Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 235 Dana Božič Per la competenza di scrittori e critici: Massimo Bontempelli recensore sul Marzocco 1 Introduzione Nel 1910 Bontempelli nella lettera all’editore Angelo Fortunato Formíggini lamenta la stanchezza e l’insoddisfazione provenienti dal lavoro da supplente perché spesso viene chiamato in diverse località (cf. Bouchard, 2008, 113). In aggiunta, quell’insoddisfa- zione deriva da una nascente avversione verso »la fabbrica della ripetività infinita, [...] [le] coazioni e [...] [le] menzogne istituzionalizzate« (Piscopo, 2001, 29) dell’ambito scolastico. Nel momento in cui deve assegnare i voti ai compiti dei suoi allievi, insoffe- rente »per le sottigliezze e le distinzioni sofistiche e sadiche dei professori gravi e aulici di ginnasio«, lo stesso getta in aria i compiti e decide di valutarli a seconda »della di- stanza raggiunta da ciascun foglio« (Piscopo, 2001, 29) . Il professore invece preferisce stimolare la creatività degli studenti attraverso attività poco tradizionali: un giorno propone agli studenti di scrivere »‘[...] quel che volete, purché c’entrino le parole seg- giola impagliata, bar, cataclisma, pappagallo e cornacchia del Canadà’« (Bontempelli in Piscopo, 2001, 29). La delusione che prova per l’ambito scolastico lo porta a rinunciare all’insegna- mento nei licei e a prendere una decisione rischiosa - dedicarsi a tempo pieno alla scrittura come giornalista, collaboratore editoriale, scrittore e critico letterario a Fi- renze. Nonostante le difficoltà economiche, quel passo ha su di lui un impatto po- sitivo. L’entusiasmo e la libertà intellettuale fanno sì che egli nella propria scrittura abbandoni la »sintagmaticità costruita su innervature e diramazioni di subordina- te, a favore di una paratassi agile, svelta, prossima al parlato« (Piscopo, 2001, 73). Quel tipo di prosa sarebbe indicativa proprio dell’avversione che avvertì negli anni dell’insegnamento e che dimostra le posizioni antiaccademiche, nonché antipeda- gogiche, di Bontempelli. Quell’atteggiamento e quel tipo di prosa si sarebbero poi trasferiti nell’ambito della produzione critica e letteraria, e vi sarebbero rimasti, di- fatti, la chiarezza e la naturalezza d’espressione avrebbero costituito non solo una componente fondamentale della prosa novecentista negli anni Venti, ma sarebbero DOI:10.4312/ars.15.2.235-247 AH_2021_2_FINAL.indd 235 21. 01. 2022 09:18:23 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 236 trasparite anche nelle prime prefazioni e articoli che scrisse nel periodo degli esor- di.1 Secondo Bontempelli è possibile raggiungere quel tipo di prosa non solo adope- rando un atteggiamento dirompente verso certe tendenze letterarie e vacuità retori- che, ma anche attraverso una rigida formazione letteraria. In un panorama di crisi in cui l’intellettuale e lo scrittore subiscono gli effetti di una scossa profonda per- cepita nel settore dei nuovi mezzi di produzione e i primi segnali dell’avvento della società di massa, Bontempelli propone una soluzione: lo scrittore deve considerare i lettori, ma allo stesso tempo deve mantenere un’alta qualità del lavoro letterario, e di conseguenza anche quello giornalistico. Con ciò Bontempelli intende che un giovane scrittore (oppure giornalista), per avere successo, deve in primis dedicarsi a un approfondito studio di letteratura e a un esercizio minuzioso e regolare di scrit- tura. La giustificazione per una tale attitudine viene data proprio nel 1910, ovvero, più di quindici anni prima dell’ufficiale lancio del novecentismo sulla rivista “900”, nel 1926. Si tratta di un articolo che nel 1910 viene incluso nel quotidiano fiorenti- no Il Marzocco, dal titolo In difesa dei pedanti: per un libro di F. D’Ovidio (Bontem- pelli, 1910, 3-4)2. In esso, l’autore espone le proprie posizioni sull’arte dello scrivere e presenta un modo sicuro, indirizzato soprattutto ai suoi contemporanei, per rag- giungere appunto la chiarezza e la naturalezza nella scrittura, imparando anche a coltivare l’abitudine di trattare un testo letterario come un organismo armonioso. Il presente articolo cercherà di indagare su quelle osservazioni contestualizzandole e paragonandole ad alcune legate a Benedetto Croce in particolare e alle posizioni sul rinnovamento letterario che Bontempelli presentò sotto il nome di novecentismo negli anni Venti. 2 L’articolo In difesa dei pedanti: per un libro di F. D’Ovidio come terreno collaterale per esporre le posizioni bontempelliane sull’arte dello scrivere, sull’estetica e sulla filosofia. Il titolo potrebbe apparire senz’ombra di dubbio una sorpresa perché le posizioni di Bontempelli pertinenti alla produzione e alla critica letteraria in quegli anni si sono rivelate ben distanti da qualsiasi tendenza di pedantismo. A riguardo, Bontempelli espresse il suo antipedantismo già negli articoli Grande e piccola critica (Bontempel- li, 1908, 128-140) e nel Carducci critico (Bontempelli, 1911, 59-72). Sul numero ven- tisei del quotidiano fiorentino, Il Marzocco, torna con un articolo in cui attraverso la recensione di un volume del critico letterario e filosofo D’Ovidio esporrà le posizioni 1 Si pensi ad esempio le prefazioni a: Yambo, 1911 e Bontempelli, 1913, nonché la monografia su Ber- nardino da Siena (cf. Bontempelli, 1914). 2 Il testo nel campo degli studi bontempelliani presenta una novità. AH_2021_2_FINAL.indd 236 21. 01. 2022 09:18:23 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 237 sull’attività letteraria e su quella critica, sull’estetica e sulla filosofia ma soprattutto sugli scrittori contemporanei e su come la creazione poetica sia diventata vittima della loro ignoranza e delle esigenze economiche del tempo. Curiosamente però, come osserve- remo in questo studio, Bontempelli ironizza sulla parola pedanti e la intende invece in senso positivo: i pedanti sarebbero gli scrittori e i critici, come appunto Francesco d’Ovidio, che ritengono la metrica e le regole stilistiche necessarie per la creazione di un capolavoro. Il volume di Francesco D’Ovidio (1849-1925), dal titolo Versificazione italiana e arte poetica medioevale, recensito da Bontempelli nell’articolo, tratta numerosi argo- menti metrici e prosodici, come ad esempio la dieresi e la sineresi, la rima, lo zeta in rima, e presenta aspetti attinenti ad esempi della storia della poesia, come »la ragio- ne e il valore artistico dei metri carducciani« (Bontempelli, 1910, 3), quindi delle Odi barbare di Carducci, e del De vulgari Eloquentia di Dante. Nonostante la natura piut- tosto specializzata dell’argomento incluso nel volume, che potrebbe interessare esclu- sivamente gli studiosi, Bontempelli ne consiglia la lettura »non ai competenti teorici o storici, ma a molti che potrebbero trarne gran giovamento pratico: voglio dire ai ‘letterati puri’, come li chiamano e si chiamano, ai poeti, ai creatori [...]« (Bontempelli, 1910, 4). Se Bontempelli nell’articolo Grande e piccola critica del 1908 consigliava ai contemporanei di leggere e studiare i grandi capolavori, soprattutto i classici, per po- ter diventare eventualmente tali anche loro, questa volta propone qualcosa di teorico e allo stesso tempo di molto pratico per far loro sviluppare le abilità tecniche. L’invito alla lettura e soprattutto allo studio implica di nuovo una critica agli scrittori che senza una formazione approfondita vanno alla ricerca del successo. Per raggiungerlo, biso- gna »addestrar[si] in analisi minute sulle sillabe, sugli accenti, sui gruppi di vocali o di consonanti« (Bontempelli 1910, 3). Bontempelli però non crede che ci sia qualcuno »così umile« (ibid.) da volerlo ammettere. Aggiunge: »Chi nol crede, aspetti pure in ozio l’aiuto improvviso di Febo Apollo e della diva Intuizione« (ibid.). L’appello è lan- ciato all’ignoranza e all’arroganza degli scrittori contemporanei che, come osservava nel 1908 nell’articolo Grande e piccola critica, credono nella »nuova retorica« e diffi- dano di »tutto ciò che nell’arte (specialmente del giovine) è finitezza, è studio accurato dello strumento, è decorosa ritrosia di spirito avveduto che non si avventa a gran volo con poche forze, ma incomincia a provarle ad esercitarle cauto« (Bontempelli, 1908, 137). Lo scrivere dunque per Bontempelli è un lavoro per cui un giovane deve studia- re diligentemente e deve imparare a esercitare, e solo così nascerà, eventualmente un capolavoro: per diventare maestri non ci sono scorciatoie. Inoltre si potrebbe arguire che l’espressione letterati puri assume una connotazione quasi peggiorativa: come per deridere i »poetanti« e i »verseggiatori« (Bontempelli, 1910, 4), Bontempelli si riferi- sce non solo alla vacuità ma anche alla contraddizione che il termine rappresenta. Lo spiegherà anche in un intervento del 1930: AH_2021_2_FINAL.indd 237 21. 01. 2022 09:18:23 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 238 »Questa ‘purezza’, che da qualche tempo è, adatta ad argomenti varii, l’idea fissa di alquante persone presuntuose, non significa assolutamente niente. «Puro» in conclusione che vorrebbe dire? ‘Semplice’, ‘elementare’; e il suo con- trario dovrebbe essere ‘mescolato’. Ma non c’è nulla, soprattutto in Italia, che non sia estremamente mescolato e complesso. [...] Anche in natura, niente di puro può servire all’uomo o all’animale: nessun corpo semplice è un alimen- to« (Bontempelli, 1938, 50). Come esempi propone la razza e la lingua italiana che durante i secoli sono state con- taminate da numerosi influssi: proprio questo carattere, »singolare e incancellabile« rende possibile alla cultura di »poter creare in sè le più intricate complessità; ciò che in altri sarebbe contraddizione o incongruenza, qui si fa organismo e ricchezza« (ibid.)3 Bontempelli suppone che tali scrittori, i cosiddetti letterati puri, alle sue proposte risponderanno con un sorriso (cf. Bontempelli, 1910, 4). Rispettivamente, lo stesso succederà durante la lettura degli aspetti che D’Ovidio presenta nel suo volume, come ad esempio la consonanza di cosa con rosa, e quella di fitta con ridda: »[...] a parte il sorriso, risponderanno anche con compatimento« (ibid.). È ironico l’autore: questi »spiriti superiori, hanno saputo liberarsi da un vieto, gravissimo pregiudizio: il pregiu- dizio della metrica. E i critici li hanno prevenuti e li rincuorano« (ibid.). L’arroganza e l’ignoranza dunque non vengono rimproverate solo agli scrittori, ma anche ai critici, alla »critica-mestiere« (ibid.) che sostiene tali atteggiamenti. Proprio »[l]’ignoranza fatale dei critici ha potuto, all’ombra della filosofia, incorare la scioperataggine dei me- stieranti e dei grossi dilettanti di poesia.« (ibid.) Anche se Bontempelli sostiene che la nascita di una poesia dovrebbe essere mossa dall’intuizione, la critica e la produzione letteraria dovrebbero appoggiarsi sul padroneggiamento dell’espressione stilistica, la quale avviene esclusivamente attraverso l’esercizio regolare. La scrittura letteraria do- vrebbe basarsi sul padroneggiare i mezzi d’espressione, per raggiungere anche la con- sapevolezza che quando uno scrittore trascura l’apprendimento tecnico di conseguen- za priva la letteratura di qualità. Si noti che in quel momento, nel 1910, egli sostiene che quell’esercizio consiste soprattutto nella produzione dei testi letterari; i giornalisti sono visti come dei mestieranti che cercano di soddisfare i capricci del pubblico. Più tardi invece, negli anni Venti, Bontempelli promuoverà un altro campo su cui eserci- tarsi per diventare scrittori. Considerati i cambiamenti socio-economici e la posizio- ne sociale dello scrittore nella borghesia urbano-industriale, sarà proprio il giornale ad assumere un ruolo fondamentale nella formazione di uno scrittore: »Ai giovani che vogliono darsi all’arte dello scrivere, consiglio [...] [di] entrare nella redazione di un giornale« (Bontempelli, 1938, 30).4 A parte quindi l’essere un luogo perfetto per 3 Corsivo nel testo. 4 cf. Prezzolini, 1909 e Cadioli, 2003, 45-48. AH_2021_2_FINAL.indd 238 21. 01. 2022 09:18:23 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 239 l’esercizio stilistico regolare (e una fonte di guadagno), i quotidiani di ampia diffusio- ne, come ad esempio Il Corriere della Sera, allo scrittore serviranno per raggiungere diverse fasce del pubblico e per creare un rapporto con i futuri lettori dei suoi romanzi. Nel caso uno scrittore non si sottoponga a un esercizio di scrittura, il materiale poetico, come diceva l’autore due anni prima, »esce senza prender forma e vita organi- ca sua, [ed] è qualcosa di paragonabile - sia detto con sopportazione - alla materia del recère« (Bontempelli, 1908, 138)5. Nel 1910 la situazione non è cambiata: »Duri d’orec- chio e ignari di quasi tutto il passato letterario e affrettati sempre alla produzione mec- canica dell’articolo sentenzioso, furono felici di trovare una salda parete su cui finger poggiate la loro incoltura la loro fretta e il loro malgusto« (Bontempelli, 1910, 4). Que- sto cerchio malato si chiude con il fatto che »i poeti, [sono] più felici dei critici« (ibid.), e ciò indica che gli uni si nutrono degli altri e così via, perché entrambe le attività, sia quella poetica che quella critica, coesistono nella »produzione quotidiana [...] che più s’allontana dall’arte vera e severa [...]« (ibid.): »queste attività sono come due facce d’una foglia, due aspetti d’un solo feno- meno, due applicazioni d’una stessa industria. [...] In fondo l’uno e l’altro sono una specie di democrazia applicata all’arte, anzi un sanculottismo artistico che in nome della libertà di far versi brutti perseguita a strazio e a morte i versi belli e le belle strofe. La filosofia e l’estetica ne son quasi innocenti, non han dato che il pretesto« (ibid.). Quindi, benché si possa osservare in questa dinamica il desiderio di rompere con il passato, di essere liberi, un tale atteggiamento causa dei danni alla qualità della pro- duzione letteraria proprio perché non si basa sugli studi e sulla formazione necessari. Quella posizione avvicina Bontempelli alla critica idealista e in particolare a Benedetto Croce, per il quale la formazione teorica dello scrittore è essenziale (cf. Croce, 1905, 160), allontanandolo così dai futuristi, i quali un anno prima, nel 1909, lanciavano il loro manifesto su Le Figaro a Parigi, e i quali pretendevano una libertà di scrittura. Per giustificarsi, Bontempelli dipana un esteso panorama del pensiero di diversi filosofi e studiosi dell’estetica che durante il corso degli ultimi secoli si espressero sull’impor- tanza della metrica, dimostrandosi in tal modo fedele alla tradizione classicista. La filosofia, come osserva, non risulta colpevole del delitto critico-letterario, »non solo non ha negato, ma talvolta ha nitidamente e diffusamente spiegato il fatto metrico come un mezzo necessario dell’espressione« (Bontempelli, 1910, 4). Gli esempi che Bontempelli offre in difesa della metrica sono, in primo luogo, il giudizio di Hegel, il quale sosteneva »il metro come assolutamente indispensabile, come il primo soffio 5 Corsivo mio. AH_2021_2_FINAL.indd 239 21. 01. 2022 09:18:23 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 240 dell’arte poetica« (ibid.). Il filosofo avrebbe considerato le regole stilistiche »‘[…] come un fine e sottoposto a leggi certe di armonia’« (ibid.), il che ricorda le osservazioni ne- gli articoli precedenti (cf. Bontempelli, 1908) in cui egli vedeva l’opera letteraria come un organismo vivo ed armonico. Il secondo filosofo a sostegno delle sue posizioni è Schopenhauer, il quale »osservava che la nostra facoltà rappresentatrice essendo es- senzialmente subordinata al tempo, acquista perciò una forza particolare per cui noi seguiamo intensamente tutti i suoni che tornano a intervalli regolari, e consoniamo con essi« (Bontempelli, 1910, 4). Per entrambi, sia per Hegel che per Schopenhauer, traspare l’elemento di »una esistenza compiuta, organica, viva del verso come aggrup- pamento e come fenomeno puramente sonoro, con maggiore o minore sua bellezza ed efficacia« (ibid.). Al suo ragionamento Bontempelli aggiunge anche la posizione di De Sanctis e di Vossler, i quali vedono la perfezione metrica come un aiuto a »certe parti- colari espressioni« (ibid.). Ma a sottolineare l’importanza della conoscenza di metrica e prosodia si richiama allo stesso Francesco D’Ovidio, quando nel suo volume analizza la metrica di un commiato del Petrarca6: »‘Dove…quell’aggettivo (rozza), non pur col suo significato ma per il suono e pel rimaner senza compagnia di rima, doveva contribuire, insieme coi due ca- scanti settenari che seguono, ad esprimere lo scontento del poeta.’ E gli esempi potrebbero esser mille« (ibid.). Un maestro come Petrarca, avrebbe intenzionalmente quelle soluzioni ai fini del signi- ficato che intendeva esprimere. La domanda che potrebbe nascere dal ragionamento di D’Ovidio, e da quello di Bontempelli, riguarda come e quando un poeta possa permet- tersi di allontanarsi dalle regole metriche e allo stesso tempo »essere pronto a intensifi- care le espressioni di singole impressioni in cui componendo s’imbatta« (ibid.), come fa appunto Petrarca, generando quell’armonia »in cui l’Hegel riconosce il primo soffio sensibile della poesia« (ibid.). La soluzione di Bontempelli emerge da un ragionamento presente anche nell’Introduzione ai Lirici del quattrocento (cf. Bontempelli, 1910a, III-I- V)7, un’antologia scolastica curata dallo stesso: »l’arte è esercizio pratico, e non altro« (Bontempelli, 1910, 4). L’intuizione e l’ispirazione spinte dalla forza del Nume sono sen- z’altro necessarie, però nascono in uno scrittore solo per via dell’esercizio continuo della scrittura. Per uno scrittore »è necessario ch’egli siasi fatto una norma istintiva, che si sia riempiuto l’orecchio di una quantità di ritmi da ritrovar poi senza ricordarne l’origine« (ibid.). È fondamentale concentrarsi sulla »tecnica [...], [le] leggi ritmiche e metriche« (ibid.). Non si può evitare, in questi termini, l’apporto crociano sul campo dell’estetica e il 6 O poverella mia come se’ rozza! / Credo che tel conoschi: / Rimani in questi boschi. (Petrarca F., Canzone XXVI, in Bontempelli, 1910, 4) 7 L’anno 1910a indica il secondo volume di Bontempelli uscito in quell’anno. AH_2021_2_FINAL.indd 240 21. 01. 2022 09:18:23 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 241 suo pensiero sulla creazione artistica. Su Croce, come anche nell’articolo Il Carducci cri- tico, Bontempelli dice: »egli ci ha aperto molte vedute subite e vaste, ed egli signoreggia: signoreggia non meno chi tenta di opporglisi che chi crede di seguirlo [...]« (ibid.). Però ancora una volta, come anche nell’articolo Grande e piccola critica, Bontempelli allo stes- so tempo si esprime sui limiti di alcune sue posizioni: egli dimostra una »antipatia per i cosiddetti studii di tecnica delle varie arti e non solo, intendia- moci, trova inesatto questo nome, ma par che abbia in dispetto e quasi soltan- to tolleri per condiscendenza le esercitazioni e le discussioni pratiche di queste cose, specialmente di metrica; ha abolito anche in sede di critica ogni diversità di considerazione tra le scritture in prosa e quelle in verso, e credo che ritenga perfettamente inutile e illusorio per i poeti ogni esercizio del versificare« (ibid.).8 Bontempelli a questo punto trascura il fatto che Croce, in realtà, distingueva tra arte e tecnica: nel suo articolo Varietà del 1905 sottolinea l’importanza della formazione di uno scrittore nell’articolo, che abbiamo osservato nell’analisi di Grande e piccola criti- ca. Croce si esprimerà sulla differenza tra arte e tecnica ancora più esplicitamente nel 1928, nell’occasione di una collaborazione con l’Encyclopaedia Britannica, nel saggio Aesthetica in nuce: »La tecnica è, in generale, una cognizione o un complesso di cognizioni di- sposte e indirizzate a uso dell’azione pratica, e, nel caso dell’arte, dell’azione pratica che costruisce mezzi e strumenti pel ricordo e la comunicazione delle opere d’arte: quali sarebbero cognizioni circa la preparazione delle tavole, del- le tele […]. La confusione dell’arte con la tecnica, la sostituzione di questa e quella, è un partito assai vagheggiato dagli artisti imponenti, che sperano dal- le cose pratiche, e dalle pratiche escogitazioni e invenzioni, quell’aiuto e quella forza, che non trovano in sé medesimi« (Croce, 2019, 214-215). Inoltre, nel 1910 Bontempelli è critico del fatto che Croce si limita alla »sola arte lette- raria« mentre trascura la musica, in cui ad esempio, »s’insegnano non solo tutte le leggi dell’armonia […], ma ancora come il tono minore, […] sia più malinconico del mag- giore; e tra i maggiori quello re più trionfale, e così via« (Bontempelli, 1910, 4). L’inno- vazione di questo sconfinamento sarà poi caratteristico del novecentismo. Le arti come ad esempio il jazz, l’architettura, la pittura, nonché il cinema, secondo quest’ultimo avranno tutte la stessa funzione, cioè, quella di costruire i miti per la Terza epoca (cf. Bontempelli, 1938, 18). 8 cf. Croce, 1905, 160. AH_2021_2_FINAL.indd 241 21. 01. 2022 09:18:24 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 242 La domanda che potrebbe nascere da un tale ragionamento riguarda il momento in cui uno scrittore, sia professionista che non, raggiunge un tale livello di padroneg- giamento dei propri mezzi espressivi, quindi una tale eccellenza tecnica, da poter scri- vere intuitivamente. In altre parole, quanta pratica occorre? La risposta viene avanza- ta dallo stesso Bontempelli nell’articolo Il Carducci critico, nato durante la polemica carducciana: »[...] occorre conoscere lo stromento almeno in un certo grado. Dove in- comincia questo almeno? Nessuno potrebbe rispondere: sentiamo, inten- diamo a volta a volta se il critico ne sa abbastanza, se è all’altezza del suo còmpito e del suo autore. Sentiamo, volta per volta: eccoci dunque ricondotti dalla certezza filosofica, dall’impalcatura logica, dall’inquadratura ferrea, a qualche cosa di puramente pratico, di vago, di mutevole: il buon gusto, una specie di istinto. Eccoci così scivolare, se continuiamo per questa via, alla necessità di ammettere alla critica il puro valore di opera d’arte, di eserci- zio pratico, di espressione d’un’intuizione o di un organismo di intuizione: quelle suscitate nel critico dalla lettura dall’audizione dalla visione« (Bon- tempelli, 1911, 66).9 Bontempelli ironicamente riconferma le proprie posizioni: »Per questo io diceva, in- cominciando, che il libro del D’Ovidio dovrà riuscir gradito e utilissimo a tutti coloro che dividono con me il pregiudizio metrico« (Bontempelli, 1910, 4). Usare qui il ter- mine pregiudizio indica un superamento delle attitudini negative verso lo studio della metrica, così come lo aveva fatto pedantismo nel titolo. Significa piuttosto la consape- volezza della necessità della conoscenza, da parte del letterato, dei propri mezzi e della loro utilità, ma anche della sua condizione costitutiva quanto mezzo il cui esito resta incerto e ne resta incerta anche la quantità dell’esercizio pratico che il soggetto deve svolgere. Come dice in seguito: »Il libro del D’Ovidio, che pare nella sua intonazione andar contro la nuo- va corrente, è poi tutt’altro che pedantesco o retorico. [L’autore] rifiuta recisamente le osservazioni metriche date come regole, e sa tener sem- pre presente ch’esse non sono se non mezzi d’espressione però variabili« (ibid.). Dunque, anche nell’attività critica, e soprattutto in quella letteraria, Bontempelli vede un’avventura che in sé stessa è arte. Rendendo omaggio alla Cassaria ariostesca, 9 Corsivo nel testo. AH_2021_2_FINAL.indd 242 21. 01. 2022 09:18:24 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 243 chiamandola opera di »metrica barbara« (ibid.), quindi rendendo omaggio anche a Carducci e al suo pensiero con l’espressione usata, Bontempelli offre come ulterio- re esempio di quanto sia importante l’aspetto tecnico di un’opera10, concordando con D’Ovidio che »è nemica della poesia ‘ogni regola di lingua o di prosodia che fuor del biso- gno cancelli le differenze di cui essa può far tesoro’, e perciò ‘a rigore si può dir che ogni sineresi è permessa salvo che può riuscire inopportuna e brutta’« (Bontempelli, 1910, 4). Conclusioni La lode bontempelliana del libro di D’Ovidio non riguarda esclusivamente come quest’ultimo tratti gli aspetti letterari pertinenti alla metrica, bensì anche la sua imparzialità, il carattere di »vasta veduta« e la complessità di argomenti »che rap- presentano un superamento di tendenze contrastanti« (ibid.). L’entusiasmo di Bon- tempelli per questo approccio sintetico e per l’abilità di D’Ovidio nel prendere le distanze dal dibattito attuale sulla dieresi, che tra l’altro »ha più di vent’anni« (ibid.), dimostra che lo stesso Bontempelli era incline a un tale approccio e soprattutto a un distanziamento dalla produzione letteraria attuale in favore di un eventuale rinno- vamento. Al proposito, ricordiamo che concludeva l’articolo Grande e piccola critica proprio su quella linea e proponeva all’attività critica e letteraria di considerare più modelli affinché migliorasse la qualità del lavoro, e, insisteva che scrittori e critici sviluppassero un rapporto con il pubblico (cf. Bontempelli, 1908, 139-140). Si tratta di un approccio lungimirante che Bontempelli fa suo, e che è possibile evincere an- che dall’articolo In difesa dei pedanti: per un libro di F. D’Ovidio. Travestite sotto for- ma di recensione, Bontempelli nuovamente espone, in modo dettagliato e informa- to, le proprie posizioni sull’estetica, sulla filosofia ma soprattutto sull’attività critica e letteraria. Nelle ultime righe dell’articolo il suo intento viene ironicamente ammesso da Bontempelli stesso: »Nessuno del resto dice il contrario, ch’io sappia, e non so davvero perché mi sia venuto fatto di dare un tono polemico a questo articolo, che non voleva es- sere se non d’informazione pacata« (Bontempelli, 1910, 4). 10 dicono / Che ‘l barro è in casa tua, e di tua scienzia / Questo giunto ordinò. / Di mia scienzia? (Ariosto, L., Cassaria, Atto quinto, scena IV, in Bontempelli, 1910, 4). AH_2021_2_FINAL.indd 243 21. 01. 2022 09:18:24 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 244 Bibliografia Bontempelli, M., Grande e piccola critica, Rassegna contemporanea, a. I, fascicolo 2, 1908, pp. 128-140. Bontempelli, M., In difesa dei pedanti: per un libro di F. D’Ovidio, Il Marzocco, a. 1910, no. 26, pp. 3-4. (nel testo: 1910a). Bontempelli, M., Introduzione, in: Il Magnifico. Il Poliziano. Lirici del Quattrocento (cur. Bontempelli, M.), Firenze 1910, pp. III-VI. Bontempelli, M., Il Carducci critico, in: Romagnoli, E., Polemica carducciana, Firenze 1911, pp. 59-72. Bontempelli, M., [prefazione senza titolo], in: Yambo, Fiorenza mia: dramma in quat- tro atti, Firenze, 1911, pp. 5-6. Bontempelli, M., Introduzione, in: Prose di Fede e di Vita nel primo tempo dell’umane- simo (cur. Bontempelli, M.), Firenze 2013, pp. III-X. Bontempelli, M., San Bernardino da Siena, Genova 1914. Bontempelli, M., L’Avventura novecentista. Selva polemica (1926-1938), Firenze 1938. Bouchard, F., Les années d’apprentissage de l’écrivain: Massimo Bontempelli et Angelo Fortunato Formíggini, Rassegna Europea di Letteratura Italiana, no. 32, a. 2008, pp. 111-124. Cadioli, A., Letterati editori. 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Il presente studio indaga su uno dei suoi numerosi articoli di giornale non ancora scoperti e scritti nel AH_2021_2_FINAL.indd 244 21. 01. 2022 09:18:24 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 245 1910 per il quotidiano fiorentino Il Marzocco. Il titolo dell’articolo-recensione, n difesa dei pedanti: per un libro di F. D’Ovidio potrebbe sorprendere perché Bontempelli, per tutta la sua vita, si oppose a qualsiasi approccio pedante alla scrittura della letteratura, e quindi promosse l’intuizione come fonte di ispirazione. Citando Ariosto, Petrarca e D’Ovidio, oltre a filosofi come Vossler e Schopenhauer, Bontempelli fornisce un caso convincente su come diventare un grande scrittore studiando caratteristiche come la metrica e la prosodia. Come aveva fatto in uno dei suoi precedenti articoli del 1908, anche sul Marzocco critica chiunque non si sottoponga a tali studi e pratiche, in par- ticolare i giovani scrittori e giornalisti, paragonando con scherno la loro scrittura al “recère”. È interessante notare che si dovè arrivare al 1926 per rendersi conto e afferma- re che il futuro della scrittura letteraria non risiede negli studi isolati ma nel giornali- smo; scrivere per il lettore di massa. In particolare, scrivere notizie di cronaca sarebbe un nuovo terreno di prova per gli scrittori. Zagovornik literarne izobrazbe pisateljev in kritikov: Massimo Bontempelli v vlogi recenzenta v firenškem časopisu Il Marzocco Ključne besede: novinarstvo, literarna kritika, filozofija, pisateljski poklic, literarna izobrazba Predlog Massima Bontempellija za kulturni preporod sodobne italijanske družbe, no- vecentismo, ki ga je teoretiziral sredi dvajsetih let 20. stoletja, pa tudi njegovi romani in drame, so bili doslej predmet številnih študij. Njegova novinarska dejavnost in vloga kritika pa sta bili sorazmerno neraziskani. V članku se osredotočam na enega od nje- govih številnih prezrtih časopisnih člankov, napisanih leta 1910 za firenški Il Marzo- cco. Njegov naslov, In difesa dei pedanti: per un libro di F. D’Ovidio, je morda presene- čenje, saj je Bontempelli vse življenje nasprotoval vsakršnemu pedantnemu pristopu k pisanju literature in zato zagovarjal intuicijo kot vir navdiha. Bontempelli navaja Ari- osta, Petrarko in D’Ovidia ter filozofe, kot sta Vossler in Schopenhauer, ter tako poda prepričljive argumente o tem, kako postati uveljavljen pisatelj s pomočjo proučevanja literature in njenih jezikovnih prvin. Kot je to storil v enem od svojih prejšnjih člankov iz leta 1908, v katerem je pisanje mladih pisateljev in novinarjev zasmehovalno označil kar za ‘izbljuvke’, tudi leta 1910 kritizira delo vsakogar, ki se te prakse ne poslužuje. Za- nimivo je, da je Bontempelli šele leta 1926 spoznal, da prihodnost literarnega pisanja ni v izoliranem študiju in pisanju literarnih tekstov, temveč v novinarstvu oziroma v pisanju za množičnega bralca. Zlasti pisanje črne kronike je po njegovem mnenju slu- žilo kot odličen poligon, na katerem se lahko v jeziku urijo bodoči pisatelji. AH_2021_2_FINAL.indd 245 21. 01. 2022 09:18:24 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 246 An Advocate for the Literary Competence of Writers and Critics: Massimo Bontempelli as a Reviewer in Il Marzocco Keywords: journalism, literary criticism, philosophy, writing as a profession, literary training Massimo Bontempelli’s proposal for a cultural rebirth of modern Italian society, novecent- ismo, which was launched in the mid-1920s, as well as his novels and plays, have been the subject of a number of studies. His journalistic activities and role as a critic, however, have been relatively ignored. The present study investigates one of his many undiscov- ered newspaper articles written in 1910 for the Florentine broadsheet newspaper Il Mar- zocco. The title of the article-book review, In difesa dei pedanti: per un libro di F. D’Ovidio, might be surprising, as Bontempelli, throughout his life, objected to any pedantic ap- proach to writing literature, and therefore promoted intuition as a source of inspira- tion. Citing Ariosto, Petrarca, and D’Ovidio, as well as philosophers such as Vossler and Schopenhauer, Bontempelli makes a convincing case on how to become a great writer by studying features like metre and prosody. As he had done in one of his previous arti- cles from 1908, he criticises anyone who does not subject themselves to such studies and practice, especially young writers and journalists, derisively comparing their writing to ‘vomit’. Interestingly, it would only be in 1926 that he decided the future of literary writ- ing lay not in isolated studies but in journalism – writing for the mass reader. In particu- lar, writing about crime would serve as the new proving ground for writers. About the author Dana Božič is a PhD candidate at the Department of Romance Languages and Lit- eratures at the Faculty of Arts (University of Ljubljana). She holds a degree in English Language and Literature, as well as in Italian Language and Literature. Her PhD re- search focuses on the Italian writer Massimo Bontempelli and his activity as a journal- ist, editor, literary critic and book reviewer in the first half of the 20th century. She is also a qualified secondary school teacher and has obtained the CELTA certificate. Ad- ditionally, she is a member of the scientific committee of the “Centro Studi Massimo Bontempelli Ma.R.Wi.T” in Rome. AH_2021_2_FINAL.indd 246 21. 01. 2022 09:18:24 Dana Božič / Per la comPetenza Di scrittori e critici: massimo BontemPelli recensore sul marzocco 247 O avtorici Dana Božič je doktorska študentka na Oddelku za romanske jezike in književnosti na Filozofski Fakulteti Univerze v Ljubljani. Diplomirala je iz angleškega jezika in knji- ževnosti ter iz italijanskega jezika in književnosti. V okviru svoje doktorske disertacije se ukvarja z italijanskim pisateljem in novinarjem Massimom Bontempellijem v vlogi novinarja, urednika, kritika in recenzenta v prvi polovici 20. stoletja. Poleg doktorske- ga študija se ukvarja s poučevanjem v srednji šoli, pridobila je tudi certifikat CELTA za poučevanje angleščine. Kot članica znanstvenega odbora deluje v novoustanovljenem centru “Centro Studi Massimo Bontempelli Ma.R.Wi.T” s sedežem v Rimu. AH_2021_2_FINAL.indd 247 21. 01. 2022 09:18:24