received: 2QQ9-Q5-Q3 UDC 94:631.1(45Q-18)"17/18" original scientific article INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTINELLE CAMPAGNE DELL'ITALIA NORD-ORIENTALE IN ETÀ MODERNA Furio BIANCO Università degli Studi di Udine, Dipartimento di Storia e Tutela dei Beni Culturali, IT-33100 Udine, Vicolo Florio 2 e-mail: furio.bianco@uniud.it SINTESI Nelle campagne di antico regime, quasi dovunque - in Italia e in molte regioni europee - un ruolo eminente nelle relazioni tra proprietari, feudatari e lavoratori agricoli era svolto da intermediari che, con attribuzioni diverse, legate alle dimen-sioni dell'impresa agrícola e alle deleghe concesse, avevano il compito di guber-rnare per conto d'altri un complesso fondiario e di dirigere l'organizzazione pro-duttiva. Gastaldi e fattori costituirono per secoli la cinghia di trasmissione della politica padronale, conservando un ruolo eminente nella direzione delle grandi aziende della pianura friulana e veneta intestate a famiglie aristocratiche veneziane e alla nobiltà locale. In particolare nei comprensori in cui più accentuato e tradizionale era il di-stacco della proprietà daiproblemi dell'organizzazione produttiva. Per incrementare le entrate e per limitare i rischi dell'impresa, fondamentale diveniva la sorveglianza su braccianti e coloni: un lavoro - come emerge dalla loro corrispondenza con la proprietà - assiduo e capillare al fine di capitalizzare il lavoro contadino e di conservare relazioni di sudditanza con i ceti rurali, evitando le malitie e i continui stratagemmi escogitati da affittuali poveri e vitiosi. Parole chiave: conduzione di un'impresa agrícola, intermediari, borghesia agraria sette-ottocentesca, Friuli, Veneto, età moderna 353 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-380 INTERMEDIARIES IN AGRICULTURE. GASTALDI, LAND AGENTS AND STONTISTI IN THE COUNTRYSIDE OF NORTHEASTERN ITALY IN THE MODERN ERA ABSTRACT Intermediaries carried out the important role in the link between land owners, feudal lords and agricultural workers throughout most of the countryside of the Old Regime - in Italy and in many other European regions. They had different powers depending on the size of the estate and on their authorisations; they were responsible for managing estates in the name of others and for organising production. For centuries, gastaldi and land agents represented the transmission chain of the owner's policy, and preserved a prominent role in managing the large estates of the Friulian and Veneto plain, which belonged to Venetian aristocratic families and the local nobility, particularly in those areas where the distance of the estate from the problems of the organisation of production was most marked and traditional. In order to increase the incomes and limit the risks related to the estate, supervision over farm labourers and tenant farmers was essential: a job that was seen, as evidenced by their correspondence with the estate - as diligent and detailed in order to capitalize on the farmers' work and preserve the subordinate relations with the rural classes, avoiding the mischief and constant schemes of the poor and depraved tenants. Key words: estate management, intermediaries, agrarian bourgeoisie of the 18th and l9h Century, Friuli, Veneto, modern era Nelle campagne di antico regime, quasi dovunque - in Italia e in molte regioni europee - un ruolo eminente nelle relazioni tra proprietari, feudatari e lavoratori agricoli era svolto da intermediari che, con attribuzioni diverse, legate alle di-mensioni dell'impresa agricola e alle deleghe concesse, avevano il compito di guber-rnare per conto d'alri un complesso fondiario, di dirigere l'organizzazione pro-duttiva e di mantenere i contatti tra azienda e mercato. Si trattava di figure dai contorni professionali non sempre delineati e compiuti, soprattutto tra basso medioevo e prima eta moderna, a volte confusi con il personale al servizio di feudatari, di abati e di badesse (fittavoli agiati, procuratori, cancellieri, gastaldi, esattori, ecc.), ingaggiati per riscuotere gli affitti contadini o assunti per 354 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-380 raccogliere e conservare l'insieme del censi, livelli e gravami che impriglonavano a maglie strette la campagna. Molto spesso proprietari residenti in permanenza in cittá e vari enti religiosi e assistenziali (che avevano ottenuto come lascito fondi rurali) erano costretti a ricorrere a uomini di fiducia, competenti nelle res agrarie e in grado di aggiornare la contabilitá aziendale, impiegati sulla base di contratti a termine e con responsabilitá limítate, per amministrare il pulviscolo di poderi e tenute che nella terraferma veneta, all'indomani della svolta fondiaria, frammentavano la continuitá dei grandi complessi aziendali e i microfondi contadini. Il piu delle volte erano as-soldati a Venezia sulla base di regole contrattuali che inizialmente ebbero ampia diffusione nei comprensori piu vicini alla cittá lagunare e in terre da tempo appo-derate per poi estendersi a tutte le campagne del dominio, codificate dalla tradizione e perfezionate nel corso del '500 da un corpus di norme giuridiche suggerite anche dagli scrittori di agraria. Le clausole di queste scritture, nel loro impianto di fondo, continuarono ad avere una straordinaria continuitá nel tempo. Mastro Battista Pelizzaro viene assunto il 4 settembre 1559 da madonna Angelica Leoncini vedova Giovanni, cittadina veneziana in qualitá di gastaldo et fattore per la sua tenuta di Piove di Sacco (Brentasecca), in seguito (nel 1569) devoluti all'Ospe-dale dei Derelitti di Venezia. I suoi compiti: "attender alle possessioni, luochi et case, et sollecitar che siano piantate et benissimo governate, andar a Pieve, Padova, Venetia et dove sará bisogna, et far tutte quelle cose che li saranno ordinate et comandate che si chiedono a un buon gastaldo e fedel fattor" quale compenso il gastaldo riceveva 50 ducati all'anno (in 2 rate), l'alloggio nella casa padronale (a meno che la padrona non fosse presente in villa) e il rimborso di tutte le spese in-contrate per gli spostamenti (AIREV, 1). Per tutta l'etá moderna queste scritture, scarne ed essenziali, rimasero sostanzialmente inalterate nel regolare i rapporti tra fattori e gastaldi, obbligati esclusivamente a "fare et eseguire" quanto richiesto, e proprietari intenzionati a disporre la produzione agricola per la mensa e la vita in cittá e a convogliare le eccedenze sul mercato.1 Ulteriori clausole potevano prevedere compiti piu precisi e particolari: l'obbligo di coltivare a mezzadria col proprietario un appezzamento, l'orto e talvolta la "braida di casa"; di allevare animali minuti e da cortile in soccida; di offrire continuitá nella direzione dello stabile; di utilizzare e 1 Cfr., ad esempio, gli accordi stipulati nel 1719 e 1720 tra Mamin Acerbi e i gastaldi per la gestione della tenuta a Zerman, nel contado di Mogliano Veneto, in provincia di Treviso (AIREV, 2); gli unici elementi di novitá erano costituiti dalla richiesta di una presenza femminile per la coltivazione degli orti e un impegno per l'allevamento di cavalli. Ancora alla fine del secolo - si legge in una scrittura stipulata ai confini del Friuli - al gastaldo, assunto per un anno, viene richiesto esclusivamente di controllare diligentemente che "frumento e vino non vengano distratti, di conservarli con cura e dili-genza, di custodire gli attrezzi" e il bottame, "di assistere al lavoro e alle operazioni tutte" dei con-tadini, "in modo che adempiano al loro lavoro, governino le viti," di vangare, seminare e piantare erbaggi e piantare alberi da frutto nell'orto (ASG, 4). 355 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-380 "tenere in acconcio" il palazzo dominicale; di obbligare la propria moglie ad "atten-dere alla cucina, et altre cose necessarie per casa."2 Per quanto riguarda l'amministrazione dei beni intestati a fondazioni religiose della cittá, costituiti molto spesso da poderi, case e fondi coltivati dispersi e fram-mentati, la presenza in campagna di un dipendente del sodalizio era necessaria per sorvegliare e per riscuotere gli affitti, i livelli e ogni altro onore e gravame imputati agli affittuari. In questo caso i compiti del gastaldo - che garantiva sulla condotta di vita e sulla solvibilitá della famiglia contadina e dei lavoratori agricoli dipendenti - si riducevano alla raccolta dei prodotti agricoli, al loro trasporto e alla lavorazione nella casa e al magazzino padronali, prima della vendita sui mercati locali o del trasferi-mento nella sede centrale.3 Talvolta, soprattutto agli inizi del '500, nei protocolli notarili e nelle carte delle cancellerie feudali si designavano spesso indifferentemente con i termini di fattore e gastaldo persone impiegate nella direzione di una tenuta o coinvolte nell'amministra-zione aziendale in qualita di rappresentanti del proprietario. I termini non coinci-devano. Nel linguaggio veneto acquistarono ben presto specificazioni professionali piu precise: al gastaldo era affidata la conduzione di una piccola impresa agraria (poche possessioni) o, impiegato in un complesso fondiario di piu ampie dimensioni e del tutto privo di autonomía, erano riservati esclusivamente ruoli esecutivi, spesso alle dipendenze di un fattore, dotato quasi sempre di ampie deleghe, cui competeva la direzione dell'attivitá produttiva, l'organizzazione del lavoro agricolo e i rapporti con autoritá locali e col mercato (Berengo, 1975, 122). Nel corso dell'etá moderna, come veniva indicato da tutta la trattatistica (e, in seguito, dalla letteratura agraria del '700, dell''800 e del '900) il fattore era chiamato a svolgere un ruolo cardine nella direzione dell'azienda agricola e, a seconda dell'ampiezza della tenuta, poteva avere alle sue dipendenze uno o piu gastaldi, in posizione chiaramente subalterna, impiegati nella sorveglianza dei lavori agricoli e per altre mansioni piu modeste che spesso costi-tuivano una sorta di apprendistato in attesa di successivi impieghi di maggiore re-sponsabilitá e un passaggio quasi obbligato per poter aspirare ad un incarico di fattore.4 2 Cosi tra Cesare Panigai e il suo gastaldo di Scodovacca, nella bassa pianura orientale friulana (ASU, 5; 7). La presenza attiva della moglie del gastaldo o del fattore costitui una clausola abituale nel contratto di assunzione, in vigore ancora nell'800 e nel '900 sia a Scodovacca che in altre regioni; cfr., il contratto tra Angelo Perotti e l'amministratore dei Panigai (AP, 1; 2) e Margaroli, 1857, 303. 3 In particolare ció avveniva per gli innumerevoli microfondi di proprietá di enti religiosi e assistenziali o per le piccole possessioni intestate a possidenti cittadini, rastrellate metodicamente sul mercato immobiliare del contado o nelle immediate adiacenze, spesso all'origine di complessi aziendali di una certa rilevanza, con poderi colonici sparsi sul territorio e gravanti attorno ad una possessione piu estesa. Cfr., ad esempio, i possessi di Gerolamo Salamon nel Monfalconese e la corrispondenza di agenti e fattori (AIREV, 3). 4 Piu incerta si presenta la distinzione tra fattore e agente, termini spesso usati come sinonimi per indicare la persona che per conto del proprietario si occupava con ampie deleghe di ogni aspetto 356 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-380 Dunque, i fattori, presentí in ogni regime agrario come cinghia di trasmissione della politica padronale e come indispensabili mediatori tra contadini, notabili del luogo e proprietari, conservarono un ruolo eminente nella direzione dell'impresa agricola, in particolare nelle grandi aziende della pianura friulana e veneta intestate a fa-miglie aristocratiche veneziane e alla nobiltà locale, in particolare nei comprensori in cui più accentuato e tradizionale era il distacco della proprietà dai problemi dell'or-ganizzazione produttiva. Naturalmente, per incrementare le entrate e per limitare i rischi dell'impresa, fondamentale diveniva la sorveglianza su braccianti e coloni: un lavoro - lo segnalavano gli scrittori di agraria - assiduo e capillare al fine di evitare le malitie e i continui stratagemmi escogitati da affittuali poveri e vitiosi. D'altra parte si trattava di operare con intelligenza e duttilità, sulla base di una strategia generale, adottando tutta una serie di accorgimenti e precauzioni. "Et, in somma la vera et general regola del trattar con contadini bisogna che il fattore sij in tutto e per tutto della natura del camaleonte" - ammoniva alla fine del '500 l'ottuagenario Giacomo Agostinetti, dopo 45 anni trascorsi nell'amministrazione di tenute - "quale si tramuta sempre del colore che li è più vicino, cioè quando il fattore tratta con affittuali buoni, che sia buono, per non li disgustar contro ragion con rischio di perderli, perché questi hanno sempre pronte l'occasioni; e con li mediocri trattar mediocremente per con-servarli in buona speranza; e trattando con cattivi, sia cattivo, per correggerli se fosse possibile, che finalmente quando di questi se ne perdesse uno, poco si puó peggiorare, anzi si sta sempre con speranza di migliorare; et in caso che questi cattivi titubino, non bisogna dar tempo al tempo, ma immitar quella diligente animaletta della riccia gravida, che quando s'approssima il tempo del parto, sentendosi punger nel ventre il dorso spinoso de ' figli, corre e s'affretta al partorire, et questo fa acció li medesimi spini non s'indurino e gli accreschino maggiormente i dolori del parto; cosí adunque doverà fare il buon fattore delli affittuali de ' quali non s 'habbia speranza di recupera: sbrigarsene tosto e prima che li spini de ' loro disastri s 'indurino e diano maggiori dolori di debiti al patrone" (Bernardi, Dematté, 1998, 86-87). Come abbiamo visto, in genere i fattori venivano retribuiti in parte con generi di consumo, in parte con un salario in denaro e con la compartecipazione ad alcuni prodotti, abitavano nel palazzo dominicale, sovraintendevano ai lavori di campagna, curavano la manutenzione degli edifici e delle infrastrutture poderali (argini, rogge, canali, ecc.), custodivano gli attrezzi rurali, riscuotevano gli affitti, vigilavano sui contadini, conservavano i prodotti agricoli in attesa di concludere transazioni com- dell'organizzazione aziendale. Alcuni attribuivano al fattore compiti prevalentemente tecnici e all'agente mansioni di carattere essenzialmente amministrativo e contabile (Rossi, 1934, 150-152), altri hanno sottolineato le differenze di compiti, soprattutto nelle grandi imprese agricole costituite da più complessi aziendali, quando l'agente (spesso chiamato agente generale) risiedeva in città e svol-geva una funzione di collegamento tra proprietà e i fattori impiegati nei vari complessi aziendali (Berengo, 1963, 215-219). 357 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-380 merciali, mantenevano i rapporti con le autorité del luogo, aggiornavano la conta-bilità dell'azienda e inviavano periodicamente al padrone un rendiconto del loro operato. A queste mansioni di carattere generale si aggiungevano alcune prescrizioni vincolanti connesse all'obbligo "di rimanere all'assiduo servizio esclusivo del Padrone," senza attendere ad altre attività che, presumibilmente, come veniva indicato dai manuali di agricoltura avrebbero potuto arrecare pericolose confusioni tra gli affari del fattore e quelli dell'azienda (Benetti, 1761, 61-62). In generale le attribuzioni di fattori e gastaldi potevano essere molteplici e diverse, sia in relazione all'estensione e alla fisionomia delle tenute,5 sia in rapporto alle deleghe concesse dal proprietario che nella gran parte dei casi - lo indica chia-ramente la corrispondenza tra '700 e '800 tra proprietà e fattori - anteponeva quasi sempre alle competenze professionali di un fattore in grado di promuovere il pro-gresso agricolo dell'azienda, le garanzie offerte da quello onesto, timorato di Dio, fedele, attento ed esatto nell'adempimento delle sue incombenze. Probabilmente alla base di questa scelta c'era una pregiudiziale diffidenza verso la figura del fattore, ritenuto responsabile di ogni sorta di frodi e di imbrogli. Si trattava di un atteggiamento che aveva radici antiche e aveva trovato ampia risonanza già nella manualistica agraria del secondo Cinquecento per cui - secondo il Bonardo o il Garzoni - il proprietario doveva fare attenzione non solo all'ingordo appettito del contadino (presentato quasi sempre negli stereotipi di derivazione medievale e cittadina del villano dedito alle bettole e ai furti), ma anche agli inganni e ai raggiri di gastaldi e fattori che in sua assenza avrebbero potuto facilmente frodarlo sui conti ed arricchirsi alle sue spalle (Bonardo, 1584, parte 7; Barpo, 1633, ricordo VII). Nel gennaio del 1794 Pietro Verri, in una lettera al fratello Alessandro in cui affrontava alcune questioni economiche relative al patrimonio fondiario della famiglia, si soffermô a tratteggiare le figure dei fattori di campagna da tempo alle dipendenze della casata e presenti nelle aziende dopo la morte del padre Gabriele e dello zio Antonio. Nell'alto milanese la tenuta di Biassono, sopra Monza - oltre 270 ettari accorpati e gravitanti attorno alla sontuosa villa, poi ceduta ai fratelli - da anni era affidata a Giovanni Battista Cazzaniga, un fattore all'antica, refrattario alla intro-duzione di nuove tecniche colturali, ma un preciso e fedele contabile, zelante esattore dei fitti in grano e delle quote del soprassuolo corrisposti dai nuclei di pigionanti: "tutta la sua famiglia è affezionata a noi e fa come una emanazione del ceppo nostro. Non s'innalzano dallo stato d'uomini di campagna, vivono senza stento e agiati, ma senza vanità e senza pigrizia, i conti sono fedeli e chiari, sono vigilanti per i nostr'interessi come se fossero loro propri" (Pongolini, 1984, 48). Di tutt'altro tenore 5 "L 'agente per questo colosso" - si sottolineava in una lettera indirizzata alla proprieta le diverse competenze richieste per la direzione della grande azienda di Avisopoli lungo il corso finale del Taglia-mento - "deve essere assai istruito nella agricoltura, non solo, ma per le piazze, censo e foro" (Berengo, 1963, 217). 358 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38G le valutazioni sul fattore che dlrigeva la più modesta tenuta dl Ornago, in prosslmltà dl Vlmercate, ritenuto vaneslo, incompetente e dlsonesto, tanto da considerare necessarla la sua rlmozlone, anche a costo dl sostltulrlo con un contadlno appena alfabetizzato, in possesso dl rudlmentall conoscenze teorlche dl agricoltura e dl contabllltà azlendale, ma ritenuto più avveduto e fedele: "prendo finalmente ilpartito di liberarmi del fattore Pasquale Villa. Sin ora l'ho tollerato per rispetto alla buona vecchia madre che voi conoscete, ma colui che era uscito dal suo stato, vestiva e grandeggiava da signore, e gli affari miei erano gli ultimi; negoziava in grano, vino e legna e naturalmente gli scarti passavano per roba mia" (Pongolini, 1984, 48). Nello stesso periodo e in altro contesto, nell'alta pianura friulana, il conte Giro-lamo Savorgnan metteva sotto accusa (ASU, 17) l'agente Rizzolati che, al suo servizio per un decennio nella conduzione delle terre comprese nel comprensorio slgnorlle dl Plnzano, era rlusclto ad accumulare una somma grandiosa, attraverso bricconate e porcherie ai danni del proprietario. A detta del feudatario l' agente, avrebbe falsiflcato la contabllltà dell'azlenda, anche derubando contadini e salariati. Avrebbe acqulstato personalmente a prezzl molto bassl poco dopo il raccolto e la vendemmia cereall e vino del proprietario, conservandoli nel granai e nelle cantine della tenuta, per pol rivenderli quando i prezzl salivano (prima del raccolto o nel corso dl un'lmpennata del prezzl). Avrebbe fatto rlcorso a varl espedlentl per arricchirsi: se i vini si guastavano venivano attribuiti alla caneva del proprietario e il Rizzolati si impossessava della nuova produzlone, mentre nell'esltare a contadini e mercanti le proprie granaglie ricorreva al consueto imbroglio dl aspergere la sera prlma della consegna le blave con l'acqua ln modo da aumentarne ll peso. Avrebbe anticipato le sementi ai contadini, vendendole a prezzl molto alti per pol recuperare le granaglle valutandole a prezzl molto bassl. Avrebbe mlnacclato, corrotto o llcen-zlato quanti potevano denunciare le sue malefatte. I proventl dl traffici ed espedienti - denunció il Savorgnan - sarebbero stati considerevoli, investiti in operazioni molto remunerative, diversificate in vari comparti produttivi: acqulsto dl terre (2.5GG ducati) e complessl zootecnici (1.GGG ducati), attività finanziaria e creditizia, la privativa del sali nel dlstretto dl Spilimbergo (4.GGG ducati), affittanze a stont (la tenuta al Mollnato del Mocenlco, 4.GGG ducatl annul), la reallzzazlone dl lmplantl tesslll (sel fornelli per la trattura della seta), costituzione in compartecipazione con altri mercanti dl socletà per il commerclo del legname (1.5GG ducati) e, infine, commerclo dl prodotti agricoli, acquistati in grosse partite dallo stesso proprietario per venire incontro ai suol impellenti bisogni dl denaro. Ancora una volta nel dibattito sull'organizzazlone economica e azlendale dl fine '7GG l'attenzlone veniva spostata sul fattore e sulle sue qualltà morali, indipendente-mente dalle competenze professionall possedute o dal bagagllo dl nozioni agrono-miche acqulslblll dalle numerose opere dl divulgazione scientifica pubbllcate nello scorclo del secolo. 359 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38G Le denunce e le valutazioni di Pietro Verri e di Girolamo Savorgnan non erano isolate, ma trovavano anche ampi riscontri nella pubblicistica agronomica e nei giudizi formulati nel corso della fine del '7GG per tutto l'8GG da proprietari e da eco-nomisti, inflessibili nel condannare e nel mettere alla berlina gran parte di quella folla di intermedian che pullulavano con varie attribuzioni un po' dappertutto nelle campagne. Se nei comprensori della grande affittanza, della conduzione capitalistica o nei latifondi in via di bonifica e di ristrutturazione aziendale l'operato dei fattori era sottoposto al rigido controllo della proprietà che concedeva pochi margini di autonomia,6 nelle aree della colonia parziaria e del piccolo affitto dove il possidente preferiva delegare molta parte della gestione dell'impresa agraria il giudizio di condanna su fattori e gastaldi risultava inequivocabile e generalizzato. I sospetti con cui era guardata la loro attività trapelano anche dalle pagine dei manuali settecenteschi, scritti da ex fattori per dare ai loro colleghi più giovani consigli e ammaestramenti pratici e teorici e norme di organizzazione aziendale in cui, accanto alla necessità di preparazione tecnica richiesta all'agente padronale, veniva sottolineato apertamente e senza reticenze di tipo corporativo l'esigenza di qualità morali, di lealtà e di fedeltà verso i padroni, che, evidentemente, secondo loro, il più delle volte mancavano. Gli stereotipi del fattore fannullone e ignorante, che "si fa ricco alle spalle del padrone, tenendo le mani alla cintola"- come si esprimeva il colonnello Giorgi nel romanzo del Nievo (Nievo, 1973, 617) - trovavano larga diffusione in ogni regione, sia nella letteratura specialistica ed agronomica, sia nella mentalità collettiva. Secondo molti le aziende venete e friulane pullulavano di fattori e agenti inaffidabili, "avventurieri imprudenti, sensali, copiacarte, venditori di salame, cattabrighe" sottolineó scon-solatamente verso la metà dell'8GG Giovanni Battista Zecchini sulle pagine de "L'amico del contadino" - "I più erano da considerarsi indolenti e ignoranti, che credonsi qualcosa perché sanno spolpare il padrone, e arricchiscono se stessi; ed altri si credono privilegiati perché piantarono bene o male qualche gelso o qualche vite, perché accrebbero di qualche lira il censo del padrone, e perché sono severi e, 6 Significativo il modello contrattuale previsto dai Manin per i loro agenti (Memorie per li doveri dell'agente di Ca. Manin): "Tener la cassa, riscotendo, e pagando; Tener la scrittura, tanto in vac-chetta di cassa, quanto trasportandola in rotolo, o sia quaderno; Ogni primo di mese mandare la copia di cassa a Venezia; Trasportar ogn 'anno tutti li resti di tutte le ditte dal rotolo nel libro de-bitori; Ordinar e sollecitar tuttiglatti et esecuzioni occorrenti contro li debitori, al quale oggettopassera d'intelligenza col sig. Tassini di Udine; Corrisponder con lo stesso per consumar le pendenze, e per incaminar quelle che si credessero; Cercar unitamente allaltro agente di rinnovare e migliorare le affittanze; Cosí pure l'esito delli generi e prodotti che saranno d'anno in anno vendibili; Sopra-itender assieme con lo stesso a quanto potesse occorrere al palazzo e alla buona disciplina delli sa-lariati e dipendenti. Salario in contanti e regalie che adesso si pensa di ridurre (allanno e in con-tanti): lire 1332 in contanti, più frumento (staia 6), vino (conzi 6), polli (20), dindi (4), ovi (6), oche (1 e !á), per un totale complessivo di 1524lire"(ASU, 17). 36G Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-3SG più che severi, tiranni cogli affittuali, perché di tutto cid che fanno il padrone non ne sa nulla e non gli lasciano saper nulla (Zecchini, 1S43, 274). Nelle sferzanti parole del Zucchini si condensano molti dei temi di fondo nella critica a gastaldi, fattori e agenti, estesa a tutti i regimi agrari, rintracciabile sia nella letteratura agronomica e nella stampa economica; basterebbe pensare alla corriva ironia con cui Berti Pichat descrisse quei fattori incapaci, boriosi e millantatori che si incontravano nelle campagne e nei mercati durante l'SGG (Berti Pichat, 1S51-1S7G, 365-366). Una serrata critica al ruolo degli intermedian nella gestione dell'impresa agraria è presente anche nei resoconti inviati dai corrispondenti delle province venete nel corso dei lavori preparatori per l'inchiesta agraria Jacini (Morpurgo, 1SS2, 476-4SG). Secondo quasi tutti gli informatori i mali strutturali dell'economia agricola -estraneità del proprietario da ogni fase del processo produttivo, assenza di investi-menti, vistose carenze nella distribuzione - risultavano esasperati dalla incapacità e ignoranza dei fattori, intermediari obbligati tra proprietario e contadini, considerati nel migliore dei casi soltanto dei mediocri pratici e, tutt'al più, in alcuni distretti "capaci di amministrare alla meglio, di tenere i registri," dei "periti-geometri", senza "quasi mai istruzione agraria" (Morpurgo, 1SS2, 4SG). Ma "esigere ch'egli [il fattore] dia opera di proprietario provvidente, pieno d'iniziativa, amico e benevolo alla propria gente, è, mi pare, chieder l'assurdo" - annotava Emilio Morpugo nella Re-lazione finale - "In altro tempo alcuni di questi fattori, cresciuti in casa del pro-prietario e destinati a morirci, poterono essere intermediari, se non intelligentissimi, benevoli e desiderosi di accomodar le faccende pel meglio. Oggi non posso credere che ne possan venire al mondo in gran numero. E quanto al capo intelligente di una vera azienda agraria, lo si troverà cosí raramente come le mosche bianche. Io ne conosco uno solo. E non so appaiarlo" (Morpurgo, 1SS2, 474). In assenza di un rigoroso controllo padronale, il potere attribuito ai fattori permetteva loro di operare speculazioni alle spalle della proprietà ma anche di commettere malversazioni e abusi difficilmente riconoscibili e perseguibili da parte del proprietario. Del resto in una fase in cui si intensificavano i processi di sviluppo mercantile in agricoltura e le opportunità di negoziazioni, di traffici e di speculazioni, si moltiplicavano anche le occasioni di crescita economica da parte di agenti, scaltri, spregiudicati e disposti ad ogni traffico, per quanto lecito, pur di superare la soglia della propria condizione sociale, affacciandosi ai vari strati della borghesia terriera. Esemplari le vicende di una dinastia di fattori formatisi al servizio di casa Mocenigo. Dalla fine del '6GG la famiglia Francesconi (sui Francesconi cfr. Mo-cenigo, 19G9; Cauz, 1995) aveva amministrato parte del patrimonio fondiario dei Mocenigo di San Stae, che la avevano alternata periodicamente nella conduzione delle tenute e dei complessi aziendali dislocati lungo l'alta pianura orientale tra il Friuli e la provincia di Treviso. Dal 1741 i Francesconi furono definitivamente al-locati come fattori a Belvedere di Cordignano, pochi decenni prima che i patrizi 361 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38Q veneziani si radicassero più profondamente in quel comprensorio con l'acquisto del feudo appartenuto ai nobili Rangoni di Modena7 e trasformassero il palazzo della te-nuta in un luogo ameno, non solo abituale soggiorno per la villeggiatura autunnale, ma anche in un luogo di svago, frequentato periodicamenre dal doge Alvise Mo-cenigo V e dal suo seguito, divenuta ben presto dimora preferita per feste, banchetti, battute di caccia e incontri con personaggi illustri.8 La generazione di fattori che si succedettero alle dipendenze poterono contare sulla completa fiducia dei Mocenigo che, non solo gli affidarono l'amministrazione della tenuta e la risoluzione delle innumerevoli controversie con i coloni, ma anche mansioni di rappresentanza e compiti delicati nella intermediazione tra proprietà e notabili provinciali e tra il mondo rurale e l'ambiente aristocratico e imprenditoriale veneziani. Naturalmente tutto ció significó per la famiglia Francesconi una progressiva autorevolezza, la stipulazione di solide alleanze e la crescita economico e sociale. La svolta con Giovanni Battista (divenuto notaio, con studio a Sacile)9 e con i suoi figli Giobatta e Pietro (impiegati con mansioni diverse all'interno dell'azienda), in particolare durante i convulsi decenni tra la caduta della Repubblica e il con-solidamento del governo austriaco nel Veneto. Continuando ad amministrare i beni dei Mocenigo, i Francesconi riuscirono ad accumulare un consistente patrimonio fondiario e, grazie ad una oculata strategia matrimoniale,1Q favorita dagli stretti rapporti d'affari con mercanti, proprietari e imprenditori locali maturati nel corso degli anni, furono in grado di riscattare una vita fino a quel momento sostanzialmente opaca e priva di grandi prospettive, acquisendo tra il ceto proprietario del Veneto una posizione di prestigio. La famiglia cercó di consolidare i propri possessi fondiari e di ampliare considerevolmente il raggio delle sue iniziative, approfittando della parti-colare congiuntura degli anni francesi e del tracollo di antichi patrimoni, avviluppati in quella situazione a cul de sac provocata dagli effetti combinati della crisi della proprietà, dalla spaventevole crescita delle imposte fondiarie, dal progressivo aumento del costo del denaro e dal tumultuoso vortice delle speculazioni (su questi temi, cfr. Bianco, 1997). Nel 18Q7, pensando di speculare sul rovinoso tracollo del patrimonio del nobile Antonio Savorgnan, oberato di debiti e in dissesto finanziario, Giovanni Battista acquistó la sua tenuta di Bibano (ASU, 18),11 alle estreme propag- 7 Un complesso signorile di una certa rilevanza, esteso su 11 villaggi, dotato di una certa autonomia rispetto al reggimento di Treviso, investito di ampie prerogative, con giurisdizione civile e criminale in I e II istanza, e "col mero e misto imperio e la potestà delgladio. " 8 Su Cordignano e sulla villa di Belvedere, cfr. Cauz, 1988. 9 Dei suoi fratelli di Giovanni Battista, Giacomo divenne cappellano privato del doge e Lorenzo, pubblico perito agrimensore, rimase al servizio della famiglia come fattore (Cauz, 1995, 11-14). 10 Ad esempio, Giovanni Battista, figlio di Lorenzo, in prime nozze sposô Caterina Car(ol)li, apparte-nente ad una facoltosa famiglia dell'aristocrazia cittadina di Sacile e in seconde nozze Muscita, figlia dell'agente dei Rota-Brandolini; il nipote Daniele di Lorenzo, sposô la contessa Clara Michiel. 11 Sull'azienda di Bibano, cfr. Bianco, 1984, 287; Di Giovanni, 2003-2004. 362 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38G gini occidentali del Frlull e poco distante dagll altrl possessl fondlarl del fattori: si trattava di un vasto complesso aziendale esteso su 9GG campl (tra Bibano, Orsago, Godega, Caneva, Sarone e Pianzano, oltre ad alcuni beni feudall a Cassan del Me-schio, Codognè e Conegllano), suddlvlso in poderi colonicl e gravitante sul maestoso palazzo, in parte malandato: l'orlglnarlo sfarzo dl statue, decorazioni e affreschi, la cortina del giardini, ortl, peschiere, scuderle, granai, cantine, cappella prlvata, ufflcl e abitazioni per il personale dl servizio, a testlmonianza dell'antico splendore, ne fa-cevano una dimora prestigiosa e ambita. L'lmporto complesslvo pattuito per l'ac-qulsto era stato ingente, pagato, come stabiliva il contratto, in parte direttamente al vendltore, in parte ai creditori del Savorgnan, tra cul il mercante ebreo venezlano Sada Jacur che continuó a gestire per proprio conto l'azlenda sulla base della precedente locazlone stlpulata nel gennaio del 18G5, corrispondendo al Francesconi le rate dl affitto.12 La somma mobilitata per l'acqulsto era notevole (ben 767.GGG lire venezlane), inconcepibile con i redditi e i risparmi dl un fattore, per quanto bene-stante, probabllmente ottenuta con spregiudicate esposizioni credltizle o coinvol-gendo nell'affare altrl socl, dl cul non cl è data notizla. Ma il patrimonio gla acquisito dalla famiglia era notevole: basti pensare a garanzla della transazione il Francesconi fu in grado dl ipotecare due grandi complessl azlendall dl proprietà nel Padovano (concentratl ad Arquà. Borgoricco e Sant'Eufamia) che gli garantivano annualmente una rendlta dl oltre 2G.GGG lire, i beni feudall dl Bula (12.3GG lire dl rendita) e il palazzo affittato in contrada Santa Geremla a Venezla (3.GGG lire dl rendlta) (ASV, 1). L'operazlone si riveló troppo azzardata. Il Francesconi fu costretto a ricorrere sempre più frequentemente a prestiti, in parte saldati ipotecando i proventl dello stabile. Dopo più dl tre anni, a seguito del cumularsi del debltl o, più probabllmente, per non essere avviluppato nel marasma delle lltl gludlzlarle che stavano trasclnando in una lunga vertenza gludlzlarla tutti coloro che avevano a che fare con il patrimonio e con gli affari dl Antonio Savorgnan e del suol eredi, Giovanni Babblsta Francesconi, preferi dlsfarsl dello stabile dl Bibano.13 Alcune speculazioni sbagllate, la rinuncia a Bibano e ad altre possessioni frustrarono provvisoriamente le asplrazloni della famlglla dl lnserlrsl nella cerchla dl quel nuovo ceto dl grandl possldentl e dl affarlstl che stavano soppiantando la vecchia aristocrazia terriera, molto spesso ere-ditandone comportamenti e vocazloni. Tuttavla i parziali rovescl flnanzlarl non riuscirono a scalflre la loro inequivocabile preminenza nel microcosmo stratiflcato delle campagne dl quel luoghi, né allentarono la fltta ragnatela dl legami con il 12 Nel 1808 l'affittanza tra il Savorgnan e l'imprenditore ebreo venne modificata in alcune parti, intro-ducendo alcune clausole che addossarono al Francesconi una serie di oneri non previsti nel precedente contratto. 13 Sulla lunga e complessa vicenda che interessô gran parte del patrimonio di casa Savorgnan, cfr. ASU, 19. 363 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38G vecchio ceto dirigente. I contraccolpi delle disavventure finanziarie, pur ridimensio-nando progetti e ambizioni, non intaccarono del tutto il prestigio e la solidità patrimoniale dei Francesconi, ormai in grado assicurare ai figli un percorso di studi aperto a professions importanti e a carriere prestigiose.14 Dunque, nell'arco di alcune generazioni la famiglia di fattori si era garantita una inequivocabile crescita sociale ed economica, sicuramente agevolata dalla protezione della ricca casata aristocratica e da relazioni autorevoli, ma resa possibile dalla cre-scente disponibilità di risorse finanziarie, accumulate progressivamente valorizzando le personali attitudini agli affari, ai traffici e alle speculazioni. Il benessere economico raggiunto, la consuetudine dei contatti con la nobiltà locale e con l'aristocrazia veneziana e austriaca, l'assidua frequentazione del ceto imprenditoriale e affaristico determinarono nuovi comportamenti e un nuovo stile di vita, favorendo nel contempo più stretti legami, improntati ad una maggior confidenza con i padroni, tanto che talvolta i Mocenigo, non sempre disposti a tollerare con aristocratica e paternalistica indulgenza confusioni di ruoli e di posizioni sociali, con toni particolarmente freddi e arcigni erano costretti a ristabilire le distanze, riportando nella originaria dimensione ruoli e competenze.15 Molto spesso fattori e gastaldi non erano alle dipendenze dirette della proprietà, ma agivano anche in nome di un imprenditore che aveva assunto in locazione tenute e complessi aziendali, gestendoli per conto proprio. Nel corso dell'età moderna in buona parte della terraferma veneta, i grandi proprietari per semplificare ulteriormente la gestione dei propri beni fondiari e per poter disporre agevolmente e senza alcun fastidio di una rendita spesso proveniente da fonti diverse - da affitti di case e 14 L'ingegnere Daniele, figlio di Giorgio Pietro, uno dei tanti figli di Lorenzo, artefice del progetto di bonifica e di colonizzazione di una vasta area acquitrinosa nel comprensorio di Caorle in Provincia di Venezia (Ca' Coriani) per conto delle Assicurazioni Generali, fu uno dei protagonisti della rivoluzione veneziana del '48 (Bellicini, 1983, 257-263; Tributo alla cara memoria di Daniele cav. Francesconi, A Clara cont. Michiel-Francesconi nel diecisettesimo anniversario del suo matrimonio, 7 marzo 1876 il fratello Tommaso, Venezia 1876; Comello, 1909); Ermenegildo, figlio di Giovanni Battista (figlio di Lorenzo), anch'egli ingegnere, sposó la baronessa Leopoldine Freiin Faes von Tiefenthal, conosciuta durante il servizio militare a Salisburgo, e nel corso della sua fortunata carriera all'interno dell'amministrazione pubblica, oltre a conseguire titoli onorifici e riconoscimenti prestigiosi, divenne Direttore Generale delle ferrovie dell'Impero (Cauz, 1995, 16-37); l'abate Daniele, figlio di Lorenzo, bibliotecario dell'Universita di Padova, acquistó una certa fame come erudito nell'ambiente culturale veneto (Zagonel, 2008). 15 "Prima di ponderare cid che vi scrivo convien che pensiate in primo luogo ch'io sono padrone assoluto dei miei stabili e posso di loro disporli e modificarli a mio talento" - scrisse nel 1821 Alvise Mocenigo a Pietro Francesconi che probabilmente si era assunto iniziative che, millantando poteri e prerogative non delegati, esulavano dalle competenze di un fattore - "In secondo luogo conviene che vi spogliate di quello amore che tutti hanno per cid che s e veduto sino dalla propria nascita. In terzo luogo voglio che usiate segretezza su cid che vi comunico finché cominci ad operare e che cerchiate anche in questo caso il mio interesse" (Mocenigo, 1909, 7). 364 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38Q terreni, da livelli e censi, da canoni enfiteutici, da contratti di soccida, da concessioni di acque e mulini - preferirono molto spesso affittare l'intera azienda a imprenditori privati sulla base di contratti, solitamente di lunga o lunghissima durata (9, 21, 29 anni). Questi ultimi acquisirono crescente importanza e divennero ben presto figure consuete nell'organizzazione del processo produttivo, soprattutto in quelle fasi e congiunture economiche che offrivano buone opportunità di guadagni a quanti erano in grado di mobilitare capitali nell'impresa agricola e nel commercio delle granaglie. Cerchiamo di metterne in luce alcuni tratti fondamentali. Generalmente i fittavoli di grandi aziende - per lo più mercanti di granaglie, operatori finanziari, speculatori, contadini arricchiti, esattori delle imposte, ecc. - si impegnavano a corrispondere un canone d'affitto, in genere rilevante, nell'ordine di migliaia di ducati. Ai locatari non erano richiesti investimenti né un apporto di nuovi capitali da impiegare nel processo di produzione e per eventuali ristrutturazioni che, comunque, dovevano essere preventivamente discussi e concordati con la proprietà, anche perché al momento della riconsegna gli eventuali miglioramenti apportati allo stabile dovevano essere pagati, in base alle stime e ai rilevamenti di periti. La grande affittanza intermediaria non costituiva una novità ed aveva avuto da tempo una certa diffusione in tutta la pianura veneta, irrigua e asciutta. Nel 1545 i conti Bevilacqua affittarono ad un consorzio di padovani un vasto complesso aziendale nel Veronese, "omnes et quascumque possessiones tam aratorias quan prativas [...], item decimas et ius decimandi [...], nec non affictus, pensiones, datia, hostarias, hospitium et vicariatum ispius loci cum omnibus iuridictionibus."16 Il canone annuo sottoscritto nel contratto, previsto per un quinquennio, raggiungeva la ragguardevole somma di 2.1QQ ducati d'oro, oltre numerosi appendizi di non poco conto, tra cui due carri di vino, 4Q minali di frumento, 1Q carri di uva e la terza parte di tutte le onoranze corrisposte dalle famigli coloniche ai nuovi conduttori. Ai fittavoli non vennero richiesti investimenti e obblighi particolari, salvo il manteni-mento delle superfici a prato e l'impianto di alberi, consentendo loro la stipulazione di nuovi patti con la folla di affictuales. Nel corso del '7QQ queste forme di locazione si diffusero ulteriormente un po' dappertutto. Nella fase di formazione del patrimonio terriero gli interessi economici del proprietario convergevano con quelli del fittanziere. Il primo, per evitare gli oneri della conduzione diretta, si limitava a percepire una rendita sicura e crescente affit-tando strutture aziendali e possessi sparsi ad un affittuario cui riversava i costi della valorizzazione dei terreni, delegando la conduzione e l'organizzazione di possessioni e tenute; il secondo, in possesso di più radicate esperienze nella produzione agricola e nelle dinamiche del mercato, nella presunzione di ricavare guadagni crescenti dalla sua attività di intermediazione, stipulava un contratto di affitto (quasi sempre in 16 Alcuni elementi della locazione in Borelli, 1982, 124-125. 365 Furio BIANCO: INTERMEDIARE IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-380 danaro) che prevedeva l'assunzione di ogni rischio d'impresa e la direzione di tutte le fasi della organizzazione aziendale. Cosi in ogni fase espansiva del mercato agricolo nelle campagne si assiste al febbrile trafficare di mercanti di granaglie, di pubblici periti, di notai, di speculatori che si assumono la conduzione di complessi aziendali più o meno estesi. In quei comprensori in cui la svolta agrícola e la vendita di terreni demaniali avevano contribuito al dissodamento di aree marginali e alla progressiva formazione di complessi aziendali di media estensione, oltre che alla privatizzazioni di latifondi estesi su migliaia di ettari, il fittanziere era in grado di stipulare contemporaneamente contratti d'affitto con più proprietari, inglobando nella sua strategia imprenditoriale la locazione di più tenimenti relativamente ampi. Diffusi con denominazioni diverse in tutti i regimi agrari dell'Italia di antico regime (mercanti di campagna, gabbellotti, ecc.)17 e chiamati in Friuli scontisti, questi grandi affittuari operavano come intermediari tra contadini e il titolare dell'impresa agricola, senza colmare il diaframma che separava i ceti rurali dalla proprietà, ma occupando grande rilevanza nella organizzazione della produzione soprattutto nei comprensori della bassa pianura, contrassegnati dalla presenza di grandi proprietà assenteistiche. Si sostituivano agli abituali amministratori dell'azienda. Salvo alcuni casi sporadici, avevano poco in comune con la grande affittanza capitalistica diffusa nelle aree della Padania e responsabile di buona parte del suo decollo agricolo. Il ruolo di inter-mediazione di questi stontisti aveva prevalenti finalità speculative: anticipavano al proprietario un canone annuale in denaro e riscuotevano dai coloni le quote di affitto in natura, commercializzate sui vari mercati, a seconda delle opportunità e delle convenienze. Il loro intendimento era quello di massificare gli utili derivanti dal pagamento del canone di affitto con iniziative di semplice profitto commerciale, speculazioni e operazioni usurarie. Scarsi gli investimenti e del tutto estranei quegli interventi a carattere strutturale che in un disegno di prospettiva - quasi sempre assente - avrebbero potuto portare all'aumento delle rese e delle produzioni, a nuove rotazioni, all'allargamento delle superfici a foraggio, all'integrazione tra azienda cerealicola e azienda zootecnica e, conseguentemente, ad un diverso rapporto tra impresa e manodopera. Si assumevano a condizioni favorevoli anche l'intero debito colonico, maturato dalla proprietà al momento della stipulazione del contratto di locazione, con l'obbiettivo di riscuoterlo dalle famiglie contadine, operando prelievi sui loro redditi o assegnando, pena l'escomio, nuove prestazioni di lavoro straordi-nario in modo da ottenere incrementi di produzione a costi insignificanti. D'altra parte nella locazione a stont (o pstont) gli affittuari si esponevano con somme ragguardevoli che dovevano ottenere una remunerazioni adeguate in rapporto alle opportunità offerte nella mobilizzazione dei capitali da altri comparti economici. 17 Sugli affittuari intermediari delle grandi aziende, cfr. Giorgetti, 1970, 492-506 e Giorgetti, 1974, 378387. 366 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38G Alcunl esempl. Nel 1675 Glacomo Morandl, un lmprendltore venezlano tra-sferitosi a Cervignano, nel Frlull austrlaco, affittó tutti i beni fondlarl posseduti da Maffeo Albini a Scodovacca (il piccolo feudo intestato nel '5GG ad un consorzlo dl famiglia veneziane e frlulane, poco distante da Cervignano) impegnandosi a versare annualmente un canone dl affitto relativamente modesto - 3GG ducati - che tuttavia deve essere addizionato al canoni corrisposti per le altre proprletà dl veneziani che il Morandl stava assumendo in quegll anni in qualità dl conduttore (ASU, 6). Sempre a Scodovacca Girolamo Panigai, prima dl optare per la conduzlone diretta e l'lmplego dl un fattore, concesse la sua tenuta a titolo dl stont a dlversl imprenditori - Daniele Conclna, Paolo Furlan e Pietro Antonio Tulllo - che nella locazlone (dl sollto della durata dl 11 anni) sl erano impegnati a versare un canone annuo dl 1.GGG-1.2GG ducati e a ripristinare a loro spese i caseggiati colonici (i contratti in ASU, 13; 1G; 9).18 Anche illustri casate veneziane, come ad esemplo i Priuli e i Morosini, presenti nel Frlull orientale, generalmente affittavano a vari fittanzieri le loro vaste proprletà ai confini orientall della Patria, in aree contrassegnate dal disordine idrico e dalla presenza dl vasti spazl paludosl. Nel Monfalconese, incassavano annualmente mi-gllaia dl ducati, rimanendo a lungo in una situazione dl sostanziale estraneità alla conduzlone delle loro azlende (cfr. ASG, 1). Isola Morosini nel corso del '7GG e per buona parte dell'8GG venne sempre affittata a intermedlari friulani, talvolta legati da accordl societari per frontegglare in comune il canone d'affitto e per mobilitare i capltall necessarl a valorizzare la grande tenuta. Domenico Alessl nel 1776 ottenne in locazlone lo stabile per 18 anni impegnandosi a corrispondere alla famiglia veneziana 5.8GG ducati annul (ASU, 2), sostituito in seguito da un consorzlo formato dai conti Nicoló e Marzio Toppo, dal conte Pietro Domini e dal sacerdote Giuseppe Plati che sottoscrissero un contratto dl locazlone per 29 anni al canone annuo dl 5.2GG ducati (ASU, 3). In questo caso il gruppo, che in seguito poté anche contare sul capltall dl un nuovo socio,19 riusci a realizzare una parziale trasformazione fondiaria dell'Isola, il prosciugamento dl una parte delle paludl, l'avvlo delle opere dl disboscamento, l'lntenslflcazlone e l'allargamento delle colture di immediato sfruttamento.2G Nel 18G8 per un canone annuo dl 22.678 lire italiane, corrispondenti a circa 7.15G ducati, la tenuta venne affittata da Ellsabetta Morosini Gatterburg, erede del beni dl Fran- 18 Nel prellmlnarl della vendlta dello stablle al glurlsta Pletro Antonlo Tulllo (transazlone ln segulto lnterrotta) era stato calcolato che la tenuta rendeva medlamente clrca 1.8GG ducatl annul e che ll suo valore, ottenuto capltallzzando al 3% l reddltl era dl poco lnferlore al 6G.GGG ducatl, escludendo dal computo una parte dei capitali fissi e d'esercizio, boarie, strumenti rurali, edifici e crediti colonici (ASU, 8; 15). 19 Il nuovo soclo Glovannl Badlnl contrlbui con un lnvestlmento dl 3.2GG ducatl mentre l contl Dl Toppo ottennero nel magglo del 178G un prestlto dl 8.GGG ducatl dal conte Gluseppe Manglll dl Venezla che "furono impiegati nell'isola a beneficio dell'affittanza" (ASU, 4). 2G Sulle iniziative di questo gruppo di fittanzieri cfr. Geogelin, 1971, 623-646. Vedi anche Bianco, 1997, 33-34. 367 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-380 cesco Morosini, a Leonardo Pontoni, un imprenditore udinese emergente che nel periodo napoleonico e durante i primi anni della Restaurazione riusci a realizzare una solida impresa agricola operando con oculatezza e determinazione sul mercato fon-diario, rastrellando e accorpando gli appezzamenti di contadini indebitati.21 Anche nei domini austriaci della bassa pianura, soprattutto nei comprensori prosciugati di Aquileia, una parte degli estesi lotti per buona parte venduti dall'Erario alla nobiltà imperiale, vennero gestiti da stontisti, imprenditori e fittavoli che, in qualche caso, si assunsero il completamento delle trasformazioni fondiarie. Silvestro Vinelli, ad esempio, un intraprendente uomo di affari friulano che stava operando consistenti investimenti in vari comparti produttivi, nel 1781 prese a stont per dieci anni i possessi della contessa Anna Maria di Trauttmansdorff corrispondendo alla nobildonna 1.500 fiorini annui, ma impegnandosi a ridurre il terreno affittato in perfetta, ed adeguata coltura (in ASG, 2),22 senza pretendere alcun indennizzo. Alla scadenza del contratto l'azienda, ormai ristrutturata e rivalutata, fu venduta allo stesso stontista. Sorte diversa fu riservata ad un altro imprenditore che ottenne ragguardevoli profitti facendo ricorso a spregiudicate iniziative di valorizzazione del lavoro contadino: nel 1775 Antonio Zanuttig si aggiudicó all'asta l'affittanza delle terre appartenute al fondo gesuitico di Precenicco, sequestrate due anni prima dopo la soppressione dell'Ordine e inizialmente amministrate in arrenda dal Cesareo regio ufficio fiscale. Il contratto a stont, concesso per 12 anni per 3.450 fiorini annui, impegnava lo Zanuttig in una serie di lavori da apportarsi al palazzo dominicale, alle case coloniche e agli edifici rurali, quasi tutti deteriorati e fatiscenti, eseguiti dallo scontista impiegando nei lavori le famiglie contadine costrette in questo modo a saldare i debiti maturati con l'azienda. Alla scadenza del contratto l'affittuario pretese per i miglioramenti ben 15.600 fiorini, cioè una somma superiore di quattro volte e mezzo il canone d'affitto (AST, 1). Come abbiamo visto, nonostante i ragguardevoli esborsi per il pagamento del canone, i profitti derivanti dalla grande affittanza erano rilevanti e divenivano più alti laddove alla esasperazione di interventi di tipo usuraio si univa la capacità di mobilitare, oltre le proprie risorse finanziarie, anche forza-lavoro contadina per l'am-modernamento delle preesistenti strutture agrarie e per incrementare la produzione. In una lettera del luglio 1791 Pietro Dionisio, fattore della tenuta di Girolamo Panigai a Scodovacca informava il feudatario che l'anno seguente sarebbe scaduto il contratto ad istont di uno stabile vicino ad Aquileia (a Belvedere) posseduto dai fratelli Savorgnan, ambíto da molti che stavano "col occhio aperto per averio" in locazione (ASU, 11). Si raccomandava al patrocinio del Panigai perché caldeggiasse la sua 21 Sul Pontoni, Bianco, 1997, 113, 131-132. 22 A conclusione dell'affittanza una parte della tenuta venne venduta dagli eredi della nobildonna al Vianelli (ASG, 3). 368 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38Q eventuale candidatura (assieme ad un suo socio) e si impegnasse di studiare il mezzo più efficace per ottenere l'intento - sottolineava con sussiegosa insistenza - a costo di "qualunque spesa che occorresse, e in qualunque modo secondo la qualità delle persone delle quali servirsi. " Aggiudicarsi l'affittanza, a suo giudizio, avrebbe co-stituito un ottimo affare. Infatti se il precedente conduttore aveva pagato un affitto annuo di 1.63Q ducati che, secondo i più, quasi sicuramente sarebbe stato aumentato a 2.QQQ ducati, tuttavia il Dionisio calcolava un guadagno annuale di altrettanti 2.QQQ ducati netti (compresi i costi per un fattore e un gastaldo), cioè il 1QQ% rispetto al canone versato alla proprietà: un utile che, nonostante i rischi d'impresa, trovava pochi riscontri in altri settori di investimento. Dunque, nella grande affittanza intermediaria, laddove le condizioni demogra-fiche lo consentivano, i guadagni si basavano quasi sempre sulla capitalizzazione della forza lavoro cui venivano addossati gran parte degli eventuali incrementi di produzione (imputabili a varie iniziative, dalla intensificazione dei lavori a vanga ai prosciugamenti, alla realizzazione di opere di micro e macro idraulica, ai disso-damenti, ai nuovi impianti di alberi e viti, ecc.) attraverso un oculato uso dei debiti contadini contratti con l'azienda, alla pressione esercitata sui nuclei colonici, all'in-sieme di quei provvedimenti che venivano a travolgere le più antiche relazioni di tipo paternalistico ancora operanti nelle campagne friulane nei rapporti tra signori, pro-prietari e sudditi, contadini. Con l'espansione dell'agricoltura e con il consolidarsi di grandi complessi azien-dali, intestati alla vecchia aristocrazia o a nuovi proprietari, l'amministrazione del patrimonio fondiario costituito da più tenute e stabili, dislocati anche in diversi com-prensori, prevedeva una organizzazione più articolata dell'impresa che molto spesso era fondata su una agenzia centrale collegata con varie agenzie periferiche sparse nelle varie sedi. In alcuni casi, attraverso il personale alle dipendenze dell' agenzia centrale (contabili, avvocati, tecnici agrari, ecc.), il proprietario era in gradi di dirigere dalla città possessioni e tenute, ne controllava bilanci e forme di gestione, orientava nuovi ordinamenti culturali, suggeriva relazioni col mercato, sollecitava incrementi produttivi, redigeva e revocava locazioni e contratti di affitto stipulati in campagna, promuoveva e rimuoveva contadini e maestranze, aveva parte decisiva in ogni transazione economica, fiscale e amministrativa. Ma generalmente la proprietà preferiva delegare questi compiti ai propri fattori ed agenti in loco, riservandosi formalmente ogni decisione finale e limitandosi a confermare o autorizzare le iniziative in grado di garantire la stabilità o l'accrescimento della rendita. In tal modo gli indirizzi di politica aziendale e le scelte nella produzione agricola erano affidate alle varie agenzie periferiche. Queste ultime al loro interno presentavano una strut-tura più o meno articolata, a seconda della dimensione dell'azienda e della disper-sione delle possessioni: in generale dovevano fare affidamento sulla presenza stabile di un fattore coadiuvato da gastaldi, scrivani (o cancellieri), guardiani, vetturali e ad 369 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-3SG altro personale impiegato come stallieri, boari, marangoni o uomini di fatica.23 L agente per questo colosso - sottolineava nel 1824 Giuseppe Toniati, divenuto agente dello stabile di Avisopoli mettendo in evidenza le difficoltà legate alla conduzione di quel vasto complesso aziendale - "deve essere assai istruito nell'agri-coltura non solo, ma per le piazze, censo e foro. Bravo politico, ma stomaco forte" (Berengo, 1963, 217). In questa nuova politica padronale il ruolo assegnato a fattori e agenti, istruiti sui nuovi orientamenti dell'azienda signorile o ingaggiati per l'occasione da uno scon-tista, diveniva indispensabile e fondamentale.24 In questi casi il loro controllo sulle famiglie coloniche diventava occhiuto e ossessivo, sia per incrementare le produzioni e per ottenere senza deroghe l'esazione dei canoni di affitto, sia per impedire ruberie e ammanchi. Anche se l'ultima decisione sull'assunzione, sul mantenimento, sull'escomio di un colono insolvente o sulla sistemazione di una nuova famiglia spettava al proprietario, il fattore era in grado di orientare le scelte aziendali, non facendosi scrupolo di consigliare il licenziamento di contadini indebitati, soprattutto quando questi ultimi, pressati dalla necessità, assumevano lavori per altri al fuori della loro possessione, utilizzando anche gli animali in consegna, o erano in procinto di vendere la propria boaria, impedendo quindi il suo sequestro, a sconto dei debiti maturati con l'azienda (ASU, 16). Era compito del fattore, grazie ai maggiori poteri ottenuti, accelerare o ritardare le operazioni di licenziamento, per lo meno fino a quando non fossero individuati coloni "senza vizzi d'osteria, onorati, desiderosi di fare" e responsabili di famiglie con molte braccia da lavoro. Naturalmente non è da escludere che nel periodico resoconto sull'attività dei contadini il fattore era con-dizionato - a volte anche in maniera scoperta - da antipatie personali e da inimicizie, accentuando note personali negative che potevano influenzare le scelte padronali. Nel Monfalconese, teatro tra '700 e '800 di tumulti e contestazioni anche di carattere 23 Si veda, ad esempio, le mansioni previste nella conduzione del grande stabile di Alvisopoli agli inizi dell'SGG (Bellicini, 19S3, 15). 24 In qualche caso, per avere un controllo più diretto su tutti gli affari aziendali, l'affittuario subentrava con le stesse mansioni ad un precedente fattore, limitandosi ad ingaggiare più gastaldi impiegati con vari impieghi nelle attività dell'azienda. Ancora, in presenza di un consorzio di imprenditori, associati nella locazione di un grande stabile, molto spesso uno dei soci si assumeva i compiti svolti dal fattore che, per altro, continuava a mantenere incarichi minori all'interno dell'impresa, di solito limitati alla sorveglianza delle famiglie coloniche. Cosi, ad esempio, a don Giuseppe Plati uno dei quattro imprenditori che avevano ottenuto l'affittanza di Isola Morosini nel 1779, due anni dopo, al momento del rifinanziamento del capitale del sodalizio, garantiti un emolumento adeguato e la possibilità di dimorare nelle vicinanze di Isola (a causa della sua aria cattiva) vennero affidate competenze e direzioni particolari - "assistere impegnatamene et invigilare sopra tutti gli affari dello stabile, d'averne il maneggio della cassa col debito registro, di sovrintendere e dirigere le persone di servizio, e reso intero altro de compagni, disporre il cambio delle medesime, ed in cadaun anno preparare il bilancio delle totali rendite, e spese " - cioè l'insieme di quei compiti affidati al precedente fattore (ASU, 1). 37G Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38G sociale, diversi fattori chiesero con insistenza il licenziamento di quei coloni accusati di non rispettare la loro autorité - insubordinati, "arroganti, impertinenti, perfidi [...], si portano male, sono pigri e [...] quasi niente lavorano" - e di influenzare negativamente con il loro comportamento eversivo gli altri contadini. D'altra parte nei comprensori della bassa pianura, contrassegnati dall'ingorgo dei corsi d'acqua, dalla estensione di terreni acquitrinosi, di paludi e da miasmi malarici, la sottopopolazione relativa rendeva quanto mai difficoltosa la scelta di famiglie coloniche in possesso di scorte, attrezzi, animali o, quanto meno, fidati, disciplinati e rispettosi delle scelte e dell'autorità del fattore. Alla fine del '7GG la tenuta di Alvi-sopoli della famiglia Mocenigo,25 estesa per circa 1.8GG ettari lungo il basso corso del fiume Tagliamento, si presentava ancora per gran parte coperta da vaste plaghe paludose; l'aria risultava cosí malsana che per contratto il fattore era dispensato dal domiciliarvi in permanenza accanto ai residenti, una sessantina di famiglie mise-rabili, coloni dei Mocenigo, "gonfi di ventre, giali di fisionomia, di cortissima vita" (Bellicini, 1983, 95). In quelle condizioni, dopo i primi, massicci investimenti per prosciugare le paludi e per modificare radicalmente la fisionomia produttiva dell'azi-enda, pretendere di trasformare quei disgraziati in coloni laboriosi, bravi, previdenti, economi, pazienti, coinvolgendoli nel processo di ristrutturazione aziendale, come richiesto dalla proprietà (ed auspicato anche dalla possidenza più illuminata), si riveló una richiesta quasi sempre velleitaria e difficilmente realizzabile. A poco valevano i continui suggerimenti del proprietario ad agenti e fattori perché inter-venissero con decisione per contrallare il lavoro contadino e per aumentare la pro-duttività dell'azienda, sostituendo senza indugio i coloni più indolenti. In questa direzione, per comprendere più da vicino i complessi processi di ristrut-turazione aziendale, l'articolarsi della vita nelle campagne e i rapporti tra intermediari e contadini, una fonte molto importante è costituita dalla voluminosa corrispondenza che il fattore aveva con il proprietari, ma anche con mercanti, con faccendieri, con autorità e notabili del luogo, con fattori e gastaldi operanti in altre tenute.26 Lo spoglio di questo eccezionale materiale documentario, cumulatosi tra le carte azien-dali, suggerisce vari percorsi di ricerca: da un lato ci consente di riconoscere i com-piti del fattore e di ricostruire la sua personalità, mortificata molto spesso dalla pressione polemica degli scrittori di agraria in un ritratto uniforme e di maniera, rendendo indecifrabile il suo concreto operare in situazioni storiche ben precise e limitate; dall'altro ci permette di approfondire la politica padronale e i rapporti tra 25 Sulla tenuta di Alvisipoli cfr. la rigorosa ricostruzione di Bellicini, 1983. 26 Si tratta di fonti molto importanti, non solo per analizzare il sapere agronomico di proprietari e fattori e la politica padronale, ma anche per comprendere l'insieme dei problemi economici e sociali presenti in vari regimi agrari. Sulla figura del fattore, ricostruita anche attraverso il carteggi tra proprietario e fattore, si veda, oltre al lavoro pionieristico di Finzi, 1979; Cristoferri, 1972; Pongolini, 1984; Bianco, 1986. 371 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38G proprletà, coloni e lavoratori agrlcoltorl, in particolare in quel periodi in cul le campagne friulane e venete furono contrassegnate da accentuati mutamentl nel regime della proprletà e nell'organlzzazlone produttlva. Inoltre, ai resoconti densl di cifre, che si occupano dl bilanci, dl rese, dl prezzl, delle condizioni metereologiche, dl boarle e dl mercatl si soprappongono infor-mazioni diverse, legate alla vita dell'azlenda, a vlcende private e collettive connesse con il microcosmo della tenuta e del villaggi, tra il continuo riaffiorare dl fatti anonlml e quotldlanl e ll lento procedere della vlta comunltarla. Il tono delle lettere è per lo più susslegoso e rispondente alle aspettatlve del proprietario che vuole essere informato su tutto: da ció una folta gallerla dl per-sonaggl, dal notablll del luogo e dai funzionari dl governo, agll altri proprietari e all'lnsleme indistinto dl figure minori e medlocrl. La scrittura sl manteneva quasi sempre informale e dlstaccata, animandosl raramente, per lo più quando venivano esposte vlcende traglche dl famigliari e dl parentl o quando si voleva catturare la curiosità del proprietario, induglando con divertita parteclpazlone su fattl blzzarrl e stravagantl.27 Ma dalla corrispondenza emerge anche la politica padronale e i comportamenti del fattore, soprattutto nel casi in cul il dlsegno azlendale prevedeva consistenti in-vestlmentl per opere strutturali (prosclugamento dl aree acquitrinose, rlordlno fondl-ario, dlssodamento dl aree marglnall, implanto dl nuove colture, potenziamento dl infrastrutture, ecc.): inizlatlve che modificarono anche compltl, responsabllltà e prerogative del fattore, non sempre in grado e nelle condizioni dl esaudlre le stizzose rlchleste del proprletarl. Infattl, come denunclarono spesso con monotona lnslstenza nelle loro lettere molti fattori alla fine del '7GG o nel corso nel primo '8GG - ad esemplo, Pletro Dionisio per oltre 3G anni a Scodovacca, Costantino Donato, al servlzlo dl casa Prlull, prlma a Meolo ln qualltà dl gastaldo e pol per 28 annl a Turiaco, o Francesco e Giuseppe Locatelll colnvoltl da Alvlse Mocenigo nella ristrut-turazione dello stabile del Mollnato - nelle terre della bassa pianura i progetti dl svlluppo azlendale e la riorganizzazione del lavoro contadino trovavano un limite quasl lnsormontablle nella mlserla contadlna, nella pauperlzzazlone crescente e nella rarefazione della manodopera dlsponiblle.28 Cosi alle continue sollecitazioni rlvolte 27 Cosi, ad esemplo venlva commentata la flne lnglorlosa del curato del vlllagglo dove era collocata l'agenzia dello stabile dei Priuli: il sacerdote il primo di quaresima, pur mangiando di magro secondo le prescrlzlonl rellglose, "trangugià gran pesce offerto dai barcaioli della zona e volendo adattare il proverbio secondo il quale il pesce nato nell'acqua deve morire unto con l'olio e dopo mangiato soffocarlo col vino, " lo interpretó "troppo alla lettera perché col soverchio vino egli si soffocà insiemente colpesce"(Bianco, 1986, 12). 28 Da cló anche ll progresslvo aumento del lavoratorl precarl e del nuclel dl famlglle con poche braccla da lavoro, dislocati su appezzamenti marginali. Nel 1772 nell'azienda Panigai erano impiegati 6 nuclei colonici e ben 9 famiglie di sottani, cioè famiglie nucleari, prive di scorte vive e morte (ASU, 14), costretti a vivere in condizioni disagiate, con poca terra, alloggiate in casoni fatiscenti, edifici costi- 372 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38Q dai proprietari affinché i poderi fossero affidati a contadini solventi e con dis-ponibilità di scorte in modo da ridurre i capitali di esercizio, i fattori erano costretti ad invitare il proprietario a trattenere in azienda e a prorogare il contratto a quei pochi in possesso di braccia, di attrezzi e di boaria, anche se inaffidabili e disob-bedienti, limitando il numero di quelli affidabili e di buona condotta di vita, ma del tutto privi di mezzi di produzione. Dunque, nelle fasi di sviluppo dell'economia agricola nelle campagne friulane, contrassegnato dal contenimento degli investimenti e dal mantenimento dell'organiz-zazione produttiva fondata su poderi colonici e sul sistema del piccolo affitto in generi, al fattore viene richiesto esplicitamente di stabilire anche nuovi rapporti -meno tolleranti e paternalistici - nei confronti dei nuclei contadini, piegati in modo inflessibile alle nuove esigenze dell'impresa. Consacratevi alla campagna - rimpro-verava Alvise Mocenigo al suo agente, accusato di non avere la dovuta decisione nei confronti delle famiglie coloniche di Alvisopoli - "se sono pochi, se sono miseri, se sono indolenti, se indebitati licenziateli, e prendete famiglie più degne di stare ad Alvisopoli, che non faccino la disgrazia loro e la mia: io non voglio la rovina di alcuno, ma non posso procurarmi la mia. Le famiglie troppo picciole di numero, di individui non passionati per la campagna, viziosi, io non posso tenerli, vadino a provvedersi altrove, e sia percio vostro dovere prestarvi a tener della mia volontà; chi non ha armonia in casa, chi non è buon economo, e soprattutto chi non ha religione: Non abbiate pietà per alcuno, perché una tale pietà sarebbe una crudeltà per me (la lettera di Alvise Mocenigo del 18Q4 in Bellicini, 1983, 117). Come emerge anche dalla corrispondenza aziendale, il fedele attaccameto del fattore alle richieste della proprietà comportó un ulteriore distacco tra fattore e contadino, considerato da questi ultimi sempre più come un avversario da temere e da contrastare. Lo stesso fattore, quando non mostrava completa indifferenza per le condizioni materiali di vita dei contadini, avvertiva la contraddizione, sempre più stridente, tra i suoi nuovi compiti e quel tradizionale umanitarismo, per quanto vago e generico, che fino a quel momento aveva improntato la sua azione verso le famiglie coloniche. Cosi, se da un lato poteva continuare a deprecarne la meschinità e la durezza di vita e a venire incontro in qualche modo alle sue necessità materiali, dall'altro era consapevole di dover contribuire alla realizzazione di modello di gestione dell'azienda sollecitato dal proprietario che imponeva di anteporre sempre un calcolo aziendale, valutando i costi economici della indigenza dei contadini e la convenienza o meno di eventuali soccorsi. tuiti da uno o più vani, in muratura e legname con copertura di canna e paglia, senza pavimento e tal-volta privi di finestre (ASU, 12). 373 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-3SG APPENDICE Venezia, addi primo gennaro 1779 (m.v.) Il Nobil Homo Francesco Morosini Secondo, Cavalier e Procurator, per se, eredi e successori suoi, affitta ed a titolo di locazione accorda alli Nobili Signori Conti Nicoló r Marzio fratelli di Toppo, al Nobil Signor Conte Pietro Domini e al molto reverendo Signor Don Giuseppe Plati, simul et in soliduma, per se e loro eredi, tutti li di lui beni e fabbriche tutte nell'Isola Morosina nel Territorio di Monfalcone, con tutte le sue abenze e pertinenze, e con tutti li suoi diritti, ius e privileggi al medesimo stabile appartenenti, e cosi pure gli altri beni situati in Fiumicello, in Stato austriaco, denominati l'Isola del Morto, tenuti dalli Signori Morpurghi di Gradisca, ed istes-samente li sei campi circa posti nel territorio di Staranzano nel suddetto Territorio; ció con tutte le infrascritte condizioni che dovranno aver, e riportar lo stesso valore e forza come se la presente affittanza stipulata fosse per mano di pubblico nodaro di Venezia, dovendo questa continuar inalterabilmente il corso degli anni che saranno qui dichiarati, senza che veruna delle parti possa pretenderne alterazione o cambia-mento. Primo - Dovrà la presente durar per ventinove anni, principiando da questo rac-colto 17SG e terminando con quello del 1SGS inclusive, dimodochè per parte del Nobil Homo affitt(ante) abbiano a divenir esatti ventinove intieri affitti, e per parte delli Signori insolidati affittuali percepiti ventinove intieri netti raccolti. Secondo - L'annuo affitto resta stabilito nella somma di ducati cinquemila duecento correnti, da pagarsi nel mese del prossimo giugno, e cosi d'anno in anno nelle mani dell'agente di Venezia, in valuta veneta, escluso li soldini. Terzo - Per li crediti delli colloni ed altri, appartenenti alla rendita di quel stabile, sborseranno li affittuali, pur in giugno prossimo, zecchini trenta, e con ció essi crediti resteranno a benefizio di essi insolidati affittuali. Quarto - Li Nobili Signori affittuali e compagno insolidati non potranno produrre verso pretesa di risarcimento per ogni qualunque disgrazia, ma dovranno ad ogni esigenza accorrere essi medesimi, e qualor fossero da qualche rotta asportati campi e case non avranno veruna responsabilità. Quinto - Dovrà farsi l'inventario e stima delle fabbriche tutte, tanto ad uso colo-nico quanto ad uso dominicale, per l'effetto di verificar a stima nello stesso modo nel terminar dell'affittanza li peggioramenti, pagabili questi per parte degl'affittuali, e cosi li miglioramenti ed accrescimenti, pagabili questi per parte del Nobil Homo affittante e suoi eredi. Sesto - Dovrà pur prendersi il grado delle terre senza che per altro possa pre-tendersi parte degli affittuali durante il termine dell'intiera affittanza alcun migliora-mento per accrescimento di esso grado, con dichiarazione poi che venendo la presente affittanza per qualunque evento, che non provenisse da essi affittuali, a patire 374 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38G minorazion di durata, in tal caso abbino essi ad essere per intiero reintegrati, tanto per miglioramenti a polizza, quanto per le spese tutte, pure a polizza, che venissero da loro fatte, con la fede della durazione intiera della presente affittanza. Settimo - Doverá parimenti farsi la stima degli animali bovini, strumenti rurali ed utensili di caneva e folladore, secondo il risultato della quale essi insolidati affittuali faranno l'acquisto con scrittura, d'accodo per il modo che anderanno intesi col nostro homo procurator affittante. Ottavo - Perché non resti alcun altro pensiere fuori delli naturali e sopra espressi all'Eccellentissimo Procutator Patrone intorno a quel stabile, convengono li Nobili Signori insolidati affittuali d'aver tutta la cura per quella chiesa, ad essi con la presente affittanza resa dipendente, come sará pure dipendente dalli medesimi quel pievano la cui nomina, che pur cede loro il Nobil Hommo affittante, dovrá venire da lui approvata. Nono - Con tutte le antedette condizioni resta per voler delle parti medesime ac-cordata e stabilita la presente locazione per l'intiero suo sopraccennato tempo, di-chiarandosi che quella parte la quale non volesse al terminar della presente continuar in affitto, avrá debito di precedere legal notizia un' anno avanti, ed in difetto s'intenda proseguir questa per un' altro anno, in manutenzione delle quali condizioni, patti ed obblighi, tanto il Nobil Homo affittante quanto li Nobili Signori e compagno affittuali insolidati, obbligano per se e loro eredi tutti li loro beni mobili e stabili, presenti futuri e venturi, in ampla e solenne forma, dovendo essere la presente di propria loro mano firmata per l'intiera sua validitá, con la presenza de' testimoni (ASU, 1). POSREDNIKI V KMETIJSTVU. GASTALDI, OSKRBNIKI IN STONTISTI NA PODEŽELJU SEVEROVZHODNE ITALIJE V NOVEM VEKU Furio BIANCO Univerza v Vidmu, Oddelek za zgodovino in varstvo kulturne dediščine, IT-33100 Videm, Vicolo Florio n. 2 e-mail: furio.bianco@uniud.it POVZETEK V času starega režima so na podeželju v odnosih med lastniki (veleposestniki) in kmečkimi delavci igrali pomembno vlogo posredniki z različnimi pristojnostmi, ki so bile odvisne od obsega kmetijskega poslovanja in podeljenih pooblastil. Njihova naloga je bila, da v imenu lastnikov upravljajo z zemljiškim kompleksom in vodijo organizacijo dela. 375 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-380 Skozi stoletja so gastaldi in oskrbniki predstavljali transmisijski člen politike gospodarjev: ohranjali so pomembno vlogo pri vodenju velikih posestev v beneškem zaledju, ki so jih imele v lasti benečanske plemiške družine in lokalno plemstvo. Tako je bilo zlasti v okoliših, kjer je bila odmaknjenost posestnikov od problemov organizacije dela bolj poudarjena in tradicionalna. Poleg zastopanja posestnikov - tudi z namenom povečati prihodke in zmanjšati tveganja pri poslovanju - so oskrbniki in zastopniki dobili še nalogo, da nadzirajo dninarje in kolone: šlo je za nenehno delo pri organizaciji proizvodne dejavnosti in ohranjanju podložnosti ruralnih slojev. Pri tem so se morali izogibati pastem in nenehnim zvijačam, ki so si jih izmišljali revni in pregrešni najemniki, da bi si prisvojili večje deleže izdelkov za lastno preživetje. O oskrbnikih in zastopnikih obstaja bogata literatura (od kmetijskih priročnikov do ekonomskih publikacij), ki se nagiba k poudarjanju bistvenih vidikov njihove poklicne dejavnosti; najpogosteje nam prenaša negativne, stereotipne in stilizirane upodobitve. Po drugi strani bi morali njihovo podobo rekonstruirati skozi konkretne dejavnosti, ki so jih opravljali v okviru posestnih kompleksov in so umeščene v določen prostor in čas. Pri tem se lahko opremo na obsežen dokumentarni material, kamor spada tudi redna korespondenca, ki so jo desetletja vodili s posestniki in je v veliki meri neraziskana, prek nje pa lahko nazorno spoznavamo njihove odnose s kmeti in ruralnimi skupnostmi. Seveda so bile kritike, razširjene na skoraj vse agrarne režime, utemeljene. Svoboda, ki so jo praviloma uživali, ustaljeni odnosi s trgovci in izkušnje, ki so si jih pridobili v najrazličnejših transakcijah, so - zvitejšim in bolj brezobzirnim - oskrbnikom in zastopnikom ponujali priložnost za osebne špekulacije in kupčije (pogosto na škodo posestnikov), pri čemer so se pomnožile njihove možnosti za ekonomsko in družbeno rast: v fazah trgovske okrepitve kmetijstva so prodrli v vzpenjajoči se sloj agrarne buržoazije osemnajstega in devetnajstega stoletja. S tega gledišča je pomenljivo večplastno dogajanje v zvezi z družino Francesconi, rekonstruirano na podlagi zapletenega arhivarskega itinerarija. Francesconiji so bili skozi več generacij oskrbniki posestnih kompleksov rodbine Mocenigo, ki so se nahajali med provinco Treviso in Furlanijo; v nekaj desetletjih (od konca 18. do pivih desetletij 19. stoletja) so si zagotovili nesporno ekonomsko blaginjo in trdno premoženjsko stanje. Nesporno so se vzpeli tudi na družbeni lestvici in otrokom ter vnukom omogočili ugledne kariere, nove življenjske sloge in tesnejše odnose z benečanskim ter avstrijskim plemstvom. Znotraj konteksta organizacije dela so v osemnajstem stoletju pridobivali pomen tudi drugi posredniški liki, ki so bili sicer občasno navzoči že v prejšnjih stoletjih. Šlo je za zasebne podjetnike, ki so razpolagali z gotovino (trgovci z žitaricami, finančniki, davčni zakupniki itd.) in so za daljše obdobje - tudi za 29 let - najemali velike posestne komplekse ter lastniku zagotavljali plačilo najemnine (praviloma visoke, po nekaj tisoč zlatnikov) in še bolj poenostavljeno upravljanje njegove zemljiške posesti. Iz številnih preučenih pogodb izhaja, da od teh najemnikov - v najvzhodnejših pre- 376 Furio BIANCO: INTERMEDIARI IN AGRICOLTURA. GASTALDI, FATTORI E STONTISTI..., 353-38G delih so se imenovali stontisti - niso zahtevali investicij ali priliva novega kapitala, ki bi ga vložili v produkcijski proces ali za izpeljavo morebitnih prenovitvenih ukrepov, namenjenih povečanju donosa na površinsko enoto. Dobički stontistov so skoraj vedno izvirali iz komercializacije kmetijskih izdelkov in iz špekulacij na trgu z žitaricami, in sicer v ekonomskih fazah ter konjunkturah, ki sta jih zaznamovala naraščajoče povpraševanje po užitnih poljščinah in rast cen. Ob teh špekulacijah je v velikem posredniškem zakupništvu - vsaj tam, kjer so to dopuščale demografske razmere - dodatne prihodke zagotavljala predvsem kapitalizacija delovne sile, ki je bila v veliki meri zaslužna za porast proizvodnje (pripišemo ga lahko različnim pobudam od intenzivnejšega okopavanja do melioracije, krčenja in čiščenja terenov, saditve novih dreves in trt itd.), in sicer prek pretehtane izrabe dolgov, ki so jih kmetje ustvarili s posestvom, in posledičnega ter postopnega preoblikovanja najstarodav-nejših odnosov paternalističnega tipa, ki so na furlanskem podeželju še vedno narekovali razmerja med gospodarji - lastniki in podložniki - kmeti. Ključne besede: vodenje kmetijskega poslovanja, posredniki, agrarna buržoazija v 18. in 19. stoletju, Furlanija, Veneto, novi vek FONTI E BIBLIOGRAFIA AIREV, 1 - Archivio storico delle Istituzioni dl Rlcovero e dl Educazlone dl Ve-nezla (AIREV), Archivio originarlo dell'Ospedale del Derelitti al Santi Giovanni e Paolo, detto l'Ospedaletto, E, 131, fasc. 3. AIREV, 2 - AIREV, Archivio originarlo dell'Ospedale del Derelitti al Santi Giovanni e Paolo, detto l'Ospedaletto, E, 131, fasc. 9-12. AIREV, 3 - AIREV, Registri e carte dell'archivio originarlo dell' Ospedale dl San Lazzaro del Mendlcantl, E, 5. AP, 1 - Archivio prlvato, Carte della famiglia Chiozza. ASG, 1 - Archivio di Stato dl Gorizia (ASG), Giudizio distrettuale dl Monfalcone, b. 16, cc. 57v.-63r., il contratto stlpulato nel 1789 tra Raimondo Ippolltl e Pletro Priuli, 4. 9. 1789. ASG, 2 - ASG, Libro dl strumenti tavolari (LST), b. 22, 23. 2. 1781. ASG, 3 - ASG, LST, b. 47, 14. 6. 1791. 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