ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 1 (IX.) ricevuto: 2000-05-28 UDC 821.131.1:316 DELL'AMORE DELL'ONORE, DELL'ONORE DELL'AMOR E: L'INNAMORATO DI BRUNORO ZAMPESCHI (1565) ¡nge BOTTERl Untversitá callolica de! Sacro Cuore, 17-25100 Brcscia, ViaTneste, 17 SINTESI Del 1565, dedicato ad Antonio Martinenghi. il dialogo de L'innamorato si propone come un chiaro esempio di institutio essendo Vintenio (fuello di formare "un petfetto innamorato" ma la irasversalitá di que! pariicolare stato lo rende, allora come sempre. situazlone largamente gtneralizjahile e tema che cerca ttelle radici piü profonde del tessuto de i valori sociali coiulivist i fondamenti dell'appreziübilitá piu completa. Amore, onore sono i termini del discorso. / printi due sono temí dagli itmpi confini: il primo appunto perché sentimento universale di tutti i tempi e traS ve isa le ad Ogni differenziazione sociale; il secando perché cifra distintiva del primo in quanto lo connota come figlio di un tempo particolare e di una societá specifica. Ma lo strumento con il quale sembra possibile partecipare e comunicare ad un piü largo pubblico il modello elitario dell'onore, o divenire un apprezzato oggetto d'a-more, risultu ne L'innamorato essere sempre e comunquc il códice delle rególe di buona creanza, che dunque risulta omogeneo ai valori sui quali si fotuiava l'aristocratica e cortigiana societá d'antico regime, ma, nel contempo, anche condiviso Parole chiave: letteratura italiana, sec. XVI, societá. valori, amore. onore, buona creanza "E, se il publico grido, onde si vanta Tuo gran valor, che tutta Italia gira, Giá degno d'ogni honor chiaro ti conta" (sonetto di lode di Giovan Mario Verdezotti dedicato a Brunoro Zampeschi) "Or poi che l'opra e si di laude degna, Del buon scrittor, et cavalier Brunoro Seguite Amantr l'honorata insegna" (sonetto di lode di Girolamo Muzio dedicato a Brunoro Zampeschi) 159 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 1 (IX.) ingc BOTTKRh 11F.LLAMORH DHLL'ONORF. DELL'ONDRE DELL A.MOFt LMNAMORATO.... 159-JSO 1. L'onore e ¡a creanza: per un awia del discorso. Poírebbe sembrare arbitrario e pretestuoso volersi soffermare su un pieeolo testo che conta due solé edizioni1 e che non sernbra immediatamente rientrare in un idéale catalogo di letteratura in tema di onore ma riguardare invece, almeno a prima vista, un'area di discorso piú propriamentc psicológica o comunque pertinente ad un senti-mento, l'amorc, che ci sembrerebbc risolversi in un rapporto tanto esclusivo quanto privato tra due partner. In realtá L'innamorato di Brunoro Zampeschi si nveledt una costruzione complessa, edifícala con materiali che riguardano strettamente il tema dell'onore socialmente inteso e realizzata tenendo con'.o della trasversalitá di quel parlicolare stato - l'ínnamoramenlo - che lo rende, da sempre, situazione largamente generalizzabile c tema che cerca nelle radici piíi profonde del íessuto dei valori socíali condivisi i fondamenti dell'apprezzabilita piü completa. Nato come trallalo d'instirutio2. il cui scopo era quello di fondare e defimre i nioli di rilevante interesse sociale, collocandoli dentro al contesto generale, il teslo de L'innamorato lien fede al suo obiettivo ma al contempo io interpreta e So declina peí quel suo tanto umversale soggetto fin nei piü minuziosi particolari, al punto che l'amore si risolve nell'onore, e cuesto, nelle piü dettagliate rególe dell'onorare e del-l'onorabilitá, faccndo di un'inslitutio anche un galateo. Con tutto ció, per quanto interessante in se, l'csiguita del numero delle edizioni potrebbe porre una serie di problemi. come, ad esempio, quello delta modesta ade- 1 Si tratta di un'edizionc in 4o. datata Bologna 1565, che unanimamenle t biograft dciío Zampeschi ntengono provenga dalla slamperia di Giovanni Rossi (Ginanm. 1769, iJ, 476), e di una seconda in 8° senza dala e luogo di edizione ma che si rítiene anch'essa bolognese, come ad esempio annota il curatore delle Rime scelle di poeti ravennati anlichi e moderni (Rime, 1793, 421): "stampato per due volte in Bologna, ne! qnale ci sono ancora le Rime che qui si ritrovano" (alie pp. 33-35). Paoln Bonoli e Cortado Argegni citano diversamente Topera tilolandola "L'innamorato elegante (dialogo), Bologna 1565" ma non ci e stato possibile verirscart se si tratti di una terza edizione o invece di un quanto mai azzeccalo lapsus di quesii biografi (Bonoli, S 826, II, 59; e Argegni, 1937, III). Paolo Bonoli, neir/naficf della sua Sroria di Forli, cosi commenta parlando dello Zampeschi :"quesli non tanto seppe della spada, ma nelle lettere fu anco valeroso; ché lia Se altre cose sue scrisse un Dialogo cui chiamO Innomoralo elegante, ersdito lavoro falto di dritió pubblico con U lorchj di Bologna ne! 1565". Chi dedica più spazio a quest'opera entrando nei particolari del testo, è Umberto Saníini che nel 1903 riserva a Brunoro Zampeschi una parte del suo II Comune di Forlur.popoli sollo la signarla degli Zampeschi (1535-J57H). edito nel 1903 (Santini, 1903, 8-23). Le due edizioni si rivelano, almeno ad una prima ricognizione. idcntichc nel lontenuto - solo qualche diversità nell'ortíine dei sonelti di dedica per quanto nguarda le edizioni da noi viste (ma quella bolognese datata 1565, ;n cattivo stato, ha le pagine iniziali sciolte o molto provvisoriamente fermate). E il fallo che siano uguali non è irrilevante per quanío si dirá in seguito. 2 Su questo concetlo e sul problema del clasicismo e de\\'iiutitutio come actus inslituendi et prescrtltr. decendi. si veda I' introduiione di Amedeo Quondam (Guuzzo, 1993, XII-XV). 160 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 1 (IX.) Inge BOTTE RI: DELL'AMORE DELLONORE, DELL ONORE DELL'AMORE: V1NNAMORAT0.., t5V-1 SO sione e di un possibile limitato accogümento delle tesi s os tenu te ncll'opera da parte dei letton del tempo o, trattandosi di una fonte letteraria e non d'un caso d'archivio, potrebbe costituire agît occhi délia storiografia una "spia" troppo debole per poterie darc ascolto, un indizio troppo flebile per permettere l'avvio di un discorso, una curiosità tanto marginale anche per chi oggi voglia indagare la storia delle forme del comportamento sociale, ritenendole l'esito ultimo di ogn¡ cultura délia quale esse sono in grado di rifleitere i principi costitutivi e di rivelare i fini. Tanto da dover concludere, tornando a L'innamorato, che il dargli eccessivo crédito possa dipendere o da abbaglio o da molto mirata strumentalizzazione. Ma chi indugia sulla letteratura di metà Cinquecento aguardante il comportamento non puô non mcontrare l'opéra dcllo Zampeschi, incuriosito almeno dall'auto-rcvole riconoscimento che, circa quindici anni più tardi la data délia sua pubblic-azione, un affermato pedagogo e accademico toscano, Orazio Lombardelli da Siena, le riservo nel suo Degli uffizii e costura i de' giovani. Libri ¡[II. proponcndola ai gio-vani come uno dei testi di rifenmento per la loro educazione, "essendo la cura d'essi un'importantissima parte délia Disciplina Civile" (Lombardelli, 1579, 3) e il rispetto dei doveri di ciascuno strettamente legato al "buon nome" e al desidenn di gloria, in altre parole dunque all'onore e all'onorabilità sociale. Notiamo subito che buoni co-stumi ed onore erano pensati come valori strettamente correlati. 1 buoni costumi in quanto atti virtuosi, avevano sicuramente valenza prívala, ma in quanto legad all'onore e all'onorabilità, erano doverosamente comuni, manifestad e pubblici. Aggiun-giamo che l'csternazione quotidiana e ordinaria délia virtù e dell'onore nel comportamento, come subito si vedrà. si identificó in antico régime con le rególe délia creanza, con un códice cioè che sapeva dare forma ad un tipo di rapport» sociale nel quale si manifestava l'avvenuta adesione individúale ai comuni valori condivisi. Già Erasmo da Rotterdam aveva mserito nel suo piano educativo i primi rudimento cmlitati morum che prevedevano mol te rególe di buone maniere, ultimo atto della "crassissima" parte deiia filosofía, la pedagogía, ma pur sempre concesso dal grande e dotto uinanista come necessario "ad conciiiandum benevolentiam, et ad praeclaras illas aniini dotes ocuhs hominum commendandas" (Erasmo, 1993, 28). Daniela Romagnoli definisce quest'opera come "punto d'arrivo" di una stratificata tradizione e, nel contempo, "cerniera" per la nuova svolta cinquecentesca caratteriz-zata da una forte e générale valenza política della creanza e da un'ormai autorefe-renziale eticità/esteticità (Romagnoli, 1994, 508). Pure Giovanni della Casa aveva usato un innegabile understatement neü'avviare il discorso di quel 'galateo'3 che divenne l'architesto di rifenmento in tema di com- 3 "...io incominceríi da quelloche per aventura poliebbc a mol ti parer frivolo: cioi quelle che io slimo che si convenga di fare per poter, in comunicando el in usando con le geni:, esser coslutnalo e di bella maniera: il che non di menoé o virtü o cosa mollo a virtü sonngliante" (Delia Casa, (990, 3). 161 ACTA HISTRIAE • 8 ■ 2<í«ü • 1 (IX.) loge BOTTKRI: DEiXAMORE DEELONORE, DRi.L.'ONORE DELLAMORE; I.INNAMOKATO.... 159-180 portamento. Con una correzione perô che innalzava il tema délia creanza a maggiorc digniîà. avendo ritagliato per le rególe délia conversazione civile un loro spazio autonomo nell'identificazione dei costurrii con la creanza, e dunque con il galateo. Tali precetti furono in seguito vissuti come costume moderno o "costumi politici delle "galanterie esteriori che sogliono fare li corteggiani" (Cortesono, 1974, 116) adatte dunque anche per chi voles.se far "professione di gentilhuomo" (Roero, 1630, 106). Vcnt'anni più tardi, con Orazio Lombardelli. ancora si nota come questo azzardo' casiano procurasse qualche resistenza e sofferenza, e si tornava a distinguere, almeno teóricamente perché poi nella pratica si fondevauo e confonde vano4, creanza e "buom costumi", intesi questi ultimi come qualità delfanimo che in qualchc misura possono informare anche il comportamento, mentre l'esteriorità delle maniere era pensata come lo strumento per segnalare "qualche indizio dell'istitutione dell'animo" (Lombardelli, 1579, 88). Konostante la priorità che l'accademico senese tributava ai primí, lo spazio dedícalo aUe rególe di creanza dimostrava come esse fosseró diventate sempre più momento imprescindibile e parte essenziaie dell'educazione. Cosí, trattando della bibliografía da offrire ai suoi letton in lema di buona creanza, l'accademico senese proponeva: "Le buonc creanze s'imparan principalmente ncl conversar con persone ben creatc, e. professer) di Cortigiania, e da alcuni libri, come il Cabreo di Giovan della Casa e l'lrmamorató del Sig- Brunoro Zampeschi; come anco il Cortigian del Castiglione, gli Avvísi de' favoriti del Mondugnctto, e l'Annsarco del Lapino; bcnchè questi tre insegnano altre cose" {lombardelli, 1579,90). La citazione ci attesta in primo luogo come Topera dello Zampeschi fosse circolata nei quindici anni successivj alla sua pubblicazione, fosse statu conosciuta ed apprezzata tanto da essere ritenuta degna di menzione neü'attenta e selezionatissima bibliografía sulla creanza approntata da Lombardelli, a fronte del più vasio elenco -circa una trentina di autori e testi - per indirizzare i giovani aíl'educazione dei buoni costumi, elenco che spaziava dalle auctoritates classiche a quelle dei padri della Chiesa, alie umanistiche o a lui conlemporanee5. Anzi, L'imiamorato era posto suílo 4 Si veda, ad esempio, il capiiolo finale del testo lombardelliano, qui preso in esame, e dal titolo De' costumi de' giovani neila vita quotidiana secando ie «re. cove rególe di creanza. d'igiene, di pieta religiosa si confondono insieme 5 Ecco Jelenco completo: "Luigi di Granata, Serafín da Ferino. Bonsignor Cacciaguerra, Giovan Ger-son, Beato Vincenzo, Isac di Siria, Enrigo Herp., ArisKHele, Platonc, Scnofonte, Tulio, Seneca, Plutarco, dall'altro Gregorio, Antonino, Ambrogio, Belvacense, Vives, Piccclomini, Mondognclio, Valerio Massimo, Bañista Pulgoso, Sabellieo, Baltista Ignazio. Girolamo Garimberto í Ricordi del Sabba, le opere morali 03, SI-83). 17 E forse lutlo cío era tanto scontato che non venne esplicitamente chiarito il motivo della scelta dei • lema, e a parte definirlo adatto per "fugglr il tedio nella stagione piü noiosa del caldo dell'estatc". specic in tetra padana diremmo noi, e risultare "veramente materia conveniente alia piacevoie natura d'ambidue (i due interlocutor!)" e "bello si per la novitü del soggetto, come per ta varieta dell'erudi-iione. et de' costumi accennati per ammaestrare tin giovane nobile innamoraro" (Zampeschi, 1565). 18 Due soao i sonstti de! Tasso, ripurtati anche dal Sulerti curatore della raccolla delle nme (Solerti. 1900, 30-32), secondo i'ed. de L'innomoralo, su Ma Umberto Saniini gliene attríbuiscc un ter/.o -come da Zampeschi, 1565, da noi rinvenuta a Bologna Qüest'ultimo sonelto (escluso dal Soleni) viene invece attribuito dall'edi¿ione sen ¿a data a Giovan Mario Verdesotti ed i il secondu dei tre che quesii dedica silo Zampeschi. 170 ACTA HISTR1AE • 8 • 2000 • 1 (IX.) Ingc BOTTER1: DELL'AMORE DELL'ONORE, DELL'ONORE flELL'AMORE: L'tNNMtOHATO.... 159-180 ncordato solo per quei due sonetti in lode delio Zampeschi, dall'altro, il febbrile c rómpante Lúea Contile, cortigiano a Roma presso íl cardinal Agosíino Trivulzio e a Milano al seguito di Alfonso d'Avalos, quindi al servizio di Ferrante Gonzaga, collega accademico del Muzio e del Betussi nell'Accademia milanese dei "Fenici", amico di Girolamo Ruscelli nel soggiorno veneziano al servizio di Síorza FaLlavicini: nonii ricorrenti anche tra le conoscenze dello Zampeschi. Da Milano a Roma, da Venezia a Ravenna; da Viterbo a Macérala, da Bologna a Fano a Fodimpopoli, il circuito delle Accademie procnrava relazioni, amicizic, spazi alternativi ed onori, l'attestazione dei quali Brunoro Zampeschi non si sentí né di ridurre di numero né di trascegliere per autorevolezza, bisognoso com'era, lui uomo d'armi, di speciali e molteplici mallevadorie, rasentando cosí quasi Taffettazione', il peccato piü grave nella convenienza del comportamiento perché contraddiceva al criterio basilare di "tener in tutte le cose una certa mediocritá facile" (Zampeschi, s.a., 88v.), e dunque contravvenendo alia regula universalissima del Castiglione che VOle-va neila sprezzatura il fondamento della grazia del cortigiano, regola che il letterato capitano di ventura aveva voluto fosse i! suo modello. O forse anche quesío era effetto della trasposizione che ne L'innamoraío venne 'falta del Cortegiano, perché Zampeschi non era Castigiione, e dunque non poteva disprezzare quegli omaggi che lo legittimavano agli occhi dei lettori: né aveva intomo a sé "una cittá a forma di palazzo" perché Forlimpopoli non poteva competere con i! ricordo della mitica Urbino, né tantomeno gli illustri pcrsonaggi del Cortegiano - i Bembo, i Frcgoso, i Gonzaga, i Pallavicino - potevano ritrovarsi nei panni di uno sconosciuto giurisperito (Messer Vincenzo Passero di Ravenna19) e di an altrettanto ignoto professore di filosofía e medicina (Messer Giovan Battista Suzzo di Forli), pur se il nostro autore dimostrava di avere una buona schiera di estimatori, vantava una posizione di prestigio, quella di govematorc, e rivelava di sapersi attorniare di una piccola corte di persone colie e stimate, come l'eccellenza delle professioni dei due incerlocutori del dialogo attestavano, sottintendendo una scelta oculata e conforme ai canoni di una gerarchia professionale socialmente condivisa (Garin, 1947; Cristiani. 1990, 144-146). E ancora, per quanto riguarda il soggetto dell'opera. il prestigio pubblico riconosciuto alia figura del cortigiano. che rappresentava il massimo della vicinanza, deH'adeguamento c del rieonoscimento 19 11 secando testamento sttlalo da Brunoto Zampeschi ne! marzo det 1570 vede come teslintone un "Vincenzo Passaro da Ravenna" (Santtni, i903. 74) al quale .si legava ta volontá de! testatore che "havendo figli maschi djeno [...} 1000 scudi d'oro in tempo di due anni ogni anno la meti" (Santini, 1903, 73), un "m Vincentio Passari" al quale ejano stati lasciati "2000 scudi d'oro et ta casa che era di Ser Roberto da Meldule pagando il mió erede e la Tisbc queilo che vi ha sopra" (Santini, 1903, 11). e un "Vincenzi Passero da Ravenna per testimonio del testamento" al quale sarebbero a«idali 50 scudi (Santint, 1903, 91). Dunque uno degli inletlocuiori del dialogo eia persona reaie e di ftducis dello Zampeschi. Si puó supparre dunque che anche Uiovan Battista Suzzo, I'altro persomtggio de L'innamoixtlo. sia ainh'esso realtnente esistito 171 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 1 (IX.) Ingc BOTTER!; DELL AMORF. nEU.'ONORE, DELl.'ONORE DHLLAMURE: L'INNaMOMIO .. . Í5918ÍI della centralita del principe - il ituovo e solo optimus civis deli'era post-umanista (Mozzarelli, 1995, 332 ss.) - non poteva essere messo a paragone con quel lo invero assolutamente privato, seppur generale, deH'innamorato, una condizione la cui apprezzabilità era valutata c valutabilc pienamente da un qualunque sconosciuto giudice, riconosciuto come tale solo da chi gli voleva riconoscere quel molo. Né, per finiré, sul versante dello slile, la pignoleria della parafrasí dello Zampeschi puo reggere con la felice prosa del Castiglione, Ma tutti questi distinguo non fanno altro che confermare la possibilità della declinazione di un único paradigma, mentre piopno l'abbassamento del livello della rappresentazione del discorso c Ínsteme la trasversaiità dell'esperienza dell'innamora-mentó e la sua generalizzabilità, coniugati su un modcllo elitario, mostravano come lo strumento per tale esportazione fossero le rególe della creanza, le rególe di una con-venienza cioè giocata sull'equilibrío tra onore ed utile, tra cerimonie e giusto mezzo, Ira ordine deile passioni c decoro, tra piescntabililà sociale e riconoscimento de! pro-prio e dell'altt ui status sociale. Era d'aitro canto una trasposizione abnuale tanto che sia un lettore qualunque come l'awocalo siciliano Argisto Giuffredi a fine Cinqueceníc poteva consigliare ai ligli tanto i precetli del Castiglione quanto quelli del Casa (Luz-zatto, 2000. 29), sia il ben pul noto Giovan Baíüsta De Luca, un secolo dopo, poteva premere per indurre il su o cavaliere a sceglicrc come prime letture il Galateo, il Cortegiano, La civil conversazione "et altri somiglianti libri. i quali trattano delle buone creanze" (De Luca. 1675, 248). Perché alla fine, risultavano tutte letture atti nenti alia formazione di uno stile di comportamento che mamfestava I onorc, parola che "nella sua generale, e larga significazionc, dinota ogni aíto di giustizia, e di eonvçnienza, col quai si soddisfi a quel che l una, o l'altra legge obblighi; ct anche ogn alto d'ossequio, di cortesía, e urbanità: che pero si diee d'onorar Dio, non già solamente coll'ingenocchtarM, c col riverire il suo nome, e le suc inunagini, nía eoil'osservare i suoi preceiti, e col vivere coi suo timoré" (De Luca, Î675, 248). Solo tre anni prima neila settentrionale Torino, Emanuele Tesauro aveva úsalo una definizione moho simile per definire la buona creanza e per indicare come la piccola virtù casiana fosse ormai divenuta una legge al pari di quella civile: "El finalmente la civiüi'i della creanza non è la legge civile, che regola i contratti con la giustizia, ma una legge curíate, che regola il modo dcllc auioni con la eompiaeenza. Qnclla si chiama Societc), questa Conversalioite" (Tesauro. 1672, 226). In tal modo, anche questa nuova legge della creanza - dai connotan sempre più politici se era s tala riconosciuta come códice di rególe paragonabile al diritto - era falta rientrare in un trattaío di filosofía morale che parlava di virtù cliché, di ethos, la cui 172 ACTA HJSTRIAE • 8 • 2Ü00 • 1 (IX.) Inga BOTTF.RI: OI-LL'AMORE OELL'ONOKE. DF.IXONORE DlilX'AMORK: LWMMOfWTO.... ISS-180 "essentialissima proprieta della virtu inórale é l'csscre honorevole. {...] La eccellenza ciunque c nell'honorato, et non ncU'honorante: t'honorc c neU'honorante, et non nell'honorato. Ma quantunque I'honore sia un benc extrínseco al virtuoso. notidimeno l'esscrc honorevole t un bcne intrínseco aüa virtti" (Tesauro, 1673, 2i e 22). "Et perché ogn'hnomo honorevole naturalmente desidera di conservara il suo honorc, ct i! suo grado, egfié un atto altrcsi villanissímo, et contrario al decoro, il non riverir chi merita, o prendere a) maggiorc i! luogo piu degno. per cammino, o alia mensa, o in un consesso; non per soperchia arroganza, ma per mancanza di civiita, chc non merita sdegno, ma beffa e riso, come ti glifo tra' cigni prese il íitogo di mezzo" (Tesauro, 1672, 23 i). Era quelio de! Tesauro un ulteriore svolgimenlo, il quale comprovava ancora una volta come solo neila civile conversazione si potesse conseguiré una tanto preziosa virtu. alia quale le rególe della crean za erano strettamente connesse perché códice di educazione civüe - 'cívica' diremmo noi - alie quali non si poteva sottrarre neppurc, anzi sopraitutto. un innamorato il quale vokitamente si esponeva a quel particolare tipo di apprezzamento (di onorabiiitá) che sottostava al rito sociale del corteggiamento. 3. Dell'onore dell'amore. Dunque il tema de L'innamorato non t quello dell'amore ma della conquista dell'amata, l'educazione sentimental é il corteggiamento, il far la corle, e davvero l'espressione calza a penneüo - verrebbe da diré - con quanto b descritto dal nostro testo e con il suo modello di riferimento, il Cortegiano del Castiglione. E anche il chiarimento di quale tipo di amore si stesse parlando nell'opera20 segna 20 Interessame sarebbe seguire piü deitaglialanienle il testo su questo lema. Lo fareuio in al tro luogo. Ci ümiteremo qui a segnafare l'imbarazzo di Umberto Santini quando arriva al delicato punto: "Entrando poseía nelí'argnmento d'amore lo Zampeschi dichiara che l'affetto da tui lodato puf> legare il cuore di un uoiiki con una donna maritata ad altri; se non che i¡ suo affetto deve essere mondo da scopi non todevoli: essere un amor idéale, platonico. E' una forma di cicisbeismo". Come súbito si vedrá in reató il testo sembla smentire questa iníerpreiazione. Ma Santini prosegue: "Brunoro infatti fu innamorato di sua moglie, fino a diseredare le sue sorelle e i suoi nipoti per lase i are a lei le sue sostanze: eppure non credetle di venir meno a' suoi doverí amando l'Armida da tui eelebratissima net Dialogo", Perpot conciudere: "La nostra coscienza piü evohiía riíugge da queste transizíoni ipocrite e immorali, ma net cinquecento, secando 8 id ti oro Zampeschi, t'uomo della classe nobile ed elevata aveva un concetto mora le differente dal nostro" (Santini, 1903,2t) Piü avanti Santini comirienta: Ve ben poco da ccedere al suo amore platonico, ma pure dal volunte «pira un vivo semimerUn di cavallcrta verso la donna" (Santini, 1903, 23). Cosí suona come una giustificazione non richiesta, la specifieazione ne L'innamoroto a proposito del rapporto che univa lo Zampeschi ad Armida, alia quale Biunoro dedicava un sonetto nel Dialogo e che descriveva come "betissiraa e virtuosissima gentildonna la quale egli [lo Zampeschi] ama, ma honestamente petó si come fanno i Platonici" (Zampeschi, s.a„ 108 v}. Sicuramente allora, un'allra lezione di cavalieria! Per quanto riguarda l'amore per la moglie, ii testamento speciftctiva, é vero, chc L'ereditá le spettava inicramente ma "purchc rimanga vedova" (Santini, 1903, 70) e piü avantí: "Et in evento che io 173 ACTA HISTRIAE • 8 • 2000 • 1 (IX.) Ingc hOTTF.Ri; DELLAMORE DKLL'ONORü. DKLLONORfi DELL'AMORE: L MXAMORATO. .. IS9-180 un ulteriote cffetto della ¡rasposizionc effettuata dallo Zampeschi delle categonc del Cortegiario di Baldassar Casüglione. I! nostro autore chiariva che il "desiderato fine dell'innamorato" - e occorrerá soitolincare, in aggiunta, quanto la scelta del paragone voluta dallo Zampeschi sí riveli felice nel aportare un tema tanto privato nel piü vasto scenario delle relazioni sociali, neil'evidenziare cioe come lipi differenti di relacione, politici o sentimentali. fossero pensati conie paragonabili fra di loro, c dunque Tuno esemplificativo dellaltro perché entrambi riferentesi a simili modalitá di attuazione e di aspettative, a riprova di quanto si diceva sopra - "¡o lascio giudicar ad ogn'huomo savio Et lo islesso si cerca tía nn Signor lemporale, che doppo l'avcrgli falto fedel. ct amorevoíe .servitü, s'aspclta haver da luí qualchc premio di sssa, come suo fine, il quale per esser cgli m unte le cose, se mancasse nelle cose humane, ogni cosa andrebbe in ruina, ct si viveria come faranno gí: animal i bmti. e se altnnr.cníi lene il Contc BaMcssar Castiglione nc i suoi libii di quel suo cortigiano voLendo pur che si ami in ascratto, questo fu perché egli, ch'era pnidentissirao, hebbc (come devva havere) rispetto al iuoco, ove ei parlava, et a' persormggi che ragionavuno. Oltre che si potrcbbc ancor soggiungerc, che tutio egli dieesse, per far il bel ingegno, mostrando, quel che non e, essere" (Zampeschi, s.a., 55 e 55v). II testo ci dice che la risposta piaeque sommamente all'inlerlocutore del Suzzo, e cerlo non dispiacque neppure all'esigente Lombardelli, né quest'ultimo trovo da ridire che il nostro innamorato fosse istruito nella prudente condotta da (enere con la ... moglie e le tacesse la sua relazione, anzi cercasse con il suo comportamenío di non suscitare dubbio o sospeuo alcuno, ma cumulando in tal modo peccato a peccato21: "Quartdo entra [ii manto] in casa prima actos latos i a Ici [ia moglie], et datoli un bacio, et toccatolí ¡1 mentó con due dita gentilmente dita, mi parea esser slato 1000 anni di non vi haver vedtita, che piü vedervi. che per altro son ritornato a casa" (Zampeschi s.a.. 2Nv). E tutto ció non perché pentito di avere contravvenuto al sacro vincolo del sacramento del matrimonio ma habbia figli rnaschi o hastardi voglio che siano padrón i d¡ ognl cosa'. Corrunenta Santini in ñola "L'amore alia mogüe non distruggeva in Brunoro il «lesiderio di aver figÜuoli tultavia non cbbc alcun figlio da altrc donne: si pud crede al Vccchiazzam quando dice che il malrimonio Ira Brunoro e Baítistina fu infruttuoso per causa di lui" (Santini, 1903, 73). 21 Non solo alia mogiie il noslro innamorato doveva lacere la relazione, ma anche alia madre, alie sorel le, ai fralclli e al padre, il quale sembra adirato per questioni che esulano daH'etica: "che li farf>, che ti dir6 manigoldo, triste, disubidieme. che non te l'ho forse dello milla volte, che iasci star la tale? Presto sgombrami la casa infame che tu ser, nt mai piü voglio che ci lomi; et se eredessi gettar via tullo il mió, non voglio che tu nc herediti oncia" (Zampeschi, s a , 50 v ). 174 ACTA HISTRJAE • 8 • 2000 « 1 (IX.) Ingc BOTTERl: DELL'AMORE ÜELLONORK, DELL'ONORE DELL'AMORE; LWNAUOMTO. . 159-18!) "a cagione. che essendo la donna più vitiosa, che io stesso vitio vedendosi schemlre da csso manto, anchor essa vinta dalle sue libidinose, e dalle continovc ambasciate fattegli per qualche persona, che a ció attenesse per sorte con esso ici a nome di qualche suo amante, rolto ¡! freno della pudicitia. non la facesse a! marito di rimando, come molte hanno falto" (Zampeschi. s.a, 27v.), quasi che l'infedeltà matrimoniale - da parte maschile, s'intende - non rientrasse come necessario obbligo ncll cssere "rispettoso della religione, schivandosi cosí da vani giuramenú, et da bestemnuare, come da tutti quegli vitii, che sono dt vergogna. et di biasimo alie crean zc, età e costumi di persone nobili, el virtuose", come in altro luogo L'mnamorato prescrive (Zampeschi, s.a.. 7 Ir.). L'educazione all'amore che il testo di Brunoro Zampeschi ci propone è dunque davvero molto particolare: un'interpretazione curíale per una nuova ars amandi nella quale sono tratlati tutti i temi pertinenli in quel tempo ail ogni institutio: i requisiti di nobiltà, l'ctà, le sembianze fisiche, to status dei partner, l'abbiglianiento, il tipo e la modalité di retazione nelle varíe occasioni - in compagnia di amici, in famiglia, al bailo, per strada, a mensa, in conversazione - nella scrittura di biglietti e missive amorose, le qualità che doveva possedere il niodello. qui il perfetto innamorato, e infine il vertice e la perfezione dell'amore, que lio dovuto a Dio. Racchiusa e insieme legittimata in questo programmatico disegno, dovc ogni cosa trovava il proprio posto, una voira che si fosse evidenziata la gerarchia dei valori e i gradi intermedi avessero trovato il loro posto e la loro funzione tra l'inferiorità deile pulsioni animali dei bruti e la perfezione spirituale dell'ascesi, prendeva corpo un'educazione sentimentale non proprio alia Stendhal, un'educazione non pensata cioè secondo i canoni romanfici attraverso il sentimento e le passioni, ma invece un'educazione del sentimento e delle passioni passati attraverso il vaglio delle convenienze sociaü, secondo canoni più classici e cíassicistici. Limitato al tempo della giovinezza. tra i 20 e i 30 anni, l'innamoramento diveniva uno stato ricono-sciuto ma specifico di un'elà intermedia ira la puerizia e la maturità, tempo quest'ultimo dal quale "si aspettano opération! fuite gravi, et mature" (Zampeschi, s.a., 9r) e nel quale diventava sconveniente, ci pare di poter concludere. e forse ridicolo indulgere in tali comportameiiti. E diversamente da quanto accadde in sorte all'a/i amandi ovidiana, certo ietta ma disapprovata ufficialmente, le rególe del corteggiamento esposte dallo Zampeschi pur dichiarandosi strumentali al buon esito del rapporto amoroso - "poscia che (come ben disse una gentilissima madonna ad un mió [del Suzzo] amico) tutte le Jasciate son perdute - (Zampeschi, s.a., 47r.), poiché valevano per un'intera società che sul valore deM'onorc costruiva le sue relazioni (Neuschel, 1989, 103), non causarono al loro autore alcun esilio o messa al bando, anzi gli meritarono la legittimante citazione dell'orfodosso Lombardelli di solito cosí attento e ligio ne! censurare quanto 175 ACTA H1STRIAE • 8 • 21)00 • 1 (IX.) Inge BOTTERi' DEUuAMORfc ¡JCLLONORE, DF.LLONORF. DELL'AMORE: LINNAMORATO.... ISM-tSU vi potesse essere di poco educativo nclle letture proposte ai giovani, un piccolo giudice inquisitore nel campo delJ'educazione che voile emendare il Cortegiano del Castiglione22 ancor prima che ufficialmcnte Y índice del 1584 lo stabilisse (Infelise, 1999, 47-8)23. Non parve pero rilevante agli occhi di questo ccnsore che I'amore del quale si discorreva ne L'innamorato non fosse coiugale né piatonico e che anzi proprio su tale punto si allontanasse dal modello castiglionesco. Fatti percid piú cauti su quanto fosse ritenuto socialmente acceítabile in tenia di amorc e su quali fossero i profili maggiormente rilevanti per l'educazione in proposito in questo scorcio del controriformistico Cinquecento, e con ció tirando le fila di quanto si é detto, pare di poter concludere che fu proprio l'interesse verso la ricca profusione di dettagli. i non marginal) particolan su minuziose e minuscole, ma solo per noi a quanto pare, questioni - come il modo di portare lo spadino, o gíi abbina-menti di colori delle vesti con le calzature, o i modi di stare ed andaré a cavaílo, per esempio - a fianco di aitre piit generali questioni - cosa fosse la nobiitá o quali fossero le virtü cssenziali per l'innamorato, ad esempio - a rendere il nostro testo opera consigliabile per l'educazione dei giovani, per l'acquisizione di una presentabilita, anche come innamorati, onorevole perché conveniente, e conveniente perché comune e consensúale e perció buona'. Ció permetteva di rendere 1'innamoramento onorabile e l'onorabilitó tanto usuale e ordinaria, tanto quotidiana e partecipabile da poter essere sminuzzata in rególe fácilmente comunicabili e quali ciascun uomo, nella condizione di innamoralo, poteva imparare cosi da non perdere quella creanza attraverso 5a quale l'onore si declinava. La creanza rendeva cosi presentabile anche la passione d'amore, la ordinava (qualcuno forse vorrebbe diré la disciplinava?), le dava cioé forma conveniente, legittimando alia fine anche nella societá della Contronforma c per i suoi teorici la possibilitü di parlare di donne e praticace con loro quale l'aveva messa su caita il romagnolo Brunüro Zampeschi. 22 Dopo aver citato gli autori e ¡ testi che dovevano msegnare íe buone crcanze ai giovani, Lombaxdelli proseguiva: "e ne¡ Conigianosi dovranno canceliare aicuni passi, prima che i giovani lo leggano; come facemiRo nei nostri volumi già nove anni sono il S. Ruberto Peccamo Cavalier Inglese, e i», discorrendo insieme del modo ch'io tengo ne' libri, che non son ptoibiti dalla Chiesa, il quai modo è ch'io cancelio sotlilmenle, sicchè più non si leggano. i passi pericolosi. e vi fo degli obeli, come insegno nella Base, terzo da' miei Bbri della Maniera di sludiarc" (Lombardelli. 1579,91). 23 A confcrma dell'ortodossia del (esto di Brunoro Zampeschi , riportiamo anche la ctU2ione de La Libraría di Anton Francesco Doni netl'edizione del 1581). "Di nuovo ristampaia e aggiunlivi tudi i libri volgari posti in luce da trenta anni in qua. et lcvalone fuori Ritli gli Autori, et libri proibiti". Riuoviamo qui il nome del noslro autore e. sottci 1'elenco det "Dialoghi" Vopera in questione (Doni. 1580, II v. e 58 v.). Alia luce di tutto ció apparc, il falto che le due edizioni de L'innamorato -quella del 1565 c quella senza data ni luogo di stampa né stampaturc - siano identiche su i punti più deheali, eselude in panenza ogni pensabile escamotage di stampatori o di pubblico 176 ACTA HISTRIAE * 8 • 2000 • 1 (IX.) Ing« BOTTHPJ PF.LL'AM0K1; DEU.ONORK, DF.LLONORE DF.Ll. AMORE: t.lNMMORATO . 159-1«) O LJUBEZNI DO ČASTI, O ČASTI V LJUBEZNI: "2AUUBUENV BRUNORA ZAMPESCHIJA (1565) Inge [iOTTERl Universiti caUoitca