ANNO XVIII. Capodistria, 16 Novembre 1884. N. 22. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la' Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gra-tnitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Db numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. DELLA VITA E DEGLI SCRITTI DI carlo combi) L' opera però gli cresceva in mano, e tardandogli 1' ora di farla conoscere, lesse all' istituto veneto e pubblicò — Di PierpaoloJ Verger io il Seniore da Capodistria e del suo epistolario. Memoria del prof. C. A. Combi. Venezia Antonelli 1880. È un opuscolo di 125 pagine, che sbalordisce per le citazioni, gli elenchi, le date, per gli accenni alle opere del Vergerio non solo ma a Quelle pure citate da lai ; è un rapido sguardo gettato largo la'go dintorno, ma che suppone 1* < cognizione dei particolari più minuti. Il Combi in j questa sua memoria fa 1' officio di un ricco viaggiatore il quale seduto comodamente in carrozzone di prima classe addita ai compagni di viaggio ad uno ad uno i castelli, le ville, i casolari che si veggono sorgere di qua di là sulle cime dei monti i e ne tesse iu poche parole la storia. Tra le citazioni però, gli elenchi e le date ; in quella selva brillano lampi di luce. Il Combi ha già tirato le ! linee, ordinato ogni cosa, stabilito il da farsi. Dillo studio analitico s' innalza alla sintesi, ha idee diarissime in mente, formula giudizi che sono il ri- j sultato dell' esame minuto e non già alzate d'in- j gegno come troppo di sovente avviene a eli a j simili studi si dedica. Ecco alcuni risultati del suo lavoro, e giidizi j accennati che si proponeva poi dimostrare veri. Alla sua parola si può credere ; intanto osserviamo. — Il Vergerio fu bensì un umanista, ma non proprio nel senso venne dato più tardi a quesf ippel-Iasione ; la sua penna fu più dell' uomo politico che del letterato, (pag. 16) Distinzione giustissima. l) Continuazione e fino vedi numeri 19, 20, 21 Analizzando le opere del Vergerio il Combi si pfoponeva — farne comparazione con altre consimili precedenti e posteriori del risorgimento, . . . ! caratterizzare quella prima diffusione delle lettere ! antiche, tanto diversamente interpretata dalle diverse scuole ; ma pur sempre da ciascuna con ispirito i o del tutta, o soverchiamente esclusivo, mentre invece, occorrono distinzioni molte con molta imparzialità Se anche il Vergerio non fu un ingegno di primissimo ordine, pure il Combi lo studia con di-! ìigenza perchè -— se dai sovrani ingegni si ripetono le sintesi che rilevano l'insieme delle condizioni intellettuali di questa o queir epoca, sono gV ingegni minori che ci pongono in grado di fare /' analisi esatta senza le ardite supposizioni o le fantasie dell' effetto scenico, le quali, se possono piacere talora, guastano troppo spesso le questioni e fuorviano il giudizio (pag. 40). Ma dove il Combi vide più dentro e nuovo è nella questione della lingua: — „Il linguaggio degli umanistinota egli era sempre il latino', ma ben si può affermare che taluno lo scrivesse con più scioltezza e colore e sapore italiano, che non scrivessero prima o poi, il nostro idioma gì' I-taliani latineggianti. " Nè di minore importanza sono vari fatti storici, notizie e giudizi di personaggi celebri, dei quali è fatta menzione in questa eruditissima memoria. Da questa sappiamo che il Vergerio scrisse una lettera, anzi una potente invettiva contro quel Carlo Malatesta, che fece atterrare la statua di Virgilio a Mantova (pag. 86). Ma nessun accenno vi trovo al Virgilio della leggenda, nella nota opera del Comparetti. D'Innocenzo VII il Vergerio descrisse il carattere per filo e per segno, e ne esalta le belle doti; onde „di fronte a una testimonianza sì com- petente e leale si dovranno modificare i giudizi della storia su quel pontefice" (pag. 71). Di più in questo studio il Combi si compiace di mostrare l'indipendenza del Vergerio, e la soda religione di lui scevra, si direbbe oggi, dalle misere esigenze del clericalismo. — „Cavete" tuonava il Vergerio nella sua orazione — Pro reintegranda uniendaque ecclesia — ai Cardinali, „cavete ne dum urbem custoditis, orbem amittatis. In queste libere parole dell' oratore, nota il Combi, si sente un vivo senso di simpatia verso il Papa Innocenzo VII il quale già aveva scritto: Haec temporalia nidlo modo af-fectabamur, in quibus nihil aliud est quarn labor atque animi sollicitudo. Questo discorso inedito del Vergerio fu poi stampato con molta cura dal Combi nel 1882 con un dotto proemio illustrativo. Chiudiamo la breve ed incompleta enumerazione degli scritti dell'illustre nostro defunto (incompleta perchè non di tutti i suoi lavori, qui si poteva tenere parola) ammirando la vasta erudizione e il pronto ingegno che lo resero idoneo a dedicarsi a tante e sì varie discipline, e deplorando che qu«st' ultimo lavoro sul Vergerio non abbia egli potato condurre a termine, per altro lutto di famiglia che fu a lui fatale, e spense le sue forze nel vigore degli anni maturi. Morto di fatto il padre, Carlo sensibilissmo e legato alla famiglia col vincolo dell'amore filiale, non viveva si può dire che per la madre sua. Era una vita necessaria alla sua vita ; un unico affetto che lo compensava della perdita d' ogni altro affetto, d' uu sacrifizio di tutta la vita, specialmente in un' età, quando, svanite le illusioni dei troppo alti ideali, si vede il mondo qual è realmente, e uu dubbio tormentoso ci assale di aver forse sbagliata la strada. Quelle due buone creature si completavano adunque a vicenda; la madre era tutto pel figlio, e il figliuolo per la madre; perciò si vigilavano, si angariavano a vicenda, timorosi di rutto, fino del cibo, della luce, dell' aria perchè non nocesse all' amato : era, si può dire una tirannia dell'affetto in ogni giorno, in ogni ora. A chi di ciò faceva dolce rimprovero a Carlo, e gli diceva secondo le leggi naturali dover egli apparecchiarsi ad un ultimo grande, ma ragionato dolore, Carlo sgomentato e quasi iracondo rispondeva, aver egli ferma fede che le leggi naturali sarebbero state per uu miracolo alterate, e non poter neppur sopportare il pensiero che così non dovesse avvenire. Ma le sue ferme speranze, come era naturale, svanirono, e dopo la morte della madre Carlo angosciato, desolato, op- presso da un dolore neppur mitigato dal tempo, si credette solo, veramente sol'o al mondo. E allora apparve la sua soda pietà, la sua grande virtù. Perduta la propria, ricoverò nella grande famiglia dei poveri, degli orfani, dei derelitti : d' allora in poi fu più che mai padre, fratello, amico ai vecchi e ai giovanetti ; la sua casa fu la casa di ricovero, o F orfanotrofio. Ciò che egli faceva prima per un natuiale sentimento dell'animo gentile, diventò dovere per lui, dovere impostosi con sacrifizi ed an-negazioni d' ogni maniera. È questo un secondo ed ultimo stadio della travagliata sua vita, in cui non tanto lo vediamo ai prediletti suoi studi, ma più | alle assidue opere di carità. È questa una seconda causa per cui rimasero incompleti alcuni suoi scritti, come la Bibliografia; così finisce lo scrittore, e comincia 1' apostolo. Ma è sempre un' opera vigorosa, un apostolato anche civile ; la sua animf°sgo-menta non si conforta coi mezzucci di una pietà spigolistra, non si rifugia nei recessi d'un ascetismo dolcemente egoistico ; ed anche negli ultimi tempi, quando la voce della patria lo chiamava era pronto ad uscire dal pietoso rifugio, senza dire che fu sino all'ultimo indefesso all'adempimento del dovere nel magistero. Se la fede però lo sostenne fino all'ultimo, se la pietà cosi fortemente esercitata gli servì come di farmaco eccitante per tenerlo sveglio nella gmnd| lotta dello spirito con la materia, questa si sfasciava ogni giorno più. La potenza del carattere eroico fu tale da mantenerlo fermo sulla breccia fino all' u'.timo; non era egli uomo da inselvatichire misantropo in casa, o da languire cronico per anni iu m letto, di peso a sè ed agli altri ; quindi la mo.'te inopinatamente lo colse lottante fino all' ultima ora ; onde ben di lui si può dire — qual | visse tale morì. Sì, tale fu Carlo Combi ; così ci si presenta ! nella vita e negli scritti. Dire particolarmente di ! tut',e le sue virtù nou lo comporta l'indole del lodito, così sebivo sempre del panegirico ; la carità pure della patria lo vieta chè dai superstiti atteide fatti e non le magniloquenti parole, con le qual oggi troppo spesso i vivi esaltano i poveri morti per innalzare sè stessi, e mettere in mostra la pccolezza loro montando sul cataletto, e sulle lapid degli illustri defunti. Solo, fra le tante sue virtù rammenterò qui l'amicizia profondamente sentita, ìd esercitata quale un dovere ; la tolleranza alle attui opinioni, congiunta alla fermezza, per cui se cedeva in questioni d'interesse personale, non mai piegava con danno della pubblica cosa : virtù questa che a molti pare oggi difetto. Con tanta elevatezza di carattere, e con sì nobili propositi ammiratori ebbe molti in segreto, anche tra quelli che pareva lo avessero in pubblico disdegno. Non oggi; la storia dirà un giorno in provincia quanto valida gli sia stata quest' ammirazione in un gravissimo pericolo della sua vita. Così ad altri valesse 1' esempio. Addio Carlo, salve anima benedetta ! Se, come immaginò la lieta fantasia dei Greci, le ombre nell' Eliso continuano nei ludi e nelle opere delle quali più si dilettarono in vita ; se, come ho ferma fede, il cielo cristiano non è un immenso asceterio dove 1' anima, dimentica di ogui passato affetto, si sprofonda in una fredda meditazione del soprannaturale teologico e casuistico, mi è dolce immaginarti ora in lieti colloqui co' tuoi cari, e ragionare con loro assai degli amici e della patria, governato dall'eterno amore che affina tutti i legittimi amori. Rida altri di questa apoteosi. Noi no, e come tutti i deboli, ci rifugiamo in questa grande idea, in questa incrollabile fede d'uua perfetta giustizia superiore a tutti i piccoli interessi, a tutte le paure, a tutte le vanità della terra. Tante cose si mutano; la storia registra tante vicende e permutazioni ; solo una cosa rimane ferma, incrollabile nella coscienza del popolo : 1' affetto a Dio, alla famiglia, alla patria. Guai a chi osa attentare a questo sentimento ! in ogni evento in ogni età Carlo Combi avrà un culto fra noi ; un culto severo, una religione soda, persuaditrice, senza spavalderie e inutili lirismi, d' una speranza forte, e di quella valida concordia che non si giura solo tra i bicchieri nel fervore d' una festa, ma che dura salda anche nella prosa del quotidiano lavoro. Raccogliamo adunque in ispirito le ceneri dei nostri poveri morti, meglio che tra gli aduggiamenti de' piccoli campanili, in un unico e grande Panteon nella capitale della Provincia, sotto la guardia della sacra alabarda. P. I. DIGRESSIONI*) Serbiamo a' posteri il monumento ! *) Serbiamo con ogui cura tutte le sacre iremorie attestanti la nostra civiltà che ancor ci rimangoio delle tante che andarono disperse e perdute ! Sia questo per noi dovere imprescindibile — ora più che mai. Don imitiamo i nostri maggiori, che non sempre pensirono ai nepoti ; ma siamo più generosi di loro. Non dirò che la Colonna si trasporti in altro sito della città più centrico e più propizio alla sin conser- *) Vedi gli articoli 20, e 21 La colonna di Santa Giustina ecc. vazione, ove sia meno esposta, se non altro, ai continui afflati marini, che, senza contare le altre offese, già la ridussero a miserando stato. Ma almeno facciasi in modo che non sia d'ora innanzi fatta bersaglio così agi' insulti de' monelli e piccoli e grandi. Proibisca il Municipio che si ammucchino a di lei ridosso e pietre e sabbia e calce e letame, man mano che se ne scaricano le barche. Incingendola d'una ringhiera s'impedirebbe facilmente che detti monelli con nessuna riverenza depongano a lei d' attorno il soverchio peso del ventre e della vescica e che, quando manchi loro un soldo per comperare il piombo alla lenza, sgretolando, si servano di quello, che avrebbe dovuto tenere uniti i vari pezzi. A ciò specialmente si deve attribuire il fatto che la base della Colonna sia peggio conservata delle altre parti e che il fusto penda già verso ponente. E taluno di questi monelli vid' io arrampicarsi fin sul capo della statua, che ben meriterebbe eh' ella si movesse e ne li scaraventasse giù in mare. Ma, se non altro, dovrebbesi rinnovarne almeno la base ed il dado, che presenta una visibile fenditura, o almeno incidere di nuovo le iscrizioni, anche così come sono conservate. Tradizione popolare intorno la Colonna 2) Dico la tradizione dotta del paese. Bensì indagai anche quella del popolo ; ma ogni risultato compendiasi in queste parole di colore alquanto oscuro, che udii una sera — quando al chiaro di luna mi fermai per dare ancora un' occhiata scrutatrice al monumento, come soleva ogni volta che passassi di là, ed essi ebbero a vedermi e si avvicinarono —, un dialogo che seguì fra me, un popolano, un barcaiuolo e un falegname. Domando io : Come intende vualtri 'sto CoIona co'' de sor a 'sta statua? E'1 primo dei tre: Bogna che la sepia, sior mio, che 'sta qua se dama la statua de la Justissia. Mi glie disarò come die xe sta. Perchè una volta . ... , ma assai assai tempo avanti, qua i feva la justissia ; ma no questi de adesso .... Qua i glie n' à fusilà anca sete in tuna volta, conteva mio nono. E glie dovarave esser in sima anca i nomi de quei che xe stai fusilài. Ed io : Farsi i venessiani ? E lui : No, no, avanti ancora ... co qua jera i greghi : alora qua vigniva i siori e qua i judicheva e i condaneva e qua i feva justissia. E per questo xe ''sta statua, che se dama la statua de la Justissia. E 1' altro, ancor più addentro nelle segrete cose : Cossa a se pensa ! No soto i greghi — i greghi no jera mai qua —, ma co se jera soto i goti: a Paugnàn i 1veva la ressidensa e qua jera ì isola de Capraja, che jera soto de lori; po' i romani Và deliberada. — Ma nualtri, 'sto CoIona che xe qua, la disemo anca santa Justina e co volemo andar in tera, per saverse regolar, disemo : andeiuo a santa Justina e intendemo 'sto sito che xe qua e ''sta coIona. Io : Ma 'sta coIona ga poco più de tresento ani ! E '1 falegname, quasi canzonandomi : Tresento ani! Altro che tresento ani! Xe scrito Pàlade in sima! . . . Povere memorie patrie ! — Nessuna meraviglia quelle più antiche, se queste così recenti ronzano pelle teste del popolo talmente confuse ! Confuse : chè non pensano già sia stata spregevole la storia nostra antica, quando si compiacciono così di conoscerla. —- Ma una cosa emerge chiara dallo storico dialoghetto meglio che da un grosso volume d' altre parole : la necessità urgente che persona ammodo si dia a comporre un manualetto di storia del nostro paese — anzi ogni città, ogni borgata dovrebbe avere la propria —, storia popolare nel vero senso della parola, scritta in buono italiano, iu istile facile ed efficace ad un tempo, che faccia risaltare i fatti più eloquenti e più educativi della mente e del cuore, da cui apprenda il popolo a conoscere ad ammirare ad amare il passato, affé, non inglorioso, acciocché da quello ispirandosi tenga maggiormente viva la fiaccola della indigena civiltà latina e ne sieno attutite le stupide velleità e le spavalde pretese di certi nuovi mestatori fin ieri dormiglianti nella rozzezza, funghi dopo 1' acquazzone — un mauualetto di storia che tutti possano acquistare per pochi centesimi, che leggano tutti in vece del Guerrino e de'Beali di Francia. Tanto più, visto, per dolorosa confessione dello stesso autore, che i popolani, i pescatori, gli artieri nostri nou anno il beneficio di potersi illuminare con quel gioiello eh' è la Descrizione dei paesi ove abitano i croati -■- che titolo fantastico! — dell'esimio Dr. Klaich — v. VIstria di Parenzo, Gli slavi meridionali ecc. Ili 121 sgg. —. Ormai chi si assumesse il còmpito che dico, la via gliene sarebbe agevolata dalle faticate opere dei Combi, dei Franceschi, dei Benussi, di altri non pochi. La Colonna della Giustizia sulla piazza del Brolo maggiore. Il Brolo piccolo 3) Il luogo indicatomi dal Luciani nella lettera citata è del capitolo IX intitolato : Religione degli, antichi Istri e Romani dopo eh1 Egida fu fatta loro colonia, che va da pag. 9 a 30 — numerazione recente —. L'ordine della materia da pg. 15 a 23 — di cui quattro, 17 a 20, 3ono interpolate —, dove si viene a parlare e si dà il disegno della Colonua, a cui allude il Luciaui, è molto confuso ed incerto, con pentimenti e ripetizioni in altra forma, che non mi ci volle poco a raccapezzarmi, nè so altrimenti renderne conto che riportando quasi per intero i brani. A pg. 15 tocca della statua di bronzo (!) in alto sul palazzo del Consiglio, il quale sarebbe fabbricato nel sito ove si ergeva l'antico tempio di Pallade, e la statua non sarebbe altra che quella della dea, la quale fa ora figura di Giustizia avente in una mano lo stocco e nel-l' altra le bilance. E sta ora in atto e positura molto differente dal suo primiero essere : poiché invece d'un bel capo corrispondente alla simmetria e delicatezza primiera del corpo, le si vede di presente una testaccia con mani posticce molto mal acconce per qual si sia di queste deità. E segue a pg. 16 il disegno della statua con la iscrizione famosa — v. il Kandler nell' opuscolo per nozze Sulli nomi dati alla città di Capodistria, 1866, pg. 11 — di sotto: PaUadis Acteae fuit hoc memorabile saxum . . . , di cui i quattro ultimi versi riempiono il principio della pg. 17 e son riportati un' altra volta a pg. 21. — A pgg. 17, 18 — mutata leggermente 1' ortografia e la punteggiatura e sciolto qualche nesso che v1 è — continua così : In alcuni manoscritti del Muzio, lasciati per memoria ad posteri, si vede essere stato anco sopra il monte di Sennino un altro tempio di questa deità. E dice essere stato a punio dove ora s'attrova la chiesa di s. Giorgio. Da che prese giusto motivo d'esaltar grandemente la pia intenzioìie dì que' suoi primi fondatori, che la eressero, dicendo che molto bene e saggiamente anno pensato di sostituir ad una dea guerriera un cavalicr di Cristo. E chi sa non vi sia stata quella Pallade eh1 anco a' nostri giorni si vede, eretta sopra una maestosa colonna nella piazza, del Brollo. Chè, sébben nella base leggasi certo elogio volgare, che par le venga a levare il credito cV essere stato idolo dei gentili, appresso tidtavia gV intendenti poco o niente rileva, per essere caratteri recenti, scolpiti per occultar qual si sia indizio di gentilesimo e farla credere vero simulacro della Giustizia. Di questo parere si vede essere stato anco monsignor Morari fu vescovo di Capodistria, prelato molto intendente e versato nelle | notizie più distinte portate di questa città a monsignor Tomasini. Così pure noi teniamo ad avvantaggio che così la Pallade del Pretorco come questa del Brollo, rimaste lungamente neglette e calpestate, fossero ambi ad un tempo erette: quella del palazzo per denotare non solo V antico sito, ov' ebbe tempio, ma lo stesso palazzo della ragione ; quest' altra per additare a' malfattori — le cui ignominie e sentenze capitali sogliono a' piedi eseguirsi — che la giustizia per loro è quel marmo inesorabile ed inflessibile. — Segue nella pagina stessa il disegno di questa Giustizia. À i capelli spioventi per le spalle, un manto la ravvolge tutta fino a' piedi, colla mano del braccio destro piegato verso il petto impugna una spada, il braccio sinistro à via disteso. E portata da una colonna, sul cui dado, nel disegno alto cm. 3 e largo cm. 2 circa, v' è l'iscrizione : GIVSTITIA POSTA IN ALTO MIA FIGVRA 7 Lo zoccolo di forma circolare à quattro gradini. — A pg. 19 continua a dire d'una piccola statua di Pallade in Ironzo che monsignor Morari sunnominato ebbe occasione di riconoscere sopra un altare della chiesa di Co-vedo ivi posta da quei rustici in luogo d' una imagine sacra. Di quest' idolo non sa che sia successo poi, ma ne trie il disegno d'infra gli scritti di monsignore — disegr.o che si vede a pg. 22 dopo il brano qui sotto dalla ig. 21 — e conclude con la nota: Sèguito la Fallace del Brollo. — Poi rifà dunque a pg. 21 il brano surripo-tato — al quale è dato di frego e al disegno della Giustizia insieme — lo rifà in questa forma, se non sia scritto prima dell' altro : In alcuni manoscritti del Mudo, lasciati per memoria a' posteri, si vede essere stato anta sopra il monte di Sermino un altro tempio di questa dea. E dice essere stato a punto dove ora s1 attrova la chiesa di s. Giorgio, collocata nella sommità del colle. Da che prese giusto motivo d* esaltar grandemente la pia intenzione di que' suoi primi fondatori, che la etessero, dicendo che molto saggiamente ànno pensato di sostituire ad una dea guerriera un cavalier di Cristo. E chi sa noti sia stata quella Pallade, che fu da monsignor vescovo Morari ritrovata e riconósciuta sopra un antico altare a Covedo e trasmessa V anno 1643 in disegno con quest' altra della città a monsignor Tomasini nella seguente forma e portamento. E se glie a pg. 22 il disegno dell'idolo, copiato da quello di monsignore, come ò detto poco più su. Ma pure quest' ultimo brano è cassato a cominciare dalle parole : e riconosciuta fino alla fine. Non pare nel disordine rispecchiarsi l'incertezza delle notizie e la peritanza del metterle in carta e la lotta insomma fra la buona intensione di aggiungere nobiltà alla patria e la coscienza che si ricusa di me-schiare il falso a qualche cosa di vero che pur c' è in fondo ? Le sono pietose invenzioni dei nostri vecchi — v. Kandler opuse.- c. pg. 9 sgg. —. E dunque la Colonna della Giustizia o Berlina quella a cui allude il Luciani nella 1. c. E già chi confronti il disegno che di essa ci lasciò il Petronio con quella di Santa Giustina, di cui più sotto darò la descrizione, di leggeri si convince P una non essere 1' altra non solo ; ma ancora che quest' ultima non è neppure una trasformazione di quella con le aggiunte e correzioni necessarie, come a bella prima fui inclinato a credere io stesso sì dal fatto che il popolo — v. digressione 2 — continua a chiamare la Colonna di santa Giustina pure Colonna della Giustizia e sì dall' affermazione dell'ingegnere Bratti iu un parere che avrò opportunità di citare poi: ,L'idea complessiva di quel monumento essere, eh' ei fu messo insieme con pezzi ritratti da monumenti posteriori, ad eccezione della statua., la quale sarebbe -stata eseguita appositamente." E ad eccezione del capitello, bisognerà aggiungere, quand'io lo avrò descritto insieme coi simboli, di cui va adorno. Che se pezzi e-terogenei adunque s'impiegarono ad ergere la Colonna di santa Giustina — di che dubito forte — essi furono presi da tutt' altri monumenti che quello della Giustizia. Ne sono prova i fatti : che la Colonna infamatoria, come s'è visto, esisteva al tempo del Petronio, nel 600 dunque, e vedesi indicata in sulla pianta di Capodistria disegnata dietro incarico del Podestà Bernardo Malipiero nel 1619 da Giacomo Fino, della quale esiste copia al Municipio — che la ricorda anche il Naldini nell'op. cit. pg. 10 come esistente a' tempi suoi — eh' ella era in piedi, secondo narrano i vecchi, nel sito dal Petronio e dal Naldini e più precisamente in detta pianta indicato, ancora non molto addietro, fino al 1807 — che finalmente n' è salvo tuttavia il fusto ; ma 1' altra di santa Giustina e la trovo ricordata in documento del 1576, che citerò poco appresso e riporterò per intero, e sorge oggi stesso intatta. Quanto al nome, a sentir chiamare la Colonna di santa Giustina anche della Giustizia — v. digressione 2 — io credetti da prima, quando non sapeva ancora dell'esistenza della seconda, a scambio e corruzione di nomi, facile ad avvenire nel popolo, senz' alcuno ragionevole fondamento. Ma in vece il fondamento c' è nel fatto appunto eh' esistevano contemporaneamente ambidue le colonne. E allora furono ben distinte col nome a ciascuna proprio. Poi, vedutosi il popolo scomparsa I' una, senza più distinguerle, il nome della scomparsa aggiunse al- | 1' altra che rimase, e la somiglianza di suoni rese agevole lo scambio, quest' ultima dicendosi oltre che di santa Giustina, anche Colonna Giustiniana, come si vedrà dal documento accennato. Nè bastò ; ma s' è veduto che pur le memorie che serbava annodate all' abbattuta, anche di queste il popolo ricinse la superstite. Taluni tuttavia, i più vecchi, continuarono a chiamarla eoi suo vero nome di Colonna di santa Giustina, non dimentichi del fatto glorioso eh' ebbe dato occasione ad erigerla. Perchè, chi noi ricordasse, s. Giustina cade ai 7 d'ottobre, anniversario della vittoria di Lepanto — 1571 alle 3 pomeridiane —. Come noto sopra, il fusto della Colonna infame si conserva tuttora — men fece accorto il Pusterla — adagiato da canto all'edificio del fontico nella piazza del Brolo. Lo misurai: alto metri 4.23, diametro all'estremità inferiore 0.55, alla superiore 0.50. A un terzo circa dell' altezza un bassorilievo assai languido e offeso rappresenta un leoncino di s. Marco, fiancheggiato a destra da uno scudetto a forma di mandorla sul quale una faccia d'uomo radiosa di raggi alternati diritti e ondeggianti — figura della quale mi fermerò a lungo a parlare in altra digressione —, a sinistra da altro scudetto di simile forma, partito, con cicogna nel fianco sinistro : i colori non sono indicati. Questo dalla parte del fusto che si vede ; per sapere se vada ornato d' altri simboli, bisognerebbe smuoverlo un po' dal sito ove si trova in sul suolo aderente al muro. Il primo podestà Cicogna — come dalla Serie dei Podestà di Capodistria naW Istria del Kandler VII 35 pg. 159 sgg. — fu un Francesco nel 1515, poi Girolamo nel 1548-49 (?), ricordato dalla seguente iscrizione sul cippo ch'è presso alla cisterna del Porto alto dal suolo m. 0.75 largo m. 0.50 HIER. CI CONIA PR^ETOR • M-D • •xxxxx• ultimo Pasquale nel 1755. E qui sarei tentato di fare alla nostra Società d' abbellimento un' altra proposta. Poiché à ella in animo, secondando l'idea espressa tempo addietro in questo foglio da gentile persona, di abbellire un po' la squallida piazza del Brolo e di rendere utili alle donne e piacevoli all' occhio le due antiche cisterne che vi si trovano — direi che non sarebbe forse malfatto togliere dal suo giaciglio ove riposa negletto e rialzare anche questo avanzo dei tempi che furono nel punto segnato in detta pianta della città: sulla linea stessa delle due cisterne a distanza uguale a quella che v' è fra di loro, ma verso la calle di s. Biagio. La spesa di quest' opera, a mio vedere, non sarebbe poi tanta. (Continua) Storia- ^Patria» Per la salute publica ') I. «Rilevando l'Ili."10 et Ecc."10 Sig.r Bortolo Gradenigo per la Ser." Rep.a di Yen." Prov. sop.a la Sanità in Istria il disordine invalso in tutta la Provincia tangente la fortiva introduzione de Pastori Imperiali, e loro permanenza non meno che le pratiche e negozi cogl' Austriaci e volendo applicar qualche rimedio che vaglia alla distruzi di tali abusi fa col p.nte Proclama publicam.te intendere : Ohe tutti li Zuppani o Capi delle Ville di q.a Prov.a niuno eccettuato siano immediatam.16 tenuti radunar i comuni ed a suono ài Campana a martello far fermar tanto li Pastori Imp.li che presenti s' attrovano introdotti in qi Stato da un Anno in qua e che s' introducessero in avenire senza la solita Contumacia da esser destinata dalla n.ra Carica, che quelli altri sudditi Austriaci ch'in qualunque tempo sorpasseranno per i loro affari la linea e qlli ben assicurati farli passare nelle Prigioni di quel Pub.0 Rapite a cui fossero soggetti da esser trattenuti a n.ra disposizi Li patroni degli Animali che ricovrano li Pastori Imp.li soggiaceranno alla perdita delle loro mandre ed a quelle altre pene ad art».0 etiam della Vita che da noi saranno determinate per lo che dovranno pure li Zupani o capi delle Ville notificare a qi Carica li nomi e cognomi de P."1 che contrafacessero il p.nte ordi" nro. Mancando a questi essenzialissimi doveri li Zupani o Capi ined.mi avranno a render conto con la loro vita e robba e per rilevare se li stessi adempieranno alle loro parti sa; anno admesse de-noncie segrete contro quelli che mancassero et al Denontiante oltre 1' esser tenuto segreto li saranno corrisposti D.1 20 degli effetti e dinari di quel Zupauo o capo che sarà querellato di non aver eseguita qi nra Pub.a premura. Tenendo a Pub.ci Rapi consegnati dai Zu-pani villici retenti per tale materia saranno tenuti farli passare nelle loro pregioni et inmediate partecipare la Carica n.ra per poter divenire alle consentanee deliberazioni. Avrano pure d.1 Pub.ci Rapi a far estraer tante copie del p.nte quante che bastino a farlo publicare in ogni villa della loro Giurisdizi e del- ') Proclama e dispacci diretti al capitanio del Castello di Piemonte, dal cui archivio sono tratti. G. V. — Portole. l'esecuzione rescriverci con 1'anotaz.' delle Ville e gi° in cui fossero seguite le Pubi.1 onde in o-gni tempo li Zupani non abbiano ad esser all' o-scuro della p.nte n.ra Volontà! Il p.nte sarà publicato in q.° loco e trasmesso a tutti li Pub.1 Rap.nti per l'effetto sopres.0 e perchè abbiano a farlo republicare in ogni g.° di Domenica del mese in concorso del Popolo restando ingionto pure a tutti li Parochi delle Ville il re-publicarlo come sop.a a chiara intellig.a d' ognuno in pena de D. 100 da esser levata ad ogni Pa-roco o Can.e che trascurasse la presente incombenza, Dignano li 8 Novi 1715. Bortolo Gradenigo P. S. la Sanita. II. Sp.tì et Dil.° Nro. Nuovi e molesti emergenti hanno persuaso il Mag.0 Ecc."10 alla Sanità a bandire assoluti la Schiavonia e la Crovatia e sospendere dalla libera pratica 1' Albania, Dalmatia, le Isole del Quarner, Fiume, Buccari, Buccavizza et altri luochi di quella Riviera Austriaca. Avi-siamo però la Spi Vi di questa deliberati acciò usiate ogni diligenza perchè in coteste parti e nella sua Giurisditi non sia contravenuto al bando sud." ne permesso l'accesso a Persone, merci o robbe provenienti da Luochi Banditi, come pure non siano ricevute, se non con le fedi Persone o robbe che procedessero da luoghi sospetti. Di che resta per deliberati di S. E. d.° 1' erezione de Restelli alle frontiere verso la Crovatia e Schiavonia sud. con 1' oggetto che da colà et altri luoghi sospetti non s'introducano Persone o merci nello Stato. V. Sp.a in consonanza si farà erigere al confine e dove credesse necess.0 a difesa del V. Territ.0 e della Prov.a facendo otturare e tagliare le strade che fossero reggie, destinando guardie a Restelli dove ne fosse bisogno, di maniera che resti sempre impedito l'Ingresso nel Dominio a qualunque procedente da luochi infetti o sospetti. Vi aug. fel. Capodi l.° Feb.° 1712. Frane. M. Malipiero Pod. e Cap. III. Spi Dil.° Nro Ci capitano lett.6 del Mag." Ecc."10 alla Sanità colle quali dichiara sospetta la città di Trieste e così pure ogn' altro luogo Arciducale tanto dell' Istria come del Friuli, con obligare alla contumacia le merci e le persone che da tali luoghi proveniranro. Ne avanziamo inmed.6 la notizia alla Sp." V.ra perchè ìd cotesta Giurisdiz." disponga li necessari ordini et anco le Guardie a'confini esiti del bisogno così fra Terra come Littorali che fos-sero giudicate più proprie, perchè resti esseguita con la maggior pontualità la premessa deliberatione del sud.0 Ecc.'110 Mag.0 che di tanto ci incarica con Lette. di 14 corr. pervenuteci nella decorsa notte. Attendendo col ritorno del soldato, per cui espressamente spedimo le presenti, avviso della ricevuta delle med.° et dell' esscquito, aug.mo alla Sp.1 V.1 felicità. Capodistria 21 Ottobre 1710 Aurelio Contarmi Pod.a e Cap.° 2ST o tizi e Togliamo dalla Gazzetta di Venezia: ,11 personale insegnante e dirigente delle scuole comunali di Venezia, addoloratissimo per la perdita di quel benemerito dell'istruzione, che fu il cav. Carlo Combi, volle cogliere la mesta ricorrenza del giorno sacro alla memoria dei trapassati per rendere al caro estinto un tributo della sua affezione e gratitudine. Oggi, dunque, una Commissione formata dai signori Barale Benedetto, Poli Gaetano, Ghezzi Teresa e Bar-biera Teresita, presieduta dal veterano della pubblica istruzione, Giuseppe Ferrari, direttore scolastico, si recava al Camposanto per deporre una corona sulla tomba dell'illustre scienziato e patriota." Venne eletto a vescovo di Parenzo - Pola, il Dott, .^Giovanni Flapp, professore di diritto canonico e di storia ecclesiastica nel Seminario centrale di Gorizia, nato a -Cormons nell' anno 1849. Togliamo dall'isbà 1 Novembre 1884: Siamo lieti di poter annunziare, che il nostro comprovinciale, il Dr. D. Tamaro, è stato premiato testé dal giurì internazionale fillosserico — nell' occasione che si teneva a Torino il Congresso omonimo — con medaglia di bronzo, per la sua Memoria sulle viti americane, e per altri suoi scritti e lavori sulle stesse, e sulla fillossera. Lettere agricole istriane. V. Le istituzioni agrarie, qualora corrispondano alle •esigenze del paese, e gli agricoltori, vi possano attingere consigli, schiarimenti, ed esempi pratici, sono sempre le ben venute ed assai provvida è la loro fondazione. E qui ben volentieri colgo l'occasione, per dire alcunché della Stazione eno-pomologica, provinciale di Parenzo, il cui indirizzo d'oggidì, è inteso appunto a questi scopi. Nè giova qui citare le causa, per le quali, uua tale istituzione, non potè subito da principio abbracciare un orizzonte più vasto ; soltanto dirò, che ora, oltre di essere quella di Parenzo, una stazione puramente sperimentale, vi è già stato iniziato in aggiunta uu corso d'insegnamento, per trarne dei pratici agricoltori in genere. E d' attendersi perciò che in breve vi si procureranno tutti quei mezzi didattici, sia teorici che pratici, che sono necessari, per raggiungere questo scopo. Non è mio compito di enumerare, sindacandoli, i diversi modi cou cui si è estrinsecata fino ad ora, l'attività di questa stazione: la maggior parte del pubblico istriano ne è edotto, per la relazione fatta in quest'anno, dal suo attivo direttore, prof. Hugues; soltanto mi permetterò di esternare pubblicamente, l'impressione che ne ho ricevuta, visitando la detta stazione. Ed innanzi tutto devo dichiarare, che mi furono oltremodo cortesi in codesta mia visita, tanto il sullodato sig. direttore, quanto il suo aiuto, l'enologo sig. Riccardo Callegari, per cui mi sento doveroso di riugiaziarueli sentitamente. Il podere provinciale adunque, è situato quasi nei pressi delle porte di Parenzo, ed è dell'estensione di circa 9 ettari e mezzo, dei quali però, soltanto sei e mezzo circa, sono vigna, frutteto, vivai ed a campi sperimentali di diverse coltivazioni; il rimanente invece, posto sopra una collina rocciosa, è dedicato per uu imboscamento esperimentale. Nei vigneti, quello che attrae maggiormente 1' at-tenzioue, è la lavorazione del terreno, che vieu fatta cogli animali, mediaute un aratro-vigneti, del prof. Hugues. La perfezione con cui vien eseguita cou questo strumento, la rincalzatura e scalzatura delle viti, la facilità di guidarlo, la comodità di poter lavorare cou esso, in filari anche stretti, persino a meno di un metro, e sopratutto visto il grande risparmio, che cou esso si ottiene di mano d' o-peia, ciò che in Istria deve molto apprezzarsi, consigliano di primo acchito 1' adozione di un tale aratro. In Istria in generale, la lavorazione del terreno, lascia molto a desiderare, e ben s'appose la Stazione studiando questo argomento, e cercando di generalizzare per quanto è possibile, 1' uso dei buoni aratri perfezionati, sia coll'istruire degli agricoltori mediante un corso pratico temporaneo, sia mediaute pubbliche prove. L' unico mezzo per rendere popolare questa istituzione agraria, è quello appunto di far comprendere la necessità dell'istruzione, anche nell'apicoltura, alla maggioranza degii agricoltori istriani che ne sono iguari. E per ottenere questo, ritengo senz' altro utilissimi, necessari. codesti corsi speciali, pratici, illustrati da piane conferenze; che per ora si sono tenuti soltanto a Parenzo, ma che verranno praticati anche in altre parti della provincia. come sta nell' intendimento di quei signori. Quale agricoltore auche il più zottico, non finirà dal capacitarsi di una qualunque modificazione in uua determinata pratica agraria, se vedrà che quel medesimo professore che prima ha parlato in una pubblica conferenza, si porterà poi ad eseguirla colla propria mano ? Mettiamo l'aratura, la potatura d' un albero, d' una vite e così via. L'esempio in questo caso varrà per uu intero trattato. Importanti esperienze viticole sono state già iniziate nella stazione; citerò le due principali, quella della concimazione e della cimatura delle viti. Queste due questioni a cagion d'esempio, sono ancora molto discusse, si fa benissimo adunque studiarle, anzi per il modo cou cui sitrattano. potremo avere iu breve dei buoni e pratici risultameli. Il frutteto ed i vivai occupano un buon ettaro di terreno. Quivi sono raccolte 135 varietà di frutta diverse, le cui piaute poi vengono distribuite annualmente, nelle diverse parti della provincia. A Parenzo, per la natura del terreno, si prestano meglio di tutte per l'allevamento, le piante a nocciolo; mentre non è così per le piante a granella come per qualsiasi altra pianta da frutto. Il territorio di Pisino invece sarebbe del caso ; ed è per questo che in quelle località si pensò di farne una succursale, comperando un podere di circa ettari 1 e Due questioni agrarie molto importanti per la provincia, e che ho veduto, seriamente poste allo studio nel podere, sono: quella della coltivazione del maiz e quella dei foraggi. 11 maiz coltivato già da secoli, dà uu reddito incerto, sopra tutto per le varietà che si coltivano, richiedenti un grado di umidità, che raramente si gode nei nostri terreni. È necessario quindi studiare, come si fa appunto a Parenzo. se per avventura couvenisse d'introdurre altre varietà di maturanza più precoce, tali da riuscire a compiere il loro sviluppo vegetativo, prima che si facciano sentire le forti siccità. La ricchezza di un paese agricolo, si desume dal numero di bestiame che possiede. Ora se prendiamo iu esame la statistica indicante il numero dei capi di bestiame, e la qualità esistente ueli'Istria, pur troppo, poco di rallegrante si può dedurre per la nostra agricoltura. Ben convengo, che vi sono anche fra noi dei territori, nei quali, anziché a prato, conviene meglio coltivare i campi a vite e così via: ma se ciò vale per alcune località, non vale altrettanto per la generalità dei territori in cui vige il sistema di rotazione, e per cui è indispensabile di aumentare il bestiame, se si vuole aumentato il reddito. A sciogliere questo problema, prima si presenta la questione del foraggio, ora scarsamente prodotto, sia per la mancanza d'acqua, che per la limitata superficie dedicata a produrlo. A questo scopo si fecero nel podere due esperienze; una che tende a far rilevare, quali delle piante foraggere sarebbero le più adatte alle nostre condizioni; l'altra che esperimenti qual pianta, potrebbe essere a-dattata, per uua produzione intensiva di foraggio. Dalla prima esperienza è risultato, se malo non m'appongo, che la medica, poi la sulla, quindi il mollar, sarebbero le meglio resistenti, quindi le più convenienti per noi. — Le piante a produzione intensiva di foraggio, sarebbero: il maiz da foraggio, il sorgo, le barbabietole, le rape ecc. Di queste vennero esprimentate il maiz ed il sorgo di diverse varietà, ed i risultati sono stati molto promettenti. Da ultimo, giacché siamo a parlare di foraggi, dirò che è stato sperimentato anche l'infossamento dei medesimi. Come è noto, il foraggio ancora verde e specialmente il maiz, viene trinciato minutamente e poi compresso iu fosse, riparato dall'aria e dall'umidità. Questo metodo di conservazione del foraggio, che oggigiorno và molto estendendosi nei paesi più progrediti nell'agricoltura, ha il vantaggio di evitare le perdite di fienagione, di rendere più digeribile il foraggio, di quello che non sia, se ridotto allo stato secco. Oltre poi a tanti altri vantaggi dell' infossamento, ne citerò uuo che per l'Istria credo di capitale importanza; quello cioè, che con esso si fa tesoro dei foraggi più scadenti, dei cascami, se così possiamo dire dell'azienda, come sarebbero foglie di piante, viuaccie ecc. minutaglie tutte, che servono forse per lettiera, se non vanno miseramente perdute. Peccato che annessi al podere, nou si siano potuti costruire tutti gli edifizi della Stazione; cioè la scuola, gli alloggi, le cantine ecc. Per una scuola pratica, quale si ha intenzione di fare quella di Parenzo, sarebbe stato di grande utilità per gli alunni e reso più facile agli "vJhOl>1S'lKfA; Tipografia ai tarlo Priora. insegnanti, il loro compito, quando si fosse potuto concentrare tutto in uu sito; pur troppo però, rispetto alla malaria fa giuocoforza la discentralizzazioue. Ho veduto, che si stava riattando uua casa in Parenzo, dove saranno riuniti gli uffizi ed i laboratori della Stazione. e con essi il convitto e la scuola. Dell' insegnamelo impartito fino ad ora, sarebbe presunzione la mia di parlarne; sta bene di rilevare che quest'anno è stato un anno di prova, e che quattro soli erano gli alunni inscritti. L'istruzione si concentra specialmente a fare dei buoni pratici di campagna. E sta benissimo; forse col tempo si potrebbe introdurre un po di contabilità — il che non solo non guasta, ma è indispensabile, par un fattore — di computisteria, di lettere, tanto da saper fare una quitanza per esempio, una proposta di nuovi lavori — e così via. Che se gli alunni vengono digiuni affatto o quasi di lettere, s'impieghino le serate d' inverno a digrossarli presso uua pubblica scuola serale di città, poi si continui coli'istruzione uel-l'istituto. Sarei ben lontano dal proporre, di sciupare lungo tempo, colle belle lettere, o con l'esposizione di scienze che presuppongono una ben incominciata coltura ; ma d'altra parte non si potrebbe rilasciare uu documento qualunque d'idoneità ad un giovane che esce da una Scuola anche pratica d'agricoltura, senza che sappia fare un conto di opere, che sappia tenere un libro di amministrazione, che sappia ideare un fabbisogno di lavori campestri, e così via. Avvegnaché tutto ciò sia in oggi assolutamente indispensabile, per uu contadino anche volgare. Voglio credere adunque, che la praticità della Scuola agraria di Parenzo, nou la si spingerà fino al punto di non curarsene affatto, di quauto ho qui esposto. I giovani che usciranno da codesta scuola, devono esercitare una salutare influenza iu paese; ma qiuesta influenza rimarrà molto circoscritta, se nou saranno capaci d' altro, che di disimpegnare i lavori manuali ; per ciò fino ad un certo punto, è necessaria anche l* istruzione letteraria, senza la quale ornai, non è possibile la vita. Non ho certamente in mira di criticare 1' attuale istruzione, ch'io non conosco; ma di rinvigorire, se mai possibile, le stesse vedute della direzione. Su questo stesso giornale, due anni or souo, (A 1882 N. 17) ebbi ad esprimermi nel seuso, che uella Stazione esprimentale vedeva l'embrione di uua Setiola, la quale dovrà preparare uon soltanto dei buoni enologhi e pomo-Ioghi ma anche dei buoni agricoltori, istruiti cioè per tutte quelle coltivazioni che sono proprie dell' Istria. A questo difatti tende la direzione della Scuola ed il sigu. direttore vagheggia di estendere il podere, o.ide avere auche dell' aratorio-, come è intento di procurarsi tutti i mezzi didattici attinenti a questa istruzione. E di ciò gli va data debita lode, come devono essere secondati i suoi piani. Un ultima parola sulla eautina, che è di recente costruita e in cui si tiene, oltre cento qualità di vini, ottenuti dalle viti del podere, dalla sua fondazione in poi. Importanti e molto istruttive, sono queste raccolte di vini, i quali per la perfezione con cui souo stati fatti, ci dimostrano le eccellenti qualità di vino che si possono ottenere nei nostri territori, come pure P attitudine a poter essere conservati, quando si ha avuto cura di confezionarli e mantenerli razionalmente. D. Dr. F. Y'iwtró Madotii/.za — Antèo ùravisi e tilt, e rédat. responsabili.