ANNO XXIV. Capodistria, 1 Giugno 1890. N. 11 LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-Jrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. ) Colino ii Capodistria (Continuazione vedi N. 7 e seg.) Constituito nella Magnif. Fiscal Camera D. Antonio Zupponi Castaldo della sud.a Scola e inteso il contenuto del presente Inst.o da me Nod.o infr.o lettogli, ha come Gastaldo della Scola med.a il tutto laudato, ratificato, et approbatò, promettendo per tutto obblig.e de beni della Scola sud.a, P.nti il S. Cap. Ant. Elio, et P.on Romano Romano Testi. Adi Dom.ca primo Ag.to 1677 al luoco et hora soliti p. il V. Com. fu stridato (carte 62) S.. P.nti Mattio...... e Giacomo Ristori informa Testi. Et Nod. ho io Giulio Gauardo p. la Veneta Autà pub. stipulato il p.nte, et in fede Nel Nome di Christo Amen, 1' anno della sua Nat.à mille seicento settanta sette, Ind.e decima, quinta g.o di Limi, uinti del Mese di Set.e in Capod.a nella mag.ca fiscal Camera, P.nti li SS. M. Ant.o Pola e cap. Marco Brutti testi. Alla presenza dell'lll.mo, et Ecc.mo S. Giacomo Pasqualigo V. Pod.a e Cap.o. M. Nicolò de Zorzi qui presente facendo tanto per nome suo prop.o, quanto di M. Bartolamio suo Pad.e, dal quale promette la ratificate del presente lust.o, per sè, heredi, e successori suoi dà qui auanti ha dato, cesso, e liberam.te uenduto. alli SS. D.r And.a Tarsia Sindico, Cav.r Olimpo Gauardo, Gou. Ant.o Brutti, Cau.r Oratio Fin, et D.r Agostin Vida tutti Deputati alla fabrica del Coll.o di q.ta Città, quale si deue erigere con la pub.a permissione qui presenti, et per parte d'esso Coll.o accettanti, asquistanti et riceuenti due Campi contigui in tutto di due giornate d'arar con piantade, sopra q.to Terr.o nella Valle de Mossamarin, liberi per quanto disse esso Vend.e di qualsiasi aggrauio, confinanti a sol leuà con rag.ni del S. Cau.r Olimpo Gauardo, a mezodì, e sol à m.te li heredi Arrigoni, e da Tram.a strada pub.a, salui sempre li più ueri confini; Et quelli p. prezzo, e stabilito accordo frà essi SS. Sindico, Deputati, et il sud.o de Zorsi de lire seicento, e uinti de piccoli, quali alla presenza ut s.a le sono state dal S. Giov. And. Barbabianca Cass.e del Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. dinaro d' esso Coll.o contate et in effetto esborsate in buona ualuta cor.te, che tirò à sè, facendo per se et heredi à detti SS. Sindico, et Deputati, successori loro nelle dette Cariche fine del d.o prezzo, silentio, e p.p.a quietanza, con promissione di mantener, diffender, e guarentar la p.nte alieuat.e in tutti i tempi contro quos-cunque, sotto perp.a obbligate in forma ecc. Fatti patroni .... li prefatti SS. Sindico, e Deputati delli and.ti due Campi con piantade in Contrada Mossamarin, hanno li med.mi retrocessi, et a liuello francabile rinunciati ad sud.o M.r Nicolò de Zorzi, pur qui presente, et li m.mi accettante, et à liuello francabile conducente, con obligo di pagare lire trentassete, ?Mdi quattro di liuello all'anno, e douer far l'esborso del primo 1' anno pross.o uént.o nel presente g.o e mese, e così successivam.te d'anno in anno sino alla francate, quale sarà tenuto, come anco s' obbliga fare dentro al termine d' anni cinque pross. con l'effet.o esborso delle dette lire seicento uinti in una sol uolta, et quella non facendo nel tempo sud.o possa esser astretto à douerla fare con li mezzi, e rigori di Giusta, douendo però sempre correr esso liuello per tutto quel tempo anco, che fosse differita oltre essi anni cinque, et francato che si sarà resterà libero d' esso aggrauio, et indubitato padróne delli detti due Campi, et tanto promette mantener, attener et osseruar sotto obligat.e de tutti gl'altri suoi beni tanto nel presente espressi quanto non dechiariti, ne nominati p.nti, e uenturi in forma ecc. et giurornò. Illico una presenza ut supra Mons.r Vicario Iseppo Giusti Possessore del benef.o di S. Maria Nona ius pa-tronatus delli SS. Vittori, e con Decreto di Mons.r lll.mo, e Reuerend.o Vescovo de dì 18 cor.te con la presenza, et assenso delli SS. Dr. Pietro, et Christoforo fr.li Vittori da q.to g.o in poi et in perp.o per se, e successori suoi nel d.o benef.o hà cesso, e liberameute permutato con li SS. Dr. Andrea Tarsia Sindico, Cau.r Olimpo Gauardo, Gou.r Ant. Brutti, Cau.r Oratio Fin, a Dr. Agostin Vida Deputati al Coll.o prenominato, e per nome del m.o accettanti, permutanti, et acquistanti una Casa parte coperta di lastre, e parte de Coppi cadente et in catiuo stato sita in q.ta Città, nella Contrà di S. M. Noua, solita ad affittarsi lire trenta sei al più all' anno ; Confina dà una parte rag.ni del S. Petronio Petronio, dall' altra rag.ni del d.o Coll.o e dalli altri due lati strada pub.a saluis ecc. Et questa per prezzo, et accordo de lire seicento, e uinti de piccoli, non compreso in d.a permuta il Magazeno di sotto uerso mezzogiorno, anzi con obligat.e alii detti SS. Sindici, e Deputati di coprir il nied.mo à spese di d.o Coll.o di altezza sino al primo solaio della stessa Casa, con restaurar i muri oue facesse bisogno, e redurlo in buona, e laudabil forma, nel resto con tutte le rag.i, et ationi, habentie, e pertinentie, terreno et altro di ragione della med.a ninna cosa eccettuata; tu sodisfat.e, e concambio della quale essi SS. Sindico et Deputati per nome del med.o Coll.o cedono, e liberam.te rinonciano al pref.to Mons.r Vic.o l'auteuom.to lineilo de lire trentasette soldi quattro annue eh' è tenuto pagare in uigor dell' olt.o lustr.o mons.r Giusti contentante, ad per se, at successori suoi uel sud.o benef.o riceuente; con espressa condite, che seguendo la francate giusta 1' obligo d' esso liuello con le d.e lire seicento e uinti debbano immediate esser di nouo inuestite, e date a liuello da d.o (carte 63) Mons.r Vic.o, e successori suoi nel benef.o sud.o, con la presenza, et assenso delli sud.i SS.frat.i Vittori, et successori loro nel d.o Ius patronatus, che prò tempore saranno, et così ogni uolta, che sarà dinaro francato debba esser anco nouam.te inuestito dà quello, eh'hauerà atione nel benef.o med.o in perpetuo. Permettendo esso Mons.r Vic.o per sè, e successori suoi nel benef.o sud.o maut.r essa Casa libera di qualsisia benché minimo ag-. grauio, et essi SS. Sindico, e Deputati il liuello cessole buono, esigibile, e ben fondato tutti sotto obligat.e, et hipoteca gener.le e sp.le de beni tutti delli sud.i benef.i e Coll.o presenti, e uenturi et giurorno tutti in forma, cioè esso Mons.r Vicario tacto pectore more sacerdotali, et li SS. Sindico, e Deputati man. tactis scripturis in forma ecc. (Continua) --;--—--- INDICE DELLE CARTE DI RASPO (Archivio provinciale) Filza 2. (Continuazione vedi N.o 8, 9 e 10) anni 1522 e 1523 pag. 1175-1184 Capitano Nicolò Zorzi Processus civilis inter Mateum Cerdonem de Bugliuno ex una et Tomam Covacich rotii ex alia. Questione per un campo che il Covacich pretende sia suo per averlo comperato e ricuperato contro il Cerdon che sostiene invece sia stato suo pegno messo anche all' incanto in virtù di sentenza. (Proc. non esped.) anno 1523 pag. 1185-1194 Capitano Nicolò Zorzi Processus civilis appellationis interposite per Iurium Siilo Dra-gutii appellante ex una et Iurium Poldrugi appellatum ex altera Il Siilo venuto a sapere eh' era stato venduto certo terreno, si presentò nel termine prescritto a recuperarlo per diritto di vicinanza; ma non gli essendo stato permesso, ricorre all'ufficio del capitano. (Proc. non esped.) anno 1523 pag. 1195-1206 Capitano Nicolò Zorzi Processus civilis inter s. Georgium Sotolich ex una agentem et s. Bernardinum de Iermanis ex altera se tuentem. G. Sotolich, basandosi su certo chirografo del Germania, chiede ma non ottiene il pagamento di certo denaro mutuatogli. anno 1523 pag. 1207-1220 Capitano Nicolò Zorzi Processus civilis inter Bartolomeum pengarich ex una agentem et Leonardum Oramar ex altera se tuentem. Differenza tra i detti per certe pecore date dal Pengarich in soccida al Cramar. (Proc. non esped.) anno 1523 pag. 1221-1296 Capitano Nicolò Zorzi Processus civilis inter Comunia Rotii et Culmi ex una agentia et Zupanos Carsii Raspurch ex altera se tuentes. I villici di Lanischie, Podgachie, Racievas, Bergodez, Pra-porchie, Brest, Slum, Terstenich, Dana, Clenosciach. Crupignacco e di Raspo sono tenuti di condurre alla residenza del capitano la metà della decima ed entrate di Rozzo e di Colmo spettanti allo Stato; e l'altra metà gli abitanti stessi di Rozzo e di Colmo verso la consueta mercede '). anno 1520 pag. 1297-1302 Capitano Bernardino Bondulmier Processus criminalis contra et adversus Illos de Lupoglao et Semichie. Tredici abitanti di Semichie, giurisdizione di Lupoglao e 15 di Lupoglao sono accusati di aver segato in quel di Lanischie un campo di frumento e di segala. anno 1523 pag. 1303-1316 Capitano Nicolò Zorzi Processus criminalis contra Crisem Sersich q. Michelis pinguenti occasione mortis q. Caterine filie q. luce volch de Racievas. Nella occasione che il Sersich tagliava legna «sub vena carsi» per la calcherà del comune di Pinguente, rotolò giù trascinato da una quercia un grosso sasso che colpi Caterina la quale poi morì. C. Sersich è riconosciuto non colpevole e assolto. anno 1521 pag. 1317-1324 Capitano Nicolò Zorzi Processus criminalis contra Petrum Schergatich de Valmorasa dragutii àbitatorem et Filipum Crisniach dicti loci 11 primo ferì gravemente il Crisnich e viene punito. anno 1521 pag. 1325-1346 Capitano Nicolò Zorzi Processus criminalis contra et adversus Crisem filium urbani Crusuarii rotii et Bencum filium loannis Blascovich dicti loci. Sono accusati e puniti per avere sulla via publica, nel territorio di Colmo, proditoriamente percosso e ferito persona. anno 1522 pag. 1347-1354 Capitano Nicolò Zorzi Processus criminalis contra Laurentim de Segnech. È assolto dall' accusa mossagli di aver rubato un sacco di segala. --- anno 1522 pag. 1355-1358 Capitano Nicolò Zorzi Processus criminalis contra Zvicum de Bergodez et Tomasium eius nepotem. Accusati di aver rubato una pecora. anno 1522 pag. 1359-1364 Capitano Nicolò Zorzi Processus contra Vitum Smogliach petri de segna abitatorem ville Iesenovich iurisdictione cosgliachi È accusato di aver rubato un cavallo. anni 1522 e 1523 pag. 1365-1408 Capitano Nicolò Zorzi Processus criminalis contra Marinum de Aitino, Mocorium Mau-rosich et Lucam filium Sancti Gentilis per mortem q. Iacobi comilitonis Grisignane formatus per Clar.m D. Nicolaum Georgium Raspurch et paysinatici prefectum dig.m uti Iudicem De-legatum a Ser.o Du. Do. Venetiarum. 1) Sono riportate nel processo dncali e terminazioni dei capitani risguar-danti la questione, dove si leggono precisate minutamente le gravezze cui eran» obligate le ville sopra indicate. Marino d'Aitino, Mocor Maurosich e Luca figlio di Santo Gentile, grisignanesi, sono accusati di aver ucciso il cavaliere del podestà di Grisignana Ettore Donà in una rissa provocata dalla spavalderia dello stesso cavaliere. La ducale Antonio Grimani del 16 di giugno 1522 delega il capitano di Raspo N. Zorzi di assumere il processo contro i nominati. Ritirata in parte l'accusa contro il terzo1), l'Aitino e il Maurosich, che si rifugiarono nella Contea, vengono condannati contumaci al bando da tutti i paesi soggetti alla repubiica con taglia di 1. 500 a chi consegnasse uno di loro, al quale sarebbe tagliata la testa, il corpo squartato e le membra appese in luogo publico. Confiscati i beni d'ambedue e taglia ancora di 1. 300 a chi uccidesse uno di loro entro i confini dello Stato. Perchè ci offre in parte un' idea della procedura criminale e mostra con quanta solennità procedessero in simili casi i temuti capitani di Raspo, crediamo non inutile di riportare qui la rispettiva sentenza. La quale — ad sonum tube, alta voce preconia — venne publicata anche sulla piazza di Grisignana il dì 11 gennaio 1523. Dopo di che chiunque tenesse beni mobili o stabili di proprietà dei delinquenti fu obligato di denunciarli nella cancelleria del Castello entro otto giorni e sotto la minaccia di vedersi confiscati i beni propri per un doppio valore. In Christi Nomine Amen. Hec sunt quedam sententie cri-minales partiin corporales et exulatorie et partim pecuniarie et conphiscatorie honorum : Late date et in his scriptis sententialiter promulgate per Magnifieum et Clar.m D. Nicolaum Georgio prò Ill.mo et Ex.mo Ducali Dominio Venetiarum Cap.m Baspurcli pinguenti et paysinaticorum dig.m et in presenti casu Iudicem Delegatum a Ser. Du. Do. suprascripto per partem supra inde captavi in ex.o cons.o Rogatorum eiusdem Sublimissimi Dominii sub die XIIII Iunii proxime elapsi uti in sup.to processu latius legitur p. Man.ta Ducalia nobis emanata : Sedentem prò tribunali ad solitum Bancum maleficiorum sub logia comunis pinguenti vocata populi multitudine ad pulsationem campane, ut moris est, contra et adversus infrascriptos et quemlibet eorum delinquentium : propter eorum excessibus Delictis et malis operibus per ipsos co-missis et perpetratis contra precepta Creatoris nostri et Sacratis-simas leges et bonos n.rum mortalium mores: ut infra Nos Nicolaus Georgio prò Ill.mo et Potentissimo Due. D. V. Raspurch pinguenti et paysinaticorum Cap.s et Iudex ut supra Dele-gatus ab eodem sublimissimo Du. sedentes prò tribunali ut s.a ubi si-miles condemnetiones publicari solent: quem locum prò idoneo elegi-mus: Habentem merum et mixtum Imperium ex auctoritate, arbitrio atque baglia nobis in hac parte ab invictissimo Do. n.ro s.o prò eiusdem inata bonitate et elementia atributis et concessis : sequentes ac sequi volentes formam iuris et iustitie atque earuin vestigia : ac cupientes culpabiles punire et innocentes liberare : ne talia facinora s ta et delieta impunita remaneant: quum multum Alme Rei pu-blice venete interest ne sansinamenta sint impunia, ita legibus et mandatis suis attestantibus. Et hoc ut nullus de suis malegestis, excessibus atque delictis gloriali valeat, non tamen sequentes ri-gorositatem iuris : imo declinantes potius ad misericordiam : Ideo vigore libertatis suprascripte processimus, dicimus, sententiamus, pronuntiamus, promulgamur, terminamus, confiscamus et condemnamus in hunc modum et formam Marinimi de Aitino Hermocoram Maurosich et Lucam filium Sancti Gentilis omnes de Grisignana publicos homicidas et assassinos, liomines male conditionis et fame contra quos et quemlibet ipsorum processum fuit per nos offitiumque nostrum ob inquisitionem contra illos et quemlibet eorum formatavi in executione mandatorum suprascriptorum : q. fama publica precedente et insinuosa exclamatione referente: non quidem a malevolis aut suspectis sed a veridicis ac fidedignis personis: Ex eo: De eo et supra eo: q. die V.ta mai px.i preteriti circa horam tertiam noctis: Dum Iacobus Comilito Mag.ci et G.nosi D.ni Hectoris Donato pretoris Grisignane dig.mi per castrum supra-scriptum exercendo offitium suum ivisset, suprascripti temerarie ausi fuerunt videlicet Marinus armatus ensis et targe: Ilermoco-ras de spata armatusque cum gabano revoluto circa brachium : Lucas vero partisana armatus: Non habentes pre oculis Creatorem Nostrum: Imo Inimicum humani Generis: cuius instigatione ac Consilio pravo turpiter animo cogitato ac proditorie Impetum fecerunt in personam Iacobi suprascripti comilitonis. non respi-cientes offitium comilitonatus sui representantis Regimen ante- 1) 11 suo avvocato era I1 ,ei s iurisconsultus I). Marcus Marcellus Victorio iustinopolitanus* come è chiamato nel processo. dietum apud Domum Martini: vel prope casale ser boneti olim comestabilis Grisignane in viam publicam: Quem diversis vulne-ribus letalibus vulneraverunt: partim stando et partim in strata iacendo: videlicet unum de taleo ensis supra collum a latere sinistro cum incisione cutis et sanguinis effusione : secundum vulnus subtus auriculam dextram iudicio cyroichi cum ense ac incisione carnis: partimque cannarum guturis: Tertium vulnus de poncta partisane in humero dextro penetrans cum effusione sanguinis : Item quartum vuluns modo de poncta partisane in hum ero sinistra usque ad cordem penetrans; quintum vero vulnus de poncta par-tisane in capite renum usque ad visaras ; ob que vulnera idemque Iacolus per paucum temporis intervallum aut subito mortuus fuit: et est-, quibus facinorosis comissis et perpetratis auffugerunt: Qui de mandato nostro citati et per stridorem super schalis proclamati fuerunt Grisignane locis solitis; qu»d lucas voluntarie ad carceres se presentavit supra pensato et proditorio liomicidio: quum sim-plicis liomicidii.... ei per nos salvumconductum concessnm fuit: a quibus duobus articulis pensati et proditorii casus eum absolutum reddimus iam sub die III decembris proxime preteriti: cum illum liberavimus mandato nostro citatus fuit ad deffendere se ab liomicidio predicto puro et simplici in termino sibi statutum ; quod omnes inquisiti neglexerunt nec comparuerunt : Imo contumaces usque in presentem diem et lioram extiterunt; quorum contumacie ipsos reddunt culpabiles : que in actis cancellerie nostre nobis vera esse apparet et fuisse diarissima uti in processu et inquisitione i supra inde formato evidenter legitur: partim per eorundem inqui-sitorum eontinuam contumaciam : partimque per testes examinatos: eomittentes suprascripta in spretu mandatorum d. Redemptoris nostri iubentium ac dicentium : non occisor eris : et in vilipendium maximum Ill.mi Du. Do. Venetiarum ac contrafacentes leges comunes: et in malum exemplum aliorum: qui cupiunt optiman pacificarli vitam vivendi: quapropter sequentes formam et viam iuris et iustitie: non declinantes a dextris neque sinistris: sed recto tramite procedentes : et Deum ac pietatem pre oculis habentes: Nolentes quod tale nepliandissimum Delictum transeat impunitum: Imo punitio predictorum inquisitorum aliis sit speculum: Christi Nomine repetito a quo cuncta rectaque procedunt iuditia Marinum et Hermocoram suprascriptos homicidas publicos et assassinos liomines male conditionis et fame et quemlibet eorum Banimus de omnibus terris et locis Ill.mi Do. nostri tam terrestribus quam maritimis ac civitatibus Venetiarum: et de omnibus navigiis nostri armatis et exarmatis : cum talea librarum quingentarum de bonis euiuscumqueeorum si fuerunt: si non de pecuniis Ser. Do. nostri solvendarum ei aut eis, qui ipsorum aliquem ceperint inter confinia et assignaverint in vires Locorum ipsius Ill.me Do. quibus assignatis: per nuntium iustitie uniquique eorum amputetur caput: Deinde squdrtentur in quatuor quarteria in loco publico suspen-denda ad aliorum exemplum : ac etiam cum talea trecentarum librarum prò eodem solvendarum ei vel eis ; qui inter confinia suprascripta ipsorum aliquem occiderint : fidem legitimam liabendo ipsius occisionis : Bona autem delinquentium et cuiuscumque ipsorum, detractis expensis scripturarum et presentis processus in presenti hora confiscantur iuxta formam legis : in expensis et in his scriptis sententialiter condemnamus Lucam vero suprascriptum Cum se purgaverit a pensato et proditorio ut supra, Grisignane eiusque territorii banimus: et si per aliquot teinpus captus fuerit in iurisdictione dieta: Ille qui eum ceperit et in fortias Regiminis presentaverit, liabere debeat libras centum de honorum ipsius : et non reperientium, de denariis Illustrissime Do. nostre: et per magistrum iustitie ei caput amputetur: taliter quod a corpore separetur, in expensis et in his scriptis sententialiter condemnamus. --------- 3ST o tizie La rappresentanza comunale di Albona ha stanziato nella sua seduta del 17 maggio l'importo di fior. 40 quale contributo per l'erezione del monumento a Dante Alighieri. La rappresentanza di Pirano nella seduta del 20 stanziò fiorini 100; e quella di Capodistria nella seduta del 24, pure fiorini 100. Il signor Luigi Sbisà, presidente del club nautico Istro, di Parenzo, ricevette la seguente lettera del comitato esecutivo per il monumento. Onorevole signore Trento 21 maggio 1890 Apprendiamo con vivissima soddisfazione che codesta onorevole società fece plauso all'impresa, salutata con tanto entusiasmo da tutti gli italiani, di erigere qui un insigne monumento al Padre della nostra lingua e della nostra civiltà e deliberò inoltre di offrire il proprio contributo all' opera. Noi ci faremo un grato dovere di segnalare il uo-bile atto alla riconoscenza dell' intero paese, e nel tempo stesso preghiamo la S. V. di farsi interprete dei nostri sentimenti presso lo spettabile sodalizio da lei degnamente presieduto. Per il comitato esecutivo Il presidente II segretario Avv. Bordi I. Ranzi Tra le ultime offerte pervenute al comitato notiamo quella di fiorini 60 dall' on. Tomaso nob. Ver-gottini deputato al parlamento di Vienna. Annunziamo col più vivo rammarico la morte dell'egregio prof. Nicolò Vlacovich, direttore della civica scuola reale superiore in Trieste. Insegnò la fisica e la matematica nel ginnasio superiore di Capodistria per molti anni, tino al 1863, nel quale si trasferì a Trieste chiamato a dirigere il nuovo istituto comunale; e tutti i suoi allievi del nostro ginnasio lo amarono per il suo buon cuore, e lo ricordano oggi con rimpianto, e benedicono alla sua memoria. A Trieste si rese benemerito nella organizzazione perfetta della scuola reale ; si era accaparrate le simpatie di tutti per il suo franco e onesto carattere, ed i sentimenti liberali. Sulla tomba che custodirà l'urna cineraria di Giuseppe Eevere, sarà posta la seguente iscrizione, del comm. Ettore Novelli. lungi dalla nativa trieste e immemori dell' esilio qui riposino in terra libera italiana le ceneri di GIUSEPPE REVERE poeta il comune di roma le custodisce mdcccxc --- Cose locali Il giorno 18 marzo ebbe luogo nella sala comunale gentilmente concessa, il congresso generale del gruppo Pro Patria ; il concorso dei soci fu scarsissimo, e ne fu data la causa all'ora fissata delle 3 pom., ora canonica per molti, almeno per quelli che avrebbero dovuto intervenire, destinata al sonnellino, alla partita a tresette ecc. ecc. ; di mattina ci sono gli affari..., di sera il passeggio, il concerto in birreria..., per cui, come si vede, è pienamente spiegato e giustificato lo scarso concorso. Ciò che non si spiega e non si giustifica è la rilassatezza nel pagamento dei canoni, per cui il gruppo di Capodistria fu dei pochi, nella nostra provincia, costretto a ritardare il congresso oltre il termine fissato dallo statuto, onde poter strìngere i conti. 11 rimedio? si metta ciascuno una mano sul cuore e procuri di fare il suo dovere. Venne rieletta la direzione, furono approvati i resoconti, e spedito un telegramma di felicitazione al comitato per l'erezione del monumento a Dante Alighieri. Lunedì prossimo decorso la nostra società di mutuo soccorso fra gli artieri ed operai tenne il suo congresso generale, nel teatro sociale. Furono approvati i conti consuntivi e preveutivi ; riuscì eletto vice segretario il sig. Giovanni Bratti, in luogo del dimissionario Dr. Pietro Longo ; e furono eletti due consiglieri e tre revisori. -------£=3jfES«----- Appunti bibliografici Edmondo De Amicis. Il Romanzo d' un maestro. Ottava edizione. Milano Treves. (Un volume in sedicesimo di pagine 515. Vale Lire cinque). Benché il nostro giornale non esca che ogni quindici giorni: pure spero di non arrivare con l'ultima corsa. Sarà forse effetto delle impressioni recenti, e quindi più vive e gagliarde: a me quest'ultimo libro del De Amicis per condotta ed efficacia pare il migliore. Cominciamo dal titolo — Il Romanzo d'un maestro. È poi veramente un romanzo? In fondo tratta di maestri e di scuole ; e si può ritenere come un corollario del Cuore; quindi taluno immaginò il titolo imposto per ragioni commerciali. Non credo che il De Amicis sia scrittore da prestarsi ad ogni capriccio dell' editore ; sarà un romanzo sui generis, vi si parla di metodi, di scuole, vari personaggi si succedono, compariscono in scena; ma c'è un filo conduttore: il maestro Ratti è il protagonista del quale si raccontano le vicende, dal suo primo ingresso nella scuola normale, fino alla sua nomina di maestro a Torino, meta degli studi e delle aspirazioni del giovane. Non sono adunque come nella Vita militare descritte le fasi e le vicende del soldato; ma le varie scene servono di sfondo per meglio rilevare il giovane di cuore e d'ingegno consacratosi con entusiasmo alla scuola; e i personaggi di secondo e di terzo ordine anche, tornano in scena al momento opportuno, quando occorre raggruppare le fila e dare uno scioglimento naturale, senza colpi di scena ed effetti di fuoco di Bengala. C' è insomma il principio, lo svolgimento, la fine, tre cose sine qua non, dalle fiabe dell' orco in poi, necessarie per iscrivere un rac- conto piaccia o non piaccia a una certa scuola che cerca il nuovo nello strano. È adunque un romanzo, c' è la sua passione fina fina e delicata come vedremo ; c' è lo studio di un cuore senza minuterie analitiche; non ci sono colpi di scena, non isforzi d'ingegno per immaginare intrecci impossibili che obbligano lo scrittore a divagare pei campi dell' ideale con danno del reale. Le vicende del maestro Ratti sono le ordinarie vicende di questa povera classe di giovani tanto gonfiati oggi in teoria, e in pratica malmenati; quindi il naturale succedersi di persone nei luoghi, il ricco studio dei caratteri, F unità e la varietà; 1' analisi fina è un' idea dominante, un intento non esagerato; la tesi esposta non predicata. Il romanzo del maestro è perciò un tentativo felicissimo e riuscito di armonizzare il vecchio col nuovo, di analizzare cioè una situazione senza gli ibis redibis dei nuovi filosofemi; con uno studio, non dico di fantasia creatrice, ma coscienzioso dell' ambiente; e la ricerca di vari tipi, di studiarli, e farli servire all' intento. Credono certi scrittorelli evirati di supplire alla mancanza di fantasia col friggere e rifriggere, col commentare un'unico personaggio; ma non il De Amicis. Saranno fotografie le sue, dicono; ma ha saputo farle posare bene senza dire che ci ha dato un' ultimo tocco, una finezza di miniature come spesso fanno i fotografi. E non dite niente della pazienza, che è arte in fondo, di saperli trovare questi tipi, di aggrupparli, di esporli? Perciò non dubito di ripetere che il romanzo del maestro è romanzo nuovo, nuovo per quanto possa essere cosa umana sotto il sole. Ed anche per un' altra ragione, per un felicissimo innesto del comico sul sentimentale, onde l'umorismo moderno. Letto questo libro il Bonghi non potrà più dire, che noi non abbiamo nè la cosa, nè il nome. Ci sono pagine stupende nel racconto che ci fanno scoppiare dalle risa; e nello stesso tempo ci obbligano a pensare, non senza un tremito ed una viva compassione. Chi non ride e non si sente mosso a pietà di quel povero prete, magro, martire della ginnastica, obbligato al salto della funicella, e che si rifiuta ostinatamente di provare, scrollando il capo e facendo cenno di no con la tremola mano ? (pag. 302). E quelle povere monachelle, che detto addio alla maestra di ginnastica, vogliono sentire ancora il rumor della carrozza che si allontana, e mandano alla giovane tornante nel mondo, due o tre addii detti a voce bassa, e she arrivano appena all' orecchio di lei come gemiti soffocati? (pag. 329). Quale riso sano, e che delicatezza di sentimenti ! L'avesse fatto apposta, il De Amicis non avrebbe potuto meglio, che con quest' opera, confutare il Romussi il quale nella sua conferenza, testé tenuta a Milano — Glorie viventi — chiamò, zittito, il De Amicis, scrittore piagnucoloso. Di questo umorismo ne abbiamo, 10 so, altri esempi e famosi nella nostra letteratura moderna: oso dire che il discepolo ha in ciò superato il maestro. La nota malinconica c' è anche in quelli; ma troppo profonda; e ben pochi l'avvertono ; anzi è tanto profonda, che i più la credono un' alzata d'ingegno dei critici. Qui tutti la sentono, e più frequente e più varia. Della finezza del sentimento senza vaporosi idealismi, e piagnucolerie, l'autore ci ha dato un saggio nell' arte di trattare la passione d'amore : vedi il romanzetto del cuore tra la maestra Gallo ed il Ratti. Si legga il capitolo — Miseria — che è tutto un casto idillio ed una delle più belle pagine dell' arte moderna. La povera maestrina innocente, perseguitata, calunniata, affamata soffre per sè e pel padre vecchio e impotente. Il giovane le parla col cuore traboccante d'affetto ; ella ha un bisogno immenso di una parola di conforto. — «Tutto ad un tratto la ragazza diede in un grido disperato : — Oh non ne posso più ! Non ne posso più! Non ne posso più! — e singhiozzando, lasciato cadere il capo sulla spalla del giovane, sentì nello stesso tempo le sue lagrime sulle guance, e 11 suo labbro sulla bocca, un bacio solo lungo e violento, seguito da un grido strozzato, di dolore, di. amore di gioja." (pag. 236). Qui il De Amicis non ci ha messo niente di suo; parlano le cose; ecco tutto. La potenza della passione è espressa in quel triplice grido : Non ne posso più. E per vero coi migliori, egli ha 1' arte dei sottointesi, e del non compiere la frase lasciando al lettore di metterci qualche cosa del suo. Guai allo scrittore che commenta sè stesso, ben disse il Tommaseo. Perchè poi la maestra non può corrispondere al sincero e puro affetto del giovane? Sentitela come risponde alla sua dichiarazione d'amore. — „Grazie, disse la ragazza, facendo appena sentire le parole.... Io non dimenticherò mai quanto mi ha detto. Mai. Le sarò affezionata finché vivrò .... la porterò sempre nel mio cuore ... — E poi facendo un grande sforzo; — Ma è impossibile . . . Noi non potremmo volerci bene che in un modo solo, e questo è impossibile. Abbiamo quindi un dovere tutti e due, di non parlarne più..... „Impossibile, perchè? domanderà qualche grosso lettore. Ci parli chiaro, signor De Amicis." Tanto vale, chiedere a Dante una risposta per quei due versi famosi «Quel giorno più non vi leggemmo avante.» «Poscia più che il dolor potè il digiuno.» E chi non capisce le ragioni dell' indeterminato, del vago, peggio per lui: per certi orecchi ci vogliono le cannonate. Ed è questo amore ogni tanto rinascente nel giovane maestro che dà a tutto il libro la forma del romanzo, e un degno scioglimento: scioglimento anche questo sottointeso, e fatto travedere al lettore. Certo non è più di moda il finalone coi fiocchi e con la banda ; ma anche quel cominciare e finire un romanzo senza capo nè coda; con la scusa del reale, come se a questo mondo mai, proprio mai i nodi venissero al pettine, è un controsenso. Ed ecco la fine del romanzo. Sono arrivati a Torino entrambi, reduci dalle conferenze, dove un provveditore galantuomo ha destato 1' entusiasmo. Il maestro ha raggiunto la sua meta ; ha ottenuto un posto a Torino, lei pure; vivranno lontani dai pettegolezzi dei paesi piccoli. Dunque? . . . „ Quando il treno arrivò, le loro labbra tremavano, i loro occhi avevano una lagrima, le loro anime traboccavano e si cercavano. Le centinaja di maestri saltavano giù dai vagoni gettando un ultimo grido d' evviva, ed essi rimasero un momento soli. Tutti e due ad un punto si guardarono intorno, misero tutti e due insieme un Ah! profondo, come se dalle loro bocche fuggisse 1' anima, e si scambiarono un bacio disperato. Poi saltarouo giù ed arrivarono ancora in tempo a veder la testa bianca del provveditore, il quale dal montatojo del vagone rivolgeva un ultimo addio alla folla ondeggiante, tendendo il braccio verso Torino nell' atto vigoroso d'un generale, che sguinzaglia l'esercito alla battaglia. " Non ci vuol tanto a capire lo scioglimento del dramma. Sarà poi facile quest' unione? Il lettore spera che sì, non senza qualche nube leggera però. Ed allora come sugo di tutta la storia che si è raccontata, rimane una grande pietà, per quelle povere ragazze inesperte lanciate spesso sole pei villaggi e le borgate a fare una tremenda esperienza della vita. Così è raggiunto pure lo scopo morale del libro: rialzare le sorti di questi poveri paria mostrandone le molte virtù ed anche i molti difetti. E P uno e 1' altro ha fatto il De Amicis. senza cormentalismi, ma anche senza aggravare la mano. Le ultime parole del provveditore si stampano nella niente del lettore; come nel cervello del maestro Ratti — Sì egli apparteneva ad un esercito e poteva andar altero d'appartenervi. Quest' esercito aveva dei difetti, ma erano i difetti del suo paese, era mal armato e mal nutrito; ma ciò tornava più a sua gloria che a sua vergogna; c' eran nelle sue file dei soldati inetti e pusillanimi, come in tutti gli eserciti, ma nel nome di Dio c' era anche una legione d' eroine e d' eroi, davanti ai quali qualunque più nobile fronte si sarebbe potuta scoprire." Inutile dire quindi che i tipi studiati dal vero, sono ammirabili ; tutti anche i più brutti hanno il loro lato buono, come avviene quasi sempre in natura. Anche Carlo Lerica, tipo del maestro villano, manesco, inquieto, socialista ci fa ridere con le sue tirate. I buoni poi hanno pur essi i loro difetti ; 10 stesso protagonista, trascinato pei capelli è sulle ventitré e tre quarti di diventare uno sbornione come tanti altri suoi colleghi. La vita scolastica poi come la vita militare, nel primo libro a cui 11 De Amicis deve la sua fama, vi è tutta rappresentata, e con più vigore e ricchezza: la scuola è \ tutta lì: maestri, scolari, provveditori, sindaci ignoranti, delegati scolastici imbroglioni, regi ispettori che si fanno pagare la colazione dai poveri maestri ; , chi ha un poco di pratica di scuole esclama subito:| È proprio così; anche io ho veduto, tale e quale j è toccato a me. Tutta questa gente poi si muove, si agita, ] parla con naturalezza : il De Amicis ha osservato ] con la massima oggettività. Farei una sola eccezione per i discorsi in casa Samis. Quel bravo signore parla, si slancia, fa delle tirate contro le bricconerie dei comuni a danno dei maestri; ma chi suggerisre è 1' autore : la marionetta si agita ma si vedono troppo i fili. (pag. 266 e seguenti). Ho detto che nel Romanzo del maestro e' è tutta la vita scolastica: manca una sola classe, e numerosa assai, quella delle povere maestrine che per non essere sobbalzate da Erode a Pilato si accomodano per anni ed anni, e spesso per tutta la vita, a fare la maestra nei collegi privati; case d'educazione che meglio si potrebbero chiamare case di speculazione. Povere ragazze, e ne conosco io tante che furono mie scolare. Addio entusiasmi, addio febbri del bello e del buono! Mal pagate, obbligate ad entrar nella sagoma dei formalismi, a piegarsi al sistema di dare la polvere negli occhi, si cretinizzano, e in capo a dieci anni nella guardatura losca, nei capelli tirati su e incollati sulla nuca, non sono più a conoscersi. E non parliamo dell'istruzione antinazionale, e delle bacchettonerie con cui si svisa e corrompe il sentimenso religioso. L'istruzione privata, meno rare eccezioni (da non cercarsi certo dove più a parole si professa liberalismo) è una piaga d'Italia; il sistema inventato dalle classi elevate per deludere l'istruzione obbligatoria e la libertà di studiar male, e qualche volta anche di non studiare. È un soggetto insomma degno della penna del De Amicis. Il libro da ultimo ha anche un valore didattico. Alieno dai catechismi pedagogici della vecchia scuola piemontese, e dalla diavoleria della filosofia materialistica, il De Amicis fa dire di buone e pratiche cose a' suoi maestri, non senza il fondamento però delle necessarie teorie universalmente accettate. Si potrà essere qualche volta del parere contrario, non si accoglieranno tutte le massime del maestro Delli per esempio, foggiato sul tipo dell'insegnante piemontese puro sangue ; ma quelle pagine ci obbligheranno a riflettere e a correggere alquanto i dolciumi e le svenevolezze dell' opposta scuola. E la lingua, si domanderà? Facile, scorrevole, moderna, senza ombra di pedanteria : disinvolta forse anche troppo. È naturale che 1' autore conversando per mesi e mesi con maestri piemontesi, abbia accolto, nella fretta dello scrivere, qualche idiotismo. Così accensa per appalto, locarna ecc.. . Sono rari però; piuttosto senza essere accademico della crusca mi danno ai nervi certe sgrammaticature che i manzoniani a maniche larghe accolgono per anacoluti. Per esempio si si poteva dire (pag. 439). Il maestro Nelli lavorava da letto. (466). Dice bene il D' Ovidio. „È una bella cosa la semplicità, la naturalezza; ma anche seguire le regole della grammatica è una cosa molto naturale." Il De Amicis qualchevolta per imitare la parlata fa un grande abuso di che; non è il checche-rellare fiorentino (mi si passi il vocabolo) piuttosto un certo arruffio del periodo come di chi parla stentato e confuso. Ecco esempi: „ .... ed erano destinate a due contadinotte, scelte fra le più agiate e più belle, chiamate priore le quali usava che comprassero di borsa propria un gran velo" (pag. 118) «Lei potrebbe essere pienamente del mio parere che sarebbe tempo perso lo stesso che noi discorressimo insieme." (pag. 156). «La sola cosa che le seccava era che V inserviente comunale ehe avrebbe dovuto scopare la scuola tutti i giorni faceva invece il comodacelo suo . . . (pag. 366)." Via, senza fare il pedante, quest' ultimo non è proprio un bel periodo. Sono costruzioni che si fanno parlando ; sapevaincelo ; però non sarà mai abbastanza ripetuta la massima. — Non ricercatezze, non veneri di lingua; ma neppure negligenze : la parola scritta e parola meditata. Al De Amicis poi si può dire tutta la verità. Si dirà che io vo cercando i fichi in vetta ; conchiudiamo. Produrrà poi i suoi effetti questo ' ottimo libro ? 0 come il solito, dopo un po' di strepito, l'affare si metterà nel dimeuticatojo ? Forse no; quello è certo si è che la questione, per merito dell' illustre De Amicis, è entrata nel campo dell' arte, e che i suoi libri si leggono e vendono. È già questo un fatto consolante, e prova che la classe dei poveri paria non è poi tanto spregiata. I maestri dopo tutto sono figli del nostro popolo, vivono la nostra vita: misera l'Istria che non può dire altrettanto da per tutto. I buoni e nostri serrino le fila; e addante Vedrò con juicio. II Mito di Scilla e Cariddi nell'odissea. Studi critici del prof. Domenico Vasconi. Milano, Bri-gola 1890. Un opuscolo di pagine 85. Comincerò anch' io come il comune amico Tamaro, raccontando un fatterello. Si era nel 1860 o giù di lì; e i nostri buoni ragazzi studiavano il greco con la guida del professor Spitaler, Dio lo riposi. Un giorno l'interrogato era il nostro Vascon. Ad una domanda un po' difficile del professore, rispose imbroccando giusto, ma non come 1' altro voleva. E si noti che, non avendo il buon tedesco pratica della nostra lingua, voleva traducessero come stava nel suo vocabolario. Il Vascon rispose cangiando sinonimo, e 1' altro duro ; e finalmente, vedendo il professore che non si sapeva tradurre Omero come voleva lui, buttò fuori la parola giusta. L'amico però maravigliato e uscito dei gangheri, perchè in fondo la traduzione sua non era isbagliata, ripetè il vocabolo del maestro ; ma con la parola grossa e con un mezzo ruggito. E lo Spitaler calmo: impazzisce il Vàscon? E qui una risata generale, della quale lascio immaginare al lettore le conseguenze. Lo Spitaler poi pronunziava sempre Vàscon con 1' accento tonico sull' a ; e chi sa che per dispetto di quella profanazione 1' amico non abbia poi alterato il suo cognome, facendogli perdere la fisonomia istriana e scrivendo oggi sempre Vasconi. Peggio si è che in Lombardia, ed anche a Foggia, dove per un anno ho fatto vita allegra coli' amico, il Vascon era sempre Vàscon come pei tedeschi : peggio non gli poteva capitare. Facezie a parte, fatto sta che gli studi classici si facevano bene a Capodistria ; e che gli ottimi principi avuti giovarono all' amico ne' suoi studi a Milano e quale professore poi nei vari luoghi dove si fece sempre molto onore. E ce lo prova pure questo studio sul mito di Scilla e Cariddi, molto ben fatto e denso di erudizione. Certo non è libro che possa destar curiosità a tutti; però le persone di mezza coltura non sarà male che lo leggano per sapere almeno 1' origine del proverbio che si ripete ogni giorno. L'autore lascia a tempo le questioni e le responsabilita delle conclusioni a chi la vuole fin dal principio del libro sapendo quanto sia sdrucciolevole il terreno, tuttavia torna ad almanaccare sui dodici piedi adunchi informi di Scilla, sull' o-rologio solare babilonese, sulle case del sole ecc. ecc. ; e ciò non è difetto suo ma pur troppo del metodo oggi vigente nelle scole. E così dicasi di molti raffronti tra gli autori, e somiglianze che sono quasi tutte accidentali; ma che in simili lavori è necessario fare per dar occasione al ministero di riconoscere i meriti del giovane professore, e la vasta coltura. Meglio sarebbe perciò che tali studi si stampassero a spese del governo nelle relazioni finali dei vari istituti, come in Germania si usa. Ma i difetti del genere nulla tolgono alla valentia dell' amico e professore bravissimo a cui auguro, in virtù del suo buon libro, sempre più prospere le sorti. P. T. --•——--- Contro la tignola del fiore delle viti Approssimandosi l'epoca della fioritura delle viti e con questa il periodo, in cui fanno la loro prima apparizione i brucolini della Cochylis ambyguella Hubn., i quali in seguito moltiplicandosi straordinariamente cagionano nei grappoli delle uve i funesti guasti a tutti noti sotto il nome di carolo, ci giunge a proposito una letterina dell'esimio Abate Don Angelo Candeo, che, pregato nel N.ro 7 della Provincia da un nostro appas-passionato viticultore di voler precisare le dosi del tabacco, della calce e del petrolio da impiegarsi per combattere con efficacia quella malaugurata farfalletta. gentilmente corrispose all' invito coli' additare le norme seguenti : I. Rimedio. Si facciano bollire due chilogrammi di tabacco in foglia — o tabacco in genere — entro IO litri d'acqua. Tolta dal fuoco l'infusione, così ottenuta, la si lasci fermentare per lo spazio di 10 a 12 ore, trascorse le quali si passi il liquido attraverso uno staccio finamente buccherellato, oude depurarlo e poi lo si diluisca con 90 litri d' acqua. Per viemmeglio conseguire 1' effetto si sciolga entro la detta soluzione l/2 chilogramma di naftalina, indi, dopo aver agitata per bene la miscela, si spruzzino con questa i fiori delle viti all' epoca della fioritura ed una seconda volta ai primi d'agosto, servendosi all' uopo della solita irroratrice. A chi poi avesse difficoltà di usare contro il carolo il rimedio proposto, consiglierei questo II. Rimedio, il quale consiste nell' umettare 100 chilogrammi di calce viva, polverizzatasi da sè, con una fitta pioggerella di petrolio nella proporzione di 5 chilogrammi, coli'avvertenza di smuovere per bene la calce irrorata, affinchè si incorpori equamente col petrolio. Quando la calce imbevuta dal petrolio si è asciugata, vi si mescoli per maggior economia un' eguale dose in peso di zolfo e poi vagliato il tutto attraverso un crivello a fine maglie si aspergano con questa mescolanza, che non esiterei di chiamare petroleo-sulfo-ramica, i grappoli, come dissi di sopra, all' epoca della fioritura ed una seconda volta ai primi di agosto, servendosi, per tale bisogna, dei soliti soffietti di solforazione. Raccomando caldamente ai viticultori bersagliati dalla tignola l'adozione di questo semplice rimedio, perchè a Neive diede lo scorso anno ottimi risultati e dovrebbe paralizzare ad un tempo i danni prodotti dall'oidio (crittogama dell'uva), nonché menomare quelli cagionati dalla peronospora. Prima di chiudere questa mia trovo di dover ancora una volta raccomandare ai viticultori di dar la caccia di notte tempo a questo pestifero insetto, lepidottero notturno, coli' appendere, siccome ebbi occasione di suggerire nella mia conferenza, nel mezzo dei vigneti un balloncino illuminato, ovvero un lanternino acceso, attorniato tutt' all' ingiro da una reticella di fili metallici (gabbietta) spalmata di vischio; naturalmente le farfallette attirate dal chiarore s' affolleranno intorno alla gabbietta e così resteranno impigliate. Se tutti i viticultori operassero d'accordo nel mettere in pratica i mezzi di distruzione consigliati dalla scienza e sanzionati dalla pratica, nel breve corso di qualche anno la Cochylis ambyguella Hubn. passerebbe nei tristi ricordi della letteratura viticola e nessuno parlerebbe del carolo, poiché distruggendo le farfalle si colpiscono direttamente nell' esistenza le future generazioni. Nella speranza che i miei consigli trovino fra la popolazione viticola capodistriana favorevole incontro ossequioso mi professo Di Lei devotissimo Don Angelo Candeo -------- Pregati pubblichiamo: RINGRAZIAMENTO Commosso per le manifestazioni di cordoglio ricevute in occasione della morte della indimenticabile defunta mia madre e vivamente grato pe-r la larghissima partecipazione ai di lei funebri, esprimo, a nome anche di tutti i miei cari, i più sentiti ringraziamenti ai miei concittadini, ai signori i. r. impiegati, ai signori professori ed alla scolaresca delle i. r. scuole magistrali, allo spettabile personale insegnante d'ambo le scuole popolari, nonché alle gentili pietose allieve della scuola privata di mia sorella. Capodistria, 28 maggio 1890 A. Orbanich