ANNO V. — M 14 Sabbato 6 Aprile 1850. DISCORSO ACAD1MICO j dal Dr. Domenico de Rossetti tenuto nel 1835. Aveva gia da parecchi anni abbozzato lo scheletro della Storia degli Statuti deli' antico porto di Trieste, valendomivi di quegli elementi che stavano a mia dispo-sizione, e sperando sempre ritrovarne maggior copia per condurre cosi a poco a poeo il mio lavoro a quel com-pimento che potesse a tutti parere almeno sufficiente. Come progressivamente vennemi fatto di scoprire notizie, o di raccoglierle da volanti mie schede piu vecchie ancora, andai inserendole a luoghi opportuni, parte nel testo e parte fra le note delPappendice. Dopo lungo intervallo mi accinsi a dare migliore ordinamento al mio racconto, e ne trascrissi il primo abbozzo; ma cosi facendo ben tosto m'accorsi che molte e larghe erano le lacune che vi rimanevano, e che non lieve fatica e non breve tempo ci vorrebbe prima di porgere, qual i o desiderava, la storia propostami. Di-stralto frattanto da varie e maggiori occupazioni, lasciai questo nuovo scritto qual era, non pero senza il propo-nimento di occuparmene altra volta con istudio maggio-re, o di usarvi con ogni sollecitudine almeno la lima. Ma ne a questo pure potei fino ad ora prestarmi, onde ben conoscendo le imperfezioni di questo lavoro, lo ri-posi per la terza volta fra le cose immature. Inoombendoini pertanto di riaprire il corso delle nostre letture di questa stagione, e nulla avendo da pre-sentarvi, che degno fosse di occupare 'la vostra atten-Zione; pensai che, se poco soddisfacente ne sara la per-trattazione, l'argomento almeno di questo brano di storia patria dovrebbe riuscirvi sopra tutti carissimo, e darvi ad un tempo occasione di essermi cortesi di lumi, di docu-menti e forse anco di sole reminiscenze mancateini fi-liora, delle quali ben anzi prego tutli quegl' ingenui e benevoli miei concittadini, che mi avanzano in eta. Vengo dunque ofFerendovi questo, comunque abbozzato ed imperfetto discorso; mentre portato che sara a quel grado di compimento che meglio per me si potra, lo rendero di pubblica ragione in uno dei futuri volumi del nostro Arclieografo. I fatti che androvvi esponendo non possono rivo-carsi in dubbio, perche tratti da fonti storiche di piena fede, e confermati dallo stato materiale delle cose vedute da quelli dei nostri concittadini che negli ora trascorsi 30 anni trapassarono, e di que' porhi vegliardi tuttora viventi, che possono esserne onorati testimoni. Le fonti storiche, alle quali ho atlinto notizia e fede di questi fatti, formano 1' appendice del mio discorso, alla quale appartengono pure alcune piante lopografiche del secolo passato, di cui qui vi esibisco piante fedeli. Cio premesso, entriamo [senza piu nell' argomento propostoci. STORIA E STATUTI deli' antico PORTO DI TRIESTE. Chiunque imprenda a trattare di storia triestina o di quaIsivoglia sua diramaziona, non potra farla con chia-rezza e sana critica, senza distinguervi quattro epoche; diverse tutte per tempo, per indole e per efFetti. La prima ch' e la romana (abbandonando alla favolosa o-scurita ed incertezza tutt' i secoli anteriori) prende il suo cominciamento dal tempo in cui Trieste fu con tutta P Istria conquistata dai Romani, e divenne loro municipio (an. di Ro. 576), poscia colonia sotto G. Cesare (an. di Ro. 695) e finisce coll' ultima caduta deli' impero d' Oc-cidente (an. di Cr. 475). La seconda va da questo scon-volgimento fino alla dedizione che Trieste fece sponta-neamente di se alla serenissima časa arciducale d' Austria (an. 1382) e la diro epoca italica. La terza, che sara 1 'austriaca, comincia dali' atto di dedizione, e continua fino ali' instituzione del porto-franco per 1' irnperatore Carlo VI (an. 1717 al 1728). La quarta poi, in cui ger-moglio e va crescendo un nuovo ordine di cose, e la moderna che ajieguatamente si nominera epoca com-merciale. L'indole della prima era quella del nascere, del crescere c del fiorire deli' antica civilla e della nazionale potenza; e quest' epoca duro 653 anni. Ouella della seconda stava nel declinare di queste, nell' alternare e flut-tuare fra una malsicura liberta e le pretensioni di vari italici domini; e cio pel corso di altri 907 anni. Ha la terza, che duro soli 335 anni, per suo carattere 1'obbli-vione de' beni e de' mali passati pel godimento della pace e pella conservazione della propria municipale in-dipendenza. L'indole della quarta b quella del movimento e della instancabilita per Ponore e per le fortune che pud dare il comrnercio. Considerati i bisogni e la tendenza di quest' epoca in cui viviamo, certo che niuna parte della storia patria riuscir potrebbe gradita piu di quella del comrnercio e della navigazione triestina. E di questa parte appunlo sarebbe mio desiderio il poter porgere un compiuto e sicuro ragionamento circa le prime tre epoche, giacche alle ricerche ed ali' illustrazione delle antiche cose no-strane intendo dedicarmi esclusivamente. Ma la scarsezza degli storici documenti e monumenti non permettemi fare cotanta promessa; e ben pago sard se alla fine delle mie ricerche verrammi fatto d' offrire una ragionevoleipotesi, o piuttosto lo scheletro di quella che, dopo un austero cri-tico esame de' raccolti elementi, potra appena costruirsi. Ouanto avrassi a tal fine da fare per ora, onde rintrac-ciare la verita, e guarentirsi da quelle illusioni che tal— volta involontariamente si coltivano anehe da chi indaga con buona fede e senza prevenzione alcuna, sara fatto a quel miglior modo, e con quel inaggior frutto che mai possibile mi saranno, sperando che altri vorra pur ve-nire a sussidio della mia insufficienza. II metodo perlanto che intendo adoperarvi, sara quello di procedere per via di elementi di fatto e di ragionamento; i quali comunque fossero per parere scon-.nessi od estranei al mio assunto, vedrassi per ultimo come tutti sostanzialmente e necessariamente vi appar-tengono. Ed anzi, acciocche fin d'adesso se ne ravvisi 1'annodainento, giovera accennare quelli, alla dimostra-zione di ciascuno de' quali saranno dirette le indagini no-stre, e gl' isolati diseorsi che ne andremo interpolata-monte porgendo. Qualunque di questi argomenti volessi io da prima. pertrattare, non lo potrei mai altramente che premettendo come verita dimostrata alcuni altri argomenti, che richiedono ed avranno a suo tempo e svilup-pamfento e giustificazione. Ouelli che per 1' odierno di-seorso debbono essere cosi premessi, e che spero mi si vorranno ammettere preliminarmente almeno per la loro parte tdpografica, sono i seguenti: I.. Trieste era in origine, com' e attualmente, col-locata in suolo stefile per natura, e cinta da monti, gia rivestiti di bosehi, ed ova denudati1). II. AveVal mezzodi una provincia aliora florida, popolosa e ricca di produzioni meridionali; cioe I' Istria2). III. Avea al Nord ed ali' Oriente provincie molto elevate sopra ii livello del mare, ubertose per settentrio-nali prodotti, ma prive alfatto e bisognose di quelli del clima meridionale. IV. Trieste era dunque un punto quasi centrale del quadrivio che^metteva in comunicazione 1'Istria, la Venezia, la Pannonia e P Illiride3). ') La seconda parte di questa tesi, sebbene scritta dopo il diseorso presente, e gia pubblicata nel III volume deli' Archeografo triestino eol titolo di Storia e Statuti delle antiche setve triestine. Quesla circostanza prova, quanto fosse e siami ancora difficile 1' andare raccogliendo gli elementi deli' argomento presente. 2) Si desidera che alcuno degli eruditi Istriani assuma la pertrattazione di quest' argomento. 3) Posi qualche studio su questa materia, e ne incomin- ciai la trattazione; ma dovetti ben tosto sospenderla per mancanza di quegli infallibili elementi corogra-fici, senza cui incerta sarebbe la fissazione della sua base principale; cioe quella della naturale confina-zione deli' istriana penisola, e della sua piccola trie-stina provincia. V. Dovea per questeragioni Trieste nascere o di-ventare citta marittima e mercantile, e quindi conquistarsi dai Romani. VI. Dovea Trieste finalmente avere un porto vasto e sicuro. Prestabilito questo metodo da osservarsi nelle indagini noslre, indilferente sara la scelta di quello che fra questi sei argomenti convenga prima pertrattare. Imper-ciocche come ciascuno sta da se ed indipendente dagli altri, nulla togliesi ne aH'intelligenza delle cose, ne alla conclusione del ragionamento finale, coll'alterare l'ordi-namento qui sopra accennato. E pero 1' ultimo di questi temi sara quello appunto di cui qui esclusivamente mi occupero. I. Epoca romana. § 1. Quel popolo, qualunque ne fosse la genetica origine, il quale, prima di essere soggiogato da' Romani, vivea e governavasi sui monti e sulle eolline che cir-condano il golfo di Trieste, non avea conseguito dalla natura quel beneficio, che questa avea largamente con-ceduto a quella gente, che occupava 1' estremita diago-nalmente oppostavi deli'Istria, cioe Pola: egli non avea un porto formato dalla natura gia ampio e sicuro. Gli concedette cio non di meno quello che avea negato a tutto il litorale della Venezia fino al Timavo, cioe la possibi-lita di formarsi coll' arte un porto, in cui tutti si unissero i principali vantaggi d' un porto naturale; e particolar-mente quello della perennita. Essa infatti tutto e tal— mente su questo nostro lido predispose, che nulla al po-tere deli' uomo mancasse, tosto che il suo sapere e volere si dirigessero ad approfittarne, ed a costruirsi quel porto arlificiale, di cui gli abitanti fossero o presto o tardi per abbisognare. § 2. L' estremo confine di quosta parte superiore d'Italia, cioe 1'alpi carniche e giapidiche, va per alpi minori, per pianori, per monti, e per decrescenti eollino gradatamente avvallandosi fino al mare Adriatico, desti-nato a servire quasi d' immenso canale naturale per la comunicazione de' popoli trasalpini con quelli del mezzodi deli' Europa, e di una parte deli' Asia e deli' Africa. Ma nell' estremita di questo mare formo la natura un golfo semielittico, aperto verso ponente, coronato da quelle eolline appunto che servono di scalea per valicare la sommita delle alpi: golfo, in cui non mettono foce ne fiumi ne grossi torrenti. A fianco di questo golfo se-condario, al di la di una larghissima ed alta diga, la qua!e rivolta con tutta la sua lunghezza verso il mezzodi, fi-niva quasi a foggia di promontorio che, inclinato al mare, ne emergeva nuovamente a picciolissima distanza con due, od almeno una isoletta seogliosa: a fianco, dicesi, di quel golfo formo per ultimo la benefica madre comune una piccola baia, o per cosi dire, un lago marino, aperto in tutta la sua larghezza verso ponente-libeccio. Cosi il popolo, che abitava questa eollina, ch'io appello diga naturale, e le altre che da levante vi si appoggiano, e quindi la sua citta, avea due lidi lambili, starei per dire, da due mari; 1'uno che dal mezzodi al nord si apre verso ponente; 1'altro che s'interna dal nord al sud ed e chiuso da levanle a ponente. L' arte dovea fare il resto, dopo che il sapere avesse scelto da qual parte sia migliore consiglio l'op,erare per avere quel porto, che cosi parea dalla natura gia doppiamente indicato, § 3. Se non sapesse troppo d' arroganza il dire ora quello che dovea farsi gia 2000 anni addietro, sarei pur tentato dichiarare eh'io, potendo essere arbitro di quella scelta, non avrei esitato un istante per decidermi in favore della baia rneridionale, onde costruirvi quelle opere, che in sussidio della naturale sua situazione po-tevano occorrere per un porto in ogni riguardo sicuro, grande e meglio difeso daH'impeto delBorea*? OorJ-nord-ost) come dallo scilocco e dal libeccio. Non avrei per6 dimenticato nemmeno il seno di ponente, ed approfiltan-do del promontorio e delle sue isolette, avrei stabilito un doppio porto, forse felice piu di quello d' Alessan-dria!). Ma cosi non fu fatto, ed ora e certamente super-fluo il tenerne ragionamento. Se non che puo questa osservazione giovare a convincerci come in consimili ar-gomenti un'opera intrapresa senza matura ponderazione de' suoi lontani elfetti e degli eventi futuri, possa dare un'infelice o men buona direzione agli affari di tutta quasi lo posterita. Non intendo pero potersene fare rim-provero a chi in quel tempo diversamente scelse ed o-pero, dovendosi piuttosto supporre che lo stato delle cose e del popolo non abbisognasse allora di un porto arti-ficiale amplissimo,quandolo si poteva conseguire sufficien-tissimo seguendo i piu prossimi cenni che ne dava la natura. § 4. Quel golfo dunque che apresi dal meriggio al settentrione, o piu propriamente da libeccio a greco e guarda a ponente, fu prescelto per lo stabilimento del porto artificiale dell'antica Trieste; e la parte che su quel lido fu preferila, e quella che corre quasi paralella verso libeccio-ponente e greco-levante, presa pero da quella estremita, ove la diga naturale summentovata fa-ceasi concava e volgea la convessita delle sue spalle a libeccio. La punta che a foggia di penisoletta sporgea nel mare, 1' isoletta o scoglio che avea di fronte, e la circostanza che nessun torrente o rivo veniva quivi a scaricarsi nel seno che cosi vi si vedea Iargo e profondo: questi furono certamente i motivi impellenti a quella scelta. § 5. Sulla china della diga suaccennata ch'e rivol-ta al settentrione, avea Trieste, alPuso delle romane co-lonie, il suo campo marzio, e propriamente in quella parte che ne ritiene tuttora la denominazione; seppure la tradizione non c'illude, e non sia dessa di tutt' altra e meno antica origine. Esso stavasi immediatamente al piano della diga, ove si esegui la prima e la piu im-portante opera del porto. Era questa un braccio di ter-ra costruito da quella estremita fino ali'isola minore e meno discosta dal lido, dolcemente incurvandosi verso settentrione, indi proseguendo la curva e la direzione stessa verso levante, aH' altra isola maggiore e piu lon-tana, la quale era o fu ridotta dall'arte a superficie lar-ga e piana, da cui partiva una piccola lingua di terra rivolta verso la collina, che poi si disse de'Santi Martiri. Su quella piazza sorgeva una torre ottagona. Fra le [) Se ne dara qui un cenno di quello d' Alessandria. Po-tro forse altra volta descrivere questo mio porto ideale. § 57 deli' Appendice. due isolette resto certamente una larga apertura per le correnti del mare, ed e verosimile che altra eguale .vi si avesse lasciata fra la punta del campo marzio e la prima isoletta; tenendole ambedue congiunte al lido me-diante ponti od arcate superiori allo specchio del mare. La mentovata collina de'santi Martiri, che alla diga si appoggia e largheggia verso levante, avanzavasi alquan-to ristretta entro al mare; e quivi, di fronte al primo braccio, se ne costrui un secondo, il quale verso 1' e-stremita deli' altro e da levante a ponente leggermente s' incurvava. II quale secondo braccio sara stato sicura-mente formato a piloni, come a suo luogo vedremo. Cosi dunque ebbesi un seno di mare assai profondo, di forma elittica, formato da due braccia che, convergendo fra loro, partivano dal pie della diga, e costituivano il nostro piu antico porto. § 6. Quando, cioe in quale secolo od anno, cio avvenisse non puo dirsi positivamenle, perche nessuno storico ce ne conservo la memoria. Ma i monumenti di varia maniera, che tuttavia ne restarono, ci obbligano a crederlo sincrono colla maggiore floridezza della colo-nia aquileiense e di quella di Pola, ossia di poco poste-riore alla colonizzazione di Trieste medesima. Ed in questa credenza io mi confermo, parendomi non avere i Romani potuto avere bisogno del nostro porto, se non se dopo che il fiorire di quelle due citta dimostro la utilita, per non dire la necessita d' una duplice comuni-cazione di terra e di mare per tutto l'arco deli' Adria-tico e per ogni sua diramazione verso le trasalpine pro-vincie conquistate o da conquistarsi. Lo sviluppamento di questa ipotesi e ad altro tempo e luogo piu opporlu-namente riserbato. § 7. Gli storici ed altri autori deli' epoca, di cui favelliamo, sebbene parlino della citta e della marittima situazione di Trieste, nulla accennano del suo porto. 11 quale silenzio potrebbe forse porgere qualche buon ar-gomento contro 1'esistenza e 1'iinportanza di"quello; se non 1'affievolisse o togliesse la considerazione che Pli— nio, Strabone, Cesare, Tito Livio, Veleio Patercolo, Pom-ponio Mela, e gli itinerari antichi non avevano avuto oc-casione di farne espressa menzione; posciache 1'argo-mento de'loro discorsi era a tutt'altro diretto che a trattare di navigazionee di commercio, mentrediromaniavvenimenti guerreschi nulla nelle nostre acque 6 giammai succeduto. § 8. Ouello di cui hanno taciuto gli scrittori antichi, ci fu per altro palesato dali' eloquenza delle mute pietre; le quali, sebbene non scritte (mentre queste pure ci andarono smarrite) eloquenti a tutta ragione debbono dirsi, perciocche esse appunto della remota antichitš ci dicono talvolta assai piu di quanto poteva esserci con-servato dagli scritti. La generazione che ci ha precedu-to e visse ai tempi di Carlo VI, od almeno a quelli di Maria Teresa fino al 1751, ha veduto quelle pietre, delle quali ora invoco la testimonianza per confermare in parte quella di altro un po' piu antico testimonio ocula-re, il nostro P. Ireneo della Croce, e di una carta „to-pografica sicuramente anteriore alle nuove opere ese-guitesi dopo quell' imperatore. E qui intendo parlare degli avanzi materiali di quelle antiche opere che ci as-sicurano della esistenza e delle qualita del nostro antico porto di romana costruzione. § 9. Sulla fede di queste testimonianze, che certa-mente nessuno vorra rivocare in dubbio, potrd dispen-sarmi d' ogni ragionamento a convalidazione deli' ubi-cazione, deli' estensione e della forma del porto di cui favelliamo. Ma cosi forse non sara circa la qualita ed il sistema della sua costruzione; tra perche quelle me-morie non ne dicono nulla di positivo, e perche l'idea di quel sistema pare da molti secoli afFatto dimenticato, e quasi distrutte o guasfe le antiche opere che lo pro-vavano palpabilmente. Di questo dunque giovera qui fare alcun cenno. Io intendo che ambedue le braccia o moli del nostro porto romano fossero non gia argini solidi ed in-teri daila loro radice Dno all'estrema loro testa; ma bensi una linea di piloni sottomarini congiunti con ar-chi superiori allo specchio del mare, cosi disposti per lasciare alle correnti ed alle onde libero il continuo in-gresso e recesso a traverso del bacino del porto. Ma potendo questo mio intendimento trovare opposizione, qualora non sia scortato da solidi argomenti, sara qui necessario produrne brevemente alcuni de'piu decisivi. а) II P. Ireneo e la pianta topografica gia piu so-pra citati, ci assicurano a buon conto che il molo este-riore, prima di essere stato ricostruito quale al presente Io vediamo, avea quasi a meta della sua lunghezza una larga apertura. б) Fu dubitato, ed io stesso stavami incerto, se 1'estremita di quei molo fosse opera della natura anzi che deli' arte. Ma ora e tolta ogni dubbiezza da che le scavazioni che al presente vi si stanno facendo, hanno denudato a qualche profondita la base di quel suolo, e dimostrato essere tulto scoglio natio, ben distinto da quelle aggiunte che per interrimento vi furono fatte di poi. c) Ouesti due fatti bastano a giustificare il mio assunto; cioe che dali'estrema punta della diga del cam-po marzio in fuori esistessero due scogli isolati, che servirono di base a tutta la costruzione del molo inter-secato da due bocche. Imperciocche se una conservossi aperta fin quasi ai nostri tempi, forse per la maggiore sua larghezza e profondita dell'acqua, 1'altra meno di-scosta dal lido sara sparita quando la presso si slabili— rono delle saline, oppur anehe eolmandosi da se per la rovina deli' arcata e per altri accidenti, soliti ad interve-nire ad opere che per secoli restano abbandonate. d) Come non suppongo avervi esistito piu di due sole bocche, da che nella lunghezza di 120 passi geo-metrici (che tanti e non piu ne aveva il molo) erano esse sufficienti per 1' effetto desideralo : cosi se anehe ad una sola ci riduciamo, il sistema di costruzione resta in-concusso. E potra anzi dirsi che tra per la profondita del mare esteriore (di 50 piedi geometrici almeno) e per 1'impeto delle onde, cui il molo presentava tutto il suo fianco, maggiore frequenza di bocche non paresse ne-cessaria. e) L' altro molo pero, che secondo il P. Ireneo a-vea la lunghezza di 180 passi geometrici in una profondita di sei passi d'acqua, non saprei persuadermi che Ia costruzione si facesse altramente che a piloni e ad archi; perciocche se avesse dovuto essere tutto di solida mu-ratura, 1' opera sarebbe stata maggiore del bisogno e deli' effetto; e ben s&ppiamo quale e quanta fosse Ia sa-pienza dei Romani in tutte le fabbriche loro. D Oltreche non abbiamo argomento alcuno per supporre 1'esistenza di qualche scoglio, che avesse gio-vato al secondo come al primo molo, sappiamo per l'au-torita del P. Ireneo, che gli avanzi di quello presenta-vano = belle pietre lunghe sei piedi di manifaltura spesa ed artificio niente inferiori = a quelle deli'altro molo; e che nei bassi tempi tutti gareggiavano nell'appropriarsi quei macigni, talehe a'tempi del P. Ireneo era gia ^buo-na parte sminuito e distrutto = a segno che = nelle sec-che piu grandi del mare si scoprono solamente nel fondo delle acque,- dirimpetto ad esso Zuccho (1'isola o testa deli'altro molo) alcune reliquie ecc.= Queste dunque esistevano soltanto nell' estremita piu diseosta dal lido e nella maggiore profondita del mare. g) Considerate queste circostanze dee arguirsi che la distruzione del secondo molo dovesse riescire facile ed utile aH' uso della gente che volea appropriarsene le pietre; e che cio non altramente sia ideabile che am-meltendovi la costruzloe a piloni. Imperciocche le belle pietre lunghe sei piedi erano di quelle appunto che oc-correvano per fabbricare i piloni, e non gia il sodo della muratura di un molo; ed erano collocate a piloni isolati, assai facilmente ammovibili e trasportabili, non meno che opportune ad impiegarsi per altri edifizi. /t) Gli antichi nostri statuti contengono moltissime leggi che severamente proibivano 1' occupazione ed il trasporto delle pietre di quella sola parte (detta la riva di Grumula), laddove nessuna ne trovo ne per 1' altro molo (che appellavasi dello Zucco) ne per qualsivoglia altra riva o sponda. Dal che dee inferirsi, che le altre costruzioni antiche non erano ne si facili ne si utili a violarsi e rapirsi; e che per conseguenza dovevano essere di tutt' altro sistema. La quale diversita, trattan-dosi di moli e di edifizio subacqueo, non in altro pare avere potuto consistere che nella costruzione a piloni. i) Nessuno ci neghera che quel porto, che da secoli esisteva abbandonato e deperito, quale lo conosciamo per la deserizione e per le relazioni fin qui premesse, non potesse essere che costruzione romana. Ma, cio concesso, dovra ammettersi che vi si abbia praticato quel sistema medesimo, che i Romani per tutti gli altri loro pjrti hanno adoperato. II porto d' Ossia costrutto parte da Claudio e parte da Nerone; quello d'Anzio tutta opera dello stesso Nerone; quello di Civitavecchia di Tiajano, e 1' altro dello stesso imperatore costruito in Ancona ; quelli di Nisita, di Pozzuoli e di Miseno furono tutti costruiti collo stesso sistema dei piloni, che lasciavano nei loro interstizi libero corso alle maree. Vitruvio adolta ed in-segna questo solo sistema. Strabone, deserivendo il porto di Pozzuoli, ce ne fa fede egli pure. Virgilio stesso ce ne da cenno chiaro abbastanza, la dove (lice (Aen. lib.III,v. 536). gemino demittunt brachiamuro Turriti ,, scopuli etc.„. Due pitture scoperte in Pompei ci pre-sentano un porto con molo ad archi e piloni. V' ha buo-ne ragioni per credere che i porti d'Atene, e partico-larmenteil Munichio fossero opera eseguita secondo il qui accennuto sistema; e cosi pure quelia dei porli d'Eleu-si, di Mitilene, d'Egioa, di Gnido, di Nasso e di Delo, non che quelli di Cartagine, di Sidona, di Tiro e di Cesarea. Volendo descrivere lo stato antico di tutti questi porti, i guasti che vi furono fatti dopo che vi si mise mano dai moderni architetti con sistema contrario a quello degli antichi, bisognerebbe trattarne lungamente, e quindi affat-to inopportunamente. Ma io, anziche estendermi d' avvan-taggio.ini riferiro allebelle cd erudite opere deli'ingegne-re napolitano Giuliano de Fazio ')> per le quali mi confermai pienamente nell1 antica mia opinione dei sistema de' moli ad archi e piloni; e spero che chiunque si occupera di si fatte indagini o costruzioni, studiera prima bene e da capo a fondo, le opere qui enunziate. § 10. Oltre al porto, di cui abbiamo finora favel-Iato, avea Trieste la sua darsena ancora. Slava fuori deli'estremita occidentale della citta; e tra questa ed il porto avra pure esistito 1'emporio, ossia quartiere dei mercanti ed il mercato. Quel lato della citta, che nel progresso della seconda epoca dalle mura e dalle porte denominavasi Riborgo e Cavana, e stendevasi dal teatro alla volta del porto dalToriente al mezzodi, aveva appie della collina di faccia al ponente un piccolo seno di mare. E quest<>, come v' era opportunissimo, cosi fu scelto per istabilirvi la darsena del nostro porto esteriore e maggiore. Dalle due estremita di questo piccolo seno, e dietro forse le traccie gia segnatevi dalla natura per sub-acquee elevazioni del suolo, formaronsi due braccia: il meridionale forse ad angolo ottuso, ed a curva conver-.gente; 1'altro ad angolo quasi retto sull'interna base del lido. Cosi nacque un bacino di beli' ampiezza, perche in lunghezza partiva dalla sponda, su cui ora esiste dietro al palazzo inunicipale la časa Costanzi, e finiva al-1' imboccatura della Darsena presente, detta Mandracchio; ed in larghezza estendevasi dal cosi detto pozzo del mare fino alla linea, su cui sta ali' incirca la chiesa di S. Pietro. § 11. Oueste e non altre erano, per quanto io čredo, le opere che nell' epoca di cui favelliamo costi-tuivano il nostro porto. Se non che vi ebbe certamente altri porti ancora nei lidi che da levante e da ponente indi al mezzodi fiancheggiavano la darsena. Questi, seb-bene tutti di lieve importanza, e d'uso rusticano e pe-schereccio, meritano tuttavia d' essere ricordati. Era il primo quello di Silvula (ora Servola) il quale, per quanto ne dice il P. Ireneo2), avrebbe dovuto essere cospicuo assai. II secondo, per fede dello stesso autore, avrebbe esistito nella contrada di Broglietto, ed il terzo in quella di S. Andrea: tutti e tre nel seno di Muggia. Ma non avendocene egli dato traccie piu sicure, ne vedendosene oggidi alcun vestigio sottomarino, non puo farsi gran conto di questa sua notizia. Nella costa di levante al settentrione erano quatt o i porti, de' quali non puo aversi dubbio perche tuttora esistenti. E questi, progredendo dalla citta fino al Timavo, sono quelli di Grignano, di Cedas, di Sestiana e di Duino; dei quali basti qui l'a- Intorno al miglior sistema di costruzione dei porti ecc. Napoli 1828 in 4.to, e 1'altra: Nuove osser-vctzioni ecc. intorno ai mezzi usati ad impedire gli interrimenti e la risacca. Napoli, 1832, 4.to 2J App. § 37. vere fatto cenno, giacche il parlarne piu diffusamente spetla a chi trattera, come spero, la nostra corografia. Ne ci resta che di dare un'idea dello stato d'allora della nostra spiaggia piu prossima alla citla. § 12. Dalla radice del braccio orientale della darsena aniica andava la spiaggia formando un seno piu o meno paralello colla base del colle, su cui sta ora il castello, fino aH' esteriore recinto del teatro romano, os-1 sia di quell'angolo ove poi slette la porta di Riborgo. Di la volgevasi essa con una curva per levante, greco e tramontana coll'estremita delle valli, che ora si nomi-nano di Rozzol, di Chiadino, di Romagna, di Scorcola e di Gretta. Dalla radice deli'opposto braccio della darsena, pare che il lido fosse meno sinuoso deli'altro; ma tuttavia curvilineo e convergente seguendo la base delle mura della citta fino aH'estremita, ove fu poi la porta di Cavana; ed indi divergente con altra curva secondo lo scoscendimento della collina dei Martiri, fino alla riva di Grumula, ossia alla radice deli' interno braccio del molo grande. Ouanto era fuori di questa duplice linea litorale delle qui descritte due coste, era tutto mare a quel tempo certamente profondo, fino a che fu a poco a poco costretto di ritirarsene, lasciandovi succedere prima ma-remme, indi saline, poscia terre coltivate, e finalinente čase e citta; onde queIlo, che'era allora citta, e ora in non piccola parte cainpo, vigna od orto, ed anche incolta e sterile pendice de' colli. Cosi stranamente alternano pel genio o per 1' indolenza degli uomini gli aspetti e gli usi del suolo sempre paziente, e benefico sempre per chi sa giovarsene veramente! ii. Epoca italica. § 13. Dopo aver veduto quale fosse il nostro porto ne!l'epoca prima della patria nostra, cioe fino al 475, vediamo come si tenne nella seconda. Nulla abbiamo veramente di positivo circa la conservazione o 1' abbandono di queste opere entro al lung-o corso de' nove secoli che si abbracciano da questa seconda epoca; ma gli sconvol-gimenti ai quali soggiacque allora 1' Italia tutta, e nomi-natamente nelle sue provincie settentrionali, ch' erano le prime ad occuparsi e depredarsi dai barbari che dal Nord scendevano ad invaderla, ci assicurano che se nella prima meta di quest' epoca avevano quelle opere sofTerto qual-che violenza da parte degl' invasori; tanto maggiore esser doveva il danno che ne risentivano dali' impeto degli elementi nell'abbandono in cui lungamente si giacquero. I disastri della citta, del popolo e delle vicine regioni non permettevano piu ne quel commercio ne quella naviga-zione, ne porgevano quei mezzi, ch' erano necessari per la conservazione o pel ristauro di opere siffatte. Possiamo quindi tenere per certo che meno furono devastate dal-l'ira de' barbari, che dali'abbandono in cui rimasero in tutta P epoca italica, contentandosi i Triestini di valersi del porto qual era nelle poehe loro occorrenze, e di fre-quentare piuttosto la darsena, ristaurando talvolta la mu-ratura delle sue braccia, come quella di cui avevano maggiore necessita. § 14 II porto romano andava in lutto, e partico-larmente nel suo braccio interno deperendo e distrug-gendosi tra 1' abbandono e poi guasti cha maliziosa- menle vi si facevano, come ho gia piu sopra (§.....) ac- cennato. Di questo guasto non possiamo dubitaro da che ce ne fanno fede gli antichi nostri statuti. Nelle giunte a quello del 1150 troviarno una legge del I354chevie-ta generalmente la scavazione ed il trasporto delle pietro delle rive; ed altra posteriore, pero anteriore al 1333, che severamente stabiliva lo stesso divieto nominatamen-te per la riva di Grumula, ch' era appunto quella del molo interno: divieto che fu rinnovato ne'posteriori statuti del 1350 e 1365. Da queste leggi desumiamo che gli avanzi de' quali parliamo, venivano alineno verso il finire deli' epoca italica violati e rapiti dali' avidita di co-loro che furtivamente se ne valevano pei nuovi loro edifizi. Ne rechera maraviglia 1' osservare che le predette leggi, mentre vietavano la violazione del molo interno, non fecero mai espresso divieto relativo all'esteriore; perciocche la costruzione di quello e non di questo of-friva per le ragioni gia dette (§ ....) facilila ed utilita ai guastatori. E cosi avvenne necessariamente che, quando deli' uno non restavano che poche vestigie, 1' altro esi-steva solidamente almeno nella sua base, capace di sop-portare una nuova e pesante costruzione moderna. § 15. Aveva anche la darsena gii-i nella prima meta deli' epoca italica cambiato d' aspetto nella sua parte piu prossima al colle. Era quivi gi& seguito un lento impan-tanamento, ed indi una colmatat aleda potervisi ergere degli edifizi ed una parte delle seconde mura della citta, fuori delle quali appena incominciava la nuova sponda della darsena stessa. Per questo sicuro avvenimento non sara ordita ln ipotesi di uri interrimento della riva tra la darsena ed il porto, e cosi pure nel seno che prolunga-vasi verso il teatro; e quindi deli' apparizione di qual-che filone subacqueo piu elevato, il quale restando visi-bile nella bassa marea, promettesse comodo approdo alle piccole barthette. Ouesta circostanza avra suggerito l'uti-lita di seguire 1' opera della nalura, e di ridurre con po-co di artifizio e di spesa quelle eievazioni ad altezza un po'maggiore e trasformarle in altrettanti moli, onde ave-re piu rive di facile approdo. Cosi possono esser nati que' due piccioli moli che, esistiti fino ali' etA nostra por-tavano il nome, 1'uno di molo delle beccherie, 1'altro di quello della porporella. E cosi appunto potra essere av-venuto per la costa orientale poco lungi dalla darsena, allor quanto per la costruzione delle nuove mura dovea darsi nuovo scolo nel mare alle acque della fossa che cingea l'es!eriore perimetro di quelle, mentre vollesi ap-profittare della circostante maremma per creare nuove saline. Ouesl' opera, che potrebbe credersi eseguita verso la meta deli'epoca italica, diede poi origine a quel canale (detto della portizza) che, ridotto a poco a poco a miglior forma, suppli alPimpicciolimento deli'antica darsena. Le saline pertanto che a destra ed a sinistra di questo canale si piantarono allora, andarono d' allora in poi au-mentandosi a misura che il seno della costa orientale ne diveniva piu suscettiva; e cid vieppiu che ne altra indu-stria ne altro commercio avea piu Trieste, la quale anzi per esse soltanto in questa e nell' epoca seguente pote alquanto ristorarsi '); fino a che al principiare della 4.ta epoca furono desse le prime che dovettero distruggersi. § 16. Ne rechera stupore, se cosi vediamo nove se-coli di non interrotta declinazione; mentre in quest'epoca appunto tutta si spense la floridezza e la prosperita deli'Istria e del Friuli, caddero distrutte e Pola e Aqui-lea, e la sola Venezia, generala dalle rovine del prossi-mo continente, ando felicemente crescendo di popolazio-ne, di prosperita e di potenza. Ouesta, altrettanto indu-stre che prudente e forto vicina, bastava gia sola a tron-care ogni nervo degli abbattuti Trieslini, gran nuinero dei quali preferi di abbandonare la smantellata e sempre piu minacciata sua patria, cercando pace ed asilo nelle lagune allora inaccessibili ai barbari. III. Epoca austriaca. § 17. Ouesta non fu pel nostro porto felice piu deli'italica; sebbene fosse feconda di vantaggi notevo-lissimi per altri riguardi, che pero sono affatto estranei ali' argomento presente. La poverta e lo scoraggiamento generati dalle guerre e dalle turbolenze de' secoli pre-cedenti, spensero anche quel moviinento e quell' energia ch' eransi mantenute fra i cittadini, se non per altro almeno per la propria loro difesa personale. Ma, cessato questo bisogno, perche la protezione di un principe vidno e gia potente, com' era quello deli' Austria, garan-tiva la pace e la sicurezza pubblica e privata; non potoa succedervi che 1' elfetto della stanchezza, cioe l'obblione e P indolenza, e piu aneora Poziosa aspettativa che il nuovo principe dal canto suo provvedesse ai bisogni del popolo che spontaneamente gli si dedico. § 18. Di quest' epoca pertanto null' allro ci si pre-senta, se non che il progressivo declinare dello stato anteriore delle cose marittime; e questo aneora forse piu accelerato per le continua molestie de' Veneti i quali, provvidi e cauti, ben conoscevano quanto grave danno loro ne verrebbe, se P Austria sapesse o volesse appro-fittare del nuovo acquisto fatto sulla costa deli' Adriatioo. Continue erano le quistioni e le doglianze da un canto ed i comandamenti dali' altro circa la conservazione e la ristaurazione del porto; ma nulla poi se ne faceva, tal-che la darsena, gia impantanata ed ostrutta per la sua parte maggiore lin dali' epoca precedente, sarebbesi in questa eolmata del tutto, se la vigilanza del reggimento municipale non 1' avesse impeJito come meglio potea, e come apparisce dalla sua giustificazione del 1554, contro alcune ingiuste imputazioni. E questa appunto e l' unicai opera che di qualche importanza si fosse eseguita nel secolo XVI, circa il purgamento della darsena ordinato dal consiglio nel settembre 1554 (Vedi Mainati, t. III., pag. 94). § 19. Ma nel secolo XVII dovrebbe secondo il P. Ireneo -) asserirsi che = il porto moderno assai capace *) Ho gia da molti anni in pronto la storia e gli statuti delle saline triestine, ma qualche ostacolo ne im-pedisce aneora la pubblicazione. 2) App. §38. contiguo alla citta, fu fabbricato dopo la guerra di Gradišča I'anno 1620 ecc. = Per questa imperfetlissima ed equivoca descrizione credera taluno che il porto moderno, cioe la nostra darsena, non avesse prima esistito affatto, e che quello ch' egli appella il = Muro nuovo = fosse quel molo, su cui sta la batteria civica. Ma io non as-sento a siffatta interpretazione, ed ammeltero piultosto che il nostro buon P. Ireneo abbia incappato in errore gravissimo. Quel molo fabbricato, com' egli dice, a tre passi di profondita sotto lo specchio deli'acqua, e di 120 passi di lunghezza, che da garbino chiudeva il porto at-tiguo alla citta, era sicuramente quello stesso antico molo che, partendo dalla base del colle, e dirigendosi verso il pozzo del mare e la colonna deli' imperatore, prolun-gavasi poi nel mare e, convergendo verso levante, for-mava il braccio occidentale della darsena, ossia quel molo il quale fin dalla sua origine vi esisti; e su cui fu gia nel 1470, aH' occasione del ristauro delle mura della citta, ordinato da Federico III, costruita quella batteria civica, che tulti conosciamo. L' opera pertanto di cui favella il nostro storico, sara quella della ricostruzione o piuttosto deli' allungamento deli'antico braccio orientale della darsena, sui quale furono successivamente erette officine e magazzini, e finalmente la časa ora abitata dai governa-tori di Trieste. § 20. Ouello, di cui abbiamo piena sicurezza, e che nel 1604 il nostro porto (cioe la darsena) era tal-mente iinpantanato che neppure piccole barchette pote-vano praticarlo; perciocche i Triestini ne portarono do-glianza a Ferdinando arciduca d' Austria CGntro gli ar-rendatori dell'imposte, i quali, violando i loro contratti, avevano gia da molti anni ommesso del tutto il purga-mento di quel porto, cui erano obbligati'). L'arciduca spedi gli ordini opportuni al capitano ed al suo luogo-tenente, e voglio supporre che saranno stati eseguiti altora; ma poscia furono certo interamente trascurati. Sebbene in tutte le nostre memorie di questi tempi non parlisi mai del porto o della darsena con quella chia-rezza e distinzione che sarebbe-desiderabile, onde noa iscambiarli fra loro; tuttavia čredo utile per 1'interpretazione d' ogni documento di quell' eta, ricordare che la sola darsena tenevasi per nostro porto, e che del vero porto antico iu>n facevasi piu menzione perche del tutto abbandonato e dimenticato. Lo stesso P. Ireneo coopero a quella dubbiezza e confusione. Egli appella boccola del porto quell' apertura che divideva in due parti 1' antico molo romano, laddove ne'statuti nostri troviamo parlarsi della bocca del porto in modo da non lasciar dubbio che questa fosse quella della darsena, che custodivasi e di notte serravasi con catena. Non intendo pero che quella denominazione di boccola, ovunque la s' incontri, debba applicarsi esclusivamente alla darsena; ma bensi che non la si abbia nemmeno d' appropriare sempre e positivamente ali'antico porto romano. § 21. Lo stato infelicissimo del porto e della navigazione di Trieste durante la seconda e la terza epoca, ci fa gia prevedere che poche fossero le leggi per loro statuite. Erano desse per allro commisurate al bisogno, ') App. §§ 53, 54, 55. e provide a sufficienza; onde non sara del tutto su-perfluo il porgerne qui un brevissimo epilogo. а) Erano fin dal 1150 costituiti due provveditori ed un notaio i quali, oltre alla cura dei rivi e delle stra-de, aveano quella del porto. Doveano essere deli' eta di 40 anni compiti; si eleggevano dal consiglio maggiore, ed esercitavano il loro ufficio per un anno'); ma nel 1330 fu ques!o termine limitato a soli 4 mesi2). б)L'uffizio loro consisteva [nel provvederea quanto fosse necessario ed utile per la conservazione ed uso del porto; ed aveano facolta di spendere a tal uopo fino a i. 50 de' piccoli durante i 4 mesi deli' ufficio loro3). Era poi loro dovere di soprastare essi stessi a tutti i lavori che facevano eseguire. c) II loro salario non era che di 4 lire pei quattro mesi, ma godevano di altri 4 soldi per ogni gior-no in cui facevano lavorare 4). d) Presso le sponde si del porto, che di qualun-que riva del mare era vietato, sotto pena di 20 soldi, il caricare e lo scaricare pietre, legna, frasche, Ietame e simili, nonche farvi qualunque lavorio; e piu aneora il gettar pietre, legna od immondezze nel porto, sotto pena di 40 soldi 5). e) Qualunque scavazione di pietre sulle rive del mare era con pena di I. 10 generalmente vietata e col-1'obbligo di risarcirne il danno al proprietario 6), e no-minatamente sulla riva di Grumula, circa la quale pero la multa era bensi di soli 20 soldi oltre al risarcimento del danno, ma eolla giunta della confiscazione delle pietre T). D Fu slatuito nel 1324 doversi ogni 15 giorni riferire e proporre al maggior consiglio quanto occor-resse per la conservazione del porto 8). g~) Nel 1333 fu prestabilito che quando lo nuove mura della citta, riguardanti sui porto saranno perfezio-nate, vi si debba costruire una gradinata (gradatam) o, come volgarmente dicesi, una controscarpa per la conservazione delle mura stesse9). II che provera ad un temno, che allora si fabbricavano le mura verso il porto (il presente mandracchio), che le loro fondamenta, avendo bisogno d' un riparo, erano nuove ed in fondo nuovo; e che quel porto anticamente estendevasi assai piu entro terra. /0 Nello stesso anno 1333 fu ordinata la costruzione d'una casetta alTimboccatura della darsena, per istabilirvi due custodi, i quali con catena e chiave doveano di notte serrarne l'ingresso e 1'uscita, e presen-tarne sotto pena di 1. 50 ogni mattina la chiave ad uno dei giudici10). ') App. § 1. 2) § 2. 3) §§ 2, 16. 5) § 2. ' 4) §§ 2, 17, 25. 6) § 5. 7) §§ 10, 19, 27. 8) § 9. 9) § H. 10) §§ 12, 17, 25. i) Avca la comunita un burchio o burchiello per comodo dei magistrati; ma questo non potaa, sotto pena di 100 soldi, giammai presiarsi o comunque concedersi altrui ')• k) Chiunque pigliavasi, anche per uso istantaneo, barca o barchetta altrui,l do vea pagare al comune la multa di 4 frisaccliesi al giorno, ed altrettanti di risarciinento al pro-prietario 2). Se pigliavasi altre attinenze della barca, ne pagava26; e mezza marca frisacchense se prendevasi la fune con cui era legata la barca; ma essendone insol-vente vcnia frustato per la citta dalla porla di Riborgo a quella di Cavana. (Ibid.) 1) Fra le attribuzioni dei provveditori stava ezian-dio l'autorita d'imporre e precettare contro i trasgressori le pene statutarie al di sotto di L. 10, ed il podesta era tenuto di farle eseguire. (§ 1.) iv. Epoca commerciale. § 22. Quest' epoca della storia del nostro porto incomineia poco dopo 1'avvenimento di Carlo VI al trono austriaco, e propriamente eolla prima sua decretazione del porto-franco pubbiicata nel 1717; sebbene la vera sua attuazione sia da stabilirsi dalla sua personale pre-senza in Trieste, cioe dal di 10 di settembre del 17283). Per le cose premesse gia sappiamo in quale stato po-tessero allora tiovarsi le opere e del porto e della dar-sena, e come tutto era sconvolto ed in estremo abban-dono. Le cause primarie di quel grande mutamento, che dal principio della seconda epoca fino ali' incominciare della presente ando lentamente progredendo, meritereb-bero una piu lunga indagine, ed un sviluppamento maggiore di quello che qui possa farsi. Giovi pero farne qualche cenno in via quasi di transizione a quei muta-menti maggiori che nell' epoca quarta si andarono ra-pidamente, ma non sempre provvidamente, facendo. A-vea Trieste tre rivi principali che discendevano dai nostri monti: l'uno fra la valle di Chiadino e di Rozzollo: j 1'altro per quelle di Longera e Guardiella: il terzo tra Scorcola e Rojano. Finehe i nostri monti, nei loro pia-nori e nelle loro pendici, erano de' primitivi bosehi ri-vestili; innocue erano le acque di questi rivi, perche limpide o poco meno scendevano, ed andavano tranquille al mare. Ma la distruzione de' bosehi, la incaute ed ir-regolari piantagioni delle terre, e la generale indolenza deli'epoca terza, fecero si che eolle acque de'rivi sdruc-ciolassero dal monte al piano le terre, ed indi che i , rivi stessi, fatti torrenti, rigonfi di pietre e di gluaie precipitassero al basso, e liberi spaziassero per la pic-cola pianura primitiva, finehe questa s' impaludo e mari-tandosi col mare genero maremme e bassi fondi, sui ') App. §§ 8, 16, 24. *) §§ 11, 31, 29. 3) § 50. quali un po' di rinascente industria creo poscia quelle saline, che nella quarta epoea sparirono aneh' esse del tutto. Era dunque allora il porto di Trieste gia gran-demente peggiorato, e ininacciato di deterioramento sempre maggiore, quando 1' inventerato suo abbandono non si troncasse con grandi e ben calcolati provvedimenti. Che alPaprirsi di questa quarta epoca quell' abbandono cesso, e vi succedettero qu:ndi cure ed attivita, e fuor di dubbio; ma chiaro non e del pari, se quelle e questa furono poi ponderate e dirette sempre a modo da to-gliere od impedire ogni progresso del gia avviato deterioramento, e se nulla avvenne che ben anzi concorresse ad accrescerlo. Certo egli b pertanto che le accennate cause non furono punto represse; perciocche il dibosca-mento progredi ad eccessi maggiori, ed i torrenti resla-rono abbandonati com' erano nelle parti loro superiori, mentre nelle opere fattevi al basso, nulla fecesi di quello che avrebbe giovato per renderli innocui al porto. Ma di questo terrassi altrove piu opportuno ragionamen-to 'j. andremo soltanto d.inostrando quelle opere che per causa della navigazione e quindi del porto furono progressivamente intraprese. § 23. Nella patente di commercio dei 15 di maržo del 1719 Carlo YI fece gia solenne promessa di prote-zione ai naviganti, alla navigazione, e ad ogni stabili-inento commerciale. La compagnia orientale fu il primo di questi stabilimenti il quale, sebbene non si limitasse alla sola Trieste, pare tuttavia che P avesse precipuamente di mira, da poi che la prima decretazione del nostro porto-franco (2 giugno 1717) e quasi contemporanea al primo acquisto che pel suo stabiliinento fece quella in Trieste; cioe la compra di certe saline che le rnonache di S. Cipriano ed i Gesuiti possedevano presso la dar-sena. Le fece essa eolmare, e cingere di un palnncato, entro a cui ando di subito a formarsi un deposito di le-gname da costruzione. Dopo quella patenta del 1719 ebbe la compagnia il suo diploma di privilegio di commercio pel Levante ed ai 29 del seguenle dicembre la conferma de' suoi soehli statuti. Incomincio essa nel-1'anno medesimo la costruzione della prima nave, che fu Primogenito appellata, ed indi altre due ne fabbrico, le quali nel di 11 di luglio 1723 fecero vela pel Por-togallo. Non avea Trieste fin'allora altro cantiere od ar-senale che quello al di la della darsena, ch* era ristretto ed atto alla costruzione soltanto di piccoli navigli, quali fin'allora si usavano2). Ouello pertanto della compagnia fu il primo su cui si poterono costruire grosse navi, prima mercantili e poscia anche da guerra, siccome avvenne sue-cessivainente, quando dopo il 1723 essa vendette ali'e-rario camerale il cantiere col palancato e quanto legname vi si trovava. (Continua]■ *) Ho gia da molto anni in varie occasioni considerato cid che sarebbe indispensabile per rendere innocui al porto i nostri torrenti. Forse che presenterassi oc-caiione opportuna per farne la pubblicazione. 2) App. § 40.