Anno II. Capodistria, Settemhre 1904. N". 7 PAGINE ISTRIANE PERIODICO MEN,SILE Gianrinaldo Carli e Giuseppe Tartini (con tre lettere inedite). Nel 1743 il eonte Gianrinaldo Carli, che non ancora aveva compiuto il quinto lustro e gi& era notissimo, indirizzo nianoscritte al suo coraprovinciale Giuseppe Tartini, piu innanzi di ventotfanni, le Osserrazioni sulla mitnica antica e moderna, le quali andarono*per le stampe appena nel 1786 '). Benche il Carli le abbia «scritte secondo le idee che gli si sono presentate alla mente* *), tuttavia fra mezzo alle fre-quenti digressioni e ali'annnassata enulizione b agevol cosa scoprire 1'idea informatrice deli'opera: oho lo sfoggio di lavoro contrappuntistico a' danili del sentiinento e riprovevole: che la m lisica deli'eta sua era al tutto corrotta e che il Tartini — questo si contiene solo a guisa di coniplimento nelle ultirae righe dello studio — era chiamato a svolgerla dalle fasce nelle quali il barocco 1'aveva stretta.' Al suo assunto l'autore fa servire anzi tutto un esame della nmsica greca, la quale a suo vedere «era certaniente senlimenlale, cioe melodiosa, se tanti e cosi niirabili effetti produoeva. e se atta era a temperar per fino le passioni deH'animo» 3). II nesso ideale lo porta quindi a considerare nella seconda Osservazione se gli anticlii conoscesscro il contrappunto e si persuade che si. Discorso poscia della cornizione della musica antica e moderna nel-1' Osservazione terza. si diffonde nella seguente a dire piu in ') Nel toino XIV delle Opere del Carli, in Milano. — La seconda data ha indotto il poco canto Benedetti (Giuseppe Tartini, Estr. dall'«Arch. Triest.« N. S. XXI (1896) fasc. I, parte I", pag. 83 e 98 i ad affermare che con lo «Osservazioni» il Carli rispondosse agli scritti Tartiniani deli' anno 1754 e dei segnenti. *) Opere, t. XIV, p. 338. 3) 1. e. pag. 359. particolare della umsicu moderna, dove ribadisee 1' opinione che solo compito di quest,' nrte e il godimento estetieo, e giudica severamente le composizioni musicali del suo tempo. Dell'opera dice in una nota aggiunta piu tardi'), clressa era ridotta a una «buffonata senza senso comune e con finali che non finiscono mai. Si animira — soggiunge — 1' abilita de' Maestri di cappella, si abomina il Dramma, e non pno a versi stima d'un pubblico, che si compiace di simili scioccherie». Mostreremmo di non aver intuito il carattere di cpiesto scritto '2), se pretendessimo di sottoporlo a severa disamina, o peggio, di contrapporlo alle opere di storia musicale che si scrissero nel settecento. Ma non vanno sottaciuti di questo giovane ventitreenne il gran buon senso e la sfraorcHnaria erudizione, ipialita che in processo di tempo gli permetteranno di diventare enciclopedico, senza che la critica gli possa riu-facciare troppo gravi colpe di leggerezza. II giudizio ch' egli diede della niusiea del suo secolo, con quello rispondente di un suo conteniporanco, il gesuita Stefano Arteaga tu sanzio-nato dalla storia. 11 Carli non tu musicista ; ma come era spirito di interessi universali, quando il caso lo avvicino al Tartini a Padova '), fu irresistibilmente sospinto ad oecuparsi di questioni musicali, non dubitando di scendere in lizza col grande maestro. «Per togliermi pero la tacc-ia di inconsiderato — cosi esso al fratello Stefano, inviandogli nel, 1782 copia delle Osservazionis) — basti il ricordarsi, che Tartini era un uomo altretfanto dotto nella sua professione, quanto doeile e ragionevole; onde seguiva la ragione ovuncpie la ritrovava, e con ingenuo trasporto la rispettava, qualunque fosse il mezzo per cui venisse a cono-scerla. In oltre egli teneramente mi amava, e meco frequente-mente s'intratteneva o in časa mia, o nel casino del Dottor Fiore, dove nelle ore del passeggio si ritrovavano il P. Slellini, ') 1. c. pag. 439. s) 1. c. pag. 339, indiri/.zandosi al Tartini: «Gli argomenti delle nostre amiehevoli eontestazioni anno dato oceasione alla presente ciealata ; ma io non avrei ardito di porla sotto a' vostri oeehi, se voi non mi aveste -stimolato, ed in certa gnisa violentato a mandarvela ;i) nell'opera h<; ricoluzioni dri teatro mush-ale ihdinno, Venezia, Palese. 1785, vol. II cap. XII. l) II Carli vi fu prima študente (1739-1743 , poi professore (1744-1749). 5) 1. c. pag. 332 sgg. Loti urico Rim, il Dotlorc lircsciaai, il Conte Francesco Trento ') e qualcheduu altro, e dove per lo piu di musica si disputava-La teši eh io sosteneva, oltre P articolo del contrappunto, in favor degli antichi, cioe, che la musica dee essere sentimen-tale e non araljesen, insignificante, e solainente artifiziosa, in-dnsse il Tartini a pensare ad 1111 nuovo genere di armonia; onde ritornato io a Padova venne da me, e mi fe' vedere, come l'arte potesse anivare a dipingere ed eccilare le passioni umane; e , m. a Padova il 17 gennaio 1770, el.be in (juesta citta la cattedra di morale dal 1739. Intinio del Carli, fu in eorri-spondenza con lui: lettere deli'uno e deli'altro sono nel Carteggio Car-liano in 2 voli. nell'Archivio munie. di Capodistria, e. del solo Stellini nel VI vol. delle Opere rarie dello stesso, raecolte e pubblicate dal P. Ant. Evangeli i„ Padova 1781-84 Vedi Ur. Vittorio Zanon : Jacopo Stellini. Studi C rirerrUe. Cividale, G. Fulvio 1895. Con ricca bibliografia). A lui il Carli dedie.6 pure il Sui/i/io politiro, ed eronomieo sopra tu Tonama, 1757. — Lodovico Ilira s ara quel Ilira professore di astronomia e mete-reologia ali' I niversita Patavina, citato su eonmnicazione del prof. A. Costa da ->I. Ta m uro : Xel primo vcntenario della morte. di < lian-llinaldo Carli, in »Atti e Meni. Soc. istr. vol. XI ^1896), p. 508. Anche di lui ci sono parecchie lettere nel Carteggio citato. — Del conte F. Trento avretno occasione di occuparci piu tardi ; degli altri ignoro. Carli I. c.. p. 353: «Ale.s.sundro detto il Grande, al riferir di Plutarco, ancora giovine ando in furore, e poi si calmo col eambiarsi tuono di musica ; il erehe in se vedeva niente piu ehe lo strumento della volonta divina. onoralissimo, t.enaee amico, fermo nel-1' ideale della musiea, ainore\ ole maestro; piu giovane■ il Carli, anehe lui di vivo sentimento deli' amieizia e deli' onore, ere-dente, ma nella giusta misura, smanioso di tutto apprendere e bisognoso di Irahoeeare 1'appreso in moltepliei seritti, di inestinguihili energie ed orgoglioso del suo valore c,'erano in loro gli elementi a una seeura ma teniperata amieizia, fatta di re.eiproeo rispetto e di vieendevole ammirazione, non quelle eomuni aspirazioni ideali e quel niut.no abbandono, che ne af-forzano sempre piu i viucoli e sono la condizione normale delfamore: che procedevauo per vie troppo divergenti e solo a quando a (piando s' incontravano sui lioriti campi della musiea, la quale pei' il primo era la vita istessa, per il seeondo nulla piu che una sosta e una euriosita. Sorvennero al Carli subito appresso, nel 1744. altre cure ed affetti: la cattedra di liautica aH' Universita, alla quale «quasi imberbe e 11011 per anco maturo scolare si vide innalzato»2) e che tenne fino al ') cioe nella Cappella Antoniana a Padova, -} Carli: Opere, t. IX, p. 2. 1749; V umore e r anione con la gentilissima Paolina Rnbbi e la conseguente morte della sua eompagna, che lo tolse a Pa-dova ed agli amici. Fino il 17;">4 non pit traccia dei rapporfi fra i due Istriani: di quest' anno e del seguente sono invece parecchie lettere, di eni altre inedite, altre gia pubblicate '), ma che in' e parso di dover ristampare, perehe mutuamente con quelle s' illustrano. La prima lettera Ali' Ill.mo Sig.r mio Sig.r Padrone II Sig.r Conte Gianrinaldo Carli Caval.e deli' ordine del S. Maurizio e Lazzaro a Milano, suona: 111.rno Sig.e Sig.e o Padrone colendissimo. Essendo io eostretto a dover fare nel dotto uiondo una comparsa ben diversa dalla sin' ora fatta nel mondo eoniune di suonator di violino, riccorro a que' tali Padroni, che avendo testa, e cnore, vogiiano, e possano aintarmi in tal bisognn. Sara pubblicata con la stampa dentro Luglio una mia opera intitolata: Trattato di Musica secondo la vera scienza deli'ar-inonia8). II trattato da me composto due anni sono per uso, e piacere del Sig.r Conte Decio Trento mio scolare di eontrapunto, si vuole dal medesimo in stampa di forza assoluta3). Conteneudosi nel trattato principj nuovi, e il titolo indicando abbastanza nell' adiettivo vera quanto io pretenda di aver seoperto, 1' impegno e grande, gravissime le conseguenze, 1' urto pe-ricoloso. Sia che si vuole, due cose mi sono a cnore ; la sollecita dilatazione del libro dentro Italia, e la sineera notizia del giudioio degli uomini dotti, M La lettera 1 (liugno 1754 e 1'altra del Bertolani che 1'accompa-gna, si conservano nella raccolta di lettere private di G. R. Carli, tutte autografe, nelPArchivio Municipale di Capodistria, donde le ho levate; le tre seguenti 17 Agosto 1754, 1!) Ottobre 1754 e 16 Agosto 1755 le ho rieo-piate dal Carteggio scientifieo-letterario del Carli citato nella nota 1 pag. 227 ; di esse le due prime soltanto sono state pubblicate dal Tamaro nella sua monogTatia su Giuseppe Tartini, che eostituisce la prima parte del volume Nel giorno della inaugurazitme del monumento a (Huseppe Tartini in Pirano. Trieste, Caprin, 1896. s) Fu pubblicato con questo preciso titolo in Padova, MDCCLIV. Nella stamperia del seminario appresso Giovanni Manfre. 3 Decio Agostino Trento, presentando al pubblico 1" opera del Tartini nell'introduzione ad essa, afferma del pari che il Tartini «vo!endo condi-scendere a lui, ch'era voglioso di saper 1'origine, e la scienza piu tosto che la pratica della Musica, si e adoperato in estejulere questo Trattato«. E piu innanzi dice : «Quanto ii Lui (Tartini), che per modestia somnia si e semjire gagliardainente eoinmosso al solo celino di voler io mettere in luce questo suo dono, so ch' Ei non riceve per un tratto di gratitudine la risoluzione di usare come di cosa mia, di questi suoi scritti«. Ci corre pero dali' affermare col Benedetti (op. c. pag. 42 nota 71) che il conte li abbia fatti stampare esenza neppnre chiedergli pennesso«. a quali molto piu che a Musici il libro appartiene. Percio riccorro distin-tamente a V. S. 111.ma o come mio benigno Padrone, e come uomo dotto e autorevole, accio mi aiuti in tal bisogno ; riceveudo a suo tempo nelle di lei mani, o di chi olla dira, quella quantita ch' clla prescriverA di questi libri per esser esitati, e dilatati in coteste parti, e rilevando il giu-dicio dello stile, che so benissimo esser basso e incolto ; intendo il giudieio delle cose contenute, le quali sono per se di tal importanza, che basta la loro nuda e semplice esposizione per interessare altamente 1' insigne četo fisico-matematieo. I')' noto il lmon cuore di V. S. 111.ma; ho mille prove della di lei particolar bonta verso di me. Cio non ostante conoscendo me stesso, e il mio poco merito, mi valgo della intercessione deli' 111.mo Sig.r Ippolito, perche il favore, che le chiedo, mi preme, Iroppo, e percio lo voglio assicurare. Desidero che quanto ella fara per 1111 tal intercessore, si con-verta in motivo naturale di doverlo fare in grazia del libro, quando lo trovi degno della di lei approvazione. Mi continui benignamente la sua Padronanza, come io, H11 che, vivo, saro sempre quale con tutto 1' ossequio mi rassegno di V. S. III.ma Um.o devot.mo. obb.mo Servitore Padova li 1 Giugno 175k Giuseppe Tartini. Ippolito Bertolani, che 11011 111' e altrimenti noto, raceo-manda il Tartini senza speciali tenerezze; mostrasi nella epistola 1101110 faceto c 1111 tantino grosso, pero di nobile e schietto animo, d'intrinsichezza grande coi Carli, tanto che liberamente gli tocca di certe sue spese e di certi suoi progetti, onde si dice angustiato: a chiarire le quali ed i quali giova riportare alcuni squarci di una lettera '), clie Pietro Verri nel 1760 scrisse al fratello Alessandro da Capodistria, dove qualche tempo ebbe ospitalita dal nostro: «Saprete le avventure del Carli. Povero ed avvenente giovane, ottenne per protezione una cattedra in Padova, e per collocarlo ne eressero una di nautica. Viveva coi piccolo stipendio, quando una figlia, erede d' 1111 negozio importante, la Signora Rubbi, lo vide, se ne innamoro. Ricuso dei gentiluomini veneziani e prescelse Carli. Questi abbandono la lettura (di Padova), la sposo, 11' ebbe un tiglio, la perde, rimase tutore del tiglio, amministratore d' un patrimonio. Ritratti, busti, incisioni in rame della sposa, scriverne e stamparne la vita, confinarsi a una vita solitaria furono le occupazioni del vedovo sposo*. Una dama, la Pisana Anna Maria Lanfranchj vj Lettere inedite di Pietro ed Alessandro Verri raccolte in quattr0 voli. dal Dott. C. Omani. Milano, Galli, 1879. Cfr. Tamaro, op. c. sul Carli, p. 446. Cliiecoli vedova iSanunartini 'j, passa intanto a Venezia e gli e raccomandata. «Dovette il conte Carli — continua il Verri —-pensare ad un alloggio, lo dispose fuori di sua časa in Venezia, ve la colloco; la inarchesa si lagno deli'alloggio; tu forza esibirle la časa propria, questo appunto ella voleva, e vi si pose. Tutte le a rti 1'urono poste in moto sino ad una supposta gravissima malattia. L'ospitalila voleva che egli usasse tutta 1'as-istenza al letto della bella malata, e la liatura del cuore umano porto che dal dolore passo al desiderio d' occuparsi d'una passione che lo distraesse, e quindi gradatamente la sposo. Fatto il colpo, 1'ambizione della nuova contessa volle che il marito avesse in petto una croee, e sborso un capitale in Torino per farsi commendalore dei Santi Maurizio e Lazzaro. Poi non tigurando a Venezia, lo deterniino a vivere a Milano, ovc cerco sotto il conte Cristiani un impicgo nella Zecca ov-vero nel Censo. Svanite le speranze, si porto in Toscana, sol-lecitato dal signor conte di Richecourt, ma la inorte di quel ministro, accaduta verso la fine del 1756, ruppe uuovamente i suoi tili, onde si ritiro in patria dopo a vere spese delle sonnne di considerazione nel niantenersi prima a Torino solo, poi colla moglie, e a Milano e in Toscana«. K forse fu 1'ambizione della moglie che in quest'anno lo spinse a voler salire alto assai, lino a un Ministero, se al Maz-zuchelli amico scriveva il 15 (Jennaio 1754, poter essere che piii d' una Corte pensasse a lui, e cli' egli se ne stava trauquillo, tuttavia in liberta di scegliere il miglior partito *), e se il Ber-tolani pochi mesi di poi temeva che, diventando ministro, troppo si aftaticasse. Ma e tempo di riferire la lettera deli'ultiino: p rimo Giugno 1751. II nostro Tartini mi lin data la prosentc da spedirvi, e pregavi eon la maggiore premura di assisterlo per (juauto sia possibile nella vendita di aleuni esemplari del suo libro. Molti sono in euriosita di veder rjuesto parto, non so poi se per eritiearlo o per iniparare. Voi eosi darete un' oe-ehiata presso ]ioeo a quelle persone o dotte, o dilettanti, o euriose e3) signiliearmi quante eopie se ne potrebbero inandare nella prima sjiedizione. Queste saranno eonsignate iu vostre mani franehe di ogni spesa e eol 1 Vita (li Gianrinaldo Carli Gapodktriano dettata da (■iammaria Jlazzuchelli, traseritta dalle sehede vatieane da Salomone Morpurgo. In «Areh. Triest.» N. S. VII 1880-81) p. 324. ') Mazzuchelli 1. e. pag. 332. :i Sara un lajmts per a. mezzo di .uniči o di librari ne farete esitn. Per economia di car ta e di posta scrivo in cullllo (.sic) alla lettera del Tartini. II Vallisnieri') parti alla volta di Modena mercoledi mattina e ieri sera doveva essere a časa quando le acque e celesti e terrestri non 1' ab-biano tenuto sequestrato in qualche osteria. Mi sara caro di leggere il vostro libro2), e farlo leggere ad un amico mio. In questo punto mi capita la cara vostra del di 29 passato. Mi consolo di sentirvi tutti sani, che Dio tali vi conservi. Vi ringrazio delle notizie che mi date intorno a' vostri affari perche questi pure mi sono infinitamente a cuore. Io devo dar lede a voi; per altro multi multa dicnnt per rapporto alle vostre spese ; o la malignita, o 1' invidia, o perche tali spese late fuori di Venezia possono essere la cagione, che cosi parlare li fa. Se col brodo, che bolle in ijiiella Pentoia potrete farvi un buon piatto di zuppa, vi giuro per Dio lodato, che saro 1' uomo piu felice di questo mondo. Oh quante grazie che daro al mio Dio ! oh quanti pensieri mi costa codesto punto! Talvolta poi mi struggo in altre riflessioni mor-morando fra me : Ma se il mio Carli divenuto Ministro o troppo si affatica o incontra disgusti, e perde la quiete, e con quella la salute aneora? Con cio cambio idea di pensare, ma non cambio.giammai la passione e la premura di vedervi felice unitamente alla cara Paolina, a cui prego di dare un abbraceio sincero 3). Addio di vero cuore vi dice il vostro fedel Ser.e Amico Bertolani. Vi prego di due righe di risposta al Tartini e aechiudetele nella mia. Addio. Pubblicata in Luglio la sua opera, il Tartini seriveva al Capoclistriano, in Milano: » Padova 17 Agosto 1754. Eeeo a V. S. 111.ma dodici copie del mio libro finalmente pubblicato, in cui ho due gravi interessi, che sineeramente a V. S. 111.ma confido. ') Non e — s' intende — il celebre naturalista, medico, filosofo e letterato Antonio Vallisnieri (1661-1730), ma suo figlio deli' istesso nome, ed emulo del padre. Fu professore deli' Universita di Padova, alla quale dono le raccolte paterne e curo 1' edizione delle opere del genitore. I suoi rapporti col Carli traspariranno ineglio quando saranno pubblieate dal Carteggio di questo le sue lettere. 2) Si trattera del 1° volume della sua opera capitale Delle monete e deli' instituzione delle Zecche in Italia comparso nel 1754 a Venezia, con la data deli' Aia e ristampato nelle Opere, t. II. 3) Come abbraeciarla, se la Paolina e morta da cinque anni ? (vedi Carli, Opere, t. IX p. 4 ; Stancovich, liiogr. degli uomini distinti deli'Istria (Capodistria, Priora, 1888) p. 304, nota 2). O il Carli familiarmente chia-mava Paolina, ricordando 1' al tra, la nuova con,sorte, o il Bertolani s' k dato un attestato di suprema sbadataggine. La quale seconda ipotesi pare piu plausibile, se non si voglia ammettere nel Carli un atto di tanta indeli-catezza verso la seconda moglie. Non avendo io potuto evitar la di lui stampa, e pero sciolto il minor male di volerlo stampato sotto gli ocehi miei ho (lovuto farmi responsabil alla stamperia di ipicsto Somiriario (aliena dalla stampa di Musica) di quahimjue danuo gliene possa venire. 1'ereio se il libro ha osito I' utile e dol setni-nario ; se non 1' ha, il danuo e mio. V. S. 111.ma vede chiarauieutc il priino mio interesse por 1' osito dol libro. 11 socondo riguarda la sostanza dollo ooso contonuto : Coso nove in gcnero fisioo, o diinostrativo, o se non aftatto novo in se stesso certamento nove nel linguaggio metodo, od applieazione. Son sieuro, che come non avro opposizione fra' lnusici, devo averno tra matematici, soben io mi sia goveruato con tutta prudenza, perche ipianto appartione al genere dimostrativo 1' ho voluto esaminato per mosi, od anni da uomini insigni') cogniti a V. s., c al dotto uiondo. Non si e niai trovato il minimo paralogismo, e solamente si o fatta qualche difficolta sopra i termini, dei (juali alle volte mi valgo, diversi dal coiuuue linguaggio, ina sempro s])iegati. In tal senso possono darsi nel mio trattato paralogisini di parole senza che vi siano nelle coso, o cio rispetto al linguaggio coniune de' matematici: non tnai rispetto al mio linguaggio, insomma intoppo di ordine, non di sostanza. Ma 1' intojipo sostanziale e questo. Ella vedra si nel trattato premesso per 1' intolligenza del libro, si nel secondo e terzo capitolo tutto genere dimostrativo che io mi valgo dol numero comune aritmetico inteso, e dimostrato in tutt' altra significazione, che nella comune, in forza di cui, non solo si deuomina qualunque linea irrazionalo, ma di piu si analizza: riducendola al principio primo, e a quella ragioue a priori, da cui procede. Indi si scopre chiaramente esservi una scienza dimostrativa finora incognita, inseparabile dali' armouico sistema, e dipen-dente da un principio di maggior genere di ipiello sieno i prmcipii noti coinuni. V. S. 111.ma esamini a tutto rigore quanto qui le contido ripor-tandolo al mio libro. Se trova che cosi sia, s' iminagini il rumoro e con-trasto do' matematici di spirito debolo troppo affroutati, che da un mise-rabile suonator di violino gli siano posti sotto gli occlii i princip,j di questa scienza 2'. E' vero, che nel četo voramente iusigne di tali persone, si trovano ',) Si veda nel Carteggio inedito del l'. (iiaiubaUista Martini coi juh celebri musivisti del mio tempo (Bologna, Zanichelli, 1SMS, a cura di F. l'a-risini) la lettora dol 12 Maržo 17"il ([lag. 333) con la quale accompagna il Trattato al celebre I'. Martini, pregaudolo di connmicarlo per 1' osame anche al Dr. Balbi e al P. Riccati. I due primi hanno continuato ad esa-minare 1' opera, per quanto dalle lettere couteuute nel Carteggio, lino al Diceinbre 1752. •) Questo pensiero, in cui taluno potrebbe credero si nasconda una segreta compiacenza, e indice al contrario di sincera modestia; e dai molti passi delle sue lettere i quali comproverebbero il mio asserto, riforisco questi due significativi: (Carteggio Martini p. 336) «Ma se Iddio por sua maggior gloria vuol adoprare una mascella d'Asino (e son io per confouder la superbia altrui, temereino forse che la mascella d'Asino non faccia P ef-fotto propostosi da Dio V Questa e la verita del caso preselite«. — ibid. p. 338) «Animo dunque nel Signore, por qualunque cosa occorra, perehš ' questa che si tratta, non e opra mia (io sono un asino, e un peccatore) e di Dio, che infirma Mundi eligit, ut fortia confundat«. anche spiriti forti, e amatori del vero; ma Ella .sa liieglio di me esser tjnesii i pochissimi, non i molti. Tuttavia se i poehi saranno persuasi, la cosa avra ottimo lino, e si aggiuugeni alle altre scienzo niatomatiche ancor questa, ehe linalmente gli fa onore, e puo molto avanzarsi con tempo, e studio. Fatto e, ehe sobhon per seeoli sia stata trattata 1' armonia da matematici insig-ni, non si e mai avuto scienza di armonia, od era im-possihile 1' averla, perche mancava il piii. Ma che, (piesto piu sia pubblicato da un suonator di violino, e intoppo (li peso infinito. A ragguaglio ho bisogno di -difosa o di appoggio, ed ella mio carissimo Padrone, e per me interessato ponsi seriamente * proteggermi. Le umilio i miei profondissimi rispetti, come faccio alla III.ma di Lei Consorte, e sempre ])iii mi ras-segno ecc. Quattro mesi dopo metteva di nuovo a cuore del Carli i suoi interessi: Padova 1* Ottobre 1754 Chi fa grazia, e carita, non la fa mai tardi. Anzi son dop|)iamente obbligato a V. S. 111.ma, che tra le cose sue gravi, o importanti non perde di vista questa mia che por altro sempre piu le raceomando. Se I' osito delle copie non succede con tutta affatto la sollecitudine, nulla importa, e il mio bisogno non e si strotto. Basta ehe sueceda innanzi 1' anno nuovo, se cosi e possibile. Intanto se o V. S. 111.ma o al tri simili a V. S. 111.ma trovano opposizioni o difficolta nel mio sistema mi si faccia il favore di coinunicarinelo schiettamente. Cio importa molto rispotto alla direzione qui stabilita per conchiuder una volta por sempre sopra tal materia sin' ora o incognita, o sfortunata. Le umilio i miei profondissimi ossequi, e cordialissimi ringraziamenti e sempre piii mi rassegno ecc. Come s'e visto, e specialmente il giudizio dei dotti ehe gli preme assai; ancora nell' agosto deli' anno seguente ritorna sull' argomento, cli'era anche il suo tormento. Padova l(i Agosto 1755. Dali' 1^1.nio Sig.r Ippolito1) mi fu gia da tempo notiflcato quanto V. S. 111 ma gli scrisse de' miei libri, e ini furono consegnate lire venti-nove, e mezza de' (juattro venduti. In esocuzione del di lei comando di assegnar costi persona, a cui conscgnar il residito 11011 vendibilo, sara ben consognato al Sig.r Gio. B.a Manganoni, che o verni o mandera a rice-verlo per ordine del S.r Marchese Pozzobonelli di Padova. .Ma il residuo e di libri sotto non di otto perche uno e per V. S. 111.ma, o mi par im-possibile (li non averglielo scritto nella mia prima, in cui la supplieai dol favore di riceverli, e di esitarli, perche cosi ho fatto con tutti i miei Pa-droni da me supplieati dello stesso favore. La ringrazio intanto deli' inco-modo fin qui avuto, e benignamonte sofferto. Ardisco di supplicarla ulte-riorrnente di nuovo favore, ed e di trovar in eoteste parti persona dotta, ') II gia noto Ippolito Bertolani. che cordialmente s' interessi nell' osame del primo, se.condo, e terzo capitolo, in cui vi e poca nmsica, e molta fisica, e inatematica. Vi e costi mad.una Agnesi-, in Pavia il Padre Rondinelli1 . V. S. III. ina distinta per grad o e dottrina appre.sso tali persone pno tutto se vuole ; ed io cerco il vero di cuore : prontissimo a ritrattarmi pubblicaniente quando sia che m' illuniini e convinca. Contribuisca V. S. III.ma quanto puo al desiderio di un uonio onesto in una materia scientifica abbastanza importante, e lin qui assai oscura, e percio poco o nulla intesa. Da cio non le puo venire se non gloria, e onore, e nulla arrischia certamente rispetto ad un uomo, che cerca il vero. Le umilio i miei ossequiosissimi rispetti, e sempre piu mi rassegno, ecc. Questo, 1'ultimo documento della loro amicizia vivente il Tartini; dodici anni dopo la sua morte, nel 1782, Gianrinaldo Carli ne rievoeava affettuosamente la memoria nella lettera al fratello Stefano, della quale in prineipio ho riportato il brano piu significante. Baceio Ziliotto NOVA MONTIANA (Continnazione ; A. II 192) / II Frattanto era eomparso anche il piu volte nominato Saggio di poesia2), che doveva essere la prima battaglia cam-pale del Monti :,j. II quale, nel disporre strategieamente le proprie forze, non aveva avuto bisogno di consigli. Poiclie anche altri si erano 'esibiti spontaneamente di farne parlare i giornali', chiese al Vannetti, che ne stendesse un estratto per il Giornale Kncielopedieo di Vicenza, e, come amico del Tira- l) La prima e Gaetana Agnesi, che non ha bisogno di note; del Rondinelli non ho saputo trovar notizia. s) Livorno, dai torchi deli' Enciclopedia, 1779. 3) Cfr. lett. Roma, 15 niagg. 1779 ; Roma, 20 giug. 1779 ; Roma, 30 giug. 1779; [Roma], 30 lug. 1779, al V., Bert.-Mazz. I, bosehi, facesse 'aggiungere ipialehe e.osa nel (Jiornale di Modena, che in Koma conta molto' 'j. Nel liliro, delle sette proso interealate alle poesie, una, silila liriea erotica, premessa a due elegie, era indirizzata al Vannetti '). Tra non poohe smorfie cortigianesehe, il .Monti gli presagiva la celebrila aneor prima de' trenfanni, e, per giu-stitieare la, dediea. lo fingeva innamorato 'della signora Bettina'3), lino a non sapersi staccnre un ni oni en to legli stava a Rovereto) dal fiane.o di lei, ehe stiiva ii Vieenz;i e non ebbe mai, proba-bilmente, il bone di vedere in persona il suo presunto amante! C era., eonnuujue, da sentirsene lusingati '). Anzi tutto il Vannetti serisse la reeensione per il Gior/tale di Vieenzii ?). 'II Sig. Ab. Monti', vi si dieevii, dopo un aeeurato e amoroso sommario del liliro, 'ha tutto le qualit.a per essere un gran Poetii, ed un (ienio: feeondit/i nel trovare, forza nello itnma-ginare, felicita nello espriinere, arnioniii nel verseggiare, e 1111 vivissimo sentiinento, ed un pronto entusiasnio. Noi desideriamo, eh' egli eontinui iid aniare, e a nieditare gli esemplari ed Ebraici e Latini; gli Ebraici per iseegliere iirgomenti sempre grandi, e degni del suo lmiraviglioso ingegno, i Latini per temprare la fierezzii Orientiile eolla giustezzii, e dilieatezza, ehe richiede il gusto della nostra Poesia'. 'i Lett. Roma, 7 ag. 1779, al y. ibid. In lett. Roma, 12 ag. 1779, ibid. gli ripeteva la raccoinandazione per il 5-73; le dne elegie : 'Or son pur solo, e in ijucste se I ve. amu-lie", pp. 71-S7, e "lo vivo V io spiro ancora 'l e le do-lenti', pp. S.S-94. Elisabetta Caminer-Turra (1751-,%/ di Venezia. Per le lodi private del V. al S/ii/i/io, cfr. lett. Roma, 3 sett. 1779, al V., lieit.-Mazz. I. 5, Genu. 17-0, T. I, 103; con la firma: K. S. — II M. avrebbe voluto stampata in fine alla reeensione L magg. 1SSH, pp. 202-03, ma seinbrano composti jn-ima che il M. venisse a Roma. ■) La lettera che segue immediatamente a questa e in lieri.-Mazz. I, Roma, 22 apr. 17S0. ») Lett. [Roma, sett. 177!)) al V., Bert.-Mazz. I; frattanto uscivrf la recens. delle Norelle fiorentine, cfr. lett. Roma, 10 nov. 1770, al ibid., pure non considerata dal I 'k-vhi, tr. 1778-80, pp. 203-04, che eita soltanto queila delle Kffem. letter. di Roma e quella del Giomale di Modena. ») Lett, Roma, 12 dic. 1770, al V., Bert.-Mazz. 1. Lett. Roma, il gior. di nat. 1770, al V., ibid. ") Continuaz. del Nuovo Giorii. de' Letter. d' Italia, Modena/Soc. Tipogr., 1780, T. XIX, 156-212 v anonimo. Anche il Vi&hi, 1. e., co|me il Bertana, ignoro che 1' autore ne fosse il Vann. forestiere, la moderazione ali' ardimento, la natura alla ma-gnificenza'. 'Noi 11011 loderemo certamente nč i francesismi, che appannan talora il fiore delle sue prose, ne la soverehia sua divozione per gli Epici Settentrionali; e vorremmo altresi, che nelle poesie non solo trattasse in maggior copia di rilevanti, e subliini materie, per cui ha vera ehiamata; ma si guardasse eziandio da certe negligenze ne' versi, che siccome a luogo son helle, e telic.i, cosi altrove fan mala prova; e iufrenasse qualche volta il troppo fervido ingegno. Ma dopo tutto cio noi dobbiam confessare, che questi difetti, che derivano appunto da abhondanza d' ingegno, sono di tal natura, che e nell' etii giovanile voglionsi piuttosto desiderar, che riprendere, e nella piu terma si cambiano di leggieri in altrettante virtu. 11 severo Boileau seppe conoscere nell' autore de' fratelli nemici, l'autor di Britannico, e dal Rinaldo del Tasso pote 1'Italia sperare di veder la Gert(salemme\ Dell' estratto modenese il Monti fu contento si e no: al Tiraboschi scriveva, che il Vannetti non era stato inesorabile quanto avrebbe dovuto e che avea caricate le lodi; trovava pero il tutto 'scritto magistralmente e con infinita eleganza' '). Nello stesso giorno al Vannetti: Roma 6 Maggio 1780. Amico Carusimo. — Per cagion vostra ho trovato che dire coll'Abate Serassi sul proposito del vostro libro. . Questo bilingue idolatra di tutte le inerde del Cinquecento, e dei periodi che mai non fiuiscono, non trova cosa che gli piaceia nelle lettere di Zorzi. La sua precisione francese, e Alambertiana gli dispiace, e non considera Zorzi che per uomo superfi-ciale. Voi, secondo Serassi, avete inalamente spese le vostre fatlche in far 1' elogio di uno che vi ii intinitainente interiore. Vedete bene che una razza simile di giudizio ineritava quattro parole di risposta. Gli ho dunque ean-tato ancor io il mio parere, e 1' ho tenuinato con dirgli, o che esso non aveva beu letto le lettere di Zorzi, o che aveva avuta la disgrazia di non eapirle. La disputa tu lunga, ed occupo tutto il tempo di una deliziosa passeggiata, che facemmo con tutto il corpo degli Accademici Occulti2) ad un Casino di Campagna del Duca di Ceri, ove si celebro con un pranzo sontuoso il p rimo giorno di Maggio. Ora osservate un pow> quanto ') Lett. Roma, 6 magg. 1780, a Girol. Tiraboschi, Bert.-Mazz. II; cfr. anche lett. [1779] allo stesso, ibid. p. 449. -) Una delle tante Accademie (Arcadia, Aborigeni, Quirini, Forti ecc.), che fiorivano allora a Roma, e alla quale apparteneva anche il Vaun. Cfr. Vicchi, tr. 1778-80, pp. 137-38. delicato era 1' impegno ! IVAbate Tartiffi, che la liiattina a veva meco ri-letta tutta la terza, e la quarta lettera, se 11011 approvava le .obbiezioni di Zorzi eirea la lingua latina, alineno seppe in lui riconoscere 1' uoino grande ehe le faceva. Non e ijuesta la priina volta che io mi sono lette-rariamente azzuftato eoll' Abate Serassi. II Tasso, e PAriosto piu di una volta ei hanno fatto disputar acreniente. Io gli perdono tutte le bestemmie che per il passato ha vomitato contro l'Ariosto che egli non ha luai letto, ma non gli posso perdouare il poco conto che egli fa di un uomo (|tial era Zorzi, inolto meno poi gli perdono il perieolo in cui egli mi ha liiesso di dir male di Voi per vendicare 1'Ainico estinto. Finisco ipiesto Anccdoto con dirvi che Tantffi vi salula, e che vi ama, vi stilna, e vi loda moltis-simo. Non sa persuadersi che la vostra eta sia cosi fresca, e che circa sei anni fa abbiate saputo rintuzzar cosi bene la tracotanza di Serrano in ipiel vosti'0 Libretto contro Marziale. Se. gli mandarete una Copia della vostra seconda Epistola gli farete una cosa di suo sonnno piacere, molto piu se accompagnerete il vostro (lonativo con una brcvc lettera latina. Stupisco come 11011 abbiate ricevuta lettera da Labarthe. Egli forse non avra avuta 1' avvertenza di farne la consegua alla Posta, o forse an-cora non vi ha scritto. Egli non e 1' uomo il piu disoccupato. Ha sopra le spalle due Segreterie, che 1'ammazzano qttella di Poionia, e quella di Baviera. Dimaui, o post diniani eousegnero alFAbate Valdamrini') trenta paoli ricavati dalla vendita di dieci copie del vostro Libro. II denaro do-vrebbe essere di piu, ma io nietto a vostro conto le lega ture che e convenuto farvi per presentarle al Duca di Ceri, a Boschi. a Visconti, a Tarufti ecc. L' altro giorno trovai sul mio tavolino dodici copie deli' Estratto di Modena. Lo divorai subito. Ad onta di un gran capitale di amor proprio che mi predomina mi sono vergognato delle lodi che mi profondete. Io tralascio che e scritto eccellenteinente, e da par vostro, osservo solo che ipialche volta voi avete servito alla vostra erudizione piit che ai niiei versi. Ho nota,to ancora che in quei uiedesimi passi de' miei coni])oninienti che voi citate, avete ipialche volta soppresso dei versi che possono meritar della rritiea. Questo si chiama sacrificare la nuda verita ali' amicizia. Caro Vanuetti, abbiate pazienza, voi avete tradito 1'utticio di rigoroso Censore quale io vi pregai di essere. Gli ultiini periodi del vostro Estratto non bastano per medicare la soverchia profusione delle vostre lodi. Un Mese dopo che il mio Libro era uscito, la vostra Analisi mi sarebbe parsa assai giusta. Allora il fervore delle idee riscaldate da quella vanita che e si cominune ad un autore che stainpa, non mi avrebbe permesso di ri-Hettere che il mio libro couteneva delle cose mediocri. Adesso che questo Libro mi coinparisce quello che e, non jiosso compiacermi come vorrei di una Analisi cosi parziale. Che dira, Bettinelli V !) Egli e cieco se non ') Iguoro chi sia quest' ab. Valdamrini o Valdarinini ?), che s' inca-ricava da Roma delle spedizioni di denaro al Vann. — II Pietro Paolo Valdambrini, Aftittuario Camerale, 11011 abate, cit. in Vicchi, dec. 1781-90, p. 01 non pare il nostro. ° II noto Saverio Bettinelli (n. Mantova 1718, 111. 1808), col quale vi biasima. Con tutto cio voi avete liotate delle cose le quali mi sforzano a perdonarvi, e certi passi da voi considerati, della bellezza dei quali io sono sempre stato persuaso mi tentano (juasi di credere che come non vi siete ingaunato in questi, non vi siate ingannato neppure nel resto. Per esempio nel primo Capitolo 1! ipiel feruiento d'idee ehe mi cagiona la Solitudine, quella riHessione Forse un tempo segnar ecc. e specialmente quella voltata secca contro di Amore. Cosi puro queH'.4/i fuggi ali fuggi. Ma molto piu quel rifiesso sopra di me nell' atto d' invitare la morte. Dico lo stesso di varie altre cose osservate negi i altri eapitoli, nei quali per altro avreste potuto esercitare un poco la Critica, e con rag-ione. Nella prima Elegia8) e vero verissimo che in quei terzetti nei quali risolvo di morire, e mi vo eonsolando colla memoria delle lodi che mi hanno guadagnato i versi, e deli' ingcgno ecc. e verissimo, dico, che in tutto quello squarcio io ebbi di mira le parole di Didone. Nel resto e mero ac-cidente se qualche volta mi combino coi pensieri di Ovidio, e Properzio. Assicuratevi che quando 1' anima e veramente riscaldata non puo ne ha bisogno d' itnprontare gli altrui pensieri. Cjuanto pero non vi sono io obbligato per avermi fatto riHettere che in realta qualche volta io ho su-perato il calore di quei soniini poeti! Ma che dico? Io vi sono obbligato di quasi tutta la mia riputazione. Questi sono i vostri demeriti. E egli difticile che io non vi assolva? o per meglio dire sara egli cosi facile che io t rovi termini corrispondenti per ringraziarvi ? Kacine, che voi citate in fine deli' estratto, mi ha messo in testa un pensiero che voglio confidarvi. Voi sapeto che quel povero galantuomo non avrebbe riscossa in Parigi tutta quella lode e stilna che gli era dovuta se 1' autorita del gran Boileau non 1' avesse sostenuto, e difeso da lic arrabbiate critiche de' suoi nemici. Voi avete tutte le qualita tutto il carattere di Boileau ; dio voglia, che io possa acquistar quello di Kacine, giacche per nemici non gliela cedo. Ecco il pensiero che vi diceva. e ridicolo, ma chi sa che un giorno io e Voi non ci abbiamo a compiacere di averlo riflettuto ? Voi vedrete che non sara tanto disprezzabile quando vi mandero il Dramma3), di cui čredo il V. ebbe lunga relazione. Al V. il M. suggeriva di mandare, per lui, una copia del Saggio al Bettinelli, essendosene egli trattenuto per 'la troppa veneraziono' ; lett. Koma, 19 nov. 1779, Bert.-Mazz. I. Non era vero dunque '1' alto disprezzo', in cui, piu tardi, il M. diceva di aver 'sempre tenuto le . . . poetiche diarree e le . . . critiche iinmondezze, colle quali [il Bettinelli j ha contaminato per cinqwanta e piii anni 1' Italia' ; lett. a Reginaldo Ansidei, Roma, 18 sett. 1793, ibid. 'j I/ 'Entusiasmo melanconico', Resnaii, I, 19(i. 2) Inc. 'Or son pur solo' ecc. ibid. p. 224. s) Quale sara stato questo Dramma, che il M. nomina cosi spesso anche nelle lettere segueuti, attorno al quale lavorava tanto e da cui s' attendeva tanto onore ? Un 'mezzo Dramma . . . per la rieuperata salute di S. E. R. Mons. Spinelli Governatore di Roma' proinetteva g-ia nella dedicatoria (VIIa del Saggio, cfr. /lesnati. VI, 490) al Metastasio ; di un 'Dramma . . . serio' parlava a Franc. Albergati in lett. Roma, 8 del 1780, Itesnati, VI, 32. Cfr. poi Ticehi, tr. 1778-80, pp. 320-23. — Non sarebbe avervi scritto un' altra volta. Vi accludo una lettera che tempo fa rieevetti da Ferri, e che mi sono sempre dimenticato di trasmettervi. In questo stesso corso di posta scrivo alla Camminer, e a Tiraboschi. IV Di speciale introduzione 11011 abbisogna la lettera se-guente : Hotna 20 Maggio 17HO. L'Abate Taruffi avendo dato il vostro libro a Monsignor Bonamici1), e a Monsignor Stav3) runo e 1'altro hanno desiderato di averne copia, e ali' uno, e ali' altro io 1' ho fatta presentare in nome vostro. II dono non poteva essere piu grato per essi, ne piu ampie per voi le lodi delle quali essi vi hanno fatto un giusto tributo. Io poi non poteva rieavarne una maggior soddisfazione in veder magniticato il vostro nome. E eonve-nuto dar qualche dilazione alla stampa deli' Estratto, perehe, il Conte Masi non contento del prirno suo lavoro ha voluto rimpastarlo, o per meglio dire, storpiarlo. Occupera tre porzioni di Efemeridi, e sabbato ven-turo, se Amaduzzi 3 non mi canzona, dovrebbe cominciarsi. Egii non ha ancora avuto tempo di leggere del vostro libro altro che il Commentario, quale non sembra che gli sia dispiaceiuto. Certamente che ne loda lo pero il caso, da quest' ultime parole ali' Albergati, e da quelle, relative al Dramma, che si trovano nella lettera seguente (20 magg. 1780 al V. i, di peusare non a una cantata drammatica, sibbene o a una tragedia sul far &&\V Arixtodemo o a un dramma lacrimoso (cfr. la citaz. deli' 'autor della Giidia', in dedicat. al Metastasio, Romati, VI, 489) V — Quando il M. abbia scritto del dramma al V., prima della nostra lettera, ignoro ; non n'e sicuro pero ly stesso M. In fine alle sue Riflessioni in ris/ionta alle I'o.stiUe Vannettiane, di eni toccheremo piu avanti, il M. diceva : 'io sono oppresso dalla revisione del mio Dramma, il quale deve andar a Napoli quanto priina'. Qualche studioso de' teatri di Napoli ne sa niente V 1 Filippo Bonamici (n. Lucca 1705, m. 30 nov. 1780;, fu agente della republica di Lucca presso la Santa Sede e Segretario de' Brevi: scrisse versi e prose, in latino e in italiano : De clarin pontificia/um epv-stolartnn neriptoribun, 1753, e Opera omnia, unite a quelle di suo fratello Castruccio, Lucca, 1784. ?) Beuedetto Stay (n. Ragusa 1714, m. Roma 1801 , noto per aver messo in versi latini il sistema di Descartes e di Nevvton, prendendo Lu-crezio a modello: Rhilonophiae rernibus traditae lib. VI, Venezia, 1744; Philonophiae recentioris lib. X, Koma, 1755-92. Si feee prete a Roma, ove insegno storia ed eloquenza alla Sapienza, e fu primo segretario de' brevi, consultore deli' Indice, datario della Penitenzieria ecc. 3) Giau Cristofano Amaduzzi (n. Savigtiano 1742, m. 1792), profes-sore, dal 1769, di lingua e letterat. greca alla Sapienza ; dal 1770 soprain-tendente della stamperia della Congregaziotie di Propaganda. Scrisse di antichita classiche e medievali, elogi, diseorsi: Anecdoia litteraria, 1773-80 ; ■Sul fine, ed utilitd delle aeeademie, 1777 ; La filosofia alleata della reiigione, 1778 ; Dell' indole detla velita e delle opinioni, 1786, ecc. stile, ma sicoome egli forse aspettavasi la vita di un Neutono, di un Ga-lileo, e non mai quella di un Filosofo privato, ehe non ancora, per cosi dire, aveva C-ominciato a sparger la luce de' suoi talenti, e del suo in-gegno, cosi, per quanto in' e parso, egli non e persuaso che 1' estinto Amico nostro meritasse un si affezionato, e splendido lodatore. Questa ridicola albagia tli pensare non vi fa ella stomaco ? Aspettero che abbia Ietto le lettere di Zorni cosa che verainente non puo fare adesso perche in realta e occupato nella pubblicazione di un libretto sopra Raffaello Mengh 1 i e allora sentiro fin dove giunga la sua filosofica petulanza. Con 1'essuti *_) non ho parlato, ne Io conosco. Ma egli e eertamente miglior giudice (li Amaduzzi. Non parliain piu deli' Estratto. Egli a quest' ora mi ha fruttato troppe amarezze. Ha creata 1'invidia, le ha poste le armi in mano, ed io ne risento la pena. Saro molto coutento che il inio Drainma si abbandoni alla Censura del Signor Abate Bettinelli. O io ho la benda sopra gli occhi, o i miei amici mi adulano dal primo fino ali' ultiino, o questo Dranuna assoluta-mente e (jualche cosa di buono. Quello che e certo si e che i miei occhi sono stati fedeli testinionj del pallore che ho sparso sopra piu di una gota in leggendolo, e delle lagrime, che ([ualche pietosa donna non ha saputo contenere. Io mi sono studiato cli unire. in questo coinponimento due cose insieme, e incateuarle una coll' altra, tenerezza e terrore. 11 vostro Epistolio al Signor Todeschi j e oraziano da capo a piedi, specialmente1 nell' ultiino. Quel /mlin che umori e zu/fe meditava indarno mi piace piu del torello di Orazio. I primi versi pero noti mi piacciono un zoro, specialmente quella copulazioue di verso c insiem ta tode ecc. A Ferri liiandero tutto quel che mi segnate nella vostra. Con Serassi non si e fatta parola della passata controversia. Egli ha poca stilna dei filosofi, io ne ho poca dei pedanti : tutti e due pero mostriamo di essere amici, ma egli piti di me perche conosce che io non ') II libretto era forse un' ulteriore ela torazione deli' elogio, che l'A-maduzzi aveva recitato nell'adunanza arcadica 11 magg. 1780, destinata appositamente alla commeniorazioiie del Menghs cfr. Vicchi, tr. 1778-80, p. 329) e che fu publicato difatti a Umna, 1780. Antonio Ratfaele Mengs n. Aussig 1728, ni. Koma 177!» fu il celebre pittore, che dimoro a lungo e ripetutamente a Koma. • Gioiicchino Pessuti, celebre mateinatico, che. fece un discorso sul-V Ariatodemo del M., publicato nella VI ediz. Koma, G. Puccinelli, 1787. Era 'estensore' delle Kffemer. M ter. di Roma, lett. Roma, 22 apr. 1780, al V., Uert.-Mazz. I, e deli1 Aittolngia, cfr. Vicchi, clec. 17X1-90, p. 242. :i Non saprei iudicare, per ora, dove io abbia Ietto questa poesia, in isciolti, mi pare, e inedita, a Giainbattista Todeschi, roveretano, acca-demico Agiato (inscr. 1751), scrittore di versi e di prose insignificanti. Cfr, Ferd. Paniui, lin crouista ecc. cit. pp. 31-32 e iS. Pedrolli, II barone G. B. Todeschi e I' invasioue fraucese a Rovereto del 179U, e Un capitolo di storia roveretana, in 'Atti cl. Accad. d. Agiati', Rovereto, 1902, p. 238, 1903, p. 149. ho per lui il demerito di esser filosofo come il nostro Zorzi. L' Abate Taruffi presentemente ha per le mani il suo Prodromo '). Egli & iunamorato di Zorzi come di Yoi, due amori che fanno il suo elogio, e quello de' miei Amici. Quando vi serivo non la finirei rnai. Misuro la lunghezza delle mie lettere dali' amor che vi porto : ma questa volta bisogna flnire perche ho molto di che occuparmi. Addio cara, e innocente cagione de' miei dintnrbi letterarj. II Vostro Monti. P. S. Con qual titolo Bettinelli mi chiama secondogenito, o primo-genito di Frugoni ? Questa h lode, o biasimo V E caso che io sia il secondogenito chi e questo primogenito? Non vorrei che egli mi battezzasse per Frugoniano: cosa che mi sarehbe di una somma mortificazione2). (Continua) Ferdinando Pasini SulI' origine dei Coi fli Mi selM Riiii STUDIO CRITICO (Contin. — vedi A. II, pag. 207). Nella questione interviene Madama Critica. I. L' origine romana. Io ch' ebbi piu volte oecasione di esprimere i miei riveriti dubbi sulla pretesa discendenza dei conti di Veglia — sedicenti Frangipani — dal casato di Roma, durante la pubblicazione dei miei Appunti storico-critici sulle isole del Quarnero, ora, dopo maturo esame, non esito un istante a dichiararla leggen-daria e contraria alle prove documentate. 1) Prodromo della nuova Enciclopedia Italiana, Siena, Pazzini, 1779. (i i, nel suo Epilome degli Annali ecclesiastici'), lmsandosi sul lavoro del gesuita belga Cornelius a Lapide (1/>06-1037), in Apocuhjpsin, dunque dopo ehe il Panvinio aveva gia esteso il suo lavoro: De genle Fregepaiut, e il Pucci, citando il Panvinio, aveva stampato la sua Genealogia dei Frangipani di Itouia, innesta nel tatto deli'innondazione del Tevere il nome di Flavio Anieio; e per trovare una ragione plausihile del eognome Frangipani, e.lie vigeva gia da vari i seeoli, raeeoglie la leggenda ehe lo spiega. II Paseoni poi, vissuto nel seeolo XVIII, non ta ehe ripro-durre, eoine feeero prima di I ni tanti altri, la leggenda eosi accreseiuta, senza eurarsi piu ehe tanto, se essa era sostenibile e se eorrisj)ondeva ai fatti eorroborati da doeumenti. E un eerto peso eonverra pur dare al giudizio del (iregorovius, il quale, prima di emetterlo, ei avra pensato su due volte; di quel (iregorovius il quale non arrisehia ipotesi, ne s'arrampiea sugli speechi; ma appoggia le sne sentenze sni doeumenti dellepoea! E in veru, per trovare il bandolo di quest' intrieata matassa, non bisogna seguire eecamente i tamosi genealogisli dei seeoli XVI, XVII, i quali non avevano neppure una lontana idea ne ') La desorizione deli' innondazione dni Tevere di Anastasio il biblio-temrio t rov as i nel .M ura to r i, Seript., III, 155. II Baronio la riforisco testual-mente ; o, <|iianto a /lei/n it renerubile, ecco come si esprime : «lle22, 1639 ; Magonza ll>14. Cfr. Angr, Potthast, Iiibliotheca historica medii aeri. di etimologia comparata ne di critica storica; ma eonvien in-terrogare i doeumenti e seguire i dettami della linguistica. Vediamo ora un po' che cosa ci dicano i doeumenti a proposito di questo veramente strano cognome, tanto piu strano in una Roma! II primo doeumento, noto fin epu, nel quale c'imbattiamo in esso, e, come sappiamo, del 1014; poi esso non ci si presenta quale Frangipane, bensi quale Fraiapane, Fragepane '). Gli e bensi vero, che tanto nei doeumenti di poco posteriori, quanto in quelli del secolo XII, apparisca anche la forma Frangens panem, al singolare e al plurale, declinata persino per casič); giova pero notare, che la forma primitiva e piu ripetuta si e Fraiapan, latinizzata in Fraiapanus, Fra-iapanis, con alcune varianti poeo dissimili, quali: Fragepanus, Froiepani, Froipani, Freiapane, Fricapane, Fregapane____3) Cfr. Mnratori, Sript., Tomo II, Parte II, col. 522: «Leo, qui co-catur Fragepane® ; Mittarelli, Annal. Camald., Tomo I, Append., pag. 216: «Leo Fraiapane«; Gregoroviiis, op. e ediz. eit., Vol IV, pag. 152, Nota 1 : «Leo, qni vocatur Fraiapane*. A proposito del cognome primitivo di questo illustre casato romano, che sarebhe stato Fraiapan e non Frangipan, mi sia permessa anche ijuesta citazione. (i. II. di Crolluhinza, nel vol. I del suo Dizionario storfco-Ma,sanica, Pisa 18S6, fra le diverse famiglie Frangipani, cita anche questa (a pag. 429): «Fraja de di. l'ozzuvli», e soggiunge : «Questa patrizia famiglia, detta altresl de Fraia Fraiapane e de Fraia Frangipane, riconosce per suo primo stijiite un Gabriele de Fraia .... Arma : «D' argento, al inoiitc verde sostenente due leoni al naturale, affrontati e tenenti un pane». Cfr. eziandio : (J. Colaneri, Hibliografla araldica e genealogica d' I-ialia, Roma, 1904: Frangipane De Fraia Luigi): Dell'ar me della citta di Pczzuoli, Napoli 189«. 2) Cfr. Pertz, Monum. Germ. hiator., Script., vol. XIX, pag. 420 (1130-37): nFrangencium panem» .... «a Frangentibus panem» . . . .; XXIII, 382 (1228): «Frangentes panem» . . . . ; XXIV, 146 1124): «Fran-gentium panex» . . . .; Mittarelli, op. cit., Tomo III, 305 (1149): «Oddonis Frangentis panem» .... :1) Da uno spoglio dei doeumenti riferiti nell' opera citata del Gre-gorovius vol. IV-VI), nella Raceolta citata del Pertz (vol. XIX, XX, XXIII, XXIV;, nell'opera citata del Mittarelli (vol. I-III) mi risulta, che su 40 volte in cui si noininano i Frangipani di Roina, 20 almeno-sono riprodotti con Fraiapani, 10 con varianti che poco se ne scostano, e 10 appena con Frangipanes o Frangentes panem. I doeumenti si aggirano fra gli ann. 1118—1350 eirea, e che nel secolo XIII essa ci si preselita con de Frangipanis *); forme che, spogliate (lella desinenza, 11011 ci riconducono a frangere + pane; ma a dne voci germanicha, cioe, a frei, libero, franco e a pan, signore •'). Corbezzoli! esclamera talimo spahuicando tanto d'ocehi; anche questa e nuova di zecca! Ma come! Ma che! E la leg-genda? E la tradizione? Veramente, ancli'io comprendo, che la derivazione etimologica da me proposta e 1111 po'ardita; ma, tant' e; i fatti son fatti, e non la ritiro. E qui m'aspetto tosto due domande: Sta bene; ma come venne questa famiglia esotica in Roma V Come da Fraipan si venne a Frangipani — Rispondo. II cognome stesso si scosta dagli altri contemporauei di Roma (V. infra, Nota); quindi con tutta probabilita e d'origine straniera. Io non trovo poi meraviglioso il fatto, che un Frei-pan, r> Cfr. Mnratori, Script., VIII, 850 (1268): «$icque quidam de Ma-gnatibus Urbis (Asturae), nomine Iohannes de Frangipanis« . . . ; XXIV, 859 (1221): «Petrus Blondus de Frangipanis de, lloma» .... due volte). 21 Cfr. I. G. Griuim, Deutsclies IVorterbuch, alla voce frei, liber •, got. freis, gen. frijis; aat. fri, gen. friges e fries; mat. vri, vrten. Nei varii significati poi ehe assume la parola frei, il lettore trovera la spiega-zione delle forme: Fraia, Frage, Frige, Fria, Frea . . . onde : Fraiapan, Fragepan, Frigepan, Friapan, Fregapan .... Quanto a pan, si vegga Ibid., alla voce banu, aat. pan, pannes, mat. ban, bannes .... Fed. Klnge, Efymologisehes [Vorterbueh der deutschen Sprache, alle stesse voci. D11 Cange, Glossar. med. etinf. latin., alle voci: bannnm, bannire... banu/i, bann... «Bann, princeps. Fan Gothis est Dominus, quod Franciee lian efficere potuit«. Per il cambiamento del got. F in B nell' aat., V. Grinuii, Deutsche Gram., Gottinga, 1822, I, 584, Fonetica. 1'er pan. signore, Cfr. Miklossich, Le.ricou palaeo-slovenico-graeco-latinum, Vienna 1866 : «pan, dominus, Cfr. anche: Zambaldi, Vocabol. etimol., alle voci: franco e bando; Scartazzlni, Enciclopedia Dantesca, I, 841, alle voci: franco, franehigia. Non posso laseiare questa lunga nota senza termare 1' attenzione dei lettori sopra una curiosa e sintomatica coincidenza di fatti. Come meglio si vedra nell' esame deli' origine locale dei conti di Veglia, sedieenti Frangipani, essi cominciarono a dirsi tali appena dalla meta del secolo XV; ma nei numerosi docunienti che ci lasciarono, scritti quasi tutti in croato, con caratteri glagolitici, essi stessi si serivono Fraucopan, parola che scomposta nelle sue componenti, ci da franco, libero e pan, signore, proprio come il Fraiapan di Roma. E chi sa, che questa identita nel cognome non abbia dato origine ali' opinione, d' epoca reeente relativamente, che i conti di Veglia provenissero dai Frangipani di Roma ! un [Jbero o Franca Signore, risalga al seguito di Carlo Magno, quando nell' 808 si porto a Roma, o al seguito di altri impe-ratori germanici! A me apparisee piu naturale quest' origine, anziche quella della leggenda ! Perche sta bene sapere, che se realmente le voci componenti il cognome fossero state: frangere + pane, queste, gin sta le regole morfologiche, dovevano darci: Frangepane (ove frange e la 2." pers. dell'impe-rativo), e non Frangenspanem ! Anche 1' altro fatto, e cioe, come da Fraipan s' ebbe Frangipan, non e poi tanto difficile a spiegarsi. La linguistica c' insegna, che oltre alle derivazioni regolari, ci sono le eti-mologie popolari, specialmente nei composti di origine straniera, che alterano le voci primitive con altre supposte affini '). 11 popolo romano, dopo il 1000, non penso neppure lon-tanamente, che questo cognome Fraipan fosse di origine ger-manica, e, seguendo la pronuncia molle del proprio dialetto, lo ridusse intanto a Fraiapan, Fragepan. Ravvisando allora nella seconda componente la voce pane, e accostando la prima, per deduzione analogica, a frangere, il popolo non tardo a creare il casato dei Frangipani, in latino: Frangent as panern'2), e, a trovarne una spie-gazione legittinia, invento pni tardi la leggenda, affibbiandola a un antico proavo, il quale, con tutta probabilita, c entrava come i cavoli a merenda! E finiro coll'osservare, che il Gre-gorovius, citaudo il Mscr. del Panvinio, che trovasi nella Biblioteea Angel ica :,i, non legge, come il Farlati, I)e gente Frangipanica, si bene: De gente Fregepana (v. infra); e secondo, che lo stesso Farlati, citando il suddetto Mscr. del Panvinio, a proposito deli'origine del cognome Frangipani, gli ') Cfr. Fed. Dicz, Ktimol. Wiirterb., Introd. ; c ])r. X. Caix, Studi di etimologia ihti. c romanza, Firenze 187«, pag'. 177 sgg. ; e specialmente a pag. 190 sgg.: Influenzct di una parola .sul l' al tra. '-) Cfr. Caix, I)>id., pag. 191. Cosi, gia in latino, s'ebbe laurandrum da Wj'j'.i\iopov, ravvieinato a laurus; e in italiano oleaudro, dalle stesse voci, soggiungo io, rav\ ieinato a olea .■; eosi (jniderdone, basso lat. mder-donum, dali' aat. tridarlou, ravvieinato a don um, ece. ;i Questa biblioteea, ehe trovasi nel eonvento degli Agostiniani in Roma, ricevette il nome di Angelica, perche fu fondata da Angelo Rocca, religioso del detto ordine, il quale, morendo, lascio alla biblioteea del eonvento i numerosi libri da lui raccolti. Cfr. P. E. Visconti, Citta e farni-glie nobili dello stato pontifieio, Roma 1847, Tomo II, pag. 3. fa dire le testuali: «nihil enim uuquam certi- reperire potui de huius nominis origine et originis tempore» (sic!): e che poeo prima dice: «quidam Aniciorum» (e non Flavio Anicio) ricevettero il cognome «Frangepanes» dal leggendario *fran-gere panerm, com'io ritengo (existimo), ma del resto, «rerisi-mili coniectura (sic!) dud tis» M (v. infra). ( Continua) Gius. Vassilich Notizie storiclie di Grisignana (Continuazione — v. A. II, pg. 201). A' tempi del vescovo emoniense Iacopo Filippo Tommasini, il salario del podesta era di otto ducati il mese, insieme con molte regalie a cui erano obligati i sudditi, e delle quali sara detto piii innanzi. Anche ne' primi decenni del secolo decimoquinto avven-gono frequenti spese attorno le mura, il palazzo e altri immobili del paese. Nell'anno 1417 ') il podesta spende 100 lire a ripa-rare un molino di spettanza dello Stat o, che dava buon reddito. L' anuo di poi 1418 2) il podesta Castellano Minio 100 ducati a restaurare le fortificazioni. Nel 14233) ducati 60 in ripara-zioni solariorum culrninis palatii, domov um comunis qne so-lent affidari, suh quitms reponuntur vina et alie decime nostre Trecento lire nel 1424 4) a fortificare le mura, dupcento nel 14305) allo stesso scopo, duecento nel 1433°) e trecento nel 1437 7) per lavori attorno le mura del Castello, il palazzo e il ponte del marchese. i) Ivi, p. 12. «) Ivi, p. 14. 3) Ivi, p. 24. 4) Ivi, p. 25. 5) Ivi, p. 32. o) Ivi, p. 35. ") Ivi, p. 40. Ma un grave disastro doveva colpire il nostro Castello nell' anno 1420. Un incendio lo distrusse quaši intieramente. Maior par s lerre combitsla, dice il documento '). In seguito a che il comune in\ io ambasciatori a Venezia, e il Senato accordava a Grisignana a titolo di prestito da restituirsi in cinque anni, cento ducati, cento staia di frumento e duecento ta vole. L'incendio non fu opera di neraici, ma caso fortuito : accirfenlaliler; tanto piii disastroso pero, in quanto veniva a colpire un paese non ricco. Poiche le rendite del Comune erano scarse assai. AlTin-fuori del «palii de mezo», qualche altro terreno che dava ad aftitto e la terza parte delle condanne che erano pochissime, perche i podesta ne facevano meno che per loro si potesse, nulla altro a veva; onde accadeva che i sudditi, nella occorrenza di spese puhlic,he, venivano tassati con le colle, delle quali diremo piu tardi. Sembra veramente che in questo tempo il reddito maggiore del Castello fosse, come al preselite, il vino. Troviamo scritto infatti che i cittadini e, i vicini del Castello movevano vive doglianze per il fatto che tutto il loro vino erano obligati di vendere alla ta verna esercitata dallo Stato '). Onde accadeva che, mancata la speranza del guadagno, si trascurava la coltura della vite, ne seguiva la carestia del vino e di conseguenza anehe il reddito della tlečima era minore. A scampare dalla miseria, i villici erano costretti di emigrare e la popolazione scemava. Nel 1411 era stato stabilito che il vino nato a Grisignana, come quello di Montona, di Parenzo '} Ivi, p. 17. •) V. addietro le Commissioni di podesta di Grisignana. A proposito di cio convicn sapcrc clic ai soldati era vietato di tenere osteria o di vendere vino. Siecome pero al Governo prenieva che le sue gen ti potessero avere vino e altre cose di prima necessita al lnassimo buon mercato, fu decretato che vi fossero in alcuni luoghi delle osterie contuuali. Cosi a Montona, dove una volta la teneva il Ca[iitano dei soldati, il Governo levo al detto Capitano tale diritto, e ordiuo che 1'osteria, ossia taberna, fosse, tenuta dal Comune, ed ii prezzo del vino e delle cibarie fosse tale che non ne risultasse 116 guadagno ne perdita alt' erario del puhlico. Cosi ((tli, il Cajiitauo del Pasenatico doveva tenere osteria per conto del Governo, come si aveva anehe prima a Umago. E osteria tenne pure il comune di S. Lorenzo, dalla quale anzi ricavava molto utile, perche pa-gava anuualmente al Pasenatico sedici lire di grossi. < V. le Commissioni ecc. negli Atti e inemorie vol. III). ecc. portato che fosse a Venezia, doveva pagare il dazio di solo 2 ducati per anfora, ma la disposizione aveva il valore per un anno solo l). Accadde ora nell' anno 1400 che il podesta del nostro Castello Smerius Quirino 2) scrivesse, in data 23 settembre, al Senato informando che i sudditi di Grisignana avevano chiesto ai sindici in Istria, qui pervenuti, Filippo Correr e Andrea Barbaro, licenza di poter vendere liberamente il loro vino, dopo smaltito nella taverna quello riscosso per conto dello Stato a titolo di decima, verso pagamento di congruo dazio. Quei sindici risposero che non intendevano ingerirsene; se ne incarico bensi il podesta Quiriuo. II quale molto assennatamente riferiva che, accogliendo l'istanza dei terrazzani, si consegui-rebbero molti vantaggi: crescerebbe la popolazione per la im-migrazione, ritiorirebbe 1' agricoltura e aumenterebbero di con-seguenza anche le rendite dello Stato. Tali eonsiderazioni erano appoggiate da Nicolo Badoer e Nicolo Morosini, stati ])rima rettori in Grisignana. Onde il Senato deliberava che, spacciato nella publiea taverna per conto dello Stato il vino ricavato dalle decime e dai terratici, quei terrazzani potevano vendere - il vino loro particolare, se prodotto in quel distretto, verso il pagamento di una lira pro urna. In caso di bisogno anche i I nostro Castello dava il suo contingente di armati alla Republica, quando non avesse piii nemici sul proprio territorio. Tale suo contributo riguardava tanto le cernide, che venivano reclutate nell' interno della provincia, quanto anche 1' armata navale. Grisignana apparte-neva alla seconda compagnia delle cernide che comprendeva il marc-hesato di Pietrapelosa, Momiano, Buie, Piemonte, Portole e Visinada, le quali davano assieme 400 soldati3). Nell' anno 1568, per fornire i 400 guastatori destinati alla fortezza di Žara, Grisignana fu chiamata a contribuire con quattro uomini e altri due allo stesso scopo nel 1572 '). Due anni dopo, a stornaro il pericolo che minacciava 1'Europa, si stringe una lega fra il papa Pio V e i Veneziani contro 1' au-dacia dei Turchi. Per deliberazione del Senato del giorno ultimo 1) Atti e mentoric vol. V, p. 312. 2) Ivi, p. 295. 3) Carlo de Franceschi, op. cit. 4) Atti e memorie, vol. IX, p. 360. — Ivi, v. XI, p. 42. cli maržo cli detto anno 1570 si ordina a tutti i rettori deli'Istria di inviare a Venezia un numero stabilito d'uomini per 1'ar-mamento delle galee grosse. Isola ne invio 20, Pirano 30, Umago 10, Cittanova 15, Parenzo 10, Rovigno 50, Pola 50, Montona 80, San Lorenzo 30, Albona e Fianona 60, Raspo 30, Dignano 24, Valle 15 e Grisignana 6 '). Questi soldati nostri contribuirono eerto a formare 1' equipaggio delle 94 galere veneziane, le quali sotto il eomando deli' eroico Sebastiano Veniero riuscirono alla famosa battaglia di Lepanto, e divisero la gioria delle armi cristiane contro il Turco. II ti ume Quieto, che era il confine di mezzodi, dalle me-morie che abbiamo raceolto e che non vanno piu addietro del cinquecento, era navigabile sino alla Bastia, dove presso la chiesa intitolata alla Vergine trovavasi un palazzo della repu-blica che era abitato. II porto della Bastia era luogo di grande comoclita ai grisignanesi e alle popolazioni vicine, perehe vendevano le loro derrate o barattavano i grani ed altre cose necessarie alle barche che arrivavano. Quivi pure conducevasi con .carri il legname che si cavava dalla foresta di Montona di proprieta clello Stato e che era destinato ali' arsenale di Venezia. Rappresentante del principe, il podesta rendeva giustizia in civile e eriminale, riservata 1' appellazione al podesta-capi-tano di Capodistria, nel civile sino a 200 lire e in eriminale cifra penam sangainis '2). Cio fu sino al 1584, e da quest'anno in poi la corte d' appello per tutte le cause civili e eriminali della provincia fu il magistra to di Capodistria 3). II podesta doveva pero ris])ettare le consuetudini del Castello che stavano raccolte nello statuto inunicipale. (Continua) G. Vesmiver --- i i ') Ivi, vol. IX, p. 369. 2) Atti e memoris, vol. IX, p. 297. 3) A proposito di giustizia, ci vien fatto di trovare, in data 11 set-tembre 1632, fra i Senato mare degli Atti o memorie a. XIII, p. 358, una notizia che in noi. viventi certo in tempi migliori, non pno a meno di produrrc un senso di rihrezzo. Vi si (lice: «11 Magistrato all'Arsenal inandi al Podesta di Grisignana una nuova rorda tlel Tormento, per eseguire al bisogno quanto chiede la giustizia, essendo stata quella vecchia inviata da piu mesi ali' Arsenale suddetto«. Si tratta, come si vede, delia tortura, ossia della pena che si dava altrui per far confessare i misfatti, allora in uso. BI BLIO GRAFI A Prof. Modestino del Gaizo, « Ricerche storiche intorno a Santorio Santorio cd alla medicina statica« (estratto dal Rosoconto della R. Accademia Modico-Chirurgica di Napoli, anno 1HH9). Napoli, 1889. Le ricerche storiclie del Prof. del Gaizo sul Santorio čredo abbiano una grande importanza, perche dalla conclusione che egli ta nella sua memoria risulta che Santorio fu uno dei primi che ton to tli staceare la medicina dallo strette, in cui 1' astrologia od i prineipii dottati da Galono 1' avvinghiavano, per trasportarla poi nel campo dello ricerche pratiehe, basato soltanto su fatti provati o non su semplici e sbagliati pregiudizi. Ma se il Nostro non riusci a liberare completamonte la sua scienza dal buio pesto che la circondava, niancandogli lo basi nocessarie in (pielP epoca, nella quale si rifnggiva con orrore dal coltello anatomico, puro egli si distinse nel campo della (isiologia, lasciando traccia peronne dol suo vivido ingegno in questa parte della medicina, che ai tempi di Santorio appona appariva in qualche misero esporimonto o che oggi ha acquistato si alta importanza nella medicina moderna. II prof. dol Gaizo tratta specialmente deli'opera di Santorio «La medicina statica«. Por medicina statica s' intonde P applieazione della lisica alla medicina, o Santorio nella sua opera parla delle sue ricerche in questo campo, che furono veramente geniali. Valendosi dello sco-perte immortali del Galiloi nella lisica, Santorio imagiua e oostruisce un apparato per misurare la freqnenza del polso, prondondovi a base gli studi sul pendolo, poi applica il tcrmometro alla misurazione della temperatura del corpo umano, dando a quest' istrumento forme speciali e facendosi chiara idea di uno dei primi sintomi di tutto, cpiasi, lo malattie : la febbre. Ampliflcando sompre pin i snoi studi sulla (isiologia, Santorio si occupa della perspirazione insensibilo, dol ricambio cioe della materin fra individuo ed ambioute, e, sebbeno il grande Lavoisier non avosse ancora scoporto la eostituzione chimica deli' aria, puro. Santorio ci fa sentiro tutta la go-nialita dei snoi studi profondi e dol suo potente modo d'ossorvazione; inoltrandosi tra i primi in quella parte della tisiologia, che doveva arrivare poi a somme altezzo in seguito agli studi di liarral, di Pettenkolfor od ultimamente di Angelo Mosso. Q nest i secondo il prof. del Gaizo i meriti principali del nostro il-lustre medico concittadino, che si distinse pero anche come valento chi-rurgo, oculista o professoro insigne, al cui (lotto consiglio ricorreva la Veneta Signoria por porro un argihe alle stragi che la peste mcnava nei veneti domini, od alle cui lozioni da tutto le parti d' Europa accorrevano gli studiosi avidi d' apprendero dalla boeca stossa dol grande maestro la scienza vivida e nuova, che 1'«Alma Mater« di Padova, sotto 1'Egida dol glorioso Leone di S. Marco offriva al mondo civilo. 1'ioro Favento Dott. Cemre Mmcitti. - Alcuni provorbi veneti di maldicenza inter-comunale. — Estratto daH'.lri7f Diario. I)i legittinia eonipiacenza ci riempie la constatazione della eono-scenza profonda, se non altrettanto vasta, ehe il Less. a veva, del teatro italiano, e della stilna ch'egli ne professava. t^iianto poi agli apprezzamenti, che deli' opera del tedesco facevano i contemporanei italiani, 1' inferiorita eritica di ijuesti ultimi e pur troppo innegabile : tanto piu giuste sono percio le nobili parole, onde l'A. chiude la sua interessante coinunicazione : •ai legami che avvincono la nostra cultura ali' opera deli' audace innova-tore m' e parso opportuno.... almeno fuggevolmente accennare in questa Roma, dovc la nuova Italia s' aecentra, e dove ancora troppa parte del mondo depone oro, incenso e mirra a' piedi di un trono, ehe solo la scienza — libera eoine 1' intese Efraitno Lessing — potra abbattere'. F. P. Aehille dr Curlo, (Jinseppe lirunati, Studio critico con introduzione di Ettore Zoccoli, A Padova presso i fratelli Gallina editori, MCMIV ; — pp. 48, prezzo L. 1. Poco studio e meno eritica trovianio in questa prosa, scritta, i almeno fa 1' impressione senza sufticente eoltura sussidiaria e governata dali' este-tica dei punti ainniirativi, talehe ha tutto 1' aspetto d' un articolo niesso assieme a scopo di reclame editoriale, II lueglio sta nelle ampio e frequenti citazioni dai versi del Brunati, le quali convincono delle ottiine attitudini del poeta (lasciaino stare la sua maturita.') piii che non faccia il suo critico. r. p. NOTIZIE E PIBBLICAZIONI. * Auspice la sezione veneziana della Dante Alif/hitri, vedra fra breve la luce un lavoro del prof. De Toni intitolato : «1 norni geografiei alle porte d' Italia«. Esso šara un nuovo eontributo al riordinamento de' nomi geogratici nella Regione Giulia. 0 Riccardo Pitteri publicava in uno degli ultiini nunieri della »Favilla«, rivista letteraria di Perugia, un ainpio articolo sul letterato triestino Silvio lienco ^ Agli 11 del eorrente mese ricorreva il XX anniversario della morte di Carlo Combi. Di questa nostra gloria ])arlerenio piu a lungo in uno de' prossimi nunieri. II faseicolo di settembre della Rivista del «Touring Club italiano« porta un' estesa recensione de «L' istria« del prof. Silrestri di Vicenza. Nel prossimo ottobre s' aprira a Trieste una mostra del coni-pianto pittore Veruda, decesso immaturamente lo seorso mese. si- Abbiamo ricevuto il primo numero della rivista bimestrale «Mondo sotte.rraneo», organo del »Cireolo di speleologia ed idrologia« di Udine. Direttore ne e il prof. Dott. Musoni. ^ I fascicoli di maggio e giugno del «Bollettino della Societa Geogratica italiana» portavano un interessantissinio lavoro del prof. Mar-telli sulla geografia lisica e la geologia deli' isola di Lissa, con parecchi accenni alla cpstituzjojje del snolo istriano. Nel N.° del 7 agosto del «Marzoeco» troviaino la recensione del libro : Lettere e seritti d' un pensatore sronosciuto, pubblicati dalla liglia, con prefazione di A. Fogazzaro. Firenze. F. Lmnachi, 1904. II «pensatore sconosciuto« e triestino. ■S E uscita ultimamente per le stampe la relazione del civico museo e della civica biblioteea di Pola, per cura del dott. R. Schiavuzzi e. di G. E. Pons. ^ II dott. Cesare Mn.tatt/ riferendosi al suo articolo sul Santorio inserito nel N.° ;!, Anno II di questo periodico, ci prega di rettificare che Pippi il Veneziano citato nel predetto scritto, non e il prof. G. Orlan-dini, bensi il prof. Filippo Condio, sottoarchivista di stato a Brescia. '.'H Abbiamo ricevuto in omaggio dal nostro comprovinciale prof. dott. Domenieo Lovisato la nota : 1 'anadinite, Desctoizile, Mimetite e Stot-zite detla Miniera Cuprifera di Jierna fd/e rad rit presso Ozieri (Sassari) ; Estratto dal vol. XIII, 2" sem., serie 5», fasc. 1" dei «Rendiconti della R. Accademia dei Lincei (Classe di scienze flsiche, matematiche e naturali)«, Roma, Tipogratia della R. Accademia dei Lincei, 1904. Dome.mco V i:\t i; um, direttore — C.iRto Priorv, pilitore e retlattore respunsabile. Tipogralla Cobol & Priora. Capodistria. GIUSEPPE CAPRIN nnto nel 1*4:5. niorto nel 1904.