ANNO XXVI. Capodistria, 10 Febbraio 1892. N. 4 LA PROVI DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. PRODROMI E CONSEGUENZE delle Ribellioni di Capodistria e d'Isola nel 1348- Continuazione, v. numeri 21, 22, 28 anno 1891 ed 1 e 2 a. c. Tratteniamoci un momento a rilevare i luoghi designati dai documenti per nuove fortificazioni, cioè il forte verso il mare, nel luogo detto Musella e le sbarre e le porte da erigersi al Brolo piccolo, e in capo alla strada che mette alla porta Zubenaga. Ma quanto a Musella se n' è già detto abbastanza nella Provincia in altra occasione da me e dal Signor G. Vatova (La colonna di Santa Giustina a pag. 52 e seguenti)1). Solo aggiungerò che detto forte esisteva nelle vicinanze del Belvedere e forse un po' più a ponente sotto le carceri attuali. Della porta Zubenaga poi o Musella sappiamo che esisteva sotto al Belvedere, e che la contrada omonima comprendeva le chiese di San Domenico dei Padri Domenicani, di San Nicolò vecchio, e di Santa Catte-Tina, poi San Silvestro nel cortile del palazzo pretoreo. (Vedi Pusterla, I rettori di Egida pag. 57). E se la memoria non mi tradisce panni di aver veduto il nome di Zubenaga in quella Via che mette al Belvedere, e che dovrebbe chiamarsi Via dei Combi, in memoria di due illustri cittadini. Singolari le avventure del Belvedere ! Oggi un ameno passeggio, e vi si gode una bellissima vista sul mare; là il ritrovo degli studenti nelle ore libere ; là secondo una canzonetta popolare il putto sdruggevasi e andava eveniva, attratto, come farfalla al lume, da un'esotica beltà. E vi fu un tempo in cui un certo eccentrico magistrato, che tutti rammentano a Capodistria, ogni sera là faceva la consueta passeggiata, ahi pur troppo impeditagli, nei primi anni del secolo, dal puzzo orrendo che il maestrale portava alle sue maravigliose nari, per via dei cadaveri insepolti nelle battaglie di Sacile e del Tagliamento nei tempi napoleonici. Ma dopo la sollevazione di Capodistria, i baluardi, le torri, ed i serragli impedirono il passo e la vista sul mare; e dove pochi anni sono ferveva il lavoro nei vari cantieri era tutto un. agitarsi di soldati e di operai per alzare le nuove mura, e tenere in rigo i ribelli. Rimane a trovare il Brolo piccolo, dove se-•condo i documenti fu eretta una forte sbarra e una pmia. Questo Brolo piccolo occupava il largo che oggi si stende dietro la casa Madonizza verso il volto della casa fu Grisoni. E quanto alle erette fortificazioni nota il Vatova nella succitata opera a pag. 52, 53 essersi molti anni or sono scoperto un sotterraneo, che dal palazzo pretoreo si prolungava davanti al campanile fino al Belvedere, perchè in caso di un serra serra il Podestà potesse comunicare col forte Mosella, e quindi prendere il largo sul mare. L'esistenza poi del Brolo piccolo accenna ad un Brolo grande, e dove questo sia anche oggi tutti lo sanno ; ma non sarà inutile rilevare che la parola Brolo è testimonio della nostra italianità. Tutte le città lombarde hanno il Brolo ; a Milano c'è il Brolo e il Broletto, così pure a Lodi; prova questa di usanze, di consuetudini che Capodistria avea comuni con le città sorelle. Va da sè poi che la Porta Musella, e di Brolo Piccolo non servivano al pubblico, ma esclusivamente ad uso militare ; che di porte Capodistria ne aveva già troppe. Tronchiamo quindi il discorso, che non vorrei si dicesse che io meno il cane per 1' aja, e a proposito di cavoli salto a parlare di cavalli, come avviene troppo di frequente ai vecchi. Saltiamo adunque a pie pari tutti gli altri documenti riportati dal Cesca e già noti, per spigolore nei Senato misti editi dalla Società istriana. Con decreto del 13 Luglio 1319 il Senato delibera che i Capodistriani paghino il fio del peccato commesso e sostengano in parte le spese delle nuove fortificazioni — Et quia dignum censetur quod Iustinopolitani patiantur penam de peccato per ipsos commissos, volunt etiani Sapientes quod ipsum comune et homines Iustinopolitani subpor-teat ilìas expensas et onera que predictis videbuntur fore insta ecc. ecc. (Atti e Memorie ecc. Voi. IV, fascicolo 1 e 2 pag. 64). In tutte le sollevazioni popolari poi, al solito i ribelli non se la pigliano solo col governo, ma trovano comodo di fare man bassa anche nelle botteghe. Tutti rammentano i lamenti di quel bravo uomo d' ordine del mercante dei Promessi Sposi che nell'osteria di Gorgonzola raccontava delle prodezze dei popolani milanesi i quali «cominciavano già a prendere il vizio d'entrare nelle botteghe, e di servirsi senza metter mano alla borsa . . . .» (Capitolo XVI). E i Paolani di Capodistria (qui 1' italianità non ci entra, piuttosto è questo un vi-zietto internazionale) si trovarono in ciò d'accordo coi popolani milanesi del 1600, perchè da decreto del Senato in data 16 Luglio 1349 abbiamo «che Zanino Alberto che al tempo della ribellione fu mercante di panni a Capodistria e fu derubato di tutto, come consiglia il podestà e capitano di Capodistria» costituatur ad officimi passus et statere phdae Iustinopolis, ubi ponderantur farinae et aliae res cum condicionibus solitis, usque ad cluos annos (Opera citata pag. 65). Povero Zanino, di mercante di panni, diventato pubblico e giurato pesatore di farine. Non si sa mai ; è buono dunque saper fare un po' di tutto a questo mondo. Seguono altri decreti del 1349 per la conservazione , armamento e provvisione del Castel Leone. Ristabilita però l'autorità del governo, e sicuro di un nuovo colpo di mano, il Senato nell'anno seguente, cominciò a smettere dal necessario rigore, e fece anche qualche concessione, come dai seguenti decreti, che qui si riferiscono anche in grazia dei nomi dimostranti l'antichità di molte famiglie capodistriane. — 1350. 2 Aprile. Quod Victor de TJrso de Iustinopoli, confinatus in Venetijs possit ire Romani prò indulgentia Iubilei . . . 1350. 21 Ottobre. — Che Nicolò Pellegrini tfi Capodistria, confinato a Venezia, possa recarsi a Poma per il giubileo, avendo tempo due mesi per il ritorno (Op. cit. pai»1. 82, -83). Perfino ai soldati si concede temporanea esenzione dal servizio a detto scopo. Cum sint multi soldati de Tarvisio et Iustinopoli, qui vellent ire ad indulgentiam Roman„ si stabilisce, che il Collegio possa concedere loro licenza, lasciando uno in suo luogo (Op. cit. 83). La stessa concessione viene data a Pietro de Argento da Capodistria confinato ecc.. (pag. 84). Savia politica questa di San Marco! Si sapeva che con una buona lavatimi nell'occasione del Giubileo, fatta la pace con Dio, necessariamente avrebbero aggiustato i conti anche con la Serenissima. E se a taluno pesava un qualche più grave peccato siili' anima, e sentiva il bisogno d' un viaggio più lungo, subito si faceva grazia anche a questo, come nel caso di un Bernardo Silveri da Capodistria confinato ecc. che chiese e ottenne licenza di peregrinare fino a San Giacomo di Galicia, ciò che era allora un bel viaggio, e dopo tutto è anche oggi (pag. 84). Nè sarà inutile notare come durante queste agitazioni civili capo fosse della chiesa giustinopo-litana il vescovo Francesco Querini. Anzi a proposito di questo prelato risulta dai Senato-Misti come, resosi vacante il Patriarcato di Grado, Venezia chiedesse al Papa per detto vescovo il Patriarcato di Grado, e la nomina al vescovato di Capodistria pel prete Giovanni Sagredo piovano di San Silvestro a. Venezia. Secondo il sillabo dei vescovi edito dall' ordinariato di Trieste, così fu veramente pel primo, ma il pievano di San Silvestro rimase con la voglia della mitra in corpo. Solo dopo la vacanza di più anni e precisamente nel 1364 fu nominato vescovo a Capodistria, invece del Sagredo, un Lodovico Morosini patrizio veneto. La lunga vacanza nella cattedra di San Nazario dimostra evidentemente come le perturbazioni civili abbiano influito anche sulle vicende ecclesiastiche (vedi Atti e Memorie 1. c. pagina 84). Le facilitazioni però concesse ai meno compromessi non distoglievano il governo dal necessario rigore pei capi della ribellione. Finché era vivo e libero Pasqualino de Vitando, San Marco non dormiva i suoi sonni tranquilli; ed ecco perciò nuovo decreto del 27 Agosto che riferiamo intiero. Cum Pasqualinus de Vitando de Iustinopoli proditor et rébellis noster non cesset cotidie infestare, et temer ari is ausibus perturbare nos et station nostrum et terrarum nostrarum . . . vadit pars quod co-mitatur potestati nostro Iustinopolis quod. . . de- beat tractare quod ipse Pasqualinus habeatur vìvus vel mortuus possendo promittere hiis qui hoc fe-cerint usque ad sumviam mille ducatorum de bonis nostri cotnunis. Et si per viam tractatus hoc fa-cere poterif bene quidem. Sin auteni volumus quod tam in Iustinopoli, quarn in aliis terris nostris Istriae publice proclametur omni mense simul ad minus. Quod quicunque dederat ipsum Pasquali-num vivimi vel mortuum in manus nostras, vel potestatis nostri lustinopolis vel ipsum interfecerit ita quod de hoc faciat nobis claram fidcm, habeat a nostro comuni ducatos Auri Mille, Et ex nunc sit captum, quod si dictus casus evenerit, dieta pecunia accipiatur secundum ordines terre (Atti e Mem. 1. c. pag. S6). Una bella taglia adunque mille ducati, e la vita di Pasqualino de Vitando ben poteva dirsi die pendeva da un filo ! Se non che, e chi lo crederebbe? pochi mesi dopo, cioè nel 2 Gennaio more veneto 1551 ecco, qualmente apparisce da Senato decreto, Pasqualino vivo e verde per la grazia di Dio, che ha la faccia franca di mandare a dire assieme col compagno Costantino Azo da Capodistria, che qualora sia dato loro un salvacondotto sono pronti a rivelare cose importantissime alla Repubblica. — Cum Pasqualinus de Vitando et Costantinus Azo de Iustinopoli.... miserint nobis dicendo, quod si vellemus eos reducere ad gratìam nostrani, revelarent ali-quos tractatus.... Vad.it pars, quod predictì Pasqualinus et Costantinus... . possint venire Mestre, vel ad alium locum Trivisane per no-stros districtus et stare et redire libere per XV dies ... Et si per eorum rivelationem et verba sequetur fructus . . . notabilis ... ad honorem nostrum . . ., invenient nos largos et benignos in recipiendos eos ad gratiam nostrani. Et su-spendatur usque ad dictum terminum taje date dicto pasqualìno, et sic scribatur nostris Rectoribus (op. cit. pag. S9). E non occorrono troppe alzate d'ingegno per capire di che sorta sieno state le rivelazioni di Pasqualino, e quali i trattati. Troppo piccola città era Capodistria per fare una così grossa ribellione contro San Marco ; ed è certo che il Patriarca d'Aquileja e certi signori d'oltre Alpe soffiavano nel fuoco. L'istoria dei fatti posteriori ci indica poi chiaramente quali siano stati questi signori. E i valorosi Capodistriani, eccitati dall' amore al libero comune, o dal desiderio di mettersi a capo della provincia dovevano prestare il servigio del gatto, e levare la castagna dal fuoco. Riuscirono poi queste rivelazioni a salvare Pasqualino? Par certo di si, perchè ecco altro decreto posteriore di un anno, con cui si concede grazia a Pasqualino da Capodistria, confinato molti anni a Venezia di recarsi nel territorio di Capodistria, a patto di non entrare in città. — 1858 29 Aprile — Quod concedatur de gratia Pasqualino de Iustinopoli, qui stetit pluribus annis confinatus Venetiis quod possit ire ad confinia lustinopolis, non ingrediendo civitatem . .. et alio sicut aliis in casu simili fuit concessum et duret haec gratia ad nostrum beneplacitum (op. cit. pag. 95). Poiché nel documento LI1, riportato dal Cesca, non si trovano altri capodistriani di nome Pasqualino, apparisce evidente che il detto graziato e il suo compare Costantino de Azo sono sempre i due condannati de quo, anche se in quest'ultimo decreto è taciuto il cognome de Vitando. E certo adunque che il suddetto caporione non fu dannato nel capo come credette il Pusterla; e che le sue rivelazioni furono tali da meritargli una piena assoluzione di tutte le colpe. Così Pasqualino rimane uu bel soggetto da romanzo storico, che volentieri tratterei se il tempo e le forze non ini facessero difetto. E un' altra volta San Marco ebbe così occasione di dimostrare 1' alta sua sapienza politica, risparmiò i mille ducati ed insegnò ai posteri che non è solo con corda e sapone che sapientemente si reggono i popoli e si conduce in buon porto iu tempi procellosi la barca dello stato. (Continua) P. T. -—-- INDICE ])ELLE CARTE 1)1 RASPO (Archivio provinciale) Filza 7. (Continuazione vedi N.o 10 anno XXIV e seg.) anno 1551 c. 898-901 Capitano David Bembo Processus donne lucine prò dano dato per manzios transeuntes per teritorium. Costantino della Carnia conduceva a Udine un centinaio di bovi per conto di un gentiluomo di quella città. Nel passare che fece per il territorio di Pinguente accadde che, spaventati, quei bovi si sbandarono in un campo che fu danneggiato. Donna Giovanna, proprietaria del campo, vuol esserne risarcita. (Proc. non esped.) anno 1551 c. 902-930 Capitano David Bembo Processus Bernardini Vulpis de adignano (?) cum strenuo D.o Antonio lagnano D.o Octavio lug.o D.a Marina de verciis. Bernardino Volpe, abitante di Valle, narra che Giangiacomo Volpe di Umago, fratello del di lui padre Bernardino defunto, venne ad abitare in Pinguente ove contrasse matrimonio con madonna Marina, zia del contestabile Antonio Lugnani. Da questi nacque Pellegrino il quale succedette ne' beni lasciati da' suoi genitori. Se non che anche Pellegrino morì e Bernardino su detto, come a lui più propinquo, domanda, in nome anche della sorella Giovanna detta la bella, che Ottavio e Antonio fratelli Lugnani e Giovanni do' Verzi quale procuratore della propria madre consegnino a lui quanto di beni mobili e stabili trovavasi alla morte di Pellegrino. Lite risolta con una transazione celebrata tra le parti litiganti. anno 1551 c. 931-936 Capitano David Bembo Processus Antonii Picot cargneli cum donna Ursia de Rodo. Antonio Picot domanda ma non ottiene che Ursa rilasci a lui un pezzo di vigna che essa avrebbe usurpato. anno 1551 c. 937-946 Capitano David Bembo Processus civilis Natalis Sersich contra Griseum Sersich. Natale Sersich chiede, a nome anche dei fratelli e delle sorelle, e ottiene che il loro zio e tutore venga obligato a render conto dell' amministrazione tenuta della loro sostanza sino dall'anno 1547. anno 1551 c. 947-952 Capitano David Bembo Processus Grisei Sersich contra Natalinum Sercich In seguito a richiesta di Grise, stato tutore di Natale Sersich, questi risponde di volerlo indennizzare di ogni spesa eh' egli avrebbe incontrato nel tempo della sua amministrazione. anni 1551 e 1552 e. 953-976 Capitano David Bembo Processus civilis Michiele reliete q. Pardi Cramar cum heredibus q. Ioannis Sersich Nell'anno 1529 Paolo Cramar ebbe da Francesco Verzi ducati quaranta che egli si obligava di restituire entro dieci anni e dava in ipoteca certe sue terre che furono poi cedute a Giovanni Sersich. Michiela, vedova del Cramar, chiede e ottiene ohe sia dichiarato nullo quell'atto di cessione fatto dal Verzi al Sersich. --- anni 1552 e 1553 e. 977-981 Capitano David Bembo Processus contra heredes q. Ioannis Galasii prò bonis comuna-libus usurpatis Frammento di processo civile per certi terreni usurpati nella contrada cella del territorio di Pinguente. anni 1551 e 1552 c. 982-991 Capitano David Bembo Processo civil de Nicolo de Modrusa cum li comissari dela q. Ursa sua madre Nicolò di Modrussa narra che essendo sta presi da Turchi i suoi progenitori, egli col fratello Pietro privi di padre et madre, come orfanelli, volendo proceder al viver loro, deliberassimo transferirsi in questa Provincia et capitassimo nel Castel di Suvi-gnaco poveri et mendici. Quivi acquistarono anche del bestiame, e dovendo nell'anno 1542 quelli di Sovignaeco mandare un uomo a servire in galea, vi andò lui per diciotto ducati, i quali j vennero consumati nell'acquisto di una casa in Sovignaceo e di una vigna. Frattanto, mentre egli era nell' armata, Ursa sua madre, liberata dali infedeli pervene in queste parte per cagion de ritrovar li suoi figlioli et pervenuta a suvignaclio, trovò il fratello morto e lui assente. Non v' era che la cognata vedova coi figli. Rimaritatasi in seguito la cognata, ebbe cura de' nipoti la madre sua, la quale prima di morire lasciò tutti i beni da lui acquistati ai nipoti. Ora Nicolò chiede e ottiene che i tutori dei suoi nipoti Leonardo Crovatin et Nicolò suo figliolo de modrussa gli rilascino tutti quei beni che sono suoi perchè comperati da lui stesso. anni 1551 e 1552 c. 992-1001 Capitano David Bembo Processus civilis Perche de Verch reliete lacopi Crancich cum comissariis q. Iacopi viri sui et jiliis suis. Perca, vedova di Iacopo CranMch di Verch, rimaritata, chiede e ottiene con sentenza d' arbitri la restituzione della sua dote dai comissari testamentari del primo marito. anno 1551 c. 1002-1007 Capitano David Bembo Processus civilis Matei petersich de flumine cum francisco stronco de Laniscliia Francesco Stroligo di Lanischia vuol riavere i denari spesi per conto di Matteo Petricich di Fiume. (Proc. non esped.) anni 1551 e 1552 c. 1008-1011 Capitano David Bembo Processo de Francesco Opaticli cum Lucha Cainich Differenze per certo terreno posto nel territorio di Pinguente risolte con un accordo fra le parti. anno 1552 c. 1012-1017 Capitano David Bembo Processus civilis Pinose uxoris petri de galignana cum Nicolao parpaiola Pinosa chiede e ottiene che il cognato suo Nicolò Prepa-gnolla non abbia a ingerirsi nella metà di un orto posto sotto il Castello di Pinguente. anno 1552 c. 1018-1023 Capitano David Bembo Processo civil de Thomichio remaro contra Iurium de Castro novo Giorgio di Castelnuovo non ottiene, come vorrebbe, che Tomaso remaro di Lanischia gli dia il prezzo di una scrofa già. da lui pagata; chè anzi è condannato nelle spese. anno 1552 c. 1024-1041 Capitano David Bembo Processus thomei Ferletich contra Matheum eius fratrem Tomaso Ferletich ottiene di essere riconosciuto dal fratello erede del terzo di quello che avrebbe avuto se il defunto padre suo Ermagora non avesse testato. anno 1552 c. 1042-1069 Capitano David Bembo Processus luani Flego dicti facilini contra hereditates q. Domini Franasti de vertiis. Neil' anno 1528 Matteo Flego vendette a Francesco de Verzi capodistriano una corrisponsione annua livellarla perpetua sopra certo terreno nel territorio di Pinguente per trentacinque ducati, sotto la condizione che il venditore o gli eredi suoi entro sette anni gli restituiscano il prezzo e il Verzi sia obligato di rilasciare un istrumento di affranca/ione; trascorso il termine indicato, il Verzi s'intenda sciolto da questa obligazione. — Gli eredi di Matteo chiedono sia dichiarato nullo codesto contratto, ma non 1' ottengono; c.hè anzi sono condannati a pagare le spese. anno 1552 c. 1070-1081 Capitauo David Bembo Processus civilis uliane sterpinich de Draguchio cum Simone boias de pinguento Simone Boias deve torsi iu casa una sua creatura nata da Uliana oppure provvedere la madre di essa del necessario sostentamento. E condannato anche a pagare le spese del processo. anno 1552 c. 1082-1085 Capitauo David Bembo Processus Fumine Mtcize contra Thomam Tripar diaconum Fumia Miciza vorrebbe che il diacono Tripar fosse obligato a torsi una creatura che essa ebbe da lui oppure che egli le fornisse il sostentamento e le restituisse certo denaro prestatogli. (Proc. non esped.) anno 1552 c. 1086-1095 Capitano David Bembo Processus prò molendinis et aquis valis Montone Poiché la bocha de laqua del bollas de gradaz està obtu-rata, la ducale Francesco Dona, 17 giugno 1552 I. X, visto il danno che ne riceve la valle di Montona, invita il capitano di Raspo a far eseguire quanto le leggi già dispongono in tale materia. Codesta ducale viene comunicata ai Podestà di Montona (Giovanni Morosini), di Portole, Grisignana, al marchese di Pietra-pelosa e al giusdicente di Visinada, con ciò che i proprietari di molini appartenenti a quei luoghi sieno tenuti di regolare i canali entro dieci giorni. 11 capitano veramente assegna a tre periti il compito di esaminare tutti i molini che s'incontrano dalla Bastia sino al molino di Rosignac e di indicare quanto loro fa bisogno. Sono in complesso quattordici molini e cioè : el moliti de laime soto Grisignana, del batizan de sopra de quello sotto- vicinai, de s. pollo sotto Montona, del q. ser Nicolo griego sotto Montona, de la levada sotto Montona, el molin de corte sotto Montona, de terra (?) sotto Montona, del Foscho (?) territorio di Montona, el molin picmagnac, el molin de bilie (?) sotto Montona over del q. marcantonio de lugo, de stopignach sotto Portole, el molin vecliio de gradaz e quello de rosignac sotto Pie-trapelosa. anni 1552 e 1553 c. 1096-1114 Capitano David Bembo Processus thomasii Petocleb uxoris nomine cum s. Durino ban de Rodo Il Petocleb e il Ban rimettono in arbitri la soluzione delle loro differenze; ma rifiutato il compromesso, si rivolgono al tribunale di Kaspo, dove mediante una transazione la lite è risolta. anno 1552 c. 1115-1134 Capitano David Bembo Processo de Margarita Tolziclia cum s. Zuan Maria Vicich Margherita e il fratello Gregorio dimandano che sia intimato a Giammaria Vicich di rilasciare certo casale di loro proprietà. anni 1552 e 1553 c. 1135-1149 Capitano David Bembo Processus done lucie Climam de trestenicho contra Micheletn q. luri mendos de curte insule Lucia diede in soccida a Michele Mandos di Corte d'Isola vari capi di bestiame. Poiché il Mendos ebbe venduto, dopo alcun tempo, una vacca senza render conto alla padrona, questa chiede e ottiene che le venga pagata la metà di quella vacca. (Continua) G. V. — Portole ■-—- ZbT otizie L'Istria continua in una serie di ben pensati articoli In previsione dell' apertura della Dieta a studiare la dolorosa situazione in cui è caduta la nostra provincia, ed a proporre i possibili rimedi. Noi ci associamo intieramente alle vedute del periodico di Parenzo, e ne riportiamo le conclusioni richiamandovi i più serii riflessi dei nostri deputati e di quanti pensano e concorrono a formare 1' opinione pubblica nella nostra provincia : È noto che, caduto l'Impero del primo Napoleone e venuti questi territori in dominio dell'Anstria, questa formò dell' odierno Litorale tre Circoli politico-amministrativi, dipendenti dal Governo di Trieste — cioè il Circolo di Gorizia, P altro di Trieste e il terzo di Fiume. Più tardi, nel 1822, il Circolo di Fiume andò sciolto —■ Fiume ed il suo territorio furono uniti all'Ungheria, mentre dei distretti di Albona, Bellai, Pisino, Castua, Lovraua, Volosca e delle isole del Quarnero si compose provvisoriamente il Circolo di Pisino, pure subordinato al Governo di Trieste. Tre anni appresso furono nuovamente modificati gli assetti territoriali delle nostre proviucie, e Trieste col suo territorio costituì uu distretto amministrativamente retto dal cosidetto Magistrato politico-economico sotto la dipendenza dell' i. r. Governo del Litorale ; mentre coli' altra parte del Circolo di Trieste (l'Istria ex veneta, alla quale apparteneva anche Albona) ed il Circolo provvisorio di Pisino fusi in un solo, si formava il Circolo d'Istria colla sede a Pisino, durato Uno al 1860. Ecco in breve il processo pel quale all'Istria geo- grafica vennero uniti dei territori, diremmo, eterogenei, e che mai fino allora fecero paite della nostra provincia. Ed ora si domanda: per qual ragione il Governo austriaco unì a noi codesti territori, tanto più che si conoscova la loro riluttanza? Diciamo riluttanza, perchè le isole del Quarnero, Cherso, Lussino e Veglia, quando furono staccate dalla Dalmazia — cui erano state aggiunte nel 1797 — ed unite al Circolo di Fiume, protestarono vivamente, mettendo sossopra tutto quanto era possibile per rimuovere da sè cetesto distacco, e relativa unione. Dicasi altrettanto d' una parte del distretto di Castelnuovo — già parte della Carsia subordinata alla Caruiola — la quale si sentì sempre attratta verso Lubiana, da cui si vide molto a malincuore staccata. Tutta questa è storia positiva, senza orpelli e circonlocuzioni. Senonchè il governo unì codeste parti — compresa la Liburnia, che alla sua volta si sentiva sempre attrata verso Fiume — all' Istria nostra per formarne una provincia amministrativa, non già per semplificare, facendo il proprio comodo, il servizio burocratico; ma — fa duopo confessarlo veridicamente — per provvedere meglio all' interesse morale e materiale delle rispettive popolazioni. Di fatti, chi si ricorda lo stato d'allora di codeste popolazioni a noi aggregate, sa molto bene eh' esse si trovavano, in generale, in uno stato miserando di depressione tanto intellettuale e sociale, quanto materiale ed economico. Si credette perciò di provvedere alla loro rigenerazione, ponendole a contatto con una popolazione più civile, più colta e più abbiente, quale era l'italiana. — Questa non è vanteria; questa è storia, ripetiamo, che nessuno potrà contrastare. — Commerci, quel po' di industria che era, arti meccaniche, coltura, ecc., tutto era italiano. Ogni movimento gravitava, come gravita ancora in gran parte, sulle sponde del nostro litorale italiano, dove sorgono prosperose e sveglie città onninamente italiane. — Se non sapiente, fu almeno provvido allora il concetto del legislatore, se anche' negli effetti postumi si è reso a noi dannoso, per le lotte che ora sosteniamo. Ma a quel tempo ad esser giusti, non poteva frullare per la mente di alcuno lo sviluppo che-a' nostri giorni avrebbe preso il principio nazionale. A tutto ciò arrogi un altro fatto di capitale importanza. Quando si pensò e si effettuò il rimpasto fra noi di popolazioni così opposte per storia, per tradizioni, per sentimenti e per lingua, Trieste era fiorente, e tutto annunziava ch'essa in brev'ora sarebbe addivenuta, com'è, un grande emporio di commerci internazionali, un grande centro d' ogni sorta d' affari. Era naturale quindi che il legislatore pensasse di far gravitare i detti paesi esotici, colle rispettive poverissime popolazioni, verso codesto centro, dal quale esse non potevano non ritrarne in ogni senso grandi vantaggi. E così fu. Intanto vennero i nuovi tempi, e coi tempi nuove idee. I diseredati i poveri, i bisognosi d'un giorno si resero alteri e protervi. E cominciarono a dire, come dicono, che il paese a loro appartiene, perchè la mag- gioranza (non calcolando Trieste) è di loro; che gli intrusi siamo noi gli italiani; che 1' avvenire spetta a loro, per tante e tante ragioni; e che noi, se non ci si voleva sottomettere, emigrassimo alle opposte riviere, dove saremmo raccolti dai nostri fratelli. Queste belle teorie si spacciarono non solo su pei giornali, ma una falange di apostoli le andò ripetendo e propagando per le campagne, imbottendo così le menti dei contadini con fisime di prevalenza, di predominio, d'imperio. 1 loro deputati alla Dieta se ne fecero i campiani; ed ecco sorgere quegli attriti a cui abbiamo alluso nei precedenti articoli. È mai possibile di andar avanti in tal modo ? — Noi crediamo di no. Fra la parte italiana e la slava si è aperto non un fosso, ma uu abisso che nessuno potrà mai colmare. C' è ancora qualche ingenuo che crede potersi escogitare un qualche compromesso, mercè il quale addivenire ad un modus vivendi pur che sia, purché gli italiani si inducano a fare una qualche concessione. Ma delle concessioni ne furono fatte anche troppe, e per questo ? — Il male si è reso sempre più acuto. Se si pensi, infatti, quello che era la nostra Dieta 10 anni or sono, e quello che è adesso, si vedrà che delle concessioni ne furono fatte tante, che persino pare impossibile. così che più d'uno se ue meraviglia e protesta. Una dura e lunga esperienza ha d'altronde insegnato, che le fauci di cotestoro non sono mai sazie, presisa-mente come la allegorica fiera di Dante. Concedete oggi alcunché, domani vi chiedono il doppio, e così via. Del resto, non è uu mistero por nessuno, i deputati slavi della nostra Dieta calcano le pedate e l'indirizzo dei giovani czechi, e del partito StarcevicianòMi Zagabria, coi quali strinsero palesi accordi. Che cosa si voglia da cotestoro, tutti lo sanno: il predominio della razza slava in Austria, la ricostituzione della Croazia, con l'Istria, salvo che alcuni vorrebbero rievocato il famoso Regno d'ili!rio- Se questa è la tendenza finale, se questa è la meta a cui si aspira, se a codesti risultati si. lavora — senza orpelli, senza metafore, senza sbiaditure —■ potranno i nostri deputati, con tranquilla coscienza, acconsentire a nuove concessioni? No, mai no! Essi tradirebbero al loro mandato; e proclamerebbero la nostra morte. L'Istria non può, non deve uccidersi — questo sarebbe il maggiore dei suoi delitti. Tutto ciò premesso, che cosa resta a fare? Per noi la conseguenza è logica — tutti i paesi che non appartengono all' Istria geografica, si stacchino e se ne vadauo pure dove a loro talenta. La Dieta di Zara fece già uu voto platonico per l1 unioue della Dalmazia colla Croazia. Ebbene, fin cìie è tempo, la nostra ne faccia un altro, col quale si chieda la separazione dell'Istria geografica dall'Istria amministrativa. Voglia, o nou voglia, a questa si deve venire. Noi sappiamo che ad alcune persone, a noi molto affezionate, e che non appartengono all'Istria geografica, una tale proposta saprà di' sale; ma non sappiamo, in verità, quale altro rimedio escogitare per venite ni tanto desiderato modus vivendi. Noi, come noi, siamo stati in questo sempre conseguenti, fin dal giorno che ci mettemmo a redigere questo giornale ; chè già d' allora femmo una netta distinzione fni l'Istria amministrativa, com' è oggidì formata, e l'Istria propriamente detta, nei suoi naturali e secolari confini. D' altronde, che quelle popolazioni ci mandino altri deputati, meno intransigenti, e più ragionevoli, e le partite saranno saldate, tanto e tanto il male, il il malanno e la malapasqua ci vengono proprio di là. Noi dobbiamo provvedere così al nostro essere,, come al nostro sviluppo — ciò è imposto dallo stesso diritto naturale. Nel modo come si procede, non si provvede nè all'uno nè all'altro: e quel che è peggio, non si fa il bene di nessuno. L'andare avanti come si va equivale, per noi. a prestarsi, sia pure indirettamente, agli scoili della minoranza dietale. Ciò è male assai, e conviene troncarlo. Ed il Governo — se veramente vuol provvedere alla quiete degli animi, alla tranquillità degli spiriti^ ed alla pace dei popoli — nou potrà negare di far paga codesto voto della Dieta; la quale solo in tal modo si renderà benefica e salutare. Ai nostri avversari, infine, della Dieta ripeteremo r „Passate le Alpi e tornerem fratelli! " Tutti quelli, e sono molti che frequentarono il ginnasio di Capodistria, hanno appreso con dolore la morte dell'ottimo Dr. Giovanni Loser, avvenuta la notte-dei 4 coir, in Trieste, per tanti auni docente e direttore di quel ginnasio; ne ricordarono la bontà del cuore, le belle doti intellettuali, le rare capacità didattiche. Era un vecchio fiorente, piacevolissimo, che discorreva con ammirabile prontezza e semnre con affatto coi suoi scolari di uu tempo già fatti uomini, e ricordava sempre con piacere i begli anni della scuola. Riconoscenti anohe noi suoi discepoli, deponiamo il fiore della memoria sulla sua tomba. Nel trigesimo della morte di Zaccaria Mauer di Ossero, i. r. consigliere provinciale iu pensione furono pubblicate dalle egregie signorine Adele e Argelia Butti, due commemorazioni, inspirate da profondo sentito affetto e stima : la signorina Adele ha dedicato il suo scritto alla desolata consorte del Mauer, Carolina contessa de Puppi. Degli scritti del Mauer fu tenuta parola iu questo periodico, e furono. pubblicate alcune sue pregiate risposte alle critiche fattegli ; riverenti ricordiamo in quest' occasione le virtù del comprovinciale distinto, trapassato. ----------x---------------- A proposito ài pratese zupnie croate in Istria (Dall' Istria) Da uu illustre nostro conterraneo ci vengono le seguenti righe: Un deputato slavo in certo suo discorso tenuto di recente al parlamento di Vienna, asserì falsamente, tra l'altro, che la Contea di Pisino trasse la sua origine dalla zupania croata di Pesenta annoverata dal Porfiro- genito fra le undici znpanie, che componevano l'antico regno di Croazia. Per accertarsi della falsità di questa asserzione {cosa del resto che nessuno storico il quale si rispetti, neanche slavo, ha mai sostenuto) basta consultare p. e. l'insigne opera del Gfroerer Bizantinische Geschichten, dove sono enumerate e spiegate queste undici zupanie. La zupania di Pesenta era non già la Contea di Pisino, come ora stoltamente qualche slavo vorrebbe pei suoi tini far credere, nou era in Istria ma in Dalmazia ed abbracciava il paese interno dall' alta Cettina all'alta Kerka (Vedi anche De Franceschi Note storiche p. 78). Il primo, per quanto ci è noto, che, basandosi sulla sola assonanza dei nomi (Pesenta, Pisino), venne fuori con questa fandonia, fu certo E. Barcic iu un o-puscolo zeppo di errori e di giudizi sbagliati, stampato a Fiume nel 1860. É inutile ripetere che P Istria non ebbe mai nulla di comune colla Croazia. Il regno dei croati nou oltrepassò mai il Fiume Tarsia, 1' odierna Fiumara, che segua anche oggidì il confine tra il territorio di Fiume e la Croazia. Egualmente l'Istria non ebbe mai nulla che fare colla Marca Sclavonica (Windische Mark) dalla quale era separata dall'Alpi Giulie. L' Istria, geograficamente, fu riguardata sempre quale provincia appartenente all' Italia. X. ---—•----Ifcf-«----—---- Cose locali La sera del 2 coir, ebbe luogo nella sala maggiore di questo ginnasio 1' annunziato concerto degli studenti a scopo di beneficenza ; fu una testa indovinata come si suol dire, tanto per il concorso di molte famiglie che hanno figli a scuola, delle autorità locali e di molti concittadini; quanto per la gradita impressione rimasta agl'intervenuti. L' incasso destinato al fondo di beneficenza fu considerevole; e ringraziamone la direzione dell' istituto e i bravi giovanetti che diedero ottimo saggio dell' istruzione musicale impartita loro dal paziente e infaticabile maestro Giorgieri. La festa così bene riuscita si rinnoverà un altr' anuo, speriamo, e si potrà allora offrire un più largo campo, meglio studiata, alla declamazione, che ha trovato posto quest' anno appena appena, negli intermezzi delle suonate. Bollettino statistico municipale di Dicembre 1891 Anagrafe. Nati battezzati 28, maschi 17, femmine 11. — Morti 23, uomini 5. dei quali 1 carcerato, donne 10, fanciulli 5, fanciulle 3 sotto i sette anni. — Trapassati. 1, Corsi Teresa nata Fabiancich d'anni 51. 2. Potepan Antonia di Andrea d'anni 9, Borri Elisabetta nata Bisson d'anni 74. 3, S. G. (carcerato) da Faulis d'anni 79, Nicheli Marco fu Francesco d'anni 28. 11, Ve-gian Maria V.a Nicolò fu Giorgio Budel d'anni 76. 13, Micalich Don Giacomo fu Filippo, canonico d'anni 50, Leonardis Giovanna di Matteo d'anni 16. 21, Pallina cav. Giuseppe fu Matteo d'anni 84, Salvagno Maria nata Degobi d'anni 71. 24, Fedola Lucia d'anni 83. 26, Tomasich Maria nota Rulf d' anni 58, Martissa Rocco fu Andrea d'anni 72. 27, Facchini Caterina V.a di Nicolò Candido d'anni 82. 29, Gallo Enrichetta fu Luigi d'anni 58. — Più fanciulli 5, fanciulle 3, al di sotto di sette anni. — Matrimoni 0. — Polizia. Certificati d'indigenato 3, di buona condotta 1. Denunzie per furto 1 per maliziosi danneggiamenti, 1 per mi-naccie. — Usciti dall' i. r. Casa di pena 4, dei quali 2 istriani, 2 triestini. — Sfrattati 5, rilascio di nulla osta per l'estrada/ionc del permesso di viaggio marittimo 3, per carte di legittmazione 2. rilascio di libretti di servizio 0, di lavoro 0, licenze per porto d'armi 2, insinuazioni per vendere al minuto vino delle proprie campagne 3 per Ett. compi. 31 a soldi 36. Certificati di spedizioni di vino 1 per botti 36 del peso di Ch. 15804, di sardelle salate 3, per barili 49 del peso camp, di chil. 2170, con 1 barile di salamoja di chil. 90, di maglioli di vite 6 per il compi. N. di pezzi 662 — Licenze industriali 2, per vendita carbone 1, per pistoria 1. — Animali macellati, Buoi 30 del peso di chil. 8692 con 355 chil. di sego, armente 27 del peso di chil. 3710 con 174 chil. di sego, vitelli 33, castrati 62. Bollettino delle malattie zimotiche. Capodistria, Morbillo 2 casi guariti. Scarlattina 1 caso guarito, angina difterica 1 caso seguito da esito letale, angina crou-pale 1 caso guarito, risip.ola 1 caso seguito da esito letale. — Lazzaretto 0. ----———jJK—--- Appunti bibliografici L'igiene, ossia la vera medicina popolare del Dr. Carlo Apollonio. Libro scritto pel popolo, e venduto a beneficio dell' ospedale di Umago. —■. Capodistria, Cobol-Priora, 189-1. Un libro in 16.° di pagine 218. Premessa una spigliata prefazione, 1' autore entra in argomento pigliando di lontano le mosse nel capitolo primo intitolato — La vita e la morte — in cui fa aperta e sincera professione di evoluzionismo, secondo le teorie oggi più in voga. Anche 1' evoluzionismo non è poi quel grande spauracchio del sentimento e della fede, quale appare a primo aspetto. Come gli uomini della fede hanno finito coli' accettare ben altre conclusioni della scienza, (il sistema copernichiano per esempio che levò tanto rumore e fece condannare Galileo) così finiranno col-1' accomodarsi fin dove è possibile ai principi bene assodati della scienza, e non già alle avventate ipotesi; e di questa desiderata armonia tra la scienza e la fede ci ha dato recentemente un nobile esempio ne' suoi ultimi scritti il compianto ed illustre abbate Stopparli. Il nostro autore non è poi un materialista volgare, se subito a pagina 10 scrive — „ Dunque 1' eterna questione tra materialismo e spiritualismo non avrà mai una scientifica soluzione? Dunque l'essenza della nostra vita resterà per sempre un mi-| stero : su tale argomento non giungeremo mai a pronunziare 1' ultima e decisiva sentenza : poiché materia, forza, spazio e tempo non sono che manifestazioni di nn ignoto, e non possiamo trovare alcuna prova per ammettere od escludere in questo ignoto altre maniere di essere che non rientrano nelle condizioni degli esseri sensibili." — Benissimo, siamo adunque per confessione della scienza in faccia al Beo ignoto dell'Areopago; e benedetto sia Paolo, e benedetta la fede che supplisce alla scienza-, e ci svela il mistero della vita, senza di cui la vita stessa sarebbe un supplizio, e la morte il più terribile dei mali. Ammettiamo adunque anche l'atomo, la materia esistente allo stato difuso, e mano mano perfezionatasi fino alla forma dell'attuale sistema platenario ; al patto però di ammettere con Dante una causa prima, un ente superiore, creatore, amore infinito „che muove il sole e l'altre stelle" e con il grande Keplero il „Beus qui omnia geometri-zando fecitMa qui subito si potrebbe domandare che cosa abbia a fare simili questioni con un trattato d'igiene, e con un libro di medicina popolare. E meno che meno 1' altro aforismo a pagina 17. „La morte è adunque un fenomeno troppo naturale, troppo necessario per gli organismi, e quelli che la ritengono come uno spietato avvenimento non pensano che la materia accumulata nel loro corpo è già altamente privilegiata se ha raggiunto anche per un minuto solo il grado di sostanza vivente" ecc. ecc. Siccome però quelli che ritengono la morte uno spietato avvenimento da San Paolo in poi, ed anche prima, sono tutti credenti, ed anche potrebbero questi rispondere che V iguoto Beo poteva benissimo escogitare nella sua alta sapienza, un mezzo di pacifica evoluzione dell' essere uomo da uno stato meno perfetto ad uno più perfetto, senza passare per le forche caudine della morte, che la fede ci presenta come una conseguenza della colpa. Da queste elevate speculazioni, a proposito d'igiene popolare, si scende quindi terra terra nei seguenti capitoli — L'igiene. Le funzioni digerenti. Gli alimenti d' origine animale. Gli alimenti d'origine vegetale. Le bevande. Il sangue. La respirazione. Il clima. Le abitazioni. Il riscaldamento, l'illuminazione e la ventilazione. Le funzioni dei reni e della pelle. I bagni. L' arte cosmetica. Le funzioni sessuali. Il lavoro. Il lavoro muscolare. Il lavoro mentale. Le sensazioni. Il sonno. Le professioni. Le professioni muscolari. Le professioni intellettuali. Dei tanti accidenti che capitano nella vita. Sono tutti buoni precetti d'igiene, e quali sa dare un bravo medico. Lungi da me l'idea di ri- vedere il latino ad 1111 dottore; qualche volta però,, fondato sull'autorità altrui, mi permetto di manifestar modestamente una contraria opinione. Così dove dice che "per far buon pane, conviene ancora che la farina sia privata della crusca. „ (pag. 54). Trovo di fatti in un trattato d'igiene. "Non si creda che la farina privata di tutta la crusca (quella cioè che dicesi fiore) sia migliore della farina comune,, in cui entrano particelle di crusca. Anche nella crusca si contiene una parte di glutine, la quale se ne va perduta, allorché separasi tutta la crusca dal fiore. Perciò il fiore di farina contiene più amido e meno di glutine che la farina completa, mista cioè alla crusca: ne consegue che il pane inferigno è più nutriente del pane bianco. (Paolo Vecchia» Pedogogia educativa. Paravia. Torino pag. 137, e 13S). Il Vecchia dimostra anche che il pane comune è più digeribile e conchiude. "Di queste verità fa prova quello che avvenne nella guerra di Crimea del 1855. I prigionieri russi non si potevano contentare della quantità di pane fissata ai soldati francesi : conveniva aumentare le porzioui, perchè il pane bianco dei Francesi non li nutriva nella stessa maniera che il pane di crusca, a cui erano abituati. (Journal de V Agrimlture par I. A. Barrai 1S68.)„ Ed ecco perchè i nostri paolani non potrebbero durare al lavoro con pan de paneto. Comunque sia, io mi congratulo col mio paese^ per questo risveglio letterario e scientifico in ogni ramo qtasi dello scibile; ed in particolare poi con l'egregio Apollonio, il quale, dedicando il profitto di questo libro a benefizio dell'ospedale di Umago,. ha fatto così due volte un'opera buona. P. T. --------- PUBBLICAZIONI È uscito il romanzo del sig. Giulio Cesari (Bon-homo). È un bellissime volume, stampato a Udine, su carta di lusso e con tipi nuovi ed eleganti. La copertina è disegnata dal nostro bravo artista comprovinciale sig. Giulio de Franceschi. Iu quanto a forma, dunque, il libro nulla lascia a desiderare. Anche dal lato intrinseco del lavoro, se ne resta paghi. Dalla rapida scorsa che vi abbiamo dato, lo si legge con crescente interesse, ed è scritto con spigliatezza e in buona lingua. Chi noi sapesse, il sig. Cesari è uno dei collaboratori dell 'Indipendente di Trioste. É un giovane scrittore cbe ha dell' ingegno e dell' immaginazione vivace. Chi comprerà il suo romanzo, che costa fior. 1, non ne resterà pentito._(Dall' Istria) Pietro Madonizza edit. e redat. responsablie