ANNO XXVI. Capodistria, 16 Novembre 1892. N. 22 LA PROV DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Cn numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Questioni del giorno (Continuazione vedi Numero 12 e seg.) Y. E così anche questo lavoruccio sarebbe finito. Cominciato per occasione, come avviene nei giornali, suggeritomi cioè dalle critiche alle conferenze dell ' illustre Fradeletto, andò mano mano sviluppandosi fino ad assumere, o bene o male, la forma del presente opuscolo. Se non che prima di finire ho a rispondere a varie domande che immagino a me dirette dall'amico lettore. Nelle questioni letterarie di cui si è discorso, qual parte ha preso l'Istria ? Quale fu il suo indirizzo letterario ? E può veramente la piccola nostra penisola aver voce in capitolo, e quale, in caso affermativo la sua influenza sull' intera nazione ? Diciamone particolarmente. Premetto che per Istria intendo, come sempre, tutta la regione dal limavo al Quarnero, senz'altre arcaiche distinzioni. Nella prima metà del secolo la lotta tra romantici e classici ci fu anche da' noi, benché non così viva come altrove. In compenso però gl' ingegni con reciproche concessioni meglio s'intesero e si fusero in un intento comune per conservare e difendere il sacro patrimonio della lingua di fronte alle minaccie straniere. A questo fine cooperarono molti bei ingegni delle provincie vicine che a Trieste trovarono larga ospitalità e una patria seconda : il Dall' Ongaro, il Gazzoletti, il Somma, il Yalussi prima, e più tardi il classicissimo lla-clieli, 1' Occioni, il Fanti, il Buono ed altri molti. Per dire poi degl' Istriani basterà rammentare il Rossetti, ricordato con onore dal Leopardi nel suo epistolario, il Besenghi da Isola e il Revere triestino, di fama italiana, i Combi padre e figlio, il Madonizza, il Fachinetti, il Tagliapietra, ecc. ecc. Il dottor Francesco de Combi, specialmente, scolaro del Cesarotti, se per isquisitezza di forine abbondanti va ascritto tra i classici, per la versione dei Martiri del Chateaubriand in versi e per modernità d'idee si avvicina pure ai romantici. Il buon Fachinetti invece, pio, mite, con le sue placide novelle si schierò decisamente tra i rosei battaglioni degl' idealisti. Sono cose notissime queste, e m'affretto quindi a dire degli ultimi venuti. E qui un' osservazione subito. Troppi soprac-capi ebbe ed ha nel firiisecolo la travagliata provincia per rimanerle tempo e voglia di gettarsi a "corpo perduto alla ricerca delle nuove e strane vie dell'arte. Conservare e difendere il minacciato sentimento nazionale, fu ed è per gl'istriani Vunum necessarium ; quindi il bisogno di tenersi saldi alle antiche tradizioni dell' arte, di alzare lo sguardo ad un' alta meta, di cercare nel bello il buono. Se altrove agl'impeti di azione è succeduta l'apatia, non da noi, la patria ha sempre una gran voce e ci grida da S. Giusto sulle rovine del Campidoglio, dallo scoglio di Egida, dalla basilica d'Eufrasio, dagli archi romani e dall' anfiteatro di Pola. E così alto solleva il suo grido d'allarme in faccia alle prepotenze slave, da coprire altre voci ed altre parole d'ordine. Che cosa sono mai le campanelle delle chiesuole e il chiacchereccio di veristi, zoliani, simbolisti, ecc. in paragone delle note profonde del campanone di S. Giusto via via risonante sulle ultime rive dell'Adria e chiamante a raccolta i nipoti dei liberi comuni istriani ? Ecco perchè le fiacche arditezze degli Stecchettiani e dei realisti non trovarono, generalmente parlando, da noi fortuna. Fu un bisogno per noi il culto degli alti ideali ; non fu impotenza, ma carità patria che ci ha fatto ripudiare come brutto e snervante ciò che reputavasi novità lodevole, arditezza altrove. Rappresentanti di questo culto' delle antiche memorie sono, tra molti altri il Pitteri ed il Rossi primi a Trieste. L'uno ha vivissimo il sentimento della natura, e ne ascolta le voci arcane in Primavera, in Campagna, nelle Fiabe, e lo" manifesta con lingua e stile con lungo amore studiato nelle più pure fonti del Lazio. Ma nulla d'arcadico o di convenzionale in lui ; il suo classicismo è vivo ed efficace, è il mezzo più naturale a continuare le tradizioni nostre, a riunirci ai fratelli. E di questi suoi intendimenti e di 1111 più largo orizzonte nelle sue poesie apparirà in breve altro saggio nel suo nuovo libro che dirà le glorie del nostro mare1), e già ne abbiamo avuto caparra con que' suoi bellissimi versi recitati, giorni or sono, in onore di Cristoforo Colombo. Inclinato per natura e per privati e pubblici lutti ad una dolce malinconia il secondo, ricorre anche egli, a significazione del dolore, alle più squisite forme del hello ; e se pur sente arduo il viaggio della vita, non isvapora la fantasia in cupe immagini, non chiede l'obblio dei mali a un'ora di ebbrezza, non bestemmia tra i fiori del male, ma sente sempre in terra latina la forza e la giovinezza "che ne spinge alla salita,,. Lo stesso dicasi delle nostre poetesse, l'Elda Gianelli, la Tagliapietra e la forte Adele Butti. Nè vuol essere dimenticato il Boccardi, fecondo e buon romanziere. Non ci manca neppure il poeta vernacolo : Polifemo Acca ; emulo del Porta, del Zorutti con amabile eccentricità si fa il portavoce del nostro brioso popolino, conservante il buon umore veneto, e mostra a chi volesse dimenticarlo come tutte le vie di città nuova a Trieste mettono capo in mare dove si può fare un bagno purificatore. E che dire del risveglio nei gravi studi di letteratura e di storia nell' Istria ? Attilio Hortis co' suoi eruditi lavori sul Bocaccio e sul Petrarca, è salito in fama italiana ; e fino da giovane potè dirsi il tipo dei letterati di vecchio stampo. La scuola storica contenuta nei giusti limiti non ha spento in lui il sentimento estetico ; per amore di novità non si è lasciato isterilire, nè ha sciupato tempo e fatica per saperci dire se il letterato tale è nato di notte 0 di giorno, e i padrini che lo levarono al sacro fonte, e l'anno, il giorno, il mese in cui ha dato mano ad un dato lavoro : quisquiglie letterarie, e piccinerie per cui si sale oggi iu fama, e si stampano grossi volumi di storia letteraria tormenti della gioventù studiosa che perde così la voglia di studiare. Ammirabile pur è il risveglio degli studi-storici in tutta la nostra penisola. Il movimento iniziato dal Rossetti, continuato dall' illustre Kandler, dal Combi, dal Luciani si è propagato via via fino nelle più umili cittaduzze. A Parenzo città di cinquemila anime appena, si stampano ogni anno per cura della Società Istriana di archeologia e storia patria, gli Atti e Memorie, e l'Amoroso, il Tamaro, il Benussi, ecc. vi tengono il campo. Lo stesso dicasi dell'Archeografo triestino, edito per cura della società di Minerva a Trieste e che accoglie scritti del Gregorutti, del Morteani, del Caprin noto scrittore ed editore di ottimi libri, diffusi nel Regno, del Puschi, del Vassilich ed altri molti, mentre altrove con gli stessi intendimenti scrivono i due Zenatti e il Morpurgo.1) Nelle scienze naturali si distinsero pure il Biasoletto e Muzio Tomasini. Bene adunque, come scrisse l'illustre patriotta Carlo Combi, nel suo Discorso letto nell'Istituto Veneto, l'Istria può rivendicare il suo diritto agli studi italiani. Sì, la nostra umile penisola, se anche dimenticata 0 peggio spregiata per la paura di toccare spinose questioni, ha pur voce in capitolo; e se i suoi sforzi parziali ebbero impulso dalla patria comune modestamente può vantarsi di avere esercitato una qualche influenza su quella. E per vero se arikmtL questioni non si agitarono da noi ; se molti tirarono innanzi ai vecchio credo, come avviene da per tutto in luoghi lontani dal centro, ammirabile fu la concordia degli animi nel difendere il sacro patrimonio della lingua. Ed è perciò che nella lotta vivo e fresco si mantenne in noi il sentimento nazionale e restii, e quasi selvaggi gli spiriti a tentare novità; e a quelle concessioni d'ordine internazionale, che sono volute dai tempi mutati e dal progresso; esempio che se non in tutto è da imitarsi, certo può essere ottimo freno a non dimenticare il passato, e per non lasciarsi trascinare da imitazioni straniere con grave danno dell'educazione nazionale. Il serrare le fila intorno all'antica banfiera fu ed è un dovere per l'Istria durante la lotta con lo Slavo, anziché esaurire le forze iu inutili scaramuccie, abbiamo sempre mirato alla meta; è fuor di metafora anziché perder tempo a parteggiare per realisti, simbolisti e decadenti, ci siamo studiati di rimanere semplicemente italiani. L'ideale della patria quale fine; il culto della parola e lo studio dei classici come mezzo, ecco la questione urgente del- ') Il signor lettore avrà subito fatta l'aggiunta di un altro nome a quelli sopra citati dei viventi scrittori istriani: quello di Paolo Tedeschi, poeta, novelliere, l'autore di quei studi sull'Istria che destarono tanto entusiasmo nella nostra gioventù. N. d. R. l'Istria. In queste parole si compendia il movimento letterario nostro, e l'intento di questo studio. Ancora una parola alla gioventù istriana. Tocca a voi, giovani egregi continuare l'opera dei vostri padri. 0 dediti agli studi nelle università, sacrificati ingiustamente ad apprendere la scienza in una lingua che non è la vostra, dalle difficoltà ne trarrete occasione a rinforzare il carattere, ed avrete anche il compenso di dedicarvi seriamente allo studio; che l'università non sarà per voi un'corso di vacanze interrotto da qualche giorno di scuola; nè le esigenze di una tumultuosa politica tali da distogliervi dagli studi, senza dei quali la politica non è arte di reggere i popoli, ma bizantinismo, caccia al potere e rettorica piazzajuola. Oppure dediti all'azienda domestica e alla cultura dei campi in provincia, o ai commerci nella capitale, (ciò che è il meglio iu molti casi ; chè lo strappare senza inclinazione un diploma alle università, prepara gli spostati, i legulei, i professori pedanti e linguai, i dottori senza dottrina, e gl'ingegneri senza ingegno) anche tra i numeri e le balle conserverete la fede negli alti ideali della patria nella ricca nostra capitale, o confinati nelle borgate e nelle cittadelle mirerete sempre al largo di là dall'ombra del campanile. E a voi si rivolgeranno per consiglio i popolani; voi il centro dell'attività e di un sano progresso temperato dal rispetto alle tradizioni ; a voi attratti dalla beneficenza e dall' affetto, torneranno naturalmente gl'illusi. Ma una cosa vi raccomando anzitutto. Frenate le piccole ire, guardate 1' animo dall'invidia; l'amor proprio non corretto a tempo, uno smacco sofferto, un' offesa sono i tristi consiglieri che possono insinuare la discordia, dove più era necessario di mantenere ben serrate le file contro il nemico, o peggio suggerire il proditorio passaggio con armi e bagaglio nel campo opposto: così è succeduta qualche rarissima defezione, e così potrebbe avvenire anche a voi. Rammentatelo: questione urgente è questa, conservarci italiani. Tutto a questa si sacrifichi: il seggio ambito, la carica di consigliere, di podestà, tutte questioni secondarie e misere ambizioncelle, a petto dell' unica e grande ambizione il culto della patria. Questa nobilissima idealità poi conserva libera la mente dai pregiudizi, e dalla nuova pedanteria del materialismo, mantiene fresca la fantasia nello studio delle lettere, che appunto si dicono umane, perchè rivolte al bene dell' umanità, e nou a una faticosa e sterile riproduzione del reale; e nutre nel cuore la carità della patria. Tale fu il carattere della nostra letteratura; tali gl'intendimenti dei nostri migliori scrittori. Così l'Istria fu ed è italiana, non croata, non slovena; e tale per opera vostra rimarrà contro le preponderanze straniere da un lato, ed i superbi 0 fastidiosi abbandoni dall' altro. fine P. T. ___ •> w (* . __________________ INDICE «ELLE CARTE DI RASPO (Archivio provinciale) Filza 8. Appellazioni dignanesi presentate nell'anno 1559. Lettera ducale Gerolamo Priuli al capitano di Raspo Giovanni Corner, 29 ottobre 1559. I condannati in contumacia per qualsivoglia delitto i quali demandarono gratia di esser realditi.... siano obbligati dopo presentata la supplicatane alla Signoria Nostra haver fatto responder alla supplicatione da quelli che sarà ordinato che respondino, et ballottar la gratia tutte le volte ordinate dalle leggi et espedir del tutto tra li consiglieri et capi de 40. Lettera ducale Gerolamo Priuli al capitano Giovanni Corner, 27 decembre 1559, Giacomo de Germanis, pinguentino, fu punito contumace dal capitano di Raspo al bando per cinque anni ; egli ora vorrebbe essere realdito presentandosi nelle forze, ma ciò non è possibile che col mezo della gratia nostra. Onde sappiate che gli abbiamo fatta la grazia richiesta, vedete voi di eseguire. Insinuazioni di appellazioni dignanesi per l'anno 1560. Lettera ai giudici e rettori della città di Trieste, 8 aprile 1560. Domenico Raspo, uno de* cavaleggeri della Compagnia, ebbe a dolersi presso l'ufficio capitanale di Raspo, che passando per la città di Trieste gli sia stata fatta violenza con fargli re-presaglia del suo cavallo et fargli pagar certi denari ad istanza di Cattarino Burlo creditere di Francesco Crotich di Pingueute. Quei giudici vengono eccitati a provvedere circa un fatto tanto grave nel modo che si conviene. Lettera ai detti, 20 aprile 1560. Il capitano ha ricevuto una lettera di loro in risposta alla precedente. Egli non conosce 1 loro statuti ; qnesto però deve dire che se messer Cattarino Burlo può vantare alcun credito verso sudditi del capitanato, egli farà pagare ; ma per debiti de particolari non si deno ne pono fare represaglie .... acciò che tra nui si continui nel ben vicinar et nella amorevolezza che si è continuato sino questo giorno. Nuove appellazioni dignanesi del 1560. Lettera ducale Gerolamo Priuli al capitano Giovanni Corner, 17 maggio 1560. Quando accade che una denuncia per danni recati al bosco di Montona viene presentata nella cancelleria di quella città, il podestà di Montona ha da esser lasciato libero di procedere e il capitano di Raspo non deve ingerirsi ; similmente quando le denuncie vengono presentate al capitano di Raspo, il capitano compie il suo ufficio e il podestà di Montona non ha che vedere. Qnesta disposizione vuol essere publi-cata, mentre il capitano deve ancora provvedere che non siano recati danni nella detta valle. Appellazioni dignanesi dell'anno 1560. Lettera ducale Gerolamo Priuli al capitano di Raspo Giovanni Corner, 3 maggio 1560. Fu deliberato sotto di 26 di Luio 1523 nel nostro maggior conseglio che il capitano nostro di Raspo dovesse esser giudice d'appellatione in tutte le sententie et atti che facesse il potestà nostro di Adignan nel civil da lire cento de piccoli in zoso et in criminal da lire cinquanta e ciò per risparmiare ai Dignanesi la spesa ingente di dover andare a Venezia. Dopo ciò gli ambasciatori di quella città chiesero nuovamente volesse la Signoria concedere loro quanto si osserva in molti altri luoghi dell'Istria ; e per contentarli, si stabilisce che tutte le pene et condennationi pecuniarie di qualunque sorte et summa che de cetero saranno fatte per il podestà nostro de Dignan contro alcuno de ditti fidelizzimi nostri vadano tutte in appellatione al capitano nostro de Raspo. Questa deliberazione rara registrata nelle Commissioni dei capitani di Raspo e dei podestà di Dignano. Lettera ducale Gerolamo Priuli al capitano Giovanni Corner 29 maggio 1560. E data lode al capitano per la distinta esatta dei legni che sono nella valle di Montona segnati per la casa dell'Arsenale spedita ai provveditori dell'Arsenale e per la cura e diligenza poste onde avere di ciò informazione esatta. Vorrà sollecitare che sieno fatti tutti i carreggi del legname giusta la porzione assegnata ad ogni comune, vedere che quei legni non sieno dali saltavi o da altri gettati in aqua per condurli colle 'montane al luogo della Bastia e quando dovrà fare la nuova carratada di non venire a nuova distribuzione se prima non sia soddisfatta la vecchia. I provveditori all' Arsenale al capitano Giovanni Corner 31 maggio 1560. Vorrà far buttar la nova carettada et insieme con la vecchia solicitar che li legni che sono sì in bosco come fuori sieno conduti alla marina. Lettera al podestà di Montona, 8 giugno 1563. Dovendo il capitano fissare la nuova carratada, il podestà di Montona é invitato a far far la descrittione de manzi di tutto quel suo territorio fidelmente con giuramento dei patroni dei bovi e mandargliela in tempo utile, intimerà eziandio agli agenti di quel comune che debbano trovarsi in quel giorno a Pinguente per essere presenti al buttar della detta carratada. Non venendo essi o non mandando la distinta dei bovi, sarà fatta egualmente la distribuzione come meglio parerà al capitano e ai deputati. — Lo stesso fu scritto al capitano-podestà di Capodistria, al conte di Pola, ai podestà di Isola, Pirano, Umago. Cittanova, Parenzo, Rovigno, Albona e Fianona, Dignano, Valle, S. Lorenzo, Portole, Buie, al giusdicente di S. Giovanni della Cornetta, al Capitano di Barbana e Castelnuovo, al podestà di Due Castelli, al giusdicente di Visinada, ai marchesi di Pietrapelosa, al capitano di Piemonte e al conte di Momiano. Altre appellazioni dignanesi dell'anno 1560, Lettera di Zan Antonio Zen Auditore e Sindico generale al capitano Giovanni Corner, di Capodistria 29 luglio 1560. Nella controversia se spetti al cavaliere o ai giustizieri del comune di Pinguente di dar le mesure sive brazolari ai tellaroli alle fiere di S. Spirito et di S. Zuane è stato riconosciuto che tale incarico spetti soltanto ai giustizieri. Veda il capitano di far rispettare tale consuetudine. Nnove appellazioni dignanesi e una di Racizze, giurisdizione di F. Boltestrain. (a. 1560). Lettera al conte di Pola, 22 luglio 1560. Veda di sollecitare la riscossione del dazio del vino che si vende nella città di Pola, poiché è in tutto esso datio applicato ai pagamenti di questa compagnia di Raspo. Non lo facendo, il capitano ne darebbe contezza alla Signoria. Appellazioni dignanesi (a. 1560, 1561). Lettera ai provvoditori dell'Arsenale. Il capitano solleciterà la spedizione del legname giusta quanto gli venne significato, ma se non sarà convenientemente provveduto, si caverà dal bosco di Montona poco più utile di quanto si ottiene dal bosco della valle dell'Arsa, e ctò perchè il capitano della valle non ha nessuna cura dello stesso. Appellazioni dignanesi (a. 1561). II luogotenente generale della patria del Friuli Gabriele Morosini, di Udine 4 maggio 1561, intercede presso il capitano di Raspo Giovanni Corner affinchè sia prosciolto dal bando di sei anni inflitto nel 1559 ad Alessandro del q. Francesco de Verzi, nobile capodistriano, per il fatto che questi consegnò nelle forze del Governo un omicida il quale venne condannato dal podestà di Pirano Paolo Contarini al bando perpetuo da quella città e da tutto lo stato veneto. Appellazioni dignanesi (a. 1561). Lettera ducale Gerolamo Priuli al capitano Giovanni Corner, 1 giugno 1561. Poiché la deliberazione presa in materia di appellazioni nel 1560 a favore di Dignano non ebbe quel buon effetto che la Signoria si attendeva, è stabilito che, confermata in tutto e per tutto la deliberazione menzionata, venga aggiunto che tutte le sententie fatte per il podestà di Dignan etiam criminal di qualunque sorte così pecuniarie come quelle dove intervenisse pena di bando, galea et ogni altra cosa cifra tamen penam sanguinis, nel qual caso però li capitani di Raspa habbino autorità di suspender per mesi dui acciò in ditto tempo li sia data comodità di poter venir in questa città per quel suffragio che ricercherà la giustitia et cusì quelle simile che de cetero si facessino per li podestà che anderano prò tempore in ditto loco di Dignan contra quelli fidelissimi nostri, vadino tutte in appellatione al capitanio nostro de Raspo...... Reservata però sempre l'autorità deli Avogadori nostri de Comun. La presente deliberazione viene registrata nelle Commissioni dei rettori di Dignano e dei capitani di Raspo. Appellazioni di Dignano (a. 1561). (Continua) G. V. — Portole -1--—--- 2ST otizie L'Istria del 12 corr. molto opportunamente metto a fronte la data della fondazione dell'i, r. ginnasio tedesco in Trieste e la soppressione di quello di Capodistria: Oggi otto a Trieste si festeggiò solennemente dai Signori Professori, studenti ed impiegati ecc. il 50 anniversario della fondazione di quell' i. r. ginnasio tedesco. La data dell'impianto di quell'istituto, 1842, segna invece per 1' Istria il principio d'un' epoca d' un grande vuoto, d'un grande abbandono. Imperocché in quell'anno venne soppresso il Ginnasio di Capodistria, e al tempo stesso le due classi di umanità del Ginnasio di Pisino. Cosi tutta la nostra provincia non aveva in quell' anno e per parecchi anni di seguito, che le sole e povere quattro classi del Ginnasio di Pisino sotto la condotta dei frati francescani. In una parola, in tutta l'Istria non c' era nessuu istituto medio completo, e solo una mezza dozzina di scuole elementari tedesche ! Ed a proposito dello stesso anniversario leggiamo nell' Indipendente del 8 corr. : Nel 1792 venne di nuovo istituito un ginnasio, soppresso nel 1814 per rinvigorire le scuole normali tedesche e nel 1842 rinasceva dalle antiche ceneri tedesche il ginnasio, della cui fondazione si festeggiò ora il 50.o anniversario. Vedremo ora come la pensasse Pietro Kandler all' epoca in cui veniva istituito 1' attuale ginnasio dello Stato. Un certo signor G. Hagenauer, deputato di Trieste, nato tedesco ma galantuomo, dichiarò in una seduta a Vienna di essere deputato d' una città italiana. Questa dichiarazione sollevò un' ira di Dio nei giornali sostenuti dai fondi segreti di Metternich ; il Kandler s'indignò di questa gazzarra giornalistica e scrisse un articolo sulla nazionalità del popolo di Trieste. In questo articolo, dopo aver dimostrato 1' esiguità della colonia tedesca e lo scarso numero degli stranieri che parlavano le lingue diverse, non dello stato ma dell' Europa, il Kandler prosegue a questo modo : «Il rimanente delle città è tutto di lingua italiana ed eccettuati quelli che venderebbero anche la coscienza se ci fosse da guadagnare, nessuno di tutte queste nazioni è disposto di rinnegare la nazionalità.» „La lingua tedesca non è fiorita da noi come si pensò. I centomila fiorini annui che si spendono per propagarla non giovarono. Le scuole in ciò hanno di effetto l'opposto di quanto sembrerebbe; da noi avviene che i forastieri tedeschi di seconda generazione, giunti all' età in cui il sentimento si sviluppa, gettano affatto la lin--gua paterna e materna e talvolta giungono persino a negarne la conoscenza od almeno a non volerne far uso. Nella terza generazione la lingua non italiana sparisce del tutto., , Delle razze umane succede come delle piante. Venute da paesi lontani, snelle, rigogliose, non appena gettano le radici fra noi che prendono il colore, la forma di quelle che sono indigene ; le cure, il dispendio per volerle come altrove sono opera perduta ; miglior frutto se ne avrebbe adottando quella cura che al nostro terreno, al nostro clima è adatta,. --.—s*es—-- Oose locali Fra pochi giorni saremo chiamati alle urne per eleggere la rappresentanza comunale. — Il risultato di queste elezioni è atteso con impazienza e non senza inquietudine in tutta la provincia e in Trieste, di dove spesso ce ne chiedono conto. E giustamente, e non per amore delle nostre sette rarità, ma perchè la bene organizzata costituzione del Comune non solo di Capodistria, ma di Pirano di Parenzo ecc., è una forza potente che irradia una sana influenza, e concorre a formare il carattere dell' intiera provincia. Bene inteso che tutto ciò si riferisce in gran parte alla questione nazionale, che in quest' epoca memorabile agita tutti gli animi e inspira ogni azione. E noi crediamo di non lasciarci andare a ingenue illusioni, se fin d' ora potremo assicurare i comprovinciali che le elezioni seguiranno con buoni propositi di tutte le parti onde scegliere a nostri amministratori «omini onesti, capaci e laboriosi. Naturalmente nei nostri piccoli luoghi poche sono le persone che possano e vogliano assumersi le cariche supreme; conviene quindi tener conto prezioso delle doti principali che si richiedono e sulle quali non è lecito transigere mai, e non ostinarsi a voler trovare P uomo perfetto. La questione per cui ebbe origine la scissura in seno alla cessata rappresentanza, e la deplorata crisi, era questione economica soltanto ; alcuni ritenevano troppe le spese per cui troppo gravose le conseguenti imposte ; i più invece sostenevano che le spese erano indispensabili e le imposte appena aumentate di pochi soldini, e con le cifre alla mano dimostravano di dire il vero ; sostenevano poi che così non si poteva andare avanti, che in altri tempi, creduti migliori, seguivasi il rovinoso sistema di far debiti per non aumentare le imposte, o quello di mangiarsi il capitale insieme con la rendita. Bisognava aver il coraggio di dirlo alla popolazione. Non vogliamo lussi ma neppure rompersi l'osso del collo nel buio delle vie, meno che meno abbandonare la città all' aspetto di un villaggio ; e già i molti forastieri che vi accorrono e ci portano non poco utile, si lagnano di questo abbandono. Tra queste due correnti di opinioni, qualche mal inteso ha inasprito l'urto e fatto spumeggiare l'onda... dei discorsi; ma tutti oggi sono d'accordo su questi punti principali, di non voler battere vie rovinose, e di non permettere che sia scemato il decoro della città. Grazie a Dio questioni personali non si son fatte ; e caso mai insorgessero, siamo pronti tutti a troncarle recisamente e sepellirle, come le faville che potrebbero secondare grandi fiamme. In attesa della costituzione di un comitato elettorale che con questi criteri, forte nella coscienza di volere e di saper volere il bene del paese, inviti i concittadini a scegliere i propri amministratori, invochiamo la concordia coi più lieti auspici. Numerosi avvisi ci invitano sabato sera 26 corr. al „grande ballo" organizzato dalla «Società di abbellimento», nel teatro sociale gentilmente concesso. La società si ripromette ricavare un utile tale da poter imprendere nuovi lavori ; non solleviamo questioni se sia meglio spendere il denaro per altri scopi; la direzione di questa società si mostra piena di zelo, è una forza attiva in città, dunque bisogna favorirla, e da cosa nasce cosa. Le altre società si muovano e facciano altrettanto. --—sse—--:- Appunti bibliografici Elda Gianelli. Incontro. Racconti e bozzetti. Trieste. Balestra 1892. Un volume in ottavo di pagine 235. Vale un fiorino. Incontro non è titolo collettivo, come appare dalla forma sul cartoncino, ma così s'intitola il racconto più ampio. Seguono tre racconti e bozzetti — Padron Paolo — Ottuagenari — Settembre — Fior che uccide — Cicalata di Corrado — Il Capitano — Ritorno — Rivincita — Due amici — La giornata di Andrea. Così la gentile poetessa si afferma pure robusta prosatrice. Più che al bozzetto l'ingegno suo è inclinato alla novella ; non raccoglie ella nel suo album linee bizzarre e umoristiche ; i suoi sono schizzi, o meglio modellini in gesso che lo scultore aspetta di tradurre in statue. E nella novella evidente- mente è portata agli effetti drammatici. Pure qualche volta il dramma è più traveduto che espressamente trattato, come in Incontro dove qua e là manca l'azione, il dialogo; e i fatti sono riassunti in forma narrativa. Svolto con maggior cura, e pensato, il racconto potrebbe diventare un buon romanzo. E dico buono perchè la signorina Gianelli ha uno stile vigoroso, e molta attitudine a rappresentare effi-camente i suoi personaggi in attitudini scultorie così che la fantasia del lettore ne rimane fortemente impressionata. Tale alla fine del volume l'Andrea Novelli gettatosi dalla finestra e rimasto «sulle lastre del cortile, diritto, sul dorso, le braccie allargate come per un amplesso infinito.» Senza perdersi in noiose analisi l'egregia scrittrice sa rilevare e descrivere benissimo un carattere, con finezza di donna e di poetessa scruta il cuore umano e studiando sul vero e forse anche subbiettivamente dà al racconto, senza cadere nello strano, un ' aria di novità. Così la robusta pagina (211) in cui il Novelli manifesta i tormenti del genio. Rileggendola, ho sentito più volte fischiarmi all' orecchio quei due versi giovanili del Manzoni " E sento come il più divin s'invola, Nò può il giogo soffrir della parola „ Bellissimo e nuovo anche lo studio di' quel piccolo barbaro in - Fior che uccide -e straziante la -scena della povera martire. Ed ora un ' osservazione. Un proverbio dice veramente - La botte dà del vin che ha -ma trattandosi di una gentile signorina converrà mutarlo in quest'altro. - Il vaso dà dell'acqua odorosa di che è pieno. - La Gianelli ne' suoi versi trasfonde sempre la melanconia ; e tale si manifesta anche nelle sue prose. Quindi in tutte queste novelle domina il dolore e tutti i suoi personaggi finiscono male. In Incontro veramente Massimo se la cava con onore e sposa senza dote la sua bella; ma che triste impressione produce nell'animo del lettore quel padre rimasto solo, bestemmiando accanto al vecchio bracco. Sta bene; si ha quello che merita ; il realismo è sano ; pure il figlio potea essere meno crudele, e una nota caritatevole, umana non avrebbe certo stuonato. Padron Paolo è inesorabile, e da lui non c'è a sperare misericordia. Ma come è bella e vera la figura di quella povera sposa desolata ! — Il bozzetto degli Ottuagenari ci strazia l'animo alla chiusa. — Nel Settembre gli spiriti bizzarri sentono il lamento di tutti i fiori morti durante la stagione. Di - Fior che uccide - si è già detto. Nella - Cicalata di Corrado - eguale profonda tristezza. - Il Capitano muore sulla pubblica via. - In - Ritorno — Sergio perde 1' ultima illusione, e si sente ben vecchio, decrepito. - In - Rivincita anche gli arazzi congiurano a metterci di malumore, e i fiori si mutano in teschi. A proposito di arazzi, l'osservazione è fina e vera ; nella mia camera certi ghirigori e arabeschi sulla parete mi si presentano sempre in forma di teste di cani bouldog ; e io ne rido e faccio loro versacci : differenza di temperamento, ecco tutto. I - due amici - mi sollevano un po' l'animo, ma quel Navarro col cuo desolante cinismo mi fa ribrezzo, e da capo si finisce accanto a una fossa di mille lire. E per tornare in chiave nella - Giornata di Andrea - abbiamo lo spettacolo del povero maestro, col cranio sfracellato sul lastrico. Data anche la mitigante dell'indole, il lettore non sa perdonare all' egregia scrittrice la tendenza di rappresentare sempre la vita da un solo aspetto. Dopo tutto, al mondo non succede sempre così ; i lieti eventi ci compensano dei tristi ; alle giornate piovose succedono gli splendidi orizzonti; e per amore di varietà, se non altro, il romanziere deve rappresentare la vita sotto questo duplice aspetto. Il vario rende più vero il racconto. E non è già il pessimismo della Gianelli un pessimismo di scuola ; tanto è vero che qua e là, dalle nubi addensate, traluce qualche raggio vivificatore. L'ideale vi fa capolino, ma timido ; il sentimento vorrebbe prorompere, e come no ? dal cuore di donna e di poetessa gentile ; pure rimane quasi per freddo disegno della mente frenato. Questa tendenza ha la Gianelli comune con molte valorose poetesse contemporanee, e non vorrei ciò avvenisse per progetto, per mostrarsi alla altezza dei tempi, e della predicata emancipazione. Ed è ciò che snaturando la donna rende meno efficace lo stile. Ci vuol altro per esempio, a migliorare il popolo (e tutti siamo popolo) a consolare l'operaio, che la compassata filantropia e qualche massima buttata là, come le mille lire spese da quello scettico rabbioso di Navarro. Giacché la signorina Gianelli ha così ottime disposizioni, e possiede doti non comuni di novelliere, esca un po' dalla ristretta cerchia delle sue impressioni, guardi oggettivamente il vero, studi un altro lato della vita, avvicini i buoni, i contenti, come la vecchie-rella del Torti nella semplicità del loro cuore, nell'assicurazione di un ideale che ha conforti per tutti i mali ; e solo allora toccherà le alte cime dell'arte. Ma la critica non vuole esser ristretta ed ammirare solo i pregi e a notare le mende ; il suo più alto e nobile offizio si è quello di penetrare nella mente e nel cuore dell'artista, e di rimuovere con discreto e fratellevole a-more quei veli che per avventura adombrassero l'intelletto ed il cuore. Ciò posto, poiché tanta vita sobbiettiva traluce in questi racconti della malinconica scrittrice, mi permetta di additarle come norma direttiva la massima seguente. Un grande filosofo e poeta, dopo una lunga esperienza della vita conchiuse - non esservi a questo mondo altro di meglio che vivere lieti e fare il bene. - (Ecclesiaste, capo terzo). E non é una giaculatoria da baciapile questa; la sapienza ebraica va qui d'un passo con la serena filosofia antica e con le concezioni dell'arte classica. E qual bene liavvi miglibre per noi scrittori che la coscienza della nostra missione ? E qual migliore mezzo per acquietare i desideri del cuore, che il piacere di rendere contenti gli altri ? E qui faccio punto per non dare la stura ad un noioso sermone. Solo mi piace ancora notare che la lingua in questi racconti va secondando la bontà dello stile. Non qui inutili lirismi ; il racconto va via liscio senz'affettazioni ; nè mai la scrittrice monta sui trampoli della nuova rettorica fìlosofica-simbolistica. E se pure qua e là vi fosse qualche locuzione meno pura ; nè io sono cosi pedante da rilevarla; nè la Gianelli mi ha lasciato tempo a farlo : così mi sono sentito trascinare dalla novità del racconto e l'efficacia dello stile. Solo mi ricordo di un avea nevicato per era nevicato (a pagina 177). E troppo noto volere gì' impersonali in italiano l'ausiliare essere e non avere. Errore del resto scusabile, scusabilissimo, (e ci casco anche io qualche volta), per l'uso contrario del dialetto, e un po' anche, credo a Trieste, per la sintassi opposta della lingua tedesca. P. T. Riportiamo dalla „Colturau (23 Ottobre p. d.) l'articolo bibliografico: M. Tamaro. — Le città e le castella deW Istria Volume I. — Parenzo, Coana, 1892, 8, p. xiii, 336. Gli studii storici nell'Istria sono in grande fiore. Gli italiani ricercano nei ricordi del passato di ritemprare l'animo minacciati come sono nella loro nazionalità, costretti ad una lotta continua nella vita politica, nei municipi, nei tribunali, nelle scuole, nelle chiese — e in quest' ultime specialmente diventate purtroppo in gran parte, auspice la curia vescovile di Trieste, agenzie elettorali e centri di agitazione anti italiana e panslavista, con tanto danno sotto tutti i rispetti. Si studia la storia d'ogni comune e si pubblicano dalla Società istriana di archeologia e storia patria, statuti, statistiche, documenti, che poi sono divulgati tra la massa dei cittadini stessi da libri, come quelli del Caprin, da noi già annunciati, e come questo che ora annunciamo. Il Tamaro si è prefisso di compilare una specie di Guida dell' Istria, che non ne possiede alcuna, giacché superficiale ed errato è il libro dell'Yriarte: Trieste e V Istria. Visitò perciò tutta la provincia, e le sue impressioni, pubblicò - e continua a publicare cessato il giornale If Unione di Capodistria - nel! Istria di Parenzo che egli dirige e dove con tanta energia lotta per la difesa della nazionalità italiana. Colla scorta dei documenti egli vi rifà in forma piana e popolare, evitando ogni traccia di entusiasmo a freddo la storia di ogni città, e-sponendone poi de visu le condizioni attuali. Comincia ora la stampa in volume di quelle sue lettere, corrette e modificate nella forma e il primo volume, testé uscito e che si legge con piacere e profitto, fa desiderare che ne continui con alacrità la stampa, ad onta della poca uniformità e continuità, che vi si riscontrano per effetto del modo della compilazione, e ad onta di qualche errore facilmente perdonabile. Il primo volume è dedicato tutto — meno tre capitoli in fine — a Pola, la grande fortezza dell'Adriatico. Sita in un punto oltremodo pittoresco, con un porto che sembra un lago circondato da amenissimi poggi, con monumenti romani in uno stato mirabile di conservazione, — laddove più traccie lasciò il deperimento della città nei monumenti posteriori — essa anche nella sua nuova condizione conserva nella parte antica la fisonomia delle altre città istriane, «le strade bistorte, i vicoli angusti, le androne dalla luce riflessa, i campielli pittoreschi, le case antiche dal colore perso e dallo stile prettamente veneto.» Ed egualmente se Pola deve la sua recente grandezza ad un elemento non indigeno, l'elemento istriano, italiano, si afferma sempre, specialmente nel municipio, come padrone del luogo. Ma non è il presente,, che interessi il Tamaro : è il passato, romano, bizantino, indipendente, veneto : è la storia di Pola, che, esposta nudamente, ce la fa vedere sempre italiana. La sua storia politica, colle divisioni e lotte intestine, e i suoi ordinamenti sono prove della sua italianità. Così la sua storia artistica, le sue basilishe, che ebbe numerose come tutta l'Istria, la terra delle basiliche per eccellenza, le sue chiese, tra cui notevole quella di S. Michele in Monte, da cui Dante vide il loco varo, tutti gli altri monumenti religiosi, i monasteri, le abbazie, nelle quali vivevano, benemeriti del paese, i Benedettini, e tutta la sua storia ecclesiastica, e specialmente quella de' suoi vescovi, ce la fanno senza dubbio riconoscere città prettamente italiana. Senonchè fu sfortunata. Il progresso del suo deperimento per le guerre, la malaria le pestilenze, che vi scoppiarono sino a sei volte in un secolo, noi possiamo seguirlo nelle mirabili relazioni dei provveditori e capitani veneti. Questi cercarono bensì di provvedere, ma con tanta poca efficacia, che alla caduta della Repubblica Pola contava appena G00 abitanti. Un solo provvedimento fu efficace, ma tristamente efficace qui, come ili tutta T Istria : il trasporto fatto dalla Serenissima di nuove genti dalla Dalmazia e dalle isole greche, di morlacchi rumeni, albanesi, montenegrini, serbi, ilirici, liburni, erzegovesi coli' intento di ripopolare il paese. Buon intento che ebbe tristi effetti. Che se una parte di questi — notiamo p. es. le 15 famiglie montenegrino trasportate a Peroi nel 1657 — si dimostrarono grati e ossequienti alla civiltà del paese che gli accolse, altri divennero molto importuni, facendo diventare 1' agro istriano un campo di profughi ladroni, sino a che i Francesi con una guerra accanita non vi soppressero questo brigantaggio. Ed oggi per altro rispetto quegli stessi slavi sono il più serio sopraccapo della povera provincia. D. Vaglieri ------ PUBBLICAZIONI Archeografo Triestino, edito per cura della Società del gabinetto di Minerva. Nuova Serie, volume XVIII, fascicolo 1 — Gennaio — Giugno 1892. Joppi dott. Vincenzo — Documenti goriziani del secolo XV (continuazione). Gregorutti dott. Carlo — L' antico Timavo e le vie Gemina e Postumia (cont. e fine). Caprin Giuseppe — I dissidi tra i figli di Raimondo VI della Torre. Rossetti dott. Domenico — Delle saline di Trieste ; considerazioni sulla loro storia e legislazione (cont.). Vassilicb Giuseppe — L'ultimo dei Frangipani,-conte di Veglia (seguito al lavoro : "Da dedizione a dedizione,). Morteani prof. Luigi — Storia di Montona, con appendice e documenti (continuazione). Lorenzutti dott. Lorenzo — Relazione della LXXX1I annata della Società di Minerva, letta nel Congresso del 22 giugno 1892. Varietà : Pavani Eugenio — Documento risguar-dante 1' ordine dei Cappuccini in Trieste — Una circolare inedita del dott. Pietro Kandler Joppi dott. Vincenzo — Due documenti inediti istro-tergestini. C. dott. Marchesetti — Relazione sngli scavi preistorici eseguiti negli anni 1889, 1990 e 1891, A. Puschi — Scoperte archeologiche — Ristami e scoperte nel duomo di S. Giusto. Rivista bibliografica: A. P, Atti e memiorie della Società istriana di archeologia e storia patria. La Direzione, D. Vaglieri — Miscellanea. Trieste, stabilimento art. tipogr. G. Caprin, 1892. Riccardo Pitteri — Nel golfo di Trieste — Versi — Trieste, stab. art. tip. G. Caprin edit., 1892. Zaccaria Maver — Appunti critici sull' opera : "Le menzogne convenzionali della nostra civiltà, di Max Nordau (pubblicati da Carolina ved. Maver contessa Puppi) — Trieste, tipografia Giov. Balestra 1892.