ANNO XXVIII. Capodistria, 16 Marzo 1894. N. 6 LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONK per un anno fior. 3; semestre e qua-IriraeBtre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso ia Sedazione. IN MORTE DI TOMASO LUCIANI Come lungo un ampio stradale, le vecchie, robuste quercie, già cortesi d'ombre al viandante, Bua dopo l'altra perdono il poco verde alla cima, isteriliscono, e vengono abbattute, così i nostri Tecchi patrioti che per tanti anni ci hanno segnato il cammino, cedono il posto alla nuova generazione e scompaiono. Ancor fresche sono le zolle che hanno riempiuta a Capodistria la fossa dell'egregio^citta-äino Nicolò de Madonizza; ed ecco da Venezia ci giunge la triste notizia di un altro lutto di tutta la provincia : Tomaso Luciani non è più. Quale sia e quanta la perdita nostra non possiamo oggi dire ton lungo discorso ; per quanto la frase sia abusata rimane sempre vero che la parola non basta a significare un sentito e profondo dolore; e che la più bella orazione funebre è il silenzio ; il silenzio iella commozione e del raccoglimento. E neppure è necessario rammentare agi' Istriani quale uomo fosse il Luciani: il suo nome fu e sarà sempre un programma'; tutta la sua vita fu spesa pel bene iella patria. Noi tutti lo sappiamo, e se qui, ne teniamo parola, lo si fa unicamente per riconfermare noi stessi in quei nobili propositi che furono la meta costante della operosa sua vita. Far conoscere l'Istria, rendere nota la nostra storia, l'etnografia, l'archeologia, tutta la vita della provincia nel passato, nel presente, e nei miraggi dell' avvenire fu il compito costante del Luciani; in ciò fu instancabile, e a questa meta diresse le forze associandosi con moto spontaneo all'opera dei più degni, spingendo, accalorando i timidi, eccitando, frenando secondo ne fosse il bisogno, con quello Mio, con quell' attività che pare persino qualche tolta importuna a chi vede le cose tra più ristretti Articoli comunicati d'intere»«« generale il itampaoo fra. tritamente. — Lettere e denaro franco »11» Red »«ione. — Ci numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. confini; largo a tutti d'incoraggiamento, di consigli, di aiuti. E frutto di questa sua attività furono i moltissimi scritti, testimonio della vasta sua cultura e dell'amore alla terra natia, disseminati in tutti i periodici della provincia, non escluso il nostro, nei giornali di Firenze, di Milano, di Venezia, le molte Monografie storiche, etnografiche nel Dizionario dell'Amati, nell'„Archivio Veneto", nell'„Arcbeografo triestino" ecc. ecc. Pur di parlare della sua diletta Istria ogni occasione era buona per l'egregio uomo : oggi una uoterella in un album, altra volta un cenno della Flora, della Fauna del paese, in un umile almanacco ; e poi illustrazioni, commenti, note a far meglio conoscere anche la sua piccola patria, la diletta Albona; e ancora illustrazioni di lapidi, non isdegnate dall'illustre Mompsen che lo cita spesso nel suo Corpus Imcriptionum ìitterarum: a dir breve l'Istria si può ben dire personificata tutta nel Luciani; il Luciani non tanto fu lui quanto l'Istria stessa, perciò egli si divise, si moltiplicò, sacrificò quasi la sua individualità, la gloria a cui avrebbe potuto aspirare dedicandosi ad un' opera sola, e frazionandosi invece in quanti più vari e minuti lavori occasionali credeva necessari al bene della patria. Tale lo scrittore, e tale 1' uomo, massima lode questa oggi per chi ha onorato il suo paese nou solo con gli scritti, ma con 1' opere. Di carattere integro, schietto, non mosse mai collo, nè piegò sua costa ; gli onori 11011 mendicò, e gli avuti accolse con animo grato più per l'onore ne veniva al suo paese che per sè stesso. E così fu inscritto tra i membri dei congressi internazionali di antropologia e di archeologia preistoriche, e scelto nell'illustre Venezia a regio conservatore dei monumenti, per tacere di altre onorificenze che la cieca liberalità ha reso oggi ridicole. E quando questo uomo integerrimo per cui la patria non fu mai un' insegua di bottega, abborrente dell'affarismo e dal turpe mercato delle più sante cose, vide il suo patrimonio diminuito, amantissimo come era della famiglia, non isdegnò un umile posto d'impiegato nell' Archivio dei Frari, dove indefesso, e già in grave età, dovette sobbarcarsi qualche volta a tutte quelle pratiche ed esigenze d' officio, che se giustamente sono richieste per il buon ordine, non possono non prostrare talvolta l'animo di chi avea il sacrosanto diritto di sognare più alti ideali, e di vagheggiare quel premio che così ciecamente viene oggi ai meno degni, anzi fino agli indegni concesso, perchè più pronti agli accorgimenti ed alle nascoste vie, o a strombazzare quel poco bene che per avventura hanno qualche volta azzeccato. Ed è perciò che il Luciani rimarrà per noi il modello del perfetto patriota, 'e il tipo dell'Istriano di vecchio stampo, tutto d' un pezzo, e alieno da ogni trasformismo volgare. Ed ora la strada dell'Istria è arsa dal sollione; le vecchie quercie sono quasi tutte abbattute; appena appena qualche nuova pianta mette le prime fronde e le foglie. 0 giovani dell' Istria, fate che la via che mena al nostro calvario non sia per lungo tempo priva di ombre ospitali. I funerali di Tomaso Luciani Le onoranze funebri al compianto patriota, celebrate la mattina del 12 corr. nella chiesa di S. Silvestro riuscirono solenni, imponenti. Il dott. Vittorio Schampicchio rappresentava il Municipio di Albona, patria dell' estinto, e quella Società operaia era rappresentata da Giulio Depangher — il dott. Matteo Bartoli rappresentava la Società di archeologia e storia patria istriana ; il march. Benedetto Polesini i Municipi di Parenzo e Buie; il Podestà Giorgio Cobol e il dott. Nicolò de Belli, il municipio di Capodistria; il Dr. Belli rappresentava anche la Società Politica Istriana e il nostro periodico La Provincia dell'Istria. L'avv. De Kiriaki rappresentava, oltre 1' Ateneo Veneto, il capitano provinciale dell'Istria in luogo di mons. Bernardi convalescente. Moltissime splendide corone di fiori freschi ed artificiali erano portate dagli alunni dell' Istituto Coletti. Venivano quindi due uscieri del Municipio ed il feretro, ai lati del quale marciavano pompieri e guardie municipali, tutti in alta tenuta. Seguivano il feretro una quantità di triestini, istriani, amici e conoscenti. Sul feretro parlarono il podestà di Albona, il comm. Barozzi per la commissione dei monumenti e la deputazione di storia patria, il signor Predelli per l'Archivio di Stato, il coinm. C. A. Levi quale amico del defunto, 1' avv. Baseggio per l'Istria ed il maggiore della marina sig. Moscarda da Rovigno. Alla famiglia pervennero molti telegrammi di condoglianza; notiamo quello commovente di Costantino Resman, ambasciatore italiano a Parigi. licolò de l&donizza . . . tantum remanet, quod virtute et recte factis censecutus sis. Cic. A me, coetaneo ed amico, ammiratore costante delle nobili doti dell' animo suo e dell'egregie sue opere, a me, ch'ebbi comuni con lui e gioie e speranze e dolori, sia pur concesso di rendere qui P ultimo tributo d'affetto a Nicolò de Madonizza. È anche giusto che cotesto periodico, da lui d'accordo con egregi patrioti fondato, per tanti anni strenuamente diretto, e tante volte de' suoi utili pensieri nudrito, ne serbi la cara e venerata memoria. Nicolò de Madonizza non compì un corso regolare di studi, ma l'ingegno, ch'ebbe da natura svegliato, coltivò da sè, e con grande amore studiò ; i classici nostri e specialmente la storia e la sua filosofia. Laonde ai primi albori del risorgimento italiano fu pronto a collegarsi cogli uomini migliori d'allora e ad essere tra' comprovinciali uno de' più caldi propugnatori dell' idea nazionale. E fu lui che, a rinvigorire e diffondere quest' idea fra i concittadini, fece dipingere sul telone del teatro sociale di Capodistria, lo storico episodio della presa di Candia, operata dal Gavardo giustinopolitano, e promosse la costituzione della Società della Loggia, allora geniale ritrovo dei più fervidi patrioti. Ma al tempo stesso mostrava coli' esempio, ne' suoi poderi, come si potessero e si dovessero migliorare i metodi vieti della coltivazione de'campi e dava a quest' arte potente impulso. Nominato preside del Consorzio de' sali, ne riordinò tutta l'azienda e ne tutelò validamente i più vitali interessi. Così in ogni ramo della publica cosa lasciò traccie del suo spirito intraprendente e pratico, della sua energica ed illuminata attività. Ma senza menarne scalpore : ei mirava calmo alla meta e colpiva nel segno. Per voto unanime della popolazione eletto jodestà di Capodistria nel 1850, quando era proclamata la costituzione, si credette da principio impari a tanto peso e si sentì come accasciato. Se non che i conforti che gli vennero dalla madre sua, la colta gentildonna marchesa Polissena Polesini, e dal cugino Avv. A. de Madonizza, valsero a rinfrancarlo ben presto. E organizzò da sè tutta la nuova azienda comunale, a capo della quale ei stette con onore per quasi un decennio. I tempi correano allora in verità difficili : che una brutale reazione tenea dietro ai moti generosi del '48. Però, chi sa, comprende di leggeri come grande debba essere stata la sua annegazione, il suo sacrificio, la sua prudenza a far sì che non s'intiepidisse negli animi il sentimento della italianità. Diede novella prova di coraggio e di annegazione, quaudo, nel '55, infierì il colera. Io lo vidi sorvegliare e dirigere di persona lo scavo delle fosse ai morti. Sì che fu preso dal morbo e corse pericolo di morirne. Ma come ai concittadini nacque il pensiero di ottenere alla città il ginnasio completo, adoperò, a conseguire P intento, tutta 1' energia e 1' avvedutezza, ond' era capace, e molti viaggi fece a sue spese fino a Vienna, nè si ristette, finché non ebbe superato tutti gli ostacoli, e furono molti e gravi, che si opponevano al provvido disegno. E pur si sa del suo adoperarsi perchè si abolisse il primo nesso doganale, in cui era stata compresa l'Istria, e del colloquio ch'egli ebbe a questo proposito coll'arciduca Massimiliano, sull'animo del quale le ragioni svolte dal podestà di Capodistria fecero non poco impressione. E la dogana fu tolta. Accondiscese ad essere deputato alla Dieta, istriana, che seguì a quella famosa del nessuno, solo perchè i patriotti ne lo esortarono : chè quell' assemblea non era conforme a1 suoi principi politici. E rinunciò al mandato, non appena la sua presenza a quel consesso non fu più richiesta. Eccitato da Carlo Combi e da altri benemeriti patrioti, prese a publicare nel '67 cotesto periodico La Provincia dell' Istria, su cui trattare d'ogni questione che riguardasse gl' interessi materiali e morali del nostro paese. Uscì il primo numero il 1 settembre di quell'anno ed ei ne fu direttore fino al 9 di marzo dell' 83, non senza andare incontro a noie, pericoli e dispendi. A suo merito La Provincia, austera e rigida ne' suoi principi, ognora tenne fede incrollabile all' onesto suo programma ; e si cattivò la stima e il rispetto di amici e di nemici. Incuorato dallo stesso Combi si lusingò troppo tardi di imprimere impulso e sviluppo alla marina commerciale istriana con P istituzione della Società marittima. Quindi la ferrea sua tempra, limata da varie e lunghe malattie, cominciò a fiaccarsi ; e si credette uomo non più di questi tempi: rinunziò alla vita publica e cercò e trovò conforto in seno alla famiglia. Non però fu restio a dare, se richiesto, il suo grave parere in ogni questione che si dibattesse intorno agi' interessi del suo paese. Fu uomo onesto, schietto, laborioso, valente, buon padre di famiglia, probo cittadino, caldo patriota. E così nato ai 22 di Gennaio del 1811 finì di vivere il 1 di marzo del 1894. Che s'è vero che men dolorosa è la morte, quaudo sia confortata dalla memoria delle buone opere della vita, certo dovett' essere serena e tranquilla la morte di Nicolò de Madonizza. E valse sicuramente a lenire il dolore dei suoi cari la larga partecipazione de' concittadini e de' rappresentanti delle città istriane che concorsero a rendere più solenni gli estremi onori tributati all'estinto. Io, mentre mi auguro che le virtù di lui continuino ne' suoi discendenti, gli dico: A rivederci presto, o spirito eletto! Un vecchio istriano. Dieta Provinciale Undecima seduta. Parenzo, 14 febbraio 1894, Presenti : il Capitano provinciale cav. Matteo Dr. Campitela, l'i. r. Consigliere di Luogotenenza Alessandro cav. E-luschegg, quale commissario governativo e 23 deputati. Approvato il protocollo della precedente seduta, vengono dal. Presidente passate alla Giunta provinciale le due interpellanze ieri presentate dagli on. Mandié e Spinéic. L'on. Tornasi e C.i interpellano il Governo sopra ostacoli frapposti dall'Amministrazione forestale al libero passaggio per alcune particelle catastali boschive. Sopra proposta dell' on. Costantini la Giunta è incaricata di interporre i suoi buoni uffici presso l'imperiale Governo, affinchè i soldati di evidenza della milizia vengano chiamati all'ammaestramento non col 1. di a-prile, ma col 1. di ottobre. Viene deferita alla Commissione politico-ecouomica la risoluzione Laginja di invitare 1' eccelso Governo a compensare i danui che l'Istria solì're a vantaggio della totalità per l'attivazione della clausola dei vini, coll'as-sunzione della costruzione della ferrovia Trieste-Parenzo-Canfanaro, come pure di quella che da Herpelje porrebbe in cougiunzione più vantaggiosa le città di Trieste e Pola colla città di Piume ; col permettere la coltivazione del tabacco nell'Istria, e col rialzare il credito agrario, sia mediante assunzione di crediti privati a miti condi- zioni di rifusione, sia mediante istituzione di Banche popolari dotate dallo Stato al 3 p. c. e coli1 obbligo a quest' ultime di concedere mutui o farsi cedere crediti esistenti, calcolando l'interesse non superiore al 5 p. c. È accolta la mozione Venier di incaricare la Giunta di tentare un accordo tra i Comuni interessati per la costruzione del tronco di congiungimento dell' altipiano del Carso di Pinguente colla stazione ferroviaria di Lupoglao, od altrimenti di presentare nella prossima sessione dietale un progetto di legge per la costruzione imperativa delle strade medesime. L' on. Fragiacomo, chiesta ed ottenuta la parola, interroga il sig. Capitano prov. sulle pratiche fatte dal Consiglio in esecuzione del deliberato dietale 2 aprile 1892, che lo officiava di farsi procuratore in provincia di Stabilimenti che favoriscano il credito agrario. 11 Capitano risponde esaurientemente all' interrogazione, e 1' on. Fragiacomo ringraziando, lo prega ad influire per una pronta ed energica azione, diretta al raggiungimento dello scopo. Passando all'ordine del giorno, il Presidente riapre la discussione sulle proposte riportate nel protocollo precedente. Esse vengono approvate, con una emenda proposta dall' on. Cambini. L'on. Mandic fa la proposta di passare all'ordine del giorno, coll'incarico alla Giunta provinciale di studiare la riforma, tanto necessaria, dell' intero regolamento elettorale. Chiusa la discussione, il Presidente mette a voti la proposta Mandié, che resta in minoranza. Invita quindi la Dieta di passare alla discussione articolata della legge. Il relatore, essendo l'ora inoltrata, domanda la sospensione della seduta. Aderendovi la Dieta, il Presidente rimette la prossima seduta a domani alle ore 10 ant. col seguente Ordine del giorno: 1. Discussione articolata e votazione del progetto di legge pel cambiamento di alcune disposizioni del Regolamento elettorale comunale. 2. Relazioni della Commissione politico-economica: a) sul progetto di legge con cui viene estesa al Carso delle isole del Quaruaro, l'attività della legge prov. 24 maggio 1893 N. 34. 3. Sui progetti governativi di legge sulla caccia e sulla assunzione a giuramento del personale'di guardia a tutela della coltura campestre. La seduta è levata alle ore 1 '/4. Dodicesima seduta. 15 febbraio 1894. Presenti: (La stessa presidenza < commissi.rio governativo 25 Deputati). Approvato il protoni,io della pr edente seduta, l'on. Jeuko propone che » disposizione dell'i, r. Governo siano posti fior. 4000 onde già neH'iinno 1894 s' incominci e si porti a termine il tracciato della ferro vi tra la stazione di Herpelle-Cosina della ferrovia dello Stati Divaccia-Pola e la stazione di Sapiane o Juni.mi. Il Presidente si riserva ili portare l'oggetto a pertrattazione nella prossima seduta. Mandié e C.i interpellano l'i. Governo intorno ad asseriti soprusi del Capitano distrettuale di Pisino, sull'uso della lingua slovena sulla ferrovia dello Stato. Spinéié e C.i interpellano il Governo sull'uso della lingua slava nelle pertrattazioni ed atti dietali. Passando all' ordine del giorno : Viene votato in seconda e terza lettura con alcune modificazioni il progetto di legge a riforma di alcune disposizioni del reg. elett. com. In chiusa è incaricata la Giunta di trasmettere i progetti di legge sulla caccia e sui requisiti per la conferma ed assunzione a giuramento del personale di guardia a tutela della coltura rurale, a tutte le Podestarie dell'Istria pel loro parere e di riferire nella prossima sessione. ----— Tredicesima seduta. 16 febbraio. (La stessa Presidenza e commissario governativo, e 25 deputati.) Approvato il protocollo della precedente seduta, il sig. Commiss. gov. risponde all' interpellanza Mandic e C.i riguardo alla ritardata elezione del Comitato stradale di Pisino. Si discutono le proposte della Commissione ferroviaria sulla progettata ferrovia Trieste-Parenzo-Can-fanaro, e si decide di passare alla discussione speciale sopra ciascheduna di esse, che vengono poi con qualche modificazione accettate, con preghiera al sig. Commissario governativo di portar tosto l'esito della votazione a conoscenza del signor Ministro del Commercio. Il signor Commissario governativo risponde alle interpellanze Costantini e C.i, e Dukic e C.i sul ritardo delle elezioni del Consiglio di amministrazione e della Rappresentanza comunale di Pisino, e sulle pertrattazioni ufficiose corse in tal argomento. L' on. Mandié legge in lingua slava un' interpellanza alla Giunta provinciale. La Commissione di finanza presenta il conto di previsione del fondo provinciale per P anno 1894, proponendo contemporaneamente speciali risoluzioni sulle varie istanze di sovvenzione, state deferite al suo esame dalla Commissione medesima. Il conto viene approvato in discussione articolata con alcune riduzioni e qualche emenda, cedute con raccomandazione alla Giunta alcune petizioni per sussidi. Quattordicesima seduta. 17 febbraio. (La stessa Presidenza e commissario governativo, e 25 deputati.) Approvato il protocollo della precadente seduta, il Presidente dà comunicazione delle interpellanze fatte nella seduta 14 corr. alla Giunta, che vengono passate alla Giunta. L'on. Costantini interpella la Giunta sull'impiego del capitale di f. 12000, legato dai generali Schmelzer fondo dei poveri di Lovrana e gli risponde esaurien-I temente P assessore Dr. Gambini. L'on. Spiucé interpella il Governo sul vajuolo che regna in alcuni villaggi del Comune di Decani e su una s noia popolare da istituii si a Plavia. Flego e C.i interpellano l'imperiale Governo sulla ; nomina del medico comunale di Pinguente e sulle ad-' dizionali imposte per sostenerne lo stipendio. Mandié e C.i interpellano la Giunta sulle nomine : dei membri dei Consigli scolastici distrettuali. Il Memoriale della camera dei medici dell' Istria ■viene ceduto alla Giunta per riferire nella prossima sessione dietale. E votato in seconda lettura, con qualche modificazione il progetto di legge, concernente la tutela degli uccelli utili all' agricoltura. Quindicesima seduta (serale). 17 febbraio. (La stessa Presidenza e commissario governativo e 24 Deputati). Approvato il protocollo della precedente seduta, l'on. Dr. Martinolich propone alcune risoluzioni per la sistemazione e riduzione delle tasse portuali e consolari, per la sollecita compilazione di un codice di diritto privato marittimo, per favorire il credito marittimo a favore degli armatori, perchè gli aspiranti al grado di tenente e capitauo mercantile, possano fare almeno una metà della prescritta navigazione sopra piroscafi, e perchè l'i. r. Capitanato di porto in Trieste venga provveduto quanto prima di un battello a vapore atto a servire per salvataggi, ricuperi, ecc. Le risoluzioni vengono accolte all' unanimità. L' on. Stanich propone d'urgenza alcune risoluzioni relative all'escavo di canali e collocamento di un fanale sull' isola di Ossero, nonché alla costruzione di un porto per la borgata di Neresine. Anche queste risoluzioni vengono votate all' unanimità. Sono approvati in seconda e terza lettura i progetti di legge a modificazione dei §§ 6, 7 e 24 della legge provinciale sulla istituzione di consorzi agrari distrettuali e di un consiglio agrario provinciale ; del § 10 della legge prov. sull'introduzione di licenze di •caccia ; sull' abolizione del § 4 della legge prov. sulla tutela della coltura agraria contro i danni dei bruchi, -ecc. ; sull' abolizione del § 43 della legge prov. sulla tutela dei beni campestri ; sull'abolizione del § 9 della legge prov. sulla conservazione della selvaggina, e sul-I' abolizione del § 10 della legge prov. sulla tenuta ed 11 pascolo delle capre, e così pure è votata in terza lettura la legge sulla tutela degli uccelli utili all' a-gricoltura. Esaurito 1' ordine del giorno, il Presidente chiude con un discorso e con le solite forme, la sessione, iu nome di S. M. ----------— Una pagina di geografìa e di corografìa (Nostra Corrispondenza) Francamente, non mi sarei mai aspettata una sfuriata come quella che il direttore del Giovine Pensiero, sig. Carlo Martinolich, ha slanciata contro di me, e contro di quelli che la pensano come me. (Il Giovine. Pensiero dell'8 marzo corr.) E la mi parve tanto più ingiusti, in quanto che la chiusa di quel mio articolo (Commenti all'ultima sessione dietale — nell'ultimo numero della Provincia) io la scrivessi proprio iugenuamente, e senza il più lontano pensiero di offendere chicchessia e men che meno egregi patriotti e nostri consenzienti politici. Quella mi parve, anzi, una risoluzione desiderata — secondo i criteri di specchiate personalità, non soltanto nostre, ma anche liburniche ed isolane — e tale, per 10 meno, da essere seriamente discussa e non disprezzata. Basti dire, che tanta è l'attrattiva che esercita già oggidì la città di Fiume, che non pure dei liburni e degli isolani vi accorrono in massa ma degli istriani litoranei, in capite rovignesi e piranesi, per non dire di tanti altri. Che poi la Liburnia e l'isola di Veglia, particolarmente, non gravitino verso Fiume, non può negarlo se non chi non ha occhi per vedere. E ciò sia detto senza voler inacidir la questione. Anche l'offendersene per far parte, eventualmente, d'un regno quale è oggi quello d'Ungheria, la mi parve un po' grossa, e solo giustificata dall' amore che si sente a questa nostra tribolata Istria, amore rispettabile e che io altamente apprezzo, come lo apprezzeranno tutti coloro che hanno cuor gentile. Ed è per questo che alla sfuriata del sig. Martinolich credo dover dar passata non solo, ma persino di giustificarla, compiacendomene con lui. Del resto tutto sommato, eli' è una questione puramente ideale ed accademica — lasciamo pure che cada, chè il tempo s'incaricherà lui di risolverla; e chi sa che non venga giorno in cui quelli stessi che si mostrano tanto contrari non diventino poi entusiasti. Ed anche qui non intendo di alludere alla persona del sig. Martinolich, ma anche egli mi consentirà di non sintetizzare in questo tutta la Liburnia e le isole. — Se ne sono vedute altro che di queste ! Aggiungo ancora, che dall' indirizzo complessivo che piglia in oggi la sociologia lice dedurre, che anche l'ardente questione nazionale ha fatto il suo tempo, e che tutti i popoli teudono a raggrupparsi, secondo particolari e ben definiti interessi economici. Ma tutto ciò, per altro, non legittima punto 11 proposito di alcuni di dare tanto di frego alla storia, alla geografia e all' etnologia. Ed ecco che, se mi trovo_ disposto — per l'amore detto di sopra — di accogliere senza ira le sfuriate del sig. Martinolich, nou posso'sorbirmi iu santa pace la gratuita accusa che le ragioni storiche e gt ografiche su dette non sono che „lunghe sofisticherie, vane ciarle" che „eufatiche declamazioni prive di senso comune dinanzi alle schiaccianti ragioni storiche, geografiche ed etnografiche dimostranti V assurdità della nostra tesi." La mia modesta educazione mi ha inseguato di rispettare tutti, anche quelli di opposti pareri ai miei, nè mai mi indurrei di tacciare di dissennato e di cattivo chi crede diversamente da me, a meno che, non avessi in mano le prove palmari, che il mio avversario agisca in mala fede e per proprio esclusivo materiale interesse. Ma basti su ciò, che la via da seguire è tanto lunga, da dover restringerla ai minimi termini, proprio agli essenziali, lasciando a parte le ciancie inutili. Prima di tutto, però, devo fare una dichiarazione. Io venero e rispetto tutti i veri patriotti d'oltremare e di oltrealpe, e mi rincrescerebbe molto se per dire delle verità storiche e geogi.ifiche, avessi da recar loro dispiacere, abh jnchè sia persuaso, che ogni uomo sennato e giusto non possa nè debba mai abiurare alle eterne ragioni del retto e del vero, anche se queste avessero a cozzare colle proprie aspirazioni. La questìoce, diciamolo subito, è sorta dal giorno che alcuni letterati e politicanti slavi, tanto cogli scritti quanto colle perorazioni, s'impancarono a far valere certo diritto di stato croato sull'Istria. Non e da ce- larsi che oltre agli slavi, vi era qualche altro ancora a cui premeva di levare dal nostro suolo la impronta di perfetta italianità. A tutto ciò, come ognun vede, erano tutt' altro che estranee delle forti ragioni politiche. In una parola, come fu un tempo in cui e testi di geografia e di storia, e carte geografiche, e dispacci ministeriali, e note diplomatiche erano intese a far apparire Trieste e l'Istria come un' appendice della confederazione germanica ; così da qualche anno in qua lo stesso lavorio — non tutto fatto all' interno ma anche all' e-stero — è ben montato per far apparire la terra nostra, terra slava. Pigliando poi occasione di certe condizioni storiche ed etnografiche non italiane a cui sottostarono o rappresentano alcune parti di territorio ora appiccicato all'Istria, ma che coli'Istria, nel passato, mai ebbero nulla di comune ; i nuovi politicanti croati credettero di poter avere già buono in mano per dichiarare proprio nelle aule parlamentari o nei convegni panslavisti, slava tutta quanta la provincia. Ma, oltre che questi, altri argomenti portano sempre in campo i nostri avversari, e non tutti destituiti di serietà. Tra i quali citeremo 1' anagrafe. Secondo l'ultimo censimento l'Istria amministrativa conta 118,301 italiani e 185,249 slavi. Dunque, si dice, la maggioranza è slava. E su ciò è inutile discorrere. Che se invece leviamo i 72,136 slavi e 9323 italiani dei distretti politici di Lussino e Volosca — che sono le parti che non appartengono all'Istria geografica — avremo 109,078 italiani e 113,113 slavi. Il divario, come si vede, fra una razza e l'altra è piccolo, e quando si voglia considerare le condizioni di fatto in cui si trovano e gli uni e gli altri, gli italiani non possono non rappresentare, come rapprasentauo tuttodì, una schiacciante supremazia. Certo si è che tutto il grande movimento slavo ci viene dalle parti liburniche; e se è vero che alcuni comuni foranei istriani hanno eletto deputati slavi, è altrettanto vero che, senza la Liburnia, noi non avremmo nè i Mandicb, nè i Dukicli, nè i Spincich, nè i Laginja, e cosi via. Ciò tutto considerato, e a titolo ancora di legittima difesa, i veri Istriani non possono permettere che la loro patria perda la propria impronta, la propria individualità storica e geografica, ed ogni qualvolta quegli altri sortono fuori coi loro diritti e col loro numero, è giuocoforza che anche noi sortiamo coi nostri diritti che non sono fantastici e manco sofistici, e che facciamo le debite riserve anche per il numero. Dunque, qui non trattasi di recar sfregio ad egregi patriotti o di disconoscerli ; ma bene si tratta di non permettere assolutamente che si faccia tutto uno zibaldone delle ragioni storiche nostre con le loro. Nè i veri Istriani sono ancora caduti di tanto al basso da vendere in ghetto, come i nobili spiantati, il proprio blasone, o i documenti d> casa propria. Il giorno che facessero questo sarebbero inesorabilmente perduti e scavando il proprio abisso, non salverebbero i patriotti di cui sopra. Ed ora vediamo quali sieno codesti documenti e da chi ci furono rilasciati. Non parlo degli antichissimi geografi, quali furono: Scilace, Cariandeno, Scimno da Chio, Strabone, Tolomeo, Plinio, T. Livio ecc. ecc., i quali tutti, parlando del- l'Istria, la limitarono dalle Alpi Giulie al Quarnero, ma veniamo a geografi e corografi più recenti. Fra Paolo Diacono, nei tempi più oscuri del medio evo, scriveva : Venetiae et Histriae pro una provincia habentur. Dal 1482 al 1650 abbiamo una serie di corografi abbastanza copiosa, dagli scritti dei quali si evince chiaramente, che l'Istria era considerata non solo come parte affatto staccata dalla Liburnia e dalle Isole, ma facente parte dell' Italia. Così il Biondo Flavio comincia la sua corografia : „Histriam nunc, non quidem novam quae ante Caesaris Augusti tempora Italiae censebatur, sed inter coeteras oras ultimo aditam inchoemus... Et quidem a Formionis sive Cisani (Risani) ostio, ubi ultima est Tergestini sinus pars, ad Phanatici sinus, quem nunc Carnarium appellante intimam concavitatem, ubi est Castrum novum sive Arsiae fiuminis ostium ecc." — Poi parla di ogni singola città e castello, e venuto ad Albona e Fianona, dice . . . „quae duo et superius dictum Pisinum, quod Arsiae e siuui phanatico propinquet, Histriae atque I-talia ultima sunt censendo." — Delle Isole e della Liburnia nec quidem verbum. Pietro Coppo, d'Isola, scrive : „L'Istria che s' alza fra i due impetuosi golfi Triestino e Quarnero, scorre quasi isola nel mare superiore o Adriatico." E più oltre : „Quest'Istria.....è l'ultima regione dell'eccellentissima provincia d'Italia, di cui il principio è il fiume Varo nella Liguria .... ed il fine il fiume Arsa in Istria che separa questa dalla Liburnia o Schiavonia." Anche qui, descritte città e castella nè della Schiavonia nè delle Isole è fatto cenno. Giov. Batt. Goineo, piranese, ripete, all' incirca le stesse cose, e Giusto Fontaniui, che fece la prefazione alla corografia del Goineo, comincia: „Istria postrema. Italiae regio ecc. ..." Il Goineo poi, parlando quindi de IStriae terminis, sentenzia: „Isiriae autem termini.... hi duo fluvii : Timavo et Arsa". — Delle Isole e della Liburnia neppur menzione in tutto il trattato. Leandro Alberti, bolognese, scrive nel suo trattato : „Ma io volendo seguitar Plinio con altri scrittori descriverò secondo che oggidì si osserva facendo memoria solamente dei luoghi che si ritrovano fra il fiume Risano e l'Arsa, nominando tutto questo paese Istria. Et invero parr' a me cosa più convenevole di dar principio a questa regione, al detto Risano per essere stato quello l'antico termine d'Italia ecc.. Quindi fatta la descrizione di tutte le città e castella dell' Istria (mentre neppur nomina la Liburnia e le Isole) venuto a Pola, dice: „E questa città l'ultima di questa regione, parimenti d'Italia, da questo lato." Lodovico Vergerlo nel suo breve scritto sull' Istria venuto a dire delle acque correnti, e nominata l'Arsa, osserva che „proviene da un lago sottoposto al Monte Maggiore e fa in oggi il confine d'Italia ; quanto giace ' al di là appartiene alla Liburnia o Schiavonia." Luca da Linda straniero, dice : Questa provincia ! appartiene all' Italia, di cui è il fine, da quella parte è tra il golfo di Trieste, et quello del Quarnero confinando col Friuli, et l'Alpi del Carso, che separano l'Italia dalla Carinola, il mare Adriatico, con il golfo di I Trieste ... la Liburnia o Croazia . . . Marin Sanuto nel suo itinerario, parlando dell'Istria la dice „ultima regione de l'Italia, fine et termine." Venuto poi a Pola osserva: „Puola città antichissima... colonia de Romani de l'Histria et tutta Italia ultima." A tutti poi sono noti i versi immortali di Dante là ove parla di Pola „che Italia chiude e i suoi termini bagna." E l'autorità non è piccola! Ma la stessa solfa ce la canta anche il poeta Francesco Berlingeri Fiorentino (1480) nella sua poetica corografia: Del qual nome (Carnaro) ecco un golfo aperto e chiaro Ed Arsia fiume appresso a quella riga Termina Italia come il fiume Varo. Pietro Contarmi, veneziano nel suo Argo canta : Cernitur inde fluens inflesibus Arsia longis, Clarus honoratae terminus Italiae. Ritorniamo ai prosatori. Nicolò Manzuoli scrive : „Questa provincia (d'Istria) è in Italia e non una regione fra il Danubio e l'Italia, nè separata dall' Italia dal seno Adriatico .... ma è tutta conosciuta per vera porzione d'Italia, come scrive il Biondo ecc. È dunque l'Istria in Italia tra li due golfi Tergestino e Quarnero secondo Dante ecc." E più oltre dice che fluisce a Pola, secondo Tolomeo e secondo Strabone nel quinto libro ecc. 11 Quarnero, soggiunge, „separa l'Istria dall'Illiria detta Schiavonia." Fortunato Olmo (1805-1645) descrittore minuto della nostra provincia, dice : „È 1* Istria per parer di Plinio, l'ultima regione d'Italia i cui confini cominciano, per testimonianza di Strabone e Tito Livio, dal Timavo fonte, et seguono per longhezza d'intorno a 120 miglia infino a Pola. E larga 40 et ne circonda in tutto più di 200." Nomina quindi ciascuna città e castello della provincia nostra, ma delle Isole del Quarnero ne quidem verbum, salvo a dire che si vedono „doi Isole nel seno Flanatico, detto altrimenti il Quarnero." Il vescovo Tommasini, nei suoi Commentari (1650) comincia: „Questa parte di paese, che nella spiaggia del mare Adriatico tra il golfo di Trieste, e quello che volgarmente si chiama il Carnaro, si estende fino all'Alpi Giulie, fu chiamato Istria." Com' è noto, egli descrive poi la nostra provincia tanto dal lato storico, che amministrativo, geografico et etnografico, ma si guarda bene dall' oltrepassare il Monte Maggiore o di andare alle Isole del Quarnero. E di questo passo con un po' di pazienza, potrei andar avanti ancor molto ; ma anche gli articoli, specie quelli destinati per i piccoli giornali, devono avere un limite, e per questa volta credo che basti. Prometto però di ritornare, addimostrando che codesti criteri geografici e corografici si sono sempre mantenuti, come sono patrimonio, dai nostri studiosi fino agli ultimi tempi. E poveri a loro, gli Istriani, quando saranno per obbliarli; allora vorrà dire, che non hanno più la testa sul collo, e il cervello a segno. Che se il signor Carlo Martinolich crede che non vi sieno che due o tre persone che la pensano in tal modo, si sbaglia di grosso ; nè, in questo, quel signore è certo il vero rappresentante dell'opinione pubblica del paese. —-«^gjÄgSS®*®-—- Appunti bibliografici Letterati triestini. Conferenza letta a Padova nella sala della gran guardia a benefizio della So- cietà Dante Alighieri, per Giuseppe Picciola. Zanichelli. Bologna 1893. È un opuscolo di ottantasette pagine, edito per le nozze Benzoni-Martini, e dedicato dall'autore alla sposa. Il conferenziere si propone dimostrare ai Padovani „la schietta incorrotta italianità che informa non pur la vita e la lingua, ma tutta la produzione letteraria, e particolarmente poetica di Trieste in questo secolo." Premesse perciò alcune considerazioni d'ordine generale, e una animata descrizione del golfo e della costa istriana, rammenta, tra i primi letterati triestini in ordine di tempo, Domenico Rossetti, al quale Trieste sta erigendo un monumento degno del nome. Tocca quindi naturalmente della fondazione della Minerva e del giornale La Favilla] e qui i nomi del Madonizza, del Dall' Ongaro, del Somma, Gazzoletti, Valussi, di Francesco Combi, della Caterina Percoto ed altri molti gli vengono alla penna. Ma di questi, triestini solo d'adozione, non fa che un fuggevole cenno ; il Caprin gli presta quindi le parole per rammentare l'illustre Pietro Kandier. Ma torna ai poeti subito, e sull' orme del De Hassek tesse più lungo elogio al poeta istriano Besenghi degli Ughi; e quindi al Bevere e a Giunio Bazzoni, triestini per nascita entrambi. Del Bevere esamina con qualche larghezza anche le opere, per quanto glielo consenta la forma del componimento. E vede giusto osservando come il Bevere „volea nei drammi rispettata la verità storica ; verità di fatti e di costumi, verità psicologica, ideologica e persino filologica, poiché la lingua doveva essere, quanto poteva, quella parlata ai tempi in cui l'avvenimento si svolse." Qui però un accenno critico poteva aver luogo, brevissimo s'intende; perchè rimane sempre il dubbio se la lingua del Lorenzino sia proprio la parlata d'allora; e non piuttosto passata pel lambicco äii classici, come si può sospettare dopo letto qudche brano del Cellini, del Cecchi e di altri seniori dell' epoca di movenze più popolari e spontaneo. Celebrati così i campanili (direbbe co- suo caustico stile il Besenghi) e le torri stodehs, il conferenziere rammenta anche alla sfuggita i rivi, le cime minori ed i fumàjuoli. Certo le opièsiiiii ed i conseguenti raffronti potranno far striì-k:3 gii esclusi; ma le conferenze non sono cakTcgii; ed il chiarissimo autore, se mai, farà molto fessa a non darsene per inteso. Trattandosi parò di morti permetterà il Picciola che io, vecchie vivo, rammenti a lui, giovane, molti illustri mora; ingiustamente dimenticati : il Tagiispìetra, C?>rie Combi e il professor Bachelli. Povero dottor Tagliapietra, aveva ben ragione di tenere iì broncio a questo brutto mondaccio, se i contemporanei, pure stiman- dolo, mostrarono e mostrano di non saperne che fare di lui, nè vivo nè morto. E quanto a Carlo Combi, capodistriano, e il cui nome è un programma, tutti sanno che a Trieste fece le sue prime armi, e vi stampò il primo volume della Porta Orientale. Del Rachelli professore e preside nel ginnasio italiano, iniziatore di un nuovo movimento letterario con le Letture di Famiglia e con la edizione dei Classici del Lloyd, si rammenta a Trieste con riverenza il nome. E dietro il Rachelli viene l'Occioni, 1' autore della Luce, a cui, la Dio grazia, splende tuttora il sole, ed al quale lo scrivente amico augura quanto più sia possibile tarda quell' altra mistica e bene augurata sulle tombe. Ma forse queste ed altre esclusioni non si noterebbero, se qualche volta i miei patriotti triestini non avessero, come ho più volte notato, il difettuccio di starsene un po' troppo al rezzo della vecchia quercia intorno al patrio mellone. Ecco ; anche questa conferenza è intitolata — Letterati triestini — mentre forse sarebbe stato meglio chiamarla — Letterati istriani a Trieste ; oppure Letterati triestini ed istriani. Perchè parliamoci chiaro, piaccia o non piaccia, Trieste è nell' Istria; concentrare sta bene; Trieste è la vera, l'unica capitale di tutta la provincia ; ma non si ha perciò a trattare dai cittadini di quella tutti gli altri da provinciali. L'ostracismo nuoce a Trieste ed alla provincia nello stesso tempo; perchè, spremi spremi, di tutti i nomi celebrati dall' autore, i triestini sono pochi a dir vero, e per tre quarti sono di gente venuta dal di fuori. Se ci avesse compreso anche gli altri istriani, e non solo quelli che vennero ad abitare a Trieste, il movimento letterario sarebbe stato più pieno ; e P autore avrebbe fatto più che un cenno fuggevole del Dr. Francesco de Combi, che diede alla letteratura nazionale un' ottima traduzione in versi delle Georgiche di Virgilio, premiata con medaglia d'oro al congresso pedagogico di Venezia, lodata da molti critici, per tacere di altre sue opere. In letteratura, come nell'arti belle, le scuole si designano quasi sempre per regioni più che per città : scuola lombarda, umbro, veneta, napoletana ecc..... Leonardo da Vinci è celebrato quale fondatore della scuola lombarda e non milanese. 11 Manzoni, il Grossi, il Cantù, il Berchet ecc. ecc. sono tutti degni rappresentanti del movimento lombardo ; e se le singole città possono e devono vantare i loro grandi in opere particolari ; in un discorso così in generale, oggi come oggi, meglio è rilevare i meriti di tutta una provincia, specialmente quando sia, come nel caso nostro, poco conosciuta. Anche negli stretti limiti d'una conferenza, il movimento letterario sarebbe apparso più ampio e più efficace se iì Picciola vi avesse compreso gli sforzi attuali di tanti generosi provinciali che combattono pro aris et focis in tutte le cittadelle dell' Istria, pur guardando a Trieste, come a lor speglio. Gli scritti del Luciani, del De Franceschi, del Benussi professore a Trieste, ed altri recenti lavori dell'Amoroso, del Tamaro, del Pesante a Parenzo, testé lodati in un ottimo articolo del prof. Galante nella Nuova Antologia, meritavano pure un cenno, per dare uno svolgimento più ampio al tema. I migliori triestini hanno sempre guardato anche di là dal ponte di Zaule ; il Kandier ha per tanti anni fatto centro a. Trieste per larghi studi su tutta l'Istria; ed il sua periodico rimane documento di storia provinciale. Con ciò non nego, lo ripeto, la convenienza di parziali conferenze per far emergere i particolari meriti d' una città ; nè per questo scemare voglio la debita lode all'opera del bravo professore ; solo dico che oggi è opportuno, anzi necessario nel presente pericolo stringere i fasci e lavorare viribus unitis per la nostra cara provincia. Pur troppo certi esclusivismi, certe rivalità storiche non sono ancor del tutto cessate; e danno luogo alla diffidenza, a piccinerie da una parte, ad alterezze dall' altra ; ultime conseguenze, speriamo, d'altri tempi in cui gl' illustrissimi veneti e i patrizi triestini si pettinavano a vicenda le parrucche sul ponte di Zaule. Queste cose, io triestino, ma vissuto dieci anni in provincia (a Capodistria), ho ripetuto spesso agli amici della stessa provincia, amministrativamente divisa ; e nella speranza di più salda unità, ripeterò usque ad finem. P. T. P. S. Scritto questo appunto, mi cadde oggi sott' occhio il supplemento mensile illustrato di un noto giornale milanese (25 febbraio), col titolo — Pola e l'Istria — in cui si leggono le seguenti parole . . . Trieste che sebbene a tutto rigore di geografia si possa dimostrare non facente parte del territorio istriano . . . ecc. ecc. Ma viceversa vi si dice che „Trieste è il cervello e la capitale naturale dell' Istria" e vi si tiene conto della sua popolazione per dimostrare numericamente la prevalenza degl' Italiani sopra gli Slavi. Ma se Trieste non è Istria, il conto non torna. E se non appartiene alla penisola istriana, a che regione si ha ad ascrivere? E non fu ripetuto sempre che l'Istria si stende dal Tinnivo all'Arsa? Lo scrittore deve essere certo istriano ; ma se noi stessi arruffiamo la matassa, gli errori sul nostro povero paese si continueranno all' infinito.