OCENE / RECENSION! / REVIEWS, 349-370 Giovanni Paoletti ricorda l'improvvisa sosta di Papa Pio VII nella Val di Torre mentre tentava via mare di raggiungere Roma, ma colto dal maltempo dovette riparare da queste parti. La vicenda è ricostruita in La sosta di papa Pio VII in Val di Torre in una medaglia commemorativa. Marino Manin, basandosi sul preziosissimo fondo documentario da lui studiato, descrive Le caratteristiche dei comuni catastali di Torre, Fratta e Abrega secondo il catasto franceschino. Un'altra fonte importante è costituita dai libri anagrafici parrocchiali che permettono la ricostruzione demografica del territorio. Cosi Branka Poropat presenta I registri anagrafici della parrocchia di Torre con particolare riferimento a quelli dei battezzati (1815-1849) e dei morti (1815-1862). Vltava Muk ha curato l'aspetto etnografico nell' Evoluzione tecnica e importanza dei carri agricoli in Istria con particolare riferimento a Torre. In conclusione Tajana Ujčic presenta una Rassegna del materiale archivistico del territorio di Torre, Fratta ed Abrega, custodito presso l'Archivio di Stato di Pisino, l'Archivio parrocchiale di Torre e l'Archivio diocesano di Parenzo, d'importanza fondamentale per chiunque vorrà interessarsi all'approfondimento storico delle tre località. Denis Visintin Stefano Lusa: LA DISSOLUZIONE DEL POTERE. Il Partito comunista sloveno ed il processo di democratizzazione della repubblica. Udine, Kappa Vu ed., 2007, pp. 363 Unendo il rigore dello storico alla professionalità del giornalista, Stefano Lusa corona anni di studi con l'uscita di una seconda monografía La dissoluzione del potere. Il Partito comunista sloveno ed il processo di democratizzazione della repub-blica, con la prefazione di Jože Pirjevec, ulteriore approfondimento dell'opera prima Italia-Slovenia 199Q1994 (Pirano, 2001). La ricerca confluita nel volume, caldeggiata a suo tempo da Diego de Castro, è stata svolta grazie ad una borsa di studio elargita dalla Fondazione Franca e Diego de Castro di Torino. Nell'affrontare l'analisi degli anni '80 in Slovenia ed il difficile processo culminato nell'indipendenza dalla federazione jugoslava, l'autore si è trovato in una posizione privilegiata rispetto ad altri studiosi d'argomento affine, grazie alla dovizia di fonti provenienti dagli archivi riservati di Lubiana. La Slovenia, a differenza di altri paesi, non impone, infatti, il vincolo dei trent'anni di attesa su buona parte dei documenti archivistici. Ció ha conferito al lavoro di Lusa uno 359 OCENE / RECENSION! / REVIEWS, 349-370 STEFANO LUSA LA DISSOLUZIONE DEL POTERE IL PART1TO COMUNISTA SLOVENO ED IL PROCHSSO DI DEMOCRATIZZAZIONB DELLA REPUBBL1CA Kappa VU spessore notevole, rispetto ai politologi italiani. L'autore, membro della minor-anza italiana in Istria, è per di più bilingue e, come giornalista di Radio Capodistria, specializzato in program-mi riguardanti la politica e la cultura, è abbastanza addentro alla società slo-vena per comprenderne la mentalità e l'esperienza storica. Con il distacco emotivo di un italiano dell'Istria che si sente ed è rite-nuto "diverso" dalla realtà slovena che pur condivide quotidianamente, Stefano Lusa ha saputo esaminare ed interpretare le carte reperite negli archivi di Lubiana in modo abile ed efficace. Le sue brillanti capacità comunicative consentono anche ai non addetti ai lavori di ripercorrere quegli anni Ot-tanta, in cui molti potevano ancora credere ad una possibile riformabilità dei sistemi comunisti (la perestrojka di Gorbaciov sarebbe iniziata, infatti, qualche anno dopo la morte di Tito) e che invece aprivano un processo irreversibile sfociato nel crollo del sistema bipolare ed in tante guerre localizzate. Nei diversi paragrafi l'autore argomenta sul periodo compreso tra la morte del maresciallo Tito e la dichiarazione d'indipendenza del parlamento di Lubiana. Apre scenari inediti soprattutto per il pubblico italiano che, a causa di molteplici ragioni storiche, cosi poco sa del mondo slavo in genere ed ancor meno di quello sloveno. La vicenda slovena, singolare sia nell'ambito della federazione jugoslava che nel campo socialista sovietico, è stata caratterizzata, secondo quanto emerge dal testo, da un costante dialogo tra il potere, impersonato dai vertici della Lega dei comunisti e dell'elite intellettuale che si è fatta interprete della cosiddetta società civile, cioè di buona parte del popolo sloveno. Alcune importanti riviste come Mladina e Nova Revja, insieme a movimenti alternativi come i punk, sviluppatisi in Slovenia e in Serbia, sono parte del clima politico e culturale in cui crescono gradualmente forme di protesta e di opposizione ai poteri tradizionali. Il conflitto con il Partito Comunista Jugoslavo si alimenta attraverso crescenti richieste in materia di diritti civili, come l'obiezione di coscienza, la libertà di espressione, di stampa ed il pluripartitismo. 360 OCENE / RECENSION! / REVIEWS, 349-370 Nella sua ampia trattazione Lusa collega la storia politica, economica, sociale e culturale della Slovenia al quadro più ampio e più generale della vita nella Fede-razione jugoslava. Ne evidenzia i rapporti con l'URSS e gli altri paesi socialisti in alcune fasi critiche. Ad esempio la conquista del potere da parte del generale Wojcjech Jaruželski in Polonia e la crescita di Solidarnošc furono eventi seguiti con la massima attenzione e preoccupazione dal governo di Belgrado. Oggi, di fronte allo squilibrio generato dalla pretesa di egemonia manifestata dagli Stati Uniti e dall'economia globalizzata in mano al capitale finanziario, dob-biamo riconoscere che gli anni '70 del secolo scorso furono l'epoca più felice che l'Europa dell'Est e dell'Ovest abbia mai conosciuto. Nella stessa Unione Sovietica l'era della stagnazione brežneriana fu l'unico periodo di benessere economico per tanta parte della popolazione, grazie alle divise estere derivanti dal petrolio. Molti cittadini dell'ex-URSS rimpiangono oggi la possibilità, esistente allora, di andare in vacanza nei paesi dell'area Comecon. La stessa Jugoslavia è stata meta del turismo sovietico oltre che fornitrice di manodopera. Nel settore edile furono molto apprezzate e richieste, per la loro pro-fessionalità, le maestranze serbe. Il clima di libertà, di scanzonata ironia che si respi-rava in Slovenia dopo la scomparsa dei "padri della patria" rispecchia, nonostante i limiti del partito unico, la qualità della vita ed il ruolo avanzatissimo raggiunto dagli intellettuali, sia pure in mezzo a segnali incipienti della crisi economica. Nei capitoli dedicati dall'autore alla questione del Kosovo, all'urto con l'Armata Federale e le repubbliche depresse nel Sud del paese, sottolineano l'espandersi di un processo di autonomia non necessariamente o inevitabilmente finalizzato alla secessione della Slovenia ed alla disintegrazione dello stato jugoslavo. Altre ricerche avranno il compito di chiarire ulteriormente il groviglio di interessi, le cause strutturali profonde, endogene ed esogene, che hanno provocato conseguenze di tale portata. Gli idealisti, sostenitori del progetto socialista, possono comunque chiedersi come sia stato possibile ad un partito comunista avanzato, come quello sloveno, abiurare a tutti i principi di uguaglianza, fratellanza e solidarietà, propri del socialismo, per approdare al libero mercato senza regole. Stefano Lusa non nega i giochi sotterranei orchestrati dai servizi segreti occiden-tali e fa intuire nell'epilogo come il prevalere del nazionalismo sullo stato sociale non renda neppure la giovane repubblica di Slovenia immune da colpe. "L'enfasi nazionale e nazionalista che accompagné l'indipendenza cominciô a presentare anche aspetti inquietanti. La Slovenia, oggettivamente, era ancora nazio-nalmente molto omogenea, ma il periodo jugoslavo le aveva lasciato in eredità molti cittadini provenienti dal resto della federazione. Con l'aggravarsi della crisi jugoslava, negli anni Ottanta, più di qualcuno sospettô che proprio questa comunità potes-se essere il cardine su cui avrebbero potuto poggiare i tentativi di "normalizzazione" della repubblica ribelle. 361 OCENE / RECENSION! / REVIEWS, 349-370 Stando ai dati del censimento del 1991, in Slovenia c'erano 54.000 serbi, 48.000 croati e 27.000 musulmani, nonché altre migliaia di cittadini di altre etnie provenienti dalle più svariate zone della federazione. Essi erano si cittadini jugoslavi, ma in gran parte non erano in possesso della cittadinanza repubblicana. Questa, sino a quel momento, era considerata del tutto secondaria e non rivestiva alcun effettivo valore. Lubiana, aveva promesso solennemente che l'avrebbe concessa a tutti coloro che lo avrebbero desiderato. Nel giugno del 1991, quando il parlamento approvó la nuova legge in materia, non ci si limitó ad estendere la cittadinanza a tutti i residenti, ma, su insistenza dei funzionari del ministero degli interni, vennero solo stabilite condizioni agevolate per coloro che erano in possesso della cittadinanza di un'altra repubblica della federazione. I termini per poter fruire delle facilitazioni scadevano il 26 febbraio 1992. Le autorità rispettarono l'impegno e concessero a gran parte di coloro che presentarono domanda la cittadinanza slovena. Chi per ignoranza o per scelta non lo fece, venne semplicemente cancellato dall'elenco dei residenti. 18.305 persone si trovarono d'un tratto senza documenti sloveni, senza assistenza sanitaria, senza il diritto al lavoro o alla casa. Sulla loro testa pendeva la spada di Damocle dell'espulsione o del trasferimento in un centro di raccolta per stranieri, anche se magari erano nati in Slovenia o avevano addirittura una casa di proprietà. L'opera-zione condotta da "oscuri burocrati" si svolse con un consenso sociale altissimo e non provocó l'indignazione dell'opinione pubblica. I più credevano che queste persone avevano avuto la possibilità di ottenere il passaporto e che non l'avevano colta. Nessuno sembrava porsi né il problema della sostanziale differenza tra cittadinanza e residenza né quello del diritto di continuare a vivere in Slovenia anche senza assumerne la cittadinanza. Solo nel 1999 la Corte costituzionale sentenzió che la "cancellazione" era un atto illegale. Le strutture politiche peró non parvero troppo disposte a risolvere celermente il problema, anche perché ció significava ammettere che nemmeno l'indipendenza slovena era senza macchia." Marina Rossi VJESNIKISTARSKOG ARHIVA (VIA), svezak 8-10 (2001-2003). Pazin, Državni arhiv u Pazinu, 2007, pp. 296 Dopo una pausa pluriennale - l'uscita dell'ultimo numero risale all'ormai lontano 2001 - dovuta principalmente a problemi di carattere scientifico-organizzativo, e stato presentato il 22 maggio scorso il nuovo numero del Vjesnik istarskog arhiva (VIA), il bollettino dell'Archivio di Stato di Pisino (Državni arhiv u Pazinu - 362