ANNO XXII. Capodistria, 16 Dicembre 1888. N. 24. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-irimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. \ Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Il sentimento nazionale degl'Istriani studiato nella storia1) Ed ora al secondo argomento: la persecuzione lei cristianesimo è prova di nazionalità. Senza credere alla leggenda del Monte Rosso di Rovigno, leggenda che non ha alcun fondamento storico, il numero dei martiri istriani, la nascita loro cospicua ed il srado provano a sufficienza che anche nell' Istria, come in ogni altra parte d'Italia, la persecuzione era iiimata necessaria alla salute dell' Impero ed alla sai-rezza di Roma. Credere a tutte le leggende di effe-ata libidine di sangue, manifestata solo dalla plebe n qualche caso ; supporre che tanti spiriti superiori, ducati a nobili idee, e ad una filosofia di larga malica, avessero per tanto tempo tormentata l'umanità olo pel gusto di spargere sangue, senza uno scopo, he giustificasse in parte almeno quegli eccessi è un nancare ai primi elementi della critica, è un torto cavissimo all' umana natura. La mente nostra così nata pel vero, che non accoglie mai 1' errore come rrore, ma per un qualche rapporto che l'errore tesso ha col vero e col buono. Molti illustri romani, ibituati da secoli a stimare la religione, quale un alido strumento di stato, e a credere al paganesimo fficiale legata la fortuna di Roma, combatterono la uova religione come un pericolo grave per l'impero. !d anche dopo il decreto di tolleranza di Costantino, lolti celebri personaggi non cessarono di avversare il ristianesimo ; tra questi, Simmaco degno di avere per vversario un sant'Ambrogio. — Se falliscono le messi, eriveva il Romano, non è già per difetto della terra; iulia abbiamo a rimproverare agli astri, è il sacri- legio che ha isterilito il terreno. Gli Dei hanno vendicato i loro tempi ed i sacerdoti.»1) Ora questa reazione certo si sarà manifestata anche nell'Istria. Gli ordini venivano si da Roma; ma trovarono pronti esecutori nell' Istria non solo tra le persone officiali, ma anche tra il popolo, come ne fanno fede, ripeto, gli atti frequenti de' nostri martiri Anche gì' Istriani presentirono il pericolo e combatterono, sia pure guidati da un pregiudizio, per la sn; ite di Roma. Veggasi quindi l'immensa differenza in questa lotta contro il Cristianesimo fra noi e gli Slavi. I nostri padri lottarono non contro Roma, ma in favore di Roma; per gli Slavi invece la guerra contro il cristianesimo fu guerra della barbarie contro la civiltà. Dunque in questa stessa opposizione ai nuovi ordinamenti religiosi è lecito riconoscere una manifestazione del latente sentimento nazionale degl'Istriani. Ma affrettiamoci a trovare più validi argomenti nei tempi nuovi, e a riconoscere quindi il grande distacco tra la vita italiana e la slava nell' Istria. III. Già il colosso è caduto ; come alta quercia ingombra il suolo, e sullo smosso terreno dalle radici antiche cresce una nuova barbicaja che si muterà col tempo in altri virgulti ed alberi forti. Invano il politeismo ha lottato ; se anche la caduta del grande Impero fu un male, la provvidenza ne dedusse un maggior bene : le nazionalità e gli stati moderni : tempo di lotta di barbarie, feconda di nuova civiltà : ') E a luì di botto Sant'Ambrogio — Gli Dei non sempre hanno difeso Roma. I Galli brucciarono Roma, e se non presero anche il campidoglio, il merito non è di Giove, ma di un oca. — Ubi tunc erat Iupiter? An in ansere loquebatur ? Vedi Revue des Deux Mondes. 1 Iuillet 1888. il Medio Evo. Come si stava allora nell'Istria? Fu(r$no noi sopraffatti dai barbari ? U impero e cadute1 la romanità cessa: rimane il sentimento nazionale,ftalico prima, italiano poi. Vediamolo particolarmente. Già fino dal trasferimento della sede imperiale da Roma a Costantinopoli, ripartito l'impero in quattro prefetture, l'Istria avea seguito le sorti della prefettura, anzi provincia d'Italia, continuando a rimanere unita alla Venezia, e costituendo con quella una delle diciassette nuove regioni italiane Così nella divisione di Valentiniano, 1' Istria con la Venezia rimase all' Italia, nè mai fu aggregata all' Illiria. Quésto vuol essére ripetuto ai sognatori delle rive Illiriche in Istria. E i barbari? Secondo i migliori nostri scrittori, l'Istria, trovandosi fuori della linea del loro movimento, se ebbe a sottostare a qualche breve scorreria fu però salva da gravi devastazioni; altrimenti Cas-siodoro nel 538, nella celebre lettera, non avrebbe potuto chiamarla — «bella così da tornare ad ornamento d'Italia»2). Sotto Odoacre e Teodorico l'Istria fece parte del Regno d'Italia ; fu riconquistata poi da Belisario e da Narsete (539, 552). E neppur fu invasa ed occupata dai primi re longobardi, e continuò ad essere soggetta agli imperatori greci, dipendendo dall' esarca di Ravenna. Tutte queste favorevoli circostanze, nel succedersi di così vari avvenimenti, agevolano nell' Istria 10 sviluppo del sentimento nazionale, e la durata di quegli ordinamenti municipali di origine romana, che più tardi in Lombardia ed altre parti d'Italia faranno sorgere e prosperare il Comune. E per vero abbastanza propizie volgevano sempre le nostre sorti nel primo medioevo. La luce di Roma s'era ecclissata, e gl' Istriani guardavano a Costantinopoli, non già attratti da sentimenti ed influenze orientali, ma come alla sede del successore d'Augusto; e perciò prima ancora della conquista di Belisario, al pari dei re goti, serbarono all'imperatore d'Oriente una sembianza di soggezione d'onore ; la civiltà però rimase sempre in fondo latina ; il bizantinismo, se anche tinto d'influenze orientali, è sempre in politica e nelle lettere e nelle arti un' esplicazione del pensiero romano. Quanta vita latina ancora nell' Istria ! 11 reggimento democratico continua, si sviluppa come nella Venezia; ogni pubblico affare viene discusso in generale assemblea, il popolo elegge vescovi, magistrati, tribuni, vicari, locopositi, ipati e consoli: il maestro dei militi manda da Pola la sua parola d' ordine. Così dicasi negli ordini ecclesiastici. Secondo la più probabile opinione Giustiniano intorno al 524 fonda i vescovati l); coi vescovati si erigono nuove basiliche, o le già esistenti vengono ampliate. Ed ecco 1' arco romano, sempre a tutto sesto, pog-j giato sulla colonna a guadagnare spazio e luce, le volte dell' absida scintillano d'oro, la Madre di Dio ha ancora un mesto e casto sorriso pegli angeli e i santi che le fanno corona in paludamenti greci e la-I tini. Nuovo ardimento; la cupola bizantina si solleva] timida ancora dai larghi pennacchi, senza tamburo.] Tale l'arte tra noi nella basilica di Santa Maria a Trieste e nell'annesso martirio di San Giusto; nel-l'Eufrasiana di Parenzo, nelle basiliche di Pola, di] San Lorenzo, di Muggia: sono questi i documenti della nostra nazionalità ; così noi anche con la sesta in mano'] guardavamo agli esempi dell'antica e della nuova Roma sorta sul Bosforo. Le pretese adunque dei Croati, e il blatteramenti di un'architettura slava nell'Istria el nella Dalmazia, sono fantasie di febbricitanti. Una] vera architettura slava non ha mai esistito ; nessuno < scrittore d' arte ne ha fatto mai menzione : i tempi ed i santuari della Santa Russia, eretti in tempi più vicini sono modificazioni e storpiamenti dell'arte bi-; zantina ; tutti sanno poi come l'architettura civile sia a Pietroburgo in gran parte italiana. Che hanno a fare le nostre pitture, I nostri mosaici del prinro evo medio con le madonne slave dagli occhi spiritati,"" coi Cristi e coi santi, caricature del già scaduto tipo jeratico bizantino! Dove sono nell'Istria le cupole, e le torri con quei goffi ammassi di rame che in forma di turbanti turchi ; di stampi di budino, di casseruole, si allargano si gonfiano ; cristeri lucenti, direbbe un secentista, schizzanti le nubi ? No no, neppur un segno di mano slava nei nostri monumenti. Il segno, mi correggo subito, c'è veramente, segno di rovine e di devastazioni; ed ecco come. Dopo una breve scorreria di Longobardi condotti da Autari, l'Istria fu difatti invasa e saccheggiata dagli Slavi intorno alla metà del secolo settimo. E questa la loro prima comparsa sul nostro suolo. Erano questi i Vindi o Vendi che spinti innanzi dagli Avari e dai Bulgari si diffusero nelle valli della Drava e della Slava e per 1' Alpe Giulia nel Friuli e nel-l'Istria. 'Quali fossero i costumi di questi pretesi artisti dei monumenti istriani e dalmati è troppo noto. ') Le ragioni in contrario sono desunte per lo più dal cristianesimo, dirò così, officiale, così come è oggi costituito. La grande diocesi d'Aquileja era ben piccola in confronto di altre che abbracciano anche oggi immensi territori. Da Aqnileia si governava ; i vescovi di campagna (corepiscopi) amministravano la cresima; ma non avevano giurisdizione. Xelle comuni imprese aggravati forti tributi, dagli Avari, dovevano stare in prima linea nelle battaglie, e la tirannide degli Avari giunse a tal segno, che-venendo essi a svernare colle greggi nei paesi degli Slavi, questi erano costretti di prostituire loro le mogli e le figliuole. E a liberarli da tante barbarie, a scuoterli da così vile pazienza ci volle un estraneo, il franco Samone che nel 630 gli incoraggiò a scuotere il giogo, e rese così gli Slavi-Vendi indipendenti *). I commenti ed i raffronti al lettore. Sempre uniti agli Avari poi si volsero a fare incursioni nell' Istria e nella Dalmazia, dove i famosi architetti distrussero orribilmente la grande città di Salona. Nel Luglio (600) San Gregorio Papa, scriveva a Massimo vescovo di Salona dei travagli che gli Slavi davano alla Dalmazia, dolendosi (e questo si dovrebbe scrivere a lettere di scatola a benefizio di chi non sa leggere i caratteri minuti) dolendosi che minacciavano anche V Italia, in cui avevano incominciato a penetrare per V Istria. Et quidem de Sclavorum gente, quae vobis valile imminet, et aflli-gor vehementer et conturbor. Affligor in liis, quae jam in vobis palior, conturbor quia per Istriae adi-tum jam in Italiam intrare cóeperunt. Parole d'oro, e che ogni buon istriano dovrebbe apprendere a memoria, per ripeterle oggi a certi messeri, e magari traducendole in buon volgare, nel caso che il latino k di quegli amici non andasse più in là di quello del messale. Nessuno creda poi che questi primi barbari Slavi si siano stabiliti nel paese, e confusi con le genti latine. Tra Slavi e Latini non ci fu mai, come vedremo più innanzi, alcuna fusione, l'elemento germanico potè fondersi col latino in Istria, non lo Slavo. Nel 700 fecero scorrerie nell' Istria, ma non vi si trattennero. Longobardi cum Avaribus et Sclavis I-strorum /Ines ingressi, universa ignibus et rapinis devastarunt. Di queste prime visite dei famosi architetti abbiamo memoria nelle rovine della basilica di Muggia vecchia, e nelle tradizioni tuttora esistenti in paese. Non è quindi senza ragione che questo mio studio piglia quà e là una forma polemica. E per vero fino dal primo Medio Evo il sentimento nazionale si esplicò, (gioverà qui vederlo particolarmente,) in una continua e solenne protesta contro l'invasore slavo, il quale così barbaro da avere bisogno di un altro barbaro per non prostituire le figliuole, minacciava non solo la nostra cultura, ma i fondamenti della umana società. Non è molto recavasi a diporto un nostro illustre istriano a piedi del Monte Maggiore, e visitando le rovine del castello di Letai, avvicinò uno di quei roi. panici, avanzi dell' antica plebe ladina diffusa nella campagna, e alla quale i capibanda slavi vorrebbero og;. i, irridendo, negare il diritto di essere educati nel prrprio linguaggio. Quelle rovine, la solenne quiete del luogo, la vista del Monte Maggiore alzato invano da natura a nostro schermo contro la rabbia slava, 1' aspetto stesso del povero rumeno, tutto disponeva l'animo del visitatore al raccoglimento, e lo avvertiva di posare i piedi su d'uno storico terreno. Nè s'ingannava. Domandato il contadino della causa di quelle rovine: «Storie vecchie, storie vecchie,» rispose. «Una volta, nei tempi antichi,» e additava una gola tra le colline di Letai ed il Monte Maggiore, «di là vennero tanti nemici da lontano; qui accorsero gl'Istriani, ma furono vinti; e queste campagne furono ripiene di cadaveri. Poi i nemici andarono avanti verso Trieste e Gorizia.» Si scorge da questa tradizione, conchiude il De Franceschi *) che le orde barbariche penetrarono in Istria per la strada consolare che da Tarsa-tica passando per Castua, Vebrinaz, le alture di Lau-rana e Moschiena, attraversava sopra Cosliaco il Cal-diera riuscendo all' odierna chiesa di San Quirino, dove veggonsi rovine d' antico paese, di cui si perdette il nome, e che i contadini narrano essere stato abbracciato dai nemici stessi venuti per quella strada, la quale poi continuava per Albona a Pola, Parenzo e Trieste. Ed altre memorie abiamo in provincia ili questa spaventevole invasione di Slavi. Momorano oppose valorosa difesa; Fianona, Albona, Pedena, Gallignano, Pisino vecchio, Verino furono distrutti. Intorno a Ca-roiba e Montona la presenza di antiche tombe viene spiegata dai contadini col fatto di grande battaglia degli Istriani contro gente venuta dal Monte Maggiore. L'intero villaggio di Caroiba (antico Carrobio come il friulano Codroipo, incontro di strade) fu arso, meno un pajo di case della villa, or detta Mocibobi. E, cosa degna di nota, tali tradizioni non solo sono conservate dai Ciribiri, ma dalle plebi Slave stesse ; prova questa che gli Slavi, più tardi diffusi alla spicciolata nelle nostre campagne accolsero le tradizioni istriane del paese che gli ospitò, e non mai si sognarono di essere i discendenti degli Slavi Vendi, o Croati, come ora si dà loro a bere grosso dai nuovi apostoli coturnati. Tanto quella buona e semplice gente si sentiva istriana; e assimilala alla nostra vita, che le tradizioni nostre conservò e conserva tuttora ! No, sia detto a loro onore, gli Slavi dell'alta Istria non sono i discendenti dei barbari Slavi-Vendi, vennero assai più tardi, e perciò nella valle del Quieto si piegarono poi più facilmente ad accogliere la civiltà del pÀ4se che gli ospitò, e col quale vissero Ano 1* altro giorno in pace. Crederebbero forse più glorioso, più stivo discendere dai famosi Slavo-Vendi? e E per vero le frequenti incursioni degli Slavi Vendi che miravano solo a depredazioni non ebbero allora per effetto una stabile occupazione dei nostri paesi ; solo alcuni a poco a poco si stabilirono quali pastori sulle prealpi della Giulia, possedute dai Longobardi, pagando ad essi tributo, d'onde poi si estesero sino alla pianura del Friuli ed ai confini dell'Istria.1) E si sarebbero per certo stesi anche in Istria, se non avessero trovato un valido ostacolo nei paesi dei Cici di schiatta romana. Poveri Cici, poveri carboneri perduti nei deserti altipiani del Carso! Ebbero anche il merito di arrestare per secoli i mandriani Slavo-Vendi, ai confini della provincia. Gli Sloveni del distretto di Capodistria, giovi ripeterlo, non sono dei tempi longobardi, ma vennero più tardi. (Continua) P. T. ITotizie Il giorno 11 corr. dal collegio del possesso fondiario venne eletto a voti unanimi dei 36 che pi'esero parte alla elezione in Parenzo, deputato al consiglio dell' impero il signor Tomaso "Vergottini di Parenzo dottore in legge, candidato della società politica istriana. Siamo lieti di pubblicare le seguenti lettere: una indirizzata dalla direzione centrale della società Pro Patria al podestà di Trieste Dr. Riccardo Bazzoni, della quale venne data comunicazione nella seduta del consiglio della città eh' ebbe luogo il giorno 18 p. d. : Magnifico signor Podestà! Le festose e cordiali accoglienze della patriottica ed ospitale città di Trieste, in occasione della seconda adunanza generale della Società «Pro Patria», se in prima linea erano dirette all'associazione, e perciò arra solenne del patto fraterno da cui sono ora vincolati tutti gl'italiani dell'impero, dovettero contemporaneamente destare sensi di profonda commozione ed imperitura riconoscenza nell' animo dei delegati personalmente intervenuti. In conseguenza di ciò la Direzione centrale a nome tanto della Società «Pro Patria», quanto dei delegati comparsi nella memorabile giornata dei 18 novembre, si crede in obbligo di porgere i più vivi ringraziamenti alla diletta città di Trieste ed a chi la rappresenta, pregando la S. V. di accogliere benignamente l'espressione di tali sentimenti per quanto riguarda la sua persona e farsene interprete presso l'onorevole Consiglio municipale e l'intera popolazione. Rovereto li 25 novembre 1888 Per la Direzione centrale della Società «Pro Patria» Il Presidente II Segretario Dr. Bertolini Dr. Augusto Sartorelli e queste scambiate tra il Dr. Bertolini presidente della società «Pro Patria», e il podestà di Capodistria: Rovereto, 25 novembre 1888 Illustrissimo Signor Podestà. „La dichiarazione fatta in Rovereto nel dì 28 novembre 1886, che la voce della patria aveva trovato facile eco dalle nevose cime delle Alpi Tridentine fino alle terre bagnate dal mare, trovò, nuova e splendida conferma in Capodistria nel dì 19 novembre 1888. „I delegati trentini benché ancora sotto l'impressione delle grandi festività della maggior sorella Trieste, non potevano a meno di sentirsi profondamente commossi, quando nella simpatica Capodistria, minore di popolò ma certo non inferiore a qualunque altra città per nobiltà di sentimenti furono accolti non come ospiti ma come fratelli da lungo tempo desiderati. «Soddisfo adunque a un bisogno del mio cuore, e adempio contemporaneamente all' incarico conferitomi dai delegati trentini della società „Pro Patria" esternando alla S. V. e agli abitanti di Capodistria la nostra sincera e indelebile gratitudine per le cordiali accoglienze del 19 novembre. „Nou diciamo addio', ma a rivederci. „Ed ella specialmente, egregio signor Podestà, accolga un' affettuosa stretta di mano del suo aff.mo servo ed amico Dott. Carlo Bertolini 30 novembre 1888 Illustrissimo Signore, «Alle indimenticabili emozioni del 19 corr. non era estraneo per noi il vivo rammarico di non aver potuto rispodere degnamente all'onore e al piacere della gratissima visita. Troppo benevolmente invece la gentile sua lettera del 25 mi professa gratitudine delle modeste accoglienze qui ricevute; e Gliene sono obbligatissimo, però che Ella e gli altri carissimi ospiti ne abbiano gradito almeno l'espansione spontanea dei cuori. „L'amore alla comune favella, ci procurò l'occasione di stringere qui— nell'intimità della famiglia — i vincoli indissolubili d' affetto che natura ha formato; e di quelle brevi ore Capodistria terrà sempre carissima memoria. „Ricambio di tutto cuore, anche a nome dei cittadini, il fraterno saluto a Lei, illustre campione dei nostri nazionali diritti, ed a tutti gli amici trentini. „Mi ricordi ad essi affettuosamente e mi creda con perfetta stima e sincera amicizia Dev.mo Suo Il Podestà G. Cobol. All' illustrissimo Signore Dottor Carlo Bertolini Il consiglio direttivo della società di mutuo soccorso fra triestini ed istriani in Roma lia pubblicato la relazione della operosità sociale dal 2 novembre 1887 al 1 novembre 1888, secondo anno di esistenza. Di fronte a una entrata di L. 1934,90, apparisce una uscita di L. 769,80, ed un aumento di capitale del fondo al 1 novembre 1888 di L. 249,15, più un civanzo in cassa a pareggio di L. 365,10. Durante l'anno furono distribuiti L. 645 di sussidi a 37 (21 triestini, tra cui 2 territoriali, 8 istriani, 5 trentini, 2 goriziani ed 1 dalmata). Il consiglio ha creduto di dover dare maggior numero di sussidi, anche limitando di molto l'importo di ciascuno di ' essi, sapendo come, quando il bisogno stringe, ogni soccorso giova. Il consiglio porge ringraziamenti ai benemeriti soci contribuenti ed agli oblatori che, consci della utilità del sodalizio, vollero venire ad esso in aiuto, ed in modo speciale verso gli spettabili municipi di Pirano, Parenzo, Gorizia e Buie. La società progredisce, ed il consiglio nel rassegnare le sue mansioni si lusinga che il bilancio dell'anno venturo offrirà risultati migliori; non dubitiamo che altri municipi dell' Istria seguendo il nobile esempio delle città su nominate concorreranno a favorire la società onde possa raggiungere del tutto il suo scopo di far fronte ai bisogni dei comprovinciali residenti in Roma e di quelli che vi si recano. Abbiamo ricevuto dal Circolo Trentino di Beneficenza in Milano, e pubblichiamo la seguente circolare : Milano, 27 Novembre 1888 Egregio Signore, Da persone onorarissime fu proposto d' invitare gì' Italiani tutti a concorrere all' erezione d'un Monumento in Milano ad Antonio Rosmini; e la proposta ottenne via via il crescente favore delle persoue colte. E poiché da più parti, così dal Trentino, come da Trentini dimoranti nel Regno ed altri ancora, fu significato il desiderio che questo Circolo cooperasse alla nobile impresa col farsi centro per la raccolta delle oblazioni, esso deliberò d' accogliere tale incarico. Rimanere inerte spettatore della glorificazione dell'uomo insigne, del filosofo eminente, del patriotta intemerato, per cui passerà celebrata nei secoli e Rovereto sua patria, e l'Italia sua nazione, ci pareva un mancamento grave. Avvisa pertanto il Circolo che nella sua sede, (Milano Silvio Pellico, 6) sta aperta la sottoscrizione delle offerte per il monumento suddetto, le quali saranno pubblicate nei giornali. Il Presidente II Segretario N. Bolognesi Mose Bordato. —-------------- Cose locali Bollettino statistico municipale di Novembre 1888 Anagrafe: nati (battezzati) 21; fanciulli 12; fanciulle 9; morti 20 ; uomini 9 ; (dei quali 4 carcerati) ; donne 3 ; fanciulli 5, fanciulle 3 al di sotto di sette anni. Trapassati : — 4. Bulfoni fra Odorico d'anni 78 ; — L. G. (carcerato) da Spalato d' anni 28 ; — C. P.(carcerato) da Zara d'anni 25; — 12. Tinesso Stefano fu Giovanni Batt. d'anni 50; — V. S. (carcerato) da Zara d'anni 42; 16. — Valentich Anna di Giovanni d'anni 37; — 19. Gavinel Domenico fu Nicolò d'anni 85; — 21. Toljan Maria fu Matteo d'anni 71; — V. N. (carcerato) da Spalato d'anni 20; 26. — Benedetti Elena fu Nazario d'anni 86; — 27. Marsich Antonio di Francesco d'anni 14; — 28. Marsich Andrea di Bernardo d'anni 36 ; Più fanciulli 5 ; fanciulle 3 al di sotto di 7 anni. Matrimoni : — 4. Flego Andrea di Giovanni — Maria Zenone di Giovanni; — 10. Toncich Lorenzo di Mattia — Anna Dezorzi di Domenico; — £orzet Demenico di Giuseppe — Giovanna Mendizza di Giacomo; — 17. Majer Francesco di Filippo — Elena Minca fu Domenico; — 19. Pobega (Giovanni di Giovanni — Francesca Mervich di Giuseppe, — 24. Zorzet Antonio di Antonio — Maria Iakomin di Michele ; — 25. Kozlovich Andrea di Giovanni — Anna Ferluga di Giacomo. Polizia: — Denunzie per contravvenzione all'ora di polizia 1, per furto 1, arresti per rissa 2, per schiamazzi notturni 1, per vagabondaggio 1. Sfrattati: — Usciti dall'i, r. Carceri 9; dei quali 4 dalmati, 2 istriani, 2 triestini, 1 suddito italiano. — Insinuazioni di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne 0. — Certificati per spedizioni di vino 3 per ettolitri 287 e litri 56; per spedizioni di sardelle salate 1 per 10 barili di 400 chilog. di sardoni salati 1 per 77 mastelle di 1300 chilog. di salamoja 1 per barili 1 di 50 chilog.; di morale condotta 4 ; rilascio di nulla osta per l'estradazione di passaporto per l'estero 1 ; libretti di lav oro 4. Animali macellati : buoi 55 del peso di 10872 chilog. con 625 chilog. di sego; vacche 10 del peso di 1529 chilogr. con 88 chilog. di sego; vitelli 34; agnelli 0; castrati 102. Licenze industriali : 1 per vendita al minuto di vino e cibarie. Bollettino mensile delle malattie zimotiche Capodistria: Angina difterica; rimasti dal mese di Ottobre 0; casi di malattia in Novembre 1 e risanato ; Vajuolo : rimasti dal mese di Ottobre nessuno; casi di malattia in Novembre 4; dei quali 2 risanati e 2 rimasti in cura. -—--- La fillossera e le viti americane NELL' ISTRIA, GORIZIA e TRIESTE (dal Giornale Vinicolo Italiano del 4 Novembre p. d.) La recente constatazione della fillossera in alcune località dei territori di Gorizia e Trieste, e la scoperta di altri nuovi focolari e centri infetti importati nella parte insulare e continentale di questa proli vincia dell' Istria, hanno richiamato a giusto titolQ l'attenzione dei viticultori delle limitrofe provinciè italiane, seriamente minacciate per l'immediato contatto dei territori viticoli confinanti, e per le diuturne relazioni alimentate dai rapporti agricoli e commerciali tra i rispettivi paesi. A chiarire le notizie divulgate in proposito, e a porgere una più retta cognizione delle odierne condizioni di queste provinciè sotto 1' aspetto della questione fìllosserica, gioverà pertanto di dare una fedele e succinta esposizione delle reali condizioni di fatto qui create dalle ultime esplorazioni tìllosseriche ; come non riuscirà inutile accennare ancora ai provvedimenti qui già attivati a difesa contro il temuto flagello. Che per le provinciè viticole dell' Austria lo stato presente della questione tìllosserica sia molto grave ciò risulta pur troppo anche dalle pubblicazioni officiali comparse su questo argomento in questi ultimi tempi ; talché nessuno più potrebbe dubitarne. Ed in vero basti citare le cifre pubblicate dall' i. r. Ministero dell'Agricoltura sulla diffusione della fillossera in Austria a tutto il 1886, per giusto asserto. Eccone alcuni dati sommari : Austria inferiore Stiria Carniola Istria Distretti capitanali infetti 5 2 1 2 Comuni locali infetti. . 30 18 6 5 Area infetta in ettari . 622 1168 174 132 N." di particelle catastali infette...... 2575 4204 846 — Ma se lo stato fillosserico nell' Austria era già grave nel 1886, di molto venne poi a peggiorare nelle susseguenti annate 1887 e 1888, come è facile de-durlo dalle continue e sempre più numerose scoperte di nuovi focolari d'infezione in località per 1'avanti del tutto immuni. Limitandoci ai dati che possediamo per l'Istria, possiamo infatti constatare pel 1887 una notevole dilatazione del flagello tanto su quel di Capodistria verso Trieste, quanto su quel di Buie verso l'importante plaga viticola di Parenzo. Nella prima direzione si scopersero nel detto anno ben 12 nuovi focolari alla periferia delle zone antecedentemente infette, e nella seconda direzione altri 15 focolari periferici, indipendentemente, ben inteso, dall' incremento dell' infezione nell' interno dei territori infetti. In complesso l'area dei nuovi focolari del 1887 ammontò ad oltre 5 ettari. Sull'andamento della infezione nel volgente 1888 non si posseggono al presente che poche ed incomplete indicazioni. Queste però già bastano a mostrare 1' incremento spaventevole preso dal malanno, che nella trascorsa estate ebbe ad infierire con una violenza non ancora veduta in passato. Senza soffermarci, a menzionare le stragi menate su quel di Pirano e Isola, dove diede il crollo a molti vignetti che avevano sopportato abbastanza bene gli antecedenti assalti della fillossera, e il suo continuo avvanzarsi nelle opposte direzioni di settentrione e mezzogiorno, basti fare menzione dell' infezione scoperta nell' isola di Lussino, sopra ben 60 mila viti e su di un' area di oltre 660 ettari, con serii indizii di una infezione anteriore alla prima scoperta della fillossera nella parte continentale dell'Istria, cioè al 1880! Con la fillossera ai due estremi di Capodistria e Lussino, probabilmente anteriore al 1880, e con 800 e più ettari di vigneti già infetti, ripartiti sopra una estensione di circal50 chilometri quadrati, l'Istria oggidì trovasi dunque in condizioni punto migliori di quelle dell' Austria inferiore, della Carniola e della Stiria, e deve accingersi ad una lotta disperata per iscongiurare più gravi ed imminenti disastri. Sebbene esse pure recentemente entrate nel novero delle provinciè fillosserate, Trieste e Gorizia sono però ancora ben lontane dalla posizione in cui già trovansi i vigneti istriani. Su quel di Trieste, dove per le condizioni del suolo la viticoltura si è conservata sotto modeste proporzioni, le esplorazioni recentemente praticate restrinsero l'infezione a poche migliaia di viti, disperse tra le piccole particelle vitate delle contrade di Scorcola, S. Maria inferiore e Servola, a poca distanza dalla città. Su quel di Gorizia i colli di Cormons, Gorizia, Yillanova e tutto il piano friulano, sono tuttavia immuni, restando fin qui localizzata 1' infezione nelle parti superiori della valle del Vippaco, e precisamente ai Comuni di Stiak, Samaria e Gabria, situati a poca distanza dalle ampie infezioni fillosseriche della confinante provincia della Carniola. Tra il confine italiano e i più avanzati focolari fìllosserici di Trieite e Gorizia, intercede pertanto presentemente ancora un bel tratto di territorio del tutto immune, dove per la discoTitmurtà-rfelle* colture < viticole e la disposizione degli impianti per lo più a > larghi interfilarc l'avanzarsi del tiagello verrà naturalmente osteggiato e reso assai più lento e graduale. Se il pericolo per le limitrofe provinciè italiane si è fatto di certo relativamente più grave pei progressi della fillossera dall'Istria a Trieste, e dalla Carniola all'alta valle del Vippaco, l'imminenza del medesimo non è punto assolutamente cresciuta, trattandosi in amendue i casi suddetti non già di nuovi e straordinari sbalzi dell'infezione, ma soltanto di un suo estendersi dall'uno all'altro territorio contiguo. Venendo ai mezzi di difesa, è già deciso che ai focolari fìllosserici di Trieste venga applicato il trattamento estintivo col solfuro di carbonio. Lo stesso metodo verrà pure adottato a reprimere le infezioni fillosseriche scoperte alla periferia dei territori istriani già infetti su quel di Buie e Capodistria. Per i 600 ettari fìllosserati dell' isola di Lussino, abbracciantì la quasi totalità dell'area vitata di quella parte dell'isola suddetta che si estende al di sotto di Lussili -grande, risultando ormai impossibile il combattere una infezione cotanto estesa ed antica, sarà d'uopo provvedere all'introduzione delle viti americane. Anche per le infezioni della valle di Vippaco, naturali conseguenze della vicinanza delle vaste regioni fillosserate della Carniola, ed ormai estese a circa 50 mila viti e ad oltre 700 ettari, i trattamenti estintivi più non raggiungerebbero lo scopo, e le viti americane si affacciano perciò come unico spediente atto a ri- parare alle conseguenze economiche del malanno ; come appare dalla recente deliberazione della Società agraria goriziana, la quale chiese al Governo un sussidio di 5 mila fiorini per la creazione di un vivaio di viti americane resistenti. La lotta mediante i trattamenti d'estinzione è poi già da parecchi anni abbandonata del tutto in Istria/ nell' interno delle zone infette di Pirano ed Isola, dove ora si provvede ad esperimentare i trattamenti colturali e si dà larga mano alla diffusione delle viti americane. Nè giova qui nascondere, che la speranza di spegnere l'infezione non è punto il movente che induce a continuare, nei casi speciali su citati, la lotta coi mezzi estintivi; imperocché l'esperienza largamente fatta in passato ne allontana purtroppo da siffatte illusioni. Si continua sia per non contrariare di soverchio l'opinione del volgo dei viticultori, che ancora protesta e reclama che pur qualche cosa si distrugga, quasi che questo sacrifizio espiatorio valga a placare i Numi fillosserici avversi; sia per la lusinga di rallentare in tale guisa l'inevitabile cammino del flagello e dare tempo al tempo. Dopo una non breve perplessità e discordanza di pareri, l'opinione che finalmente ora sorge poderosa e generale nei meglio avveduti è però tutta ed unicamente a favore delle viti americane resistenti. E giustizia vuole che qui si dica come l'Istria, la quale pure fu tra le ultime regioni ammesse a fruire della difesa offerta dalle viti americane resistenti, oggidì già si schierò tra le prime ad affermare con inoppugnabili l'atti il valore di queste stesse viti con tanta perseveranza reclamate. Ed invero per iniziativa del Consiglio agrario provinciale furono già introdotte in Pirano ed Isola 20 mila talee di-viti Riparia selvatica, York-Madeira, Solonis e Rupéstris, ritirate direttamente dalla Francia. Queste, custodite per 1111 anno in vivaio, vennero poscia distribuite gratu itameli le, parte innestate colle varietà più indicate pel luogo, e parte sotto forma di piante madri. Altre 4000 barbatelle delle varietà suddette attendono presentemente l'innesto nel vivaio provinciale di Pirano, all'oggetto di servire ad erigere, nei principali centri tillosserati, dei filari modello di viti americane innestate. Questo Istituto agrario provinciale, d'altro lato, mediante talee ritirate dalla Doemia e da luoghi della Stiria notoriamente ancora immuni, da tre anni lavora indefessamente a moltiplicare le viti Riparia, Solonis e York-Madeira, delle quali già possiede un vigneto di circa un ettaro nel Podere sperimentale per la costa in Parenzo, 111 terreno immune, a suolo argillo-ferrugginoso (terreno siderolitico dei geologi 0 terra rossa) povero di calcare, poggiante su roccia calcarea della formazione cretacea superiore; ed un secondo vigneto nel centro dell'Istria, in Pisino, a circa 300 metri sul livello del mare, in terreno pure immune da fillossera, con terra argillosa, bianca, calcarea, ricoprente un sottosuolo di tassello della formazione eocenica. In quest'ultima terra bianca finora le Riparie innestate e non innestate non danno indizio alcuno di clorosi, per la quale venne del resto già provveduto colla introduzione delle specie Vitis Cinerea, Vitis Cordifolia e Vitis Berlandieri, raccomandate ultimamente dal Viola. Che poi le viti americane anche qui si prestino facilmente all' innesto, questo Istituto agrario provinciale è in grado di provarlo coll'esito splendidissimo degli innesti praticati su ampia scala in questi ultimi due anni. Ecco i risultati avuti nella volgente annata su 1217 innesti di viti americane nel Podere sperimentale in Parenzo. Questi dati si riferiscono all'agosto, e sono quindi posteriori alla scalzatura degli innesti e alla soppressione totale delle radici spuntate al disopra della legatura, cioè sul nesto europeo, come pure alle eventuali conseguenze di siffatte amputazioni. A. Innesti su York-Madeira Ceppi Innesti morti mancati Sémillon bianco 3 2 Terrano 8 6 Cabernet sauvign. 2 4 Innesti Innesti riu- riusciti sciti per 100 165 98,9 194 97,0 176 97,8 B. Innesti su Riparia selvatica Ceppi Innesti Innesti morti mancati riusciti Sémillon bianco 3 13 224 Terrano 14 21 225 Cabernet sauvign. 12 40 221 Innesti riusciti per 100 94,6 91,5 85,0 In complesso dunque su 1217 innesti già perfettamente assicurati, l'Istituto ebbe una riuscita media del 92,5 su 100. Si applicò 1' innesto inglese ad incastro cortissimo non superiore ai 4 millimetri. E si noti che si trattava di barbatelle di un anno molto deboli, perchè avute da talee esili e molto avariate, con legno non del tutto maturo, come provenienti dai paesi del Nord. Del quale ultimo fatto fa prova anche la mortalità di alcuni ceppi innestati sulla Riparia più sottile e collocata in terreno meno favorevole. Cn fatto che dà una nuova conferma alla già constatata precocità di produzione propria di questi innesti di viti americane, è poi la comparsa di grap-polini di Sèmilon, Cabernet e Terrano già nell'anno stesso dell' innesto. Gli innesti poi del secondo anno mostrano grappoli normalmente sviluppati e naturali, ed una vigoria straordinaria di vegetaziore. A lato di questi impianti con talee, ne sorsero anche, da parte dei privati viticultori, altri numerosi con piante ottenute da seme ; ma su questi ultimi non è prudente fare assegnamento, e sperasi vederli presto sostituiti con materiale più corrispondente. Dal suesposto si scorge pertanto come l'Istria abbia ormai tali risultati dalle viti americane, da non ammettere ulteriori rèmore, non restando qui che ad ampliare ed applicare quanto già si è affermato praticamente attuabile ed economicamente conseguibile. Egli è per questo valido motivo, che i trattamenti colturali, del resto qui difficilmente possibili pei riguardi del tornaconto, non hanno fatto breccia nei vigneti fìllosserati, sebbene promossi e inculcati con grande liberalità dal Governo e dalla provincia. Alle viti americane, alla diffusione dell' impianto e dell'innesto della riparia, del York-Madeira, della Solonis e della Rupetris, tendono ora dunque con lodevole unità di azione tutti gi organi agrarii in Istria moltiplicando i vivai, i filari modello (li viti americane innestate, le conferenze e le pratiche dimostrazioni, sostenuti dalla consolante speranza di porre alfine un valido riparo ad un flagllo che ormai da otto anni opprime l'animo di tutti i viticulori, minacciando indicibili sciagure. Parenzo, 11 ottobre 1888. Prof. Carlo Hdgues Membro della Commiss, filloss. centr. dell'Impero ------- Unicuique suum Un istriano, nostro collaboratore, ci scrive, e noi, per dovere d'imparzialità, pubblichiamo quanto segue : Nel N. 23 della Provincia trovo un bellissimo articolo sul recente opuscolo di Alberto Boccardi, intitolato «Bella Favilla»: uno di quegli articoli pieni di brio come sa scriverli Paolo Tedeschi. Ma v'hanno nello scritto del Tedeschi anche delle dimenticanze, certo involontarie, tali però che, per l'argomento che toccano, non si possono lasciar trascorrere quando si voglia essere giusti. Il passo, a cui alludo, è questo : Il Besenghi, reduce dalla Gre eia, non «fu ospitato dal Freschi a San Vito, ma nella sua villa a Ramuscello, a tre miglia da San Vito e ad uno da Bagnarola .. . A proposito del Besenghi e di altri poeti della Favilla, degni di memoria, sarà bene che gli Istriani sappiano che sono tutti dimenticati da certo Raffaello da Bar-beria, che abborracciò testò a Milano nn Almanacco delle muse. Non parola del Besenghi, del quale scrisse una bella monografia il Zanella nella Nuova Antologia . . . .» Ora mi permetto di notare che la monografia del poeta Zanella, letta in una seduta dell' Istituto Veneto di Scienze e Lettere, fu pubblicata negli atti dell' istituto suddetto e riprodotta dall' Unione, giornale capodistriano, senza dire che la monografìa, importante, del resto, per i giudizii che dava sul Besenghi, non conteneva però che scarse e non del tutto esatte notizie sulla vita di lui, perchè in complesso essa divaga nè tratta proprio ad hoc de' casi fortunosi del poeta. Invece la monografia sul Besenghi degli Ughi, intitolata Un poeta istriano, stampata nel fascicolo del 15 Luglio 1879 della Nuova Antologia, è lavoro del prof. Oscarre de Hassek, che anche lo firmò. Anzi, ad onor del vero, mi piace notare che di quel tempo fu letta di molto, avendone 1' autore fatte tirare delle copie a parte. Prima ancora lo stesso de Hassek aveva publicato una biografia del Besenghi, di circa 150' pagine, con alcune delle migliori poesie di lui, e la biografia era uscita a Trieste coi tipi di L. Herrmann-storfer. Di quell'opuscolo furono fatte due edizioni nello spazio di poche settimane, ed il defunto librajo Coen diceami che nella prima settimana nella sola Trieste, anzi nel solo suo negozio, n'erano state vendute oltre 300 copie: successo certamente non lieve. Nè basta, chè nel 1884 usciva una quarta rifusione, se cosi posso chiamarla, del lavoro del prof, de Hassek, ed è la biografia del Besenghi, veramente elegantissima e piena di schietto patriotismo, che precede le poesie e le prose migliori del Poeta isolano, edita con si buon gusto dal tipografo triestino, signor G. Balestra: la più bella edizione delle cose del Besenghi che possediamo. Anche questa pubblicazione ebbe un grande successo, tanto è vero che oggidì si stenta avere copie del libro. Ma non basta ancora. Fu il prof, de Hassek, com'è noto, che insistette affinchè nei nuovi libri di lettura per i ginnasi austriaci s'introducessero poesie e prose d'illustri istriani, fra cui Francesco Combi e Besenghi degli Ughi ; così è noto che tanto nel Florilegio Poetico ad uso delle scuole medie, da lui publicato nel 1880, quanto nella nuova Antologia Poetica, da lui pure publicata nel corrente anno e che usasi, eccetto che a Capodistria, in tutte le scuole medie del Litorale, egli inserì una biografia del Besenghi < insieme a quattro o cinque poesie dello stesso vate. E dunque un vero culto questo che il de Hassek professa per il Besenghi, ed è giusto il farne menzione, attribuendo a lui più che a qualunque altro il merito d'avere fatta rivivere la fama dell'autore della canzone al Brovedani. E dico questo perchè spesso si parla del Besenghi, ed ora molto più d' una volta, senza che mai si ricordi il prof, de Hassek, che pur tanto fece per wn&oeaaraa la fama. V'ha anzi chi va più in là ancora, e ricordo in tal proposito un tale che ultimamente ripeteva cose del Besenghi narrate dal de Hassek, senza neppur citarlo, senza alludere a lui, come se nessuno più se ne rammentasse e non ci fossero le publicazioni dell'egregio professore udinese, a ricordare che quelle tali cose erano già state dette e meglio da lui. Certo, questo rimprovero non può farsi all' illustre prof. Tedeschi, perchè niuno meglio di lui è giudice severo si ma imparziale; ma ho voluto notarlo, perchè molti dall' involontario silenzio del sullodato professore potrebbero sentirsi quasi autorizzati a certe dimenticanze, che non sono nè delicate nè giuste. Un Istriano. ------ PUBBLICAZIONI Lorenzo Viviani di Simeone Vascotti, commedia in quattro atti. Tip. Cobol-Priora 1888. Ne riparleremo. Nel numero 31 (5 novembre 1888) del periodico Arte e storia che esce a Firenze, abbiamo letto un lungo e interessante articolo del nostro amico carissimo prof. Paolo Tedeschi. L'articolo è intestato: La basilica di Parenzo ed i recenti restauri. La perizia e competenza dello scrittore in siffatta materia, nonché l'esattezza storica delle cose che narra, rendono pregevolissimo l'articolo suaccennato.