ACTA HISTRIAE II. ricevuto: 1993-07-30 CDU: 904(497.12/. 13 Istr[a+450.36):940.1(=863),!07/09" IL CONTRIBUTO DELL' ARCHEOLOGIA ALL'INTERPRETAZIONE DEL DOCUMENTO DEL PLACITO DELRISANO VinkoSRIBAR dr. se., 66000 San Antonio di CapotfoUia, Cortina 5, SLO SINTESI L 'autore constata che benpoche sono le questioni rimaste ancora indefinite nell 'ámbito dell' interpretazione storica del Plácito di Risano. Indefinito é rimasto il materiale archeologico proveniente dalle necropoli istriane dell 'Alto Medioevo. II materiale rinvenuto nella necropoli diPredloka (Lonche) ha dato i seguenti risultati: 1) i primi ritrovamenti di Origine slavoalpina sono antecedenti all'VIU secolo, 2) la necropoli venne usata ininterrottamente prima e dopo Panno 1000, il che fa presumere uno stanziamento permanente. dall'VIUsecolo inpoi. Glistorici non hanno tenuto conto diquestirisultati. Le necropoli sitúate nella parte croata dell'Istria non sono state oggetto di una interpretazione storica, ma soltanto archeologica. L'autore suggerisce ulterior i ricerche archeologiche in determínati siú dell'Istria settentrionale. Nella bibliografía relativa al Plácito del Risano si possono incontrare le piü diverse interpretazioni che nei secoü sono state proposte dagli studiosi di questo documento, uno tra i piü. signíficativi per lo sviluppo delí'area centroeuropea (ovvero dell'Austria e delía Slovenía). Un tanto e evidente anche nelle ticerche compiute in tempi recenti. Proprío in quesíi giornt abbiamo ricevuto un importante studio dall'Istituto di Storia dell'Universitá di Vienna, firmato dal dr. Harald Krahwinklcr cd intitolato "Friaul im Frühmittelalter", nel quale un iníero capitolo é dedícato proprio al Plácito del Risano. Recentisstmi sono anche il contríbuto del prof. Lujo Margetič "Neka pitanja prijelaza vlasti nad Istrom od Bizanta na Franke", presentato a questo incontro, e lo studio comparativo di S. Žitko "listina Rižanskega placita - dileme in nasprotja domačega in tujega zgodovinopisja", pubbiicato sul primi due numeri delte rivista Annales nel 1991. e nel 1992. II nostro convegno b un'ulteriore testiinonianza che il tema non é afíatto esaurito e che ci troviamo di fronte ad un nuovo programóla di indagini alunga scadenza, che dovrebbe scaturire proprio da questo incontro. Ma di un programma valido si potril parlare soltanto quando saremo riusciti a focalizzare l'effetto che avranno avuto sulla valutazione del documento i ritrovamenti archeologici. Per riuscire in questo intento 115 ACTA HlSTfilAE II. Viako SRI BAR: ILCONTRIBUTO DELL'ARCHEOl.OGIA AÍXTfíTfcRPRETAZIONE DEL DOCUMENTO..., 115-128 dovremmo disporre di reperti risalenti ali'VHI e al IX secolo e pertinenti al territorio della diócesi di Capodisíria. Anualmente per quest'area disponíanlo di due gruppt di materiale arcbeologico: uno relativo ad una necropoli scoperta accanto al muro méridionale della chiesa parrocchiale di Predloka, cioé nella vallata del Risano, un'altro comprendente invece diversi elementi architettonici in pietra provenienti da vari siti del circondario di Capodistria, sempre pero nell'ambiío giurisdízionale della diócesi alto-medievale. Attualmente possiamoparlare soltanto di una necropoli, anche se ció contrasta con ¡a mappa dell'insediameoío diquestazona nel periodo esaminato. Indnbbiamente si tratta soltanto della conseguenza delle poche índagini archeologiche effet tu ate ir quest'area. Peí questomotivo andranno individúate delîe analogie nelle regioni conter-mini, il Carso, la valle del Vipacco, l'Istria croata. Ma vediamo innanzitutto i risultati a cui hanno portato le prospezioni archeologiche a Predloka, la località principale e topográficamente piu significativa nell'area del Risano superiore, presso il villaggiodi Crai Kal sotto al ciglione cársico. Dalia sorgente del fiume, che dista 3 km, esino a qui non si incontra luogo più suggesti vo. Tra la sorgente e la foce del fiume che sbocca nel golfo di Capodistria non si è trovato un sito archeologico più ricco e cor tale continuita insediativa. Qualora, in una fase successiva, sí giungesse ad una valutazionc dell'importanza di Predloka come località storica, questa affermazione avrà un ruolo molto significativo, se non determinante. Passiamo ora alie testimonianze archeologiche. Tutte le indaginí sono state dirette dalla prof.ssa E. Boltin Tome, che vanta una eccellente esperienza di ricerca e una profonda conoscenza dell'archeologia altomediovale e dellTstria tutta. Le sue indagini sul campo ed i suoistudi non sono ancora ultimati, infatti sta portando a termine la stesura della relazione conclusiva sugli scavi di Predloka, pubblicazione che certamente conterrà anche un vasto apparato critico e comparativo. OItre alia necropoli tardoantica o alie tombe altomedievali, Jungo il muro méridionale c quello sud-orientale della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista sono venute complessivamente alia luce 101 sepolture, che si possono suddividere in un gruppo più antico (dal VI all'VIII sec.) ed uno più recente (dall 'VIII all'XI sec.). Per quanlo attiene al gruppo più antico si possono rilevare analogie con Rifnik, Bletl, Gojace, Veii MI un, Mejica presso Pinguente ed altri siti. Nel corredo delle tombe piurecenti sonostatirinvenuti pendenti da templa in argento ed in bronzo, vari tipi di anelli ed anche un orecchino d'argento battuto. Tra i rinveni-menti più tipici del gruppo più recente vanno annoverati gli orccchini fusi a grappolo del tipo di Bijelo Brdo. Reperti interessanti sono anche gli orecchini con perla a campana decorata da un cordone con lavorazione. a filigrana. Tutti questi oggetti sono statí scoperti nella tomba 31 e appartengono al gruppo dalmato ovvero al periodo del IX - X secolo. Questa campagna di scavo è stata condotta nel 1974. Quando esposto è un breve sunto della relazione intitolata "Predloka, Spaseno arheoioSko blago Slovenije" la prof. E. Boltin Tome ha pubblicato nel catalogo della 116 ACTA raSTRIAEn. Vinko §RÍBAR: IL CON'CSIBUTODELL'ARCHEOLOGIAALL'INTBRPRETAZIONE DEL DOCUMENTO..., 115-125 moslra (pagg.65/66) e che si basa sullo studio délia stessa autrice apparso nel 1977 sulia rivista "Slovensko morje in zaledje", 1, pag.83 dal titolo "Staroslovanski grobovi v Predíoki pri Črnem Kalu in vprašanje kontinuitete naselja." In numerosi altri contributi Fautrice ha presentato il materiale di Predloka da vari aspetti, determinándole 1'appar-tenenza étnica e analizzandone attentamente il rapporto con le regioni vicine. Secondo E. Boltin Tome il sito archeologico di Predloka con la chiesa di S. Giovanni Battista puô vantare una continuità insediativa deli' abitato che va dal periodo romano ai giorni nostri. La particolare posizione geograñca e ía morfologia delt'abítato, insieme ad una notevole abbondanza dispazio edificabile, condizione eccezionaie lungo il corso supe-riore e medio del Risano, ne hanno fatto lógicamente il polo centrale délia zona. La necropoli tardoantica e quella risalente ai primo medioevo, cui si ricollegano i sepolcri ad inumazione di época carolingia e ottoniana, attesta l'esistenza di un centro religioso, cui spettava ii diritto di battesimo e sepoltura. Poichc ia chiesa odierna è, storicamente, recente, si puô ragionevolmente supporre che entro ii perímetro deli'edificio attuale sorgesse un sacello paleocristiano, che ha avuto continuità per tutto il periodo dell'alto medioevo. A nord deiia navata era situata una grande costruzione romana che terminava con un'abside in forme non meglio definite. E. Boltin Tome ritiene che avesse carattere profano. Resta comunque determinante il fatto che a partiré da questa costruzione verso nord e nord-est si apriva un grande spazio edificabile, come attestato all'estremo limite settentrionale di quest'area1, Tenendo conto della funzione di culto della parte méridionale della spianata, l'idea che in quest'area sorgesse una villa rustica risulta poco verosimile2. Per la storia locale e naturalmente per quella nazionale slovena riveste una particolare importanza la necropoli ad inumazione neile sue due fasi aitoinedievali, soprattutto per il periodo carolingio-ottoniano. La necropoli più antica, tardoromana, non si discosta quanto a corredo da aitre necropoli dello stesso periodo venute alia luce nella zona sudorientale delle Alpi, nei cosiddeíti "rifugi", luoghi in cui la popolazionc del periodo tardoromano cerca di perpetuare anche nelle nostre zone la cultura, la civiltà e lo stile di vita che conduceva nelle proprie citià lungo le principali vie di comuni-cazione. Per poter rispondere con sicurezza al quesito in mérito ad una possibile continuità anche nel periodo tardomedievale della popolazione residente indígena, che avrebbe fatto propri novi stimoli culturali, o se ci troviamo di fronte a popolazione immigrata portatrice delle nuove acquisizioni dell'età franca e ottoniana dovremmo disporre di nuovi dati. Siccome non abbiamo ancora a disposizione studi antropométrica comparativi per quanto concerne il materiale osteologico più antico e quello più recente di Predloka propongo che, per il momento, sino a che non avremo questi risultati, si 1 E. Boltin Tomé, Predloka - Antična in zgodnjesrednjeveška lokaiiteta, str. 189-207, izdanja Hrvatskog arheološkog društva 11/2,1986,189-207, spec. 191. L'actrice tratta il problema dei resti romani anche ne! contributo "Staroslovanski grobovi v Predloki pri Črnem Kalu in vprašanje kontinuitete naselja", Slovensko morje in zaiedje 1, Koper 1977,81-101, spec. 90-94, 2 La seconda parte délia nota 1 vale anche per !a supposta villa romana. 117 ACI A HI STRIAE U. Vinko ŠRJBAR: IL CONTR3BUTO DELL'ARCHE0L0G1A ALL'INTERPRETAZIONE DEL DOCUMENTO..., i 15-12S accoiga la tesi di una nuova colonkzazione. Questa tesi mi viene suggerita dalle esperienze maturate durante gli scavi a Bled-Pristava, dove, al pari di Predloka, e venuta alia luce una necropoli che presenlava una continuifá di sepoltura che spaziava lungo mtto l'alto medioevo, ma con una fase piü antica pertinente a popolazione autoctona ed una piit recente a genti slave immigrate , A favore di questa tesi é tutta Farchcologia altomedievale e non soltanto slovena, ma anche dell'area austríaca, croata, istriana e friulana4. Pertanto negli smdi sinora pubblicati e plenamente plausibile non soltanto la tesi ma anche 1 'affermazione relativa aglí Slavi quaii fruitori del]a necropoli di Predloka nella sua fase piü recente.5. Accanto ad elementi della cultura autoctona nella parte piü antica del sepolcreto, nella zona piü recente, paleoslava, sono presentí corredi funerari kottlachiani, molto comuni tra i cosiddetti Slavi-Alpini, reperti pertinenti alia cultura di Bijelo Brdo, caratteristici per i Croati dei territori lungo la Sava, ma non mancano rinvenimenti che potremmo ascrivere all'area dalmaío-croata6. Queste scoperte possono prestarsi a due interpretazioni: da un lato che nella zona considerata giá in questo primo periodo si sia registrata una mescolanza étnica e dall'altro la probabilitá che ci fosse uno scambio di beni (una forma di baratto) tra vicini. Questo problema é stato trattato dal prof. J. Kastelic nella pubblícazione sulla necropoli di Gojače, nella quale non eselude contatti diretti tra la Dalmazia ed il Carso owero la valle del Vipacco, contatti che ci sarebbero stati anche durante il periodo franco7. Questa possibilítá non va esclusa neppure nel nostro caso, anche se é probabile che siano awenuti in tempi un po' piü recenti. Proprío questa situazione ci impone di indagare in maniera piü approfondiía sui rapportí tra Predloka ed i vicini, sia quelli prossimi che quelli piü lontani. Si osserva in pruno luogo che Predloka é piultosto distante dagli altri siti paleoslavi dell'Istria, del Carso, della valle del Vipacco e del Friuli, per non parlare di quelli kottlachiani della Carniola e della Stiria. Geográficamente si frovano piü vicino i siti dei dintorni di Pinguente. Probabilmente sarebbe necessario approfondire le indagini sugli elementi culturali che indicano gil stretti legami culturali ed economici che, in quei periodi lontani come oggigíorno, univano Tarea capodistriana a quella pinguentina. Sebbene di norma un reperto noD sta necessariamente ad indicare la presenza dell'appartenente ad un determinato gruppo étnico o culturale cui spetta un dato genere tipologico, nel caso di Pinguente e dei suoi dintorni si puó probabilmente parlare anche dei portatori apparte-nenti alia cerchia culturale degli Slavi-Alpini. A questo proposito ricordiamo in primo luogo Mejica, di cui Elica Boltin Tome ha pubblicato due semplici pendenti da tempia 3 J. Kastelic - B. Skerlj, Slovanska nekropola na Bledu, Arheološko irs antropološko poročilo za L 1548, Dela SAZU2, Ljubljana 1950. 4 V. Šribar - V. Starfe, Od kod ketlaške najdbe v Furlaniji, Arh. Ves 25,1976,462. 5 E. Boltin Torró, Sulla questione dell'insediamento degli Slavi nel capodistriano e nell'Istria settentrioriale, Balcanoslavica 4,23 ss. 6 E. Boltin Tomi, Spašerio arheološko blago. Novi Sad 1981,65-66. 7 J. Kastelic, Najdbe zgodnjega srednjega veka v Gojačah pri Gorici, ZČ 6-7, Ljubljana 1952-53, 89. 118 ACTA histriae n. Vinko SRIBAR: 1L CONTRIBUTO DELL'ARGíF.OÍjOGIA ALL'JNTERPRETAZÍONE DEL DOCUMENTO..., 115-128 o con tre sottili cerchietti nella parte interiore dell'arco . Tn tale tipo di rcalizzazione quesíi pendenti sono certameníe merce non commerciabile in Istria, infatti in quest'area rappresentaco un'eccezione. D'altra parte nella Carniola e o!tre sono piuttosto diífusi e probabilmente usuali9 tra gli strati sociali piú poveri. E' quindi verosímil© che chi portava qucsti pendenti fosse un nuovo arrivato, gjunto dal territorio degli Slavi-AIpini. Anche se per quanto concerne il Plácito del Risano e sufficiente il fatto stesso che gli Slavi risultino presentí in territorio istriano nell'VIII e nel IX secolo, ín questa sede ci permettiamo di proporre una differenziazione della popoíazione slava di questi territori in base aü'abbigliameuto, come attestato dai resti materiali. Qui é probabilmente giá presente, Ín nuce, quel fattore chepiú tardi, entro il tardo medioevo, portó alia formazione di gruppi linguistici e nazionali cioé dei diversi popoli. Prendendo in rassegna i ritrova-menti archeologici spettanti alia popoíazione slava dell'Istria, limitatamente all'VTII e al IX secolo, si possono individuare alcuni denominatori comuni. Cost come in matematica, doveil denominatore comune collega alcuni fattori (i numeri) in una operazione di calcolo, anche in archeologia il denominatore comune ¿ rapprcsentato da una parti-colaritá tipológica o cronologica, legata ad un fenomeno culturale, che accomuna due aree vicine o due gruppi etnici in un insieme piü ampio. Gli esempi non roancano. In Istria quello piü significativo é l'oreccbino di Gimino che presenta tre aodi sulla lunula e che viene citato da tutti noi come l'esempio principe per stabilire cronología e appartenenza10. Questo tipo di orecchino, per via deiia sua forma a mezzaluna non é affatto comune in Istriaein un piú vasto ámbito croato. Appartiene invece agli Slavi-Alpini, presso i quali é diffuso in tutte le varianti possibili. L'oreccbino di Gimino é probabilmente da coiíegare ai primi orecchini a mezzaluna, di dimensioni molto ridotte, rinvenuti in Friuli e in Austria11. Quando E. Boltin Tomé analizza Porecchino con tre nodi sulla lunula trova analogie soprattutto con quello di Gimino e altri esemplari conosciuti di Batuje12 e Mossa nel Friuli che, per essere le necropoli di quelle localitá 8 E. Boltin Tomé, Sulla questione..., Baicanoslavica 4: nella tavola a pag. 25, i mi. 1 e 2 rappresentano pendenti da tempia ripresi dal iavoro di B. Maruíic apparso in Arh. Ves 6/1, 1955 e dallo studio dello stesso autore, intitotato "Istra v ranom srednjem vijeku", Pula 1960, T. a.ó. 9 Di notma tra i reperti deíle necropoli paleoslave prevalgono statisticamente i pendenti da tempia. Sí trattava indubbiamente dell'eíemento decorativo meno costoso e quindi accessíbile anche agli strati sociali meno abbíenti. 10 B. MaruSií, Starohrvatska nekropolau ¿minju, Pula 1987, 58 s$. e T. 5 (tomba217). 11 Ai tipo di orecchino "a luna" con la parte inferiere piü stretta, appartiene indubbiamente anche i'esemplare di Gimi no. Veniva realizzato appiattendo la parta interiore del pendente da tempia. Alcuni esemplari sono noíi dal Friuli (Buja, Mossa) e non mancano neppure nell'odiemo territorio sloveno, con presenze sino al Danubio in Austria e sino alia Baviera. Nella tabella relativa agli orecchini battuti "a luna" questo tipo é ¡Ilústrate nel gruppo E. Quasi 15 anni orsono tra questi esemplari abbiatno rilevato ben 14 varianti, che vanno certamente datate agliinizi dello sviluppo di questa técnica. Facendo riferímento alia scoperta di Invillino sarebbe opportuno stabilire quale ruolo venne svolto dal Friuli nell'evoItLZione di questo tipo di orecchino (V, Sribat - V. Staré, Kataiog karantansko-ketlaSke kulture, Mostra in Museo nazionale, Ljubljana, 1974). 12 Al gruppo degli orecchini di cui si é parako alia nota l'i appartengono puie alcuni esemplari 119 ACTA HI STRIAE H. Vinko ŠR1BAR: ILCONTR1BUTO DELL'ARCHEOLOGIA ALL'INTERPRETAZJONE DEL DOCUMENTO.... 115-128 moho piu tarde, vanno ascritti ad un altro periodo, certamente non molto anteriore al Panno mille. Per origini e sviluppo a questo orecchino si devono collegare alcvrai orecchini di Batuje, come ad esempio quello realizzato assottigliando la parte inferiore dell'arco di un pendente da lempia che presenta due ingrossamenti aile estremità. Questa técnica, che permetteva di ricavare un orecchino "a luna" è nota da epoche precedenti, ad esempio Gojace-Morlek, solo che qui, nella mezzaluna poco evidentziata, sono stati praticati deí forellini (uno o tre)13. Questa evoluzione è illustrata ancor meglio dagli orecchini provenienti dalla tomba 50 (T.20.7) o da quello rinvemito tra Je tombe (T. 59.3 0 T. 29.1). Alio stesso gruppo fórmale appartiens un orecchino analogo, molto simile a quello di Batuje, tomba 50, sinora inédito, perché è venuto alia luce nella necropoli accanto alia pieve di S. Lorenzo in Monte di Buja. 11 reperto è pertinente alia sonda 4, effettuata lungo il muro méridionale della navata, nel luogo in cui sono state tróvate delle fosse tombali distrutte. Questo tipo di monile è noto anche in area austríaca14 e probabilmente è diffuso sino alia sponda destra del Danubio. Perianto P orecchino di Gimino puô venir considérate l'ultimo stadio di sviluppo nell'evoluzione di tale ornamento, realizzato appiattendo l'arco inferiore di un determinato tipo di pendente da tempia. Questa parte dell'analisi dovrebbe soltanto confermare la già citata tesi sull'o-rigine dell'orecchino "a luna". Per evidenciare i] ruolo del Friuli nello sviluppo di questo tipo di orecchino dovremmo forse prendere in considerazione anche quello scoperto da V. Bierbrauer a Invillino15. Cosí anche Gimino, posto nel cuore dellTstria, ci ha portad fuori dalla penisola, molto più a nord. Aun risultato simile ci avrebbero condotto anche 1 due pendenti da templa con tre cerchietti sull'arco inferiore trovati a Mcjica presso Pinguente. Ma le migliori analogie si possono ruscoDtrare a Goriziü, che viene ancora collegata con l'immagine archeologica della valle del Vipacco16. Cercandogli elementi di connessione tra lTstria ed i territori posti piu a nord bisogna nuovamente fermarsi a Gimino ed ai numerosi orecchini che vi sono stati rinvenuti. Qui ¡'elemento decorativo a campana è sempre presente ed è noto ía due varianti: una attesta la presenza della provenienti da Sv. Jurij presso Batuje, come ad esempio quello dalla tomba 50 (T. 20,7), che rappresenta una derivazionemolto larda con alcunecaratteristichestilistiche, tipichedappríma del IX secolo t particolarmente del X secolo. Tipológicamente piü antico e cronológicamente piu vicino ai nostri prototipi risulta l'orecchino T. 29.1, pertinente alia prima fase di sviluppo dell'orecchino derivat» da! pendente da tempia, Sono probabilmente ancora piü anlichi, ma tuttavia dal punto di vista dell'evoluzione certamente cc> liega ti al tipo da noi preso in considerazione, i due orecchini di Morlekcon uno e tre forellini sulla stretta lunula (13. Svolišak - T. Knific, Vipavska dolina, Ljubljana 1976, T. 10.2,3). 13 Ibid. 14 Un elemento di raccordo tra l'area istriana e l'Austria e la Baviera per quanto concerne la tipologia dell'orecchino "a luna" con lunula stretta e indubbiamente rappresentato da alcuni orecchini di questo tipo rinvenuti nella valle del Tagliamento superiore e Degano (P. Korošec, Zgodnjesrednjeveška arheološka slika karantanskih Slovanov II, T. 119. 6-9) ed in particolare tjuelli da Luincis-Ovaro (op.cit., T. 119. 8). L'autrice menziona esemplari di questo tipo in Austria e in Baviera (o.c.,T. 122.1-6). 15 V, Bierbrauer, Lnvillino-íbiigoinFriaul,MünchenerBeitragezur Ur- undPrühgeschichte33-34, 1987-1988. 16 D. Svoljšak - T. Knific, Vipavska dolina, op.cit. 1976, T. 11.2,3,4. 120 ACTA If IST RLVE LI. Victo SríBAR: IL CONTRIBUTO DELL'ARCHEOLOGIA ALL' INTERPRETAZIONE BEL DOCUMENTO..., 115-128 maniera morava owero bizantina di reaiizzare questi monili, F ait ra il tipo a campana sviluppatosi neli'area carantano-kôttlachiana, dove íl pendente è costituito da due metà realizzate in lamina battuta, unité "ad incastro" oppure, anche se di rado, unite mediante cerchietti di filo, raramente granulato. Gli esemplari più belli. sono stati pubblicati dal 17 Pittioni nella sua relazione sulla necropoli paleoslava nella locaiità stessa di Kôttlach . Naturalmente questo tipo di ornamento è presente neli'area classica di di ilusione della cultura carantano-kôttlachiana nell'odierno territorio sloveno, sempre nell'ambito della 18 zona di influenza di questa cultura . Accanto ai numerosi esempi del tipo bizantino di questo monile a Gimino, risultano quasi estranei ií tipo a campana e forse anche i] pendente da lempia. Assumono un signifícalo t¡levante solo se li consideriamo testimonianze della presenza di un individuo giunto dal territorio carantano. A tale interpretazione ci rimandano due considerazioni: in primo luogo che il tipo carantano di orecchino a campana non rappresentava un elemento concorrenziale al tipo bizantino ed in secondo luogo che esiste un' ampia zona senza ritrovameníi tra PIstria e ed il territorio carantano e che quindi i ritrovamenti istriani sono il riflesso di micromigrazioni e non la risultante di scambi commerciali. Un tanto si puô affermare anche in mérito alia spilla di Sipar sulla quale sono raf figurati una doppia croce ed al centro un animale simile al leone19. In terra istriana ci sono altri siti e reperti pertinent! al mondo siavo-alpino che potrenimo considerare "denominatore comuce". Predominano, sia per numero che per forma, i pendenti da tempia che probabilmecte erano caratteristiciper gli strati meno abbienti della popolazione. Afronte di splendide realizzazioni della cultura dalmata e di Bijelo Brdo, i pendenti kdttlachiani potevano soddisfare soltanto quanti erano cresciuti in un ambiente in cui questi orna-menti avevano avuto origine. Il materiale kôttlachiano compare non soltanto in Istria ma anche sulle coste della Dalmazia settentrionale, come attestano i reperti di Vinodol" . R. Matejâic ritiene che i mutamenti sopravvenuti in questa parte della Dalmazia siano il risultato delle incursioni franche e quindi, anche se indiretía-mente, si puô ipotizzare che il ritrovamento di elehventi della cultura kottlachiana ín tale area sia da collegare alia presenza dei Caraiitani, almeno durante certe campagne militari dei Franchi . Per poter affermare un tanto anche per PIstria sarebbe da tener in considerazione la possibilità che gli spostamenti dei Carantani in queste zone siano stati determinad dalla concessione delle terre secondo il nuovo sistema feudale introdotto nello stato franco e la conseguente mobilità di forza lavoro contadina e 17 R. Pittioni, Das frühmittelalterliche Gräberfeld von Köttlach, Sonderschriften der Zweigstelle des Deutschen archäologischen Instituts, Wien 1943. 18 CitiamoquestotipodiorecchinoopendentedaP.Korosec, op.cit./T. 47. i o da Kranj, secondo Ia stessa autrice, T. 70.3, passim. 19 B. Marušič, Skeletni grobovi v Bujah in Buzetu, Arn. Ves 38,1987, T. 8, T.8. 2Ü R. Matejčič, Istraživanje dijela starohrvatske nekropole u Velom Dolu kod Križišča u Vindoiu, Histria ATchaeologica H/l, Pula 1974,14. 21 Ibid, 15. 121 ACTA HISTRIAE II. VtnkoSíUBAR: ILCONTR1BUTO DELL'ARCHEOLOGIA ALL'INTERPRETAZIONE DEL DOCUMENTO..., U5-12S artigiana. Pertanto non apparc accettabile la tesi di alcuni studiosi che ¡n passato facevano risalire la comparsa del materiali carantano-kóttlachiani al IX e al X secolo. Sembra molto piü probabile che questo fenomeiso abbia avuto inizio prima della fine del IX secolo, come attestato chiaramente dalla necropoli di Predloka22. In una esposizione cosi breve non possiamo permettercí un'analisi archeologica comparativa piü dettagljata di Predloka e degli altri siti in Is tria, sul Carso e nella valle del Vipacco. Questa potrebbe essere materia per un saggio. Tuttavia, giá dalla breve rassegna che ne abbiamo proposto, si ricava l'impressione che questo territorio per quanto concerne l'insediamento sia collegato ad una unitít piü ampia, che in questo periodo non puó ancora presentare differenzíazioni etniche. Cío accadrá molto piü tardi, durante le migrazioni, e ce lo conferma la storiografia del tardo medioevo2^. Siccome un confronto con la migrazione degli Slavi-Alpini ín Friulí non servirebbe ad arricchire le nostre conoscenze sugli Slavi dellTstria, probabilmente ci conviene trasoñarlo. Forse vale comunque la pena rícordare che sulla base dei resti materiali si possono acquisire numerosi elementi relativi aH'insediamento dei Carantani in Friuli. Se esammiamo la mappa delle correnti migratorie dalla Carinzia e dall'Alta Carniola vedremo che si trattava di un fenómeno ben orgaaizzato. Qualcosa di simile deve essere accaduto anche in térra istriana. A conclusione di quanto detto sinora voglio ricordare ¿he a Predloka, come negli altri siti istriani in cui e stata rlscontrata la presenza di reperti carantano-kóttlachiani, in genere si registra una continuitá insedietiva per tutto íl periodo altomedie-vale e non sonó attestati spostamenti che possano far pensare ad un trasferimento temporáneo o permanente degli immigrati slavi. Oltre a Predloka, che con la sua necropoli altomedievale e la sua fase paleoslava ci ha offerto il materiale archeologico che ha permesso queste riflessioni sni periodi di insediamento degli Slavi in Istria, per il momento non ci sono noti altri sepolcretirisalenti a questi periodo. Possediamo comunque altro materiale archeologico che ci servirá per tentare di stabilire il rapporto che intercorreva tra i nuoví arrivati e la chiesa. Si tratta di materiale piuttosto abbondante proveniente da siti scoperti nell'area tra Capodistria e Pirano e nel retroterra capodistriano sino alia valle della Dragogna. Nel Í977, in una esposizione molto originale, il Museo regionale di Capodistria ha presentato elementi architettonici con ornamenti "ad intreccio", pubblicando nell'occasione anche un catalogo con le foto di 33 esemplari provenienti da tutta la Slovenja"'1. La maggior parte dei reperti pro veni va dal territorio piü prossimo a Capodistria, mentre alcuni pezzi erano pertinenti alia stessa area urbana della cittá. Uno sguardo a questo materiale puo offrire spunti moho stimolanti, soprattutto se teniamo conto della sua ripartizione topográfica. Tra gli esemplari custoditi nel Museo ce ne sono 10 di cui per il momento non 22 E. Boltin Tomé, Elementi ketlaške kulture skupine na grobišču v Predloki, Arh. Ves 32,1981, 600. 23 M. Kos, Zgodovina Slovencev, Ljubljana 1933,36 ss. 24 M. Sagadin, Plastika s pleteninasto omamentiko v Sloveniji, Koper 1977. 122 ACTA HISTRIAE II. Vinko !>R¡BAR: IL CONTRiBUTO DBLL'ARCHEOLOGIA ALL'tNIERFRETAZIONE DEL DOCUMENTO.... 115-128 i conosciamo il sito di provcnienza, anche se appare valida la supposizione clie li vuele appartenenti aü'area urbana o al suo circondario più prossimo. Tutti i reperd possono venir datad nella prima metà del IX secolo, al di fuori di uno che í'autorc del catalogo ha genericamente ascritto a questo secolo. Si tratta di un dato molto importante, che conferma la corrispondenza cronologica con il Plácito del Risano e ancor più con la comparsa dei primi immigrati slavi nella fascia costiera. A questo problema dedicheremo più spazio nel trattare di reperd simili vemiti alla luce nei villaggi vicini alla città: il frammento da Monte S.Marco e la pietra da San Colombano presso Crevatim, ovvero dalla cresta a nord di Capodistria, la transenna completamente integra murata nel 25 campanile della chiesa di Monte a sud délia città, datata nel X sec. e un frammento lapídeo rinvenuto al di sotto dell'acquasantícra nella chiesa di S.Biagio a Padena, ornato da un motivo "ad intreccio" risalente alia prima metà del IX secolo. La pietra rinvenuta sul Monte S.Marco si trovava neüe immédiate vicinanze delle rovine che seconde la tradizione sono le fondamenta della chiesa di S.Marco, che serviva probabilemnte ua'abitato nei paraggi del quale non sappiamo nulla, ma che numeróse circostanze ci fanno supporre sorgesse in prossimità del tumulo sul Monte stesso. Certamente i coloni che coltivavano l'estesa superficie tra S.Marco e Semedella dove-vano essere numerosi, e con tutta probabilité risiedevano in un iuogo vicino. Le località citate, nelle quali sono stati rinvenuti i resti lapidei, oggi sono abitati sloveni e, secondo lo schéma che ci ha fatto conoscere Predloka, si puô ragionevolmente ritenere che vennero colonizzati, almeno a partiré dell ' età franca, anche dagli Slavi del duca Giovanni. A questo problema, comunque, andrebbe dedicato uno studio approfondito, Sebbene Carease (Krkavce) non si trovi nelle immediate vicinanze della città, ovvero sia la più iontana rispetto agli altri abitad in cui sono stati scoperti tali elementi architettonici pertinenti a qualche chiesa e decorad "ad intreccio", ció non modifica il fatto che questo villaggio dipendesse dai vicini centri costieri. Carease è situata in una zona ricca di storia e di rinvenimenti archeologici e si annovera tra le località siovene di tradizione ancora altomedievale . Nell'identificare l'insediamentoslavo in questa parte della costa istriana in base alia presenza di quesd Crammenti lapidei con decorazione "ad intreccio" non possiamo permetterci di semplificare troppo questo approccio metodológico. Infatti le ricerche relative alla coloni zzazione slava in questa parte della costa istriana (e intendiamo parlare dell'area oggi inclusa politicamente nella Repubblica di Slovenia) sono appena iniziate. Sinora è stata condotta una sola grande campagna di scavo, proprio a Predloka,mentre gli archeologi dellTstria croata bamio compiuto vaste indagini nel centro e nel sud della penisola, attestando la presenza di inse diamen ti slavi neU'internodeiristTia. Rimanecomunqueaperto ¡1 problema del collegamento tra queste 25 Ibid., la traiisenna di Smarje presso Capodistria è presentata ai numero 23. 26 Ibid., ai numen 16 e 17 sono preséntate !e pietre proveniente da Krkavíe. 123 ACTA HI STRIAE H. VinkoSRlBAR: II CONTRJBUTO DELL'ARCHEOLOGIA ALLTT-TERPREI'AZIONE DEL DOCUMENTO..., 115-126 ondate di colonizzazione e l'architettura religiosa, dove si registra la comparsa di eiementi decorativi "ad intreccio". Per meglio comprendere la situazione confrontíamola con quella che si riscontra in Carinzia. Quando H. Schmiedinger nel suo importante contributo "Patriarch und Landesherr" esaminava i confín i delle proprieta feudaii patriarchine in Carinzia, rimase 27 senza argomenti utili a definitne i límiti settentrionali . Quando poi K. Ginhart scrisse il suo saggio sui resti lapidei decorati "ad intreccio" rinvenuti in Carinzia, opera poi complétala dal G. Piccottini , si ebbe modo di stabilire che tale ornamentazione ed anche la sua stessa realizzazione erano connesse alia sede del patriarca, cioé il Friuii. Manco un niente perché si riuscisse a determinare che le chiese carinziane decórate in questa maniera erano spesso légate alia contemporánea presenza di una nccropoli paleoslava29. In questo periodo infatti quasi tutta la Carinzia era slava. Perianto non deve stupire che la chiesa di Aquileia, in particoíare ai tempo di Paolino II, abbia fatto di tutto per diffondere la fede cristiana tra gla Slavi ancora pagani30. Ció vale per tutta l'area sottoposta all'arcivescovado di Aquileia abitata da genti slave ed anche per il feudo patriarchino della Carinzia, cosa inusuale e contraria alie norme del diritto, anche se tutti gli eiementi raccolti l'attestano31. Le chiese carinziane con decorazioni "ad intreccio" divennero i centri della vita religiosa pertanto, indipendentemente dal periodo in cui sorscro, possiamo considerarle le fondamenta su cui si svilupparono le chiese raatrici che nel XII secolo avrebbero poi dato luogo alia nascita delle pievi. Questa espenenzta positiva per la chiesa potrebbe essere stata presa a modello perincludere anche gli Slavi del duca Giovanni nella vita religiosa dell'Istria settentrionale. Anche se ció non awenne, si puó ugualmente ipotizzare una contemporaneitá dei due eventi. Tutto ció é legato al problema deirinserimento dei nuovi immigrati Slavi nell'ámbito dell'organiz-zazione ecclesiatica nel periodo che vede il passaggio al nuovo sistema económico feudale. Certamente non é un caso che in questo periodo sia stata avviata la costruzione di nuovi edifici di culto con tune le caratteristiche proprie di tale architettura. Pertanto é sicuramente plausibile la tesi che collega la nascita delle nuove chiese alie necessitá della popolazione slava. Quindi ánchele chiese del territorio capodistriano possono venir assunte come secando argomento archeologico in favore non solo della presenza ma anche dcll'ampiezza del territorio in cui gli Slavi si erano insediati. Si tratta certamente di dati nuovi, che sinora non erano stati presi in considerazione, anche se naturalmente 27 H. Schmiedinger, Patriarch und Landesherr, Die weltliche Herrschaft der Patriarchen von Aquileia, Graz-Köln 1954. 28 fC Ginliart, Die karolingischen Hechtwerksteine in Kärnten, Carinthia l, 132,1942. 29 P. Koroäec, Zgodnjesrednjeveska arheoloska slika karantanskih Slovanov, Ljubljana 1979,163. Nel capitolo "ediíiri di culto" sono rappresentati quasi tutti gli edifiri di questo tipo presentí non soltanto in Carinzia ma anche nell'odierno territorio sloveno. In alcuni casi viene menzionato anche il sepolcreto intorno alia chiesa, come ad esempio sull'isola di Bled RL DOCUMENTO..., US-128 raolto simile a quel]o di Batuje, soprattutto per la lunula "a falce". E' indubbio inollre che entrambi appartengono alio stesso gruppo tecnológico. Per individuare alîre somi-giianze va detto inoltre che la superficie délia lunula delForecchino di Mossa è decorata da due file di cerchietti incisi con un puntino nel mezzo, disposti lungo il bordo superiore ed inferiore délia lunula. L'orecchino di Mossa aveva fatto proprie nuove particolarità décorative, di cui tratteremo in un'aitra occasione. Per concludere questo nostro studio comparativo dell'orecchino di Predloka dobbiamo soffermarci ancora su un escmplarc noto e precisamente daîato di Zminj/Gimino (E 6). Questo, sebbene appartenga. allo stesso gruppo tecnologico degli orecchini di Predloka, Batuje e Mossa, risulta il più evoluto dal lato produttivo38. La connessione fórmale tra il pendente di Mossa e quello di Gimino è evidente. La lunula dell'orecchino di Gimino, che è stata probabilmente battuta a caldo, appare più larga, con finiture più accurate c presenta soltanto un serie di cerchietti con un puntino al centro. Ogni cerchietto è sistemto in un campo, delimítate da doppie incisioni lineari disposte ai latí del cerchio. La correlazione Upologica e cronológica dei nostri quattro esemplari di orecchini del gruppo E risulta accettabile ed ha inoltre un'aitra dimensione, la connessione geografi-co-stradale tra il Friuli e l'Istria. La diffusione di questo gruppo di oggetti è awenuta da ovest verso sudest e lo attesta l'evoluzione tipológica da Batuje, ovvero da Mossa, verso Gimino, In tal modo possiamo arrivare ad affermare che lo stiato più antico dell'inse-diamento di Predloka appartenga a genti giunte dal Friuli attraverso la Valle dei Vipacco ed il Carso che si sono poi spinte verso il centro dell'Istria. Sebbene questo strato cultúrale sia legato alla fase più antica délie tombe slavo-alpine, allo stato attuale delle indagini non azzardcremmo una definizione del substrato cínico produttore e fruitore di questo gruppo di oggetti. Questo aspetto verrà approfondito nel corso delle indagini relative a questo fenomeno culturale. Per il momento concordo con la tesi di E. Boltin Tome in mérito alPinsediamento dei Carantani e del gruppo dalmato-croato. In ogni caso sarà necessario molto altro tempo per analizzare dettagliatamente questo problema. Soltanto cosí si arrivera a definiré un quadro particolareggiato in mérito ai sistemi organÍ2zativi che i Franchi adottarono nel colonizzare 1 'arca istriana. In tali ricerchc sarà necessario íncludere pure il materiale di Mejica è presso Pinguen te, l'analisi dei rapporti tra i reperti "kótlachiani" e quelli di altre culture presentí nella necropoli di Gimino ed anche il contributo non indifférente che potrebbe daré la necropoli di Veli Dol. Con tutta probabilîtà un quadro molto più completo si potrebbe rícostruíre avendo a disposizione un'analísi simile compiuta in Friuli e anche in Carinzia. Nell'ambito delle necropli altomedievali sinora note in quesí'area, oltre all'orecchino "a luna", sono presentí vari aJtri materiali di corredo che nel corso delle future indagini su questa problemática dovranno necessariamente essere presi in considerazione, se non altro per acquisíre una 38 P.Korosec, Arheoloska slika; M. Brozzi, Stanziamenti paleoslavi del IX-X sec. in Friuli, Ce fas fu? 39,1-6, Udine 1963. 127 ACTA HI STRIAE H. Vinko ŠRiBAR: IL CONTRI BUTO DELL'ARCHEOLOGIA ALL'INTERPREfAZIONE DEL DOCUMENTO..., 115-128 visione piü completa del mondo culturale di questo gruppo di immigrati di cui abbiamo trattato nel presentare la necropoli di Predloka e stabilire i collegamenti tra questo e gli altri sepolcreti di cui si é parlato. H denominatore comune cosí concepito trova ri.scontro ad esempio negii orecchini con forellini nella parte interiore allargata del fermaglio, trovati nella necropoli di Gojace39. L'analisi che abbiamo compiuto sinora con un altro gruppo di oggcltie conquello del "denominatore comune" ribadiscono in maniera ancora piü significativa il flusso di migrazioni che si svolse sull'asse Friulí- Valle del Vipacco-Carso-Istria. Ma su questo tema ritorneremo in un'altra occasione. Tradiuione di Daniela Milotii Berton i 39 D. Svoljšak-T. FCnific, Vipavska dolina, 1976,112; T. 10-1-3; T. 11.2-4; T, 52.5,6; B. Marušič, Istra u ..., 1960,T. VH; B.Marušič, Mejica presso Buzet, Arh. Vest. 6/1,1955, T. 1.5. 128