Received: 2014-08-12 UDC 930.2:332.2(450.36)"17" Original scientific article I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A META SETTECENTO Mauro PITTERI ITIS C. Zuccante, via Baglioni 22, 30173 Venezia Mestre, Italia e-mail: mpitteri@libero.it SINTESI Nel secondo Settecento, il confine del basso Friuli fra la Repubblica di Venezia e I'Impero era complicato dalla presenza di numerose enclave, costituite soprattutto da pascoli di diretto dominio del sovrano, aperti all'uso perd promiscuo delle comunita di villaggio confinanti. La nuova concezione della territorialita statale mal sopportava una situazione cosi confusa. Percid, un Commissariato fu istituito per dirimere la questione e per dare ai due Stati un confine razionale. La documentazione usata si trova nel fondo archivistico veneziano della Camera dei Confini e il suo spoglio ha permesso di far luce sui criteri adoperati per raggiungere lo scopo. Parole chiave: confini, beni comunali promiscui, pascoli, linea territoriale PROMISCUOUS COMMON GOODS IN MID-18TH CENTURY LOWER FRIULI ABSTRACT In the second half of the 18th century, in the lower Friuli the border between the Republic of Venice and the Empire was characterized by the presence of a large number of enclave, especially pastures owned by the Emperor but used also by neighboring communities. Within the new conception of state territoriality, a so confusing situation could no longer be tolerated. Therefore a Commissariato was established in order to settle this question and provide a rational boundary system. Primary sources of the Camera dei Confini (State Archive of Venice) have been used in order to shed light on the criteria adopted by the Commissariato. Keywords: borders, promiscuous common goods, pastures, territorial line Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A META SETTECENTO, 875-886 I cosiddetti «promiscui» del basso Friuli erano beni comunali lasciati dalla Repubbli-ca in uso collettivo ai capifamiglia di villaggi veneti che li godevano assieme a quelli di altri villaggi divenuti in seguito imperiali dopo le guerre d'Italia del primo Cinquecento. Insomma, fianco a fianco, nello stesso pascolo potevano brucare greggi di pastori di so-vrani diversi, perche il diritto a condurvi i propri animali risaliva ai tempi del patriarca di Aquileia, quando il Friuli era ancora politicamente unito. Le mire espansionistiche di Massimiliano d'Asburgo, da un lato, e la resistenza veneziana, dall'altro, trasformarono il territorio friulano in un puzzle con delle enclave i cui confini si confondevano con quelli dei beni comunali promiscui divenuti cosi d'incerta giurisdizione, quasi fossero una sorta di territorio neutro. Quella di piu villaggi insistenti sullo stesso pascolo non e certo una peculiarity friu-lana. Non mancavano in altre province beni a uso collettivo goduti da diverse comunita di villaggio, che prendevano il nome di «compascui» o «comugne», ma, di solito, tutti i pastori erano sudditi dello stesso Principe (Barbacetto, 2008, 15-32; Bragaggia, 2012, 190-200). Queste erano «forme di appartenenza sopravicinali» che pero in eta moderna stavano evolvendo verso proprieta collettive di «una sola comunita libera da promiscuita di sortam» (Barbacetto, 2000, 125, 127). I beni comunali promiscui non sono neppure assimilabili al vago pascolo o, come si chiama in Friuli, al pascolo «ad erba mortal) (Cittadella 2012, 299). E neppure parago-nabili alle comunaglie contese fra villaggi di diversi principi come accadeva al confine fra la repubblica di Genova e il ducato di Savoia. Insomma, col termine di promiscuo qui s'intendono solo quei pascoli e quei boschi utilizzati da comunita di villaggio suddite di due sovrani, cosa che accadeva di frequente nelle zone di confine. Ad esempio, in Istria, alcuni campi incolti contesi fra i villaggi di Rozzo veneta e Semich imperiale, erano «di pascolo promiscuo tanto all'uno che all'altro comune».1 Si trattava di terreni contesi fra i due Stati e poiche prima dei trattati degli anni Cinquanta del secolo XVIII non si era mai riuscito a stabilire un confine certo, rimasero tali e presero anche il nome di «differenze». Nel 1750, relazionando sugli scontri avvenuti fra la villa di Monpaderno del castello veneto di San Lorenzo e quella di Antignana soggetta al contado imperiale di Pisino, i provveditori ai confini di Capodistria, Orazio Fini e Giuseppe Gravisi, sostennero che la voce differenze aveva due significati: uno, quello di un terreno contenzioso, l'altro, di terreno promiscuo.2 La diversita sostanziale fra i promiscui istriani e quelli di tutto l'arco alpino con quelli invece del basso Friuli stava nel sito. Qui non si era in montagna ma in pianura, sia pure spesso soggetta a impaludamenti. Ebbene, secondo il commissario ai confini Giovanni Dona, in pianura, in nessun'altra provincia del Veneto e dell'intera Europa, vi erano cosi tanti pascoli promiscui giunti fino alle soglie dell'eta moderna. Erano un'eredita dell'an- ASVE, Confini, busta [b.] 240. Secondo i capi del villaggio veneto di Rozzo, dopo gli scontri avvenuti nel 1743, quei campi erano « rimasti incolti e promiscui dove tanto loro che noi se pascevimo gli animali senza che sij piu successeno altro inconveniente». Sgrammaticato ma chiaro. ASVE, Confini, b. 240. Citando la famosa sentenza di Trento del 1535, i due provveditori scrivevano che questo tipo di differenze o promiscui erano fondi «ubi possint promiscue pascuare et comugnari» (corsivo nel testo), cosi come accadeva per le «differenze» di Zumesco presso il bosco di Montona. Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A METÄ SETTECENTO, 875-886 tico principio deWuti possidetis concordato secoli prima a Worms, soluzione irrazionale, anche se servi in quel momento a far cessare il fragore delle armi. Altra caratteristica del basso Friuli era il numero elevato di villaggi che pretendevano diritti d'uso in un bene comunale indiviso, addirittura nove in un caso emblematico, e cio aumento le difficolta di chi doveva stabilire un confine certo. Secondo Dona, nel Cinquecento e per tutta la prima meta del secolo successivo, essi non furono causa di contese di rilievo. Forse, lo scarso numero delle boarie permetteva a tutti di usufruire di quei pascoli senza controversie, magari condividendone un confine d'uso virtuale stabilito da un tacito accordo. Poi, quando nel secondo Seicento entrambi i sovrani avviarono lo scorporo del patrimonio pubblico per ragioni finanziarie, ricominciarono le contese.3 La riduzione a coltura da parte dei privati delle porzioni di pascolo scorporate dal Demanio e l'aumentata pressione demografica, resero ancor piu preziosi i promiscui rimasti in uso alle comunita di villaggio. La loro incerta sovranita fu trasformata da ostacolo a una corretta agricoltura a utile pretesto per impedire altre alienazioni e altri dissodamenti. Infatti, non essendovi in quei siti un preciso confine tra i due Stati, non fu possibile procedere ulteriormente agli scorpori perche nessuno sapeva nemmeno a spanne per dove passasse la linea territoriale. Anche se un tempo fossero stati eretti dei termini, i capi di quei villaggi avevano tutto l'interesse a nasconderli o a negarne l'esistenza. Fu quello un modo singolare di difesa dell'uso collettivo di proprieta statali concesse in usufrutto alle comunita di villaggio dalla pressione individualistica dei privati, forse unico nel suo genere. In un certo senso, i promiscui sono stati un'altra manifestazione della furbizia conta-dina che univa villici veneti e arciducali, i quali del resto parlavano la stessa lingua. Essi trovarono cosi il modo di difendere il proprio tesoro di pascoli e boschi approfittando dell'incertezza confinaria e della confusione provocata dalla presenza di numerose enclave austriache. Insomma, avevano sfruttato a loro vantaggio il fatto che nessuno dei due Principi poteva esattamente sapere quale parte di quei promiscui potesse venir scorporata, poiche non era possibile stabilirne la sovranita. Questo aiuta in parte a comprendere come mai una situazione in apparenza paradossale e del tutto anacronistica, come quella dei numerosi promiscui disposti lungo i confini delle enclave del basso Friuli, abbia resistito fino alla fine dell'eta moderna. Insomma il confine fra due potenze tra loro in lotta per tutta la prima meta del Seicen-to, ha favorito il persistere di situazioni giuridiche premoderne. Oltre ai beni comunali promiscui e alle piccole enclave, un altro esempio ne sono le giurisdizioni feudali, specie quelle delle quattro abbazie, cosa ritenuta straordinaria anche in un Friuli feudale. Evi-dentemente, la prossimita del confine imperiale ha consigliato di non modificare antichi e consolidati equilibri (Lorenzini, 2012, 175). Nel 1750, si ebbero le prime conferenze della Commissione austro-veneta che doveva stabilire il confine fra l'Impero e la Repubblica, politica propria dei sovrani europei dell'eta illuministica volta al consolidamento della propria formazione territoriale. In via 3 ASVE, Confini, b. 230, 8 agosto 1753. Ora, mentre sono state studiate le vendite dei beni comunali nel Friuli veneto (Bianco, 1994) non abbiamo analoghi studi per il versante asburgico. Tuttavia, i dispacci del commissario Dona certificano gli avvenuti scorpori anche nel Friuli austriaco. Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A META SETTECENTO, 875-886 preliminare, s'incaricarono i rispettivi ingegneri di eseguire un disegno generale della parte bassa del Friuli, dov'erano piu numerosi ed estesi i pascoli promiscui. La difficolta pero di dividerli e di assegnarne una quota ai vari villaggi rallento le operazioni. Cosi, fra il 1751 e il 1752, la Commissione non delibero nulla in materia di promiscui. Solo, di nuovo, il commissario veneto si lamento delle intersezioni cosi frequenti fra i due Stati. Le enclave o «isoli», com'erano chiamate dai veneti, erano cosi tante da costituire linee di confine lunghissime e spezzettate che entravano dentro pascoli promiscui ampi almeno 17.000 campi. Per uscire da un tale labirinto, bisognava intanto che gli ingegneri prendes-sero in esatta misura la superficie di quei beni comunali, poiche, altrimenti, le discussioni fra le parti interessate sarebbero state infinite.4 Finalmente, durante le conferenze del 1753, la questione dei beni comunali promiscui fu affrontata di petto. Bisognava ripartirli tra i villaggi e cosi la quota assegnata ai veneti sarebbe divenuta di giurisdizione della Repubblica e, viceversa, imperiale quella assegnata agli altri. L'esame inizio dai pascoli goduti da quattro villaggi, tre veneti e uno imperiale, compresi fra le acque del Torre, del Natisone e dello Judrio. Com'era prevedi-bile, nessuno dei capi delle comunita interessate possedeva documenti che potessero in qualche modo indicare un confine. Era come se in quelle contrade la divisone del Friuli fra Repubblica e Impero non ci fosse mai stata. Si, il villaggio, la sua chiesa e le sue case avevano un principe designato, ma le pertinenze sembravano sfumare, quasi fossero una sorta di terra di nessuno. In mancanza di una documentazione certa, com'era per la maggior parte dei casi friulani, i sovrani avevano autorizzato la commissione a procedere secondo il principio dell 'ex aequo et bono. Seguendo criteri di giustizia ed equita, i com-missari dovevano appurare innanzitutto chi da lungo tempo detenesse il quieto possesso di quei pascoli e per farlo s'interrogarono gli anziani e i pratici. Poi, si tenne conto del numero dei fuochi, del parco animali e degli effettivi bisogni agricoli di ciascuna comunita di villaggio. Dopo il sopralluogo, gli ingegneri cercarono di ripartire il promiscuo in modo tale che tutti potessero disporre di quanto necessario, unico modo per evitare il rischio di futuri sconfinamenti e nuove liti. Poi, per semplificare le cose, provarono a individuare sul terreno termini naturali o artificiali che potessero facilitare il loro compi-to, come un rivo, un fosso o un muretto; sulla mappa da loro eseguita dei beni comunali promiscui di questi villaggi, gli ingegneri tirarono delle linee divisorie e infine proposero ai due commissari una ragionevole e chiara linea di demarcazione. Questi ne discussero, sentirono di nuovo le popolazioni interessate e infine convennero su di una linea divisoria dei beni comunali promiscui, che sarebbe divenuta anche confine di Stato.5 La preventiva individuazione dei promiscui, della loro estensione e la loro contermi-nazione era un lavoro noioso e defatigante ma necessario per sciogliere questioni cosi intricate. Cosi fu risolta anche l'annosa vertenza che contrapponeva Cormons arciducale a Brazzano, il principale villaggio di quel lembo dello Stato veneto che si estendeva al di la del torrente Judrio. E la contesa riguardava la giurisdizione di un mulino usato soprattutto 4 ASVE, Confini, b. 229, 1° agosto 1751e 22 marzo 1752. 5 ASVE, Confini, b. 230, 29 aprile 1753. I villaggi che godevano quel promiscuo erano Chiopris austriaco e i tre veneti di Viscon di Torre (Viscone), Medeuzza e Villanova (Villanova del Judrio). Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A METÄ SETTECENTO, 875-886 dai sudditi imperiali ma troppo vicino a Brazzano per farvi correre la linea territoriale. Dunque, dividendo il promiscuo, il mulino sarebbe passato sotto la dominazione veneta. Tuttavia, per ragioni di giustizia, fu stabilito il libero transito senza alcun aggravio per i sudditi imperiali e con l'assicurazione scritta da riportare solennemente in un articolo del trattato, che si sarebbe sempre garantito loro l'accesso alle macine, anche in caso di emergenze sanitarie.6 * * * Per tutto il 1753, il Commissariato continuo a occuparsi anche di pascoli promiscui. Uno di essi, era in realta un'immensa palude alla sinistra orografica del fiume Corno. Un grande spazio conteso per il quale esistevano investiture seicentesche del Magistrato dei beni comunali, ma ora, a piu di un secolo di distanza, impossibili da verificare, tanto erano mutati i luoghi. Poi, gli scorpori a favore dei privati e la conseguente riduzione a coltura avevano modificato il paesaggio. Quello che un tempo era un grande incolto mezzo impaludato esteso fino ai boschi delle marine ora era interrotto dai campi arati e dai filari di vite. E lo scavo dei nuovi scoli e dei fossi divisori tra la proprieta divenuta privata e quella rimasta di uso collettivo, aveva reso arduo rinvenire le antiche linee territoriali. Per i capi dei villaggi del Friuli asburgico, si trattava di beni soggetti al giusdicente di Gonars che stava brigando molto per impossessarsene, anche a danno di quei privati che ne avevano acquistato una parte dal Demanio.7 Un bel rompicapo. Per uscire d'impasse, i due commissari esaminarono in via riservata i documenti presen-tati dagli interessati e da quel giusdicente, trovandoli contraddittori, senza l'indicazione di un confine certo. Percio, anche per delimitare quest'ampia palude, decisero di tralasciare la lettura di quelle vecchie carte e di partire dall'esame dello stato di fatto. A suggerirlo fu per primo Dona, mentre il suo collega, il generale Harrsch,8 ebbe qualche momento d'imbaraz-zo. Infatti, aveva tra le mani un documento dei Provveditori sopra beni comunali che designava di 1.547 campi la superficie di quel promiscuo conteso. Invece, le misurazioni ese-guite dagli ingegneri ne rinvennero solo 500, segno d'intacchi notevoli. Nelle conferenze ufficiali, si chiese ai privati di esibire i titoli legali dei loro possessi, mentre il rappresentante del giusdicente di Gonars, un membro della famiglia Vosserman, insisteva nell'asserire che quella palude promiscua era tutta soggetta al suo principale. Il contrasto fra Malisana e Gonars per la divisone della palude promiscua fu forse la piu importante ma non certo l'unica questione da risolvere nel basso Friuli dove piu diffuse erano le enclave austriache. Infatti altre sei contese di simile natura coinvolgevano praticamente tutti i quattordici villaggi austriaci compresi tra il fiume Ausa, le lagune e la Stradalta, la strada regia postale che univa Gorizia a Pordenone. Non e che in passato non si cerco di dividere i beni comunali promiscui fra le comunita di villaggio interessate. Si trattava del mulino di San Quirino posto tra Brazzano e Cormons che si alimentava con una roggia presa dallo Judrio qui tutto veneto. Vedi articoli 5 e 6 del Trattato di Gorizia 25 aprile 1753. Il villaggio veneto maggiormente interessato a quel bene comunale promiscuo detto «Savojan o Pradiceu» era Malisana. ASVE, Confini, b. 230, 6 maggio 1753. Il generale Ferdinando Filippo conte di Harrsch ricevette la plenipotenza nell'aprile del 1752. Suo padre aveva combattuto per la Repubblica durante la Guerra di Morea. 6 7 Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A META SETTECENTO, 875-886 Infatti, nel 1743, si svolse una conferenza voluta dalla stessa imperatrice, ma falli perche se si era d'accordo sull'utilita di ripartire quei pascoli, non si riusci a trovare un metodo condiviso d'esecuzione.9 Per trovarlo, occorreva stabilire dei criteri e gli unici efficaci in tanta confusione erano quelli pragmatici concordati fra i Sovrani solo nel 1748 con l'ado-zione del principio dell'ex aequo et bono, in caso di assenza di una documentazione certa e valida, com'era per la maggior parte dei casi. I criteri dunque. Il generale Harrsch cerco di riproporre uno di quelli di dieci anni prima, ossia, di ripartire il pascolo promiscuo in misura proporzionale al numero degli abitanti di ciascuna comunita di villaggio che lo godeva. Tuttavia, in questa parte della pianura, il criterio della popolazione avrebbe danneggiato troppo la sovranita della Re-pubblica. Essendo meno abitati, i villaggi del Friuli veneto avrebbero ricevuto una quota minore di pascolo e percio Dona si oppose. Per lui, occorreva prima esaminare lo stato di fatto e poi ripartire quei pascoli in base all'antico e indiscusso possesso. Alla fine, il commissario imperiale convenne con Dona, non vi era altro modo per ripartire i beni comunali promiscui e mantenere al contempo la quiete fra le popolazioni confinanti che partire dalla situazione presente in quel momento. Quando l'accordo per la divisione della grande palude rivendicata tra gli altri dal giusdi-cente di Gonars sembrava a portata di mano, sopraggiunse una nuova difficolta legata alla complicata feudalita dell'Impero. Infatti, l'investitura ricevuta da quel giusdicente era ca-merale e percio soggetta a devoluzione e quindi da ritenersi inviolabile e inalienabile. Se, come stabilito, si divideva il promiscuo in nove parti, tante quante le comunita di villaggio interessate, assegnandone quattro ai veneti e cinque agli austriaci, ebbene, le quote venete non potevano piu essere restituite alla Camera imperiale in caso di devoluzione. II generale era perplesso. Se non si chiariva lo stato giuridico di quel bene comunale promiscuo, il giusdicente avrebbe avuto buon gioco ad insinuate dubbi fra i membri del Direttorio viennese, mettendo a rischio la ratifica di quanto convenuto con tanta fatica. Poi temeva anche le proteste dei villaggi austriaci, tutti e sei in agitazione poiche si vo-ciferava che una volta assegnati all'imperatrice, i beni comunali sarebbero stati posti in vendita. Era un rischio che quelle comunita non volevano correre e quindi misero in atto pratiche ostruzionistiche per impedirne la suddivisione. Certo, si poteva comunque assegnarne il godimento dei pascoli alle comunita di villaggio venete, lasciandone la sovranita all'Austria, in questo modo si sarebbe superato il problema della devoluzione. Pero, cosi facendo, i sudditi veneti avrebbero continuato ad essere soggetti ai giusdicenti imperiali, cosa che per amor di giustizia il commissario Dona voleva evitare assoluta-mente. In queste situazioni egli voleva che le linee confinarie di possesso e di principato coincidessero. E poi, si chiedeva, in un caso come quello prospettato, un pascolo di uso veneto ma di sovranita austriaca, come agire in caso di emergenze sanitarie? O i sudditi dovevano rinunciare al pascolo rimanendo al di qua del cordone, oppure dovevano ab-bandonare le proprie case per trasferirsi all'estero. La spartizione di un pascolo, una cosa in se di poco conto, toccando pero uno dei punti sensibili della sovranita, la popolazione, diveniva un affare di Stato tra i piu delicati. 9 Accenna a quelle conferenze condotte dall'ambasciatore Capello (ASVE, Confini, b. 230, 1° luglio 1753). Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A METÄ SETTECENTO, 875-886 Suddividere equamente tra le varie comunita di villaggio i beni comunali promiscui era come risolvere un rompicapo. Se si voleva una linea divisoria chiara e ragionevole, il piu vicina possibile a una linea retta, occorreva ricorrere a delle permute, anche minute, qualche fazzoletto di terra, a seconda delle circostanze, togliendo ad alcuni un lembo di pascolo da una parte e restituendolo da un'altra. Per far cio con raziocinio, fu necessario ascoltare le popolazioni locali, inviare sul posto gli ingegneri per verificarne la fattibilita e ottenere se non l'assenso almeno la non opposizione ai concambi dagli interessati. Per il motivo gia accennato, il timore di scorpori di beni comunali, ci fu una sorta di resistenza passiva operata concordemente dai sudditi di entrambi gli Stati. Paventando la rovina una volta spogliati dei pascoli, i capi di quelle comunita avanzarono mille cavilli per ritardare l'operato dei commissari, sperando in un rinvio, com'era successo tante altre volte in passato. Per Dona, quelle voci di prossime alienazioni dei beni comunali erano sparse ad arte dai malcontenti, da chi vedeva scemare la propria rendita di posizione una volta ben regolato il confine. Voci che non avevano alcun fondamento, almeno per parte veneta. Invece, il generale Harrsch dovette confidargli che quei sospetti non erano del tut-to ingiustificati. Aveva notizie certe che gia erano stati presentati alla Regina imperatrice dei progetti di scorporo dei beni comunali, per ragioni di economia.10 Il piu o meno fondato timore di un'ulteriore vendita dei beni comunali fu uno dei principali ostacoli da superare per definire i limiti territoriali dei due Stati nel basso Friuli. Il generale Harrsch sperava di essere consultato prima che il Direttorio procedesse alle alienazioni dei pascoli promiscui. In tal caso, avrebbe dato parere negativo. Infatti, a suo avviso, quegli scorpori avrebbero spopolato definitivamente la provincia di Gradisca. E poteva dirlo con cognizione di causa. Infatti, tra i suoi incarichi, ebbe anche quello di stabilire l'entita delle «cernide» da istituire nuovamente nelle province di Gradisca e Gorizia, ossia, il computo dei contadini da destinare alle armi in caso di necessita. Per adempiere al mandato, doveva prima conoscere il numero esatto della popolazione locale e percio aveva ordinato una ricognizione della gente suddita di quei contadi dove furono censite solo 22.000 anime. Quella somma lo sorprese negativamente, troppo esigua, tanto da apparirgli inverosimile, contandone la meta la sola citta di Gorizia. Poi, appuro che i terreni migliori del contado di Gradisca non si stimavano mai piu di 60 o 70 ducati al campo, prezzo a suo dire troppo basso. Il confronto con il distretto di Tolmino era imba-razzante. Pur essendo quello un territorio montuoso e freddo, era piu densamente popo-lato e i terreni agricoli meglio stimati perche si vendevano anche a 150 ducati il campo. Ebbene, secondo il generale, la poverta del contado di Gradisca era dovuta alla mancanza di pascoli sufficienti ad allevare il bestiame necessario ai lavori agricoli. Impoverendo quei sudditi, le vendite passate dei beni comunali avevano favorito lo spopolamento. La scarsa manodopera e la penuria del patrimonio zootecnico avevano provocato di conse-guenza il deprezzamento dei terreni. Dona concordo appieno con le argomentazioni del suo collega. Anche per lui l'insuf-ficienza dei pascoli dovuta alla vendita dei beni comunali era uno dei piu gravi problemi del basso Friuli. Insomma, se anche da parte imperiale, come gia si era stabilito dalla 10 ASVE, Confini, b. 230, 8 e 29 luglio 1753. Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A META SETTECENTO, 875-886 Repubblica, si fossero dichiarati inalienabili i beni comunali gia promiscui, sarebbe stato molto piu facile ricondurre quelle comunita di villaggio alla quiete e all'obbedienza e, finalmente, dividendo quei pascoli, stabilire anche una condivisa linea territoriale. * * * In quell'estate del 1753, grazie al lavoro indefesso degli ingegneri, i commissari sotto-scrissero la convenzione che regolava i confini della piu grande enclave austriaca, forte di quattordici popolosi villaggi, fra cui San Giorgio e Nogaro, separati dal restante contado di Gradisca da diciassette villaggi veneti compnesi tra il corso del fiume Ausa, le lagune e Palmanova." Anche in questa enclave, la questione dei promiscui fu risolta con la ripartizione tra le varie comunita di villaggio. Dove il contenzioso era di poca importanza, le divisioni fu-rono facili perche conveniva a entrambe le parti definire con esattezza i pascoli dove con-durre senza noie il proprio bestiame.12 Un conto pero fu segnane quelle linee sulle mappe, ben altra cosa fu renderle percepibili dando loro concretezza materiale. Cio richiese agli ingegneri una pazienza certosina. Ad esempio, ne servi parecchia per delimitare un pa-scolo promiscuo di circa 600 campi, gia di diretto dominio del soppresso patriarcato di Aquileia, entro il quale insistevano a complicare le cose dei coltivi di privati. Dunque, non solo bisognava ripartire quei beni comunali tra le varie comunita di villaggio che ne detenevano il dominio utile, ma occorreva tener conto anche della proprieta di singoli sudditi. Infatti, non si poteva di certo far passare un confine di Stato tagliando in due un campo di grano o separando dei filari di vite sostenuti magari da dei gelsi senza la rovina delle ditte titolari. Allora, per prima cosa, si decise di soprassedere sulla questione degli usurpi, dando per assodato che quelle proprieta private fossero legittime, nonostante la loro sospetta collocazione in mezzo a un grande pascolo. Sarebbe stato troppo lungo e costoso ripercorrerne le vicende secolari e poi erano di scarso valore. Quindi, per non tagliare in due le aziende contadine, i commissari concordarono delle piccole permute di sovranita cosi da far coincidere la linea territoriale con un confine notabile, il corso d'ac-qua detto Zellina, termine naturale cosi chiaro da essere inequivocabile.13 Rimaneva da sciogliere la questione relativa al grande promiscuo goduto da cinque villaggi austriaci, fra cui Gonars, e quattro veneti, fra cui Malisana. Il generale ripiglio l'argomento della ripartizione, piu complicata in questo caso data la natura paludosa dei suoli. Necessitarono pazienza e fantasia. Per dare ai contorni della mappa una figura se non 11 ASVE, Confini, b. 230, 8 agosto 1753. 12 Ecco alcuni esempi di facile divisione dei pascoli promiscui regolati dal Trattato di Gorizia 4 agosto 1753. A causa della poca erba, il villaggio imperiale di Ontagnano possedeva un tratto di Stradalta promiscuo con Palmada veneta, quasi sotto le mura della fortezza; Ontagnano aveva poi in comune con Bagnaria veneta una palude di 20 campi. Si fece facilmente la divisione di entrambi i promiscui (artt. 1 e 48). Poi si divisero i due promiscui goduti insieme dalla veneta Corgnolo e dall'austriaca Porpetto, nel modo piu salomonico, dandone uno ciascuna (art. 7). Ancora, si stabili la divisione di 218 campi fra Porpetto e l'enclave veneta di Zuccola (artt. 19-23). 13 Questo ampio pascolo detto Boscet fu ripartito tra i villaggi austriaci di San Giorgio e Nogaro e quelli veneti di Morsano, Pozzoi e Pampaluna. Il confine si fece correre sull'acqua Zellina (artt. 32-36). Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A META SETTECENTO, 875-886 perfetta almeno decente, fu necessario un abile gioco di scambio.14 Si approfitto del fatto che la comunita di Gonars assieme ad altre tre comunita venete, pascolava su due promi-scui tra loro separati dai coltivi dei privati. Ebbene, Gonars avrebbe ceduto i suoi diritti ai tre villaggi veneti in quei beni comunali che sarebbero cosi divenuti di giurisdizione della Repubblica. In cambio, avrebbe acquisito da quelle tre comunita i diritti sui beni comunali di un altro promiscuo, che sarebbe cosi diventato tutto di sovranita imperiale.15 Restava ancora da risolvere la questione del pascolo bastevole agli animali della comunita veneta di Malisana, la piu lontana dai confini dei beni comunali promiscui che si andavano a ripartire; e le cui case si ritrovarono distanti dall'appezzamento assegnato dopo tutte quelle permute. Se non si rimediava, si sarebbero ripetuti gli sconfinamenti con buona pace della quiete che si voleva raggiungere. I due commissari concordarono di ritagliare dal corpo maggiore del pascolo un terreno ampio 60 campi da concedere in uso a quelli di Malisana che pero sarebbe rimasto sotto la sovranita austriaca e questo Dona non riusci proprio ad evitarlo. Infatti, il generale non era ancora del tutto sicuro sulla questione delle devoluzioni camerali, voleva andarci cauto cosi da essere certo delle ratifiche. Comunque, se la sua Corte avesse acconsentito, ben volentieri avrebbe accordato quei campi alla Repubblica. La divisione dei promiscui, assieme alla confusione, avrebbe eliminato un bel po' di dispute confinali. Rimaneva ora da rendere chiaramente percepibile con termini artificiali o naturali la linea di demarcazione. Non era semplice perche contratti di compravendita e d'affitto operati da sudditi di entrambi gli Stati avevano frammischiato i possessi. Perlu-strando i luoghi, gli ingegneri trovarono una realta diversa da quella immaginata. Infatti, si aspettavano solo ampie distese eilbose e invece s'imbatterono in numerosi campi colti-vati, ma tant'e, cosi erano le cose e occorreva tenerne conto. Ecco perche servirono ben dodici articoli della convenzione per dividere il territorio di Morsano veneta da quello di Gonars, cosa altrimenti inconcepibile la cui noiosa minuzia delle descrizioni stupisce essendo riferita a un contendere in fondo di poco conto, se non fosse per la prossimita alla fortezza di Palmanova. Per ragioni di equita, la linea territoriale dovette seguire l'andamento irregolare dei possessi e dei beni comunali promiscui appena ripartiti.16 Cosi si delimito anche l'isolo veneto di Zuccola chiuso su tutti i lati dal villaggio austriaco di Corgnolo. L'effetto era quello di una specie di scatola cinese, un'enclave dentro un'altra enclave. Puo sembrar curioso come in un solenne trattato internazionale fosse menzionato con dovizia di parti- 14 Le cinque ville austriache compresa Gonars erano Castel Porpetto, Porpetto, Fornei (Fornelli) e Favris. Le venete, compresa Malisana erano Felettis, Chiasellis e Bicinicco, distanti da Malisana 8 miglia. 15 Gonars acquisiva i diritti nel pascolo Pradiceu esteso 600 campi. I tre villaggi veneti nel Modolet e in un altro promiscuo chiamato Vieri (art. 51). 16 Trattato di Gorizia 4 agosto 1753. Il promiscuo in questione era chiamato Modolet (artt. 2-13). Di questa linea territoriale e rimasta la pietra confinaria principale con iscrizione latina, tuttavia non al suo posto, toltavi dai francesi nel 1808, ma nel cortile della canonica di Gonars: FINES/ AUSTRIAE INFERIORIS ET VENETI FORI IULII/ POST PACEM VORMATIENSEM/ NUNQUAM CONSTITUTI/ REGNANTIBUS/ MARIA THERESIA/ R. I. S. A. H. B. R. A. A./ ET/ FRANCISCO LAUREDANO/ VENETIARUM DUCE/ FERDINANDO PHILIPPO CO. DE HARRSCH/ IOANNE DONATO/ ARBITRIS FINIUM RECUDORUM/ COMPOSITI/ MDCCLIII. Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A METÄ SETTECENTO, 875-886 colari il perimetro di un villaggio di appena dieci fuochi e di circa cento abitanti.17 Tutto questo pero si spiega con l'intento di avere un'esatta ricognizione, mai avuta prima, di tutte le situazioni del basso Friuli, condizione necessaria se si voleva poi procedere alla definizione di un confine razionale volto a perfezionare il territorio di entrambi gli Stati, eliminando le enclave. L'osmosi territoriale non riguardava solo i beni comunali promiscui, ma anche i possessi dei privati. Infatti, una delle cause maggiori di confusione e di discordie fu l'uso di affittare o, peggio, di vendere a sudditi di Stato alieno terreni e aziende agricole prossi-mi o poco discosti dalla linea territoriale. Questo aveva favorito una contaminazione di pratiche agricole che diede luogo a situazioni paradossali. Alcuni avevano approfittato dell'assenza di un confine certo per scegliersi il sovrano a cui pagare le gravezze, a se-conda delle proprie convenienze; altri invece, data la confusione, non pagavano proprio nulla a nessuno. Nel secolo XVII, il Senato aveva piu volte vietato le alienazioni agli esteri di beni immobili posti presso il confine. Aveva proibito anche di affittare a conduttori esteri le aziende agrarie ai limiti dello Stato, ma tali provvedimenti non potevano essere retroat-tivi e percio non furono decisivi. E poi, come accadde per molti altri ordini sovrani dati in quelle periferiche province, essi non trovarono concreta applicazione e cosi, anziche dipanarsi, la matassa confinaria si aggroviglio ancor di piu.18 Anche durante il Commis-sariato, non mancarono incidenti dovuti proprio ad animali che brucando attraversavano tranquillamente il confine perche le loro case e stalle erano in uno Stato e i prati insiste-vano nell'altro.19 Nel 1754, per por fine a tale scandalosa situazione, il commissario Dona pubblico un nuovo proclama proibitivo di vendite e affitti a sudditi esteri di terreni prossimi al confine.20 Fu costretto a un tal passo perche gli antichi decreti erano andati inosservati. La ragione era di convenienza. Trasferirsi era vantaggioso perche se si risiedeva nell'Austriaco i prodotti agricoli erano ritenuti austriaci anche se raccolti in campi situati sotto il dominio della Re-pubblica e percio andavano esenti dal dazio d'entrata. Cosi, in pochi anni si erano spopolati i borghi del Friuli veneto anche se quelle famiglie emigrarono solo di poche centinaia di passi, spostandosi in case coloniche costruite ai bordi del presunto confine.21 Dopo la nuova pubblicazione del proclama di divieto di vendite e affitti a sudditi esteri, il flusso migratorio s'inverti. Infatti, per non perdere la possibilita di ottenere la conduzione di coltivi ancora liberi e sfitti, che si trovavano in gran parte nel Friuli veneto, 17 I confini di Corgnolo agli artt. 14 e 16; quelli di Zuccola agli artt.19-31 che, di fatto, dipendeva dal giusdicente di Castel Porpetto. 18 ASVE, Confini, b. 230, 9 giugno 1754. 19 Ad esempio, i sudditi austriaci di Goricizza conducevano in affitto dei campi a Codroipo e per raggiungerli dovevano attraversare i beni comunali di quel villaggio. Cio accadeva in molte altre situazioni. Per evitare tali disordini, il Senato ordino la ripubblicazione dei vecchi editti del 1646 e del 1671 che vietavano le alienazioni e gli affitti a sudditi esteri, ASVE, Confini, b. 230, 14 giugno 1754. 20 Proclama a stampa di Zuanne Dona (ASVE, Confini, b. 230, 7 luglio 1754). Inoltre dovevano essere revocate entro tre mesi le affittanze gia stipulate, affidando ai capi dei villaggi l'esecuzione degli ordini e la sorveglianza ai Provveditori ai confini della provincia. 21 ASVE, Confini, b. 231, 8 settembre 1754. Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A META SETTECENTO, 875-886 molti contadini emigrati ritornarono ad abitare nelle pertinenze dei villaggi di origine, non potendo piu avere in affitto quelle aziende se avessero continuato a risiedere nel Friuli asburgico. La nuova disponibilita di manodopera indusse alcuni proprietari a inve-stire in opere di miglioria22 e cosi, invece di diminuire, com'era accaduto fino ad allora, il numero dei sudditi stava di nuovo aumentando. In conclusione, la semplificazione del confine falli, anche se fu ottenuto un grande ri-sultato, la delimitazione con confini chiari e certi delle enclave, ma il progetto di un'unica linea territoriale che separasse i domini della Casa d'Austria da quelli della Repubblica falli per le resistenze sia dei locali sia di quella parte del Senato veneto che non voleva cedere all'Austria nessuna delle marine. SKUPNE OBČINSKE DOBRINE SPODNJE FURLANIJE SREDI 18. STOLETJA Mauro PITTERI ITIS C. Zuccante, via Baglioni 22, 30173 Venezia Mestre, Italija e-mail: mpitteri@libero.it POVZETEK Razprava predstavlja sintezo obširnejše raziskave e delovanju avstrijsko-beneškega komisariata, ki je bil ustanovljen v drugi polovici 18. stoletja z namenom jasne a obenem razumne teritorialne razmejite obeh sosednjih držav. Posebno težko rešljivo in zapelteno vprašanje, s katerim sta se morala spopasti komisarja Dona in Harrsch, je bila meja spodnje Furlanije. Tu so bile številne enklave, ki so jih sestavljali pretežno pašniki pod neposrednim nadzorom vladarja, a obenem so bile na razpolago obmejnim vaškim skupnostim za skupno uporabo. Novi koncept državne teritorialnosti ni najbolje prenašal tako zmedenih razmer. Avtor je uporabil gradiva, ki se nahajajo v beneškem arhivskem fondu Mejne komore in nam omogočajo osvetliti kriterije, ki sta jih uporabila komisarja, da bi dosegla svoje cilje. Opustila sta namreč stare pravne ter dokumentacijske sisteme in v zameno upoštevala načela enakosti in pravičnosti. Fizično sta razdelila obče dobro med različne vasi, pri čemer sta upoštevala potrebe vseh, nato pa sta naročila inženirjem kartografsko označitev, potem pa še ustrezne razmejitve na terenu. To delo je moralo biti opravljeno pred dokončno racionalizacijo meje, vendar je projekt propadel zaradi odporov tako lokalne skupnosti kot beneškega senata, ki ni hotel prepustiti Avstriji obmorskih področij. Ključne besede: meje, skupne občinske dobrine, pašniki, teritorialna črta 22 ASVE, Confini, b. 231, 10 novembre 1754. Mauro PITTERI: I BENI COMUNALI PROMISCUI DEL BASSO FRIULI A METÄ SETTECENTO, 875-886 FONTI E BIBLIOGRAFIA ASVE, Confini - Archivio di Stato di Venezia, Provveditori e Sopraintendente alla Camera dei confini. Barbacetto, S. (2000): Tanto del ricco quanto del povero. Proprieta collettive ed usi civi-ci in Carnia tra antico regime ed eta contemporanea. Pasian di Prato (Udine), Edizioni del coordinamento dei circoli culturali della Carnia. Barbacetto, S. (2008): «La piu gelosa delle pubbliche regalie». I «beni communali» della Repubblica veneta tra dominio della signoria e diritti delle comunita (secoli XV-XVIII). Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti. Bianco, F. (1994): Le terre del Friuli. La formazione dei paesaggi agrari in Friuli tra il XV e il XIX secolo. Mantova, Verona, Astrea, Cierre. Bragaggia, R. (2012): Confini litigiosi. I governi del territorio nella terraferma veneta del Seicento. Sommacampagna (Verona), Cierre edizioni. Cittadella, A. (2012): Nel secolo dei lumi. Il dibattito accademico sugli usi civici e sul possesso collettivo. In: Tilatti, A. (ed.): L'abbazia di Santa Maria di Sesto nell'epoca moderna (secoli XV-XVIII). Pasian di Prato (Udine), Lithostampa, 273-310. Lorenzini, C. (2012): «Tra chei chu vivin sott la gaiada dell'agna femina dalle balan-cis di Siest». Vincoli e strutture economiche fra le comunita soggette e l'abbazia in eta moderna, fra pratiche e prassi. In: Tilatti, A. (ed.): L'abbazia di Santa Maria di Sesto nell'epoca moderna (secoli XV-XVIII). Pasian di Prato (Udine), Lithostampa, 173-209.