Anno I Capodistria, 1 dicembre 1941-XX N. 7 e Sincere QUINDICINALE DEL FASCIO DI COMBATTIMENTO ..NAZARIO SAURO" FEDERAZIONE DEI FASCI DI COMBATTIMENTO DELL' ISTRIA I CADUTI PER LA PATRIA SONO PRESENTI DISCIPLINA Non è facile definire la disciplina, difficile osservarla, eppure è indispensabile in ogni manifestazione umana. Fede, passione, coraggio, amore, fiducia, sentimenti questi, tutti, che l'uomo offre e prova per il suo simile, per la terra dove è nato, per il Dio nel quale crede. Eppure tutti questi sentimenti devono essere guidati, contenuti, misurati, disciplinati. L'arte stessa deve subire una disciplina, la musica, la pittura, la scultura, tutto va guidato, tutto deve essere disciplinato. Anche gli animali seguono per istinto una loro disciplina per poter vivere. * hanno obbedito ciecamente, credono obbediscono e sono disciplinati. Essi erano i pionieri di un ' Italia nuova, dell'Italia fascista, essi sono i fedeli del Duce, la guardia della Rivoluzione. * * * Italia 1919. Piazza San Sepolcro. Un Capo, pochi gregari ma tutti pieni di fede, di entusiasmo, prepotenti, coraggiosi, forti, forse esaltati ma di una esaltazione di spirito che li illuminava, che li guidava e che infondeva in loro una formidabile disciplina, esaltazione di amor patrio, di dedizione per l'Uomo che li aveva chiamati a salvare l'Italia, a salvare la Patria in pericolo. =r_ I governanti di allora, i „benpensanti", i pacifisti, gli opportunisti e gli increduli, consideravano questi gregari esaltati, indisciplinati. No J Tutt' altro ! La disciplina regnava nel loro animo ed è perciò che hanno vinto dopo una dura lotta. Gli squadristi hanno creduto, Hanno giurato fedeltà a Mussolini, alla loro Patria, al Fascismo, hanno mantenuto e *manterranno il i - . " giuramento anph.% a. costo di sacrifici, anche a costò della loro vita, perchè sono disciplinati, perchè obbediscono e sopra, tutto perchè cre- dono nel Duce. Ma qualche volta devono stringere i denti ed i pugni e fare sforzi enormi per obbedire e ciò non per mancanza di disciplina ma soltanto perchè sono gelosi dell' amore per il loro Capo, perchè vedono certe cose che cozzano con la loro passione, che contrastano con le direttive del Duce. Ed allora fremono, si mordono le labbra ma si contengono perchè nei loro cuori alberga la disciplina, quella disciplina voluta nel lontano '19 da Mussolini. E ciò dimostra che lo spirito è sempre quello, che il cuore non ha subito rallentamenti, perchè esso batte sempre forte. La guardia della Rivoluzione delle Camicie Nere, è sempre in piedi, essa è la fiaccola del Fascismo, che arde ed illumina la nuova giovinezza d'Italia, quella che trae insegnamento dagli anziani per continuare gli insegnamenti e la disciplina del Duce, Da vent' anni essa è sempre vigile, sempre la stessa, essa è formata da elementi sani, disciplinati e forti di spirito e di corpo, ' stretti intorno al Duce come le verghe intorno all'ascia de! Fascio Littorio, simbolo della forza, simbolo della potenza e della civiltà di Roma eterna, simbolo dell' Italia fascista \che fortemente u-nito alla Svastica Germanica, forma l'„Asse" di acciaio il quale con la sua ferrea disciplina colpirà inesorabilmènte i nemici, tutti i nemici ! VINCEREMO ! Lo Squadrista Corsica italiana „Da Capu Corsu a Bonifaziu Aria di Roma e mar. di Laziu". La questione còrsa divenne d'attualità còllo storico discorso del nostro Ministro per gli Affari Esteri, T Eccellenza Ciano, pronunciato nell'aula di Montecitorio, addì 50 novembre 1958, nel quale si accennò senza sottintesi alle „naturali aspirazioni" del popolo italiano. Ma già prima di allora era intensa la propaganda, tendente ad interessare il paese nostro alle sorti della della bella isola mediterranea. Grande merito spetta in questo riguardo al prof. Francesco Guerri di Livorno („Minuto Grosso"), che era coadiuvato da una piccola ma valorosa schiera di giovani, esuli dalla patria i quali, con le parole e con gli scritti, sfidando le vendette della Francia, tenevano desta la fiamma dell' irredentismo còrso : Marco Angeli, i fratelli Anton Francesco e Giovanni Filippini, Francesco Giammari, Pietro Giomacchini (l'attuale presidente dei Gruppi d' Azione irredentista còrsa), Lu'gi Paoli (presentemente a Trieste), Bertino Paoli ed altri ancora. Nel 1929 venne fondato a Livorno il battagliero „TeIegrafo S. Corr " eh' ebbe subito una larga diffusione anche in Corsica ; lo stesso la beila rivista del Guerri „Còrsica antica e moderna" e «L'Archivio storico di Corsica" di G. Volpe. Questo aveva luogo nel Regno, mentre nell' isola il sentimento patriottico veniva tenuto desto specialmente dal poeta vernacolo Santo Casanova „Ziu Santu" e dal pubblicista Pietro Rocca, direttore di „A Muvra" (il muflone) e capo del partito autonomista còrso. Si trattava insomma di controbattere, in tono più o meno acceso, 1' azione siiazionalizzatrice della Francia, introdottasi con la violenza e il tradimento sopra un lembo della nostra patria, sopra una grande isola d'incantevole bellezza, che per ragioni naturali, storiche, linguìstiche e strategiche non poteva essere altro che italiana. Difatti il massiccio sardo-còrso, prevalentemente granitico, po'ggia su un comune zoccolo sottomarino, le due isole sorelle essendo divise da una profondità minore di m. 80 sotto il livello del mare ; la Corsica è separata dalla costa toscana da uno stretto di mare di appena 82 ehm., con una media profondità di 200 m. ; mentre ad occidente verso la Francia (Provenza), da cui dista ben 175 ehm., sì apre una fossa marina di oltre 2000 m. di profondità. Fu abitata in antico probabil nente dai Liguri ; fu in relazioni commerciali coi vicini Etruschi ; provincia romana per oltre un milenn o ; nt>l primo Medio Evo affidata al Marchese di Toscana ; soggetta a Pisa (che vi lasciò 1* impronta in tante ma- gnifiche chiese) ; poi per più secoli a Genova'; indipendente per qualche tèmpo, Sotto il saggio goverfno di Pasquale Paoli „padre della patria", fino alla infausta battaglia di Ponte-nuovo sul Golo (9 màggio '1769), dove i difensori della libertà vennero sopraffatti dagli invasori francesi ; ih quello stesso anno nasceva ad A-iaccio Napoleone Buonaparte, il più grande dei Còrsi! Il dialetto dell'isola si rannoda alle parlate dell'Italia centrale (Toscana), ma disgrada a mezzogiorno erso il sardo settentrionale (gallurese); Bonifacio è un' oasi genovese. Tutti i nomi di luogo sono italiani e italiani, anzi toscani, i cognomi, compresi quelli dei rinnegati.... La Corsica in possesso di una potenza straniera significa la minaccia incombente sui punti più vitali d'ital a; essa controlla e minaccia la nostra libertà di movimento nel bacino occidentale del Mediterraneo. Un tale stato di cose è inammis-sib'l e non può durare più a lungo ; l'immancabile vittoria.dei popoli gio vani sulle potenze demo-plutocratiche vendicherà i Morti di Ponte uovo e res.i.ui à alla Madre la Figlia diietta ! G. SIILE DEUS 11 Fili E' aspirazione comune per noi essere donne di classe - ma è anche assai facile intendere male questa espressione e sbagliare stile. Intanto voi sapete che lo stile deve riflettere i .tempi, in arte, in letteratura e nella vita. Lo stile rococò o floreale per esempio oggi ci fa ridere come ci fanno ridere le mode passate di sellini e di falpalà, eppure qualche volta nella vita quotidiana non ci comportiamo secondo le esigenze dei tempi. Ricordiamo sempre, in ogni ora, in ogni minuto che siamo nell'Era Fascista, che il ventennio di Regime deve avere un'impronta sua, ferrea e lineare e incidersi anche nei costumi oltre'che nelle pagine della storia. Razionale dev'essere il nostro modo di vita, senza confondere anche qui il razionale con il novecento. Il razionale ha una sua funzionalità logica, aderente ai fatti, alle necessità nuove. o ale una casa dalle ampie finestre vetrate, aperte ad accogliere aria, luce, sole; senza sovrastrutture, dalle linee e dalle colorazioni nitide, semplici; non lo è il cassone novecento con pretese grat-tacielesche ove si sposano mala- mento rosso mattone e azzurro acceso. Affrettando dicasi per l'arrè-daìnento: sono razionali i mobili che rispondono alle necessità quotidiane occupando il minimo spazio e riposando l'occhio sulla' levigatezza delle superfìci che invitano all'ordine e alla pulizia, non lo sono le poltrona o gli sgabellini su cui è impossibile sedersi senza apparire ridicoli e scomodi. Questo; per intenderci, ora veniamo a nohs non è donna di classe quella ch^, ani^na il suo vis-o a tavolozza artiglia le sue piani con unghie rapaci tuffate nel sangue e si bilica su suole inverosimili e precipitevoli. Peggio ancora se questo si accompagna, come avviene in qualche fortunatamente raro caso, con la sobria austerità della divisa fascista. L'Italia nuova vuole le sue donne belle e curate, pulite nel corpo e nell'animo, agili, sane, spose di soldati, madri di soldati. Per raggiungere questi risultati i mezzi sono semplici: arte e non artifìcio, moderazione e non sfacciataggine. E'giusto che il marito tornando dal lavoro, venendo in licenza, trovi la sua casa e la sua sposa belle ed accoglienti, non p giusto che le trovi artefatte ed estranee. Niente trucco? Niente smalto? Capelli lisci, abiti monacali? Nulla di tutto questo. Anzi, il volto non si presenta sempre fresco, curiamone l'epidermide, rassodiamola, diamo pure un'onda dolce ai capelli, indossiamo un abito grazioso; porteremo ovunque una nota gentile, infatti nulla vi è di più brutto che una donna arruffata e trascurata. Ma teniamo sempre pronti i freni perchè la china è sdrucciolevole e manteniamo sempre l'armonia fra l'apparenza ed il reale. Capita spesso che la famosa permanente corrisponda a capelli non lavati, lo smalto ad unghie di pulizia dubbia, il profumo nasconda lavacri dimenticati. I segreti delle nostre fattezze ben curate, _ calme, piacevoli, senza ostentazione siano sempre: acqua, sole, moto, serenità. La donna di stile non si fa notare, non fa parlare di sè, non fuma in pubblico con spavalderia ma trionfa per la gentilezza e la modesta, leggiadra femminilità che spirano da lei. Il Fascismo non vuole amazzoni e virago, tutt'altro; sapete che anche l'atletica femminile è moderata perchè gli attributi naturali non si sciupino ed integre rimangano le sacre funzioni della maternità, il Fascismo ha bisogno di donne sane, capaci, atte alla fatica casalinga, ai sacrifìci che la vita odierna c'impone. Le suffragette tipo anglo-americano, occhiali a stanghetta, denti in fuori, vesti alla caviglia, conferenziere arrabbiate e lingue di vipera sotto il velo del puritanesimo non hanno mai attecchito in Italia perchè, grazie a Dio, la donna nostra sa stare al suo posto, senza pretese, senza falsi pudori, è spontanea, sana e sincera. Parla poco e agisce molto. Sa benissimo che ottiene molto di più lei con la sua fatica umile, col silenzioso coraggio, l'esempio della serenità laboriosa che tutte le signore Roosevelt ehioccianti e sbracciantesi. Quanto è difficile mettere insieme un pranzo! Qualcuna brontola, un po' per abitudine, ma all'ora di tavola, gli Italiani possono dirlo ad alta voce, voce di 45 milioni di cittadini, possente e vibrante al di là dei mari, siamo soddisfatti, ristorati, pronti a tornare al lavoro. Questo è merito della donna, signora o popolana, la quale sente la necessità delle limitazioni ma sa anche che, con un po' più di fatica, di buona volontà, di agilità mentale, a tutto si pone rimedio con onore. I popoli affamatori o affamati, le democrazie guercie dovrebbero poter vedere quanto sereno c'è da noi, non soltanto in cielo, ma nelle anime. Dovrebbe vedere la donna che lavora e può ancora cantare, sorridere, pregare fervidamente e non secondo l'ipocrisia anglicana; estendere la sua attività fuori della casa, per i combattenti, per i feriti, per le opere assistenziali, vedere le mense modeste ma liete e curate, i bimbi in fiore. Se potessero vedere, e se avessero tanto intelletto da comprenderli i tesori di energia che fecondano la terra italica, l'entusiasmo che risplende sul sacrificio e trascende la morte stessa, deporrebbero le armi, vinti dalla forza dello spirito e della civiltà vera, consci che una nazione come la nostra ha in sè la potenza del destino. Ornella Puglisi Compiti della gioventù Se a noi giovani oggi non è ancora concesso d'impugnare il moschetto per offrire la nostra giovinezza sui campi di battaglia, è nostro preciso dovere dare alla nazione in armi tutta la nostra collaborazione sincera e cosciente, perchè zioni, senza sentimentalismi e soprattutto con decisione. Deve dare esempio di attività serena e costante, di rettitudine, deve portare nella propria famiglia dove non sempre c'è serenità, una parola di fede e di incoraggiamento, essere di Giovani del Littorio di Capodistria Foto Pizzaretto ognuno di noi deve sentire l'importanza e la gioia di vivere ore storiche come queste, e di essere quasi una cellula di un immenso organismo. in cui ogni attività è rivolta verso un fine unico e preciso. La nostra collaborazione dev'essere disinteressata, a costo anche di piccoli sacrifici, ben miseri in confronto agli interessi supremi della Patria. Il giovane cresciuto ed educato nel clima del Fascismo deve oggi più che mai essere cosciente dei compiti che gli spettano nel seno della Nazione, ed agire senza tergiversa- sprone agli indecisi ed ai tentennanti. E per far ciò ognuno può capire, che non bastano le parole ed i propositi, occorre far qualcosa di più, imporsi una disciplina fìsica e morale ed agire con animo retto e con fiducia. Mai nella storia uno stato ha raggiunto i massimi fastigi senza che la mentalità e la cultura del popolo abbiano raggiunto un certo livello morale e spirituale adeguato alle necessità, ed indice di maturità. Or dunque ogni giovane della generazione del Littorio che vive in ore così decisive per la vita della sua Patria deve essere conscio che l'Italia è chiamata da Dio ad una missione da compiere per la civiltà moderna, e quindi essere orgoglioso del proprio compito che oggi è chiamato a svolgere in patria e che domani dovrà svolgere nel mondo. E per far ciò deve dare alla propria vita un contenuto serio ed attivo, eliminare da essa tutto ciò che è inutile, che potrebbe essere nocivo, come ad esempio quella stupida compiacenza per certe musiche leggere e frenetiche che sono di indubbia importazione anglosassone e di origine negroide, e che portano al rammollimento del carattere, e quella ingiustificabile preferenza per i romanzi americani che pretendono di interpretare e rappresentare le esigenze spirituali e materiali della moderna società, ed invece portano a contatto di una concezione di vita completamente diversa dalla nostra, e di una civiltà che manifesta indiscutibilmente i sintomi della decadenza. Impari dunque la gioventù a discernere quello che è nostro da quello che è esotico, e ad esser fiera di appartenere ad una nazione così semplice e laboriosa. E anche se oggi il giovane è chiamato a qualche sacrificio, nel giorno della Vittoria esulterà per l'orgoglio di aver anche egli fatto qualcosa per la Patria, con cuore aperto e con giovanile sincerità. Solo così domani, se la Patria chiamerà noi, ci dimostreremo fieri di servirla e nessun sacrificio sarà per essa misurato e in un futuro non lontano saremo degni di assumere un posto di responsabilità nell'opera di ricostruzione europea. P. A. PROFILI ROOSEVELT Qualcuno lo ha definito un mentecatto, altri un parolaio, altri ancora un gangster in marsina: io lo chiamo un cretino ipocrita. Non sapendo come sbrogliarsi dall'arruffata matassa che ha pian piano avvolta intorno a sè, Delano cerca, riesumando dalle sue vene quel tanto di sangue ebreo ereditato dai suoi antenati, di far paura a tutto il mondo con i suoi discorsi e con i suoi «geniali» ritrovati politici. Non poteva fare altro: grossolanamente ignorante, presuntuoso e superficiale come uno jankee californiano, questo signore crede di poter pontificare in fatto di idealità e di valori umani, di storia e di diritto e non sa o finge di ignorare che se una luce è stata data agli uomini, questa luce porta indelebile il segno di Roma, perchè a Roma accesa ed alimentata in ogni tempo. Mentre ruba i beni degli europei, incarcera onesti lavoratori d'oltreoceano che alla prosperità americana hanno dato fatica ed intelletto; mentre, pronuba l'Inghilterra, af fama con fredda, giudaica ferocia milioni di donne e di bimbi di un intero continente, non si perita di parlare di civiltà e di umantà, quasi che l'umanità e la civiltà consistessero nella affaristica cricca che lo attornia, nella maligna idea che gli corrode cuore e cervello. Con la impudenza che gli è propria questo signore che un destino maligno ha posto sul trono della Repubblica stellata, ha osato ancora una volta concionare di libertà dei mari, di civiltà occidentale, di ideali democratici, ed ancora una volta se ne è proclamato difensore e pontefice. Non lui, ma l'Asse intorno a cui gravita oggi aspettante e fiduciosa l'intera Europa, è il negatore della libertà dei popoli; non lui, ma l'Asse è l'aggressore. Il mondo intero aveva già da tempo identificato un truce carnefice, Stalin; la guerra mondiale aveva già rivelato un pazzo pericoloso, Churchill; ora compare alla ribalta dell'umanità la terza bestia malvagia, Roosevelt. Non lo scanno presidenziale della Casa Bianca, ma la sedia elettrica del carcere di Sing-Sing è fatta per costui. Roosevelt è stato finalmente costretto dalla fede, dalla lealtà, dal genio di Mussolini e di Hitler a scegliere il posto che gli compete; egli è buon terzo fra un pazzo criminale ed un immondo assassino. Ne prendiamo atto tranquillamente. Sarà compito della storia, maturata dalle armi dell'Asse, di inchiodarlo per l'eternità a questa gogna. fa. FILODRAMMATICA RINNOVAMENTO L'intenditore L. Rasi, maestro insigne di giovani attori, nei momenti di scoramento, sospirando esclamava: «L'esperienza insegna molte cose agli uomini, perchè non dovrebbe insegnarne qualcuna ai filodrammatici ?" Si crede, specie nei piccoli paesi, che il dilettante reciti meglio commedie semplici e senza nerbo, ed in ciò v' è già un errore. Poiché un' opera mediocre per esseré sostenuta avrà ■bisogno di valenti attori, che con la loro bravura suppliranno alle manchevolezze artistiche. Mentre invece una grande opera rimarrà tale, anche se recitata mediocremente. E' logico perciò che il filodrammatico si trovi più a suo agio in tali opere. Qui il giovane attore è consapevole del compito e qualora vi sia del rischio esso lo affronterà perchè ques'o è lievito non solo di vita, ma an :he del teairo nuovo, fascista, tendente a tornare af popolo come nell' epoca del grande teatro cristiano. Tornare al popolo in un teatro per il popolo, per la massa, la quale ama i grandi avvenimenti, le baIle figure eroiche, le grandi gesta, i sublimi pensieri, la vera poesia, in antitesi ai gusti frivoli e pedestrementi borghesi. Il teatro rispecchia la vita abbellita dall'arie. In teatro tutto è effimero ed il beniamino, il prediletto, 1' attrazione de il baraccone" che fa costantemente mostra di sè a lungo andare finirà col generare stanchezza, specialmente se il pubblico è sempre il medesimo, come avviene in provincia. Il segreto sta nel farsi desiderare e saper piazzare in parti confacenti il proprio carattere. Perchè il complesso abbia vita sana e duratura deve essere vario come una tavolozza, ed avere una riserva sempre pronta di attori, un vivaio insomma. Il filodrammatico non ha da chiedere al pubblico compatimento, ma incoraggiamento, sprone a far sempre meglio. Non divi in erba, bensì giovani studiosi, assenza gig onesca di cose immodeste e di inflessioni artefatte, ben vestit', ben truccati, aggraziati e simpatici. Di attori colti, studiosi, disciplinati ha bisogno il teatro per la coralità drammatica moderna. Buon gusto, logica scenica, dizione sciolta, corretta e vivace. La vita d'oggi è piena di „La Rivoluzione fascista farà grande l'Italia, comunque, dovunque, contro chiunque" . MUSSOLINI persone semplici, non preoccupate solo a farsi vedere e sentire; il paese esige ben altro. L'opera del filodrammatico dovrebbe riassumersi in : umiltà ed entusiasmo. Come nella vita, il protagonista di un fatto non può essere il protagonista di tutti i fatti, così, per quanto istrionicamente perfetto possa essere un grande attore, egli non potrà mai trasfondere nel personaggio una personalità completante differente dalla sua. Il vero il grande artista in ultima analisi non rappresnta che se stesso. Ne è stato un esempio il Moissi. Ammettiamo che un grande attore abbia l'anima di Amleto, sarà logico che rappresenti questo personaggio. Ma il medesimo attore dovrà rappresentare, senza scapitare in fama, anche un piccolo personaggio, come un cameriere, purché questi abbia l'anima di Amleto. Ma di sòlito qui da noi le cose non vanno precisamente così ! Ci sono gli attori per le grandi parti (poco conta il fisico e 1' anima) e quelli per le piccole parti, non considerando che anche una piccola parte può essere più ardua di una grande e può decidere de I' esito di una scena o di un intero atto. Qui l'arte si misura a metro perche non si considera che quello che soprattutto conta è l'atmosfera e l'armonia dell'opera. Un complesso se composto di grandi attori, di solito sempre in antagonismo I' uno contro I' altro, male assortiti e peggio armonizzoti, deta la loro invadenza e spiccacissima personalità, vale di gran lun^a meno di un altro assieme di mediocri attori, bene affiatati e disciplinati. Oggi a disciplinare e a stornare certe incongruenze, provvede il regista o il direttore artistico; e costui non ha da essere un vanitoso tiran-nello, ma un uomo equilibrato e giusto al punto di essere spierato con se stesso. Non despota, ma sempre pronto a mettere la sua esperienza e valentia a servizio del poeta e del pubblico; amico severo e sincero dell'attore. La critica poi dovrebbe dir menò e meglio. Il pubblico e la stampa non devono dimenticare, come spesso avviene, gli altri collaboratori della scena, non meno importanti, come lo scenografo, l'elettricista, il truccatore, il figurinista, il carpentiere e l'amministratore, tutti preziosi. Alle volte una luce ben piazzata vale di più di un lungo dialogo, uno scenario adatto al lavoro completa il clima del dramma dove l'attore entra veramente nel vivo dell'azione. E' con questi intendimenti di rinnovamento che sì inizierà la filodrammatica, l'attività della quale è stata voluta dal nostro Segretario Politico che si è vivamente interessato affinchè sia messo a disposizione dell'O.N.D. locale quanto di meglio la città offre in fatto di teatro Ad evitare i soliti disgusti e malumori nei concorsi si dovrebbe giudi-dicare esclusivamente per complesso, e dare poi al concorso carattere permanente, tenendo conto di tutte le recite dell'annata e ciò per valorizzare il complesso più attivo e a volte poco fortunato, dare poi la possibilità ai meno ben piazzati di rifarsi in breve tempo, stornando così dannosi scoraggiamenti. Mettere in gara continuamente le compagnie come si fa per le competizioni sportive. Desiderio di molti sarebbe quello che l'esordio della nuova compagnia fosse fatto con una commedia del nostro amato e grande Goldoni. CIALTRONI . Ù. , .■ ! m ' ; • ■•"■-•• V ftxy*:' • , -; ' 'v ' • - , - ... . : «L'ho sentito dire»: il .tema è vecchio, è stato ribattuto su tutti i torti e nfe sono tratti ammonimenti in tutti i sensi; eredo però che toccare di tanto in tanto certe corde faccia bene, specialmente in questi momenti. «L'ho Mentito dire!» E dietro a questa frase si nasconde e si camuffa un mondo di imbecillità falsamente critica, volgarmente pette- gola, sovranamente cretina. «L'ho sentito dire». Le cose in Russia rallentano; la battaglia dell'Atlantico incontra difficoltà; quest'inverno non avremo più broccoli; fornitevi di scarpe perchè per i prossimi decenni saremo costretti ad andare scalzi; la Spagna sta per entrare nel conflitto; il Portogallo ha armato una flotta poderosa; la Turchia ha mobilitato; la Bulgaria è in preda all'anarchia; un'eclissi lunare sta per sconvolgere il mondo. Ci manca ancora di sentire che il Giappone ha fatto un'alleanza con San Marino; che la Repubblica di Andorra ha dichiarato guerra "agli Stati Uniti; che sommergibili nemici hanno sbarcato truppe a Buie e che sono stati bombardati gli impianti industriali di Carcase. «L"ho sentito dire». E se voi domandate: «Chi te l'ha detto», vi sentite rispondere: «Me l'ha detto un mio amico autorevole che è amico del cugino della serva del segretario particolare del presidente del sindacato, il quale domenica sera andò a cena con il fratello del segretario del capo divisione ecc. E questi autentici imbecilli non si accorgono di dite cose: 1) che si co- prono di ridicolo; 2) che sputano su tutto il serio, tenace, duro lavoro che, dal Duce all'ultimo contadino, viene condotto in Italia per guidare, accompagnare, assecondare, potenziare l'opera dei camerati alle armi. Ma noi non ci stupiamo tanto di costoro che hanno l'inveterata abitudine di emulare la faticosa digestione delle capre e dei somari; quanto ci stupiamo — e li prenderemmo volentieri a vergate sulle terga molli —■ di tutti gli allocchi che si fermano ad ascoltarli a bocca aperta per riferire nei circoli minori le stupidaggini che raccolgono da queste pattumiere della società. A tale proposito abbiamo anche sentito parlare di parole grosse come «traditori» e di «pena capitale». Ci sembra questo dare troppa importanza a della gente che davvero di importanza ne ha proprio pochina. Basterebbe invece prendere questi cialtroni, portarli in piazza, abbassare loro il fondo dei pantaloni, metterli con le braccia conserte ed il capo abbassato su un pilastrino e fustigarli di santa ragione. Bruno Stradi. PAG 8 PI E DI GUERRA TUTTI I SANTI I NOVEMBRE XIX Dopo la notte insonne, tutta dedicata alla distruzione degli apprestamenti nemici, e alla interdizione sulle mulattiere e sull'abitato di Vambeli, l'alba sembra forerà di calma e di riposo. E l'attendente, versando il caldo caffè nel mio ga-vettino, e leggendo quasi il mio pensiero esclama soddisfatto: — Oggi, Tutti i Santi, signor tenente. Giornata di pace per tutto il mondo. Mi vie~e spontaneamente da sorridere vedendo quell'uomo richiamato chissà da quanti mesi mescolare con cura e attenzione lo zucchero nel fondo del tazzino e inseguire nello stesso tempo una visione di pace campestre. Ha rinunciato volontariamente a rimanere a custodia delle mie cassette al carreggio, è mi ha seguito quassù in linea. Ora sembra quasi incerto,, ma si guarda bene dal farmelo capire. Anzi si spinge spesso all'osservatorio per vedere: e stanotte sembrava utì bambino quando raccontava ai compagni d'aver visto con il goniometro la,casermet-' ta di Vambeli in fiamme. La ealmà continua: e ne approfitto per far rinnovare il mascheramento dei pezzi prima che sorga il sole. Le prime frasche, ormai seccate, lasciano intravedere il luccicore degli scudi. Ma trascorrono ancora pochi minuti: e il rumore della battaglia si riaccende impetuoso e molto più vicino di ieri a sera. Il nemico sembra notevolmente avanzato. Ce ne da la conferma un ufficiale di fanteria che scende dalla mulattiera insieme ad alcuni feriti, con una frase secca: — «Hanno sfondato ai cippi». Ancora alcuni minuti: e poi altri fanti che scendono dalla mulattiera. Si telefona al comando di gruppo: la batteria ha l'ordine di non sparare. I serventi sono tutti ai pezzi e attendono. Sanno quale è il loro dovere. Intanto, d'attimo in attimo si ha la netta percezione che la situazione va aggravandosi. Ora qualche colpo di piccolo calibro nemico è venuto a cadere qua o là, nella zona del nostro schieramento. Colpi che screstano? o aggiustamento? Gli uomini hanno mantenuta intatta la calma: ma sentono profondamente il desiderio di agire. Finalmente la richiesta di fuoco e il quadro esatto della situazione: il nemico ha sfondato con forze so-verchianti la nostra difesa al confine e ha raggiunto le alture di Treni: i nostri si sono schierati sul Ve-liak: bisogna resistere a tutti i costi. Resistere: gli artiglieri hanno afferrato la parola e hanno capito. Hanno capito che, se sarà necessario, si dovrà morire sui pezzi. Ma non hanno tuttavia avuto nemmeno un istante di smarrimento o di esitazione: e gli obici, sollevati e spostati di forza, sono ' già puntati nella nuova direzione. Falso scopo indicato — parallelismo zero a zero — direzione... granata modello 32 carica prima — sito... alzo... sul secondo pezzo distanza... ampiezza zero. E i puntatori assorti ai canocchiali panoramici, e i capipezzo con la mano sollevata a ripetere i dati, e gli altri serventi intenti ai proietti e alle cariche Tutto come alla scuola di tiro. In questo sono meravigliosi ed eroici i nostri artiglieri: nel sapere anche nei momenti più difficili conservare la disciplina e la calma dei tempi normali. L'ordine di fuoco trova gli uomini tutti protesi in un unico sforzo. E la canzone ricomincia Ricomincia l'unica, l'eterna, la possente canzone dell'artigliere, la canzone sembra dire al fante che lotta: — resisti, io sono con te! — la canzone che sembra dire al nemico: — di qui non si passa!... E continua per ore e ore, come un inno, come un urgano: sino al crepuscolo. Le munizioni non fanno quasi in tempo a giungere in batteria, che i pezzi roventi le assorbono per trasformarle in nuovi rombi, in nuovi schianti, in nuove fiamme. Ora sulla selletta, dove scende la mulattiera, ora sulla cresta che sovrasta l'abitato, ora al di là del costone dove certamente sono appostate le bócche da fuoco nemiche. Dapprima i greci avevano tentato di portare i loro cannoni in cresta per dominare direttamente il campo di battaglia: e i nostri fanti ne avevano visto uno centrato in piano da una salve, distrutto insieme ai suoi serventi. L'avanzata del nemico urlante e strombettante è stata arrestata: egli si è fermato proprio là, donde egli si illudeva discendere trionfalmente a valle. Ma la notte cova le insidie. E appena l'ultimo riflesso di sole scompare all'orizzonte, cupa e inesorabile, si scatena sulla batteria la tempesta. Dalla fronte e dal fianco s'incrociano i colpi, piombando tra i pezzi. Il nemico ha visto quegli uomini generosi prodigarsi nella suprema difesa: e ora vuole distruggerli, calpestarli, annientarli. Ma essi sono ancora al loro postò, accanto ai fedeli obici, e rispondono all'insidia con il canto possente dei loro cuori. La lotta è ineguale: è la lotta di uno contro cento: è la lotta eroica contro un nemico nascosto. A volte anche il furore avversario si arresta di fronte alla decisione di quegli uomini che hanno ad unica difesa il loro pezzo e la loro incrollabile volontà. — Ma poi ricomincia, insistente, fatale, imperdonabile. Ora i fanti sono con noi, a difendere insieme ai nostri obici le ultime alture. Ma gli obici sono muti: anche le granate a pallette sono terminate. E il nemico non si vede, ma si sente tutt'attorno numeroso, vicino, opprimente. I colpi della mitraglia sibilano, velocissimi, rimbalzando sugli scudi d'acciaio. Passano ancora due lunghe ore: fanti e artiglieri sono uniti là, con le loro mitragliatrici, con i loro fucili, con i loro moschetti, ad attendere il nemico e morire sul posto prima di lasciarlo passare. L'ordine di ripiegare sulla linea di resistenza, al di là del Devoli, ci trova tutti protesi in questo estremo desiderio di dedizione e di sacrificio. L'animo soffre nel dovere lasciare il campo della lotta. Le scheggie e le pallottole sibilano vicino a noi quasi a cercare il loro obiettivo. „ll popolo italiano è il popolo immortale che trova sempre una primavera per le sue speranze, per la sua passione, per la sua grandezza". MUSSOLINI Ma ormai non si pensa più a tutto ciò che appartiene alla morte. Si pensa soltanto alla posizione consacrata dal nostro lavoro e dal nostro sacrificio che si deve lasciare. I fanti si sono già incamminati: ora scendono lentamente i muli con i pezzi che portano in ogni loro parte i segni della lotta. Sui carrettini vuoti delle munizióni vengono adagiati i morti: i feriti sono con noi, aiutati dai cora-pagni. L'ultima raffica di mitragliatrice nemica ha sfiorato il mio corpo. Ma non è ancora il destino. I pezzi sono già lontani, sulla carrareccia; domani potranno riprendere la loro canzone. Un ultimo sguardo alla posizione deserta. Nulla rimarrà in mano al nemico. Soltanto le cataste di cassette di munizioni vuote, con indicibile dolore ma ci si può allontanare: senza rimorso ai piedi della mulattiera incavata nel monte, trovo l'attendente con i cavalli, curvo sotto un muricciolo campestre; alla mia vista si alza con un sospiro; Signor tenente! Mi viene spontaneo alle labbra un amaro sorriso e una esclamazione: — Tutti i Santi! — Egli, come un automa, mentre i cavalli prendono il trotto, ripete con una voce senza tono. —=- Tutti i Santi ! — Poi, sulla strada soltanto il rumor degli zoccoli, e a tratto gli schianti dei colpi lunghi. —o— A primavera, quando le nostre compagnie incalzando il nemico in rotta raggiunsero d'impeto le stesse alture, ritrovarono sulle posizioni tre pezzi di una batteria greca. Erano ancora puntati verso Kor-cia, nell'inseguimento di un miraggio, cullato nell'esaltazione di un sogno irrealizzabile. Nino de Totto. GLI EBREI IN AMERICA Spinto dal suo singolare destino, l'ebreo approdò un giorno alle coste del Nordamerica. Questa non era ancora una libera repubblica, nè un grande paese: era soltanto una colonia britannica. Era una colonia ove l'Inghilterra mandava i più accaniti settari che disturbavano la politica del paese e dove si rifugiavano le più svariate qualità di avventurieri. Tra una società di un livello morale così poco ammirevole, mancava una terza categoria di individui, presenti sempre per far danno a tutti; mancavano gli ebrei. Perciò bisognava che si decidessero quegli ebrei a sopportare i disagi della traversata oceanica per trasferirsi in quelle terre dove mancava il culto d'Israele. E nel 1600 gli ebrei si decisero. Ben presto si affermarono con la usura e lo strazzinaggio, con l'offrire i loro servigi ai personaggi più in vista, col fingere di sottomettersi ai coloni inglesi trasferitisi a colonizzare le pianure del West. Quando sorsero gli Stati Uniti, ormai la comunità giudaica era talmente forte da porsi a posti importanti nella vita politica della Nazione. Quando era giunto in America, l'ebreo non aveva detto (questo gli stava proprio in fondo al cuore) che egli era un distruttore, che sapeva inventare i più terribili strumenti di dissolvimento. E perciò, non sapendo questo, i coloni inglesi non fecero caso alla venuta degli israeliti. Oggi come dicemmo, la posizione degli ebrei in America è veramente rilevante. A cominciare dal presidente Roosevelt — che se non è ebreo puro sangue, discende però certamente da ebrei e in ogni caso ha come consigliere finanziario nonché intimo amico l'ebreo Bernard Baruch — brillano nel firmamento politico, economico e culturale degli Stati Uniti, astri ebrei in gran numero. E questa guerra, scatenata dalla Gran Bretagna, è proprio la guerra che l'ebraismo mondiale — special- mente inglese e americano — ha giurato da molto tempo all'Italia e alla Germania: i gruppi ebraici che dominano la politica americana, coperti dalla così detta neutralità del paese che li ospita, hanno alimentato questa guerra e continuano ad alimentarla fornendo all'Inghilterra i mezzi per continuarla. Perciò questa è la più grande guerra di liberazione che noi abbiamo intrapreso. Ma dopo la Vittoria, smantellati i covi e scompigliati gli intrighi, diremo a Samuele il distruttore, la parola che tutti i popoli saggi gli hanno a volta a volta detto: «Cammina». E lo staremo bene a guardare mentre se ne va, affinchè — ritenendoci, come usa, per babbei gentili — non cerchi di ritornare fra noi col vestito nuovo e la barba rasata. Fulvio Apollonio. TACI! Il nemico ti ascolta * ORTI DI GUERRA Il Duce in un suo ultimo discorso, chiamava gli agricoltori presenti «Camerati contadini». Quale onore essere chiamati o sentirsi chiamare camerati da un Uomo che ha nel Suo pugno il destino di un popolo intero! A tal fine basta essere un contadino; basta essere un umile ortolano; ed un piccolo orticello tutti lo possiamo avere avendo così il merito di contribuire al piano autarchico che ci tiene impegnati in una unica lotta contro quella che rappresenta la nostra dipendenza alimentare dall'estero. E' una lotta dura alla quale nessuno, particolarmente nei momenti attuali, deve mancare; è una lotta che risponde ad una direttiva della Commissione Suprema per l'Autarchia, quindi è un ordine. In queste poche righe mi limiterò a quanto concerne il campo alimentare e vi insegnerò nello stesso tempo come ci si comporta per divenire camerati del Duce, contadini, ortolani e per ultimo dei combattenti civili. «Chi possiede un orticello, deve tenerselo ben caro, lo coltivi, lo curi, lo accarezzi. Se lo merita»: ecco come si espresse il sen. Tito Poggi in merito alla orticoltura, ma io aggiungo per chi non l'ha «provveda subito ad impiantarne uno». Orto non vuol dire solamente patatine, insalata, piselli, melanzane, prezzemolo ... ma vuol dire anche svago familiare, vuol dire aria libera e con ciò salute, vuol dire una ginnastica che non affatica. Ogni umile casetta, specialmente nella nostra cittadina, ha un cortile se non propriamente un piccolo appezzamento di terreno chiuso ai lati da quattro mura; cortile deserto con forse in un angolo un misero vaso di terracotta con entro un pugno di terra, ultimo ... spazio vitale... di una piccola pianticina che sta per seccarsi! Manca la vita, manca là poesia della natura. Anzitutto si dovrà dissodare quel terreno calpestalo continuamente; lavoro dunque di piccone, di zappa, di vanga per finire con quello del rastrello. Al terreno si darà una cèrta pendenza ih modo che le acque di irrigazione possano, per scorrimento naturale, irrigare, irrigare tutta la superficie ed infine raccogliersi in un canale di scolo. Al caso si dovrà fare anche lo spiegamento, usufruendo delle pietre stesse per fare i sentieri i quali do- „ll Fascismo considera i contadini in guerra e in pace quali forze fondamentali delle fortune della Patria". MUSSOLINI vranno essere qualche centimetro più bassi del terreno adibito a coltura. Dal sentiero, chiamiamolo pure centrale, a sistemazione fatta si tracceranno altri più piccoli che divideranno le diverse specie di coltura di cui si arricchirà il piccolo orto. Sehtieri diritti, intendiamoci, niente girigogoli all'inglese nell'orto. A tutto ciò seguirà una lauta concimazione di sostanza organica (circa 1 metro cubo per ogni 100 metri quadrati di superficie) phe verrà distribuita unifórmemente su tutti gli appezzamentii da destinarsi a coltura e subito sòfterrata con lina vangatura per sopperire perdite di azoto. Avremo così il nostro orticello, •I.Ti .. , ■./•■■ , • > , fila sara ben rozzo e ci vorrà temilo, lavoro frequente, concime per ricavarne proprio l'orto familiare atto a produrre e a divertire. A piacere l'operaio, l'artigiano, l'impiegato, novelli ortolani di famiglia, potranno sbizzarrirsi nella successione delle varie colture ortensi. Una parte ad esempio potrà pure essere dedicata alla coltivazione dei fiori che presenteranno con le loro svariate tinte, un simpatico contrasto fra gli ortaggi utilitari. Ambedue porteranno, anche nelle più umili case, una nota gentile nei diversi ambienti domestici: gli ortaggi n cucina, i f ori sul davanzale delle finestre o sulla tavola dove la famiglia tutta si radunerà per consumare il pasto quotidiano, mentre Radio Sociale trasmetterà un particolare saluto ai suoi lavoratori. Aldo Dobrilla. CREDERE OBBEDIRE COMBATTERE La visita dell'Eoe. Ricci i ■ . ... Mercoledì 26 novembre, è giunto a Capodistria 1' Eccellenza Ricci, Commissario generale per la pesca, che era accompagnato dal Prefetto dell'Istria, Eccellenza Chierici, e dal Federale cons. naz. Benagli. Ricevuto dal Segretario Politico, dal Commissario Prefettizio e dalle altre autorità locali, alle 14 l' Eccellenza Ricci ha inizialo la sua visita alla nostra città recandosi al Sacrario di Nazario Sauro, dove ha sostato in devoto raccoglimento inuanzi alle reliquie che ricordano I' esistenza del martire ca-podistriano. Alla Scuola dell' E. N. E. M. Quindi si è portato alla Scuola marittima dell'E. N. E. M., ove era a riceverlo il direttore della Scuola, cap. Perucca. Ha visitato minutamente tutti i locali della scuola, assi- stendo al lavoro degli allievi raccolti nelle varie sale d'istruzione sui motori, di nautica, di segnalazione e di materie letterarie. Dalla Scuola mari-rinara l'Eccellenza Ricci si è portato al Fascio, da dove si è diretto al Sacrario dei Caduti, nel quale si soffermò a lungo davanti alle lapidi che ricordano i fieli di Capodistria immolatisi per la Patria e per la Rivoluzione. Ih tutte le visite era accompagnato dai gerarchi provinciali e dalle autorità cittadine. Ultimata la visita ai Sacrario, il Commissario generale per la pesca si è recato alla sede del Consorzio per la bonifica dell' Istria, ove era ad accoglierlo il senatore Ecc. Cesare Mori, presidente del Consorzio stesso. E' stato esaminato e discusso il progetto per la sistemazione di Val Stagnon a valle da pesca, della quale opera il presidènte del Consorzio fece notare i molteplici scopi politici, sociali ed economici. Per questo importante lavoro l'Eccellenza Ricci si è personalmente interessato già prima d' ora e quindi 10 studio del progetto è stato seguito con viva attenzione. Ha promesso anche il suo appoggio e la sua opera affinchè questa aspirazione capodi-striana si possa in breve mutare in realtà./; , La nuova grande opera Dalla, sede desi Consorzio 1' Eccellenza Ricci si è recato a visitare la zona ove si sono iniziati i lavori dei grandi cantieri Jstria", compiacendosi per la nuova grande opera che darà lavoro a tanti operai istriani. Ha poi osservato la peschiera di Val Stagnon e infine si è recato presso il meccanico concittadino Libero De Carlo, costruttore di una lampada subacqua intesa a permettere la pesca nel periodo di guerra. La lampada è stata già approvata dai competenti organi ministeriali. L' Eccellenza Ricci ha visitato anche un peschereccio a gasogeno su progetto dello stesso De Carlo, al quale 11 Commissario ha rivolto vive parole di plauso. Durante la visita a Capodistria l'Eccellenza Ricci h i ricevuto pure l'elettricista Pugliese, ide tore di una alti a lampada .subacqua, interessandosi al suo progetto. Infine l'Eccellenza Ricci è ripartito assieme ai gerarchi provinciali. CONCORSO A PREMIO per un lavoro teatrale a sfondo patriottico Il Dopolavoro comunale, sotto gli auspici di «Credere e Vincere» indice un concorso a premio per un lavoro teatrale a sfondo patriottico tra i dopolavoristi della provincia. I concorrenti potranno presentare drammi, commedie, bozzetti, fiabe, commedie musicali, operette, riviste in uno o più atti. Saranno preferiti i lavori a sfondo volontaristico, combattentistico e squadrista. I lavori dovranno essere presentati alla commissione entro il 21 aprile XX, Festa del Lavoro. I premi, consistenti in denaro, saranno suddivisi come segue: I) premio L. 2000.—; II) premio L. 1000.—; Ili) premio L. 500.—. Oltre ai premi fissati, ne viene stabilito uno, di incoraggiamento di Lire 300.—. Le opere premiate verranno rappresentate dalle filodrammatiche dell'O. N. D. II Dopolavoro Comunale diramerà una circolare col bando di concorso a tutti i Fasci e Dopolavoro della provincia. ISTITUTO DI CULTURA FASCISTA Il prof. Domenico Venturini ha parlato alla locale sottosezione dello I. N. C. F. di ..Angelo Calafati, prefetto napoleonico". Il chiaro oratore, conosciuto dai cittadini per la sua competenza in ogni notizia riguardante la storia capodistriana, fece rilevare con brevi cenni la vita e l'opera del prefetto Calafati, le sue benemerenze nei riguardi della pubblica amministrazione. * * * Il Fiduciario del N. U. F. camerata Piero Ponis parlò sul tema „II poeta soldato del Risorgimento". Il giovane oratore tracciò in brevi sintesi la vita di Goffredo Mameli, studente, poeta, eroe. Parlò di Mameli amico di Garibaldi, di Mameli creatore dell' inno che venne cantato da tutti gli Italiani e soprattutto di Mameli come eroico soldato d'Italia, che non esitò d' sacrificare la propria esistenza per la maggior grandezza di quella Patri3 che formava il sogno di tutte le menti patriote di allora. Universitari alle armi E' partito da Capodistria un primo gruppo di studenti universitari chiamati alle armi. Alla partenza era a salutarli il Fiduciario del N. U. F. assieme alle studentesse universitarie locali. Domenica sera il Fiduciario del Nucleo Universitario Fascista ha convocato i giovani partenti per un breve rapporto nel corso del quale ha indicato loro quali siano i doveri che incombono su di essi oggi che la Patria li chiama ad indossare il grigioverde per combattere e vincere. Venne distribuito a tutti i partenti il numero di „Libro e Moschetto" che reca la promessa dei goliardi al Duce di servire l'Italia a costo di qualunque sacrificio. Infine il Fiduciario del N. U. F. ord.inò il saluto al Duce e tutti gli universitari risposero con un fervido ,,A Noi". PALLACANESTRO GUF Trieste - G/L Capodistria Sul campo sportivo di Santa Chiara si sono incontrate le due squadre di pallacanestro femminile del GUF di Trieste e della GIL locale. La partita ha dimostrato le ottime qualità di gioco delle triestine ma ha rilevato anche che le nostre giovani sono sempre attaccate alle loro belle tradizioni sportive : anche se da ambedue le parti il gioco è stato condotto con stanchezza e con frequenti irregolarità, il pubblico presente alla partita si è allontanato soddisfatto di aver visto sfoggiare tecnica e buon gioco dalle gialle triestine come dalle azzurre locali. Le due squadre con alterna vicenda, si sono conquistate 15 punti a testa terminando l'incontro con un pareggio. Ha arbitrato l'incontro Piero Brovedani. Le squadre erano così composte, Trieste : Punter, Vido, Rocco, Masutti, Cuderi, Alessandrini, Plet, Magnoni. Capodistria : Brandolin, Ramani, Parovel, Benci, Scocchi, Viller, Stuadi, Reich-stein. LA CROCE DI GUERRA al Sottotenente Piero de Petris Negli scorsi giorni il giornale ha riportato la notizia della concessione della croce di guerra al valor militare al sottotenente Piero de Petris, della classe 1915, con la seguente motivazione : ..Sorpreso in terreno insidioso un forte nucleo di nemici, lo attaccava decisamente e incitando con la parola e con I' esempio i propri ascari, la costringeva alla fuga. Goga, 29 maggio 1959-XV1I". La notizia è stata appresa a Capodistria con particolare compiacimento, in quanto viene a riconfermare le alte doti militari e morali del giovane concittadino. „Non è gerarca colui che non sa scendere in mezzo al popolo per raccoglierne i sentimenti e interpretarne i bisogni". MUSSOLINI Sorci poveri e sorci ricchi Mai come oggi le parole di Tri-lussa possono servire a rischiarare la mente di qualche sorcio ricco o povero, affannato tutto il giorno per cercare di accaparrarsi sapone, farina, pasta, grassi ecc. L'ombra del lardo e dei sacchi di farina nascosti con cura nelle cantine e nelle soffitte, assume qualche volta la strana forma di lucerne e di spadine ricurve: sem bra proprio che rassomiglino a dei carabinieri, quelle ombre. Attenzione però che dietro alle ombre non ci siano in carde ed ossa coloro che sono obbligati di cercare e di picchiare quei sorci velenosi che usiamo chiamare per Comodità accaparratori. Strategia da strapazzo Finiamola una buona volta con la strategia da tavolino! Non si fa la guerra mettendo sopra le città segnate sulla carta geografica delle bandierine colorate. La guerra si fa col valore, col sacrificio, col sangue e non con le parole dette a vanvera da certa gente seduta comodamente al tavolino di un caffè, studiando i piani di attacco con quella competenza di strategia che distingue molta gente di oggigiorno. Sarebbe meglio che certe persone se ne stessero a casa a leggere ai figli le avventure di Pinocchio. Direttore responsabile il Segretario Politico Bruno Boicp Redattore capo Fulvio Apollonio Arti Grafiche Renato Pecchiari Capodistria TACI! Ogni notizia giova al nemico.