ACTA IÍISTWAJE V. ricevuto: 1996-08-28 UDK 316.3:929 Carli G.R. GIAN RINALDO CARLI E UNA MANCATA RIFORMA DEL CONSIGLIO DI CAPODISTRIA (1769-1771) Rolan MARINO dott., laureato in storia, IT-34015 Muggia, P.O.Box 2480 dipl. zgodovinar, IT-34015 Milje, p.p. 24S0 SINTES[ Un episodio importante d¿lla vita htitiizionale délia ciità di Capodistria, verso la fine del Dominio Veneto sulVIstria, offre lo spunto per un approfondimento délia personalità di Gian Rinaldo Carli e mette in luce il suo atteggiamento nei confronti délia nobiltà, dei ceti popolari, délia política ammimstrativa del capolitogo islrianq e délia tentata riforma del stio orgatio di governo più rappresentativo: il Maggior Consiglio cittadino. Neppure durante il periodo délia sua proiungata permanenza nella città natale, dall'Aprile 1757 alla fine del 1764, I'interesse di Gian Rinaldo Carli verso i problemi amministrativi délia Comunità di Capodistria fu mai rilevante e il suo fu un atteggiamento più da osservatore esterno, se non - forse - all'inizio dei suo sog-giorno capodistriano, quando cercô in tutti i modi di porre mano alla riforma del-l'Accademia dei Risorti e denuncio con veemenza gii abusi troppo evidenti di qualche amministratore locale.1 Alla lunga pero eviterà un coinvolgimento stretto con gii affari délia città: preferirá chiudersi nello splendido isolamento délia sua villa di Cerè deluso certa-mente dal comportamento dei suoi concittadini verso i quali avrà spesso un risen-timento e un'astio non del tutto giustificato. 1 Fonamentale per ricostruire gli aspetti piii significativi degii anni Capodistriani del Carli rimane lo studio di E. Apih, Rinnovamento e Illuminismo nei 700 italiano. La formazione culturale di Gian Rinaido Carli, Trieste 1973. Altrettanto importanti sono stati le ricerchc di B. Ziliotto, Aspetti di vita política ed econbmica neli'Istria del 700, "Pagine ¡striane" secondo quaderno deila quarta serie; idem, Salotti e conversan Capodistriani del 700, " Archeografo Triestino" (AT), vol. 3J (1907), pp. 317-340; Jdera, Accademte ed accademici di Capodistria, AT, vol. 57 (1944). 103 ACI A HJSTRIAE V. Rola» MARINO: OIAN' RJNALDO CARl.l H UNA MANCA TA RFFORMA ..., 103-108 Nella Rinalcieide, un'operetta senza troppi pregí di Alessandro Gavardo, che celebró i fasti deila piacevole vita nella villa di Cerè, si legge che il protagonista -ovviamente lo stesso Gian Rinaldo - impreca contro il "Civico governo" Capo-distriano che "tutto, da quei di prima or s'è cambiato e che oggi mai reso è ludibrio e scherno quel che, à miei di chíamasi Senato Nobil Consiglio" ,2 In effetti nei sette anni del suo periodo capodistriano tra i verbali delle deli-berazioni prese dal Maggior Consiglio délia città il suo nome compare poche volte: solo talvolta assunse incarichi pubblici, diversamente dai fratelli Stefano e Sebastiano che invece in diverse occastoni ricoprirono importanti ruolo nell'am-ministrazione cittadina/ Ciononostante anche quando le vicende personal! lo por-teranno lontano da Capodistria i legami con la città Datale non furono del tutto recisi: si farà lo stesso partecipe in qualche modo delle decisioní prese dal tanto vituperato Consiglio cittadino venendo ínformato delle novita sopratutto dal fe-dele cugino e amico carissimo Girolamo Gravisi che nella costante, lunghissima conispondeaza spesso Jo sollecitava a pareri e consigli su questo o quel fatto e neppure d'altra parte il Carli schiverà le discussioni o eviterà di formulare giudizi. ïd particolare nel caso di uno degü episodi piu iilevaoti della vita politico-am-ministrativa di Capodistria, ultimo sussulto prima della fase terminale della sua ap-parteaenza pluricentenaria alia Serenissima Repubblica. Verso la fine del 1769 i Popolari capodistriani, su iniziativa dej Capocontrada Francesco Darniani, tenta-rono di far istituire la figura dei Sindici del Popolo, a salvaguardia dei loro interessi nei confronti dello strapotere che alcune famiglie nobili esercitavano aU'inteTno del Maggior Consiglio cittadino.'1 In effetti già nel 1683 a Rovigno il ceto dei popolari aveva ottenuto dalla Serenissima il consenso di eleggere due Procuratori o Sindici del Popolo con la prerogativa di assistere a tutte le adunanze del Consiglio dei Nobili della città, nei vari Colleggi amministrativi e con l'onore tra l'altro di prendere posto in chiesa subito dopo il Giudice e i Sindici della Comunità. Dunque il 10 Dicembre 1769 "Francesco Damiarti quondam Valerio Capo della Contrada de Porta Piccolo unitamente agli altri Capi delle Contrade e per nome delle Famiglie de Popolari"^ presentó un'istanza al Podestà e Capitano di Capodistria, Girolamo Marcello, in cui si chiedeva l'istituzione, alio steso modo di Ro- 2 Ch.: B. Ziliotto, La Rinaideide di Alessandro Gavardo, AT vo). 59-60 (1946), pp. 313. 3 Cfr. Archivio di Stato di Trieste, Antico archivio Municipale di Capodistria, libri dei Consigli, inventario Majer, nn. 564-565. 4 Già B. Ziliotto aveva segnalato l'episodio in un breve saggío: Primi moti antioligarchíci a Capodistria (1763-1769) "Archivio Véneto' vol. 54-55 (1954), pp. 71-79. Ma sulla questions era uscita a stampa una raccolta contemporania dei materiali preparatoria alia discussione del contenzioso ira popolari e nobili capodistriani: Monumenti det Nobile Consiglio della Citsà di Capodistria, vol. 7, Capodistria 1771. 5 Cfr. : Monumenti... cit. vol. 2. p. 1. 104 ACTA HI STRIAE V. Rolan MARINO: GIAN RÎNAI.DO CARLI E IÍNA MANCATA RIFO RM A .... 103-108 vigno, di due Sindici eletti tra i popoiari "che dove insorgono le occorrenze espon-gano ii suoi gtavami e non rissentono quei pregiudizi che siarao costretti di tollerar noi misen, oltre le molestie angustie che ci den vano dalla più densa miseria" .6 In relia si resero espliciti nel documento i limiti della gestione amministrativa délia città, controllata di fatto dalla parte più ricca e più potente delle famiglie nobili capodistriani e vi si denunciava apertamente che per "quanío ristretto (sia) il numero dei nobili, altrettanto estese si manifestano le mire a condensare in pocchi tutto ció che dovrebbe, a comune sollievo, difíondersi, disponendo ad arbitrio, con sensibile pregiudizio de Popoiari delle cose tutte appartenenti al Governo e tra-vagliando a defraudare le leggi della dovnta osservanza".7 Il Rettore Marcello appoggio la richiesta dei Popoiari e propose all'appro-vazione del Senato veneziano una traccia di regolamento in cui tra l'altro si sta-biliva che ü nuovo organismo poteva "aver l'ingresso e voce attiva in ogni Collegio de Cittadini ed in qualunque loro radunanza che venisse fatta per trattare affari riguardanti materie di común interesse di questi abitanti, per vegliare ed attendere che non siano fatti pregiudizi nè pertúrbate le ragioni della povertà potendo op porsi agíi aggravi che sentissero inferir alla stessa e portar li loro riccorsi tanto a questa pubbiica rappresentanza che a piedi del Principe per ottenere gli opportuni rimedi".8 La decisione del Marcello è comprensibile: in quel periodo si stavano vivendo m ornen ti di grande tensione a Capodistria a causa di una lunga serie di soprusi del ceto nobíle ai danni dei popoiari e soprattutto di una pessima gestione dell'am-ministrazione della Comunità con evidenti responsabilité degli organi elettivi del Consiglio cittadino. In particolare - scrive il Marcello - alcuni lavori importanti di ripristino di edifící pubblici e della strada maestra che dovevano essere pagati da tutti, tramite il prelievo fiscale proporzionale, erauo stati portati a termine grazie solo all'"ec-cessivo dispendio e coll'opera de miserabili" dal momento che ci si era arresi all'"invincibile ripugnanza del maggior numero delle persone civili alia stabilita contribuzione".9 Alio stesso modo dopo la carestía deM764, la distribuzione del grano fornito dalla "Real Pubbiica Magnífícenza" era stata "lasciata in mano di persone spoglie di ogni legal requisito, che a nuil'al tro miravano che a propri vantaggi e di ridur la plebe ad un disordine". Non solo questo pero, perché I'esazione del dazio del vino a spina che, per volontà della Serenissima, spettava alla Comunità ma doveva concorrere all'"universal sollievo del Popolo", in lealtà si risolveva "senza verun 6 Ibidem, pag. 2. 7 Ibidem, pag. Î. 8 Tbidem, pag. 5-6. 9 Ibidem, pag. 9. 105 ACTA HI STRIAE V. Rotan MARINO: GJAN RÍNALDO CARU E UNA MANCATA RIFORMA.,., IOS-108 vantaggio di questi abitanti". Tutto ció, e altro, dismostrava insomma - come de-nunciava nella sua istanza il Damiara - che a Capodistria" l'oligarchia, in cui girano le incombenze di maggiore influenza che si dispensano dal Consiglio non respira che l'infortunio e l'afflizione del Popolo, rúente hadando ai gemiti di cinquemille abitanti che lo compongo do", 30 Accortamente il Marcello capí che era il momento di intervenire: il 17 Dícembre invíó dunque a Venezia la richiesta dei Popolari, accompagnata dal-l'esortazione di ratificare il prowedimento perché dipendeva" da esso l'interesse, l'armmonia e la quiete tra questi sudditi",11 tanto piü che era "partito piü canto l'affidare e distribuiré la Deputazione di una cittá situata alia frontiera degli Esteri a due Corpi".12 Con questo si voleva forse coinvolgere anche ü ceto popoiare ¡n un progetto di razionalizzazíone amnministrativa e di gestione piü efficiente della cosa pubblica a fronte dell'aggressiva política commerciale asbnrgica resasi evidente dopo i pri-vilegi accordati daU'Impero al vicino porto franco di Trieste.13 L' oligarcliia capodistriana, nel frattempo, non era stata con le mani in mano : convocato il Colleggio, OTgano ristTetto del Maggior Consiglio e vero depositario del potere cittadino, i maggiorenti avevano respüito il progetto affermacdo con foga che "una tal novitá (... portava) sconvolgimento al buon ordine finora corso e (... veniva) ad opporsi ai dirittj e a distruggere le facoltá di questo spettabile Consiglio, íacolta e diritti custoditi sempre con maggior impegno de benemeriti nostri maggiori".14 Si erano tra 1'altro aiíidati all'esperienza e alie indubbier capacita del nobile Francesco Almerigotti nell'intento di contrastare anche giuridicamente le tesi dei popolari awalorate dal rettore Marcello. Cosí il 13 Marzo 1770 in una supplica inviata al Senato veneziano i maggiorenti capodistriani ínsistevanoo sulla p]uricentenaria fedeltá loro e della cittá alia Sere-nissima Repubblica e sulla validita storica degli Statuti cittadini i quali affer-mavano "anche in presente quella costante e tranquilla calma fra gli ordini dei suoi cittadini che é la massíma felicité de Popoli e la Gloria dei Principi".15 Anche Gian Rinaldo Carli, ormai da tempo trasferitosi a Milano ma sempre puntualmente informato dei fatti capodistrani da Girolamo Gravisi, in alcune let-teTe inviate al cugino auspicava che "la pretesa del Sindaco Tribuno1 venisse re- 10 Ibidem. pag. 12. 11 Ibidem, pag. 4. 12 Ibidem, pag. il. 13 Innumerevoli sono stati gii studi che hanno analizzato i motivi cbe portarono airistituzione del porto franco di Triesle. Cfr. tra gli aitri, E. Apih - G. Sapelli - E. Guagntni, Trieste, RomaBari 1988 14 Cfr. Monumenti... Cit. vol. 2 pag. 12. 15 Ibidem. vol. 7 pag. 106. 106 ACTA IÍISTWAJE V. Rolan MARINO: OÍAN RINALDO CARLIH UNA MAN'CATA RJFORMA.... 103-IOS spinta dal Senato délia Republlica.16 Cosi il 20 Marzo 1770 aveva scritto al cugino che lo rattristava il solo pensiero di una risoluzioue positiva immaginando "il fune-rale che si va preparando alia nostia Patria "e di dispiacergli che fosse toccata all'amico carissimo" la dísgrazia di sentir piu da vicino gli effetti di una Plebe vittoriosa".17 Ma se come esponente di una delle famiglie Dobiü più rappresentative di Capo-distra era naturalmente contrario anche all'ipotesi di una leggittimazione política del ceto popolare awertiva al fondo come, per una gius.ta esigenza di buona amministrazione e di riequilibrio dei poteri, una riforma del Consiglio cittadino fosse ormai improcastinabile. Aggiungeva infatti: "aumento di famiglie nobili, con un decreto del Senato di massima, ampliazione del Colleggio, sono i due unici rimedi che non si sono mai adoperati non kitendendosi quanto odiosa e inusitata sia l'oligarchia in privativa".13 E il 2 Maggio successivo sempre da Milano, calmatesi nel frattempo le acque a Capodistria e non avendo ancora il Senato veneziano presa una decisione, scriveva sempre al cugino Gravisi di aver si "inteso con piacere che le cose civiche si vadano riordinando" ma aggiungeva subito dopo che "il rimedío è palliativo; e qualora dipenda da uno solo il rinnovar qualunque disordine, il sistema sarà sempre precario e la Città non saTà rassodata.19 Tanto più che un sospetto si insinuava e Gian Rinaldo si chiedeva perplesso "se il popolo non agisca con un piano occulto e sistemático"; gli sembrava infatti "che i dircttori di esso abbiano piu capo e più direzione di queilo si pensa". In effetti i sospetti non erano solo del Carli. Forse gli occulti consiglieri dei Popolari potevano trovarsi all'interno delle famiglie nobili meno ricche e meno po-tenti della ristretta oligarchia che di fatto deteneva il controllo délia città. E non di meno alcuni rappresentanti deUa nobiltà povera- in particolare il Sindico della Comunità Nicoló Baseggio -furono accusati esplicitamente di connivenza con gli awersari.20 Fatto sta che a Venezia si cercó di prendere tempo prima di una posizione definitiva. II Senato della Repubblica con decreto 19 Maggio 1770 ingiunse al Magistrato de Deputati e Aggionti alla Provision dei dinaro, di produrre una re-lazione dettagliata sulla questione, con 1'avveríenza di ascoltare il parere anche dei due Rettori che avevano preceduto il Marcello nell'incombenza anuninistrativa capodistriana: Nicolô Beregan e Nicolô Corner.21 Questi in data 3 Agosto invia- 16 Cfr. B. Ziliotto, Trecentosessantaseí lettere di G. R. Carli, * AT", vol. 33 (1909) pag. 62, 17 rbidem, pagg. 61-62. 18 Ibidem, pag. 17. 19 Ibidem, pag. 64. 20 Cfr. B. Ziliotto, Primi moti... Cit. pag. 76. 21 Archivio di Stato di Venezia, Senato Mare, filza 1140. Deliberazione 24 Gennaio 1770 (more verieto). Allegata reJazione del Magistrato de' Deputati e Aggiunti alia Provision del dinaro. 107 ACTA IÍISTWAJE V. Rolan marino: oian RtNAl.DO carli E una mancata r1forma ..., 103-108 roño una memoria che di fatto rigettava Le motivazioni addotte dal Marcello nella richiesta del Dicembre 1769. Smentirono clamorosamente le accuse di malver-sazione e abusi amministrativi imputati all'oligarclua cittadina e, ironía della sorte, si facevano forti delle stesse motivazioni del Marcello per rivendicare l'inop portunitá di introdurre nell'ordinamento della cittá il nuovo organismo: "L'op-porre un nuovo Corpo fórmale al Corpo formal sussistente: una nuova adunanza dell'antichissimo Consiglio, nuovi Sindaci a Sindaci stabiliti da secoli, attribuir Ioto facoltá, dirítti, prerogative sigoificantissime non puó che produrre scontento nei cittadini piü colti e facoltosi di una cittá Iimitrofa distante sol dodici miglia da un nascente gelosissimo Emporio Austríaco".22 Ma ancor piü l'introduzione di simil novitá avrebbe potuto favoríre conte-stazioni, discordie e dissidi pericolosi come ne potevano fare testimonianza proprio le vicende di Rovigno che in seguito alie prerogative concesse nei 1683, dopo l'istituzione dei Sindici del Popolo era afflitta da "perpetúe discordie e tumulti fra cittadini e popolari" e finiva con l'essere "un oggetto di compassione piuttosto che d'invidia" 23 Evidentemente questo tipo di argomentazione ebbe fácilmente ragione dei fermenti di novitá e dei necessari accorgimenti per impedire che la cittá cadesse nei pericoli di "unoligarchia in privativa", come paventava il Carii. II Senato della Repubblica con decreto 24 Gennaio 1771 respinse la proposta e rigettó l'istanza di istituire a Capodistria I'organo dei Sindici del Popolo perché "debbano rimaneT le cose nella primitiva loro situazione a conforto anche del ceto nobile che sostiene con onore le canche né abbia chiunque in alcuu tempo mai a promuovere novitá alcune che sia contraria alia presente risoluta suddetta ter-minazione". POVZETEK Pomembna epizoda iz upravnega iivljenja mesta Koper ob koncu beneške vladavine v Istri je priložnost za poglobljeno Studijo osebnosti Gian Rinalda Carlijd, pri čemer pride do izraza njegov odnos do plemstva, do ljudstva, do upravne politike istrske prestolnice in do poskusa reforme njenega najodličnejsega upravnega organa: mestnega Velikega sveta. 22 Ibidem. 2'i Ibidem. 108