i Soldi IO al numero. L' arretrato soldi 20 L'Associazione è anticipata: annna o semestrale — Franco a domicilio. L'annua, 9 ott. 78 — 25 settem. 79 importa fior, ite s. 20 ; La semestrale in proporzione. Fuori idem, n provento va a beneficio dell'Asilo d'infanzia I CRONACA CAPODISTRIANA BIMENSILE. i si pubblica ai 9 ed ai 25 Per le inserzioni d'interesse privato il prezzo è da pattuirsi. Non si restituiscono i manoscritti. Le lettere non affrancate vengono respinte, e le anonime distrutte. Il sig. Giorgio de Favento è l'amministratore i V integrità di un giornale consiste nel!' attenersi, con costanza ed energia, al vero, all' equità, alla moderatezza. — 25 febbraio 1636 — Muore Santorio Santorlo — (V. Illustrazione). ANNIVERSARIO CENNI SULLA STORIA DELL'ARTE CRISTIANA nell' Istria (*) (Fine V. ti. 3, 4, 5, 6, 7 8 e 9) Di Benedetto, figlio di lui, si hanno le seguenti opere nella podesteria di Capodistria : La vergine in trono coi santi Tommaso e Bartolomeo, sottoscritta: B. Carpathio pingeva 1538 V. (dalla chiesa di S. Tomaso); l'incoronazione della vergine, segnata Benedetto Carpathio veneto pingeva 1538 (dalla chiesa della Rotonda); la presentazione al tempio e la strage degli innocenti, nel duomo a due scompartimenti portante la scritta 1517. La pala del nome di Gesù coi santi Giovanni Battista e Paolo nella chiesa dei M. 0. con la sottoscrizione Benedetto Carpathio veneto pingeva 1541. E di lui vanta pure Trieste una madonna nel duomo, e un S. Pietro nella chiesa a. questo santo dedicata. "La storia veneta, dice il Lanzi, non conosce costui, ancorché ne fosse degnissimo, perchè quantunque nell'estremità delle figure conservi orma dell' antica secchezza, non cede a molti nel sapor delle tinte, nella evidenza dei volti, nell' effetto del chiaro-scuro. Io dubito che questo vivesse fuori della capitale e perciò fosse te-auto istriano. „ È pare strano veramente come Benedetto Carpaccio, forte di un tanto nome e della stessa sua capacità, inferiore però di molto a quplla del padre, non mai si recasse alla capitale. Forse molti quadri che si ;ritengono a Venezia per opere di Vittore nella sua prima maniera, sono invece di Benedetto. Nella chiesa dei Minori Osservanti di Capodistria, che raccoglie quanto ha di più bello in pittura la città e la provincia, am-iniransi nell'ancona del coro le famose tavole di Cima da Conegliano, rappresentanti in vari scompartimenti la Vergine col bambino nel mezzo, ed altri santi ai lati e di sopra. Il Naldini nella corografia della diocesi ne fa autori il Giambellino ed il Cima; ma la tradizione del convento, documentata anche da uno scritto, non antico però, e più che tutto lo stile danno a divedere essere questa certo opera del Cima. La Madonna di fatti non si aggrazia di quelle forme delicate e gentili, che il Giambellino le sapeva dare, facendola quasi tipo della madre cristiana, ma è severamente dignitosa; nobili e gravi sono le teste dei santi, e tutto è un capolavoro eminente per purezza di disegno e santità di affetto. In questa chiesa vi è pure una tela di quattro sante vergini con la sottoscrizione: Ilie-ronymus a Sancta Cruce pinxit; e la deposizione della croce, la quale, benché non porti il nome dell'autore, pure di subito si ravvisa dello stesso pennello. Di questo pittore scrive il Selvatico nella sua Storia dell' arti, che fu buon coloritore, piuttostochè corretto disegnatore, e che tentò rallargare colla giorgione-sca la maniera di Bellini. Che Girolamo ab- bia tentato divorziare dalle severe forme dell'arte, non pare in questi suoi dipinti, i quali saranno forse di una sua prima scuola. Tanta vi è la castigatezza del disegno, così maestrevolmente sono disposte le figure del secondo quadro a un nobile e profondo dolore, espresso più dalle fisonomie che dallo scenico atteggiarsi delle braccia e dei piedi, così studiate le pieghe e accuratamente gettate, che vi si conosce di subito il far castigato e gentile del Bellini, non il libero e largo pennelleggiare del Giorgione. Altro quadro di qualche pregio è in questa chiesa il S. Didaco di Pietro Mera fiammingo, di cui ha pure Venezia un S. Teodoro nel tempio di S. Salvadore, il battesimo di Cristo in S. Giovanni Paolo, e vari santi nella chiesa della Madonna dell' Orto. La terra d'Isola vanta una deposizione della croce del Tintoretto, una S. Caterina del Palma, una Madonna del Santa Croce, ed un S. Sebastiano di scuola tizianesca, forse d' Irene da Spiliiiibergo. Qualche buon quadro di que' tempi hanno molte altre città e borgate dell'Istria, e più ne avrebbero aneora se all' epoca della caduta della veneta repubblica e del rapido succedersi di nuovi governi, un famoso incettatore di quadri non avesse fatto suo prò dell'avvilimento degli animi, stanchi e abbattuti, togliendo al paese i suoi ornamenti più belli. Facciamoci ora alla terza epoca della storia dell'arte nell'Istria, la quale noi passeremo di volo, accennando solo a nomi ed opere che meritano qualche attenzione. E primi ci vengono innanzi i due pittori da Capodistria Francesco ed Angelo Trevisani, figli ad Antonio architetto. Il primo 7iato li 1.0 aprile 1656, fornito di forte immaginativa, cominciò la sua carriera, tirando giù non so che storie di lemuri e streghe; più tardi recatosi in Roma, alla vista di que' monumenti gloriosi educò l'ingegno a più savi concetti, e se pagò largamente il tributo alle massime di quell' età barocca, pure non gli si può negare distinto talento e ricca fantasia. Formò lo stile sul sistema ecclettico dei Caracci, che toglie il bello qua e là, studiando gli antichi esemplari, e a verità non intende ; sicché nessuno meglio di lui sapea esser or di una scuola or di un' altra. Lavorò molto tempo in Roma onorato, favorito dai grandi. Sue opere veggonsi a Roma, a Sienna, a Postdam, nella galleria di Dresda, di Monaco e nel museo del Louvre. E vuol essere ricordato pure il suo S. Antonio che rimette il piede tagliato ad un giovane, nel secondo altare a destra nella chiesa di S. Rocco a Venezia. Nella sala quinta del nuovo museo di Padova vi è pure un presepio dal Trevisani ; ma non ben mi soccorre la mente se di Francesco o di Angelo. Il qual Angelo condusse egli pure molti quadri nella Certosa di Venezia, e se non ebbe la ricca fantasia del fratello, pure lo vince per naturalezza di stile. Più che in grandi storie ed in larghe composizioni riuscì nel ritratto. Vidi di lui un S. Simone nella parete a sinistra della cappella maggiore nella chiesa di S. Eustachio a Venezia. E suo lavoro è pure un S. Rocco nel duomo di Chioggia. Le tradizioni adunque dell'arte e il sentimento del bello non poteano spegnersi del tutto neppure in questi ultimi fiacchi tempi nella patria dei Carpacci, dei Trevisani, dei Vescovo, e se più non era dato agi' Istriani di emulare i loro maggiori con la fabbrica di ricchi e sontuosi edifizì, pure vollero in parte almeno imitarli. Egli è a questi tempi di fatti che si destò nei nostri una nobile gara d'innalzare più splendida che mai potessero la casa del Signore; le città e lo borgate nuove chiese eressero o le antiche ristaura-rono. La terra di Buje che avea rifabbricato il suo duomo negli ultimi anni del secolo decimosesto, volle ornare l'aitar maggiore di condegna statua del martire Servolo suo protettore. Il lavoro affidavasi al valente scultore Giovanni Marchiori, il migliore che avesse Venezia a que' tempi, e che fece il bassorilievo nel pnrificatojo del Temanza in S. Simeone piccolo, e molte altre statue agli Scalzi alla Pietà, ecc. *). Nel 1714 un'ultima trasformazione avvenne nel duomo di Capodistria, che fu rifabbricato nell'interno sul disegno dell'architetto Giorgio Massari veneto, quello stesso che alzò a Venezia la chiesa dei Gesuati, della Pietà, i palazzi Rezzonico e Grassi sul Canal Grande. Vuoisi che lavorando il Massari nella chiesa della Pietà fosse stato avvertito da taluno, che certe strambe sue linee architettoniche non reggessero ai principi della logica, e che egli rispondesse, non entrare per niente la logica, nell'architettura. Se il Massari avesse ritenuto che anche in architettura c'entra un tantino la logica, non avrebbe alzato nel nostro duomo pilastri ed archi da fortezza, nè ideato quel enorme corcione con pesanti modiglioni, che sembra abbia a sostenere cannoni. Non si può negare però che il duomo si presenti nel suo assieme ciò nulla ostante magnifico e grandioso. La collegiata di Rovigno, che esisteva già nell' ottavo secolo, e sembra fosse a tra navate, come le antiche basiliche, nel 1725 venne riedificata con moderno disegno. È ampia maestosa, ricca di marmi e di qualche buon quadro. Quei di Dignano innalzarono pure nel 1740 il loro duomo, sul modello della cattedrale di San Pietro di Castello. I Parentini restaurarono la chiesa della Madonna degli Angeli nel 1836, e alzarono altare e statua alla Vergine: lavoro questa, del Cameroni, Nè qui io la finirei così presto, se tutte volessi enumerare le sacre fabbriche che s'in- *) Veggano i Bujesi dove convenga rivolgersi per avere opere degne. E se ad averne di nuove convenisse allargare la mano, apprenderanno dai loro maggiori a spendere sapientemente il loro denaro. E ciò sia ricordato a tutti quelli, che ignari delle nostre tradizioni fanno venire d'altre parti pittori che imbrattano tele, e scalpellini e argentieri che martellano sassi e fanno mostri invece di santi. n alzarono in questi ultimi tempi. Ma la mia non è storia compiuta; solo io ebbi in animo di dare qualche generale giudizio, che potrà forse servire diqualche lume achivolesse tutta intera tessere la difficile storia dell'arte. Nessuno adunque si creda di proposito dimenticato. A Trieste si comincia ora a murare con più buon gusto ed intelligenza. Molte di quelle fabbriche però appartengono a quel genere di architettura che il Selvatico chiama in un recente suo scritto babelica, perchè fa di tutti gli stili un impasto ed incamuffa le muraglie con intemperanti e capricciosi ornati*). Nè Triestè è aliena dal favorire le arti, come malamente si crede. Le sale di quei ricchi negozianti, che spendono largamente i loro denari, si adornano di bei moderni dipinti; nel palazzo Eevoltella degno di menzione è un lavoro dello scultore Pietro Magni milanese; in S. Maria Maggiore, per generoso dono del cavaliere Revoltella stesso, sorse statua ed altare alla vergine in istile lombardesco ; il camposanto s'adorna di statue del Cameroni, e dell'angelo della resurrezione, capolavoro del Ferrari; il municipio commise allo stesso scultore altare e statua di S. Giusto per la cattedrale : il Santi frescò l'abside di Santa Maria Maggioro e di S. Antonio, e recentemente una cappella in S. Giusto; lavoro però quest'ultimo che non risponde alla fama del pittore; nelle palle degli altari di S. Antonio lavorarono i migliori artisti della moderna veneta scuola : Politi, Grigoletti, Schia«roni figlio, Lip-parini. Non estinto adunque è il buon gusto fra gl'Istriani, nè il genio dell'arti è morto tra noi se vive tuttora Cesare dall'Acqua, piranese di nascita, capodistriano d'origine, triestino per attinti sussidi di educazione, istriano in ogni modo. Di lui ammirar possiamo in Trieste un S. Giovanni Battista e un Redentore benedicente ai fanciulli nella chiesa greca. Vogliono essere ricordati con onore il To-minz, il Guerini, il Gatteri, l'Hierschel triestini, ed il Gianelli capodistriano, che fece in questi ultimi anni un S. Pietro pel nostro duomo lodato per altezza di concetto e forza di colorito. Il giovane Pavento da Capodistria, allievo della scuola di scultura nell'accademia fiorentina, abbia in uno ai recenti onori ottenuti, qualche conforto dalle mie parole a percorrere con lungo studio ed amore la difficile carriera, nella quale si è con belle speranze avviato. ! Non priva adunque di monumenti e di gloriose memorie è la provincia nostra anche nell'era cristiana. E questa è storia. E da questa, chi vi porti ben dentro lo sguardo potrà dedurre legittime conseguenze, non fondate come altri crede nell'aria o parto di aberrati cervelli, ma dedotte semplicemente dalla intima natura delle cose. E anche questa è storia. Gli uomini potranno svisarla, le passioni, tanto più fervide e violenti quanto più si vogliano onestare con nobili principi, tenteranno di alterarla ; ma i monumenti sono lì, e i sassi o i marmi possono anch'essi insegnare la logica. La storia adunque dell'arte nell'Istria è una pagina della storia generale dell'arte italiana. (* Vanno eccettuate però le belle fabbriche dello Scala e di qualche altro. Fine PENSIERI SULLA EDUCAZIONE Fra le piaghe della moderna società, non ultima è la scarsezza dei matrimoni. Mi fanno ridere certi economisti che vorrebbero corretti gli ordini della natura, impensieriti della propagazione, secondo essi soverchia, della specie umana. Quando è venuto meno alle bestie il prodotto della terra ? Lasciamo gli economisti delirare a loro posta, e deploriamo un'altra volta la penuria dei matrimoni. E su questo proposito ho ammirato molte volte quella sapientissima legge dei Romani, che poneva una tassa al celibato, e se fossi legislatore, jla vorrei rinnovata fra di noi con qualche inasprimento, chè la è uua crudeltà condannare tante fan- ciulle alla solitudine del cuore, ed egoismo imperdonabile privare la società di utili cittadini per non si voler sobbarcare ai pesi della educazione. Ho letto, non so dove, che il numero dei matrimoni è in ragione inversa della pubblica moralità. Rispetto chi si attiene al celibato per motivi superiori o per ragioni di studio, ciò è il celibato ecclesiastico e il celibato dei dotti, e anche concedo qualche altro motivo; ma in genere sottoscrivo molto volentieri alla prefata sentenza, e se con fondamento, lo dicano i miei lettori. I quali però mi vorranno concedere, che lo scarso numero dei matrimoni si vuol attribuire anche al lusso delle donne. E in verità, un uomo che vuol prender moglie si vede spesso innanzi la brutta alternativa o di gettare gran parte dei suoi proventi nei capricci femminili, o di aver il malcontento in famiglia ; e lo spauracchio di questa brutta alternativa gli persuade il partito di mettere a condizione esclusiva del matrimonio la dote che è privilegio di poche. E taluno più accorto riflette che la dote sta in rapporto diretto colle pretese, e alla disperata se la intende col celibato. Lasciamo i grandi signori. Per essi il lusso è quasi un dovere, perchè più sfoggiano, e più vantaggio ne proviene ai diseredati che hanno voglia di lavorare ; nè vi è da temerne ostacolo al matrimonio. Ma se non è dannoso il lusso, è dannosa anche ai ricchi la "passione, del lusso. Stringe il cuore in verità il vedere talvolta delle persone, ricche o non ricche, le quali, dimentiche della vera dignità dell' uomo, si compiacciono visibilmente di futili esteriorità, le quali assorbono tutte le cure che vorrebbero esser volte a formare la mente e il cuore, il cuore specialmente, che non è mai abbastanza studiato e regolato. Che ha da fare la società di questa sorte di gente ? Immiseriti i pensieri, immiseriti gli affetti, e però incapaci di opere generose, valgono tutto al più per addobbare un salone, o i palchetti di un teatro. E meglio che un salone, i palchetti di un teatro. Può darsi cioè che in distanza ingannino l'occhio per un momento, massime se le loro studiate negligenze, e il viso talvolta dipinto, e le forme artefatte devano traversare i vetri di un binocolo; ma in vicinanza la cosa passa diversamente. Sappiano le donne che gli uomini assennati (degli altri non deve loro calere, e meno dei loro stupidi affetti) sappiano, dico, che gli uomini assennati, non dico i dotti, dico gli assennati, non badano più che tanto alla finitezza dei lineamenti, sì alla espressione morale del viso; e se li sente dire più volte "la tale non è bella, ma è simpatica,,; e gli uomini assennati, ove non possono avere l'una cosa e l'altra, preferiscono le simpatiche alle belle. La virtù cioè atteggia i lineamenti del viso a una espressione tanto dolce, quanto è dolce cosa essa virtù; e una tale bellezza è di tanto superiore alla bellezza che proviene dalla regolarità delle forme, quanto lo spirito è superiore alla materia. Ecco la fonte della simpatia e del vero amore. Simpatia è voce greca, che vale qnanto patire, sentire qualche cosa assieme con un altro: io sento la dolcezza della virtù, sento il bisogno dell' Infinito, il male m'indispettisce, zelo la causa della Verità, sento l'amore morale, ideale, abomino l'epicureismo, e vado in cerca di persona simpatica, di una donna che senta come io sento, nel cuore della quale il mio cuore trovi eco amorosa: che avrei da fare di una statua di carne ? Pazienza se in poco tempo la divenisse di marmo .... ma perchè la cosa è impossibile, potrebbe darsi che dopo un mese la mi faccia ricordar fra le lagrime il poverbio dell' antica sapienza, che gli Dei sdegnati puniscono talvolta il peccatore donandogli una bella moglie. L'uomo non è un "difuori», l'esteriore è un accidente che in gran parte abbiamo comune colle bestie. E però le cure e le compiacenze dei genitori sieno rivolte principalmente ali'interiore dei loro figli; e si profon- dano pure in lodi, se la costoro virtù fancini-letta si manifesta in qualche commendevole azione; chè sebbene la lode non sia lo scopo della virtù, pure ai bambini che non hanno ancora formato il carattere, la vien necessaria. Ciò dico della virtù morale. Circa le virtù intellettuali mi piace distinguere. La svegliatezza dell'ingegno è frutto di natura, e l'uomo non ci ha merito di sorta. Quindi il lodare ai fanciulli il loro ingegno li può indurre a compiacersi di una cosa che non hanno guadagnata, e a credere di poter riuscire all'acquisto della verità senza i necessari sudori. "Multa tulit puer, sudavit et alsit„. ha detto il poeta; e poniamo che un talento superiore possa arrivare con poca fatica dove un altro non perviene che a stento, l'ingegno senza la diligenza non ha mai oltrepassato la mediocrità. Abbiamo già il malanno che per difetto di Mecenati l'ingegno, e il genio ancora, vengono spesse volte soffocati da occupazioni materiali con danno grandissimo del progresso sociale: si cerchi almeno di non ostacolare con lodi indiscrete lo sviluppo degli ingegni favoriti dagli ozi e dal denaro. Non si lodi il talento dei fanciulli, si lodi la diligenza, che è quanto dire, si lodi anche qui la virtù morale. Ove la cosa venga intesa e fatta intendere per questo verso, non so vedere quale inconveniente abbiano veduto taluni nella distribuzione dei premi, che al buon tempo antico si costumava nelle scuole. Il dire che i fanciulli devono amare lo studio per lo studio e per la vita, non mi par serio ; chè per trovar piacere nello studio, bisogna aver già molto studiato; e della vita i fanciulli non hanno sufficiente concetto. Ho inteso che talvolta i premi venivano dati a chi non li meritava, e che per ciò è meglio che non ci sieno; ma la conclusione non è legittima. "Propter abusum ne tollatur usus„ suona il trito adagio; si doveva togliere l'abuso e non mai l'uso; e se anche qua o là il si fosse riprodotto, non sarebbe stato il gran male, se qualche fanciullo si fosse dovuto assuefare per tempo {alle ingiustizie degli uomini. Senonchè anche in quelle solennità della distribuzione dei premi ci trovava qualche cosa da ridire, e la trovo praticata anche oggi. Si dirà ch'io eccedo nello scrupoleggiare; ma tant'è: la mia opinione io la ho da dire. Ho assistito talvolta a delle solennità scolastiche dove una fanciulletta recitava al pubblico un discorsetto di occasione. Peritosa, infiammata nel viso, la veniva dicendo la sua orazionci-na fissata da mille occhi, e acclamata alla fine da un fragore di battimani. E quegli applausi venivano dal cuore. Anch'io l'avrei baciata quella creaturella, ma non le ho bat-tutto le mani; e analizzando il sentimento che provava in quel mentre, mi parve di compassione. Quella natura timida e riservata, che, per me, nella donna è providenziale, la mi pareva violentata e repressa, e sentiva che quella fanciulla aveva dovuto patire, e anche mi pareva che non avesse gustata la lode che le avevano tributata, e che cercasse un nascondiglio. In somma la cosa mi pare indiscreta e contro natura ; e se non temessi di qualche rabbuffo, vorrei dire che queste pubblicità recano più nocumento che vantaggio anche alle giovinette di età più matura. Ma sia come non detto, e si passi ad altro. (Continua) li commercio Circolare Ministeriale Boma, 4 fébbrajo 1879. È tendenza prevalente nel tempo nostro quella di aprire alla donna nuovi campi di proficua operosità, i quali, pur consentendole l'adempimento degli uffici e doveri della casa e della famiglia, la ponga in grado di sopperire alle proprie spese personali e di provvedere ad una giusta parte dei domestici dispendi ; nè occorre avvertire come si elevino a questa guisa la condizione e la dignità morale della donna, nell' atto ctesso che si accrescono la produttività e la ricchezza di tutto intero il consorzio sociale. Sono molte e svariate le applicazioni per mezzo delle quali l'accennata tendenza si è manifestata, sia presso le più civili nazioni straniere, sia ancora, comunquejin minor misura, nel paese nostro. Ma, fra le vie più feconde che ogni giorno maggiormente si dischiudono alla donna, è fuor di dubbio quella della mercatura, e particolarmente dei minuti commerci. v È noto come un gran numero di uffici di contabile, di corrispondente, di commesso, che in Italia sogliono essere esercitati da uomini, per lo converso in alcuni grandi Stati a noi prossimi, siano assai sovente affidati a donne; e come in alcune città straniere, appaia mirabile, agli italiani che le visitano, la frequenza delle donne nei magazzini di vendita d'ogni maniera di merci. A promuovere questo fecondo impiego delle donne negli uffici commerciali, sono sorte e fanno ottima prova nei paesi, cui ho alluso, scuole femminili di mercatura, e vogliono essere ricordate in particolar modo le ottime scuole di questa specie, fondate ed amministrate dalla Camera di commercio di Parigi. Ora mi giova additare alle nostre rappresentanze commerciali l'iniziativa presa dalla Camera di commercio di Napoli, la quale ha appunto or ora istituita una scuola intesa a fornire alle donne le cognizioni necessarie perchè possano esercitare l'ufficio di agenti e istitutori di negozio, ed attendere al piccolo commercio. L'ammissione a questa scuola non è subordinata a limiti di età, sibbene ad un esame equivalente a quello finale della quarta classe elementare. La durata degli insegnamenti è biennale: nel primo anno si completano e rinvigoriscono le cognizioni di grammatica e di lingua italiana già possedute dalle alunne, e s'insegna aritmetica commerciale e contabilità, grammatica e lingua francese, calligrafia; nei secondo anno si proseguono gli stessi insegnamenti, salvo che, invece della grammatica e lingua italiana, s'insegnano la corrispondenza commerciale, la geografia ed alcuni elementi di economia e legislazione commerciale. La durata complessiva degl' insegnamenti è di 21 ore per settimana, e gli orarii sono consegnati in guisa da lasciar libero alle alunne di consacrare al lavoro, ad altri studii, una parte considerevole della giornata. Al mantenimento della scuola sopperisce la Camera di commercio, oltreché mediante un assegno sul suo bilancio, con un sussidio annuale accordatole da questo ministero, e mercè la concessione gratuita del locale, fatta dal municipio. L'amministrazione della scuola è affidata ad un Consiglio direttivo, composto dei delegati degli enti che concorrono nelle spese; la fondazione stessa della scuola ebbe la sanzione di un decreto ministeriale, e il regolamento come i programmi dell'insegnamento, sono proposti dal Consiglio ed approvati da questo ministero, al quale spetta eziandio di addivenire sulla proposta dello stesso Consiglio, alla nomina del direttore e degl' insegnanti. Io esorto le Camere di commercio ed arti, quelle segnatamente nel cui territorio sono città popolose, a rivolgere l'attenzione loro su questo importante argomento. Ove esse deliberino l'istituzione di scuole analoghe a quella di cui ho tenuto discorso, e consacrino a fondarle e mantenerle, ovvero ottengano dalla provincia, dal Comune o da altre sorgenti, tre quinti delle somme necessarie, questo ministero aderirà assai volentieri a pagare gli altri due quinti. Avverto che, nel ricordare le norme fondamentali della scuola commerciale femminile di Napoli, io non ho inteso additarle come tali da formare un tipo invariabile, imperocché non sia dubbio che simili istituzioni debbano foggiarsi secondo le peculiari condizioni dei luoghi in cui sorgono. Però, come fu fatto per la scuola di Napoli, dovranno essere riserbate al ministero la sanzione delle norme fondamentali, e sopra, proposta dei Consigli direttivi, l'approvazione dei regolamenti e dei programmi, e le nomine del direttore e del personale insegnante. Esprimo la fiducia che l'invito da me ora rivolto alle Camere di commercio non rimanga inascoltato, e che parecchie fra esse vogliano dar opera ad una maniera di istituzioni che è tale da poter dare considerevoli benefici! morali ed economici. E volgo preghiera ai signori prefetti di appoggiare ed agevolare gli accordi di cui le Camere di commercio prendano l'iniziativa presso la provincia e i municipii. Il ministro: Matorana-Calataisiano L'epistolario di Aleardi Il senatore conte Giovanni Gozzadini ha comunicato al Diritto dell'11 febbiaio la seguente dichiarazione. Avendo sotto gli occhi una lettera dell' Aleardi, non compianto mai abbastanza, credo di adempiere ad un dovere di amicizia pubblicando quel tratto nel quale egli esprime risolutamente un suo desiderio intorno alla propria corrispondenza epistolare. Se qualcuno bramasse di confrontare la copia coli' originale potrà rivolgersi a Giovanni Gozzadini "..........e lo ringrazio dell'onore di voler serbare un mio manoscritto. Per carità! nè a lui nè ad altri date mie lettere mai. 10 le scrivo, come Dio vuole; nè mi è caduto mai in mente che un giorno avessero a patire l'infamia della pubblicazione. Chè anzi vorrei pregare i miei amici a distruggerle tutte quante ne hanno, per il caso che la follia di qualche libraio, dopo che sarò in pace sotterra, mi voglia fare qualche gherminella e mettermi di mal'umore anche laggiù. „ E nel Diritto del 13, senza altre parole egualmente, viene pubblicata questa lettera del prof. Trezza. Onorevole Direttore del Diritto, Pubblicando l'Epistolario di Aleardo Aleardi, io non credevo di offenderne la memoria. Ma la lettera del senatore Giovanni Gozzadini, comparsa sul Diritto, mi obbliga a rinunziarvi e vi ringrazio. La volontà dell'illustre mio concittadino ed amico m'è sacra. Io non consentirò mai ad una pubblicazione da lui condannata con tanto sdegno e con parole si gravi. Mi creda con verace stima suo G. Trezza A nostro modo di vedere l'onorevole senatore Gozzadini interpretò con soverchio rigore i periodi dell'Aleardi che concernono l'evento di una pubblicazione delle sue lettere, ed il prof. Trezza troppo di leggeri ne rimase impressionato. Chi sarà mai quegli che ordinerà la pubblicazione della propria corrispondenza epistolare ? È ben naturale che all'occasione (come appunto la si presentò all' Aleardi in quella lettera) ognuno trovi infamia o follia che le sue lettere vengano date alla luce : è la modestia, è il ritegno, è la trepidanza che suggerirono quei periodi all' Aleardi, e che non lasciano mai contenti delle loro estrinsecazioni i grandi ingegni. Infatti, chi legge attento quella lettera si persuade facilmente non trattarsi di proibizione assoluta. L'Aleardi presagisce e teme solo la "follia, di qualche libraio; ma nulla dice pel caso che un uomo di vaglia o un amico intelligente e quindi spassionato se ne occupasse. Che l'epistolario sia, almeno in parte, degno di stampa, ce lo accerta 11 proposito avuto in animo dal prof. Trezza, suo concittadino ed amico. Si noti poi essere impossibile che la corrispondenza epistolare di un chiaro ingegno, sceverata dalla inevitabile crusca, non riesca da qualche lato utile, anche se contenente per avventura abbagli; imperocché il solo fare attenzione alle cause alle circostanze e al modo in cui ad essi soggiacque reca allo studioso diletto giovevole. Forse taluno opporrà che la lettera viene per lo più improvvisata. Ma, quanto più estemporanea non è la conversazione ? E chi mai potrà asserire che il conversare interrogando (e le lettere sono appunto, il più delle volte, risposte), coi grandi uomini non torni utile? Concludiamo quindi che sarebbe grande danno per la repubblica letteraria se in quell'illustre critico quale si è il prof. Trezza, continuasse la sùbita impressione detestatagli dallo scrupolo notarile del senatore Gozzadini. Illustrazione dell' anniversario Sautorio, l'ustro d'Italia, nacque a Capodistria il 29 marzo 1561, da Antonio Santorio e da Elisabetta Cordonia. Lo Sprengel nella Storia della medicina lo appella 1' "Ippocrate del secolo decimosettimo,, ; ed il Senato dell' università Patavina, chiesto dal re di Polonia che gli inviasse uno dei suoi migliori medici, fu unanime nello scegliere il nostro Santorio, che allora aveva appena ventisei anni. Quivi restò parecchi anni e come pratico e come indagatore ; poscia o perchè affranto dalle fatiche o perchè il clima non gli confaceva, venne di nuovo in Italia. Durante l'invasione in quei paesi e nei finitimi del morbo pestilenziale, a lui ricorrevano quanti potevano. Trenta anni di osservazioni, di esperimenti e di veglie gli fruttarono l'opera celebratissima, che gli assicurò fama mondiale dal titolo De Statica Medicina, in cui assevera e dimostra dipendere la salute e le malattie dal modo col quale avviene la traspirazione insensibile per i pori del corpo. A tale fine, in una bilancia da lui immaginata, egli ebbe per lungo tempo la perseveranza di pesare sè e gli alimenti che prendeva. Molte sono le opere da Ini scritte (alcune inedite), e molti gli strumenti da lui immaginati ; tra questi ultimi va ricordato il Termometro per conoscere il calore nelle malattie, da non pochi fisici riconosciuto invenzione del Santorio, e non di Galileo, o di Trebellio o di Drebel, come taluno vorrebbe. Morì a Venezia il 25 febbraio 1636, dopo un anno di sofferenze, nella contrada di Sant'Alvise nelle case del Dardani. Fu sepolto in quella città nel portico del convento dei Serviti, e un busto in marmo trovasi in quell'Ateneo. Qui pure c'era nella chiesa dei Servi un busto marmoreo del grande uomo; ma fu portato a Vienna nel 1802 dal barone Stefaneo plenipotenziario austriaco con altri capi d'arte.L'inscrizione, che v'era sottoposta, sta ora sulla facciata del Duomo. (Fonti. Cappello, Vita del Santorio-Blumenbach, Hist. medicinae litter. — Grunero, Almanacco — Dizionario di Bassano — Dizionario di Lipsia — Stolle Indrod. alla lett. med. — Papadopoli, Gymn. patav. - Eloy, Dictionnaire de la médecine — Dizionario del Moreno — Sprengel, Storia della med. — Biot, Traitè de phisique exp. et matem. — Borelli, De 1 motu animalium — Andres — Cicogna, Iscrizioni ! veneziane -- Corniani — Stancovich — Biographie univer-" selle — Dizionario delPomba, e in tutte le Enciclopedie e in moltissime opere mediche antiche e recenti, tra le quali p. e. la recentissima Storia dello sviluppo intellettuale dell'Europa dell'americano Draper, che parla del Santorio quale inventore del termometro per le malattie, di cui più sopra abbiamo fatto cenno). Il nuovo Consiglio Cittadino. — Rappresentanti : Antonio Almerigogna fu Antonio - Cav. Giacomo Babuder - Nicolò Bartolomei - Prof. Giuseppe Bellussich - Giacomo Biondi - Marco Cadamuro Morgante - Giovanni Cer-nivani - Giorgio Cobol - Carlo Coverlizza -D.r Nicolò Del Bello - Nazario De Mori fu Nazario - Pietro Gallo fu Pietro - Avv. Pier' Antonio Gambini - D.r Pio Gambini - marchese Giuseppe Gravisi - marchese Nicolò Gravisi - D.r Zaccaria Lion - Pietro Longo - D.r Pietro de Madonizza - Andrea Marsich fu Domenico - Andrea Marsich fu G. M. - Antonio Marsich fu Nazario - Giovanni Meotti - Giuseppe Pellegrini - Canonico Francesco Petronio -Giovanni Pobega di Matteo - conte Gregorio Totto - G.Battista Yascon fuLuigi - Francesco Vicich - D.r Antonio Zelto. Rappresentanti sostituti: Nicolò de Baseg-gio fu Nicolò - Tomaso Bertoch fu Andrea -Andrea Bratti - Adrea Bullo - Antonio Bullo - Nicolò Da Ponte - Pietro Debellich - Giovanni Depangher fu Michele - Giuseppe Giovauniui - Bortolo Grio - Domenico Manzoni - Giovanni Martissa Carbonajo - Matteo Rodatti - Giuseppe Vidossich. Questi i nomi che abbiamo desunto dalle liste esposte al1 pubblico. Manca peraltro il quinto Sostituto del I Corpo elettorale. Non sappiamo da che cosa dipenda tale sorprendente mancanza. Qualunque ne sia. la causa la nomina di un Sostituto si rende indispensabile, poiché altrimenti resterebbe violata la legge IO Luglio 1863. L'i. r. Ufficio di Saggio verrà qui attivato il giorno 15 marzo p. v. Terremoto. — Auche qui, il 12 corr., intorno alle 2 e 45 del pomeriggio, fu sentita una scossa sussultoria e ondulatoria della durata di due secondi. Mortalità di Capodistria nel 1878. — In complesso i morti sommarono a 328, dei quali 52 nell'i, r. Carcere. Calcolato 7000 il numero degli abitanti, morì il 39 per mille circa, mentre nel 1877 era morto il 46 per mille. I mesi più nefasti furono dicembre (morti 37) o maggio (morti 34); la minore mortalità avvenne nel mese di aprile (17). Morirono dalla nascita ad un anno, 92 — da un anno a cinque, 55 — dai cinque ai venti 17 — dai venti ai sessanta, 92 — dai sessanta ai settantacinque, 42 — dai settantacinque agli ottanta, 13 — dagli ottanta agli ottantacinque, 3 — dagli ottantacinque ai novanta, 4 — dai novanta ai novantacinque, 3 — dai novantacinque ai cento 1 — d'età ignota 1 — nati-morti 5. Più della metà dei morti, esclusi quelli della Carcere, furono bambini dalla nascita a cinque anni (147). lTn rimedio contro la peste. -- (Dall'Adria del 7 febbraio). Facciamo voti che il flagello, del quale ora si preoccupano governi e popolazioni, possa — come dalle prese misure precauzionali giova sperare — venir soffocato colà dove si è manifestato. Intanto facciamo volentieri noto, che un colto nostro concittadino, stati i signori Ugo Zanardi, Menotti Delfino, Emilio ed Ettore Morterra e Marco Stefani. E nel N. successivo : Alle perquisizioni domiciliari, ieri annunciate, dobbiamo aggiungerne un'altra praticata ieri mattina presso il signor Felice Aite nella propria abitazione in Gretta. Ieri al meriggio venno pure arrestato il sig. Vittorio Puschi. Nuovi sensali in merci per l'Istria, vennero nominati dalla Luogotenenza in conformità alle vigenti leggi e prestarono giuramento: Francesco Antonini di Giovanni, colla sede a Buje; G. Battista Blessich fu Antonio, colla sede a Pola; Giorgio Fonda fu Giovanni, colla sede a Dignano; Luca Ivancich fu Giorgio, colla sede a Visinada; Bartolomeo Pertot fu Giovanni,collasedea Orma; Andrea liismondo fu Giuseppe, colla sede a Rovigno ; e Antonio Sbisà fu Antonio, colla sede pure a Rovigno. Ferrovia pontebbana. — L' Unione di Milano: I lavori della ferrovia pontebbana saranno spinti con alacrità, desiderando il governo, in seguito ad istanza della Camera di commercio di Venezia e di Udine, che siano pronti contemporaneamente ai lavori cbe 1' Austria fa eseguire sul tronco Tarvi-Pontafel. malattia del Caffè — Allo Indie e al Brasile un fungo ed un insetto, entrambi microscopici, fecero alleanza per abbattere la pianta del caffè, il cui aroma esilara da oltre due secoli i cervelli europei; e pur troppo gli alleati vanno progredendo nella loro opera di distruzione. Ben opportuna quindi torna ora la diffusione nelle province venete della semente dell' Astragalus Boeticus, portata dal Messico possedendo nella sua biblioteca un libricciuolo i da un frate, e introdotta e coltivata prima a prezioso, stampato nel 1797 per cura ed a spese di un egregio filantropo, ebbe l'umanitario pensiero di farlo pervenire a noi, affinchè, all' uopo, gl'insegnamenti e le istruzioni in esso contenute per combattere la peste, sieno resi di pubblica ragione. Per ora, mentre ringraziamo il prefato distinto concittadino del nobile e si.uto pensiero, e risèrbandolo a ripubblicare in citi: usò il prezioso opuscoletto quando fosse necessario — il che Iddio 0. M. voglia non permettere — ci limitiamo per informazione specialmente dello spettabile e benemerito Corpo sanitario, a notare trattarsi della "Descrizione di Un Rimedio curativo e preservativo contro la pest<:, usato con felicissimo successo nello spedale di Sant' Antonio in Smirne, dato in Vicenza da mons. canonico Luigi Fabris e poi a Motta di Livenza dal sig. Vincenzo Gasparinetti. La chiamano caffè messicano, e viene giudicata il migliore surrogato del caffè propriamente detto. Aggressione in ferrovia. — Ecco un fatto di più che dimostra quanto sia necessario togliere l'isolamento in cui si trovano i singoli scompartimenti dei carrozzoni sulle strade ferrate. Avvenne nel treno postalo, che la notte del 10 corr. andava da Post a V enha, e precisamente tra le due stazioni di Cross-Marosch 6 Szobb. Improvvisamente un malandrino, aperto lo sportello di un coupé speciale per signore in cui ve n'erano tre, stordì con un colpo la più vicina, e mentre si accingeva a fare altret- luce (in Vienna, presso F. A. Schraebl, 1797) tanto delle altre per derubarle, la seconda dal conto Leopoldo di Berchtold, per essere j svenne, e la terza ebbe la forza di gridare al distribuito gratuitamente a favore delle nazioni che fanno commercio col Levante e colla Bar-beria „. Il rimedio consisto nelle unzioni (preservative) e fregagioni (curative) generali con olio d' oliva, accompagnato da un rigoroso regime dietetico. Il rimedio, semplicissimo, fu adoperato — come rilevasi da numerose autentiche attestazioni — con ottimo successo a Smirne ed in altre città del Levante, ove ancora, alla fine dello scorso secolo, la peste faceva frequentissime, micidiali apparizioni. irresti. — (Isonzo di Gorizia dol 18 corrente.) Questa mane, per ordine di quest' i. r. Procuraci Stato, vennero arestati sig. i Giuseppe Brumatti, agente di commercio presso una locale casa di spedizione, ed Erminio Men-getti maestro di musica, previa minuta perquisizione praticata nelle abitazioni dei medesimi. Scarcerazione. — Il sig. Marco Bassich, arrestato giorni sono a Trieste per motivi politici, fu rimesso in libertà provvisoria verso la cauzione di fior. 2000. Perquisizioni ed arresti. — (Indipendente di Trieste del 21). Nelle prime ore di questa mattina gli organi della Polizia praticarono parecchie perquisizioni domiciliari e tra altri, presso i signori Enrico Matcovich ; Ferdinando Ulrnann ; Marco Bassich ; Edgardo Bascovich ; Alessandro Salmona; Simono Eliseo; Ugo Zanardi; Giusto Muratti; Attilio, Emilio ed Ettore fratelli Morterra; Menotti Delfino; Marco Stefani e G. A. Salmona. Ci dicono che in seguito a tali perquisizioni vennero arre- soccorso. Un coraggioso passeggero, il quale si trovava nel prossimo coupé, udite le grida, scese sulla predella e sulla stessa inseguì il ladro, che tentava fuggire; dopo accanita e sanguinosa lotta riuscì vittorioso il salvatore, e il ladro cadde sulla via, ove poscia venne trovato tutto malconcio. Avvocate. — In America è preparato un progetto di legge, secondo il quale le donne che abbiano porcorso lo studio politico-legale all'università, e fatto un triennio di pratica nei tribunali, potranno esercitare l'avvocatura presso la Corte superiore di giustizia. Giulio Grévy scacchista. — (Nuova Rivista degli Scacchi). Il nuovo presidente della Repubblica Francese appartiene da oltre 30 anni alla famiglia degli scacchisti. Esso infatti è un appassionato cultore del nostro mentale esercizio ed un giuocatore di forza non ordinaria. Incoraggiò, ogni qual volta gliene capitò il destro, sfide e tornei ed ebbe gran parte nel' promuovere ed attuare l'ultimo gran Torneo internazionale che ha avuto luogo nell' anno scorso al palazzo dell'Esposizione. Sotto l'Impero, quando Grévy si ritirò interamente dalia vita politica, fu uno dei più assidui frequentatori del Caffè della Bégence. I dilettanti scacchisti che convengono a questo antico tempio francese degli Scacchi, dice il Field, devono essere in special guisa superbi del nuovo Presidente, essendo questa la seconda volta che uno dei loro colleghi in scacchi è giunto ai più alti onori politici in Francia. Infatti a n lice Napoleone I, allorché non era che uno semplice luogotenente (durante il regime del terrore) aveva l'abitudine di frequentare il Caffè della Régence per ginocare agli scacchi, e la vecchia tavola sulla quale egli faceva le sue partite è religiosamente conservata in una stanza del caffè e mostrata a quei visitatori che desiderano vederla. Come scacchisti, per quello spirito di casta cbe è una qualità speciale della nostra famiglia, auguriamo di Ter o cuore al nuovo Presidente di mettersi subito in buona situazione snll' apertura, di consolidarsi dopo lo sviluppo delle prime mosse, e di evitare in fine lo scaccomatto. Se i partiti si facessero troppo intricati e difficili, pensi il nuovo Presidente che quando la lotta diventa troppo pericolosa, la miglior cosa, anche in politica, è contentarsi d'impattare ! Teatro Sociale. — Non potemmo gustare tutte le produzioni annunciate, ma undici sole, a motivo di un infausto telegramma che ci rapiva subito da principio la signorina Cesana, seconda donna. Tutto il male peraltro non venne per nuocere, poiché tra le produzioni di supplemento ce ne diedero dne ottime: la Prosa e VAmore senza stima, del nostro Ferrari. Che diremo della prima attrice signora Papà-Giovagnoli ? Diremo solo, a risparmio di addiettivi, d'immagini, e di frasi stereòtipe, essersi ella mantenuta sempre pari alla rinomanza che verace accompagna il suo nome da Nizza a Fiume. Piacquero assai il caratterista sig. Kodermann, l'attore giovane sig. Pilotto, e il primo attore sig. Colonnello; e ne disponiamo i nomi proprio secondo il grado del successo ottenuto. Eccellente attore quando 10 vuole, è il sig. brillante Leigheb ; perchè poi non abbia voluto essere sempre eccellente, non sapremmo davvero spiegarcelo. La sig.a VirginiaLazzeri generica, che sostituì la Cesana, fu sempre impegnatissima: ed ella compirebbe 11 corredo delle suebelledoti artistiche se ponesse maggiore attenzione nel modulare la voce, in modo particolare nei momenti di narrazione. Gli artisti nomi nati furono la pleiade che brillò sul piccolo orizzonte del nostro teatro: è peraltro dovere di equità l'affermare che tutte le parti secondarie formano un insieme armonico, e che, nella loro relativa valentia, vanno esenti da mende. Di non comune intelligenza i generici sig.ri Ferrante e Ferrarese. In conclusione lasciando da parte il giudizio degli inevitabili schizzinosi (più o meno sinceri), il successo fu ottimo, come era molto facile prevedere, Auguriamo ai bravi artisti, che oggi ci lasciano, carriera felicissima. Trapassati nel mese di Gennajo 1879 2 Pietro Ceredoni d'anni 85. —• 8 Giovanni Stoffe d'anni 39. — O Anna Martissa d anni 43. — 10 G. M. (carcerato) d'anni 30 da Miocič (Dalmazia) — 15 Sebastiano Delpiero d'anni 76. — IO Anna Vascon moglie di Alvise d'anni 68. — 17 Giuseppe Kasker d'anni 22 militare dell'8 Batt.e dei Cacciatori da Turkenberg (Stiria). — 18 A. R. (carcerato) d'anni 30 da Slivno (Dalmazia). — SO G. L. (carcerato) d' anni 35 da Visignano (Dalmazia) ; Elisabetta Dall' O d'anni 18. — 21 S. K. (carcerato) d'anni 32 da Vriesno (Dalmazia). — 22 Giovanni Gnllicb fu Matteo d'anni 64 da Scopo (Sesana). — 23 Girolamo Visentin! d'anni 53; L. K. (carcerato) d'anni 36 da Passriach (Carintia). — 24 P. 0. (carcerato) d'anni 41daOt-ton (Dalmazia). — 28 E. V. (carcerato) d' anni 71 da Velik - Zalazi (Dalmazia) ; Maria Bisiacco mogli«.' di Giuseppe d'anni 38 da Castagna. Più diciassette fanciulli al di sotto di 7 anni Matrimonii celebrati nel mese di Gennajo 22 Giovanni Martissa Carbonajo - Angusta Clemencich : 25 Matteo Norbedo - Lucia ì?ancich; 2« Domenico Fedola - Caterina Stocovich; — Giovanni Maddalena - Antonia Steffè; 28 Andrea Fontanetti -Caterina Flego. — Corriere dell' Amministrazione (dal 6 a tutto il 22 corr). Albona. Avv. Antonio"Scampicchio (V anno) Ariano di Puglia. Cav. Pietro Franco sottoprefett'o (III e IV anno) — Cherso. D,r Nicolò Petris nobile de Plauno (V anno). ______