzierà dal servizio, affinchè il povero giovine, non perda ulteriormente gli anni, e possa a tempo appigliarsi ad altro mestiere. XVII. Sopra tutto e i capi, e i maestri avranno la vigilanza, ed attenzione sopra i buoni costumi, e culto divino. Punti di Regolamento per i lavoranti dell’arte di seta. 1. I lavoranti eleggeranno due del loro corpo per capi, i quali dovranno non solo presentarsi a questo Ces. Consesso per la loro approvazione, ma altresì riguardarsi da tutti gli altri, e rispettarsi : quel elezione dovrà seguire ogni anno, salvo di poter confermarsi i primi. 2. Ad ogni insinuazione dei capimaestri, o dei loro assistenti, saranno tenuti essi due capilavoranti, di comparire in radunanza. 3. In caso che qualche garzone fosse per dichiararsi lavorante, sarà incombenza dei due capilavoranti d’adurre le eccezioni legittime, alle quali fosse soggetto detto garzone, e ciò a nome di tutto il corpo dei lavoranti. 4. Se un lavorante perdesse il rispetto, e fosse temerario verso uno dei suoi capi, la querela dovrà portarsi da questi ai capimaestri, e loro assistenti, ai quali incomberà di relazionare il Ces. Consesso, per determinare gli opportuni provvedimenti, e castighi che saranno necessari. 5. Capitando un lavorante forastiere, dovrà legittimarsi appresso i due capilavoranti, e venendo impiegato al lavoro, potrà all’espiro del primo quartale, essere ascritto nel registro dei lavoranti. 6. Non sarà lecito ad un lavorante di lasciare il suo maestro senza la precedente insinuazione di 15 giorni, nè potrà cercar altro maestro prima che abbia terminati, e saldati i suoi conti col suo antico. Dato Gorizia del Ces. Reg. Consesso commerciale 6 Febbraio 1767. Gio. Gasparo Conte de Lanthieri Luogotenente capitanale. Dott. Giuseppe Antonio Poli Attuario. IO. Dilucidazioni sopra i punti di regolamento prescritti dal ces. reg. Consesso commerciale delle unite principate contee di Gorizia e Gradisca, in data del 5 febbraio 1767, in ordine alle qualità de’ drappi di seta : I. Toccante al § 3zo la parola di seta purgata deve intendersi, che sia di buona qualità d’ orsoglio, e di trama fina, in conto di nro 32 con 8 fili per dente, come pure i trionfanti a 4. fili per dente, e l’inferiore conto di questi dovrà essere in nro 36. II. 5to si deve intendere che ne’ damaschi a due dritti non entri nella trama porzione alcuna di doppi, nè più inferiore seta di questi, e cosi i damaschi da ondare dovranno avere 8. fili per dente, ed il loro inferiore conto sarà di nro 32, con buona qualità d’orsoglio, nè vi potrà entrare nella trama valoppa, o seta più inferiore di questa, e dovranno essere battuti colla cassa nel mezzo, poiché battendoli alle parti riescono difettosi nel dar loro l’onda. III. al § 6to deve intendersi che nella trama non abbia da entrare porzione alcuna di valoppa. IV. Al § 8vo il conto inferiore de’ groditori, dovrà essere in nro 32, e se 1’ orsoglio sarà di filo tondo, potrà lavorarsi in conto di nro 35 di buona qualità però d’orsoglio, e che non entri nella trama valoppa o altra cattiva qualità di seta, e dovranno essere ben battuti. I carole dovranno intendersi compresi in quel §, e dovranno essere tessuti con 8 fili per dente, ed il loro inferior conto, sarà nro 32 dandosi però anco in questi orsoglio di filo tondo, potranno lavorarsi in conto di nro 30. ma con buona qualità d’orsoglio, senza che nella trama v’entri goro, capitoni, o bavella. V. Al § limo, intendere si deve, che nel raso all’uso di Firenze, il suo conto inferiore sia in nro 36. a 8 fili per dente, con qualità perfetta d’orsoglio, e buona trama, non ineguale, acciocché il raso non faccia bastone. VI. Al 16to deve intendersi, che i groditori operati, o sieno stoffette, abbenchè fossero di 5 ottavi d’altezza, debbano essere gl’ inferiori in nro 34 con bell’ orsoglio, e trama fina. Nelle operette poi, il conto inferiore sarà di nro 32 con 8 fili per dente, l’orsoglio di buona qualità, e nella trama non potranno entrar doppj, o altra seta inferiore di questi. Le stanghette a due dritti dovranno avere 8 fili per dente, ed il loro inferior conto sarà in nro 32, con buon orsoglio, e nella trama non dovrà entrare nè goro, nè valoppa, nè seta più inferiore di questa. I mezzi peruvien avranno il conto inferiore di nro 34, con 8 fili per dente, di buona qualità d’orsoglio, e trama fina senza goro. Per tutti i lavori operati saranno in debito i maestri di farsi dare la misura della lunghezza dal disegnatore, e quella distribuirla a’ lavoranti, e garzoni acciocché ognuno la tenga presso il suo telaro, e lavorino tutti a proporzione della misura stessa, avvertendosi, che nelle visite, che si faranno, s’esamineranno i lavori col compasso per conoscere se l’opera sia corrispondente alla rispettiva misura. VII. Al § 19mo. le penali prescritte in detto § intendere si devono dirette contro i maestri relativamente alla patente, o sia regolamento fatto per i maestri stessi sotto il di 6 febbraio 1767. al § 15 to. rispetto all’uso proibito d’acqua, dragante, colla, o qualunque altra frode, e còsi riguardo alla prescritta altezza da osservarsi. - 283 — Trovandosi poi ne’ drappi, orsoglio, o trama non corrispondente alle prescritte qualità, secondo la diversità de’ drappi sarà condannato il fabbricante la prima volta con 12 talleri, la seconda con 24 talleri, e la terza gli verranno tagliate e fiscate le pezze stesse. Siccome poi le incanaresse sogliono far uso dell’ oglio in pregiudizio delle manifatture, così avrà debito il maestro di relazionare al visitatore de casu in casum, affinchè scoperta tal frode possa il Ces. Reg. Consesso procedere con tutto il rigore contro le medesime. Finalmente dipendendo la perfezione delle manifatture dalle buone qualità degli orsogli, che vengono generalmente prescritti nel presente regolamento, nè potendo quelli riescire perfetti se non vengono filati nel dovuto conto, così viene ulteriormente prescritto, che tutti i filatojari debbano filare l’orsoglio in nro. di 19 punti, ed il più tondo di 17 punti, con debito de’ fabbricanti d’invigilare da se all’osservanza di questa prescrizione, e trovando qualche filatojaro mancante a tal suo obbligo, avranno debito di dinunziarlo al Ces. Reg. Consesso, acciocché possa procedere con tutta la severità contro il trasgressore. E siccome con ciò trattasi non meno del publico, che del privato vantaggio dell’arte, risultante dalla perfezione de’ drappi proposti, così i fabbricanti dovranno imputare a se stessi il danno, se trascurando la vigilanza i drappi verranno fabbricati contro i prescritti punti di regolamento, e dilucidazione presente, e se in seguito non solo non verranno bollati, ma inoltre verrà proceduto contro essi stessi colle pene prescritte sopra al § 19mo. Tanto s’intima a tutti, e singoli per l’esatta osservanza, ed acciocché sappia ognuno guardarsi di danno. Gorizia, 23 maggio 1770. ENRICO CONTE D’AVERSPERG L. S. Ex ces. reg. Consessu Commerciali unitorum comitatum Ooritiae (S Gradiscae. DOCTOR POLI ACTUARIUS. 11. Editto emanato il 2 ottobre 1771 riguardante raccomandazioni da farsi agli allevatori di bachi di migliorare il prodotto in bozzoli in Ungheria *). MARIA THERESIA Dei Gratia Romanorum Imperatrix Vidua Hungariae, Bohemiae, Dalmatiae, Croatiae, Slavoniae etc. Regina Apostolica, Archidux Austriae etc. Coeterum, si quidem Rei sericeae Inspectoris Caroli Solengi Informatio perhibeat, per Exercentes culturam serici adeodefectuosas Galetas sibi exhibitas fuisse, ut ex nonnullis earum Speciebus a 10 'R Libris, una nonnisi Libra boni et mundi Serici, ex nonnullis item Speciebus a 20 etiam ac 30 Libris una dumtaxat Libra vilissimi Serici resultet, ad idipsum submissa per Eum quatuar Sortium specimina hic adnera uberias confirment. Eapropter Dilectioni et Fidelitatibus Vestris benigne committendum esse duximus, quatenus apud Comitatus disponere debeant, ut Manipulationem Serici Exercentes, diligentiorem in eo curam et Studium suscipiant, adhibeantque, ne Galetae-vitiosae evadant, verum requisitas Qualitates habeant, eum secus in earum acceptatione Damno eorundem Difficultas ponenda sit Quibus in reliquo Gratia et Cie- ■ mentia nostra Caesareo-Regia benigne iugiterque propensae manemus. Datum in Archi-Ducali Civitate nostra Vienna Austriae Die Secunda Mensis Octobris, Anno Domini millesimo Septingentesimo septuagesimo primo Maria Theresia m. p. comes Georg Fekele m. p. Antonius Klo-busiczky m. p. (Traduzione). MARIA TERESA per la Dio grazia Imperatrice vedova dei Romani, dell’ Ungheria ecc. Del rimanente, se nel rapporto deli’ ispettore di sericoltura Carlo Solengo è detto, essergli stato presentato dai bachicoltori un prodotto così miserabile di bozzoli (galeta) che di alcune qualità di razze da ben *) Aggiungiamo in fine due Patenti Sovrane emanate per 1’ Ungheria, ove, sotto il valido impulso del generale Mercy, 1’ impianto dei gelsi assunse vaste proporzioni e dei quali ancor oggigiorno i bachicoltori ungheresi approfittano. 10 libbre si ricavò una sola libbra di seta buona e monda, e di altre qualità di razze ci vollero 20 e sin 30 libbre di bozzoli per cavarne un’ unica libbra di seta vilissima : i campioni di quattro sorte dal medesimo allegati comprovano ad esuberanza il suo asserto. Laonde abbiamo trovato necessario di raccomandare benignamente alla Dilezione e alle Fedeltà vostre d’insistere presso i Comitati, acciocché gli allevatori si dieno maggior cura nell’allevamento dei bachi, onde il raccolto di bozzoli non riesca difettoso, ma abbia invece qualità pregiate ; altrimenti correrebbero il rischio di veder con proprio danno, respinto 11 frutto delle loro fatiche. Con che benignamente vi assicuriamo della nostra immutabile grazia e clemenza sovrana. Dato nella Nostra arciducale città di Vienna addì 2 ottobre 1771. MARIA TERESA m. p. CONTE GIORGIO FEKETE m. p. ANTONIO KLOBUSICZKY m. p. 12. Editto emanato il 13 Gennaio 1775 risguardante un’ inchiesta per assodare la causa del mancato raccolto nel Comitato di Barania (Ungheria). MARIA THERESIA Dei grafia Romanorum Imperatrix-Vidua; Hungariae etc. Serenissime Dux consanquinee nobis diarissime, Reverendissime Reverende, Spectabiles, ac Magnifici item et Egregii Fidéles Nobis Dilecti Retato Nobis existente, quad Anno recens praeterlapso cultura serici praesertim in comitatu Baranyiensi multum remiserit et ex hoc Materia, i parum aut nihil productum fuerit ; hine Dilectio et Fidelitates vestrae memoratum comitatum Baranyiensem constituent, num defectum Praticantes aut nefors requisita assistentia causaverit? Cum autem ignotum esse non possit, quanta ex objecto hoc in miseros centribuentes, et totum Publicum, si praesertim majores conatus in-pendantur, utilitas promanare soleat, Dilectionem et Fidelitates vestras clementer reflectimus, quatenus ad effectum benignarum hoc in passu Dispositionum nostrarum diligenter, incessantique conatu procedere noverint ; Volumus praeterea, ut de totiushujus negotii progressu, Anno praeterito qualiter facto, Dilectio et Fidelitates Vestrae praescriptam Informationem utprimum submittere non intermittant. Quibus in reliquo Gratia et clementia Nostra Caesareo Regia benigne jugiterque Propensae manemus. Datum in Archi - Ducali Civitate Nostra Vienna Austriae Die decimatertia Mensis Januarii Anno Domini Milesimo septingentesimo septuagesimo quinto. Maria Theresia m. p. comes Franciscus Esterhdsy m. p. Josephus Gaszner m. p. (Traduzione), MARIA TERESA per la Dio grazia Imperatrice vedova dei Romani, dell’ Ungheria ecc. Serenissimo duca, consanguineo Nostro chiarissimo, reverendissimo, reverendo ! Rispettabili, magnifici ed egregi fedeli Nostri diletti ! Poiché ci fu riferito che nell’ anno testé decorso la sericoltura, specie nel Comitato baraniense, è andata visibilmente scemando, e che la produzione di seta fu scarsa o nulla : la Dilezione e le Fedeltà vostre vorranno, col mezzo dell’ anzidetto Comitato di Barania, assodare se la causa del mancato raccolto furono gli allevatori stessi o i loro poco esperti assistenti. Ora essendo risaputo quanto utile provenga ai contribuenti e a tutto il pubblico da questa industria massime quando con maggior lena sia trattata, facciamo assegnamento sopra la Dilezione e le Fedeltà vostre, affinchè le benigne Nostre disposizioni in materia abbiano a sortire con un’ assidua e costante applicazione il voluto effetto. Vogliamo inoltre che di tutta l’azienda serica quale nella precorsa annata si svolse, sia reso dalla Dilezione e dalle Fedeltà vostre, come per lo passato, il consueto rapporto. Con che benignamente vi assicuriamo della Nostra immutabile grazia e clemenza sovrana. Dato nella Nostra arciducale città di Vienna addì 13 del mese di Gennaio 1775. MARIA TERESA m. p. CONTE FRANCESCO ESTERHAZY m. p. GIUSEPPE GASSNER m. p. Ir- a il 50 Grossezza Lunghez-. , za del del caP° corpo Foglia Superficie senza rami di graticci in kg in metri □ Periodo Giorno Sviluppo del baco ]■= J1 del baco di razza nostrana in millimetri occorrente per allevare 1 oncia (30 g) di seme ovvero 42.000 bachi Schiusura 1 I. Età 2 4>/2 0.3 7 3 1.20 i I. Muta 3 4 1 5 6 <ìas&sg&{ II. Età. 7 4 0.9 17 11.4 3.60 8 II. Muta. 9 wms£ 1 10 &BgžS&*8p*- gMagfiBSii II sassi* 111. Età. 12 13 41/2 1.5 27 50.4 10.80 14 III. Muta. 15 mter 1 s 16 17 M BHmHm «5SSKS& 17 18 IV. Età 19 «assSfe 6>/2 2.5 45 168 20 IV. Muta 21 22 ii un - _ -^W^?V^-57S^žS!a^!B»=- 11 2 26 Gros- sezza del capo Lun- ghezza del corpo Foglia Superfi-senza | eie di I rami in graticci | kg iin m Q del baco di razza nostrana in milimetri per allevare 1 oncia (30 gr) di seme, ovvero | 40.000 bachi | Sviluppo del baco # V % y. - L ' 770 24—30 Ore antimer. Ore pomer. 5 6 7 8 ! ! 9 10 11 1 12 1 1 2 3 4 5 6 Ore di sera Ore di notte 7 8 9 1011 12 1 2 i4 ► ► ► > > > ► > ► P 1 1 1 1 1 : > ► ► > ► > > 1 m i 1 1 m Wa p > ► ► > > > ► ► > m m m 1 li p m p > » > ► > ► > ► > > m 1 m 1 A P m 1 m P 1 m m P ► ► ► ► $ > ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► 1 8 9110 n 12 1 2 «4 Ore di sera Periodo Giorno Schiusura 1 2 I. 3 Età 4 5 I Muta 6 7 II. 8 Età 9 10 II. Muta 11 12 III. 13 Età 14 15 III. Muta 16 17 18 19 IV. 20 Età 21 22 23 IV. Muta 24 25 26 V. Età 27 28 29 30 31 Maturità 0 salita al bosco 32 33 Periodo 1 Cure da prodigarsi ai bachi giorno per giorno * Periodo Durata del periodo in giorni Consumo di foglia in kilogr. per 1 oncia di seme da 30 g Principio dall’ alimentazione in locali riscaldati a 22.5° C. Si somministra ai bachi foglia finamente tagliuzzata. Si diradano i bachi, spargendo la foglia un po’ oltre gli orli dei letti. Si abbassa la temperatura a 21° C, e si allevano i bachi come nei giorni antecedenti. Principia la l.a muta. Si sparge un po’ dì foglia pei bachi che non dor-mono.________________________ Si levano i bachi dai letti quando essi hanno acquistato un colorito chiaro, cioè quando tutti sono usciti di muta. Al mattino si cangiano I letti e si diradano i bachi. Si curano i bachi come nel giorno antecedente, e si somministra durante tutta questa età la fogba tagliuzzata. Si trattano i bachi come nel giorni antecedenti. La temperatura sarà mantenuta a 21° C.___________________________ Principia la 2.a muta. Non si cangiano i letti, se al mattino vedonsi dei bachi, quasi trasparenti ed immobili, disporsi alla muta. Quando i bachi sono usciti di muta, si cangiano dai letti e si diradano come alla l.a muta._____________________________ Si cangiano I letti e si diradano i bachi come nel giorno antecedente. Si trattano i bachi come nei giorni antecedenti e si mantiene anche durante tutta la 3.a età, la temperatura a 21° C._______________ Si curano I bachi come nei giorni antecedenti, e si somministra durante tutto questo periodo la foglia tagliuzzata.________________________________ La cura dei bachi è la stessa dei giorni antecedenti. I bachi sono in muta, cioè stanno immobili, non mangiano, hanno la cute trasparente e lucida. Si levano i bachi dai Ietti, come si fece alla 2.a muta, tosto che sono sortiti dalla 3.a. ____________________________________ Al mattino si cangiano I letti e si diradano i bachi. II trattamento dei bachi è uguale a quello dei giorni antecedenti. La foglia viene tagliata gro&solamcnte. _____________ SI curano i bachi come nei giorni antecedenti e ti procura di mantenere la temperatura a 21° C. _________ Si continua a trattare I bachi come nei giorni antecedenti. Si curano i bachi come nel giorno antecedente e si ventila regolarmente il locale. ________________ Non si cangiano i letti, se si vede che i bachi cominciano dormire. I bachi tengono il capo sollevato, non mangiano, sono quasi trasparenti, ___si trovano cioè nella 4.a muta. Si evitino sbalzi di temperatura. Tosto che i bachi sono usciti di muta, si cangiano dal letti come si fece alle altre mute. _________ _____________________;_______ Si trattano i bachi come nel giorno antecedente. Durante tutta questa età si dà ai bachi la foglia intera. SÌ curano i bachi come nel giorno antecedente. La temperatura sarà durante tutta la 5.a età di 21° C. I bachi mangiano della furia, e perciò si dà ad essi tanta foglia, quanta ne consumano oi avrà somma cura di ventilare il più possibile i locali. I bachi continuano a divorare la foglia. In questo e nel giorno susseguente si preparano i boschi con paglia asciutta Si trattano i bachi come nel giorni antecedenti. Se rallevar ento non venne Condotto in modo razionale, appariscono a qucat’epoca bachi flaccidi. Alcuni bachi diventano più piccoli, si fanno trasparenti, non mangiano, C girano irrequieti all’orlo dei graticci, sono cioè maturi, lai voracità dei bachi diminuisce c gran parte dei medesimi già sale al bosco _________________________________ Quasi tutti i bachi hanno raggiunto la maturità e sono ai bosco; la rimanenza andrà a filare in breve. Si innalza la temperatura n 23-21” C. Cure da prodigarsi ai bacili giorno per giorno I I 2 I 3 1 4 1 5 |JB Ore pomer. Schiusura I. Età I. Muta II. Età II. Muta IH. Età III. Muta IV. Età 41/2 11.4 4>/2 50.4 6'/2 168 IV. Muta V. Età Maturità o salita al bosco Periodo l'/4 770 Totale !13 giorni In tutto 1002.8 k Spiegazione dei segni : V Somministrazione della foglia 0 pasto. J Cangiamentoidej letti ^ Diradamento dei bachi. modo della muta o dormita. jL H V/ -V' Vr. ** * l t , I i 1 •t. *