ANNO XVII. Capodistria, 16 Agosto 1883. N. 16. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3: semestre e qua- drimpstiv in pmjmrziinie. — Gli abbonamenti si ricevono presso H liertnwoiic. L'Italia al congresso internazionale degli istituti di previdenza (£ì) Gli applausi continui coi quali furono sempre accolte le dotte espo.-izioni dell' illustre rappresentante del Governo al Congresso internazionale degli latitati di previdenza, radunato a Parigi, attestano la stima dei convenuti verso l'onor. Lumtti, confermano altresì I che l'Italia in pochi anni ha saputo acquistarsi con-siderazione dagli stranieri e gareggiare con le nazioni più poderose e progredite nelle vie della civiltà. Egli è perciò che. felice di poter constatare questi rapidi progressi del nostro paese, mi permetto di ritornare 1' attenzione dei lettori della Perseveranza alla parte presa dall'Italia al detto Congresso, che |fn oaore voi issi aia per copia di doeumrati e per le memorie presentate, ma specialmente per 1' opera particolare dell' onorevole Luzzatti. Il Congresso della previdenza fa modesto e laborioso; si attenne strettamente al suo carattere scientifico, e senza sollevar romore, diede luogo ad un utile ed importante scambio di idee, eliminando le discussioni inopportune e occupandosi d' una generale ed accurata rassegna delle varie istituzioni di previdenza. In esso annoveravansi insigni cultori e scienziati dell' economia popolare: uomini quali Leon Say, Robert, Svkes, Vausittart Neal, De Ma la ree, Loeffler, Le Vasseur, Bruyn-Kops, Lorausky, ecc., i quali tutti comunicarono il Congresso i dati della previdenza presso i rispettivi paesi e lo intrattennero con relazioni interessanti ed «sservazioni originali. Notiamo fra esse 1« relazioni di fiobert sulla partecipazione agli utili in Francia; quella del Loeffler sul ring (circolo) degli operai a Stoccolma, iniziato con la leea coutro il monopolio delle bevande: poi quella del Bruvn-Kops sulle casse postali di risparmio. indi del fheysso sulle leggi delle pendoni civili e militari in Francia. Ma chi specialme&te su ; segnalò, e pel quale rifulsero di viva luce le virtù della ! previdenza italiana, fu il Luzzatti, 1' infaticabile apostolo : del risparmio popolare. La sua parola vibrata, fiorita, inspirata a profondi eoav+aoimenti riuscì efficace. Scosse j la dotta accolta, la attrasse, 1» persuase nelle contro* ' tdh. Soprattutto si adoperò a porre in rilievo gli 1 Istituti e gli uomini italiani, riconducendo sempre le Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gr»-tuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un nuiWro separato soldi 15. — Pagftmtrtsti anticipati. oswfazioui e le esperienze Singolari ai principi! della scienza. La sua opera incominciò nella seduta inaugurale, nella quale disegnò con mirabile sintesi il quadro dell'Italia prévidente dai suoi primordi alle leggi ùltime del ministro Berti; constatò chiaramente il compitò dello Stato nella coordinazione e nell' afforzamento delle iniziative private, che sole rendono consapevole I'operajo della propria dignità, la quale lo eccita a chiedere alla propria energia ed al proptio risparmio quelló che prima i suoi padri chiedevano alla violenza od alla beneficenza. Se diversamente avviata, la democrazia rimarrebbe pietrificata come la pietrificarono i suoi nemici iu altri tempi al Paraguay. ItfelUt sedale successive 1' ou. Luzzatti tratteggiò con eloquente maestria i rami principali della previdenza e specialmente le casse di risparmio libere. Egli oppugnò argutamente il sistema ibrido francese dell'impiego forzato dei fondi alla Cassa di depositi e prestiti e dichiarossi favorevole al sistema dell' impiego libero dei fondi come si pratica in Italia, in Germania, in Olanda, negli Stati Uniti, in Svezia ed in Austria, coordinato però con le casse di risparmio postali per lasciar la libertà della scelta al depositante, impressionando molto le notabilità economiste francesi che lo udirono, e che non poterono far a meno di dimostrarsi convinte della bontà dei suoi argomenti. Il Luzzatti poi ragguagliò il Congresso sugli splendidi risultati delle nostre Casse di risparmio libero (fra le altri di quella di Milano) e sulle Casse postali di risparmio. Enunciò 1' idea nuova dei libretti internazionali di cassa di risparmio, la quale speriamo sia tra bpeve attuata almeno tra la Francia e l'Italia per opera del proponente. Svolse elavate considerazioni suite Società eoope^ rati ve e sugli Istituti di credito popolare in Italia iti frazione Specialmente al dreditto agricolo. Anche 1« Società di mutuo soccorso ebbero iu lift ùn lumiaos»© interpreU. Ed in ultimo aedeanò ai punti salienti1 delle leggi Berti, le quali mantengono l'azione dello Stato nei suoi giusti limiti ed arrecamo nuovi benefici alle classi meno abbienti. Perocché esse conaptetaim le Società di mutuo soccorso, l'ornando loro il modo di assicurare i soci dagli infortuni del lavoro e dalla vecchiaia, di maniera eie le Soeietl si rafforzino^ garftfciè all' azione benefattrice dello Stato. Il Luzzatti ha messo in evidenza come 1' azioue dello Stato quale egli desidera e sostiene è volta a completare non a sopprimere 1' azioue individuale. Nel chiudere questo breve cenno sull' azione dell' Italia al Congresso della previdenza, ricorderemo le più belle e ripetute testimonianze di ammirazione per gli sforzi economici del nostro paese, che ebbero luogo entro e fuori del Congresso ; una delle quali non piccola ; è che 1' eminente finanziere signor Leon Say ha deciso di recarsi prossimamente in Italia onde de esaminare ; visu le nostre istituzioni di previdenza. Parigi 28 luglio. (Persev.) L'industria della seta In un discorso tenuto il 29 scorso marzo a Lioue, l'ex-ministro Leone Say si occupò a lungo della crisi , della seta Lionese e ne dichiarò che il danno non era i circoscritto al dipartimento del Rodano, ma si faceva ; sentire in tutta la Francia. Eguali considerazioni vennero svolte nel mese di febbraio del 1883 alla Società d'economia politica di Lione, dove un noto industriale, in uua lunga ed elaborata relazioni;, esaminò lo stato dell' industria serica in Europa, accennando a fatti e riflessioni, le quali sono importanti e degne di essere conosciute. L'industriale, nel suo accurato rapporto, fa una diligente storia retrospettiva dell' industria della seta in Francia. L'Italia, che, prima del 1670, mandava in tutto il mondo le sue spleudide stoffe di seta, perdette poco a poco tale monopolio, dal giorno iu cui il ministro Colbert chiamò a Lioue operai italiani, i quali gettarono le basi della grande industria, che fu la fortmia della Francia. Per circa due secoli i broccati costituirono uua delle parti principali della lavorazione della seta ; ma verso il 1830 gli editti severi che punivano di carcere gli operai, i quali mescolassero all'oro e alla seta, lane o cotoni, vennero di fatto revocati. La fabbricazione dei tessuti in seta cessò d' essere un' arte per diventare un' industria. Nel 1873 il dipartimento di Lione aveva 120,000 telai, che producevano 460 milioni di stoffe, di cui 20 milioni in stoffe miste. Gli operai occupati erano circa 800,000. Nel 1881 si avevano 120,000 telai a mano, 20,000 meccanici con una produzione di 395 milioni, dei quali 150 milioni in stoffe miste di lana e cotone. Si vede in quali proporzioni sia aumentata la produzione delle stoffe miste. Si calcola a 50 milioni la produzione delle stoffe seriche in Austria : a 70 milioni in Russia; a 300 milioni in China; a 30 milioni in Spagna; a 28 milioni in Svizzera; a 225 milioni in Germania (di cui circa 100 milioni prodotti dai 140 fabbricanti di Crefeld) a 40 milioni in Italia. La fabbricazione in Italia, scrive il relatore è in reale progresso; i suoi prodotti si vendono sui mercati di Parigi e di Londra, dove affrontano la concorrenza degli altri paesi. La delegazione francese mandata recentemente in Italia ha constatati i progressi considerevoli della fabbricazione delle stoffe in seta. Noi abbiamo visitato alcuni mesi fa, alcune delle principali fabbriche italiane e fummo sorpresi dalla perfezione dei loro tessuti. Abbiamo visto velluti ordinati da importanti Case di Parigi e di Londra., Il relatore passa in seguito ad esaminare lo stato delle esportazioni delle stoffe francesi. E qui incominciano le dolenti note. Nel periodo dal 1867 al 1873 le esportazioni rappresentavano la cifra di 460 milioni; nel periodo dal 1877 al 1880 sono discese a 260 milioni. Il relatore ricerca le cause di questa enorme diminuzione, verificatasi in porporzione diretta dell' aumento della produzione tedesca. Le fabbriche tedesche seppero coprire i gusti dei consumatori e prontamente soddisfarli ; invece l'industria lionese rimase inerte e dormì sugli allori del passato. Uua volta le mode erano durevoli : uu abito era anche portato per dieci anni; allora la stoffa consistente e di bella qualità aveva la sua ragione d' essere. Oggi che la moda cangia ogni 6 mesi, che cosa importa a una signora d'avere una stoffa forte e cara se non la può usare? La signora domanda al fabricante la stoffa di belle apparenze e di buou mercato, iu modo cne la possa mutare con frequenza, senza troppo gravare il suo bilancio. La statistica del 1881 insegna che i lubricanti francesi si sono già in parte messi su tale via, perchè di 350 milioni di stoffe fabricate, 176 sono di stoffe miste a lane e cotoni. Ma la questione della formidabile concorrenza tedesca non potrà essere risolta che al patto di aumentare il numero dei telai meccanici, base della fortuna della produzione in Germania, N. Il Metodo d'insegnamento nelle scuole primarie *) L1 educatore, convinto che il fanciullo è desideroso di conoscere, e che il vero presentato nelle sue forme astratte e scientifiche non è cibo adatto al gusto di lui, serba a più convenevole tempo le teorie, che ora non sarebbero intese nè ascoltate, e, pigliando le mosse da oggetti, da fatti o da esempi, eccita col diletto il pensiero giovanile a muoversi colle proprie forze, e picciol passo con picciol passo seguitando lo aiuta poco a poco ad innalzarsi al vero e sodo sapere. Seguendo questa via che si desume immediatamente dalle osservazioni fatte intorno ai bisogni intellettuali della fanciullezza, la maestra della I. classe inferiore guida i suoi piccoli alunni a nominare dapprima gli oggetti presenti ai loro sensi poi a riflettere sulle parole che dicono, a pronunziarle rettamente, a decomporle nelle loro parti, a leggere gradatamente e scrivere i *) Dall'opuscolo intitolato — Discorsi dell'assessore Carlo Combi e dell'Ispettore scolastico prof. G. Abelli alla distribuzioni dei premi delle scuole elementari di Venezia nei giorni 26 e 21 agosto 1879 — Venezia coi tip. mnnic. di Gaetano Longo, 1879-— Il brano qui riportato è del prof. C. Combi. segni grafici coi quali gli elementi delle parole si rappresentano. IT insegnante delle classi superiori, volendo far imparare le nozioni più importanti della geografìa, far conoscere gli uomini più illustri della storia e le virtù necessarie ad ogni cittadino, presenta ai suoi alunni il globo, il mappamondo, la carta geografica, e, descritto brevemente un paese, si ferma ad esporre con vivaci colori il carattere e le opere di un grande cittadino, che lo abbia onorato colla sua virtù. I giovanetti ascoltano colla più amorevole e forte attenzione quel racconto che li interessa e commuove, e siccome all' ammirazione tiene dietro il desiderio di vedere più addentro nelle cose, il nostro educatore si vale di questa nuova disposizione degli alunui per invitarli ad esaminare separatamente le notizie apprese, a ordinarle in riassunti distinti, a riprodurle ed applicarle in maniere diverse, a fine di preparare col frutto della presente attività scolastica il germe della futura operosità civile. Ma dove massimamente si desidera 1' arte dell' insegnante è nell' avvezzare i fanciulli alla buona lettura, la quale compendia in sè stessa ed esprime, per così dire, tutto il frutto della popolare educazione. I giovanetti, ignari delle cose contenute nei libri di lettura, inesperti della lingua e della sintassi, inetti a gustare e intendere le impressioni della bellezza, leggerebbero materialmente, inciamperebbero ad ogni passo, non farebbero diversità alcuua nel tono e nelle infiessioni della voce, se non fossero abilmente diretti per la via buona. Il nostro maestro, che avverte tutte le difficoltà dell' impresa, comincia a spiegare ai suoi allievi il senso di ciò che costituisce l'oggetto della lettura, poi dichiara il significato particolare di ciascuna parola, l'uffizio di ogui proposizione nella frase e nel periodo, assicura il maneggio della lingua e l'uso della grammatica con ogni maniera di esercizi, coglie tutte le occasioni favorevoli per eccitare il sentimento e risvegliare l'immaginativa, e, quando tutti i materiali per una bella lettura sono apparecchiati, invita i giovani a leggere con senso e con retta pronunzia, fa che stringano quelle parti del discorso che vanno strette, stacchino quelle che vanno staccate, ne rivelino alcune, altre abbassino, pieghino insomma la voce a tutte le manifestazioni del pensiero e dell' affetto, e si avvezzino ad una lettura naturale, facile e piacevole. Cosiffatta maniera di leggere, che s' usa in tutte le nostre scuole dalla prima classe inferiore alla quarta, raccogliendo intorno a sè diverse specie d'istruzione, pro- muove 1' esercizio contemporaneo di tutte le facoltà degli alunni, e riesce perciò feconda di varietà e di diletto nella scuola. L'insegnamento non è tuttavia perfetto se il maestro si abbandona ad una non interrotta esposizione della materia che tratta, se lascia che gli alunni rimangano passivi ascoltatori della sua parola, se non li invita a prendere parte alla ricerca della verità che si asconde negli oggetti, nei fenomeni, negli esempi o nei problemi che egli stesso pone loro innanzi. Quindi il savio educatore si astiene dai lunghi discorsi, che non sono seguiti dai fanciulli, si contenta di una parte in apparenza secondaria, e, ad imitazione di Socrate, finge d'ignorare il vero che insegna, per lasciare agli alunni la cura e la fatica di trovarlo colla propria osservazione e la gioia di averlo scoperto. Così egli non dice il numero delle parti, nè indica le qualità appariscenti di un oggetto presente, ma invita gli alunni a trovarle e a determinarle con precisione: non indica l'uffizio di una parola nel discorso o la causa di un fatto, ma con opportune domande mette i suoi alunni sul sentiero che conduce a chiarire quell' uffizio, a conoscere quella causa. Supponete, ad esempio, che si tratti di terminare l'uffizio dei piccoli nervi che si osservano nelle foglie; egli presenterà agli alunni una pianticella di chelidonio maggiore che trovasi per tutto, e, indicato chiaramente 1' oggetto della ricerca, ne domanderà agli alunni, suggerirà loro di tagliare una foglia di quest' erba. Eseguita così semplice operazione, gli scolari resteranno sorpresi nel vedere da tutte le estremità dei nervi tagliati pendere una gocciolina di umore giallo. Questa gocciolina, che scaturisce dall' interno del piccolissimo nervo, parla chiaro agli occhi dei fanciulli ; già hanno inteso che i nervi delle foglie sono vasi nei quali circolano gli umori delle piante. GÌ' insegnanti, con questa forma d'insegnamento scevra di pedanteria e simile a familiare conversazione, creano nelle scuole un ambiente di amabile serenità, di generosa emulazione e di nobile diletto, nel quale, a guisa di semente in proprio terreno, allignano e prosperano le più belle virtù dell' ingegno e del cuore. (Continua) Nel periodico Arte e Storia che si stampa a Firenze ogni domenica al Num. 29, (22 luglio 1883) leggesi il seguente articolo molto lusinghiero per noi: Una escursione artistica a Capodistria Trovandomi ultimamente a Trieste in mezzo a quel brulichio, quel continuo via vai inerente all' attività della vita commerciale, pur troppo quasi estinta ormai in Venezia, mi sentii preso da un moto quasi istintivo a sottrarmi, fosse pure per breve ora, a quel!' ambiente a me poco famigliare, e a rintracciare nelle vicinanze qualche luogo tranquillo dove mi fosse dato di verificare co' miei occhi le impronte lasciate dal dominio della Repubblica Veneta sulla costa dell' Istria. Mi si offriva come facilmente accessibile la piccola città di Capodistria. Favorito pertanto da un tempo sereno e piacevole m'imbarcai alle 11 di mattina sul vaporino che fa giornalmente tre volte il giorno il servizio fra le due città, e compii felicemente il mio tragitto in poco più di un'ora, godendo del bel colore di un mare placidissimo e della vista svariata della costa. Capo d'Istria fino ad un quarto d' ora circa prima dell' arrivo, rimane nascosta dietro un promontorio, passato il quale ti si disegna dinanzi lo sguardo, nel fondo del suo piccolo golfo, spiccando fra suoi modesti edifici, anzitutto il solido e maestoso campanile del duomo, ed il vasto fabbricato che serve da ergastolo, e dove un migliaio di condannati circa stanno espiando col lavoro i loro, reati. Le più memorabili impressioni mi furono riserbate nel visitare l'interno della città, che trovai interessante, in grazia della fisionomia prettamente veneta tuttora conservata, da animarmi a darne qui un breve cenno, limitato a vero dire alfe proporzioni assai esigue impostemi dalla ristrettezza del tempo che non oltrepassò le due ore di fermata. Appena sceso a terra, sen?a chiedere nulla a nessuno, rivolsi, secondo il mio costume, i miei passi verso dove io potevo presumere di trovare il cuore d'ella città, vale a dire, verso la piazza, già accennatami da lungi dalla presenza del campanile. Se non che, dopo breve percorso, eutro la prima viuzza che mi si era presentata ebbi a soffermare il passo alla vista di una chiesuola, la quale dall' iscrizione posta sopra la mi annunziava, dedicata, al protettore dei naviganti* S. Nicolò. Visto che il mio tragitto sull' elemento era stato, tanto fortunato, e considerato d' altra parte che il nome dell' egregio vescovo di Bari è spesse volte di buon augurio ai ricercatori delle opere d' arte, non esitai ad inoltrarmi nel modesto suo santuario, alquanto squallido a verp dire, nell' interno è non dissimile da tanti oratorii quali si vedono nel Veneto muniti ai fianchi di panche e di spalliere di legno, sopra le quali si stendono come tetre decorazioni alte telacce di oscuri seicentistó. M' avvidi subito però che non così scadente nè insignificante sì presentava la tela centinata posta nel mezzo verso il fondo sopra runico altare, anzi già da l'ungi vi ravvisai con gran piacere quanto meno me lo aspettava un' opera di stile evidentemente carpaccesco. Vi si vede nel centro seduta in trono di castigato stile architettonico la beata Vergine col Divin Bambino. Scende disotto i di lei piedi un bel tap.-peto di gusto turchesco, così marcato e pìccolo nel disegno che potrebbe servir da modello a un fabbricante; ritti in piedi poi ai due lati del trono stanno i Santi Nicolò di Bari e Giovanni Battista; nel fondo un paese montuoso. La pittura, benché riveli a prima vista un fare affine a quello del valente Vittor Carpaccio, non è certamente della sua forza, nè della sua finezza ; ma è senza dubbio opera di qualche suo seguace ed imitatore, quando non si voglia congetturare che fosse stata abbozzata e condotta fino ad un certo punto da Vittore, e lasciata da compiere al di lui figlio Benedetto, ii quale, come altrove si vede, ebbe un colorito torbido e indistinto quale si riscontra appunto in questa tela, senza parlare della sensibile inferiorità sua a confronto del padre per quanto concerne in generale tutte le doti proprie del vero artista. Infatti una tavola di lui autentica che osservai nel giorno di poi nel vetusto, ma disadorno duo-; mo di Trieste, mi procurò il mezzo di formarmi un concetto di codesto pittore, non rappresentato, ch'io mi sappia in nessuna parte dell' Italia. È la medesima appesa ad una parete della tribuna a sinistra dell' aitar maggiore, e vi si vedono raffigurati nel mezzo la Madonna col bambino avvolto in un panno e seduto sul di Lei grembo; quattro angeli in sul volare, alquanto rigidi e monotoni a destra e altrettanti a sinistra, infine alle due estremità i Santi Sergio (giovane guerriero imberbe) con iscudo e con lancia, Giusto recante un modello di città, intesa a simboleggiare Trieste, di cui egli è tenuto per uno dei patroni. Il dipinto viene legittimato dalla, iscrizione che leggesi nel grado del trono; Beneto Carpatico (sic) piangeva 154-0. (?) (Continua) Gustavo Frizzmi. (') Di Benedetto ci sono molti altri quadri a. Capodistria. m dJ B. CORRISPONDENZE Faremo, 8 agosto E noto che i maestri dei Lussiui si sono fatti iniziatori di unai- petizione alla- Btetar provinciale per il miglioramento delle condizioni economiche dei maestri istriani. La legge fondamentòle dell'impero, 14-npggio 1869 dice ad §. 55 „GU emolumenti minimi altre i quali a nessuna comunità scolastica è lecito un ribasso sono dà commisurarsi in maniera che maestri e sottomacstri possano dedicare all'impiego tutte le loro forze, liberi da occupazioni necessarie che ve li impedissero, ed i primi possano anche sostenere una famiglia a seconda delle condizioni locali! — Non voglio riprodurre qui ciò che dispone la legge scolastica provinciale 30 marzo 1870 ai §§. 21, 22 e seguenti, risguardanti gl'importi di salario e indennizzo d' alloggio da percepirsi dai singoli doeenti, secondo la categoria cui appartengono ; — osservo solo che in ogni altra provincia della Monarchia. la rispettiva Dieta non s'allontanò tanto dalla massima stabilita mediante liulegge fondamentale dello Stato. Quest'è una ben grave resposabilità addossatasi dai nostri legislatori. Si spera tuttavia, almeno in onore alla giustizia e a soddisfacimento di un voto unanime dei maestri, la nuova Dieta saprà prendere a cuore la faccenda, e modificare la succitata, legge scolastica.*) I novelli maestri, specie, provano una ben amara disillusione, dopo aver passati non- meno di quindici anni nello studio; veggonsi posposti ad.uno scritturale o ad un bidello — i quali almeno percepiscono quanto basti per sopperire ai bisogni più comuni della vita. Molti di essi, già da parecchi anni abilitati all' insegnamento. aspettano in qualità di sottomaestri un miglioramento di posto, ed intanto devono pensare a vivere, a far decente comparsa nella società col-1' annuo soldo di fior. 300 (diminuiti anche da tasse e trattenute) e coli'indennizzo d'alloggio di fiorini quaranta. II decoro, l'educazione e la coltura sono gli unici impedimenti mercè i qyali essi non abbandonano il magistero, affine di dedicarsi ad una professione meno onorevole, ma che permetta loro di vivere meno a disagio. Nella triste condizione iu cui si trovano, come possono dedicarsi con amore e colla necessaria tranquillità al proprio perfezionamento, all'attuazione nella scuola delle norme didattico-pedagogicbe da essi studiate; al bene insomma della società? — Impossibile. Avviliscono, diventano apatici, se non ancora? stizzosi e venali. E sarebbero ben più nere le tinte, se volessi dipingere interamente ih quadro in cui si move la vita del povero maestro. Altra volta dissi in questo periodico che ,,l'istruzione è la pietra angolare dell'edificio sociale; è- la condizione precipua di ogni progresso. Anche la nostra provincia, se vuole approdare ad un avvenire migliore, *) Noi non siamo ottimisti, nè crediamo che l'Istria sia divenuta l'Eldorado dei maestri elementari ; ma quando volgiamo uà'occhiata retrospettiva, vediamo che anclw le sorti loro oggidì sano migliori ; e non dubitiamo, che sempre più sarà vantaggiata la condizione di un ceto, che speriamo avrà tanta parte nella vera civiltà della nostra patria. N. d. R. tfevet rivolger» ogni sua Cara alta- istruzione popolare." Oggi aggiungo che il denaro di più versato-dèi paege «eli fumi» scolastico piwiwciai»; si- trwfrtriwprài poi in tant»i sangue, che pWi Picco e abbondante rifluirà a rinvigorire* e-dilatai^ te rad idi deliba civiltà nel popol'o dii questa povera prwiiwia. L. 6b. Pirano, 10 agosto 1883 L' egregio vostro corrispondente P. T. discorrendo in un pregevole articolo dell' ultimo numero della ^Provincia" intorno a Luciamo da Lovrana, celebre architetto del secolo XV, tocca incidentalmente, per notizia ricavatane dal Vasari, anche di un Domenico da Capodistria, pure architetto. "Nel Vasari, edizione Barbera, — scrisse il citato corrispondente — "si la menzione anche di un architetto Domenico da Capodistria, come dice il Filarete nel suo trattato d'architettura. pag. 153. Domenico da Capodistria! Cameade! Chi era costui? Lo ricorda lo Stancovich? Domanda che aspetta risposta. „ Compulsata diligentemente 1' opera notissima del nostro Stancovich, non vi ho trovato cenno veruno di un Domenico da Capodistria architetto. L'unica notizia, che mi sembra possa riferirisi a cotesto personaggio, e che per quanto mi sappia, è rimasta fin qui a tutti sconosciuta, la ho trovata in una lapide, che vedesi tuttora murata? all' esterno del duomo d' Isola. La lapide in parola è del seguente letterale tenore: EXPENSIS HU1US URB. ERGA DEUM IPSUM SEMPER PIAE ARTE VERO AC DILIGENTIA DOMINICI VERGER», IUSTINOP. ARCHITECTI INSIGNIS FORNIX HIC AB IMIS FUNDAMENTIS AD SUMMUM USQ. FUIT EXTRUCTUS Anno.......XVI. Peccato che la lapide si presenti mutilata nella parte inferiore, e precisamente dove era stata incisa la data ; per cui ci manca a sapere, quello che più importerebbe a conoscere, vale a dire 1' epoca in cui il nostro architettò sarebbe vissuto. Che poi il Domenico Vergerio, V architectus insignis della volta del Duomo d'Isola, sia una sola persona col Domenico da Capodistria architetto, citato dal Vasari, non ho altri dati per sostenerlo, tranne la coincidenza del nome battesimale e della patria, che pure sono argomenti di qualche valore. Il Domenico da Capodistria dèv' essere stato certamente architetto di grido, se 1' Autore delle vite degli eccellenti pittori ecc. lo ha ritenuto meritevole di particolare menzione; e d'altro canto anche il Domenico Vergerio costruttore della volta del duomo d'Isola, dev' essere stato uomo di qualche valore s® i cittadini d'Isola han creduto di loro dovere, di tramandare alla posterità, con apposita iscrizione, la memoria dell'"'opera sita. Notizie più particolari in argomento, se ne potrebbero forse rinvenire in qualche documento della Chiesa d'Isola, e sarebbe prezzo dell' opera l'occuparsene di vantaggio. Questo breve cenno che vi mando non dirada gran fatto le tenebre che circondano il nostro nuovo Cameade : potrà tuttavia servire di lume a maggiori notizie : ed è questo il solo intendimento che mi ha spinto a dettarlo. G. Dr. B. ITctizie La società politica istriana lì idea espressa nell' ultimo numero àe\VIstria sulla costituzione del Comitato per fondare una società politica istriana, ci sembra la più naturale e spontanea, e non dubitiamo che sarà posta anche in atto. Non sapremmo davvero spiegarci, altro che con un rifiuto solenne da parte dei comprovinciali, se i deputati che saranno raccolti domani a Parenzo, non si dovessero occupare di questo progetto di società politica, che è all'ordine del giorno come questione di primissima importanza. Ai nostri deputati adunque l'incarico di costituire il comitato promotore, e nei modi che crederanno i più opportuni. In merito e sulla riuscita di questa associazione, niente è da dire più di quanto fu detto e scritto fin' oggi ; e noi faremmo punto qui, se non ci pungesse il dubbio che ci si rimproveri il silenzio, ancorché il nostro sentimento poco possa valere. Sono tempi difficili, e mentre da una parte sentiamo il fremito dell' onda slava, dall' altra l'orizzonte lontano, placido, sereno, non ci fa sperare per ora una vela amica, ed un silenzio terribile intorno a noi ci fa avvertiti che per fare il dover suo nel luogo nativo, occorre che una mente illuminata disponga e con occhio vigile e con lavoro e senza posa scuota, risvegli da per tutto le forze assopite e dia impulso ad una nuova forza. Sul programma che includa l'onore della nostra bandiera, non vi sono, nè vi possono essere differenze di vedute. Il programma è uno solo, chiaro e preciso ; e fu ben designato nel progetto di statuto pubblicato nell' Istria. In seguito a rinunzia di S. E. il sig. luogotenente del Litorale Barone Pretis, al mandato di deputato provinciale per i collegi di Isola, Muggia. Pinguente, furono indette le elezioni suppletorie pel giorno 14 p.p. e riuscì eletto il sig. Eduardo Strudthoff, direttore del cantiere di Muggia dello stabilimento tecnico triestino. Cose locali Se i provvedimenti sanitari per una possibile invasione di cholera, che Dio tenga lontano, preoccupa la commissione sanitaria, non è questa una buona ragione per abbandonare i provvedimenti contro le altre malattie contagiose : lo diciamo a proposito di un fatto che è venuto a nostra conoscenza. I bambini di una famiglia dove ce n'era uno colpito da difterite, e che abitano in un quartiere ristretto per cui non si possono fare separazioni, frequentarono per parecchi giorni una scuola privata, e soltanto in seguito a sospetti della maestra, saputo il caso, ne furono allontanati. Ma questo è iì vero modo di propagare il male ! Appunti bibliografici Alberto Boccardi. Policromi. Milano. Brigola 1883. Ho a mettere un po' di nero sul bianco semplicemente per dire di questi Policromi del mio concittadino Boccardi ; pure mi sento una matta voglia di riprendere il mio vecchio stile di venti anni or sono, e di dare allo scritto la forma di polemica, non contro l'ottimo signor Boccardi ; ma contro il signor P. S. Eudonimo, quale sarà probabilmente uno di quei tanti ragazzi, appena usciti di pupilli, che si prendono lo spasso alla domenica di fare la critica festajola ; e il quale ha già conciato, come crede lui, per benino l'amico Boccardi. Così io mi piglio due piccioni ad una fava, avendo ad aggiustare un vecchio conto con quei messeri, i quali con la tenuissima spesa di un soldo mi hanno procurato il vero piacere di vedermi messo in buona compagnia con Temistocle Gradi e con (giù il cappello, ragazzi) Caterina Percoto tra i ferravecchi dei novellieri all' antica e con idealità vaghe e nebulose. («Domenica Letteraria" 24 Griuuno 1883. Articolo. In Biblioteca). A uno alla volta. Cominciamo dal pigliare il primo piccione, il mio carissimo signor Alberto cioè, il quale non è un piccione a più colori come si potrebbe credere così alla lontana dal titolo di questo libro, ma un colombino bianco, semplice e quieto ; e senza l'usato orgoglio come è costume di que' palombi salvatici che fanno il nido nei buchi del cupolone, e sporcano coi loro cacherelli le ali degli angeli e i santi del Bernini, e volano con tanto impeto in piazza portati dal desio della pastura di veccia e di loglio. Fuori di metafora; ho letto il libro del Boccardi prima della critica della «Domenica letteraria (15 Luglio 1883) e senza altri pregiudizi e postgindizi affermo che è buono, scritto come va, che si fa leggere da tutti anche dalle brave figliuole; che non ha la pretesa di scoprir nuovi orizzonti, e lascia il tempo che trova, e quando è buono lo conserva buono : prerogativa rispettabile oggi. Sono bozzetti, sono novelline che si leggono d' un fiato e tranquillamente senza disturbare la digestione, ma anche senza conciliare il sonnellino. Sono come i quadretti di genere, e i cento ninnoli coi quali le signore ammodo adornano il loro salotto ; hanno la loro ragione di essere, il loro piccolo valore proprio in quel cantuccio, su quella mensola, in quel mite lume, portateli nel salone di Ca' Foscari, e non si vedono più. Tutti e quasi tutti lasciano lina dolce impressione nell'animo, mesta talora, non straziante, gaja non buffa. Farei un' eccezione per X' Odissea del signor Tiburtini che rasenta un pochino la caricatura, con quel signor Palombetti che arieggia il famoso sindaco Finocchi nella — Statua del Scior Incioda. Ottima invece la vis comica nel — Vile metallo. Il bozzetto — Juana — è condotto benissimo e fa pensare. L'Idillio remoto, solleva un lembo di quella mistica cortina che copre il cuore umano, e lascia travedere un caro sentimento ; così in molte altre pagine che rivelano una non comune conoscenza del cuore senza la quale (sbraitino pure quanto vogliono i realisti che denudano la carne in piazza) non ci fu e non ci sarà mai arte vera. Talvolta questi bozzetti pare vogliano mutarsi in novelle; ed allora la narrazione'si svolge bene, e senza antefatti, il piccolo dramma è colto nel punto giusto e si svolge nelle debite proporzioni come è necessario oggia scansare leincovenienze del - sarà continuato. Ma non nel - Mastro Nanzio — che lascia troppe cose all' oscuro, e che si regge a stento con troppi sottointesi come a pagine 148. Perchè in ciò sono daccordo coi critici della Domenica: le novelle hanno ad essere novelle non macchiette, il che non toglie però ai bozzetti ed alle macchiette il loro posticino nell'arte. Ci mostrano un individuo; nelle sue particolarità, nelle sue eccentricità, che possono benissimo manifestare però anche la vita intima dell' individuo ; e così s'intitolano con vocabolo tolto dalla pittura, non perchè entrino ne' suoi domini ; ma perchè formano 1' attenzione del lettore su di un certo atteggiamento, sulla posa di un personaggio : atteggiamento, posa, caricatura che pure rivelano talvolta un mondo di cose. Tirando adunque le somme, conchiudo col dire che questo del signor Boccardi è un libretto che va. Ed ora vediamo di pigliare quell' altro palombo. Il signor P. S. Eudonimo comincia da una diatriba di due lunghi capoversi sul titolo. —-.,Policromi: domanda il critico, perchè chiamare Policromi una raccolta di novellette? E perchè, poi accusarsi in cospetto del pubblico d' una colpa onde l'autóre è innocente? Policromi vale multicolori, e vorrebbe preannunziare nei racconti che il signor Boccardi presenta al pubblico una esuberanza di colorito, che fortunatamente nel volume suo non si ritrova. Ma, caro lei, e perchè mi vien fuori adesso col multicolore e con V esuberanza ? Senza tanto greco e senza tanti discorsi si capisce subito che il signor Boccardi ha voluto con quel titolo indicare la varietà non 1' esuberanza del colorito. Che la voce greca abbia anche questo significato nelle parole composte nessuno vorrà negare, e Neppure il critico lo spero. Poligrafo per esempio vuol dire chi è esperto in varie scritture; polimito: drappo a vàri colori; come la veste polimita regalata dal babbo Giacobbe a Giuseppe, e che il Martini tradusse — tonaca di vari colori (Gen: 37). Anche nella veste d'Arlecchino la varietà dei colori più che la moltitudine e 1' esuberanza dà subito nell' occhio. Si potrà disputare sulla convenienza del titolo greco; ma ora che su cento libercoli ne escono novantanove con un nome greco o latino come vuole la moda per imitare i caporioni della Domenica letteraria, 1' ultimo a gridare contro la moda stessa dovrebbe essere il signor P. S. ecc., se non vuole darsi la zappa, sui piedi. Ma il titolo così inteso è opportunissimo, perchè nel libretto del signor Boccardi e' è appunto la varietà, il bozzetto comico, e la novellina seria, il riso facile e la lagrima che spunta. Tutto ciò che il signor P, S. ecc. dice poi sul valore del titolo di un libro, sulla intuizione piena che il titolo dà sulle attitudini e consuetudini di uno scrittore, sidV organismo delV opera, sulla costituzione intorno a un pensiero emergente dalla massa, e simili altri colibeti d'ipercritica, in lingua massonica, sarà vero ed opportuno, se applicato ad un libro di scienza, e non ad una raccolta di novelline dove il titolo buttato là. indica semplicemente il desiderio di fare come fanno tutti oggi per servire la moda, e le esigenze dell' editore che vuole un titolo un po' bizzarro, per rendere commerciabile il libro. E poi mi scusi, veda signor P. S. ecc., questo tirare al lungo la critica d'un opera, per mezzo articolo, trattenendosi a dire come del titolo, a miei beati tempi, venti anni or sono, si chiamava in buon volgare — menar il cane per 1' aja ; e anche oggi come oggi, non sarà vero, ha però tutta 1' apparenza di quella critica festajola che si fa alla commerciale con lo stuzzicadenti in bocca e la stecca in mano tagliando qua e là qualche pagina; e cacciando in biblioteca i libri secondo che gli autori appartengono o no a quella tal chiesuola che c' intendiamo. Sì, il signor P. S. ecc. ha fiutato, ed ha scoperto 1' uomo subito dal titolo. — „Dopo di che, scrive egli, non è difficile il lettore intelligente abbia sentito subito uno schietto odore di romanticismo. Sì, il signor Boccardi è romantico, e da questo grandissimo peccato procedono tutti i suoi peccati minori." — Ah! il mio povero signor Alberto nen è della chiesuola; ed è bello e spacciato con queste due accuse capitali: 1. Nou ha scelto un buon titolo. 2. È romantico. Spremi, spremi a ciò si riduce la critica del signor P. S. ecc.; „» lettori hanno inteso la natura del libro e la ragione del titolo, un poco meglio che con una esposizione minuta." Giusto, appunto, caro signor P. S. ecc. questa è la critica dell' ecc. ecc. cioè la critica fatta con la stecca e con due magre ideuzze nel cervello. Ma il lettore che non ha tanta fretta, potrebbe anche domandare : che cosa intendono oggi questi ragazzi per romanticismo, e che brutta e ladra cosa è, se basta oggi a far gettare un libro nel cestino. Carte in tavola, signori. A parte ogni altra discussione e definizione buona pei vocabolari, oggi per romanticismo da questi signori s'intende la fede negli alti ideali della vita, e la gentilezza del sentimento. Anzi la pretesa è maggiore. Se dopo letta una novella, una poesia, senza che l'autore abbia fatta la confessione della sua fede, se qualche cosa rimane nell' animo del lettore ben fatto, un sentimento del bene un desiderio di quiete, di felicità e del trionfo finale della giustizia, quell'au- tore è bello e spacciato come romantico. Dove non ci sono intemperanze, furie antiche, smanie conquistatrici, impazienza e insofferenza della quiete, gagliarde frenesie, odio ai freni e alle consuetudini, cioè odio a quanto le persone bene educate hanno sempre considerato come rispettabile ; lì e' è la natura linfatica, la trasparenza pallida della carne, il romanticismo. La carne ha da palpitare, il tumulto vuol essere sanguigno, gli odori acri, i nervi tesi : questa è la vita, questa è la letteratura. Prendete a caso una novella qualunque (meno rare eccezioni) di quelle si stampano nella Domenica letteraria: villane rozze, sozze, donne dalle movenze feline, ragazzi ebeti, istupiditi dalla libidine che si avvoltolano come animali tra le lucertole e le biscie dentro ai campi di grano turco (vedi , Domenica Letteraria" 24 Giugno 1883 — Messidoro): ecco come si ha a scrivere per non dar nel vago, nel roseo, nel romantico. (') Dispetto anch' io un certo romanticismo (è tanto vaga la parola) che fa andare in brodo di succiole, i cormentalismi e l'isterismo in letteratura : stile maschio vuol essere e forte, e potenza di sentimento. Ma viva Dio, per essere forti non occorre sentire la prepotenza della materia, e atteggiarsi a gambe larghe, con le mani nelle tasche e col bastone sotto 1' ascelle come il vecchio matricolino di Padova. C' è una forza o ragazzi, che viene dalla coscienza degli alti destini dell' umanità ; e della quale e Virgilio e Dante e tutti i nostri sorami furono maestri. Tutte queste cose voleva io dire, a proposito di un buon libretto del Boccardi. non al signor P. S. ecc. che non sono io da tanto da fargli il sermone, ma ai bravi nostri giovani istriani i quali hanno più che mai bisogno di mantenere fede agli alti ideali, e di serbarsi integri e forti. p. t. ') Ma danno inyece nel porco. Non sono io solo che lo dico; 10 ha anche detto e scritto Giuseppe Chiarini. L' epiteto naturalmente non è il più bello ; e si sentirono scottati : ed è un bel vederli arrampicarsi su per gli specchi come i ragni per dir le loro ragioni (Vedi Domenica Letteraria 22 Luglio" 1883). Anche 11 sonetto dell' Annunzio che portano a difesa è "un sonetto porco. Né vale 1' argomento delle statue nude. La Venere dei Medici per esempio è una esplicazione della gentilezza femminile, nuda ma non denudata del pudore. E dinanzi a certe nudità provocanti si passa con un senso di piacere o di disgusto, secondo 1' umore. Ma la nudità della parola è il C-omento, è 1' analisi ; e voi costringete 1' arte, questa beli' arte nepote di Lio a fare la parte Ai r.......E poi in un museo, in un' esposizione artistica tra molte statue e quadri di vario soggetto, passa anche il porco : quello che nessuno potrebbe sopportare sarebbe una galleria, un' esposizione tutta di statue di donne nude. Non è tanto il genere, quanto la ripetizione del genere che annoia e produce il mal di mare. Qui c' è il guaio. OAPODISTBlA, 'i'ipugrj.lia di u.rlu erior». l'itìtro MMÌouviza. — Anteo (invisi eclit. e i-mlal. reimumM'-. '