ANNO XI Capodistria, 1 Agosto 1877 N. 15 LA PROVINCIA DELL' ISTRIA ^^ -iji .<• anodina b <•. sii aiì (un.»" itgooimiii t • •■">» 'II1"! ÉW? nI «ton*»?«« tifali «fi»: .1 (* Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. NUOVA SERIE di Effemeridi Giustinopolitane (Coni. V. n. 14) Agosto 1 1380 Vittore Pisani affida la città a 350 uomini del luogo ed a poca milizia, pone però buona guardia in Castel Leone, rimasto fedele a Venezia con Rizzolino Azoni da Treviso anche durante 1' occupazione della città per parte dei Genovesi. - 8, - XV, - 770. 2 1422 11 senato appoggia la domanda del cittadino Zanone de' Gallis capitano delle truppe pedestri del duca di Milano, ed ordina che sia ar-rolato assieme al padre ser Gregorio del fu Giovanni al civico patriziato. - 1, - 35. 3 1449 Ducale che permette all'ebreo (Àbramo del fu Michele d' Ancona di trattenersi assieme alla famiglia nella nostra città, e di mutuare ai soli cittadini ed alla gente del distretto a tre danari per lira. - 1, - 115.1, 4 1461 Ducale Malipiero che avvisa il nostro comune e quelli di Pirano, d'Isola e di Muggia ad approntare delle barche a fine d'impedire ai triestini ogni commercio per la via di mare. - 1, - 174.» 5 1595 Ducale Grimani che innalza a cavaliere il dottore in legge ser Antonio del fu Valerio Fini. - 4, - 33. 6 1349 II veneto senato aderisce alla deliberazione dei commissarii delegati di costruire in città xv a porta Musella un castello. -16, - 40.b 1 1493 II pod. e cap. Nicolò Contarini fa il suo solenne ingresso. - 1, - 270. 8 1391 II comune stipula certo contratto cogli ebrei Veninar e Salamone Crucilach. - 1, - 58. 9 1421 Ducale Mocenigo che ordina al pod. e cap. Nicolò Coppo di scegliere tra i nobili del patrio consiglio i due podestà per Pinguente e per Portole, assegnando al primo lire 600, e lire 500 al secondo. - 1, - 34. 10 11 vescovo fra Tommaso Stella consacra la chiesa collegiata d'Isola. - 15, - II, - 117. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. 11 1426 Ducale che grazia Pietro Barberio, custode in Castel Leone, con soldo mensile di Rre.pin-que per aver sottratto con pericolo della vita un quantitativo di polvere al fuoco, accesosi per scoppio del fulmine. - 1, - 63. 12 1398 Ducale Venier che proibisce al pod. e cap, Lodovico Morosini di promulgare lèggi per fa^ vorire i cittadini con danno delle ville. - 1, - 28.b 13 1414 Ducale Mocenigo che autorizza il po'd, e cap. di poter allontanare dal Castel Leone gli stipendiarli surrogandone altri senza dipendere da quel castellano. - 1, - 31. 14 1425 Ducale Foscari che conferma i patti stipu- lati dal còmutie con gli ebrei li 8 agosto 1391 e nel 1409 li 11 aprile. - 1, 58.b 15 1589 Ducale Cicogna che accorda al comune di Cherso di ricorrere nelle appellazioni criminali, alla nostra carica. - 12, - 186. --fO»-- Vf„ (L& TOQ1T& m [PimtK)® V Pirano ha dato nel pomeriggio di domenica 22 decorso, la più vera, la più cara dimostrazione di affetto che una città possa dare ad una città consorella, e colla simpatica sua visita rese a Capodistria Pegno novello e solenne D i fratellanza imperitura* Il ricevimento all' approdo dei vaporetti conducenti gli ospiti carissimi fu oltre ogni dire festoso e reso assai vago dai molti pennoncelli e dalle bandiere innalzate lungo il molo. All' arrivo in piazza la brava banda piranese diretta dal distinto maestro napoletano siguor Ventrela, fatto il consueto saluto al Municipio, suonò sceltissimi pezzi avvicendandosi colla banda capodistriaua. In pari tempo nella sala della Loggia s'improvvisarono animatissimo danze, che vennero protratte fino a sera, e alle quali presero parte eleganti e leggiadre signore. Alla partenza, la via del Belvedere fino al molo delle Galee, illuminato da mille variopinti palloncini, presentava agli sguardi ammirati del numeroso pubblico, una scena di cui non si potrebbe immaginare la più fautastica, la più attraente ; così pure Miralonda e Monte S. Marco colle loro brillantissime fiammelle, i quali inviarono agli ospiti desideratissimiipiù cordiali arrivederci, 114 V V 8) - Nè va taciuto ancora che, — quasi suggello della imponente festività, — in un convegno di piranesi e capodistriani sorse l'idea di iniziare uu monumento ad un illustre figlio dell' Istria, vogliam dire a quel Gian ltiiiaìilo Carli di Capodistria, che fu già proclamato uno tra più grandi economisti italiani del secolo XVIII. Aggiungiamo iufine che lo spettabile Municipio di qui, accolta la nobilissima idea, si farà iniziatore delle pratiche necessarie per condurre a termine la desiderata impresa. *) Parole della bellissima epigrafe affìssa in città nell' occasione della visita piranese, e chevenue pubblicata per cura del prestantissimo Comitato dirigente, presieduto dagli egregi signori Giuseppe Giovannini, ed Elio Longo. DUE SOG&ETTI ISTRIANI all'Esposizione di Napoli Fra gli stupendi quadri che furono in mostra all' Esposizione di Napoli, aperta nello scorso aprile, e che meritarono il plauso degli intelligenti, vanno annoverati quello del francese Giovanni Leone Gèrome, rappresentante il gran Padre della Chiesa Latiua, San Girolamo, (nato nel secolo IV a Stridono in Istria) e l'altro del napoletano Ferdinando Ruggieri, rappresentante Il sogno del violinista Tartini (Tartini Giuseppe nato a Pirano d'Istria nel 1692). Quali pregi abbia il quadro del Gèrome, celebre allievo del celeberrimo Delaroche, ce lo dice F. Netti valente critico dell'Illustrazione italiana: "Tutte le volte che debbo traversare le sale della pittura non posso astenermi dal fare un piccolo alto innanzi al San Girolamo di Gèrome, e mi maraviglio segretamente che la maggior parte dei visitatori non faccia altrettanto. Non so se questa poca premura sia una affettazione, o se dipenda, com'è più probabile, da poca abitudine e poca affezione per una pittura, che non ha nulla di abbagliante, nessun colore che chiami da lontano, nessuna vibrazione potente ; che è appassita e monotona, e la cui apparenza è in disaccordo colla pittura e colle tendenze plastiche che predominano nella Esposizione. Il quadro stesso, bisogna aggiungere, non è neppure uno de' più importanti dell'illustre pittore. È una sua carta di visita, come egli stesso ha detto con molta finezza. Può esser dunque che la maggioranza abbia ragione: mettiamo anzi che io abbia torto a dirittura. Malgrado ciò, quel quadro, quando ci passo davanti, mi ferma e mi ferma e mi colpisce sempre fortemente: — non è colpa mia. Dirò di più. Quel vecchio scarno e nudo, steso lungo lungo per terra, che muore solitario nella grotta di un deserto, colla testa affondata nel fianco velloso di un enorme leone accovacciato, tristo e coscientemente tristo, mi pare una creazione strana e leggendaria. Guardo poi l'esecuzione, e la trovo dura ; ma basterebbero lo scorcio del torso, le mani increspate, che conservano il movimento lasciatovi dall'abitudine di scrivere, e la chiaroveggenza dalla forma per rivelare il maestro.« Sull'altro quadro II sogno del violinista Tartini di Ferdinando Ruggieri ecco cosa dice Yorik, il brillantissimo autore di Vedi Napoli e poi . . • Yorick: „ Quello però che è veramente meraviglioso per ef- fetto di luce è il quadretto del sig. Ruggieri : Il sogno del violinista Tartini. Dove diavolo le ha viste il signor Ruggieri le larve impalpabili e trasparenti degli spiriti folletti per ritraile così bene sulla tela? Ha egli forse viaggiato per le viscere della terra, attraverso i regni inospitali dei gnomi e delle salamandre, dove le fiamme dei vulcani tengono tutte le materie in fusione, dove i vapori ignei si raccolgono nel bujo delle caverne, pigliano le forme più strane e le più paurose parvenze ? . . . Quel suo folletto dalle membra aeriformi, dalla testa luminosa come un tizzo di carbone acceso, arrampicato con un certo grottesco atteggiamento sulla spalliera d' una sedia, illumina co' suoi riflessi sanguigni l'oscura cameretta ove dorme un sonno affannoso il violinista Tartini. E recatosi a spalla lo strumento del dormiente, ne tira fuori note così strane, suoni sì stravaganti, urli, gemiti, singhiozzi, cachinni, rantoli, sospiri, sghignazzi e strepiti sì sbardellata-mente originali, che quello sventurato sognatore si contorce sul letto, si agita, si stende, si raggomitola .. . e si sveglia per comporre quel capolavoro della sonata del diavolo. Ridire con parole tutto quello che c'è di diabolicamente bello in quella piccola tela è impresa superiore alle forze d'un critico miserello a cui il Signore Iddio benedetto non ha mai concesso la grazia di leggere nemmeno in sogno, un articolo scritto dal demonio. Satana è un gran maestro, questo lo sapevo da un pezzo, e nessuno, io credo, è mai riuscito grande artista senza avere il diavolo addosso! . . . Forse è per questa ragione che tanti astuti ed accorti amatori dell'arte d'oggidì tengono accesa una candela a Domineddio, e un'altra a Belzebù ! . . . Si je comprends pour quoi Von agit de la sorte le veux-dit le bon Dieu-que le diable m'emporte ! CHERSO Un cenno di questa graziosa isoletta del Quarnero, comecché assai fuggevole, non sarà discaro ai nostri lettori, ora principalmente che si va approssimando l'epoca in cui la sua piccola capitale ospiterà i confratelli istriani al X Congresso della Società Agraria: L'isola di Cherso bagnata dal procelloso Quarnaro (Sinus Flanaticus) prospetta ad oriente le isole di Veglia ed Arbe,ad occidente la penisola istriana, a settentrione Volosca e Fiume, a mezzogiorno l'isola di Lussino. Fu in antico una delle Assirtidi, così chiamate da Assirto fratello della fuggitiva Medea, ed ha una lunghezza di 66 chilometri con una massima larghezza di 13 e minima di 2. La sua superficie è di 417.19 chilometri, con 8000 circa abitanti. La sua parte settentrionale è coperta da boschi cedui nei quali crescono vigorosi la quercia, il cerro, l'olmo, il frassino e il carpino; la centrale è brulla e sassosa e v'imperversa la bora; mentre nella meridionale oltre la vite e l'olivo verdeggiano anche il mirto e l'alloro. L'Isola di Cherso fu pure appellata Istris ed Absoro, e comprendeva le citta di Absoro, l'odierna Ossero, e Crepsa o Crexa, l'odierna Cherso. Fu prima sotto i Liburni, poi sotto i Romani che la occuparono nel 128 innanzi Cristo e se la tenuero fino alla caduta dell'impero occidentale operata da Odoacre re degli Eruli ; fu quindi sotto questo re (V° secolo d. C.) e successivamente sotto i Goti e i Bizantini finche nel 998 fu acquistata alla Repubblica di Venezia dal doge Pietro Orseolo II assieme alle isole di Veglia e di Lussino. Benché in dipendenza della gloriosa repubblica, Cherso conservò la sua costituzione municipale; ebbe però un Rettore veneto che assunse il titolo di Conte d'Ossero; dal 1180 al 1304 fu feudo ereditario della veneta famiglia Morosini, e dopo fino al 1797 (caduta della repubblica) fu nuovamente sotto un Rettore col titolo di Conte-Capitano d'Ossero e Cherso, il quale ebbe la residenza prima in una poi nell' altra delle due città. Non va taciuto per altro che durante il periodo veneto, Cherso assieme a Veglia e Lussino fu pel corso di mezzo secolo soggetta all'Ungheria, e precisamente dagli, anni 1358 fino al 1409. ■, 11 terreno di quest' isola è in gran parte calcare, misto qua e là a creta e marna; a Cherso è in fiore la coltura dell' olivo da gareggiare con Rovigno e Pi-rano, e vi si allevano da oltre 40000 pecore, essendovi estesissimi pascoli. La città omonima, che è posta in fondo d' una baja detta Vallone, dà alla marina mercantile di lungo corso il numero maggiore di tonnellate dopo Lussin-piccolo e Volosca. Di 304 capitani dell'Istria qualificati dal 63 al 75 alla navigazione di lungo corso, Cherso ne ha dati diecinove ; mentre Parenzo, Pirano e Capodistria ne hanno dati due perciascuua ; Albona, Pola e Veglia uno. E Cherso conta a rigore 4700 abitanti ! Anche questa città come le altre consorelle I istriane ha avuto in passato le sue illustrazioni in quei tre valorosi figli della Veneta Repubblica Giovanni, Stefano e Nicolò nobili Petris, padre, figlio e nipote. Giovanni fu sopracomito di galere, Stefano capitano di "lunga e veterana esperienza,, (così l'Atto 4 luglio 1619) si meritò gradi e onori cavallereschi, Nicolò fu sopraintendento e comandante di milizie in patria, soldato valorosissimo, e donatore generoso del suo ogni qualvolta lo avessero richiesto i bisogni della Repubblica (doc. id.) Il viaggiatore che visita l'isola di Cherso non dimentichi il lago di Vrana lungo da 15 a 18 chilometri, e profondo 56 metri ; esso è ricco di lucci (E-sox lucius) dalla biauca carne, saporita, e di facile digestione; come pure di tinche (famiglia dei ciprini). Anche Ossero (Assirto, Absoro), benché distante dalla città di Cherso merita esšere visitata per le antiche sue mura, pel castello e pei quadri del Carpaccio e del Palma. Sotto i romani importante stazione navale fra Aquileja e Salona, Ossero, crebbe e prosperò d'assai ; ma iu progresso di tempo saccheggiata dagli Slavi, depredata dai Saraceni, e dagli Uscocchi si ridusse a poche case, ed in oggi conta appena 254 abitanti. Parlarono dell'isola di Cherso. Angelo degli Oddi, padovano, in un manoscritto del 1584; Vincenzo Coro-nelli nel suo Mediterràneo descritto, — Venezia, 1670-. 1688; il celebre naturalista Fortis nel suo Saggio di osservazioni sopra l'isola di Cherso ed Ossero,— Venezia, Storti, 1771; il Kandler, il Luciani, il Burton, il Benussi, il Bonicelli, ed altri ancora. i__ I IjjuMk ^u fcUhrft L' egregio professore Antonio Ive rimetteva gentilmente a questa Redazione il seguente pregevole suo studio filologico, a cui si dà luogo di tutto buon grado in questo periodico, trattandosi di argomento che merita di essere portato a conoscenza dei cultori delle cose antiche istriane : OSSERVAZIONI intorno ad alcune voci dialettali d'un documento di Pola del 1353, pubblicato dal cav. Tomaso Luciani [Archivio Veneto, tomo XI, parte II, e Provincia dell' Istria, a. X, n. 16 e segg.). Le forme, strane a primo aspetto, voglo per voglio, voglando per volendo, vogludo e voglu per voluto del documento polese, non ci devono far meraviglia, quando troviamo in un ms. delle Eleganze 1) pure: io voglo (io voglio), Dio no vogla (Dio non voglia). me maraveglo (mi meraviglio), me consegaj (mi consigliai), se dogleno (si dolgono), xè meglo, meglor (è meglio, migliore). In tutte le nostre voci però il nesso gl corrisponde, anche nella pronuncia, a g venez., Ij itaL 2). Come vi corrisponde nelle altre, che sono : conseglo (accanto a conseio.), consigleri (allato a conse-ieri), famugla, pigiar. Quanto a digando per dicendo, dagando per dando, con cui, per la desinenza del gerundio in Ando, sarebbero da porre insieme habiando e sapiando, esse sono forme prettamente veneziane. a proposito delle quali, osserva 1'Ascoli (Archivio glott. 19 it. i, p. 81, n.) „Se il veneziano dice stago staga, dago daga, vago vaga, „(sto stia, do dia, vo vada), esso fa subire a stare ecc. ,,1'attrazione analogica di dicere (digo diga, e antic. „come anche, tuttodì, digando).,, Romagnando per rimanendo, romaso per rimaso e romagner per rimanere, ricorrono del pari nel Veneto. Così troviamo romagnompuó(rimaniamo poi), nel pa• vano, o vecchio dialetto del contado di Padova (Ascoli 1, cit. I, p. 422), senza dire che romagnir si trova pure assai di frequente in altri dialetti rustici veneti. Plaqua per piaccia è un cong.0 pres., foggiato forse dietro analogia del perf. lat. pla\uit (piaque). L'essersi qui conservato il l ed il q potrebbe farci sembrare il plaqua usato come forma convenzionale, dottrinale. — Più sopra, nel documento, .abbiamo plasu (piaciuto) accanto a plasesto (ven. piasesto), plaxer e plaxerd (piacere, piacerà). — Si fes (si fece) è rimarchevole, solo perchè ci offre un esempio di perfetto semplice, conservato di rado nei parlari dell' alta Italia, — Un altro esempio 1' abbiamo in volse (volle) ; del resto il s di fes risulta da C (f), e trova perfetta aualogia nel venez. dis, dise (dice). — Il saggio nostro, accanto a questo, ci offre due altri esenipj di fese per fece. f o, £oe, perito, impergohe, gascun, - congosiache, 1) Questo scritto forma l'ultima parte (pag. 271-293) d'un volume dell' Ambrosiana, segnato H. 192 P. Inf., ed è copia d'originale che rimonta al sec XIV. Esso contiene modi di dire veneti con le corrispondenti versioni latine. 2) Gl è con questi valore anche nel Rainardo e Lesengrino, testo, conforme e del più schietto patrimonio delle antiche Venezie, pubblicato da Emilio Teza, Pisa 1869. sono forme proprie di dialetti antiche dell'Italia superiore (Conf. Mussafia, Monumenti antichi di dialetti italiani, Vienna 1864 e Biondelli, Studi linguistici, Milano, Bernardoni 1858); ed in tutte il f corrisponde a tsch (