ANNO YIIL Capodistria, 16 Aprile 1874. N. 8. OVINCIA L4 fvw .77 giornale degli interessi civili, economici, amministrativi DELL'ISTRIA, ed organo ufficiale per gli atti della Società Agraria Istriana. Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Sedazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Atti ufficiali della Società agraria istriana. Quarto Congresso dell* Associazione Marittima Istriana. Il giorno 31 Marzo p. p. ebbe luogo il Congresso ;enerale dell'Associazione Marittima Istriana in Trieste nella sala della Borsa. Il concorso fu numerosissimo ; erano rappresentate 1142 azioni con 406 voti. Il Presidente dell' Associazione Sig. Nicolò Madonizza ancora in convalescenza della grave malattia che recentemente lo colpiva, non potè assistere alla seduta alla quale presiedeva il secondo direttore Sig. Barzilai, ed assisteva il Sig. direttore L. Maffei. La Direzione ha presentato e letto il seguente Kapporto. Onorevoli signori ! Già nell'ultimo nostro Congresso generale vi abbiamo narrati diffusamente i fatti tristissimi da cui jrono colpiti i navigli sociali „Favilla" ed „Istria", fero, ignari ancora del vero stato delle cose, eravamo ben lungi dal credere che fossero per apportare così listi conseguenze. Si o signori ! Il risultato poco soddisfacente dei-anno testé spirato, devesi interamente ascrivere a uegli avvenimenti. Giunto che fu il „Favilla" a Liverpool dopo lungo ìaggio, appresimo, con grave stupore, dal capitano attay colà inviato con pieni poteri per ricevere il basimento in consegna, come il capitan Fiandrini, a cui »po il decesso dei capitani Foscarini ed Andreis, ve- niva affidato il comando da quel solerte nostro console, oltre di avere presa una forte antecipazione sul nolo, incontrava a Bio Janeiro uu cambio marittimo di Xire sterline 638. 8. 11 all'oneroso pro del 24s/4 °/0 ed un altro a Maceyo, porto di caricazione, di Lire st. 668. 16. 8 al 40"/0 per cui si dovette prontamente provvedere per l'estinzione di quei debiti. E qui è da notarsi che tali cospicue somme ad altro non gli servirono (secondo i suoi conti) che a far fronte alle spese di porti, nave e panatiche, mentre 1' equipaggio figurava creditore di 5 o 6 mesi di paga con mensili dai 40 ai 60 fiorini effettivi. Sulle condizioni poi in cui trovavasi quel bastimento trascriviamo da una lettera del signor Giovanni Benussi di Liverpool dd. 27 luglio a. p. il brano seguente : „Vengo ad informarvi che la „Favilla" venne „colpita da una forte disgrazia, ed invano io ed il capitano Pattav potressimo informarvi e scrivervi sul „proposito e spiegarvi lo stato in cui trovasi quel bastimento". Ed in tal modo poi si esprimeva il capitano Pattaj- in data 20 luglio: „Difficilmente potreste immaginarvi lo stato del povero „Favilla". All'esterno il rame in vari luoghi è „lacerato dagli urti probabilmente delle barche che lo „caricarono. La stoppa esce da vari chimenti, parte dei „madieri si scorgono alquanto arsi dal sole che li trovava spogli di pittura." Per effettuare quindi le più urgenti riparazioni a quel naviglio, si dovette spendere una cospicua somma, sicché partiva da Liverpool per Odessa li 8 settembre p. p. con carico carbone, lasciando un debito di Ls. 1430 oltre di aver consumato il saldo nolo del Brasile e l'autecipazione sul carbone. I conti presentati dal capitano Fiandrini furono trovati nel massimo disordine, e siccome egli non sapeva giustificare l'ammanco di Lire st. 150, se ne fuggiva da Liverpool insalutato ospite, dirigendosi pel Brasile, nè valsero finora le pratiche fatte dall'egregio nostro console per farci rientrare quell' importo. II „Favilla" dopo lunghissimo viaggio giungeva in Odessa appena il 27 novembre e trovava i noli, un mese prima sì bene tenuti in quella piazza, nel massimo avvilimento, sicché si dovette accettare il meschino nolo di fr. 2 la carica per Marsiglia, ove trovasi attualmente. Mentre viaggiava questo bastimento non si om-mise dal fare tutte le pratiche possibili, come lo può comprovare la nostra corrispondenza e rispettabili commercianti di questa piazza per noleggiarlo in aspettativa, ma non si trovò alcuno che vi applicasse, stante la sua grossa portata, sebbene fossimo disposti di accettare un nolo anche minore di quello che si pagava pei navigli pronti. Circa il brik „Istria", sebbene meno disgraziato del „Favilla", pure, la lunga dimora al Brasile, le molte spese sostenute, la meschina resa del carico a Liverpool, ove giungeva appena agli ultimi di maggio, ed il necessario cambiamento di fodera portarono la conseguenza che quel naviglio abbandonasse Liverpool li 24 settembre diretto per Baltimora lasciando un debito di Ls. 350 circa che col viaggio di ritorno dall'America potè quasi del tutto sanare. Yi sarà poi noto il triste fatto accaduto a quel bastimento poco lungi da Troou e pel quale poco mancò non colasse a picco e con esso si sommergesse l'intero equipaggio. Ci è però grato assicurarvi che dagli esami assunti risultò evidente che la colpa della collisione devesi tutta ascrivere al capitano del naviglio inglese „Surf", ed avendo noi già incamminati i passi necessari per l'indennizzo di tutti i danni, l'armatore del naviglio investitore, certo della pessima causa che avrà a sostenere, ci fece già fare delle aperture di transazione, per cui siamo certi che per tal fatto la nostra associazione non avrà a subire alcuna perdita. Riparati i danni, 1'„Istria" partiva già ai primi del corrente per l'isola Trinidad con carico carbone, essendo già noleggiato con zucchero per far ritorno in Inghilterra. Gli altri bastimenti della Società, se si eccettui il „Capodistria", furono anch' essi ben poco fortunati nei loro viaggi; l'„ Albona" in particolare, partito dall' Inghilterra pel Pireo li 22 settembre con carico carbone rimase in quest'ultimo porto oltre un mese e mezzo senza che ci sia riuscito di fissare per quel bastimento un noleggio con granaglie da quelle parti pel golfo Adriatico, per cui ci siamo decisi farlo partire per l'isola di Santorino ove acquistava un carico di quella terra per conto nave che vendette a Pola e Trieste, mentre l'avevamo già noleggiato da qui per Bahia a nolo assai vantaggioso, ed ora conta già 50 giorni di viaggio. A questo naviglio si dovette pure cambiare la fodera di metallo incontrando una spesa di qualche importanza. Il brik „Pola" lanciato in mare a Capodistria sul finire di aprile, partiva da qui già nel mese di maggio con discreto nolo per Rio grande do Sul, sgraziatamente però trovava nei porti ove ebbe poscia a dirigersi magrissimi affari, sicché il risultato anche per la breve epoca di navigazione non poteva che riuscire meschino come scorgerete. In conseguenza di quanto venne fin qui esposto dal Bilancio che andremo a leggervi, risulta una perdita a pareggio di f. 19,193.25 in cui però sono com- presi f. 11,362.68 preventivati qual 5°/0 di deperimento sul valore dei navigli sociali. Lo ripetiamo, un tale risultato passivo lo si deve alle disgrazie toccateci l'anno passato al Brasile, e se la nostra Società, anziché possedere 5 navigli soltanto ne contasse a iterine come le altre Società consorelle, comprenderete di leggieri che un tal passivo non avrebbe per nulla compromesso il buon risultato dell'Azienda sociale. Dopo tutto, lo sbilancio nostro non è tale da giustificare il prezzo bassissimo a cui ci si narra sieno state vendute partitelle di nostre azioni, sebbene la Direzione siasi ognora studiata di dissipare le voci sinistre sparse sullo stato della Società che avrebbero potuto allarmare senza fondata ragione i soci a tutto beneficio degli incettatori di azioni a buon mercato. Stando così le cose e nel comune interesse, la vostra Direzione sarà a farvi poi alcune proposte che spera troveranno l'ambito vostro appoggio. Fino dal suo impianto, ed a voti unanimi, fummo da voi chiamati alla direzione di questa Società nata puramente dal caso ; se però il poco confortante successo (il che amiamo 'non credere) potesse scuotere quella fiducia che fino dal principio in noi riponeste, ci dichiariamo pronti di rimettere in mani più fortunate quel mandato che siamo in obbligo di mantenere ancora per breve tempo, e che fino ad ora non ebbe a procurarci che occupazioni molte, dispiaceri assai e compenso nessuno. Presentato quindi il Bilancio, secondo l'ordine del giorno, all'approvazione dei Socj, il socio Dr. Gallo parlò deplorando i cattivi affari della società, e proponendo che sia accolta la proposta fatta dalla stessa Direzione di rimettere in mani più fortunate il mandato. Parlò in favore della Direzione 1' onor. Hermet, ed il Sig. Filippo Artelli, , e passato alla votazione del bilancio questo venne approvato con voti 237 contro 126, mentre alcuni si astennero dalla votazione. Venne accolta dopo viva discussione, la proposta della Direzione di passare alla nomina di un comitato di cinque socj col incarico di studiare in uno alla Direzione e proporre in una prossima adunanza tutti quei provvedimenti che riterrà i più opportuni nell'interesse degli azionisti, e rimessa a loro mani la proposta di vendita di uno o due bastimenti sociali in ciò anche d'accordo con la Direzione. A far parte di questa commissione risultarono eletti mediante schede i signori: G. Dr. Piccoli, A. Sessa, E. Richetti, Spiridione Clescovich e G. Genzo. Vogliamo far cenno delle belle parole pronunziate dall' egregio Dr. Belli e dal sig. Cav. Alber presidente del governo marittimo, perchè con ogni sforzo si tenti di tenere in vita l'Associazione, la quale se con coraggio e fiducia, con 1' appoggio di tutti, fosse condotta a continuare le sue operazioni, secondata da miglior fortuna, sarebbe sicuro elemento di prosperamento economico della nostra provincia. QTT.AJECTO BILÜITCIO dell'Associazione Marittima Istriana comprendente le Operazioni dal 1 Gennaio al 31 Dicembre 1873. Utili Danni Saldo Utile Bilancio precedente...............f. 277. 87 Noli introitati dal B. Pola................. 3108. — Simile „ Bk. Capodistria . . . . ........... 9943. 34 Simile „ B. Albona................„ 1230. 14 Fondo di Riserva che si trasporta nelle attività di quest'esercizio . . . „ 4620. 79 Conto Noli Bk. Favilla per spese maggiori degl' introiti..............f. 16928. 93 dto B. Istria simili........................„ 215.89 Sconti ed interessi pagati a diversi............................„ 173. 12 Premi di Sicurtà Navigli sociali..............................„ 6378. 16 Spese, affitto, posta, telegrafi, viaggi ed altro......................„ 948. 66 Tasse e Imposte rendite....................................„ 2112. 55 Credito del defunto Cap. Foscarini calcolato perduto................„ 210.50 Fondo deperimento Navigli Sociali 5% sul c^sto dei natanti..........„ 11362. 68 Fondo deperimento Utensili 15% sul valore dei mobili ....... „ 42. 90 Saldo perdita a pareggio.................. 19193. 25 f. 38373. 39 f. 38373. 39 Trieste 20 Marzo 1874. LA DIREZIONE Notizie e documenti per la conoscenza delle cose istriane. Una lettera dell'Aretino e dne Consulti di Fra Paolo. (Continuazione Vedi 2V. 5.) "Per quello che vien scritto in lettere di Capo d' Histria delli 14 novembre nella stessa materia del Seminario di Trieste, non vediamo altra cosa da poter aggiongere se non che per ogni buon rispetto l'Illustrissimo Podestà et Capitano usi diligenza in osservare tutti li progressi et attioni di quei Padri, et appresso osservi ancora, se alcun delli sudditi tenirà commercio con loro, et de ogni occorrenza dia minuto avviso. Per quello che viene aggionto nella stessa materia del Seminario dalla Città nella Supplica delli 14, veduta per commandamento di Vostra Serenità, aggiongeremo noi ancora, che si vede troppo manifestamente lo scopo de' Giesuiti, et altri ancora, essere d'ampliare, massime nelle cose ecclesiastiche, così Trieste come altri luochi circonstanti questo Serenissimo Dominio, ma non si può impedire che ciascuno in casa sua non faccia quello che più le piace; non però la Città di Capo d'Histria ha da dubitare di perder il nome di Metropoli; imperochè l'esser Metro- poli in temporale delle Città suddite al Serenissimo Dominio non li può esser dato ne levato salvo che da Vostra Serenità. Quanto allo spirituale la Metropoli è Aquileia, et in questa parte non s'ha da temere che a Roma con-descendino a novità, perchè li loro interessi non lo consentono, ne'parimenti vi è pericolo alcuno che le Mense Episcopali et li beneficj di questo stato siano costretti a contribuire a Collegij o Seminarij erretti fuori, atteso che ciò non può esser ordinato se non dal Patriarca d' Aquileia, et dalli Vescovi delle Città, che non lo faranno, né Roma inclina per li rispetti proprij metter mano a tal imprese, Quanto alle due richieste speciali che la Città fa nella Supplica, la prima de'quali è che piaccia a Vostra Serenità confermar il decreto Trivisano, nel quale vengono obbligate le Confraternità pagar un ducato per una al Seminario, diremo riverentemente, che quel decreto è troppo pregiudiciale, imperochè si fonda sopra il Concilio di Trento, che ha obbligato li Hospitali et Confraternità a tal contributione ; ma il Concilio non parla degli hospitali. et altri luochi pij da laici governati, et così hanno anco decchiarato in Roma, per il che a fine di fuggir ogni pregiudicio se a Vostra Serenità piacerà che quelle Confraternità siano obbligate, meglio sarà senza far alcuna men-tione di quel decreto del Trivisano, commandar hora come per nova deliberatione, che contribuiscano quella portione che parerà, con aggionta che sia per ellemo-sina, et a beneplacito publico, et non più oltre. Per 1' altra richiesta, che a Vostra Serenità piaccia far la spesa della Casa, trattandosi di grafia et munificenza pubblica, è negotio dove altri non ha da metter parola: nel rimanente uon habbiamo da raccordare, se non quello, che si contiene nella Scrittura di sopra, et sottomettendo ecc. Grafie. Humiliss.i et Devotiss.1 Servi F. PAULO de Venetia Servilio Treo kr. consultor in iure. 15 decembre 1620. La lettera 1' ho tratta dall' edizione di Parigi— Lettere di M. Pietro Aretino — 1609, lib. III pag. 166, — i Consulti da MSS. originali dell' Archivio dei Frari. Esistono questi nell' Archivio dei Consultori in iure, nei Consulti di Fra Paolo Sarpi, in uno speciale fascicoletto, che contiene anche la Informazione 28 Febbraio 1621 di Pietro Emo Capitano di Raspo sullo stesso argomento, nonché altri atti relativi. In ambi-due i Consulti è di mano del Sarpi l'HamilissS e I)e-votiss.1 Servi e la firma F. Paulo de Venetia, ed è autografa parimenti la firma dell' altro Consultore Ca-valier Treo. Fra i moltissimi consulti del Sarpi, che formano collezione distinta, ne sono in buon numero che rife-risconsi alle cose dell'Istria. Quando l'Istria avesse un Periodico destinato a raccogliere documenti storici, o, dirò meglio, a portarli a conoscenza degli studiosi delle cose storiche della provincia, essi meriterebbero per molti titoli di venir pubblicati; lo meriterebbero cioè, e per le svariatissime materie che trattano, e per la luce che portano sui fatti e sulle opinioni locali; sulle consuetudini e sulle leggi allora vigenti nei rapporti tra sudditi e Governo, tra stato e chiesa, e tra stato e stato (republica e arciducato). Sui tre documenti che ho qui presentato mi astengo oggi da qualsiasi illustrazione o commento, per lasciare al colto lettore tutto il piacere di farli da se : Pregherei soltanto di vedere se non resti in Pirano memoria del canonico Luigi di Prato, o della famiglia di lui, e se tra le memorie di quel Capitolo o di quel Comune non siavi traccia del negozio nel quale s' era prestato l'Aretino. Sono cose di Cronaca locale più che di Storia provinciale, ma se la Provincia ha da essere, (e gioverebbe che sia), il registro di famiglia, non nuoce, mi pare, che si scenda anche a qualche particolare di persone. I particolari minuti sono assai volte quelli che danno il colore ai fatti più grossi e che giovano a convertire il freddo racconto in dramma vivo. Leggendo la lettera dell'Aretino viene naturalmente l'idea che non solo il sale, ma anche le pesche ed i moscatelli donatigli in abbondanza fossero prodotto delle terre e dell' industria dei Piranesi, e fa piacere il pensarlo, come fa piacere che l'Aretino, famoso, sia tratto a lodare la gentilezza, la cortesia, il cuore buono del povero chierico di Pirano, e se ne faccia un'arma, giustissima, per pungere Vavaritia dei ricchi Prelati, voti di carità religiosa. A narrarle certe cose non sono credute ; ma quando si riproducono le parole vive dei contemporanei, allora anche i più scettici e i più restii devono cedere all'evidenza dei fatti, e, se non hanno perduto ogni senso di pudore, piegarsi dinanzi al severo giudizio della storia. Die Weltgeschichte ist das Welt- gericht, disse l'immortale Schiller. La sentenza è verissima così nei grandi come nei piccoli fatti. Ma io promisi testé che mi astenirò da qualsiasi illustrazione o commento. Mi sia permesso però di notare che l'Aretino ebbe altre relazioni in Istria e con istriani. Nella citata raccolta delle sue lettere ce ne sono tre dirette da Venezia a Pietro Paulo Vergerio il giuniore in data 20 gennaio 1534, 1 giugno 1539 e Agosto 1545, nonché due dirette al Muzio nell'Aprile 1546 e nel Gennaio 1548. E nella raccolta delle Lettere scritte al signor Pietro Aretino da molti Signori ecc. 1552, senza luogo di stampa, se ne trovano dello stesso Vergerio quattordici colle date che seguono : di Vienna 6 di Maggio, 7 di Maggio, ultimo di Maggio, ultimo di Luglio, e 17 Settembre 33 (1533) — di Praga 30 Maggio 34 (1534) di Vienna 20 di Ot-tobrio e 10 di Decembre 1534, di Vienna eu V liora, prima al dì sesto d' Aprile, e 1° di Luglio 1535 ; di Roma 24 Zugno 1536, d'Abbano al penultimo di Maggio 1539; di Padoa 2 Zugno 1539, e di Ferrara 18 Aprile 1540. Noterò infine che anche nella raccolta intitolata: Lettere di XIII uomini illustri — Venezia per Comin da Triuo di Monferrato 1561 — ce n' é una di Aurelio Vergeno, fratello di Pietro Paolo, diretto all'Aretino da Roma colla data degli 11 Marzo 1545. Venezia, Febbraio 1874. Tomaso Lnciani. Avvocato Giuseppe dottor Luciani. La sera dei 28 Marzo testé decorso, alle ore cinque e mezzo, cessò improvvisamente di vivere l'avvocato Giuseppe De. Luciani, nel-1' età sua d'anni 64. Discendente da antica e onoratissima famiglia, che pel corso di cinque secoli ebbe parte nella cosa pubblica del paese, esso copriva attualmente i posti di Consigliere Municipale di Albona, di membro del Consiglio scolastico distrettuale di Pisino, e di Deputato nella Dieta provinciale dell' Istria, e, compendiando in se le tradizionali virtù della sua casa, portò costantemente, e in cotesti Consigli, e in altri pubblici ufficii anteriormente sostenuti, una azione ed un voto sempre indipendenti, e sempre informati a prineipii di giustizia, di umanità, di libertà, di progresso. Nemico d'ogni lotta scomposta, ma tenero quanti altri mai dell' onore, della prosperità, dell'avvenire dell'Istria, in momenti difficili si mantenne calmo, imperturbato, fermo nei suoi prineipii e fidente nel trionfo della verità e del diritto. Fu scevro da passioni ardenti, ma perciò appunto, come nelle questioni civili così nelle sociali, vedeva netto, anche attraverso i brutti giuochi e le ingannevoli parvenze della fortuna, e quindi, piuttosto che seguire, precorreva col suo pensiero gli eventi, e l'animo suo, (che aveva un palpito per ogni conquista dell' umana intelligenza, e per ogni trionfo del diritto sopra la forza), gioiva del bene presente e pregustava quello che ha da venire. Figlio, marito e padre amorosissimo, fu nei varii stadii della sua vita esempio raro di quelle domestiche virtù che sono il Capo-saldo delle virtù sociali le più necessarie a far prosperare la cosa pubblica. In Albona ebbe a maestro il defunto Antonio Maria Lorenzini, educatore distinto ed uomo versato in ogni ramo di letteratura e di scienza. Da Albona passò immediatamente a Padova dove, compiuto lo studio delle belle lettere, fece tutti i corsi della filosofia e della legge. Ritornato in Istria, esercitò avvocatura in Albona e in Dignano, frequentò il foro giudiziario di Pola, e non fu estraneo a quelli di Pisino e di Rovigno. Questo, più meno, fu il campo che nella sua modestia ei s'era assegnato: s'era assegnato, si dice, perchè ove fosse stato meno attaccato al proprio paese, non gli sono mancate le occasioni e gli inviti di mettersi sopra campo più vasto. E l'ufficio d' avvocato esercitò, come ogni altro pubblico e privato ufficio, con disinteresse, con dignità, con carità, con coscienza, tanto che il ceto degli avvocati istriani ha motivo di deplorare in lui la perdita di un membro che 1' o-norava. La sua morte è stata conforme alla vita. S' addormentò al sonno eterno nella sua stanza da studio, seduto davanti ia sua scrivania, dove aveva lavorato in quel giorno, come in tutti gli altri giorni della sua vita, e, rivolto dolcemente il pensiero ad una nipotina, angioletto di cinque anni, s' accingeva a nuovo lavoro. Lui fortunato che non pensò al pianto desolato della figlia, de] genero, dei nipoti presenti, nè alla costernazione del fratello lontano! Li conforti la memoria delle virtù di lui, e il sincero compianto dell'intiero paese, che, versandosi tutto al seguito del suo feretro, mostrò come in Albona sono vive quelle virtù che delle varie classi della popolazione fanno all'uopo una sola famiglia, la quale, se anche piccola, sa coll'unione rendersi rispettabile. Dall'Istria Aprile 1874. X COSE LOCALI. / 1 _ Una bella e splendida festa ebbe luogo il giorno 12 Aprile nella nostra città. La Società di Mutuo soccorso fra gli Artieri ed Operai inaugurava la sua bandiera. Fin dalla mattina, in liete brigate col nastrino azzuro all'occhielo, baldi, contenti, i nostri operaj s'andavano raccogliendo nei pressi della sede della Società; da dove verso le 11 mosse la Direzione e consiglio, seguita da quasi tutti i soci e da straordinaria folla di ogni classe di cittadini, alla chiesa concattedrale. Procedeva, primi, due, i più giovani dei socj, portando il drappo, su appositi cuscini ; al loro fianco stavano il Presidente ed il Vice presidente, seguivano gli altri membri della Direzione e poi il consiglio. Deposto il drappo a lato dell' altare maggiore, il Reverendissimo Don Francesco Petronio lo benedisse, e rivoltosi ai socj ed al popolo convenuto, pronunziò belle parole dimostrando i vantaggi del mutuo soccorso ; raccomandava la perseveranza nella concordia, e fece voti perchè la Società rinforzata dal concorso di un maggior numero di partecipanti possa portare più estesi benefìzii. Ritornati dalla chiesa, il drappo venne deposto, affidato ad una guardia d' onore, nel teatro dove si doveva nella sera solennizzare la formale inaugurazione. Alle 7 infatti si raccolsero i socj quasi tutti con le loro famiglie nel teatro concesso alla Società dai signori proprietarj palchettisti. Posti d' onore erano riservati alle società consorelle di Albona, Pirano, Pola, Trieste, Udine, Venezia. Sul palcoscenico era collocata la banda, 1' orchestra cittadina ed il corpo dei coristi — il Consiglio e la Direzione facevano corona al tavolo dove era collocata la bandiera. Il Presidente dava lettura di molti telegrammi e lettere di felicitazioni di società consorelle, alle quali veniva corrisposto con evviva dai socj. Leggeva poi il discorso d'inaugurazione, nel quale rilevata l'importanza dell' avvenimento venne svolgendo i vantaggi che portano le società di mutuo soccorso, facendo rilevare come le migliori sorti delle classi operaie sieno riposte, quasi intieramente, in questa società, perchè col mezzo di queste si sviluppa l'amor del lavoro e del risparmio, della mutualità, lo spirito di famiglia, ed il sentimento della individuale responsabilità, e della dignità. Chiudeva il suo discorso coli' augurio che la bandiera della Società, bandiera di pace e di amore, sulla quale sta scritto lavoro e mutualità, sempre alta, guidi la società ai suoi destini. Era applauditissimo. Dopo seguiva la cerimonia per fissare all' asta la bandiera, compiuta la quale il Presidente la innalzava tra gli applausi e gli evviva, ed il suono dell'Inno. Veniva fatta la solenne consegna al porta bandiera, e la festa in teatro era terminata. Sortiti con la banda in testa, si percorsero alcune vie e arrivati davanti al palazzo del Municipio, la bandiera fu portata nella sala Municipale dove veniva fatto omaggio alla città, al sig. Podestà. Finalmente, portata la bandiera alla sede della Società, la folla si sciolse tra gli applausi e gli evviva. La bandiera è a cornetta, il drappo azzuro con in mezzo lo scudo di Minerva, l'arma della città, e porta due nastri rossi, sull' uno dei quali sta scritto "Lavoro e Mutualità,,, e sull' altro Società Operaia di Capodistria 8 Dicembre 1869. L'inno è poesia del nostro egregio Dr. G. Manzini ispirata a nobili sensi di fratellanza, di concordia, dall' amore di famiglia, di patria. L' I. E. Autorità non ha permesso che sia eseguito per intiero, perchè nell' ultima quartina ha creduto di trovare, nascosta in due espressioni che caratterizzano la nostra posizione geografica, un' allarmante allusione politica. La musica è del Sig. Alberto Giovannini nostro concittadino, maestosa, solenne. Bellissima la marcia Unione del Sig. maestro Ciaska, bravi i cori, l'orchestra, la banda, bravi tutti. Agli oziosi del caffè, ai maligni, lasciamo la cura di trovare il pel nell' uovo ; sbagli, equivoci, dimenticanze ne saranno successe, ma il corso della festa allegro, tranquillo ha lasciato tutti contenti e soddisfatti. YARIETA. Sopra un Nuovo Trovato del Professore Carpenè, consistente nell'utilizzare le feccie del vino per trarne altro vino. — Lettera di Nane Castaldo a' suoi Amici. Miei carissimi Amici. Vengo con questa mia per dirvi come, grazie al Cielo, io sia ancora a questo mondo, mentre Voi avevate tutta la ragione di arguire dal mio silenzio che io fossi già morto e seppellito; ossia no, non è propriamente per questo eh' io vengo a Voi, sibbene per svelarvi un segreto ; ma un segreto già pubblico e palese e che certo molti fra Voi conosceranno ; e se alla bella prima mi sono annunciato con quelle parole un tantino presuntuose, non vogliatemene a male; è tutta colpa di quel modestissimo mio signor Me, il quale, non c' è caso, mi voglia lasciar porre penna in carta, senza mettersi innanzi prima lui, e ciò a costo anche di dirvi cose del sugo di questa : eh' ei tira il fiato. Oh l'interessante notizia davvero ! Eipeto adunque che vengo proprio a posta per dirvi cosa che, sebbene pubblicata a due passi da noi e divulgata per le stampe, pure scommetterei che tutti tutti non la conoscete ancora. Trattasi di un segreto che, se non vi porrà in grado di fare letteralmente il miracolo delle Nozze di Canaan, vi insegnerà almeno come aumentare il vino che avete in cantina, così che di due mastelli che per esempio ne aveste, diventerebbero tre. E questo terzo mastello sarebbe anch' esso buono e buonissimo, sebbene, a conti fatti, non riescisse a costarvi che poco più d' una ventina di lire Eh ? che ve ne pare ? Ai tempi che corrono, queste non le mi pajono cose da disprezzarsi, specialmente se vogliamo riflettere che il vino puro, quello almeno che spacciasi per tale, costa dalle ottanta alle cento lire al mastello (litri novantadue); e che di quell' altro vino alla moda, di quello cioè che è fatto colle vinacce e collo zuccaro, si toccano per ben cinquanta lire ; e ce ne fosse anche di questo ! Nè dubitate già che queste eh' io vi narro del vino buono e buonissimo benché fatto senz' uva, e del prezzo di cinquanta lire, che oggidì se ne cava, sieno baje: no, le sono verità belle e buone; e se mai nello intenderle vi sentiste venire addosso un tantino del San Tommaso, favorite da me, che vi farò.... non dico già ficcare il naso, chè la sarebbe un' increanza bella e buona; ma vi farò,... cioè mi permetterò offrirvi un bicchiere di quel tal vino che vi dicea; e per di più, se lo desiderate, vi declinerò (in un orecchio ben s'intende) i nomi e cognomi degli osti che me lo han pagato le cinquanta lire, e che ora lo vendono a chi sa quanto ! Peccato solo per me che fosse poco ! — Eh ! s' ella è così come ce la raccontate — parmi sentire da taluno di Voi ripetere — s'ella è così, noi avevam dunque ben ragione di dire al Signor Nane, che, dopo averci intonata l'Antifona, aveva l'obbligo di recitarci anche il Salmo-, che cioè dopo averci parlato dei Vigneti, egli dovea dirci almeno una parola anche sul modo di fare il vino: e che se noi fece, ebbe torto marcio. — Al che, se me ne date licenza, io rispondo subito così: se da una parte Voi avete ragione, fino ad un eerto punto però, di rimproverarmi il mio silenzio, dall'altra vi assicuro che neppur io ho tutto il torto se mi taccio. Perciocché per discorrere non a sproposito d'una cosa, bisogna prima conoscerla alquanto alquanto.... Ora io posso dirvi bensì che sto studiando l'arte di fare il vino, ma mentirei assolutamente se vi dicessi d' averla imparata. E poi ve lo dico francamente, per parlarne in questo momento, dopo quanto ne scrissero fra noi anco di fresco e tanto bene Maestri reputatissimi 1), ci vorrebbe un coraggio eh' io proprio non mi sento. — Invece ho confortato i miei amici a ricorrere alle opere di alcuno de'sullodati Maestri ; ed infatti quelli specialmente che si appigliarono alle opere del Carpenè e del Pollacci, mi dissero già d'esserne rimasti contenti ; fate così anche Voi, e troverete in essi, ve ne assicuro, quant' io non sarei certo in grado di dirvi. Eivolgendomi poi a quelli fra Voi che dimorano qui davvicino, vorrei dir loro: Vedete, noi dilettanti del buon vino (veramente avrei dovuto scrivere del far buon vino, ma usando di quell' altra frase, sembrami di parlare a più grossa compagnia), vedete, noi abbiamo fuori della porta, come suol dirsi, una fortuna ignorata od almeno poco conosciuta; intendo dire cioè, che noi abbiamo a Conegliano un Maestro non solo bravo così, che pochi a lui d'eguali; ma, ciò che più importa, così buono, così alla mano e così servizievole, che sarebbe peccato di non usare (ed io posso ben dire anche di non abusare) dell' opera sua intelligente e premurosa. Soffra la modestia del mio Onorevole Amico, eh' io pronunci il suo nome, e dica a tutti, esser egli il Professore Dottor Antonio Carpenè, direttore della Società Enologica Trivigiana in Conegliano. Infatti se mi trovo avere in cantina quel pochino di grazia di Dio da cinquanta lire al mastello, egli è tutto merito suo, perciocché io non avrei intrapreso di 1) Accenno solo ad alcuni di questi che scrivono tutto-giorno : Pollacci, Carpenè, Garelli, Gagna, Caruso, Tubi, Lawley, Panizzavdi, Ottavi, Galanti, ecc. ecc., nonché al compianto De Blasiis da poco estinto e troppo presto rapito alla Patria ed alla Scienza. fare quel vino, se non avessi prima assaggiato e trovato buono quello fatto in egual modo da lui 1' anno avanti, e se nel farlo non fossi stato certo d' avere da lui stesso e direzione ed assistenza. E se in oggi posso annunciarvi la nuova ricetta di convertire in tre que' due mastelli di vino che or possedete, anche questo lo dovete a lui, essendo il ritrovato esclusivamente suo, pretta farina di quel suo benedetto sacco, che ben può dirsi il sacco della Provvidenza, se butta ad ogni momento cose nuove ed utili, cominciando dalle teorie più astruse e sottili, come fu quella recentemente pubblicata sulla Osmosi 1) e terminando colle più facili e pratiche, come è appunto l'attuale, intorno all' uso più profìcuo che si può fare delle feccie (spessi, fondi) del vino; ritrovato che fu causa ed è ad un tempo argomento principale di questa mia lettera. 2) Prima però che entriamo in materia, soffrite che riflettiamo assieme per uu momento sulla utilità o, dirò meglio, sulla necessità dell'applicare alle Arti Agricole i trovati della Scienza. Osserviamo un poco; se ora per esempio bastano due buoi a lavorare egregiamente un terreno, dove prima otto appena bastavano; se oggidì la stessa terra reude il doppio al Padrone, e in pari tempo dà da vivere, e meglio, a doppio numero di lavoratori; se lo zolfo ci ridonò il vino; se il Microscopio ognor più promette di rifare sana e casalinga la semente della seta; se Liebig ci portò dall' America la quintessenza della carne, e se ci suggerì un mezzo più economico di fare il pane; se Chaptal e Petiot c'insegnarono a trarre coli' aggiunta dello zuccaro un buon vino dalle vinacce; e se ora il nostro Carpenè ci ammaestra a cavarlo dalle stesse feccie del vino; se insomma noi possediamo tutti questi utilissimi ritrovati, non dobbiamo già credere che essi sieno piovuti giù dal cielo a' loro inventori, così come la manna agli Ebrei nel deserto : tutt' altro ; essi sono invece il frutto di quell' applicazione della Scienza all' Agricoltura, cui io accennava testé ; frutto che costò e costa veglie e sudori a tanti benemeriti uomini, che travagliano tuttodì su'libri e per entro i Gabinetti, affine di rendere sempre più popolare la Scienza, ed ammannirla a tutti in modo facile e piano; donde hanno poi origine que' Trattatela speciali sulle varie Arti ed Industrie Agricole, come appunto sono quelli sul modo di fare il vino, che io vi ho più sopra accennato, ed a' quali, se volete farlo bene, io vi eccito e vi prego ancor una volta di ricorrere. Ma è tempo ormai eh' io venga al quia di questa lettera, non senza però prima chiedervi scusa del giro un po' lungo che vi ho fatto fare. E qui per ben cominciare, dovrei riportarvi tal quale l'intero articolo del nostro Amico, che vide non ha guari la luce negli Annali di Viticoltura e di Enologia italiana 3); 1) Alludesi ai nuovi suoi Studi sull'Osmosi applicata all' Enologia ; studi pubblicati nell' Italia agricola (Fase. 14, 15, 19 — Luglio, Agosto ed Ottobre 1873), i quali, se non erro, sembranmi accennare a vero lampo di genio nell'Autore, e che se pel momento son buoni soltanto pe' denti degli scienziati, non tarderanno molto tempo, io spero, a giovare umanissimamente anche alle povere nostre gole, liberandole dalle troppo frequenti punture de'vini acidi. 2) Se qualcuno amasse spicciarsi subito, o risparmiarsi la noja di sorbirsi tutta la presente tiritera, salti d' un tratto alla pagina 16, e là troverà compendiata in brevi linee la Ricetta per comporre il vino colle feccie. 3) Fascicolo 22, Anno II, Dicembre 1873, pubblicato alquanto in ritardo. ma spero che Egli mi perdonerà, se io, da campagnolo qual sono, mi attengo strettamente 'alla sola parte pratica, lasciando da banda la scientifica, che egli invece, da quel bravo chimico che è, era in obbligo di esporre. Trovo poi giusto riguardo a lui e doveroso per me, il premettere qui subito quanto disse egli stesso, cioè che : "riescitagli benissimo la prova, non tardò „un solo istante a renderne di pubblica ragione i risultati, quantunque, guardando a sè stesso (son sue „precise parole), avrebbe amato meglio ritardare alquanto, onde compilare gli studi già incominciati; „ma pensando all' alto'*prezzo odierno del vino, che lo „rende inaccessibile agli operai, cioè alla parte più „numerosa e più importante della Società, la quale „maggiormente abbisogna di un alimento, com' è il „vino, tanto riparatore delle forze consumate dal la-„voro, mi sono determinato di far conoscere quel poco „che potei fare sin oggi; così i vinificatori, ed io mi permetterò aggiungere, tutti quelli che hanno un po' di vino in cantina "sono ancora in tempo di consertare i depositi, cioè le feccie, ecc.„ Dalle premesse scientifiche, scende Egli poi, il nostro Carpenè, a dimostrare che le feccie non sono altrimenti, come da taluno erroneamente si crede, degli escrementi del vino, e quindi come tali da rifiutarsi ; ma prova essere invece le feccie un deposito di sostanze in loro stesse tutte sanissime, già preesistenti nel vino, di cui conservano le qualità ed il sapore: tanto è vero, soggiunge Egli, che l'acquavite che se ue distilla, ricorda perfino il profumo di quel vino, da cui le feccie hanno la loro origine. Sopra ogni altra cosa Egli raccomanda che le feccie sieno conservate con ogni cura e diligenza, onde non abbiano menomamente a guastarsi ; guai, per esempio, se esse dessero anche un momento solo nello spunto ! Allora no, non sarebbero certo più buone a nulla, nemmeno per trarne acquavite. Urge quindi che le feccie non appena saranuo separate dal vino, sieno nell' istante medesimo ben chiuse in vasi perfettamente sani e mantenuti costantemente ripieni, aggiungendovi di quando in quando a seconda del bisogno dell' altre feccie, oppure del buon vino. Questa scrupolosa conservazione delle feccie è tanto più necessaria, in quanto che non si può da quelle trarre utilmente il vino se non quando la temperatura ordinaria si mantiene giorno e notte fra i quindici ed i ventidue gradi del termometro centigrado; temperatura che per solito non si raggiunge fra noi prima dell' Aprile o del Maggio. Potreste, è vero, procacciarvela artificialmente, mediante la stufa, ed il vino vi riescirebbe bene egualmente ; ma in tal caso addio economia, che in operazioni come questa, é la prima cosa cui debba guardarsi. Del resto io voglio qui aggiungere, che tenendo voi in serbo sane e ben guardate le feccie, avrete in quelle sempre lì pronto un deposito, da cui poter trarre a piacer vostro sia un buon vin grosso, o sia ancora un eccellente e fresco vinello, più o men copiosamente battezzato secondo vuole la vostra religione, ottimo per voi nella stagione d' estate, e meglio ancora pe' poveri coloni, che saranno beati se avverrà che loro ne tocchi una pai te. Ed or eecomi alla semplicissima operazione: ve ne do la ricetta necessaria per cento litri (ossia un ettolitro, che corrisponde ad un mastello e cinque boc- cali crescenti della vecchia nostra misura) ; a voi tocca poi ridurre questa ricetta alle debite proporzioni per quella quantità di vino più o men grande che desiderate comporre: però nelle prime prove vi consiglierei andare pian pianino, perchè mai tanto s'impara quanto dall'esperienza, e perchè chi va piano va sano. Mettete adunque assieme ottantacinque litri d' acqua tepida, alla temperatura cioè di trentacinque gradi centigradi, e litri quindici di feccie, che, sommati assieme, formano appunto un ettolitro giusto: a questa miscela aggiungete diciotto chili di zuccaro biondo del più puro e del più dolce che possiate trovare. Badate però prima di versare lo zuccaro, ch'esso sia stato tutt' allatto disciolto in una porzione degli 85 litri d' acqua riscaldata fin quasi alla bollitura ; e questo vi raccomando specialmente perchè non nasca a Voi quanto successe a me stesso la prima volta che mi son messo a fare il vino colle vinacce senza aver usato tale diligenza; allorché ebbi spillato il vino, trovai precipitata giù sul fondo del tino buona parte dello zuccaro, precisamente come vi avviene nella chicchera quando versate il caffè non bollente, o quando nel versarlo non lo rimescolate abbastanza. Ora quello zuccaro rimasto lì in fondo del tino non sarà perduto, egli è vero, potendosi adoperare un'altra volta ; ma intanto non avrà giovato a quel vino cui era destinato ; il quale vi riescirà perciò scipito e senza spirito così, da farvi perfin dubitare della bontà della operazione che avete intrapresa. Imperocché non potrei mai dirvi abbastanza quanto importante sia 1' azione esercitata dallo zuccaro nella confezione del vino ; e di ciò vi renderete facilmente ragione, quando sappiate che nella ebollizione lo zuccaro si decompone in due parti pressoché eguali, di cui la prima se ne va via in fumo (gas acido carbonico), e 1' altra rimane convertita in purissimo spirito di vino. Quanto è adunque erronea 1' opinione di chi crede che lo zuccaro renda dolce il vino ! Lo zuccaro si cangia in ispirito, ed esso solo forma la vera forza del vino, quando però la ebollizione, ossia la fermentazione, sia seguita perfettamente e completamente ; da ciò voi capirete il perchè negli anni in cui il mosto attaccasi più sensibilmente alle dita, il vino che se ne trae dia più facilmente alla testa. Ma ritorniamo a noi, e continuiamo. Fatta che abbiate la miscela dell'acqua collo zuccaro e colle teccie, non avete che a rimescolarla per due ore continue ; indi coprite il tino in cui 1' avrete riposta con un drappo qualunque ; poi lasciatela in santa pace, che a lei altro non occorre. Vedrete di lì a poco avviarsi la fermentazione, purché, ben inteso, la temperatura superi i quindici gradi, altrimenti non sarebbe possibile nascesse Io miracolo, come dicono i Napoletani : udrete allora quel gorgogliamento come bollisse lì dentro il vino, nè più nè meno di quanto avviene in una tinaja nel cuor della vendemmia. Lascio poi la parola al mio dotto amico per dirvi come "la fermentazione durò, a lui, una decina „di giorni, dopo i quali, assaggiato il vino, lo trovò „superiore alla propria aspettazione. Ottenni un vino, „die' Egli, col sapore e col profumo di quello che mi „somministrò il deposito (cioè le feccie), vale a dire, „un vino ricco cV abboccato e di profumo quanto „quello ottenuto direttamente dall' uva. Dal processo „Petiot (cioè dal vino fatto colle vinacce) non ebbi „mai un risultato tanto felice. Il vino ottenuto trovai „contenere „Alcool (spirito di vino purissimo) in volume.......per cento 10,50 „Acidità . . •...... mille 4,76 „Tannino........ „ „ 3,3214 „Buona proporzione per quanto allo spirito di vino „ed all'ìacidità. Bisultando però scarseggiante il tannino, ne aggiunsi per litro quattro decigrammi, ossia „quaranta grammi per ettolitro,. lo che aveva già in animo di ritentare, come ritentai in fatto 1' esperimento eseguito dal Carpenè, ma che non avea il vantaggio di conoscere di presenza cotesto signor tannino (di fama sì, chè so essere 1' elemento conservatore del vino e trovarsi abbondante nella vallonea, ne' graspi e ne' vinacciuoli dell' uva), ricorsi al Carpenè stesso pershè mi informasse del dove convien comperarlo, e del come e del quando lo si debba introdurre nel vino; ed egli, colla solita sua bontà (avea ben ragione io di dire eh' era peccato non abusarne) mi inviò, a posta corrente il tannino, che è una polvere traente al giallognolo, e che, assaggiata, trovai di gusto astringentissimo ; e scrivendomi, mi fece sapere essere indifferente affatto introdurlo nel vino prima o dopo la fermentazione, purché sia bene disciolto; e per discioglierlo perfettamente altro non occorre, com' Egli dice, che farne prima una poltiglia coli' acqua, indi aggiungervi un po' per volta, mescendo sempre, dell' alcool (spirito di vino) nella proporzione di mezzo litro per ogni cinquanta grammi di tannino 1). 1) Parmi quasi inutile avvertire che le varie prescrizioni qui riportate circa il modo di fare il vino colle feccie, quali la quantità dello zuccaro e specialmente del tannino, la durata della fermentazione, ecc. ecc., non siano così assolute da non doversene scostare neppure un momento. Sono semplici norme cui dovrassi più o meno strettamente attenersi a seconda dei casi o più ancora a .-eeconjli -dei risultati dell' esperienza. O^OjM^VMtlJM* (Continua). Pubblico ringraziamento. Il sottoscritto a nome anche della famiglia manifesta la più viva gratitudine a tutti coloro che mostrarono interesse durante la lunga malattia dell' or estinto suo fratello Biagio Cobol, e che ne onorarono la memoria accompagnando la salma all' ultima dimora. — Si sente poi in debito di esprimere i sensi della più particolare e distinta riconoscenza all' egregio medico Cristoforo Dr. de Belli per le sue cure esercitate con quell' affetto che mai si dimentica. Capodistria 12 Aprile 1874. Giuseppe Cobol.