ANNO Vili. Capodistria, 1 Dicembre 1874. N. 23. LA 4 t riornale degli interessi civili, economici, amministrativi DELL' ISTRIA, ed organo ufficiale per gli atti della Società Agraria Istriana. Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-Irimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso I Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. \tti ufficiali delia Società agraria istriana. Pubblichiamo eoa piacere la favoritaci lettera scritta da Klosterneuburg dal sig. Leopoldo Slocovich, il quale accettando l'incarico dalla Presidenza di questa Società agraria, vi si portò per prendere cognizioni degli studi ed esperimenti che fan nosi i colà sulla Phyloxera. ' • " " (La Red.) Klosternenburg li 13 Novembre. Carissimo Dr. d. S. I Fedele alla mia promessa, Le invio mie nuove, d alcuni dettagli su quanto ho potuto sin ora osservare in questo grandioso Istituto Sperimentale, ed in specialità ciò che riguarda la malaugurata Phyloxera. Insinuatomi alla spettabile direzione enologica, ìbbi da tutti cortesissima accoglienza, indicazioni dettagliate e gentilezze moltissime. Nou tardai di passare all' accurato esame della Phyloxera. Per verità, se si pensa che questa è soltanto mia delle innumerevoli specie che compongono la classe intera degli insetti, la cosa può apparire di poco conto; ma se si prende a considerare che questa specie è un oste nemica, congiurata a' danni della sola site, la quale non è pianta nè grande nè robusta, e se si riflette alla sterminata fecondità di questi insetti, la cosa acquista un aspetto spaventevole, per chi ha ragione d'allarmarsene. Imperocché dalla metà di Marzo fiuo ai primi di Novembre vi si possono succedere otto generazioni, abbisognando ciascheduna, dalla nascita e percorrendo i suoi tre stadi sino al completo sviluppo, lo spazio di tempo di circa un mese. Ciò premesso, ed ammettendo, da quanto fu osser- vato, che ogni femmina in medio emettesse venti uova, si aTrebbe da una prima femmina dopo otto generazioni una discendenza di migliardi d'individui. Ma prescindendo da calcoli fatti a cifre, e non disconoscendo però la spaventevole progressione geometrica come si propagano gl' insetti, a ognuno riescila chiaro, qualmente i danni appena percettibili in primavera, possano diventare in autunno disastro spiegato ed irreparabile. La Phyloxera è di colore arancio piuttosto vivo. Ha il corpo di forma ovvidale alquanto larga, con la parte posteriore più o meno carica, sei file di tubercoli lungitiidinalmente sul dorso, la bocca in forma di succhiatoio che adagia sul petto, sei piedi, due antenne e qtföAro ali come mosche,, due d^Ig. QUiìli piccole £ due più grandi. Le femmine adulte sono per lo più senz' ali, sono luughe ire quarti di millimetro o poco più e larghe quasi mezzo millimetro. Fui assicurato da quest' esimio signor Barone Babo che le Phyloxere fanno le ali nei mesi di Luglio ed Agosto, che si compiono nello spazio di sole sei ore; che questi pidocchi alati volano soltanto nelle ore calde pomeridiane ascendendo in massa; e fu dato al sig. Dr. Rössler in uu dopo pranzo del decorso estate di prendere sotto il cappello moltissime Phyloxere che volavano in colonna vicino a lui. Le Phyloxere giovani che nel verno stanno sparse sulle radici, e nella profondità fino a un metro ed anche due, poiché furono rinvenute fiuo a dove si e-stendevano le radici delle viti, divengono a primavera tanti centri di nuove famiglie, che di continuo si moltiplicano; ma dopo che le radici tormentate da milioni poi da migliardi di punture finalmente periscono, le Phyloxere le abbandonano e risalendo verso il tronco sulle parti ancor vive, vanno poscia ad invadere le viti vicine, e così proseguono, sempre moltiplicandosi, la loro opera di distruzione. Da quanto si ebbero notizie sicure, la Phyloxera non è ancor penetrata in Italia, ma per questo nou cessa di essere pjr noi una minaccia la prospettiva, sia più o meno lontana, di tale calamità..... La vigna modello è poco discosta dalla città verso meridie ed è posta parte su collina dolcemente inclinata verso levante e meridie, parte in piano, ri- parata da settentrione dal dosso della collina stessa. Chi l'avrebbe mai pensato, che dopo quattordici inni di applicazioni e di studi, e dopo introdottevi le più acconcie migliorie, per cura indefessa di questo intelligentissimo Direttore Barone Babo, oggi la bellissima vigna presenta il triste quadro della distruzione. Un vigneto, di oltre a otto jugeri, di viti ben curate e vigorose, che l'anno scorso diedero pieno prodotto ; un assortimento di oltre a settecento scelte qualità di viti provenienti da tutti i paesi vitiferi, ora, per ovviare le temute devastazioni, manomesso allo sradicamento totale. Le viti divelto vengono accatastate, abbruciate, ed in ogni buca scavata viene versato un quinto di litro di solfuro di carbonio per distruggere quanto di superstiti insetti potrebbe esservi sotterra. Nel detto terreno verrà in primavera seminato tabacco e così due anni di seguito. Un rimedio pratico, cioè economico ed efficace per distruggere l'insetto devastatore non è ancora ritrovato per quante si fecero prove razionali e tentativi fortuiti. Lo zolfo, l'acetato di piombo, il pozzonero, il solfato di rame, il solfato di ferro, l'acido cianidrico, la fuliggine, i residui di polvere di tabacco, il cloruro di calcio, la decozione d'aglio e la soluzione molto allungata di sali arsenicali, non diedero effetti soddisfacenti, anzi 1' acido cianidrico fece perire le viti prima ancora che morissero le Phyloxere. Il sullodato sig. Direttore mi disse che le uova di quest' insetto perdono la vitalità, esposte di sotto allo zero come pure di sopra al 50° E. Barbatelle o tralci non vennero da qui spediti in Istria; pochi a Fiume, Trieste, Gorizia, Kronberg, Eussig e Cormons; ma fui assicurato che nel vivaio di spedizione di quest'istituto (come ocularmente mi persuasi) posto in un amena isoletta del Danubio ove le viti prosperano per eccellenza e vengono attentamente osservate, non s'ebbe mai segno per trn r vi il minimo sospetto. Quest'isola poi viene artificialmente allagata ogni primavera nel tempo della calma per due o tre settimane, che è l'unico modo sicuro di preservarla immune da cotesti insetti. Da questo lato pure non è da temersi che vi fossero state spedite viti affette dalla Phyloxera. Io ritengo che in Istria siamo abbastanza lontani per dover temere da vantaggio di questo flagello; tuttavia conviene stare all' erta e vigilare attentamente sugli indizi d'infezione. Nel primo stadio della malattia la vita non presenta al di sopra del suolo nessun segno rimarcabile. D' ordinario si osserva solo nel secondo anno come lo sviluppo della vite proceda più lentamente di confronto alle altre vicine non ancora attaccate dall'insetto e-dace. I singoli tralci ne sono un po' più corti, 1' uva matura più lenta, e più presto intristiscono e cadono le foglie. Nel terzo anno la virtù deleteria dell' insetto si appalesa ben manifesta. Lo sviluppo della vite è tardissimo, il legno ne è molto debole, i grappoli pochi e piccoli e non giungono quasi mai a maturazione; ed i nuovi tralci si arrestano a metà dello sviluppo, come delle viti colte e danneggiate dal gelo. Le viti che presentassero simili caratteri vengono all' istante estirpate dal tronco sino giù nelle radici, con tutt' accuratezza. Di fronte adunque ad una questione tanto grave e che presenta tanti punti d'interrogazione sono da tarsi le raccomandazioni, quali anche in un rapporto furono fatte alla Società d'Agricoltura in Vienna ; cioè, di propugnare il divieto assoluto dell'importazione di barbatelle di viti da qualsiasi paese, potendosi propagare da ciascun viticultore le buone qualità indigene senza cercarne d'altrove a rischio di rovinare sè stessi ed i vicini; — indi provocare una legge, per cui, venendo contrastata da commissione competente l'esistenza della Phyloxera, sia tosto proceduto all' estirpazione del male con ferro e fuoco, previa stima giudiziale di tutte le viti di quel dato circondario, onde indennizzare i proprietari da pubblico fondo. Al mio ritorno potrà Ella ed altri vedere e radici ed insetti preparati e conservati in vetri che porterò meco. Ella può comunicare a chi crede questi pochi cenni, ed io non mancherò di fare più estesa relazion e alla Presidenza della Società agraria...... tuf^WU fr^AMfrj J BIBLIOGRAFI!. Notizie naturali e storiche sull' Isola di Veglia compilate dal dottor Giambattista Cubich Fisico distrettuale, decorato ecc. ecc. (Trieste Stab. Tip. Ap-pollonio e Caprin 1874. L'opera che registriamo con piacere qui sopra si raccomanda da se e pel suo contenuto e pel suo Autore. Finora non è venuta in luce che la prima dispensa di pag. 48, ma l'autore stesso ci fa sapere nella prefazione che l'opera tutta è divisa in due parti, la prima delle quali contiene le nozioni fisiche, la seconda la storia, aggiuntavi in via d?appendice una terza, che racchiude alcuni documenti non immeritevoli di essere conservati. Questa prima dispensa, la sesta parte circa dell' opera, comprende, oltre la prefazione, i tre primi capitoli e una parte del quarto, il contenuto dei quali è dall' autore indicato come segue : I. Brevi notizie sulla Liburnia. Il Qu amaro, suo litorale, sue isole, divisione e pericoli. II. Dell'isola di Veglia; sua posizione geografica, suoi vari nomi, sua configurazione e dimensione. Opinioni intorno alla sua origine. III. Clima, atmosfera, meteore; tremuoto del 1838. IV. Gradazione e configuramento del suolo. Notizie geografiche ed idrografiche. Perchè i nostri lettori possano poi formarsi un chiaro concetto anche del modo con cui sono trattati gli argomenti proposti, riproduciamo qui sotto la descrizione di alcuni naturali fenomeni e disastri avvenuti negli anni 1836, 1838, e 1841. Naufragio (1836) — Cap. I pag. 20. Descritto il litorale di Fiume, e accennati i colli Cosfcrenna, il Vinodol e il pestilenziale Scarlievo, autore prosegue : „Vedesi quindi nella valle di Uri una chiesetta ii recente custruzione, intorno a cui notansi varie motte di terra, sotto di cui giacciono le vittime del lugubre naufragio sofferto dal traghetto di Portorè il giorno IO Ottobre del 1836. — Dopo cioè un mattino sereno incominciarono a raunarsi fosche nubi sulla sommità del Monte Maggiore che, velando totalmente la faccia del sole sul far della sera, davano indizio certo di Serissima procella. Già i primi soffi di un impetuoso ponente ingrossavano il mare, tinto di luce verdastra, allorquando il leggero naviglio abbandonava la rada di Piume carico di passeggieri e di merci, con gonfia vela, sperando di vincere iu corso la tempesta. Bolliva il fiotto spumante dintorno al medesimo e minacciava inghiottirlo; già le grida donnesche e i lamenti puerili coprivano il fragore della spaventosa bufera, e non pertanto progrediva ostinato il nocchiero, allorché per la prova colmavasi il naviglio, il quale due volte galleggia, poi sparisce. Pochi afferrano la vicina spiaggia, tra cui il Poli, agiato cittadino di Portorè; e qui accadde nuova scena di orrore. Volse egli lo sguardo di nuovo sull'onda, e vide bentosto innalzarsi su quella il volto della figlia pregnante ; spinto allora dall' affetto paterno non tarda |egli a precipitarsi nuovamente tra i vortici furenti, ma indarno. L' ultima ondata mortale già pesa sopra |i' entrambi, e il mare ritiene questa volta la sua preda. Porgendo in questo luogo un vale agli estinti, fa d' uopo ricordarsi che fugace e menzognera è qui Ispesso la calma; che dalle aperte gole delle Alpi Ivicine piomba sovente la morte repentina, inevitabile sull' incauto navigante, e che il Quarnaro, dopo tanti Jsecoli, non cessa peranco di rivendicare le consuete sue vittime." „Terremoto. (1838) — Cap. III. pag. 39 e 40. „L'isola di Veglia non va purtroppo esente da siffatto terribile fenomeno (il terremoto.) — Uno dei più sensibili si fu quello del 1838. Era il 9 Agosto, la popolazione attendeva ai preparativi della solita Sera di S. Lorenzo, quando con un cielo perfettamente sereno, e spirando da greco un legger venticello udi-vasi un lontano rimbombo, che finiva con una scossa gagliarda accompagnata ben tosto da altra di minor importanza. Taquesi improvvisamente la brezza, e la notte passava sufficientemente tranquilla. Al principiar dell' aurora altre tre scosse simili incominciarono a destare una qualche inquietudine ; ciò non pertanto durante il giorno non avvenne altro accidente; il cielo era senza nuvole ed il caldo affogantissimo ; anche il sole aveva qualcosa di tetro, e sul bacino che stendesi innanzi la città di Veglia sorgeva una nebbia giallastra a qualche tesa di altezza, mentre i boschi e la campagna serbavano un silenzio sepolcrale. Cadeva già il sole e allungavansi l'ombre. In un tratto un fragore fortissimo sotterraneo si fa sentire; il suolo traballa in modo così violento da incutere terrore ne' più intrepidi ; si corre dalle case sulle pubbliche strade, e da questo momento la terra trovavasi in un'oscillazione quasi continua. Le scosse precedute dal solito sotterraneo rumore succedevansi a irregolari intervalli e frequenti, il movimento ondulatorio dirigevasi da scirocco in tramontana, e sì allora che 156f? c/ „nei giorni successivi sentivasi nell' aria un sordo ro-„moreggiare continuo come di carra lontane che rotolassero su di un disuguale terreno. Cessava finalmente „la spaventevole meteora, non però così che non si „rinnovasse ad epoche più o meno lantane, nè si ri-„mase totalmente che dopo cinque o sei mesi. „1 danni in città furon poco ragguardevoli, la „cattedrale ebbesi qualche fenditura, ruinò qualche „muro, ed altri vi screpolarono. Maggiori si furono „gli effetti nella campagna, e particolarmente in quelle „località situate a greco e a tramontana. A Castelmu-„schio le scosse furono violentissime, e riunovaronsi „così di spesso, come se una potenza vulcanica sveller „volesse quell'alta sua rocca dalle radici e rovesciarla „nel mare. Le detonazioni da cui erano accompagnate „pareggiavano talvolta il rumore di un cannone di „grosso calibro, e perdevansi nella Buccarizza. Molti „fabbricati, tra i quali la chiesa e il campanile vi „soffrirono. Con egual forza fu questo tremuoto sentito „a Dobrigno, nel cui territorio crollava uua chiesetta, „e così pure a Verbenico dove per lunga pezza ve-„devansi nei muri delle case ragguardevoli fenditure „dall' alto al basso prodotte dalla testé accennata convulsione sotterranea. Nei Comuni di Besca e di Ponte „le oscillazioni passarono quasi inavvertite. Più potente „comparve 1' azione sul vicino litorale di Fiume. Grande „si fu il terrore in quest'ultima città, per cui la popolazione pernottava sui navigli, o serenava allo scoperto e nelle carrozze sulla pubblica piazza. Narrasi „che' nella vicina Buccari suonassero da se le campane, „e che molti edifizt notabilmente vi patissero. Fu parimenti inteso dai naviganti, e ciò eh' è rimarchevole „le isole limitrofe ne rimasero immuni. L'isola di „Veglia però ne fu in altri tempi soggetta, e si fece „l'osservazione che vi comparvero sempre coi venti „boreali." Nubifragio e ruina di torrenti (1841) Cap. IV pag. 46. „Fu nel 1841 la valle di Süss soggetta a un „terribile disastro, per cui poco mancò che la vicina „popolata borgata di Ponte non andasse distrutta. Il „giorno 13 Giugno, dopo un' ostinata siccità, un denso „nuvolone turbinato dai venti meridionali s'infranse „sulle vette del Triscavaz, e scaricò imp:ovvisamente „una tale quantità d' aqua, che precipitando dagli alti „dirupi, nè potendo sgorgare pei soliti canali, trascinò „seco massi di pietre enormi, sradicò alberi, e rotta „ogni barriera schiusesi un nuovo varco nel mare. „Sentì la popolazione di Ponte, appena desta, rombarsi „sul capo il torrente, e trepidò di veder travolte e „sfasciate le proprie abitazioni; che se per avventura „quest'ultime rimasero illese, immenso però si fu il „danno prodotto dalla sbrigliata corrente. Intere valli „coltivate e scavate dalla corrente giacquero colla „messe sepolte sotto cataste di sassi immense, il di „cui sgombro diviene impossibile; così pure viti, alberi, „ed olivi rimasero schiantati, e alcuni tronchi di querce „di dieci piedi, e di una ragguardevole grossezza veti-pero trasportati dall' aqua infino a Besca vecchia. Più „di cinquecento passa di legna apparecchiate al carico „si perdettero nei gorghi del mare. Rimane e rimarrà „per lungo tempo visibile la rovinosa frana, testimonio „dei danni provenienti dall' inconsiderata devastazione „dei boschi." . Finalmente, a rendere più completo ed interessante il saggio dell'opera che annunziamo, riporteremo ancora dalle pagine 37, 38 e 39 una serie di avvenimenti meteorologici assai rimarchevoli e funesti che il chiaro Autore dice di aver tratto da una importantissima raccolta, e più precisamente da alcune Note di monsignor Canonico Antonio Dr. Celebrini. „Nel 1559 fu la state così secca, che dalla festa „di S. Giorgio (23 aprile) a quella di Ognissanti non „vi fu una pioggia sufficiente, di maniera che rimasero „asciutte tutte le fontane, e gli uomini e gli animali „giacevano per le strade prossimi a perire dalla sete. „Restarono quindi distrutte varie contrade, disseccate „le piante di ogni sorta ed abbruciate le campagne, „sì che non vi si fecero biade di sorte alcuna; le vigne „stesse furono distrutte, ne vi si raccolse un sol grano „di uva. „Insorgeva nell' anno seguente la preveduta fa-„me, e perciò la gente incominciava a vendere gli „stabili onde mantenersi, nonché ad uccidere gli ani-„mali, e in breve tempo consumava il tutto per far „danaro con il quale procacciarsi il vitto; nè per la „via di mare potevasi aver soccorso, nè dalla terraferma, in modo che la Mina (sesta parte dello staio) di „frumento compravasi a lire dodici, l'orzo, il miglio a „lire otto di Venezia, e il sorgo e le semole venivano „da quella capitale a lire sei; nè vino avevasi se non „che a lire nove la secchia; rape e verze da nessun „luogo. „Proseguivano severi i destini dell'isola. Nel 1561 „nel giorno di S. Antonio Ab. (17 Gennaio) incomin-„ciò una fiera nevicata, che durò per quattro giorni „continui senza mai interrompere, di modo che periva „il rimanente degli animali, che al solito serenavano, „nè poteva la gente sortire di casa a cagione della „soverchia neve; nell'anno poi susseguente 1562 fu ,l'inverno sì crudo e sì freddo specialmente alla metà „di febbraio, che i fichi, gli olivi e le viti, vi perirono totalmente. L'estate fu quindi asciuttissimo; cen-„toquarantatrè persone si recarono dal Castello di Do-„basnizza ad implorar grazia presso il santuario di „Besca. La scarsezza di biade fu estrema. „Rinnovavasi nel 1763 la ferocia del verno; un „orrido vento boreale scatenatosi li 12 Marzo produsse „un freddo cotanto intenso, che nuovamente quasi tutte „le piante perirono, nè un solo frutto vi rimase. Ai „27 Maggio il vento di borea si rinnovò devastando „di bel nuovo il paese e particolarmente i villaggi di „Sugali e Susana nel comune di Dobrigno. „Finalmente ai 7 di Agosto staccatosi un gruppo „di nuvole dalla parte di Faresine dell' isola di Cherso, „e incamminatosi alla volta di Veglia, lasciò cadere „sulla medesima tanta tempesta, che a riserva di Ca-„stelinuschio ed una parte di Micoglizze superiore, devastò l'isola tutta, sì che non solo le viti rimasero „spogliate, ma calpestate e infrante in modo, che nelle „regioni rimaste illese non vi si fecero 100 barili di „vino. Il danno prodotto dalla rottura dei vetri fu sti-„mato di zecchini cento. Non vi fu poi raccolta nè di „sorgo, nè di miglio, nè di formentone, e quella di „frumento e di orzo fu soltanto mediocre. „Sopraggiunse il terribile 1764, in cui sviluppatasi una fame universale per la mancanza di biade „grosse e minute, e molto più del vino. Se vi fosse „stata (è il Cronista che parla) una provvidenza che „tendesse al bene comune, e non al proprio interesse, „non vi sarebbe successa una carestia di viveri cos „sterminata, da obbligare i miseri abitanti dell'isoli „a vendere stabili, animali, mobili e per fino le serra „ture delle casse e delle porte della propria abitazione! „Una massima parte camminava e cadeva estinta dalli „sete e dalla estenuazione, e molti vi perirono dalla „fame. In quell'anno si vuotarono le casse dei luogh „pii, e specialmente delle laiche scuole, che iuvestironi „più di sessantamila lire dandole a censo. Il pane d „biscotto vendevasi a soldi otto dieci alla libra dagl „usurai; il formento dopo Natale a lire quaranta li „staio veneto; il vino a soldi 9 il boccale, prezzi pei „quei tempi esorbitantissimi. E crebbe la carestia nel-„1' anno seguente. „Nel 1795 invece, incominciando dai 12 Luglio „caddevi tanta pioggia, che non permise in tutta l'isoli „a trebbiare quella poca di biada che si trovava iu „campagna, si che nei covoni, cresceva in modo tali „che fu inutile raccoglierla." X. Il vino e l'Italia. (Bai Bollettino delle Vendemmie.) L'Italia fu. è e sarà, un paese eminentemente agricolo. Se manca di combustibile e di forte inizia-' tiva per diventare una nazione potente nell' industria manifatturiera, possiede però un terreno e un climai per procacciarsi colla produzione agricola, mediante il lavoro intelligente, quanto non le possono fornire al-' tre fonti di ricchezza. Dopo il grano; nfef nostro paese è appunto il vino ciò che rappresenta il maggior cespite di produzione annua del suolo ; ma se il primo costituisce un< prodotto coltivato dal Nord al Sud, nel nostro quantoj nell' altro emisfero; il vino invece che oramai neìj nostro clima principalmente va imponendosi come ge-j nere di prima necessità, costituisce un ramo specia-l lissimo di produzione, che abbisogna per essere di' tornaconto, di particolari condizioni agricole di clima, umidità, variazioni atmosferiche ecc., e non meno ne-* cessarie condizioni economiche, di abbondanza, di capitali investibili nel terreno, di mano d' opera e di facilità di mezzi di comunicazioni, ecc. La coltivazione della vite non si estende al di là del 35° di latitudine, perchè più oltre la sua ve-' getazione non sarebbe interrotta nell' inverno, e il frutto non maturando alla istessa epoca, non permetterebbe una vendemmia ordinaria. Superiormente al 51° questo vegetale non matura più il suo prodotto' all' aperto, anzi già dal 46° la maturazione dell' uva è subordinata a speciali condizioni di posizione, versante ed inclinazione del terreno. D'altra parte alla coltivazione della vite occorre un forte irnmobilizza-mento di capitale e di lavoro nel terreno; troviamo quindi affatto insignificaute la produzione di vino in tutto 1' emisfero australe assai poco ricco e popolato, e nel boreale vediamo per lo stesso motivo che 1' A-mèrica settentrionale produce in tutto un milione di ettolitri di vino assai scadente, meno cioè di parecchi dipartimenti in Francia e di alcune provincie in Italia. Finalmente altri usi, costumi e religioni mantennero in alcuni paesi come in tutta 1' Asia la coltiva- zione della vite in proporzioni minime per non dir microscopiche ; sicché in conclusione la produzione del vino deve considerarsi come un portato della civiltà Europea, essendo limitata questa coltivazione a questa sola parte, anzi più precisamente alla sola regione verso Sud. Non tutti però gli Stati dell' Europa meridionale sono egualmente favorevoli alla coltivazione della vite. In Russia essa è limitata alla Crimea e a poche {daghe della Bessarabia. [.In Germania i geli e le brine primaverili permettono questa coltivazione solo in zone privilegiate e ormai vi è assai poca prospettiva di aumento. In Tuichia vi si oppongono ragioni di religione, di uso, difetto di forza 'produttrice. La Svizzera è troppo montuosa e fredda, la Grecia troppo piccola perchè la loro produzione viticola possa aumentare gran fatto ; sicché le potenze viticole si riducono a Francia, Austria, Italia, Spagna e Portogallo. Vediamone per ciascuna la produzione totale, quella per miglio quadrato di superficie e la quota per ogni abitante: NAZIONI PRODUZIONE ANNUA TOTALE per ogni miglia quadrato per abitante 1 Francia 2 Austria 3 Italia 4 Spagna 5 Portogallo Ett. 62,000,000 „ 32,000,000 „ 30,000,000 „ 25,000,000 „ 9,000,000 Ett, 6459 „ 2832 „ 5581 „ 2717 „ 5000 Litri 170 „ 89 „ 112 * 148 „ 208 6 Grecia 7 Svizzera 8 Turchia 9 Germania 10 Russia „ 4,000,000 „ 1,000.000 „ 6,000,000 „ 3,550,000 650,000 „ 4395 „ 1323 » 952 » 362 6 „ 281 „ 37 * 57 * 9 1 La Francia sta adunque alla testa per quantità di produzione per superficie. Ciò tanto più se non si avessero a considerare i dipartimenti non vinicoli. Seguirebbe poi l'Italia colla differenza però che essa è tutta vinifera; poi Portogallo, Grecia, Austria e Spagna. Se invece consideriamo la produzione per abitante, l'Italia non solo trovasi alla coda di tutti i paesi completamente viniferi quali Grecia, Portogallo e Spagna, ma ben anche d'assai inferiore a Francia, che nulla produce in vino al Nord e poco al centro. Resta quindi dimostrato che l'Italia anche senza pensare alla esportazione ha uu gran vuoto a riempire all' interno, per far entrare il vino come ordinario alimento quale è presso le nazioni a noi vicine e in identiche condizioni di clima, e ciò anche senza vagheggiare, come Guyot, di fornire litri 350 di vino all' anno per ogni abitante. rÀ'Ujj W **€<' .......... ; iJjMWiW0 ^ JSjf Le basi dell' Agricoltura. (Dal giornale Agrario Italiano.) Offriamo sotto questo titolo un corso completo d' agricoltura compendiato in una pagina che venne tradotta da un lavoro del francese professor Nivière per cura di Cosimo Ridolfi, il quale vi premise queste parole: "Vorrei che tutti gli agricoltori, che desiderano davvero di far progredire 1' arte loro, la copiassero a grau cai atteri, e se la ponessero in faccia al loro scrittoio. È la quintessenza della scienza agronomica in una pagina sola.„ Ed è invero una quintessenza che non ha nulla perduto, sebbene bandita sino da oltre trent'anni addietro: conferma questa che le cose buone come le vere invecchiando non iscemano di piegio. Ingrassi. La terra non produce senza ingrassi; dunque è necessario di produrre molti foraggi, che sono i materiali più comuni per formare gli opportuni ingrassi, e di avere molto bestiame per effettuare la conversione dei foraggi in letame. Lavori. Gli ingrassi non agiscono se non sono solubili ; dunque sono necessari dei buoni lavori e delle culture che disgreghino il suolo, mezzi occorrenti per ottenere l'intento; e quindi necessità di buoni strumenti e di animali da tiro in numero sufficiente. Non vi è produzione a buon mercato ; cioè che paghi un interesse sufficiente dei capitali che si sono impiegati per ottenerla: 1. Scelta degli animali domestici. Se gl' ingrassi indispensabili sono troppo cari; dunque è necessario che i foraggi e le paglie consumate dal bestiame producano oltre gl' ingrassi qualche altro valore, come carne, lana, latte, lavoro da dedursi dal prezzo di costo degl' ingrassi, ed è pur necessario di scegliere per far consumare i foraggi, la specie di bestiame che nella rispettiva circostanza e località somministra la maggiore quantità di questi valori secondari. 2. Avvicendamenti. Se non si coltivano che piante le quali prendono tutto o quasi tutto il loro nutrimento dal suolo ; perchè in questo caso, per nou distruggere a poco a poco la fertilità del suolo bisogna rendergli, sotto forma di ingrasso, un peso di materia organica almeno uguale a quello che hanno i prodotti della coltura; dunque è necessario, per economizzare gl' ingrassi, d'intercalare per quanto è possibile fra le colture di piante che tutto prendono dalla terra, altre che molto prendono dall'aria, e che restituiscono al suolo quanto hanno avuto da lui, e spesso ancora lo arricchiscono rendendogli in fine più che non ne riceverono da principio. Se si coltiva in troppo gran proporzione delle piante la di cui vegetazione deteriora la fertilità del suolo, permettendo che lo impestino le erbe nocive; dunque v è necessario d'intercalare i prodotti, che, seminati o piantati a certi intervalli, permettono le energiche sarchiature e dispensano dal ricorrere al maggese; trista necessità del povero agricoltore in paese di meschina agricoltura. Vedesi adunque che a quattro sole basi riducesi tutta la scienza agraria, e cioè : ingrassi abbondanti, lavoro efficace, animali produttivi ed avvicendamento calcolato. Ma qual difficile studio in materia apparentemente semplice ! üU f^f-H* NOTIZIE. Nel comune di Rozzo, distretto di Capodistria, è scoppiata la peste bovina. Furono presi, dicono, tutti i provvedimenti necessarii ad arrestare le conseguenze fatali della terribile malattia. Il Giornale ufficiale del 19 Novembre p. p. Contiene la seguente : Notificazione dell' i. r. Luogotenenza del Litorale, risguardante la peste bovina scoppiata nel Distretto giudiziario di Dignano. Constando da notizie ufficiali lo sviluppo della peste bovina nel Distretto giudiziario di Dignano, trovasi di ordinare, in base alla legge 29 Giugno 1868 (Boll, delle leggi 118) quanto segue: Dal distretto infetto di Dignano è vietata in tutti i distretti del Litorale l'importazione: 1. degli animali domestici di qualunque specie, ad eccezione dei cavalli e dei maiali; 2. dei cascami e prodotti greggi di questi animali tanto freschi quanto salati. Viene eccettuata soltanto la lana che fosse stata evidentemente sottoposta a lavatura di una fabbrica; 3. del fieno, guaime e paglia; 4. di ordigni di stalla usati e di attrezzi di attiragli di buoi, di vestiti e calzamenti usati, destinati pel commercio. Trieste, li 18 novembre 1874. COSE LOCALI. La mattina del 21 Novembre decorso, poco dopo le dieci, una compagnia di baldi giovanetti col tamburo in testa entrava nella nostra città; si diressero in piazza, dove fecero alto schierati in bell'ordine e con giusto piglio militare davanti il loro capitano, e ascoltato l'ordine del giorno ruppero le file. Erano gli allievi della scuola di ginnastica dell'Accademia e del Ginnasio di Trieste condotti dal bravo maestro sig. Draghicchio. Dopo aver girato di qua e di là, si recarono al Ginnasio dove si trova la nostra scuola di ginnastica, e fatti alcuni esercizii, si unirono all'albergo „La città di Trieste" al ben meritato pranzo ! Durante le poche ore di fermata si fecero le conoscenze coi nostri studenti, e all' ora fissata tutti uniti si recarono alla riva dove quei di Trieste s'imbarcarono tra gli evviva più allegri. Evviva Capodistria ! dal vapore, evviva Trieste ! dal molo, evviva gli studenti ! E poi dal vapore partì un ultimo arrivederci in Trieste! Non venne data risposta, da parte dei no- stri studenti, perchè come si fa prendere impegni senza la licenza dei superiori? Ma in cuor loro tutti hanno risposto arrivederci ! Ci vuol tanto poco ! Una bella domenica si fa la levata di buon ora, e due per due, avanti marsch!! Animo dunque. ^VARIETÀ. — Alimentazione dei fanciulli. Da alcun tempo fra gli scienziati francesi si dibatte la questione e com-pionsi studi sui prodotti più idonei ad alimentare i fanciulli. Un recente articolo di M. Dassein, inserito nella Gazette des Hòpitaux, e che noi riportiamo dall'Italia agricola, sostiene che il cibo migliore per fanciulli sia la farina di avena, come quella che contiene più ferro e più sali, massime del fosfato di calce, così necessario al fauciullo. Oltre la notevole proprietà di questa farina, a premunire ed arrestare la diarrea negli stessi fanciulli più deboli, due medici nell'ospizio di Versailles, Dujardin e H.irdy hanno anche constatato che, fanciulli da quattro a undici mesi, esclusivamente uudriti con latte di vacca e farina di avena, migliorarono in media, a un dipresso, quanto i bimbi della medesima età, che prendono latte da sana nutrice. Aggiungasi che, già in Inghilterra e nelle sue colonie, è da molto tempo in uso l'avena nell'alimentazione de' bimbi ; e se la gioventù della Scozia e delle contee è così bella e robusta, lo si deve appunto a quest' uso. Tuttavia la fabbricazione della farina d'av»na richiede molta cura ed attenzione, poiché vuoisi dt-purarla dalla paglia e dagli altri elementi che la sogliono alterare. Per renderla adatta a cibo, bisogna mescolarla con acqua e latte, e farla bollire due minuti circa; essa prende allora un leggero profumo di vaniglia ed un gusto aggradevole al palato de' fanciulli. Manifattura dell' Olio. Il Comitato Agrario di Lecce approvava le seguenti regole per la manifattura dell' olio. 1. Procedere al ricolto delle olive quando sono appena mature, cioè presentano uua tinta vinosa sulla loro buccia. 2. Frangere le olive il più presto che è possibile dopo la raccolta, ed ove ciò non possa farsi, oppure le olive sieno alquanto acquose, distenderle a strati non più alti di IO a 14 centimetri e agitarle spesso, all' oggetto sia di ventilarle, e impedirne la fermentazione ; sia di far trasudare una parte della loro umidità, proscrivendo l'uso delle sciaje o cammini. 3. Convenire la frangitura graduale delle olive e non doversi spingere mai al punto da sfarinare il nocciuolo delle medesime. 4. Comprimere a freddo nei strettoi la pasta, e non per uu tempo lungo, tanto per aver olio migliore, come per fare economia di tempo, ed impedire ugualmente che le olive ammassate o distese possano ancor più fermentare. 5. Servirsi dei torchi a pressione verticale, adoperando o bruscole nuove, o ben pulite e lavate prima di comprimere la pasta. 6. Cominciare ad introdurre la chiarificazione degli olii, la quale per gli olii fini si pratica ponendo 1' olio in larghi e bassi tini a mo' di cono rovescio di terra cotta verniciata o di legno, con tromba per la defecazione degli olii. La chiarificazione si fa o con 1' acqua fredda con la quale possono lavarsi gli olii, o cogli acidi vegetali. 7. Nello spedire gli olii fini raccomandare di deporli in vasi di latta piuttosto che in botti di legno. 8. Che sia adoperata la massima polizìa, sia pella vasca, sia per quello che riguarda gli escrementi degli animali, e le fiamme fuligginose delle fiaccole, sia per le tinozze, nelle quali si deve raccogliere l'olio spremuto sotto i torchi. 9. Far voti che la manifattura dell' olio sia distinta dall' olivicoltura allo scopo di avere buoni coltivatori ed esperti industriali. Co.-v^ JZJjQ / Impiego della ginestra. Si è costituita in Toscana una società per trarre partito dal tiglio tenacissimo della ginestra (genista iuncea) e costruirne tele, cordami, carta, ecc. Dopo opportuna macerazione si lavora a mo' delle altre piante tigliose colle manipolazioni suggerite dalla clinica industriale moderna. Una corda grossa come il dito mignolo, tenuta per molti giorni nell' acqua salata ed in un acido potente, ha conservato tanta resistenza da non poter essere strappata da tre robusti uomini. È noto che, nella Maremma, da tempo immemorabile se ne trae un filo per comporre stoffe grossolane e tenaci. Ora trattasi di ricavarne fili, come seta sottili, morbidi e resistenti, per le sovraccennate applicazioni. Gnano. La Commissione incaricata dal governo del Perù di misurare e stimare i depositi di guano al sud dell' Iquique, trovò nel Pabellon de Pica oltre a 6,000.000 di tonnellate di puro guano, nella Pianta de Lobos 2,000,000, a Huanisolus 800,000, a Chana-beya 150,000 tonnellate, tutte di qualità distinte ; poi a Patache e Patillon 25,000 e 15,000 tonnellate di qualità inferiore. Frumento precoce del Giappone. Il signor Pi-geaux fece, nun ha guari, appello ai giornali di Francia per interessarli a promuovere l'introduzione in Europa di alcune varietà di grano precoce che colti-vansi nel Giappone ed anco nell'America. I vantaggi di questa coltivazione sarebbero rilevanti, Il signor Pigeaux li riassume iu una lettera al Journal d'agriculture pratique: "Con una varietà di grano più precoce delle usate sarebbe meno incerta la successiva raccolta di formentone cinquantino; sarebbe agevolata la coltivazione dei foraggi estivi che cadono nelle stoppie; meglio e più presto governato il terreno ove vuoisi assoggettarlo al maggese estivo; riuscirebbe meno incerta la ' raccolta del grano stesso, perocché mentre il grano ordinario richiede terreni capaci di alimentare e so- stenerne la vegetazione ne' giorni caldi, i grani pre4 coci sfuggono a' pericoli della siccità e de'caldi eccessivi, chiudendo il loro ciclo vegetativo più rapidamente; e minore pure sarebbe, di conseguenza, la loro esposizione alla grandine. Per i coltivatori poi della valle Padana s'aggiunge un' altra circostanza, che dovrebbe patrocinare l'iutroduzione della varietà vagheggiata dal signor Pigeaux, ed è la minaccia della ruggine. Tutte le crittogame costituenti la malattia, che comunemente dicesi ruggine, danneggiano il frumento sotto la sferza de'primi calori estivi, se mai avvenga che le giornate calde s'alternino con notti o giorni assai umidi ; e ogni volta che la ruggine s'attacca al frumento, osservasi che quello che più è avanzato nella vegetazione, ne va meno offeso di quello eh' è in ritardo. Sotto questo punto di vista pertanto, le varietà precoci del Giappone, più di tutte le conosciute in Europa, sarebbero un acquisto prezioso per la nostra agricoltura. Guarigione degli alberi da scoli gommosi. — Secondo il signor Prillieux, lo scolo uella gomma degli alberi fruttiferi costituirebbe una vera malattia, ch'egli indica col nome di gommosa. Le sostanze alimentari della pianta, invece di servire all' incremento di essa, sono impiegate nella produzione della gomma ed attratte dai focolari gommosi, che sembrano agire nell'organismo come centri d'irritazione, per cui, la produzione della gomma, che si fa a spese dell'alimento della pianta, non ha per limite che il completo suo disseccamento. Fra tutti gli espedienti proposti per curare questa malattia, trovossi che il migliore sia quello di scarificare la scorza. Alberi fortemente attaccati dalla malattia e che non emettevano più che piccoli e miseri rami, si videro ristabiliti dopo che ebbero incisioni longitudinali praticate sui rami, e produrne di nuovi molto vigorosi. Questi felici risultati si possono spiegare nel modo seguente: La gommosa consiste nella trasformazione in gomma, sostanza inutile all' economia, di elementi necessari alla formazione di nuovi tessuti. Guarire questa malattia, è fare in modo che que'materiali ritornino a compiere il loro officio primitivo; e, per ciò ottenere, occorre stabilire un centro di richiamo più potente che non sia il focolare gommoso. Ciò si ottiene appunto coli'incisione. Le piaghe vive necessitano la produzione di nuovi tessuti, e con questa attivissima eccitazione, le materie in riserva vanno impiegate n