Inno xxv. Capodistria, 16 Settembre 1891. N. 18 PROVINCIA DELL'ISTRIA Ecce il 1" ed il 16 d'iiifiii mese. ASSO*'1 A/.IONK per ufi anno fior. 3; semestre e qua- i.-i'HHun-f iti }irn|.ii«. — (ìli abbonamenti si ricevono presso .k Ueii'./.ii'Mr. L1 OTTAVO CONGRESSO ANNUALE della SOCIETÀ' DI STORIA PATRIA A PARENZO. 7 settembre. S'è tenuto anche quest'anno nell'aula, così detta, di San Francesco, intorno a mezzodì ed è durato «n'ora e mezzo. Ma mai come quest'anno i soci non ri sono intervenuti in sì piccolo numero. Venti in tutto e per la maggior parte di fuori. E sì che i soci della città, die sono abbastanza numerosi, dovrebbero più degli altri sentirsi lusingati del buon nome che seppe a questa patria istituzione acquistare fin dalla nascita e mantenerle poi un lor concittadino che la ideò e quasi sempre a lei presiedette. E poi la società risiede nella città loro, a cui e riesce quindi di decoro e dà qualche vantaggio materiale e almeno, sia pure una volta ogni anno, serve a scuotere un poco la mononotia la vita. E poi chi vien di fuori dee pure incomodarsi alquanto e sostenere qualche spesa, mentre essi altro dispendio nè altra fatica non anno che di fare uno o due passi. Senza dire che questa Tolta la malia era maggiore : una lettura del Benussi. 0 che sia proprio un male incurabile di noi istriani questo di salutare con immenso entusiasmo le istituzioni utili ed onorifiche al paese quando son nuove e far loro gran chiasso attorno, per la-I sciarle in breve intristire, tutti rassegnati alla volontà di Dio? Ma Dio dice appunto da un pezzo: Aiutatevi, se volete ch'io vi aiuti.... E un aiuto che io penso che ci potremmo forse dare nel caso no-Istro sarebbe quello di tenere il congresso ciascun anno in un'altra città. Certo che allora per la città tove si terrebbe, riuscirebbe egli una novità e almeno Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. vi concorrerebbero i soci in quella risiedenti. Noi di Parenzo ci siamo ormai troppo a/vezzi. Intanto il presidente dottor Amoroso apre il congresso e saluta i consoci. E il segretario dottor Tamaro essendo stato impedito dalla mal ferma salute di elaborare uno di que' suoi sempre applauditi rendiconti morali, vi supplisce egli, il presidente, alla meglio dando le notizie più salienti dell'operosità sociale in quest' ultimo anno. E dice che il periodico della società va sempre meglio crescendo in favore presso gli studiosi sia per la copia che per l'importanza dei documenti in esso publicati. Certo che gualche lavoro originale di più gli darebbe attrattiva ancor maggiore. In gran considerazione sono tenute le publicazioni paleontologiche, che àn già servito allo studio delle migrazioni italiche a più d' un dotto. Gli scavi ai Pizzughi non sono stati quest'anno fecondi di ritrovati; ma scoperte relative all'epoca romana si fecero ad Abrega del pai-che a Cittanova. Il canonico Deperis rilevò la pianta della basilica di Santo Stefano. Ma d'un'importanza straordinaria è la scoperta del presbitero nella basilica eufrasiana, l'unico che siasi conservato fino a' nostri giorni. La società annovera di presente, compresi i municipi, 188 soci, sette di meno dell'anno scorso. Di questi due sono morti: D. Manzoni e F. Kuder, cui il presidente commemora ed invita i presenti ad esprimere il rammarico della perdita assorgendo. E così avviene. Indi il vicepresidente dottor Benussi tieue la sua lettura .,L'Istria nell'epoca bizantina", lavoro erudito e nelle conchiusioni convincente, di quelli che sa fare lui, e molto importante, cui io mi guardo bene dallo sciupare toccando, come potrei, l'argomento per sommi capi. I soci e gli altri, che ne avranno desiderio, lo potranno leggere a loro agio stampato nel prossimo bollettino della società. Ma la morale del dotto lavoro mi piace di qui riferire ed è questa: eh' è di capitale importanza che la storia istriana non sia studiata soltanto dagli stranieri, ma sì pure dagli istriani. Dal cozzo delle idee nasce poi la luce storica. E scoppia al lettore unanime applauso. Poi il cassiere dott. Becich legge il conto consuntivo dell'anno :90 e il preventivo del '92. Nel '90 l'introito fu di fior. 2027, l'esito di 1208.38, onde restarono in cassa f. 818.62. Nel '92 si spenderanno f. 1500 e se ne introiteranno 1431. Gli altri 69 verranno coperti dall'avanzo del '91. Il conto è approvato. Si passa quindi ad eleggere la direzione per l'ottavo anno sociale e fatto lo spoglio delle schede rimane riconfermata a unanimità di voti la direzione precedente: Dott. A. Amoroso, presidente. — Dott. B. Benussi, vicepresidente. — Dott. M. Tamaro, segretario. — Dott. G. Becich, cassiere. — Dott. G. Cleva, G. B. de Franceschi, Prof. A. Paschi, Dott. B. Schiavuzzi, Prof. G. Yatova, direttori. Nell'ultimo punto dell' ordine del gioruo — eventuali proposte — il dott. Campitelli esprime due desideri: che i soci attuali, considerata la serietà e l'importanza dell' associazione, vedano di procacciarle qualche nuovo socio, e che il lavoro di maggior lena, cui il Benussi nella sua lettura accennava di avere in mente sia reso di publica ragione quanto prima. In fine s'inviano due telegrammi che salutino a nome dei consoci e consolino il rieletto segretario dott. Tamaro e il nestore dei nostri storici C. de Franceschi. E qui il congresso à fine. E i soci si raccolgono a geniale banchetto nella trattoria „Alla città di Trieste", ove passano lietamente insieme un paio d'ore. Indi la maggior parte, guidati dall'erudito quanto gentile monsignor Deperis, fanno visita alle vecchie e alle recenti scoperte nella basilica ed ai mosaici che sotto la esperta mano del cavaliere professor Bornia di iioma rinascono a novella vita. O. Di Nazario CO o Lazzaro Sebastiani da Capodistria © pittore del secolo decimosesto Il signor Tomasich nel suo libro — I rettori di Egida, Giustinopoli — Capodistria ecc. ecc. a pagina (76) enumera tra i pittori di Capodistria Sebastiani Nazario con le seguenti parole — „I1 suddetto Cargnati (un frate minorità) nomina nelle sue memorie Nazario e non Lazzaro Sebastiani scolaro di Vittore Carpaccio." Nel leggere queste parole sono caduto dalle nuvole. Conosceva il Sebastiani per quanto ne dice il Selvatico ed altri scrittori d'arte ; ma ignorava del tutto che fosse da Capodistria. Sarebbe adunque una nuova gloria del paese; e gioverebbe anche a provare indirettamente l'esistenza di una scuola di pittura fondata in patria dal grande artista e da me già sospettata, senza dire che sarebbe fra le tante un'altra prova indiretta si, ma non da disprezzarsi per provare che Capo-I distria fu veramente la patria di Vittore Carpaccio. Se non che prima d'inscrivere Lazzaro o Nazario Sebastiani nell'albo degli uomini illustri di Giustinopoli convieue scrupolosamente esaminare al lume della critica gli argomenti addotti. Di uomini celebri Capodistria ne ha già tanti ; chè uno più uno meno, la sua fama non rimane punto nè accresciuta nè offuscata. E prima di tutto osservo che il Sebastiani è sempre dagli scrittori veneti ritenuto per Lazzaro e non Nazario. Così il Selvatico "Pochi seguaci, scrive egli, si ebbe il Carpaccio, e questi, bisogna convenirne, piuttosto deboli. Il migliore è Lazzaro Sebastiani, di cui un vasto dipinto qui (all'accademia di belle arti in Venezia) abbiamo, il quale figura un miracolo di Santa Croce avvenuto nelle case di Nicolò di Bonvegnuto, dipinto che manifesta essere stato questo pittore buon prospettico, coloritore lodevole, sebbene alquanto pesante, abilissimo nei ritratti, di cui quella tela è ripiena: ma le movenze sono fredde, le figure tendenti a soverchia lunghezza, il diseguo di rado corretto, la composizione impacciata così da non lasciar discernere a prima vista il soggetto. Il più pregevole de' suoi lavori è uua lunetta con la Vergine tra due santi a San Douato di Murano, ove più che allo stile del maestro si attiene a quello di Cima, e quindi nel disegno meno inciampa nelle notate colpe di scorrezione . . . . „ (Storia estetico-critica delle arti del disegno. Ve-uezia Naratovich. Voi. 2. pag. 506.) Ciò premesso, senza perderci in altre questioni sul giudizio del Selvatico, vediamo prima di tutto se si possa accettare la lezione Nazario per Lazzaro. "Qui il popolo dice, scrive il citato Tomasich. (vedi sopra) Lazario o Lalo per Nazario. I villici del circondario dicono Lazzar, specie gli Slavi di Decani. Sull' altare a destra della loro bella chiesa si trova effigiato S- Nazario vescovo, e lo chiamano Sot. Lazar che in italiano vuol dire S. Lazzaro. Da questi tramutamenti che il popolo fa dei nomi,. sarà stato probabilmente cangiato il nome di battesimo del Sebastiani da Nazario in Lazzaro.,, Tutto questo è conforme alle leggi morfologiche. Il mutamento del N in L è comune; e l'a rimane anche in Lazzaro senza mutarsi in e perchè V ar non è in posizione. Noto di più che questo cangiamento non si trova solo a Capodistria e nel suo circondario, ma che è di più comune a tutta la regione veneta, non esclusa la Dominante. E per vero lnei Senato Misti del 1392 si sancisce "che a Capodistria si tengano le solite laudi al Serenissimo Dominio, qualmente si usava ante guerram, et quidem quattro volte all'anno nelle solennità di Pasqua, di Natale, di San Marco, e di San Lazzaro protettore.,, (Vedi Provincia XXIV. 16.) Va benissimo, se non che dato ed anche ampiamente concesso che i Veneti mutano Nazario in Lazzaro, non ne viene già di conseguenza che tutti i Lazzari siano corruzione di Nazario. Nel caso concreto bisogna prima provare che il Sebastiani si chiamava veramente Nazario, quocl est demo-strandum. Per provare ciò non abbiamo che la testimonianza del Tomasich, il quale dice che così si leggeva nelle memorie del frate Cargnati. Per avere una prova sicura di ciò converrebbe esaminare at-tentameute le opere che del Sebastiani rimangono a Venezia. Se nel solito angolo si legge Lazzaro allora tutta la argomentazione va a rotoli, perchè pare impossibile che il pittore stesso si prestasse a questo cangiamento del suo nome, e ignorasse di chiamarsi Nazario. Passiamo ora al cognome. La famiglia Sebastiani non esisteva a Capodistria nel secolo XVI, come si ha dallo stesso Tomasich il quale nel suo opuscolo — Famiglie capodistriane esistenti nel secolo XVI. (Capodistria 1886) non la enumera nè fra le nobili, nè fra le plebee. Ed è per lo meno assai improbabile che una famiglia illustrata da un pittore scolaro del Carpaccio fosse del tutto ignota così da non lasciar traccia nelle carte del tempo. Ben è vero che il Tomasich in un altro suo opuscolo — 1 nobili di Capodistria e dell'Istria. Capodistria 1887 — la enumera tra le famiglie nobili; ma senza documenti, e solo aggiungendo: fu allievo di Vittore Carpacccio. Ma questo è un idem per idem; e nasce quindi il sospetto che l'autore abbia registrato i Sebastiani tra le famiglie capodistriane sulla fede della memoria del padre Cargnati, e 1' abbia messa in un secondo suo elenco, non potendo meglio rimediare alla prima occasione. Ci provi adunque con la consueta sua diligenza il Tomasich l'esistenza di detta famiglia nel secolo XVI. e di averla desunta dai registri ed archivi, come ha fatto pei due elenchi del 1886. E lo Stancovich che ne dice? si domanderà. Lo Stancovich è muto, ed invano si cerca il Sebastiani nel diligente elenco degli uomini celebri dell' Istria. E si può supporre che la memoria di un discepolo del Carpaccio fosse del tutto spenta nella sua città natale? Ma chi tace, non dice niente, e il silenzio dello Stancovich è compensato dalla parlantina del Cargnati. Rimane però il desiderio di sapere qualche cosa dell' esser suo per potersi formare un giudizio sull'attendibilità della sua opinione. Il solo argomento favorevole, per credere il Sebastiani nativo di Capodistria è l'essere egli stato senza dubbio discepolo del Carpaccio capo-distriano. Riassumendo il sin qui detto conchiudo: Primo. È accertato che Nazario si mutava spesso in Lazzaro. Secondo. Per credere che Lazzaro Sebastiani sia stato Nazario da Capodistria non abbiamo finora nessuna prova diretta. Terzo. È questa un' opinione che ha qualche grado di lontana probabilità. Quarto. Solo la esistenza della famiglia Sebastiani nel secolo XVI a Giustinopoli, e qualche quadro dell' autore con sotto il suo nome e cognome secondo la lezione del frate Cargnati saranno ottimi argomenti per credere che Capodistria gli abbia dato i natali. In caso diverso il Sebastiani da Capodistria dovrà essere sempre scritto con un grosso punto interrogativo. IJ. T. --— —.—- X ISTORI LOCALI (Lettera inedita, pubblicata nella Perseveranza dell' 8 Settembre p. p.) Lettera del professore Ascoli, senatore del Regno, al Direttore generale della Statistica, concernente la compilazione di una Toponomastica italiana. Milano 26 marzo 1891 Posso immediatamente soddisfare alla richiesta che la sua cortesia mi rivolge, valendomi di una parte della Relazione intorno al disegno della Toponomastica italiana, che mi era stata commessa, l'anno passato, dall'onorevole Paolo Boselli. ministro allora dell' istruzione pubblica. Nel comunicare le seguenti righe alla S. V., risponderei anzi alle istruzioni che io aveva avuto dagli egregi uomini che in quel tempo reggevano il Ministero. Vedrà ella poi quale uso le convenga di farne. I nomi locali costituiscono, nel giro della storia, una suppellettile scientifica che si può confrontare con quella che nell' ordine delle vicende fisiche è data dai diversi giacimenti che il geologo studia. Per buona parte, i nomi locali rientrano senz' altro nello schietto dominio della speculazione dialettale; ma iu non poca parte essi formano una materia di studio, più ancora preziosa e peregrina di quelle che non si rinchiuda nella dialettologia vera e propria. Prima ancora che sorgessero gli studi rigorosi intorno a tutte le manifestazioui della parola, i nomi di luogo avevano perciò a buon diritto fermato l'attenzione dei pensatori. Leibuizio ha a questo proposito una sentenza assiomatica, acuta e bella. Alla quale può piacere che vada congiunta uua sentenza da vero precursore, pronunciata dal De Maistre. Venuta 1' età delle ricerche veramente metodiche, il desiderio delle collezioni di nomi locali, quanto più ampie e precise che dar si potessero, si è naturalmente venuto facendo più vivo e insistente. I problemi e le risultanze si vennero via via specificando ; e la utilità dell' indagine riusciva sempre più evidente anche per coloro che di questa mauiera di studi non facevano pro-fession particolare. Gli era in ispecie per via induttiva che primamente s1 istillava la persuasione della efficacia di codeste esplorazioni. Si avvertiva, per esempio, il caso dei nomi locali tedeschi, i quali rimangono e rimarranno nei così detti Sette Comuni vicentini e Tredici Comuni veronesi; e si diceva giustamente, che se anche il linguaggio di codesti coloni germanici iu terra italiana, sul quale si è così stranamente disputato, fosse morto (e poco manca che noi sia), basterebbero i nomi locali a rivelare sicuramente alla scienza quali fossero essi coloni, donde precisamente provenissero e quale-l'età della loro immigrazione. Uu esempio analogo e più largo sarebbe offerto dai molti nomi locali che in Sicilia hanno lasciato gli Arabi. Se trasportiamo, colla fantasia, l'invasione musulmana della Sicilia a un'età molto più rimota di quella iu cui non sia realmente avvenuta, e immaginiamo perdute le dirette testimonianze storiche di quella invasione, o anche immaginiamo spento lo stesso linguaggio arabico, ecco che ci potrebbero bastare l'ampia serie dei nomi locali, di cui la Sicilia è debitrice agli Arabi (tutti i calat-, castelli, per esempio, come Calat ajìmi. Calta nissetta, Calta girone, Calta-belota, ecc.), per ricostruire, più o meno distintamente, l'avvenimento storico, di cui ogni altra testimonianza tacesse. I nomi locali dell'Italia Superiore in engo (Asnengo, Ottolenrio, ecc.) attcstano similmente alla scienza la dominazione Oi determinate genti tedesche nella regione e nell' età in cui li vediamo spuntare. Andando più in su, il vario linguaggio dei Celti, che non è ancora spento, ma non è molto lontano dallo spegnersi e le cui antiche testimonianze, d'ordine letterario, sono per la parte continentale grandemente scarse, vibra pur sempre chiaramente nei nomi locali che attestano la coesistenza dei Celti e dei Romani sui territori che a buon diritto si dicon gallo-italici. Gli abbondantissimi nomi in aco (ago ecc. : Parabiago, Osnago, ecc.), rappresentano così, in modo cospicuo, il grande periodo storico, politico ed economico, iu cui la vena celtica e la romana si fondevano tra loro nella Gallia cisalpina e nella transalpina, rinnovando largamente 1' energia civile dell' Europa. Più iu su aueora, Y-ena (cou l'è chiusa), della topouomastica toscana, ci avverte che siamo nella patria di Por sena. E ancora più iu su, ci troviamo alle prese con quella gente che diciamo ligure e che sempre rimane problematica nel rispetto della razza e del linguaggio. Qui non è più uua lingua, per altro modo conosciuta,, che ci chiarisca la ragione dei nomi locali, ma è piuttosto la forma dei nomi locali che diventa indizio della lingua antelatiua. Manca a noi così la diretta intenzione che nel linguaggio ligure la terminazione asca riuscisse particolarmente adatta alla formazione dei nomi di luogo; ma i limiti geografici (secondo i più antichi confini dei territori occcupati dai Liguri), entro i quali distintamente si richiudono i nomi locali di questa desinenza, mostrano che essa debba andare imputata al linguaggio dei Liguri di guisa che se ne ottiene come un elemento di ricostruzione della costoro favella. L'utilità etnografica o linguistica dei nomi locali è poi ben lungi dal limitarsi alle speculazioni dianzi accennate. Così, per esempio, le varie fasi di ogni maniera di favelle italiche son come cristallizzate iu serie più o men numerose di nomi di luoghi, di acque, e via dicendo. Venafro, se vogliamo qualche saggio, uon ha conio latino, e meno ancora ha questo conio l'òfanto. Il latino avrebbe dovuto dire Venabro e U-bènte-, e perciò Venafro e 1' Òfanto ci rappresentano una fase paleoitalica che non è la latina. Il Monte vreri (Monte Capraj), a nord ovest di Torino, ci rappresenta una fase gallo-italica più antica e genuina che non sia quella degli odierni parlari del Piemonte e della Lombardia. E si potrebbe indefinitamente continuare. Appena occorre che sia inoltre accennato al vario costrutto storico che si ricava dai nomi di luogo che pur non offrano alcun che di peregrino nel rispetto del linguaggio. Vi si rispecchiano vicende politiche, religiose, sociali, economiche, d' ogui maniera. Qui in parte rientra anche la region proporzionale tra le diverse categorie ideali dei nomi di luogo. Così per esempio, i nomi locali italiani, provenienti da nomi di piante, stanno nel-l'intera suppellettile, per quanto si è in sino ad ora veduto, nella ragione di uno a quindici (sono circa quat-tromilla sopra circa sessantamila). Della utilità che viene finalmente, anche nello stretto ordine pratico, dalla abbondanza e dalla precisione delle collezioni toponomastiche, è superfluo discorrere dopo le splendide affermazioni che in ispecie si sono avute dai più autorevoli topografi militari. La somma, per dianzi citata, delle circa sessanta migliaia di voci, a cui, spremuti tutti i libri, si fa ascendere la suppellettile toponomastica italiaua intorno alla quale gli studiosi nostrali e stanieri possan più o meno facilmente lavorare, segna una gran povertà, che è di continuo deplorata. Siamo, in effetto, a non più del triplo dei nomi che ci son dati dal Dizionario postale, e in altri termini vuol dire che non abbiamo ancora, iu media, neanche otto nomi per ciascuno degli ottomila Comuui. Ora, per misurare prontamente l'enorme distanza che passa tra la quantità così raccolta e quella da rac- cogliere, posson valere gli esempii che seguono, i quali provengono da una contrada di quella non gran parte •1' Italia che ha la fortuna di possedere insieme il catasto geometrico e la carta topografica militare. Portano dunque i fogli del catasto, pei comuni qui sotto segnati, il numero dei nomi d' abitato che si vede allato a ciascun d' essi : Busto Arsizio, 71; Olgiate Olona, 81; Solbiate Oloua 17; Castellauza, 29; Marnate 20; Samarate, 58; ^t'ardano al Campo, 37; Ferno 14: Tirano, 122; Villa di Tirano, 52; ltianzone, 161; Abiuro, 175; Ponte 98; Incudine, 53; Vezza d'Oglio, 80; Grossotto, 51; Mazzo, 58; 'l'ovo, 67; Vervio, 68; Lovero, 30; Sernio, 31. Le carte topografiche militari non darebbero, in media, se non alquanto meno della metà dei nomi che si raccolgono dai fogli catastali. E il catasto compiuto non 1' avremo se non entro vent' anni, per quanto si prevede; e i venti potranuo diventare trenta o più. Onde è sorto il pensiero di chiamare iu pronto aiuto della toponomastica, la Direzione generale della statistica del Regno. Teoricamente parlando, il censimento per la via più diretta e più rapida per cui si possa raccogliere la totalità dei nomi locali, in quanto nomi d'abitato. Si può cioè immaginare una demografia (o almeno un profano la immagina), iu cui la popolazione appaia ripartita secondo i complessi di case a dimora, i quali portino un particolar nome locale. Vi si troverebbero perciò anche i nomi delle frazioni di Cornuue, dei casolari dispersi e pur dei rioni o delle vie degli abitati più o meno estesi. Tanta perfezione non è di certo stata raggiunta in nessun paese e forse nou si potrà raggiungere mai. Ma quando si badi alla estrema eseguità della odierna toponomastica ufficiale dell' Italia, par lecito sperare che glandi incrementi abbiauo ad esser conseguiti mercè le cure di chi dirigerà il prossimo censimento ideila p< 'ione del lì gnu. Per quanto io possa, signore, son pronto ad aggiungere gli ulteriori schiarimenti che le paressero di qualche località; e intinto mi confermo, ecc. ----------- 2ST otlzie Sotto il titolo Cari'i/iii istriani, con la data del 30, si legge nell' „Inilip>u uni. - del 31 agosto iu una corrispondenza di Aurelio: „A Pola si è foritiiilm uti* costituita una Banca slava per azioni, della qn.>i»■ è presidente l'avvocato Laginja. 11 fatto può sembrare di nessuna inportanza, non meritevole ad ogni modo di essere rile\ato; invece ne ha molta e noi ue sentiremo senz'altro le conseguenze nelle elezioni dei Comuni di campagna, iu quelle alla Diet;:. nelle prossime suppletorie forestali al Parlamento di Vienna, dappertutto, insomma, là ove il partito istriauo è alle prese con i novelli civilizzatori, che vorrebbero soffocarlo. Ben pochi saranno co-i ingenui da ritenere che tale Banca slava sia stata creata con denari raccolti fra i croatomani, che non consolano di certo I Ltria nostra, e che Zagabria e Lubiana ed altri più felici paesi uou c'entrino per nulla; come pure è assai difficile il credere che essa Banca slava sia stata fondata con intendimenti del tutto estranei alle lotte nazionali e politiche di questo paese. Noi sappiamo bene come al panslavismo prema molto di convertire completamente alla sua fede tutto il Litorale e che per raggiungere questo scopo si sobbarchi a grandi sacrifizi di denaro e fatiche ; epperò richiamiamo la più seria attenzione nou solo dei nostri comprovinciali, ma in generale dei nostri consenzienti sulla citata creazione, iu virtù della quale — è necessario ripeterlo fino alla sazietà — molti ostacoli nuovi verranno frapposti al nostro progressivo sviluppo nel campo della vita publica." Questa notizia ha destato da per tutto la più viva curiosità, come di ogni nuovo episodio che riguarda la lotta giornaliera che si combatte da anni nella nostra provincia con gli emissari di Zagabria. Abbiamo detto curiosità, e non apprensione, in quanto che si conoscano le difficoltà enormi di introdurre il credito nella campagna in generale, e in quello di Pola in particolare; nè si è potuto credere sul serio che l'on. Laginja, per quanto siasi dimostrato propugnatore di nuove idee nel campo economico, avesse scoperto il segreto di far scaturire i rubli nella roveria. Ma a Trieste, dove a dir vero si conoscono poco le nostre condizioni, e altrove, lontano, dove da molti anni sono domiciliati nostri com-proviuciali, la notizia di Aurelio, ha prodotto profonda sensazione, e ci pervennero lettere dalle quali trasparisce l'ansietà di una risposta, e un rimprovero male rat-tenuto tra le linee, a noi che ci siamo lasciati arrivare l'acqua al mento.... fino ad affogare nei rubli d'una banca slava. Possiamo assicurare tutti questi egregi patriotti che da informazioni avute, non c'è da temere per ora della banca Laginja & C., la cui influenza si limita all'irradiazione di grossi caratteri in lingua croata, che si leggono su di un insegna affissa sulla casa del presidente. Dopo queste informazioni sicure abbiamo domandato notizie dettagliate, ma ancora non ci sono pervenute, e speriamo di poterle avere e pubblicarle nel prossimo numero. Ciò detto, non facciamo rimprovero ad Aurelio dell',Indipendente' di aver richiamato l'attenzione su uno dei tanti mezzi coi quali si fa la propaganda slava nella nostra provincia. Nulla deve rimanere inosservato. Così siamo d'accordo con lo stesso corrispondente nel propugnare la necessità di qualche istituzione di credito per la classe agricola; e senza farne vanto, ma a fine di giovarsene, ripeteremo che nella serie delle nostre annate, abbiamo assai di frequente posto sotto gli occhi dei nostri comprovinciali i diversi congegni delle istituzioni di credito per la campagna, abbiamo anche tentato di passare dalle parole ai fatti ; ma pur troppo con pochi e troppo scarsi appoggi. Ci affidiamo ancora una volta ai giovani : ne abbiamo di valenti, in posizione fortunata, che attendono le loro prime prove; ecco loro aperto un campo vasto e tutto nuovo da sfruttare nella nostra provincia : la istituzione del credito agricolo. Avanti dunque con coraggio ! In seguito alle varie idee espresse nella conferenza tenutasi a Parenzo il mese scorso, la giunta provinciale ha prese le opportune disposizioni, affinchè venga assunta senza ritardo uei paesi lungo la progettata ferrovia Trieste-Parenzo, una regolare ed accurata inchiesta sulla rendibilità presumibile della medesima. Alla direzione del comitato provinciale pel centenario „Tartini" a Pirano sono pervenute le seguenti ulteriori contribuzioni: Dal municipio di Cerviguauo f. 15; da uu comitato di Capodistria, il ricavato della festa datasi a quel teatro ai 23 maggio pp. f. 219.55; dal Circolo filarmonico di Pola l'ulteriore civanzo della festa datasi a quel Politeama li 14 maggio pp. f. 23.97 ; dal prof. Vasconi Domenico di Capodistria f. 3.60; dal Circolo popolare di Rovigno f. 20 ; dal Circolo accademico italiano di Vienna f. 33; da Predonzani Cristoforo di Vienna f. 5; dal Magistrato civico di Rovigno, il contributo votato da quel consiglio comunale f. 150; dai comprovinciali Pa-renzan, Levi, Giacich e Monfalcou residenti a Venezia lire it. 27 ; da Venier cav. Eugenio da Piacenza lire it. 10; da Rota avv. Eugenio di Venezia lire it. 25; da Valentiuis dott. Gualtiero di Udine lire it. 20. Inoltre la presidenza della veu. Arca di S. Antonio in Padova ha stanziata la somma di lire it. 100, ed il distinto pittore istriano Pietro Fragiacomo, residente in Venezia, ha rimesso al comitato uu pregevole suo dipinto da essere venduto a beneficio del monumento a Tartini. Nicolò Pizzarello, figlio al dott. Antonio, capodistriano, professore a Macerata, nou ancora diciassettenne, dopo aver otteuuto con premio la licenza liceale, subì in questi giorni a Roma l'esame d'ammissione all' accademia militare, riuscito il primo tra i candidati non provenienti dai collegi militari. Neil' i. r. Ginuasio superiore di Capodistria l'anno scolastico 1891-92 s'inaugurerà il giorno 18 corrente coli' ufficio divino. Nei quattro giorni precedenti avrà luogo l'iscrizione degli scolari, dalle ore nove antim. all'una pom. Neil' ultimo momento abbiamo ricevuto la dolorosa notizia della morte avvenuta la notte del 13 con-., dell' ottimo comprovinciale Tomaso cav. Bembo, podestà di Valle, sua patria. È stato deputato alla dieta provinciale, membro del consiglio agrario, e di molte commissioni; sempre animato da lodevoli intenzioni nel propugnare gì' interessi del paese. Nota (Ielle offerte per un busto a Monsignore Giovanni Favento (Vedi Provincia 16 Giugno 1891 N. 12). Dal Sig. D. Francesco Crevato. Buje fior. 1.—: dal Sig. Giovanni Riosa, Milano, fior. !. : dal Sig. prof. Domenico Vasconi, Casale Monfi'i rnto li,.>r. 1.—: dal Sig. Gasparo Bonetti. Buje fior. 1.— : Dal Sig. Francesco Kodermaz. Trieste fior 1.— --—----sS^—------- Appunti bibliografici La questione di Panfilo Gastaldi per Giuseppe Fumagalli. Hoepli. Milano 1891 con documenti. Un Volume di pag: 127. La questione non è nuova per i lettori della Provincia. Primo a portarla in campo fu il benemerito nostro Luciani, che, avendo domandato in proposito lumi e consigli al signor Andrea Toinasich, ricevette da lui documenti dai quali risulta provato che Panfilo Castaldi era nel 1461 medico a Capodistria, e non già giureconsulto e poeta a Feltre come opinarono il Cambruzzi ed altri autori Bellunesi e Feltrini. (Vedi La Provincia dell' Istria XVIII. 17. 1 Settembre 1884.) Se col documento di cui sopra rimane accertata la dimora del Castaldi quale medico a Capodistria, non così l'invenzione della stampa a tipi mobili, perchè la presunta esistenza dei primi saggi dell' arte tipografica, cioè del responsorio di Sant' Antonio da Padova e 1' o-razione alla Santa Sindone, che si dicono editi a Capodistria intorno al 1440, è semplicemente fondata su di un dicesi, e sulla testimonianza di un morto, e queste benedette carte o non si trovarono, o non si cercarono mai. Rimane adunque sub judice lis ; e la questione tra Guttenberg e Panfilo Castaldi è sempre insoluta. Il signor Fumagalli, con gli accreditati tipi del Hoepli, tornò recentemente alla carica con un ben ragionato studio; e senza darsi l'aria di tagliare la testa al toro, pone nei giusti termini la questione; e fino alla scoperta di altri documenti con la massima imparzialità conchiude non potersi finora cantare vittoria nè da una parte ne dall' altra. Ed ecco le sue conclusioni. Primo — "La polemica siili'invenzione della stampa è tutt'altro che risoluta. Le due ipotesi Guttenberchiana e Costeriana sono in parte provate in modo affatto insufficiente, in parte addirittura contradittorie ed apocrife; le testimonianze non hanno altro valore che quello di determinare il luogo