AN NA LES • Ser. hist. socio!. • 13 • 2003 • 1 original scientific paper UDC 327.8:329.18(450:497.1)"1918/1941" ricevuto: 2003-04-15 LA DfPLOMAZIA CULTURALE ITALIANA IN JUGOSLAVIA DURANTE II FASCISMO Stefano SANTORO IT-34135 Trieste, Via dei Ciacinti. 4 e-maií: steff_t5@yahoo.com SINTESI NeU'articolo si affronta il tema deüa diplomacia culturale italiana in Jugoslavia ira le due guerre mondiali, met-tendone in risalto la funcione política. I/elemento propagandístico costikú infatti parte integrante della diploma/Ja culturale, che fu insieme "cultura" ma anche "propaganda". Tramite una sempre piii organica collaborazione delta classe ¡ntellettuale italiana - in particolare gli studiosi di slavistica - con la diplomazia italiana, si realizzb un com-plesso piano di penetrazione italiana in direzione del Balean i e segnatartienle della Jugoslavia, intensificatosi negli anni Trenta e giunto a! culmine dopo l'occupazione dell'aprile 1941. La penetrazione culturale italiana, legata strettamente alia penetrazione di carattere político ed economico, si dovette scontrare con la sempre piu forte con-correnza del Terzo Reich, per finiré poi fuori gioco entro la fine del 1942, quando il molo subalterno dellltalía nei Balcani era ormai del tulto chíaro. Parole chiave: diplomazia culturale, propaganda, fascismo, slavisti, Italia, jugoslavia italian cultural diplomacy in yugoslavia during the fascist period ABSTRACT The article presents Italian cultural diplomacy in Yugoslavia in the inter-war period, with special emphasis laid on its political function. In fact, the propaganda element was an integral part of cultural diplomacy, which represented both "culture" and "propaganda". Through an increasingly organic collaboration of the Italian intellectual class - in particular researchers of Slavonic studies - with Italian diplomacy, a complex plan for Italian penetration into the Balkans, in particular Yugoslavia, was realized. Its intensity grew in the 1930s to reach a climax after the occupation of Yugoslavia in April, 1941. Italian cultural penetration, closely connected to political and economic penetration, had to confront the progressively stronger competition of the Third Reich to finally accede to German predominance at the end of ) 942, when its subordinate role in the Balkans was already clear. Key words: Cultural diplomacy, propaganda, fascism, Slavonicists, Italy, Yugoslavia 125 ANNALES • Ser. hist. sociol. • 13 • 2003 ■ 1 Stefono SANTORO; IA DIPLOMACIA CULTURALE ITALIANA IN ¡UGOSLAVIA DUKAN I t: M FASCISMO, 125.146 1.INTRODUZIONE II presente saggio si propone di studiare la "diploma-zia culturaie" italiana in Jugoslavia fra le due guerre moridiali. Con il termine diplomazia culturaie si intende l'insieme delle relazioni cultural i stabilite ed effettuate su istanza governativa, ma anche ¡I complesso delle atíivitá cultural! pórtate avanti in modo autónomo da assocla-zioni e istituzioní prívate, che durante il fascismo vennero tuttavia progressivamente sottoposte al contrallo go-vernativo. NeJ presente saggio ci si propone di metiere in risalto la funzione política che assunse atiesta diplomazia cultúrale. L'elemento propagandístico costitui infatti parte integrante della diplomazia cultúrale, che fu insie-me "cultura" ma anche "propaganda". In tal modo, tramite una sempre piu organica collaborazione delia cías-se intellettuale Italiana - in particolare gli studiosi di sta-vistica - con la diplomazia italiana, si realizzb un complesso piano di penetrazione italiana in direzione dei Balcani e segnatamente della Jugoslavia, intensifícalos! negli anni Trema e giunto al culmine dopo l'occ.u-pazione dell'aprile 1941. La penetrazione culturaie italiana, legata strettamente alia penetrazione di carattere político ed economico, si dovette scontrare con la sempre piü forte concorrenza del Terzo Reich, per finiré poi fuori gioco entro la fine del 1942, quando ii ruolo subalterno dell'itaíia nei Balcani era ormai del tutto chiaro. La produzíone storiografica sul tema delia diplomazia cultúrale italiana in Kigoslavia net periodo considéralo e stata finora molto scarsa. Ciii scrive ha toccato questi argomenti all interno di studi piu vasti sulla diplomazia culturaie italiana in Europa oriéntale (Santoro, 1999a; Santoro, 1999b; Santoro, 2002; Santoro, 2003a; Santoro, 2003b). Altri studiosi hanno affrontato diversi aspetti della política culturaie italiana, con particolare riferimento alia Slovenia, soprattutto neí corso dell'oc-cupazione militare della cosiddetta Provincia di l.ubiana (Perene, 1994, 07-86; Cuzzi, 199«, 25; Godesa, 1999). Con questo contributo ci si propone di ampliare le conoscenze su tale questione, ancora, come si vede, abbastanza limítate. Soprattutto, si vuole tentare di offri-re una panorámica sull'evoluzione storica complessiva dello strumento offerto dalla diplomazia cultúrale italiana alia diplomazia ufficiale portata avanti da Palazzo Chigi e quindi sull'apporto che il mondo della "cultura" e deir'accademía" ha dato alia política di potenza dell'itaíia fascista verso i Balcarn. Per la stesura di questo studio sono state utiiizzate fontl inedíte e poco conosciute. Le piü importanti sono quelle del fondo delia Direzione Generale per i Servízi della Propaganda presso l'Archivio Centrale dello Stato, deíl'Archivio Scuole dell'Archjvio Storico del Ministero degli Affari Esterí, deíl'Archivio Storico della Societa Dante Alighieri (Roma). Inoltre, le fonti del fondo Record Group 59, Department of State, presso i National Archives il di Coliege Park, Maryland. 2. GLI ANNI VENTI Fino alia seconda meta degli anni Trenta, Pita lia non fu presente in modo massiccio in Jugoslavia con proprie istltuzioni cuJturali sul territorio. Ciononostante, vi fu sia negli ambienti diplomatici che, per riflesso, in quelli intellettuali, una grande attenzione per il vicino paese adriatico in tutto il corso del ventennio. Prima della guerra esisteva a Belgrado una scuob italiana sussidiata dal governo e appoggiata dalla Dante Alighieri, che tuttavia venne ben presto chiusa a causa di incomprensión! di carattere burocrático con il governo serbo. Fu-rono poi compiuti ulterior! tentativi, tutti falliti: dopo la guerra il conté Conestabile della Staffa gettb le basi di un circolo italiano che riusci a raggruppare un certo numero di soci, ma dovette poi rtri uncía re ai suoi pro-getti per mancanza di finanziamenti. Prima delle dimis-sioni del ministro degli Ester! jugoslavo Nincic, di orientamento fiioítaliano, il segretario del Club dei gior-nalisti jugoslavi, Svetovski, aveva redatto lo statuto di un circolo italo-jugoslavo da fondarsi a Belgrado, mentre a Roma si sarebbe dovuto fondare un ana logo circolo ju-goslavo-italiano, con sussidi del Ministero degli esteri jugoslavo: anche in questo caso, tale progetto non fu realizzato. Dopo la firma de! Patío di Tirana, poi, il mutato clima nelle relazioni italo-jugoslave non consi-glib alcun ulterlore tentativo in questo senso. í| governo di Belgrado nutrí una profonda díffídenza verso la for-mazione di nuclei di penetrazione culturaie italiana in Jugoslavia e, nonostante che "fra i serbi l'interesse per la lingua italiana non [fossej debole", si ebbe "paura di ri-conoscere ufficiaímente l'importanza della lingua italiana": ad esernpio, la pur csistente cattedra di lingua e letteratura italiana all'üniversita di Belgrado resto a tungo vacante (ASMAL, 1). Piü radicata fu la presenza pa-triottíco-culturale italiana in Dalmazia, dove esisteva no quattro principali istituzioni: la Societa del casino, la Biblioteca popoiare italiana, if gruppo di Sebenico della Lega nazionaie e la Colonia dell'unione femminiíe cat-tolica italiana. La Societa del casino fu fondata nel 1775 e accentro tutte te a tt i vita culturali e associative itaiiane, tenendo giornaimente aperte le sue sale di lettura. La Biblioteca popoiare, rscca di tremila volumi, diffuse i suoi libri anche fra l'elemento slavo, la Lega nazionaie gesfl la lócale scuola elementare italiana, mc-ntre la Colonia dell'UFCI, intitolata a Niccolb Tommaseo, co-¡nvolse la quas! totalita delle donne italiane di Sebenico. Divisa in un gruppo donne cattoliche italiane e in un circolo della gioventu femminiíe cattolica italiana, la Colonia era sorta al tempo deil'occupazione militare italiana, e condusse attivita di proselitismo anche fra gli slavi, con la diffusione di gíornali, riviste, libri e opu-scolí della propria biblioteca, con riuruoni settimanali e conferenze. Tuttavia, a Sebenico ancor piu che nel resto della Jugoslavia, i sentimenti antitaiiani nella popola-zíone slava furono molto accesi e ostacolarorio quindi 126 ANNALES • Ser. hist. socio!. -13 • 2003 • t 5!»(aao SANTORO: LA DIPLOMARÍA CULTURALE ITALIANA IN ¡UCOSIAV1A DURANTE H. V-ASOSMO. 125-148 lo svolgírnenio sistemático di una propaganda cultúrale italiana. Ad esempio, nel corso di una manifestazione organizzata il 4 maggio 1924 per commernorare il cin-quantenario del la morte di Tommaseo. un gruppo di študenti jugosiavi impedí ío svoigimento del discorso di Paolo Orano, giunto appositamente a Sebenico (ASMAE, 2). Generalmente, la Jugoslavia fu percepita dalla pub-blicistica italiana deíl'epoca in modo densamente negativi;, tranne che nei periodi di riavvicinamento fra Roma e Belgrado: inizialmente, nei primi anni Venü, quando prevalse la volontó di conciliazione portata avanti dal ministro degli Esteri Sforza e dal segretario generale del ministero, Contarim; poi, nel la seconda meta degli anni Trenta, quando ando al potere il filofa-scista Stojadinovic. Pero, accanto a questa pubblicistica di piü larga diffusione, esisterono dei crescenti spazi di riffessione a liveilo accademico, dove operarono gli esponenti deüa nascente slavistka italiana, che, andando oltre alie polemiche piü strettamente politiche, pun-tarono a fornire - in modo piü o meno rnarcato - una base storico-culturafe alie istanze del nazionalismo italiano verso !a jugoslavia, ossia in particoíare riguardo ¡a Dalmazia. ¡noltre, la linea interpretativa che percorse la slavistica italiana fra le due guerre, caratterizzata dalla costante ricerca delle ascendenze latine e "italiche" delle culture est-europee, assunse riel caso del la Jugoslavia delle connotazioni ancora piü evidenti. Obiettivo dichiarato di questo genere di studi fu di evidenciare i¡ ruolo svolto dail'ltalía nel corso dei secoli nell'ínci-vilimento dei popoli sloveno, croato e serbo: il risvolto político di questo tipo di argomentazioni era evidente. II principa le di questi studiosi fu Arturo Cronia. Nato a Zara nel 1896, Cronia 'e considéralo uno dei pionieri della slavistica italiana (Picchio, 1962, 2). Inizíb la sua altivita accademica in Cecoslovacchia come professore ospite di lingua e letteratura italiana alf'üniversita di Bratislava (1929-32) e successivamente all'Universita Cario !V e all'Alta scuoia di commercio di Praga (193236). Nel 1937 era stato nominato docente di filología slava alie Universita di Padova e fioíogna e, poco dopo, docente di lingua e letteratura serbocroata a Venezia. Infine, nel 1940 gli fu assegnata, "per chíaia fama", la neo istituita cattedra di lingua e letteratura serbocroata dell'Universita di Padova (Maran, 1967, 5 6). II motivo deiritalia portatrice di cívjitSi e di una cultura spiríiualmente superiore fu costantemente al centro degli studi di Arturo Cronia, dedicati in gran parte alia letteratura serbocroata e agli influssi che la cultura latina e italiana svevano esercitato su di essa nei tempo: ¡.'Italia [...} non ees sb m ai di mandare i suoí raggi di luce vivificatrice anche oltre ¡'Adriático azzurro; or con breví e tenui spiragli fendendo l'influenze dell'orien- talismo, or con bagliori accecanti ed irresistibili inva-dendo tutta la vita d'una nazione fatídicamente affasci-nata. Il primo periodo della letteratura serbo-croata ossia la eos) detta "letteratura glagolitica" anche se nelle ori-gini offre evidenti le tracce e lo spirito della chiesa greca, nel suo uiteriore sviluppo si modella completamente su He opere sacre della letteratura italiana e le calca eos/ fedelmente da apparire non di rado una mera copia. Trattare difusamente di questa "letteratura" tutt'a Uro che artística... non e qui il caso [...}. Basti diré che della misera ed insignificante produzione glagolitica non poche sono fe opere latine o italiano che assumono veste croata per mano di scrittori ígnoti, di modesti glagóliti, di tapini mesticranti della penna (Cronia, 1924). Simtli argomenti furono utilizzatí da Oscar Randi, un pubbficista esperto del mondo balcanico, che collaboro a riviste quali "L'Europa Orientale", facendosi conoscere inoltre con due studi dedicati aíla jugoslavia Í1922), a cura dell'lstituto per l'Europa Oriéntale, e ai Balcani (1939), per la "Dante Alighieri". Randi, nato a Zara nel 1876, irredentista, dop(j la fine del primo conflitto mondiale divenne funzionario deli'Ufticio stampa del Ministero degli esteri, passando in seguito afl'Ufficio stampa del Ministero detta cultura popolare. Collaboratore a riviste nazionaiiste quali "La vita italiana", "I/idea nazio-nale", "Política", "II Giornale d'ltalia", fu un nazionaiista corivinto e diede i! proprio appoggio incondizionato al revisionismo e alí'trnperialismo fascisti verso la Jugoslavia, sos te n en do conseguentemente con entusiasmo i'aggressione nazifascista del vicino regno e il suo smembramentó nell'aprile del 1941 (Chiaroní, 1980a, 25-81).1 i rapporti fra Italia e jugoslavia, tesi nell'immediato dopoguerra per la fissazione delle frontiere fra i due paesi, si distesero in seguito alia política di Giolittí e Sforza e sfociarono nella stipulazione del trattato di Ra-palío, il 12 novembre 1920. In base af trattato, ¡'Italia ottenne a nord la línea prevista dai trattato di Londra, con quaiche miglioramento, fino al monte Nevoso; Zara, con una zona adiacente di vari chilometri di raggio; le isole di Cherso, Lussino, l.agosta e Pelagosa. Lo stato fiitmano fu dichiarato "perpetuamente" indipendente, ma contiguo territorialmente all'ltafia. Inoltre, furono previste facilitazioni economiche alie imprese itaüane in Dalmazia, rnentre agli itaüani residenti in Jugoslavia vennero concessi speciaií privilegi cultural! e il diritto di optare, entro un anno, per la cittadinanza italiana (Lederer, 1966, 324-361). in tale periodo di distensione, ambienti politico-economid sia itaüani che jugosiavi auspicarono una collaborazione sernpre pib stretta fra i due paesi, sia nel campo diplomático che in quello económico. Da parte jugoslava si era ínfatti affermato che l'avvenire delle due 1 Su Randi, cfr. Chiaroni, 1960b, 21-23; Cace, 1953, 55-58; 5cm¡ e Tacconi, 1992, 514-516; D'Alia, 1928, 100-101. 127 ANNALES • Ser. hist. sociol. • 13 • 2003 ■ 1 Si piano SANTORO: LA DIPLOMAZlA CULTURALE ITALIANA !N JUGOSLAVIA DURANTE IL FASCISMO, (25-148 nazivni italiana e jugoslava, che per provvidenza divina sono chiamate a reggere le sorti politico-economiche di quella parte dell'Europa orientale (...) si presenta chiaro e positivo nella loro armonía économies, la quale sola potra daré a tutt{e) e due una base matemática di un prosperamento bilatérale e sicuro. (...) Una nuova era sta sorgendo sull'orizzonte politico-economico per am-bedue gil Stati: per l'ltalia e per la Jugoslavia (Kucinic, 1923, 151-153). Símilmente, da parte italiana anche i! nacionalista Randi aderi alia tesi del "matrimonio di convettienza" italo-jugoslavo, A suo parere, lo stato di tensione ira italiani e jugoslavi del l'immédiate dopoguerra era dovuto da una parte ai "pregiudizi" e airignoranza reciprocó}", ma dall'aítra anche a un'oggettiva rivalita per il dominio sull'Adriatico, che portava per forza di cose ad "un'antipatia reciproca insanabile". Cran parte délia responsabilité di questa secolare inimicizia era perb fatta ricadere sui paesi che, storicarnente, avrebbero rinfo-colato a loro vantaggio la rivalita fra i due popoli: prima l'Urigberia, che avrehbe aizzato i croati contro Venezia, poi ¡'Austria e, infine, la più infida, la Francia, avrebbero fatto da "tertius gaudens" fra i due litiganti (Randi, 1922,523, 527). La penetrazione economico-finanziaria italiana verso la Jugoslavia fu tuttavia scarsa, ad eccezione dell'impegno della Banca commerciale italiana, che, con la collaborazione del finanziere Ciuseppe Volpi -dal 1925 ministro delle Finanze - aveva avviato un3 proiezione in direzione dei Balcani. Volpi, iriteressato ai paesi balcanici per le grandi opportunité di investimenti offerte al capitale italiano, aveva già prima della guerra iniziato un'opera di penetrazione tramite la Società Commerciale d'Oriente, la Compagnía di Antivari e la Societa regia cointeressata dei tabacchi del Montenegro (Zamagni, 1993, 197-198; Romano, 1979). Nei primí anni Venti divers! ambienti iniziarono ad esercitare delle pressioni sul governo per realizzare una piü funzionale collaborazione fra gli interessi economici italiani proiettati verso l'area danubiano-balcanica, pro-fittando del temporáneo indebolimento postbellico dei gruppi austro-terJeschi. Sulla scorta delle altre potenze europee, che attivarono uffici di informazioni commercial! ap[>oggiati dai rispettivi governi, anche l'ltalia tentó di fare aitrettanto, istituendo nel 1921 una commissione che avrebbe dovuto "pronunciarsi sui modi e sui mezzi (...) più proficui per lo svolgimento dell'importantissima opera della propaganda all'estero a favore delle nostre industrie e dei noslri cornmercí" (ACS, 1). Non si hanno tuttavia ulteriori notizie sulla costituzione di un simile ufficio. Inoltre, nel 1922 anche i finanziamenti governa-tivi per l'lstitLito italiano per f'espansione commerciale e coloniale, che avrebbe dovuto favorire l'espansione commerciale italiana all'estero, furono sospesi (ACS, 2). La jugoslavia entro a far parte della Piccola Intesa assieme a Cecoslovacchia e Romanía, firmando con la prima una "convenzione difensiva" il 14 agosto 1920 e con la seconda un'analoga convenzione ií 7 giugno 192':, complétate poi da due convenzioni militari nel 1921-22. Come gli altri due paesi usciti vincitori dalia gLierra, anche la jugoslavia volle mantenere inalterato ¡o status quo, opponendosi ad ogm tentativo di revisione territoriale a vantaggio di Ungheria e Bulgaria (lordache, 1977, 26-36). Delie concrete ragioni di carattere politico legarono quina; Francia e jugoslavia, favorendo il rafforzamento di legami di carattere culturale fra i due paesi. L'ltalia, invece, vide deteriorarsi i propri rapponí con i| vicino Regno SMS dalla seconda meta degli anni Venti. Firmato il Patio di Roma il 27 gennaio 1924, con cui Mussolini riuseï ad ottenere all'ltalia la sovranita su Fiume in cambio della cessione alia Jugoslavia di Porto Baros, le rela-zioni ira i due paesi si irrigidirono a causa delle mire italiane sull'Albania e alia firma del palto di sicurezza ed amicizia italo-albanese del novembre 1926, con cui Tirana si impegnb ad intrattenere un rapporto di tipo esclusivo con Roma, estromettendo la jugoslavia da future ingerenze. Nel corso dell'estate 1927 l'ltalia e la Jugoslavia ruppero le relazioni dipíomaliche: la Jugoslavia quind¡ cerco ed ottenne delie precise garanzie dalla Francia, con la stipulazione a Parigi i'11 novembre 1927 di un traftato di amicizia, alleanza ed arbítralo. L'ltalia rispóse con la firma del secondo trattato di Tirana del 22 novembre e, nel gennaio 1929, alia scadenza del Patio di amicizia e c/i cordiale collaborazione italo-jugoslavo del 1924, non si precederte ad un suo rinnovo (Duroselle, 1972, 71-72, 91-93). L'ltalia cosí si impedí ogni possibilité di influenzare la Jugoslavia tramite politiche di diplomazia culturale, limitandosi fino alla seconda meta degli anni Trenta ad aizzare sUioli di propagandista contro Belgrado e la Piccola Intesa esclusivamente a fini interni. Nel campo cultúrale, benché non mancasse il consueto impegno da parte degli slavisti italiani per uno studio appassionato delle questions concernent! la cultura degli slavi del Sud, non si rinuncib generalmente ad un atteggiamento spesso fazioso, mirante in modo ancora più marcato che negli anni precedenti a giustificare le tesi egemoniche dell'ltolia sulla Jugoslavia. Caratteristica di tale pubblici-stica fu una forte pregiudiziale antiserba e un frequente tentativo di gettare un ponte verso i cattolici sloveni e croati. In particolare, l'uso della questione confessionale assunse un'importanza sempre maggiore in funzione di supporto alia política revisionistica italiana, permetten-do di cogliere degli elementi di aft'init'a fra sloveni, croati ed italiani all'interno delle categone di "cattolicesi-mo", "latinit'a" ed "occidente", e di porre una radicale di-visione rispetto ai serbi. "ortodossi". "bizaritini" ed "orientali". Lo stesso armamentario idéologie© e propagandístico fu po; usato con sistematicità durante l'occupazione italiana della Jugoslavia, alio scopo di fornire una base di aggregazione culturale ¿U'intel- 160 ANNALES • Ser. hist. sociol. - 13 - 2003 • 1 Stelano SANTORD: LA DSPI.OMAZIA CULTURALE ITAItANA IN JUCOStAVIA DURANTE II. FASCISMO, 125-HS ligencija slovena e croata sotto ¡e bandiere dell'invasore italiano. Aurelio Paimieri, un i Ilustre esponente della diplo-mazia vaticana, usb con particolare enfasi le argomen-tazioni confessionaü con evidenti finalita di polémica política. Alia divisione della Jugoslavia fra ortodossi e cattolici, Paimieri faceva infatti corrispondere la linea che divideva Oriente ed Occidente, esaltando in particolare il popolo croato e la sua storica íunzione di "antemura/e Christíanitatis" (Pirjevec, 1995, 67), prima contro i turcbi, poi a difesa della "vera" cristianitk, fa-ceníe capo a Roma. La sceíta di campo di Paimieri era chíara: "L'orientalismo e l'occidentalismo lottano presso i nostri vícini per la supremazia: non siamo in grado di prevedere quali (s/c] delle due tendenze prevarra, ma naturaímenie i nostri voti sono per l'occidentalisrno, che é rappresentalo dagli jugoslavi cattolici" (Paimieri, 1924, 254-255). Sulla slessa linea si schierb anche Randi, secondo cui "Belgrado non ha mai nascosto di avere una missio-ne nazionale e cultúrale slavizzatrice contro ¡a supposta corruzione latina dei confratelfí slavi cattolici d'oc-cidente, Croati e Sloveni": si trattava di una "campagna, solo apparentemente religiosa, ma in sostanza nazionafe (...) traspórtala oitre i confini della Jugoslavia tra gli Slavi della Venezia Giuiia, ove spesso si fanno risuonare le grida di: 'via da Roma! passiamo aíi'ortodossia!'" (Randi, 1922, 367-369). 3. CL! ANNi TRENTA Nonostante le tese relazioni diplomatiche e ¡a scarsa penetrazione della propria influenza culturale, i rapporti economici dell'ltaíia con ía Jugoslavia l'urono molto fío-ridi: dopo l'Albania, la Jugoslavia tu infatti l'unico paese dell'Europa sud-orientale in cui ('Italia raggiunse una forte posizione, in particolare nel campo commerciale. Se gia nel 1929 l'ltalia era stata if piü grosso acquirente delfa jugoslavia, assorbendo oitre un terzo delle espor-tazioni jugoslave e contríbuendo agli introiti di valuta straniera jugoslavi per quasi un quarto del totaíe, nel 1934 l'ltalia continuo ad essere il paese piü importante per i! commercio estero deíía Jugoslavia. Tuttavia, gli scambi commerciali con ia Jugoslavia furono viziati da un costante saldo negativo sulla bilancia commerciale italiana, visto che il controvalore delle merci acquistate era molto superiore a quelio delle merci vendute nel vi-cino regno: tale política economica non poté ovvia-mente fungere da apripista per una preminenza política italiana in Jugoslavia. Inoitre, la política revisionista e aggressiva del fascismo verso Belgrado implico una pro-gressiva e rapida apertura della Jugoslavia alia Germania, con cui fu stipuíato il gia cítalo accordo económico dei 1934, e che assorbi nel corso degli anni Trenta anche questo paese nella propria sfera economica a decapito dell'itafia (La Marca, 1996, 44-46). Con la creazione dei Terzo Reich, l'ltalia dovette far fronte ad una sempre piü intensa penetrazione economica tedesca: la Germania stava infatti riprendendo ad espandere i propri traffici, inizialmente indeholiti dalla crisi economica mondiale, lungo la tradizionale direttri-ce del hacino dariubiano-balcanico. Nel 1934 la Germania stipulb accordi commerciali con l'Ungheria e la lugoslavia, con l'obiettivo di contrastare la creazione di due rivais sfere economiche in Europa sud-orientale: la prima, egemonizzata dalla Piccola Intesa e diretta in particolare da Praga, e la seconda controllata da Roma, attraverso l'asse con l'Ungheria e ¡'Austria (DGFP). Fin dall'inaugurazione della política del "Nuovo Piano" varata da Schacht nel 1934, uno degli obiettivi della politica nazista fu inoitre quelio di espellere gradualmente dall'Europa sud-orienta!e, dal punto di vista economico e político, la Francia e la Gran Bretagrta (Collotti-Sala, 1974, 13). Oopo il colpo di stato monarchico di Alessandro, Mussolini intensifico gli attacchi contro ía Jugoslavia, sopraltutto tramite la stampa, che dipinse il vicino regno come un centro di sovversione e un pericolo per l'ltalia; inoitre, íurono finanziate diverse associazioni irrédentiste, che reclutarono volont3ri per una vagheggiata "mar-cia sulla Dalmazia". Infine, il regime continuo a stringe-re rapporti con organizzazioni terroristichc quali gli ustala croati di Paveli¿ (tuso, 1990) e l'organizzazione indipendentista macedone ORMI di Vaneo Mihailov. II duce guardo con disprezzo alia "dittatura di porcellana" cli Alessandro, considerándola "una vergogna per noi dittatori" e non ader'i quindi alia proposta del governo jugoslavo di rinnovare il patto di amicizia del 1924. Si gíurise cosí ad un progressivo inasprimento dei rapporti fra i due paesí, culrninato nell'episodio della distruzione dei leoni di san Marco a Traù nella notte fra il l e il 2 di-cembre 1932, preceduto il 28 ottobre dal rinnovo del-l'accorcfo di amicizia e collaborazione franco-jugoslavo del 1927. Infíne, qualche settimana piü tardi, il capo di stato maggiore tráncese visito Belgrado e firmó un accordo per un prestito di un miliardo di franchi destínalo alia modernizzazione delf'esercito jugoslavo. Paral lelamente alia prosecuzione dei buoni rapporti con la Francia, Alessandro favori lo stringersi di relazioni poiitiche ed economiche con la Germania in modo da controbilanciare l'aggressivita italiana. La Germania fu molto disponíbile verso la Jugoslavia: con I accordo clearing del 1934, Reclino sí impegno ad acquistare materie prime jugoslave a prezzi superlori a quelli vi-genli su i mercati internazionali. Anche nel campo della stampa e della propaganda, i due paesi si vennero in-contro: numerosi organi di stampa jugoslavi guardaron«) con crescente simpatía al nazismo, mentre gli stessi giomaü nazisti elogiarono i! popolo serbo e ii suo so-vrano, consigliando alia propria minoranza in Jugoslavia di stringersi fedelmente intorno alie bandíere "di una delle due razze guerriere d'Europa". 129 ANNALES • Ser. hist. sociol. - 13 - 2003 • 1 Slefânu santoRO: t. a diptomaziaculturalt italiana IN IUCIOSLAVIa durante il FASCISMO, ¡25-14» Mussolini guardo con cresceníe apprensione all'av-vicinamento jugos lavo-tedesco, cui reag'i, fra l'aitro, con la firma dei Protocolíi di Roma italo-austro-ungheresi del marzo 1934 (Pírjevec, 1993, 10S-112!. Come rícor-da l'allora sottosegretario agli Esteri Suvich, "il continuo sc.ivolamento della jugoslavia verso la Germania era evidente" (Suvich, 1984, 221}. Esautorato Grandi, favo-revole ad un riavvicinamento a Belgrado in íunzione antitedesca, Mussolini ri prese la guida del Ministère de-gli esteri nel luglio 1932, imprimendo alia diplomazia italiana una linea sempre più antijugoslava (Nelto, 1993, 163, 190; Carocci, 1969, 159-167). La campagna propagandística contro la jugoslavia, oltre acl essere af-fidata alia stampa, coinvolse anche i circo! i dell'ac-cadernia e dell'alta cultura: la rivista "L'Europa Orientale" affianco infatti l'azione governativa con interventi che esaítavano l'italianita della Dalmazía, appoggiando l'idea di un'intesa ítalo-croata contro lo stato jugosíavo. Eu con l'andata al potere di Milan Stojadinovid nel luglio 1935, che iniziO una fase di distensione fra Italia e Jugoslavia, turbata dall'adesiorie di Belgrado alie sanzio-ni decise a Ginevra contro l'ltalia dopo l'invasione dell'Etiopia, ma nuovamente rilanciata alla fine dei setiembre 1936, con uri accordo commerciale che avrebbe consentito alia Jugoslavia di esportare in Italia il 52% della cifra raggiunta nel 1934. II riavvicinamento Italo-jugos¡3vo fu sancito dalia firma del trattato di amicizia da parte di Ciano a Belgrado il 23 marzo 1937, che pri¡-vedeva, fra l'aitro, il miglioramento del le condizioni di vita della minoranza slava della Venezía Giulia, un con-trollo più rigoroso suU'allívitá degli ustasa in Italia, il co-mune rispetto dell'indipendenza albanese e, da parte ju-goslava, il riconoscimento rJell'impero recentemente proclamato da Mussolini. Edificando un regime di stam-po parafascisla in jugoslavia, Stojadinovid tentó ir» política estera di controbilanciare ¡'influenza eserdtata rispet-tivamente da Italia e Germania, badando al coritempo di non inimicarsi i due tradizionali alleati di Belgrado, la Francia e la Gran Bretagno (Pírjevec, 1993, 131-134). Alia stipulazione del trattato di amicizia rece seguito, come era ormai consuetudine dalla meta degli anni Trenta, la firma di un accordo cultúrale fra i due paesi, con lo scopo di "consolidare e sviluppare i vincoli di amicizia esistenti [..,] anche mediante un'adeguata ín-tensificazione dei loro rapport! cultural!, artístici e scientifici, atta a favori re una maggiore conoscenza fra i due popoli". In base all'accordo, il governo italiano avrebbe istituito a Belgrado un Istituto di cultura ' con lo scopo di promuovere e sviluppare la conoscenza in jugoslavia della civilt'a e della vita italiana e di attendere alio sviluppo del le relazioni italo-jugoslave nel campo delle scienze, delíe lettere e deíle arti", rnentre ¡I governo jugosíavo avrebbe istituito un ente analogo a Roma, il governo italiano si impegno ad assicurare l'insegna-mento della lingua serbo-croata presso la facolta di economía e commercio delle Università di Roma e Trie- ste, l'lstituto superiore orientale di Napoli, l'lstituto di economía e commercio di Venez i a e gli Istituti commer-( iali di Ban, Padova e Gorizia, mentre si dichiarb disposto ad estendere l'insegnamento del serbo-croato anche in altre scuole medie, "qualora risulti la possibilité di ot-tenere presso di esse un adeguato numero di ¡sentît". Il governo jugosíavo si impegno a fare altrettanto nei propri istituti universitari e di insegnamento superiore. Inoltre, la jugoslavia si impegno ad istituire presso le Università di Belgrado, Lubiana e Zagabria l'insegnamento della filología, della storia e della cultura italiana. Al contempo, ¡'Italia garantí "un adeguato sviluppo" all'insegnamento della letteratura jugos lava nei corsi di filología slava esistenti presso le Università di Roma, Padova, Bologna e Firenze. Sarebbe stato incoraggíato l'insegnamento della lingua e letteratura serbo-croata presso l'lstituto per l'Europa orientale di Roma, l'lstituto Scienti-nco-letterario "Regina Elena", sempre di Roma, e "presso aitri Enti i quali si propongano finaütá analoghe a quelle degli istituti predetti". Sarebbero poi stati nominati, con l'accordo di entrambi i governi, dei lettori di lingua italiana e serbo-croata presso le rispettive università dei due paesi, Furono infine previste le usuali facilitazioni per scambi di docenti, studenti, e per l'istituzione di borse d> studio. Per la realizzazione praíica di tale accordo, sarebbe stata creata una commissione governativa mista, che si sarebbe riunita almeno Lina volta l'anno (ACS, 3). La penetrazione culturale italiana in jugoslavia subí alla fine degli anni I renta una nuova intensificazione, sia per iniziativa diretta dello stato, che per volonta di pri-vati, generalmente sowenzionati dal governo. È questo ad esempio il caso del progetto portato avanti dalla casa editrice Mondadori, che strinse un accordo con la maggiore casa éditrice jugoslava, la "St. Kugll" di Zagabria, per la pubblicazíone di serie di opere italiane moderne, fra cui una breve storia della letteratura italiana ed una breve storia d'líalia, tradotte in serbo-croato. A tale scopo, la Kugli si sarebbe avvalsa della collaborazione di due noti Halsanisti, i professori Mix e Deanovid- Scríven-do al ministro della Cultura popolare Alfieri, lo stesso Mondadori evidenzio come fosse particolarmente importante poter stabilire un accordo con una Casa Editrice di questo Paese, non solo tenuto conto della situazione política attuale fra jugoslavia ed Italia, ma anche in rela-zione all'attivitct cultúrale che irt que! Paese svolgono aitri Stati, particolarmente la Germania e la Francia. I t'rancesi - ricordava Mondadori - agivano attraverso i loro Instituts français, di cui ben 76 esistevano in jugoslavia, con "la funzione di tutelare tutto quanto costitui-sce lingua, cultura e spirito del popolo francese", "tutti completamente spesati dal Governo francese". Mediante questi Istituti, la Francia distribuí "una gran quantité di volumi francesi alie istituzioní private, scolastiche e pubbliche della jugoslavia: anche questo gratuitamente". í tedeschi erano poi "in condizione di gran îunga più vantaggiosa in confronto a qualsíasi altro Paese": 130 ANNALES • Ser. hist. sociol. - 13 - 2003 • 1 Slcí.itro SANTORO: LA DIPLOMABA CULTUKALt ITALIANA |H JUGOSLAVIA DURANTE IL FASCISMO, 125-148 A causa délie anlichc iclazioni polinche con I'Austria, la lingua tedesca è assai diffusa in Jugoslavia. La vecchia generazione è stata completamente edúcala nello spirito e r.ella lingua tedesca; gli studi compiuli in gran parte nelle Universita austriache hanno portait), naturalmente, una vastissima diffusione del perulero e deüa cultura tedesca. Inoltre, ti tedesco (come del resto anche H tráncese/ viene impartito nellc scuole corne materia obbligatoria. Per (juesta ragione il libro tedesco è, di tutti i íibri esterí, il piu difíuso in Jugoslavia. Si pub dire che, su 100 libri stranieri, 70 sono 1 edeschi, 15 sono francesi e gli a!tri 15 italiani, ingles i o di altre lingue. Tramite una serie di irtcentivi e soprattutto una politica di "forti sconti", il governo tedesco in collaborazio-ne con le case editrici tedesche poté cosí reaiizzare un'ampia diffusione della cultura germanica in Jugoslavia. Esislevano inoltre circoii e societ'a di amici della Germania dove si insegnava il tedesco e ai quali le bi-blioteche del Reich distribuirono gratuitamente i propri volumi. Per quanlo riguardava il progetto di penetrazione cultúrale "libraría" italiana, la casa editrice Kugli chiese un sostegno da parte dell'ltalia: come spiegb Mondado-ri, infatti, "data la poverta di quel mércalo éditoriale e data l'azione. gi'a svolta da Germania e Francia, non è possibile arrivate ad una conclusione senza un aiuto da parle nostra". La Kugli era disponibile a stampare 3000 copie per volume, ma chiedeva l'impegno da parte dei governo italiano di acquistare 500 copie di ogni opera, per farne omaggio alie biblioteche pubbliche e scolasii-che della Jugoslavia (ACS, 4). Quesia iniziativa di Mon-dadori suscito l'entusiastica adesione del direttore generale deil'íRCE De Feo e il favore dei direttore generale della Propaganda Ce les i a di Vegliasco (ACS, S). La concorrenza nel campo éditoriale e della diffusione libraría fra Italia e Germania fu Ira gli anni Trenta e gli anni Quaranía rnoito accesa. I ledeschi n partico-lare tentarono dopo t! 1940 di controllare, tramite la loro grande forza política e finanziaria, la distribuzione dei libri, dei periodici e dei quotidiani anche in Italia, per mezzo dell'acquisto delle Messaggerie italiane e delle librerie itaíiane riunite, che sí trovavano tino ad ailora in mano francese (Hachette) e che disponevano della più grande rete di distribuzione della penisola. Gli italiani riuscirono pero ad imporre la Mondadori. acqui-stando le azioni di Hachette: fu lo siesso Alberto Mon-dadori a rappresentaie gli interessi italiani presso la Confederazione degli cditori tedeschi ed ¡i Ministero della propaganda di Berlino. Dopo la sconfitta e 1'occLipazione della Francia, inizib un'intensa lotta con-correnziale italo-tedesca per il possesso delle reti di di- stribuzione e dei mercati sia francesi che deli'Europa sud-orieritale. Oppure, si tentó la strada degli accordi: in Croazia e in Grecia furono ad esempio stipulati contratti di ripartizione che dovevano assicurare partecipazioni paritetiche alia parte tedesca e a quella italiana (Petersen, 1986, 377-378). Nel gennaio 1939 vi fu una seconda visita di Cíano a Belgrado, in tale occasione, oltre a conversare con Stojadmovic su una futura ¡potetica spartizione dell'Albania, Gano fu accompagnato dal primo ministro al quarlier generale del suo partito, l'Unione radicale jugoslava, dove fu organizzata una manilestazione di benvenuto in típico stile fascista. Prima di tale manit'e-stazione, Ciano presenzio all'inaugurazione dell'esibi-zione del libro italiano, tnsieme al principe Paolo, a Stojadinovic, a ¡mportanti esponenti del governo e della corle jugoslavi e a membri dei corpi diplomatic! a Belgrado. In lale circostanza, il ministro jugoslavo del-l'lstruzione, dando inizio alia cerimonia, glorifico l'antica Roma, paragonandola al nuovo impero fascista di Mussolini. Da parte sua, il presidente dell'IRCE2 Pa-volini replicó con le segueriti parole: "i nostri due popoli sono vicini nel senso geográfico della parola; essi sono complementan económicamente; ma essi sono anche vicini l'un 1'alí.ro nello spirito...". A qLjesta visita di Ciano fu data larga risonanza sia in ¡ugoslavia che in llalla: i giornali jugoslavi pubblicarono molti articoli sull'ltalia, su Ciano ed esaltarono le rela-zioni cordial i esistenti fra i due paesi. Ad accompagnare Ciano e la delegazione italiana vi furono inoltre venti-cinque importanti giornalisti italiani - fra cui Virginio Gayda - di quotidiani quali "ti Giornale d'ltalia", "La Stampa", "Il Messaggero", "II Lavoro Fascista", "Il Popolo di Roma", "La Tribuna", "II Popolo d'ltalia", "fi Corriere della Sera" e l'agenzia "Stefani". Secondo il ministro americano a Belgrado, benché la Germania avesse ormai assunto una posizione nettamente predominante, l'ltalia ci teneva a fare velleitariamente sapere che non era dísposla a rinunciare alie proprie "aree di influenza" in Jugoslavia e generalmente nell'Europa centro e sudorientale. Pero, la visita di Ciano e l'esibizione del libro non produssero grandi risultati nel senso di "aumentare il prestigio italiano in Jugoslavia", in quanlo "the Yugoslav people simply refuse to take the Italians very seriously": "they dislike intensely all of the manifestations and trappings of fascism and are cynical about Dr. Sto-jadinovic's apparent delight in associating with dictators and the errand boys [faftonnil of dictators". Súbito dopo la paitenza di Ciano, ad esempio, la Le-gazione italiana organizzo alcune proiezioni su argo-menti quali le bellezze d'ltalia, la vita e Parte di Giotto, 2 I'iRCE (tstituto Nazionaie per le Relazioni cultural! con S'Estero) tu fondato nel 1938, alio scopo di promuovere "ia diffusione all'estero della cultura italiana in tutte le sue manifestazioni, politiche, sociali, economiche, 1 enerarle, artistiche, scienlitiche" e di favour« "le relazioní (ra le istituzioni e organizzazioni italiane, aventi final i La educative o cultural!, e le istituzioni e organizzazioni straniere, aventi simili finality (ACS, 6). 131 ANNALES • Ser. hist. socio!. • 13 • 2003 - 1 Stefano SANTOKO: LA DIPLOMAZiA CUL ÍURALf ITAIIANA IN JUCOS!. AVIA DURANTE II FASCISMO, i;>5-f