received: 2008-10-10 UDC 316.3:351.745(450.25)"18" original scientific article SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: GLI INFORMATORI DI POLIZIA LOMBARDO-VENETI, INTERPRETI DELLO SPAZIO PUBBLICO CITTADINO Simona MORI Universita di Bergamo, Facolta di Scienze umanistiche, Dipartimento di lettere, arti e multimedialita, IT-24129 Bergamo, Via Pignolo, 123 e-mail: simona.mori@unibg.it SINTESI Il contributo esamina l'attivita degli informatori lombardo-veneti, che a meta Ottocento tengono sotto osservazione la popolazione urbana per individuarne le inclinazioni politiche. Le loro relazioni evidenziano una socialita intensa, appog-giata a una fitta trama di locali pubblici, frequentati da numerosa popolazione senza distinzioni rigide di ceto. Tutta la cittadinanza si mostra interessata alla politica e consapevole di se come soggetto autonomo rispetto all'autorita sovrana. Gli informatori si fanno interpreti di questa cultura e, nonostante esprimano la propria adesione all'ideologia di governo, con le loro parole contribuiscono a dare forza e coerenza a quella concorrente. Parole chiave: cultura politica, polizia, sfera pubblica, socialita, classificazione sociale, Lombardo-Veneto SPYING ON THE PUBLIC IN THE FIRST PART OF THE 19th CENTURY: POLICE INFORMERS FROM LOMBARDY-VENETO AS INTERPRETERS OF THE PUBLIC PLACES OF CITIZENS ABSTRACT This study takes into consideration some aspects of the activity of spies in the Austrian Kingdom of Lombardy and Veneto soon after 1848. These informers reported to the government on the political sentiments of urban populations. In so doing, they portrayed the image of an intensely sociable environment, depending upon a wide variety of public places frequented by a significant part of the local citizens without rigid class distinction. The entire urban population appeared to have been interested in politics and showed a clear awareness of its being a political 527 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 subject in its own right, regardless of any loyalty owed to the sovereign. Spies became interpreters of this specific urban culture. Though they often expressed sympathy for the view points and political culture of the Austrian authorities, their reports, on the whole, went in the opposite direction, giving strength and consistency to the culture of the rising civil society. Key words: political culture, police, public sphere, sociality, social classification, Lombardy-Veneto "Il popolo oggidi non crede più nulla ai sacerdoti, poco a Dio, e vuol fatti e fatti e poi fatti" (Rovani, 1934, 3S6). "Mi si chiederà se sono un principe o un legislatore per scrivere di politica. Rispondo di no, e che proprio per questo scrivo di politica" (Rousseau, 2006, 5). UN OGGETTO DIFFICILE: LO SPIRITO PUBBLICO Nel primo Ottocento il popolo delle città italiane fu costantemente tenuto sotto osservazione. I governi avvertivano la necessità di accertare con regolarità le condizi-oni dello "spirito pubblico", come allora usava dire.1 Fu l'età rivoluzionaria e napoleonica a inaugurare in Lombardia la prassi dei resoconti periodici. Ne vennero in-caricati i funzionari periferici, responsabili, fra i molti oggetti, dei progressi morali dei cittadini nella loro provincia. Man mano che il regime dismetteva gli istituti democratici e assumeva fattezze autoritarie, lo spirito pubblico poi cambiava volto, perdendo le implicazioni partecipative e finendo per significare la mera acquiescenza alle politiche del governo. Le ricognizioni dei prefetti del Regno d'Italia, spesso sbrigative, risultarono cosi appiattite su un modulo genericamente rassicurante: il popolo vi figurava di regola tranquillo, amante dell'ordine, assorto nelle cure quoti-diane e alieno da preoccupazione politiche.2 Gli autori soffrivano, nella loro attività informativa, di un conflitto di fondo: una rilevazione troppo franca del dissenso avrebbe danneggiato infatti la loro reputazione come titolari dell'amministrazione del territorio.3 1 Sul concetto, entrato nel linguaggio politico francese prima della Rivoluzione a significare civismo e sostegno a un progetto di rifondazione della comunità nazionale, v. le fini indagini di Gunn, 1995, 329 ss. Nel contesto italiano post-rivoluzionario la locuzione "designa [...] un atteggiamento [...] di par-tecipata adesione al nuovo ordine" (Leso, 1991, 119). 2 V. le sezioni sullo "spirito pubblico" delle relazioni prefettizie sulle visite dipartimentali, su cui Mori, 2007. 3 Sul dissenso v. da ultimo De Francesco, 2007. Lo slittamento semantico di "spirito pubblico", già in corso sotto il Direttorio, è rilevato da Gunn, 1995, 375. 52S Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 Il tenore di questi testi non mutó nell'età austriaca, per quanto ormai la finzione democratica fosse interamente venuta meno: restava infatti opportuno per gli am-ministratori in provincia non smentire l'autocomprensione paternalista del regime viennese.4 Allora peró, ben più che nel periodo precedente, l'attenzione dei poteri pubblici fu tenuta desta dai moti e dall'attività settaria. Il Governo scelse di marcare le distanze con i territori italiani: esso, come ebbe a dire in seguito Cesare Correnti, "diffidava di tutto e di tutti" e "la polizia, già coperta d'infamia e di esecrazione, se ne vendicava quasi sfidando la società" (Correnti, 1847, 11). Altrove il pubblicista riconosceva peraltro proprio a questo apparato un primato importante: "negli affari che non risguardano direttamente la politica, la polizia è uno degli uffici i più chiaro-veggenti e diremo anche, con dolore, uno dei più progressivi e liberali. Nelle quistio-ni per esempio di commercio, di culto, d'igiene pubblica, essa parla sovente con franchezza e sapienza"5 (Correnti, 1847, 25). Libera da attitudini compiacenti perché in buona misura sganciata dai compiti attivi dell'amministrazione territoriale, essa si dedicó a "leggere" per conto del Go-verno la società lombardo-veneta, esercitando sotto il profilo cognitivo una funzione connettiva insostituibile.6 Sul "terreno avvelenato della politica" la polizia si mostrava peró assai più ottusa ed era perció necessario mettere in campo un'ulteriore fascia di mediatori, che, nell'anonimato, potesse spiare il popolo più dappresso (Correnti, 1847, 25).7 Questa attività di osservazione svolta in prossimità, riscontrabile durante tutta la Restaur-azione, fu enormemente intensificata a partire dal rientro degli austriaci a Milano, nella tarda primavera del 1848.8 4 Con il Regno ormai prossimo alla catastrofe, il vicedirettore di polizia Martinez riferisce a Bürger di essere "assicurato dalle Autorità locali che lo spirito della popolazione nelle indicate province verso l'I.R. Governo possa dirsi soddisfacente. Un'assoluta maggioranza amerebbe l'ordine e si dimo-strerebbe devota all'IR. Governo anche per la tranquillità e prosperità che sa mantenere e procacciare al paese colla sua forza e legislazione." A turbare la quiete poche "teste calde", che nelle loro "dimostrazioni antipolitiche" danno a credere "d'essere [...] rappresentanti della volontà generale" (ASMi, 2, Milano, 27 dicembre 1856). Cfr. anche Berengo, 1996. Per quanto compromessa con la rivoluzione e il dominio napoleonico, l'espressione 'spirito pubblico' permane dunque nel lessico am-ministrativo lombardo-veneto. 5 I corsivi sono miei, come in tutte le citazioni. 6 Alcuni aspetti di questo discorso sono approfonditi in Mori, 2004. Per l'area veneta v. già Laven, 2002. Anche Gunn riferendosi alla Francia del primo Settecento, riconosce nei poliziotti "the most acute observers of the state of the public mind" (Gunn, 1995, 133). 7 Si veda su questa funzione degli informatori Farge, 1992, 15. 8 Sull'attività informativa sino al Quarantotto, brevemente Meriggi, 1987, 263. 529 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 GLI OSSERVATORI "Io non sono di quei uomini che la sola necessità di denaro e la nessuna volontà di lavorare faccia si che si getta nella via delle persone confidenziali del Governo," avvertiva Enea Da Camino proponendosi come informatore al luogotenente von Bürger nel 1854 (ASMi, 1, Lettera da Parigi, 17 agosto 1854). Il personaggio, trentacinquenne di Treviso, si dichiarava spinto piuttosto da una personale avversione ai liberali che nel '48 si erano accaniti contro la sua famiglia: era genero del noto Luigi Bolza, che, muovendo dalle file delle spie napoleoniche, era assurto con gli austriaci al grado di commissario superiore di polizia a Milano, divenendo uno dei più temibili subalterni del direttore generale Torresani.9 Come misero in luce le indagini della polizia, Da Camino versava pure in difficoltà economiche non lievi: chimico, laureato a Padova, proprietario di una farmacia nel centro di Milano e presto gravato di debiti, dopo il fallimento dell'attività era emigrato a Parigi a vivere di impieghi saltuari.10 Non è noto se il Governo abbia approfittato dell'offerta. Ma il profilo di questa figura è tipico di una fascia alta di informatori prezzolati a cui le autorità commis-sionavano non solo indagini sul conto di individui sospetti, ma anche la raccolta di "notizie che potevano essere utili a formare un giusto e meno incerto criterio sull'an-damento dello spirito pubblico" (ASMi, 1, f. 348, Delegato provinciale di Pavia a Bürger, 3 giugno 1854). Quello dei confidenti di polizia era un universo multiforme, in continuo movimento. Le tracce che di esso emergono dagli archivi centrali segnalano un grado di organizzazione tale da configurare un vero e proprio apparato ausiliario. Negli anni Cinquanta il Governo generale del Regno Lombardo-Veneto amministrava un fondo per il servizio segreto di circa 50.000 fiorini annui.11 La somma era ripartita fra Verona, sede del comando generale di Radetzky, e le due Luogotenenze di Milano e di Venezia. Il centro lombardo otteneva il 40% circa della somma, 60000 lire austriache, un quinto scarso del quale era erogato in compensi per i confidenti di alta polizia e per una schiera di Unterstützungen, assistenti, operanti nella capitale, nei capoluoghi provinciali e talvolta altrove. Nel 1856 la prima categoría contava in tutto 24 persone e la seconda 63, per i 2/3 donne (ASMi, 2, Rendiconto del fondo segreto di polizia, Milano, primo trimestre 1856). In base a questa documentazione, le spie lombarde costavano complessivamente poco più di tre o quattro commissari 9 Su Bolza v. la voce in DBI di Di Porto, 1969; inoltre l'autobiografia Bolza, 1863, 15 ss. 10 V. "Promemoria", s.d., inviato da Da Camino e rapporto di Martinez a Bürger, Milano, 21 agosto 1854 (ASMi, 1). 11 Cfr. i rendiconti per gli anni 1856 e 1857 (ASMi, 2). Negli anni '40 l'intera amministrazione di polizia lombardo-veneta assorbiva annualmente quasi un milione di fiorini (Meriggi, 1983, 312). L'esborso per il servizio segreto poteva corrispondere dunque al 5%. 530 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-55Q provinciali: in media, fra confidenti e assistenti, percepivano 12Q lire annue a testa. I confidenti di alta polizia erano meglio retribuiti degli assistenti, con 3QQ lire l'anno contro 75. Si trattava di 1QQ fiorini, un decimo di quanto incassava un commissario di polizia (ASMi, 2, Rendiconto per il 1856 di Luogotenenza e Direzione generale di polizia, Milano 24 gennaio 1857). I funzionari provinciali erano tenuti a compilare prospetti nominativi di questo personale, accludendo dei profili individuali, e a render conto dei movimenti finan-ziari che lo riguardavano. Apprendiamo cosi che il rapporto di lavoro fra governo e spie seguiva regimi diversi: vi erano informatori a salario fisso e altri retribuiti a pre-stazione (ASMi, 1, f. 348, Rapporti e i prospetti dei delegati provinciali sul servizio segreto locale, 1852 e 1854). Mentre i commissari di polizia provinciale erano co-stretti a ricorrere ampiamente a persone prezzolate, i delegati generalmente lo evita-vano, preferendo appoggiarsi a "persone private di [...] piena confidenza, di spec-chiata probità, e di leali sentimenti," che non pretendevano nulla (ASMi, 1, Delegato di Sondrio, 28 novembre 1852). La scelta non era dettata da avarizia, giacché i fondi non mancavano, ma dalla carenza di figure idonee a svolgere i delicati compiti riservati agli informatori di alto livello. Scriveva un funzionario: "E' ben difficile, anzi quasi impossibile trovare persone di qualche intelligenza e degne di fede, le quali scientemente si prestino ad assumere l'ufficio di confidente. Le persone rozze, o del volgo poi, spinte unicamente da un basso interesse, non sono mai veritiere, ingan-nano spesso, e spesso inventano al solo scopo di buscarsi qualche moneta" (ASMi, 1, Delegato di Pavia, 3 giugno 1854). II collega di Como si esprimeva negli stessi termini, dichiarando di avere sempre puntato sui contatti che, grazie alla propria posizione pubblica, lo legavano a "persone di viste più elevate ed influenti nella società" (ASMi, 1, Lettera del delegato di Como a Bürger, 5 giugno 1854). Entrambi tacevano i limiti di questa soluzione, ma in fondo alle loro considerazioni spuntava un terzo profilo, forse ritenuto il migliore, che è utile raccogliere: "volendosi agire altrimenti bisognerebbe adoperare individui di una certa cultura e pratica di società, per rimunerare i quali sarebbe d'uopo di avere a disposizione somme piuttosto ragguardevoli, ció che a mio avviso, parlando almeno della polizia interna di Stato, potrebbesi fare soltanto in una città molto popolata." E' dunque opportuno registrare la distinzione assai netta che i delegati operavano fra i molti "confidenti di bassa sfera e rimunerati di volta in volta" e i pochi fornitori di prestazioni qualificate, a titolo gratuito o oneroso che fosse. Questi ultimi, "mentre prestano un servizio veramente utile contro equo compenso, che loro vale a conservare decorosa apparenza a fronte delle ristrette finanze, rifuggono assolutamente dall'essere conosciuti" (ASMi, 1, Delegato di Pavia a Michele Strassoldo, 23 novembre 1852). 531 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 Si trattava della "feccia del ceto medio" secondo Correnti, ovvero di esponenti del folto gruppo di professionisti e intellettuali che sotto la Restaurazione sperimentava le dure condizioni del precariato (Correnti, 1S4, 27).12 Individui, in sostanza, "di buona famiglia e civile condizione, di ristrette finanze, di estese relazioni di parentela, ed anche inclinati a frequentare i pubblici luoghi."13 Per questi personaggi, sempre in bilico fra ambizione e degrado, il servizio di confidente poteva rappre-sentare, oltre che un sollievo economico temporaneo, una possibile via d'accesso alla carriera in polizia o nell'amministrazione territoriale. Nel loro caso a competenze sociali e intellettuali di buon livello si affiancava la volontà di consolidare le proprie credenziali agli occhi del governo. Ne risultava un'attitudine semi-professionale al lavoro del confidente e una inclinazione non superficiale a mettere a fuoco il proprio oggetto d'indagine. La loro opera di mediazione culturale puô dunque essere consi-derata con serietà.14 Essa si occupa in prima istanza di registrare i sentimenti della cittadinanza per il regime austriaco. Ma i discorsi di rilievo politico che i confidenti ascoltano non sono mai separati da una considerazione più ampia del sostrato culturale nel quale essi si formano. Nel loro lavoro quotidiano, queste figure devono infatti svolgere operazioni di decodificazione culturale che richiedono un'osservazione più approfondita: clas-sificare i soggetti produttori dei discorsi; interpretare i comportamenti sociali che ne sono all'origine discorsi; valutare i segni di politicizzazione della società. GLI ATTORI: SOCIETÀ E POPOLO Gli informatori si muovono su due piani complementan nei loro esercizi di classificazione degli attori della scena pubblica urbana: la generalità e le sue parti. 12 V. ora il nitido profilo del mondo intellettuale lombardo tracciato da Albergoni, 2006, e segnatamente la biografía di Amanzio Cattaneo (406 ss.). Altri casi noti sono quelli di Francesco Apostoli, ricon-siderato da Preto, 1997, e quello di Ambrogio Gaspari, ritratto con perizia da Giliberto, 1990, 32 ss., del quale utilizzeremo ampiamente le lettere confidenziali. 13 Prospetto di un confidente, allegato alla lettera del delegato di Pavia, 3 giugno 1S54 (in: ASMi, 1). 14 L'analisi che segue è stata condotta su alcune serie di rapporti informativi risalenti al biennio 1S4S-1S49. La più cospicua e interessante è costituita dalle 63 lettere indirizzate a anonimo personaggio di ambiente governativo da Ambrogio Gaspari, fra marzo e settembre 1S49, su Milano. Sono state poi utilizzate serie più brevi, di informatori non identificati, quasi sempre non datate, che saranno citate con le seguenti indicazioni alfabetiche: (a): gruppo di 14 lettere scritte da Milano, appena dopo le Cinque giornate (solo l'ultima datata 29 agosto 1S4S), con mittente e destinatario anonimi, che in-formano sulla città, ma anche su altri centri lombardi; (b): gruppo di 22 lettere in fascicolo contras-segnato con la nota Confidenten Gerichte, s.d. ma certamente della metà del 1S4S, non firmate, su Verona, che si trova accerchiata dalle truppe piemontesi e austriache; (c): gruppo di 5 lettere, sempre da Verona, datate fra il 2S aprile e il 6 maggio 1S4S. I documenti appartenenti a queste quattro serie, rispondenti alla medesima collocazione archivistica (in: ASMi, 3), saranno d'ora in poi citati solo con l'indicazione di autore e data, nonché dei sopra riportati segni alfabetici. 532 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 Devono infatti apprezzare le condizioni morali dell'intero corpo sociale, ma anche riconoscere le voci che si levano dalle sue minute articolazioni. I due piani inter-agiscono continuamente nelle descrizioni; il primo serve da timone, il secondo, che procede per distinzione, fa da controcanto ricorrendo a diversi registri. Per lo più le partizioni adottate non sono di natura istituzionale; sono invece mosse da un'attenzione spiccata per la tassonomia sociale, minuziosa e improntata ai valori economico-professionali della civiltà notabiliare.15 Si veda la rappresentazione della società veronese prodotta dal confidente: "In generale questa poppolazione è avilita ed alquanto taciturna, e da ció ne deriva che il possidente è pure avilito, il negociante pure, perché gli manca il libero comercio, gli artisti parimenti pei suoi cessati lavori, gli industrianti e basso popolo al grado peggiore, non avendo mezzi per sé e le loro famiglie."16 In essa sono già ben evidenti le categorie smithiane della rendita, del profitto e del salario.17 Esse sono funzionali a dare concretezza al quadro: comunicano infatti che la società nel suo insieme è depressa non tanto perché vive in comunione di sentimenti, quanto perché ciascuno dei suoi segmenti produttivi lo è, per ragioni che gli sono proprie. La condizione ipotonica che si rileva deve esser considerata di con-seguenza assai più reale. Questa non è tuttavia l'unica tassonomia che vediamo all'opera. Ve n'è un'altra che intende dare risalto, e lo fa con estrema precisione, alle categorie più esposte sul fronte del dissenso: i contorni si individuano più tradizionalmente per ceto, per ap-partenenza professionale, per età, raramente per genere. Gli indocili si collocano infatti nell'aristocrazia, in alcuni settori del pubblico impiego civile, nei ranghi militari, fra gli avvocati, i medici, le signore dei ceti medio-alti, i giovani nobili, profes-sionisti, ma anche popolani.18 Le informative di Gaspari, in particolare, contengono innumerevoli riferimenti a individui e a gruppi appartenenti a questi ambiti, che manifestano una decisa propensione a dare pubblicità alle proprie inclinazioni poli-tiche. I dipendenti governativi e municipali paiono in particolare come risucchiati nell'ambito della società civile e completamente dimentichi del doppio dovere di 15 Per la descrizione del popolo come aggregato sociale, rara prima degli ultimi decenni del Settecento, v. i rilievi di Farge, 1992, 31. Sulle immagini della società e sulle logiche classificatorie proprie dell'antico regime, Salvemini, 1998; sulla funzione non solo descrittiva, ma costruttiva della classi-ficazione, soprattutto in contesti di conflitto intestino, Benigno, 1999, 179. 16 Lettera da Verona, s.d., non firmata, che inizia "Ieri non ho umiliato;" v. anche la lettera "Quanto mi riesce di scontento" (b). 17 V. Salvemini, 1998, 419, che peraltro vi riconosce un retaggio della tradizionale tripartizione per ordini. 18 Cfr. per esempio Gaspari 26 e 31 marzo, 6, 23 e 29 maggio, 17 luglio, 23 agosto. Inoltre, dell'in-formatore che scrive sempre da Milano, le lettere "Pietro Pensa padre" e "Il coadiutore", la nota "Avvocati" (a). Poi, del confidente veronese, lettera "Da persona traficante" (b). Infine le informative da Verona 30 aprile e 6 maggio 1848 (c). Sulla condizione dei ceti e gruppi menzionati, rinvio ai densi quadri di Meriggi, 1987, 143, 151ss, 157 ss., 169. 533 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 lealtà al sovrano, che li riguarda come sudditi e come ufficiali (Gaspari, 29 marzo e 23 maggio 1849). L'aspetto più interessante è peraltro il ruolo speciale e l'ampia visibilità riservata in queste rappresentazioni ai commercianti, sia ai mercanti-banchieri, sia ai riven-ditori al minuto (sulla distinzione cfr. Gaspari, 29 agosto). Pur non estranea al malcontento espresso da altri gruppi sociali, la categoría pare particolarmente vitale, coinvolta in un'espansione che contrasta con l'empasse sperimentata dai settori più tradizionali del notabilato. Ai margini della società attiva, che, al di là delle idiosincrasie politiche, è ricono-sciuta come parte sana, sta, per tutti gli osservatori, la "plebe", "plebaglia", "feccia del popolo", "popolaccio". Essa è malata, labile, costantemente irrequieta, in sostanza di-sancorata dai valori condivisi nell'altro universo (emblematica la lettera di Gaspari, 27 marzo). Questa fascia resta fuori dalla tassonomia sociale, mentre la sua entrata in scena si accompagna sempre a una formulazione più rigida e più stereotipata del discorso. L'approccio analitico è utilizzato per dare spessore e verosimiglianza e per circo-stanziare le interpretazioni. Tuttavia l'alternarsi continuo dei due piani dell'analisi e della sintesi gioca da ultimo a rinforzare l'impressione di coesione. In altre parole, la società con le sue parti si coagula poi sempre nel popolo come soggetto unico: le informative producono una rappresentazione articolata, ma non disgregata della città. Quando si scrive che "certo [...] nel popolo si è svegliato l'odio verso la domina-zione austriaca," si intende il complesso (Gaspari, 25 marzo). Per denominare questa generalità si utilizza una gamma di lemmi dalle significative sfumature: popolazione, paese, cittadinanza, pubblico, nazione. Spesso a questi sostantivi si associa il quali-ficativo di appartenenza locale; anche il lemma "nazione" è utilizzato in accezione regionale. Tuttavia l'uso di segni tanto connotati dalle vicende dei precedenti cin-quant'anni non è inconsapevole e genera una notevole ambiguità. Si parla del pub-blico milanese, ma è perfettamente pensabile un pubblico inteso su scala più vasta, grazie a un procedimento analogico che affratella le città. Abbiamo già rilevato come la coesione sostanziale, l'unità del soggetto, non derivi agli occhi dei confidenti tanto da una precomprensione organicistica della comunità, quanto risulta dalla sommatoria degli orientamenti espressi dalle varie arti-colazioni sociali. Questi, ora vedremo, si compongono grazie all'esistenza di fitte connessioni, di una rete che definisce e occupa l'intero spazio pubblico cittadino. UNA CULTURA URBANA: LO SPAZIO PUBBLICO E LA SUA FRUIZIONE "Società" è un'altra parola ricorrente nelle relazioni dei confidenti per indicare il soggetto che è sotto il loro sguardo. Nel linguaggio del periodo essa è certamente più pregnante che nell'attuale: è utilizzata per rimarcare l'attitudine di una cerchia di 534 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-55Q individui alla socialità e sottolinea l'intenzionalità e l'intensità degli scambi interper-sonali, la dimensione collettiva della tessitura dei discorsi.19 Fungibile con il precedente è il termine "pubblico", che non individua un livello colto e critico di formazione dell'opinione, né, come oggi, un testimone passivo, ma denota il soggetto collettivo generato dal continuo incontrarsi e comunicare che accade nello spazio cittadino.2Q Il lavoro dei confidenti, a guardar bene, non puó che svolgersi nella dimensione della socialità. Esso infatti si alimenta di discorsi che si propagano oralmente, per pros-simità, non importa se nelle case private oppure in luoghi pubblici. Nelle città circo-lano clandestinamente numerosi testi scritti, anche di carattere informativo: dal momento che l'informazione ufficiale è inattendibile, si cercano alternative. Ma anche la risonanza di questi fogli è assicurata dai discorsi che vi fioriscono attorno. Il contesto repressivo esalta l'oralità e la località, il ruolo dello scambio interpersonale.21 Rispetto a questa modalità, la cittadinanza appare totalmente permeabile: infor-mazioni e opinioni filtrano senza incontrare barriere. Certamente gli scambi più rilevanti avvengono in ambienti omogenei, collaudati da una frequentazione assidua. Ma essi non costituiscono cellule chiuse. Piuttosto le cerchie si compongono e ricompongono continuamente, moltiplicando le connessioni. Si puó dire che esistano tante "società" e che ciascuno ne abbia una d'elezione, ma che al contempo, grazie a questa rete, la società arrivi pressoché a coincidere con la cittadinanza.22 Ne risulta un "pubblico" ben più ampio di quello che nel modello classico dà corpo allo spazio letterario e critico, o che si fa protagonista di un associazionismo elitario.23 Per riconoscerlo occorre invece guardare a un vivere comunitario che si intreccia con aspetti di cultura materiale rintracciabili ormai in tutti i centri urbani dell'Europa centro-occidentale: il caffè, la trattoria, l'osteria, la bettola, la bottega.24 19 In numerose lettere di Gaspari, fra cui quella del 27 aprile 1849. Sul significato del lemma, Leso, 1991, ad vocem. 2Q "Lo scandalo d'jeri [...] fu argomento di discorso nella società, ma non ha prodotto nessun effetto morale; il pubblico ne discorreva raccontando solo il fatto" (Gaspari, 2 maggio 1849). 21 Sull'oralità come dimensione della politica Rudé, 1988, 39. Inoltre Wacquet, 2QQ3. Sulla circolarità di lettura dei notiziari, frequentazione degli esercizi pubblici e comunicazione orale, Infelise, 2QQ2. 22 Da Gaspari la parola è usata in entrambi i sensi: cfr. per il primo la lettera del 2 aprile ("la mia società" del Caffè S. Carlo), per il secondo, fra i molti esempi, la lettera del 25 aprile ("la voce più comune nella società"). 23 Mi riferisco ovviamente a Habermas, 1971, ma anche a studi più recenti sull'opinione pubblica e sull'associazionismo, che escludono la dimensione popolare, per individuarla semmai solo come ambito di intervento pedagogico. V. Landi, 2QQ6, 151 ss. sul primo tema; Meriggi, 1991, 391, e più diffusamente Meriggi, 1992, sul secondo. 24 Sulla socialità popolare urbana del primo Ottocento v. anzitutto gli studi di Maurice Agulhon, e se-gnatamente Agulhon, 1993. L'importante introduzione di Maria Malatesta alla trad. it. insiste sul legame fra comportamenti quotidiani e politicizzazione della società (IX), da verificare anche per altri contesti nazionali (XIV). Identifica le forme aggregative ottocentesche come cultura in senso sociologico lo stesso Agulhon (Agulhon, 1993, 9 ss.). Una panoramica degli aspetti materiali che hanno segnato lo sviluppo della sfera pubblica fra Sette e Ottocento in Haupt, 1993. 535 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 Secondo Agulhon, la socialità popolare "si avvale della rete costituita dai luoghi pub-blici," la miriade di esercizi che opera sul territorio cittadino (Agulhon, 1993, 31). Questi hanno in genere un'utenza abituale sociologicamente omogenea, a cui perô si affianca un giro di clienti assai più esteso e variegato, che vi si avvicenda in relazione alle ore della giornata. La stessa distinzione fra caffè e osteria va attenuata, in ragione della sostanziale analogia funzionale delle due specie e per la parziale sovrap-posizione che fra esse si verifica nella tipologia sociale degli avventori (Agulhon, 1993, 76; François, 1993, 156; Malatesta, 1997. Cfr. p. es. Gaspari, 5 giugno 1S49). Nel carteggio di Ambrogio Gaspari, come in genere nelle informative di polizia, caffè e trattorie sono la scena abituale delle conversazioni. A Milano i caffè riuniscono i commercianti (il Cova di via S. Andrea), i banchieri (il caffè Gnocchi), i possidenti (intorno al Duomo), i giovani istruiti, gli avvocati e altri professionisti (il Caffè dell'Europa, all'angolo della Passarella), oppure gli artisti (il Caffè della Cecchina, vicino alla Teatro alla Scala), gruppi di artigiani e lavoranti (il Caffè al Ponte Vetero). Alcuni sono frequentati anche da uomini d'affari provenienti dalle città vicine, da Brescia, Bergamo, Como, Pavia, e fungono pertanto da anello di giunzione fra il "pubblico" delle diverse località (fra l'altro Gaspari, 17 luglio). Le trattorie, come quella al Leon Bianco, nella contrada del Rebecchino, quella di Porto di Mare, al Verziere di S. Stefano, o quella dell'Annunziata, più decentrata, ospitano una clientela varia e rumorosa, nel complesso piuttosto popolare.25 Accanto ai luoghi dedicati al consumo di bevande e di vivande, allo svago e alla lettura dei giornali, va considerata con attenzione la rete degli esercizi commerciali al dettaglio, che spesso sono associati a laboratori artigiani posti nel retro (per esempio Gaspari, 4 aprile, 29 aprile, 30 aprile, 13 maggio). Essi moltiplicano le occasioni di incontro e di conversazione per la popolazione, incluse le donne, che di norma non partecipano alla socialità dei caffè (Agulhon, 1993, 76). Pur in assenza di serie omogenee di dati, l'espansione numerica e l'importanza di questi siti nella vita della città risulta evidente. Il processo è da porre in relazione all'aumento demografico e alla crescita dei consumi urbani. A titolo indicativo si puô segnalare che nella parrocchia milanese di S. Stefano maggiore, vicino al Verziere, ora via Larga, già nel 1797 oltre il 40% delle abitazioni disponeva di spazi utilizzati per attività artigianali e 25 Caffè S. Carlo (Gaspari, 29 marzo, 2 aprile, 19 e 23 agosto), Cova (2 aprile, 4 maggio), del Duomo (17 maggio), Europa (6 maggio, 11 e 17 luglio, 14 e 23 agosto), Gnocchi o della Galleria (12 aprile, 25 giugno, 16 luglio), Accademia (21 e 27 aprile, 5 giugno), Martini (21 aprile), Premoli (13 maggio), della Cecchina (25 giugno, 26 luglio), al Ponte Vetero (2 maggio). Trattoria del Leon Bianco (23 marzo, 23 maggio), del Porto di Mare (26 luglio). L'informatore anonimo (a) cita il caffè delle Colonne di S. Lorenzo (quarta lettera) e quello della Gran Bretagna (sesta). Non mi risulta che il sistema del pubblico loisir e la sua topografia siano stati studiati in dettaglio per Milano, come invece è stato fatto per Venezia settecentesca (Paladini, 2003). 536 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 commerciali (Armelloni, 1987, 169; cfr. anche Capra, 1987).26 In città le botteghe erano 4500 nel 1803. Una nota fonte statistica del 1840 vi censiva, a quella data, quasi 46.000 persone impegnate nel commercio, il 30% della popolazione locale, per metà costituito da donne (Salari, 1840). Prevalevano nettamente le attività ambulanti, ma si puó ipotizzare che non meno di 10.000 persone lavorassero in esercizi stabili. I veri e propri negozi erano 1738 nel 1844, inclusi gli spacci di vino (40% circa) e i pizzicagnoli (15%). Nel complesso il rapporto era di un negozio ogni 115 abitanti (Caizzi, 1975, 53).27 Le rivendite di articoli tessili, altro segmento centrale del commercio al dettaglio, nel centro di Milano erano 97 nel 1830 e nel decennio successivo raggiunsero le 261 unità (Mainenti, 1992, 63). Al di là degli aspetti quantitativi, sono le relazioni sociali che si coltivano in questi luoghi a importare ai fini del presente discorso. Il negozio è fattore di acce-lerazione del ritmo della vita sociale, soprattutto per quanto riguarda la circolazione dell'informazione e la promozione del senso di appartenenza a una collettività numerosa e vigile. E' la rivendita a moltiplicare le occasioni di contatto, anche fra persone non legate da frequentazioni amicali e non accomunate dallo stesso profilo sociale. I commercianti, poi, non soltanto rendono disponibile un luogo d'incontro poco impegnativo, ma utilizzano le loro transazioni professionali per intercettare una grande quantità di informazioni di vario ordine, incrementandone la circolazione. Le reti di cui essi sono snodo presentano diversi vantaggi su altre griglie rela-zionali. Hanno un pretesto, che consente di eludere più facilmente la censura, ope-rano con regolarità, perché connesse all'attività economica e per questa stessa ragione tendono a essere meno elitarie e più flessibili di altre. Una buona parte delle notizie che Gaspari raccoglie in città sono diffuse da com-mercianti (Gaspari, 4, 9, 21, 30 aprile 1849, 5 giugno, 17 luglio, 29 agosto). I ne-gozianti e i banchieri hanno costanti contatti con Vienna e con Parigi e le lettere d'affari che essi ricevono da quelle piazze recano anche notizie politiche e bollettini scritti (Gaspari, 29 e 30 aprile, 15 maggio, 25 giugno, 7 luglio). Attraverso di loro dunque la rete informativa locale, per lo meno a Milano, assume dimensioni internazionali e acquista credibilità grazie alla reputazione di cui il mondo degli affari e della finanza gode ormai presso il pubblico (sul punto v. in particolare Gaspari, 29 aprile, 23 e 24 maggio). Anche i traffici a raggio provinciale o regionale contribuiscono alla circolazione delle informazioni, integrando le reti locali. I commercianti milanesi che ricevono nei loro empori la clientela del contado, oppure quelli che in contesti più piccoli si recano in campagna per rifornirsi di generi, rastrellano le notizie dalla periferia e le 26 Sull'elevato numero di botteghe nella Milano della Restaurazione Bigatti, 2000, 153. 27 Le informazioni provengono dalla guida preparata in occasione del Congresso degli scienziati Milano e il suo territorio, II, Milano 1844. La città, inclusi i Corpi santi, contava all'epoca circa 200.000 abitanti. 537 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 trasmettono alla città, che le accoglie talvolta con vivo interesse (su negoziante in Milano: Gaspari, 9 maggio 1849).28 Non si puô infine tacere di un'altra rete a base professionale, che alimenta di notizie la socialità cittadina: quella dei medici. Gaspari lo scopre, a suo dire, per una vicenda privata, che lo mette in contatto con la categoria e gli suggerisce una rifles-sione assai interessante sull'universo comunicativo che si presentava al suo sguardo. "In questa mia malattia ebbi ad accorgermi che i dottori di medicina, i chirurghi rappresentano una gran parte nel divulgare quelle notizie e nel servire di tromba all'emigrazione. Infatti questa classe di persone che si trovano in una posizione sociale affatto indipendente dal Governo e che in un giorno circola tutta la città, più di ogni altra è atta a servire la malevolenza. Il suo intervento spiega la rapidità della circolazione delle notizie da un momento all'altro [...]. Alla mattina all'ospitale mag-giore, durante la visita medica, alla quale è accolta gran numero di medici, i quali poi si spandono per la città, si tiene una conversazione politica nudrita di speranze e di utopie d'indipendenza" (Gaspari, 20 giugno 1849). Al di là degli orientamenti ideologici che i diversi settori dell'opinione pubblica locale esprimono, merita notare che, grazie all'insieme delle molte connessioni ora segnalate, tutta la città si mostra partecipe dell'informazione. Le notizie e le opinioni rimbalzano da un angolo all'altro dell'area urbana, cosi come da un livello all'altro della scala sociale. Basti, su questa trasversalità sociale della comunicazione, citare un altro passo dell'epistolario di Gaspari: "Tutta la città è piena della voce che la pace col Piemonte è un sogno [...]. Questa voce favolosa lo è maggiormente se vuolsi ri-flettere che tale circola in ogni angolo della città, presso le persone educate che presso quelle del popolo. A Porta Orientale, nei caffè, tiensi questo discorso, in Porta Comasina nei mercanti di vino parlasi in tal modo" (Gaspari, 7 agosto, ma già 21 giugno e 26 luglio). Come mostrano queste parole, sull'onda del coinvolgimento emotivo importava assai più la condivisione delle notizie, che la loro qualità intrinseca, a considerare la quale torneremo brevemente in conclusione. I confidenti insomma, per ricapitolare quanto detto sin qui, si rendono testimoni di una socialità e di un sistema di comunicazione che rivestono ormai valore in sé. Questi fenomeni culturali si caratterizzano per una piena autonomia dai poteri pub-blici, con i quali, anzi, sono in concorrenza, per l'alto grado di articolazione, per la tendenza a espandersi nello spazio e a integrare diversi ambiti di appartenenza, dando luogo a una rete a morfologia sociale plurima. Quest'ultima si appoggia certamente a tessuti relazionali preesistenti, familiari, professionali, cetuali, vicinali, religiosi. Ma dalle descrizioni dei confidenti la vecchia dimensione corporativa della vita comunitaria non traspare, mentre viene messa in grande risalto questa socievolezza meno 28 Primo informatore da Verona, terza lettera, sui pescivendoli di Ostiglia, e settima lettera, s.d. ma del 19 maggio 1848 (b), sui macellai veronesi che si riforniscono nel Mantovano. 538 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 intima e più legata alla sfera economica, che si dispiega in uno spazio continuo, laico, fitto di discorsi sui destini di una collettività dai confini sempre più porosi.29 IL POPOLO NELLA CITTÀ COME SOGGETTO POLITICO Sinora abbiamo considerato i soggetti e i modi di questa cultura urbana occorre portare l'attenzione ai contenuti di tale intensa esperienza comunicativa. "Dissi ieri che la popolazione di Milano era oramai persuasa della vittoria degli imperiali, ma non per questo [...J è resa tranquilla: essa è sempre sotto una com-mozione politica ch'è una frenesia che ha colpito la povera Italia. In ogni luogo pub-blico, in ogni riunione, sia anche in istrada, è certo che il discorso è uno, è politica [...J" (Gaspari, 2 aprile 1S49; inoltre 29 aprile). Ció posto una volta per tutte, le informative avanzano diverse tesi sulla politi-cizzazione della cittadinanza. Ricorre innanzitutto più volte un motivo consueto, che istituisce una circolarità fra la figura del popolo "bestialmente credulo" e l'attivismo demagogico di gruppi minoritari (Gaspari, 24 aprile; cfr. sul punto l'indagine les-sicale di Formica, 19S7). Gli stessi facinorosi sono sospettati di plagiare pure i ragaz-zi, dal momento che non si crede "probabile che in quell'età abbiansi mire politiche" (Gaspari, 26 aprile). Ora, sulla fisionomia di questi personaggi, pur con reticenze, si formulano varie ipotesi. I più citati sono, com'è intuibile, i liberali che dopo il '4S si sono rifugiati in Piemonte. Essi inviano "emissari", i quali, giunti in città, si infiltrano nei ceti umili camuffandosi da pari, oppure si atteggiano a "tribuni del popolo", essendo di fatto null'altro che "impresari di rivoluzioni", e, in occasione della coscrizione, battono le campagne "per illuminare il paesanismo" (Gaspari, 2, 4, 25, 29 aprile, 9 maggio). In parte rimpatriati nel maggio, i profughi lombardi frequentano la sera "le botteghe da caffè e le osterie, dove fanno gli eroi" (Gaspari, 2 maggio). I "malintenzionati" vengono talvolta identificati in un gruppo più ampio, l'ari-stocrazia, ritenuta fortemente ostile al governo e capace di gettare l'intera città nell'in-quietudine e nel malcontento grazie all'influenza di cui gode presso la popolazione (Gaspari, 31 marzo e 19 aprile). Questa tesi di una responsabilità elitaria tuttavia non regge, dal momento che "i malintenzionati [...J trovano un terreno molto disposto a raccogliere la zizania che spargono" (Gaspari, 23 maggio). Cosi si scopre che il dissenso è ampio: coinvolge i preti, gli impiegati municipali, i medici, i militari ungheresi della guarnigione, coloro che sono stati danneggiati dalle scelte del governo sulla linea ferroviaria per Venezia, le campagne, avverse alla coscrizione, moltissimi giovani (Gaspari, 13 aprile, S, 23 e 29 maggio, 20 giugno). 29 Per un raffronto con gli assetti tradizionali di antico regime, sia sufficiente qui rinviare a Muchem-bled, 1978, 173 ss., a Delille, Savelli, 2002, e, per un caso significativo, a Tedoldi, 2004. 539 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-55Q Nel giro di due mesi, non si riconosce più l'aristocrazia alla guida dei "nemici del governo", ma il "medio ceto della popolazione, cioè impiegati, possidenti, mercanti, che formano la massa dei malintenzionati" i quali provvedono a riscaldare "le menti degli esaltati e dei disperati" (Gaspari, 23 agosto). Paradossalmente si sono ribaltate le parti: sarebbe il ceto medio economicamente attivo a fomentare gli estremisti. Tale slittamento induce a correggere la rappresentazione della base popolare: essa non appare più passivamente esposta agli inganni dei facinorosi, ma le si riconoscono margini di opinione auto-diretta (Gaspari, 24 aprile). Questa "bassa società" politi-cizzata viene ora distinta dalla "plebe". Ha i suoi luoghi di incontro preferiti, i "mercanti di vino d'infima classe," le trattorie e i teatri popolari, dove circolano bollettini clandestini e si tengono discorsi. La sua composizione è articolata, non di rado oggetto di analisi, per tornare un attimo alle classificazioni: a Milano vi si indi-viduano macellai, prestinai, salsamentari, ambulanti che vendono commestibili al Verziere di S. Stefano, commessi di negozio, addetti al servizio della Scala, facchini, cocchieri, giovani sfaccendati (Gaspari, 25 marzo, 29 aprile, 16 e 26 luglio).3Q Non si rischia di insistere troppo sul perdurare di una mobilitazione politica delle fasce popolari dopo il Quarantotto, che viene un poco trascurata dalla storiografia, ed è opportuno registrarne la relazione con le pratiche di socialità urbana legate allo svago e alla convivialità.31 Il pubblico attento alle vicende politiche si mostra, in ragione di ció, assai largo, come gli informatori sottolineano costantemente, enfatizzando la partecipazione della cittadinanza "tutta unanimemente" (Gaspari, 21, 22, 24, 26 marzo, 12 aprile, 26 luglio, 19 e 21 agosto). Questo soggetto pluriclasse non è propriamente militante, se non in piccola misura: possiamo dirlo politicizzato solo in un senso più lato, in virtù del suo desiderio di informazione e della sua volontà di definire i sentimenti per il sovrano e per il governo senza obbedire a lealtà pregiudiziali. Non si tratta certo né di un fenomeno precipuamente ottocentesco, né di un pro-cesso lineare e progressivo: l'intensità della vigilanza è legata al verificarsi di circo-stanze, in relazione alle quali aumenta anche la documentazione, come mostra il contesto qui esaminato.32 Tuttavia nei sessant'anni che precedono l'Unità le fasi si abbreviano. Nel Lombardo-veneto, dopo l'esplosione dell'età giacobina e un lento affievolimento durante la napoleonica, interrotto dalle insurrezioni del 18Q9, la Re-staurazione si apre all'insegna del distacco dei cittadini dalla politica (cfr. Stendhal, 3Q Ma v. anche le lettere dell'informatore anonimo, che scrive da Milano (a), e quelle del primo in-formatore da Verona (b). 31 Sulla partecipazione popolare al Quarantotto milanese ora Del Corno, Scotti Douglas, 2QQ2, 9Q ss. Per il Veneto, Bernardello, 1997. Utili anche i rilievi di Francia, 2QQ6, 141. 32 Solo recentemente la storiografia è tornata a occuparsi del rapporto delle masse popolari con la politica (cfr. Chittolini, 2QQ2). Sull'allargamento dello spazio politico nelle fasi di conflitto interno, segnatamente Benigno, 1999, 25Q ss. Più in generale sulla politicizzazione dei ceti subalterni nell'età moderna Burke, 198Q, 251 ss. 54Q Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 1990, 23, con riferimento al 1816).33 Ma al principio degli anni '20 la temperatura si alza, e non soltanto nei circoli liberal-nobiliari (Réflexions sur l'esprit public en lombardie, 12 febbraio 1820; in: ASMi, 5).34 Gli eventi di Milano, Venezia e Brescia fra '48 e '49 segnano un culmine che non esaurisce la sua spinta negli anni successivi, a dispetto della dura repressione messa in atto dalle autorità austriache. Anche allora la tensione non è costante, ma si alternano momenti di agitazione e di calma. Nell'aprile 1849, dopo che l'anniversario delle Cinque giornate è trascorso a Milano in un'atmosfera tranquilla, "lo spirito della popolazione è maggiormente agitato, il conversare è più ardito" (Gaspari, 30 aprile 1849). Si prosegue cosi fino al principio di giugno, come si desume dalle "mille dicerie che si odono nella società in fatto di politica" (Gaspari, 6 giugno). Nell'estate l'inquietudine si placa e "le conversazioni, le riunioni non si occupano più esclusivamente di politica come nel passato" (Gaspari, 11 luglio). Ma ben presto si scopre che i milanesi non hanno cessato a lungo di interessarsi a questa sfera e si deve riconoscere che "dal povero al ricco, dal giovane al vecchio, dal manuale all'impiegato, dal secolare al prete, tutta la cittadinanza si conserva quale fu il 18 marzo 1848" (Gapari, 19 agosto). In queste lettere non si fa mai riferimento alla militanza latomica, che pure in questi anni riesce a penetrare profondamente negli ambienti urbani (Della Peruta, 1992, 77 ss.). L'enfasi è piuttosto sulla pubblicità dei discorsi critici e delle riunioni politiche, che avvengono nel fitto sistema di luoghi di incontro di cui la città è intessuta.35 La società milanese sembra non curarsi gran che del fatto che la politica nel Regno sia ancora costituzionalmente ascritta agli arcana imperii. Se proprio deve trattenersi, evita le espressioni verbali e ricorre al linguaggio figurato, a atti simbo-lici, "con cui, senza ledere la legalità, si vuol dimostrare l'avversione al Governo" e "lo spirito nazionale". Essi sono per lo più ideati dall'élite, ma adottati "in una scala più estesa" (Gaspari, 17 maggio, 5 e 21 giugno, 21 e 27 agosto). Ma il più delle volte ci si sente liberi di parlare apertamente "d'ogni argomento che abbia rapporto al Governo, con una irriverenza senza pari" (Gaspari, 12 aprile 1849). QUESTIONI INTERPRETATIVE Alla fine di questo percorso esplorativo della rappresentazione che le spie austria-che tratteggiano della società urbana post-quarantottesca, è necessario affrontare alcuni nodi sull'attività interpretativa che tale operazione presuppone. 33 Conferma un rapporto segreto 10 aprile 1817 (ASMi, 4). 34 L'anonimo informatore osserva che a Milano l'avversione per il governo austriaco e l'adesione ai principi liberali si manifesta in "tutte" le fasce della popolazione (nobili, preti, militari, borghesi, regi impiegati) e in tutti i luoghi pubblici (salotti, teatri, casini, caffè). 35 Cfr. il caso del chincagliere Riganti, nella cui bottega "vi è sempre un club politico" (Gaspari, 13 maggio). Questa pubblicità delle trame sovversive è sottolineata da Chiavistelli, 2006, 127-128, per Firenze e Toscana. 541 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 La storiografia spesso inclina a riconoscere scarsa o nulla affidabilità agli infor-matori e a liquidarne il lavoro come mosso unicamente da ragioni di natura eco-nomica.36 Sebbene la valutazione opportunistica sia loro ben presente, visto il profilo sociale non brillante della categoria, coloro che prestano servizi continuativi, ed è il segmento su cui qui ci siamo soffermati, avvertono la necessità di muoversi con misura e di non mostrarsi del tutto ingenui agli occhi del committente. Ció anche perché quest'ultimo non si mostra proprio disarmato di fronte alla menzogna o alla chiacchiera inconsistente.37 Inoltre, confrontando gli scenari tracciati dagli informa-tori con conoscenze storiografiche di altra origine, come qui si è cercato in qualche misura di fare, le descrizioni delle spie risultano nel complesso plausibili. Come che sia, poiché ci troviamo di fronte a una fonte difficilmente sostituibile sulla vita sociale della modernità, come prova l'alto impiego che gli storici ne hanno fatto, puó essere sensato prescindere dalla questione della mera veridicità dei con-tenuti, e leggere piuttosto l'interpretazione dei confidenti come parte della realtà nella quale essi operano. I confidenti abituali che riferiscono sullo spirito pubblico non sono ignari della presunzione di infondatezza che grava sulla loro testimonianza. Essi possono farsene carico optando per un'esposizione ellittica o, al contrario possono scegliere di ricor-rere all'inferenza e all'induzione per dare completezza al proprio quadro. In questo caso la loquacità è peró temperata da una costante attenzione alle difficoltà di ordine epistemico che la situazione comunicativa solleva. Con riguardo alle nostre fonti, l'anonimo confidente veronese propende, quando lo ritiene opportuno, per una franca ammissione di insufficienza, mentre Ambrogio Gaspari, culturalmente assai meglio attrezzato, intreccia nei suoi documenti un discorso meta-cognitivo a quello referen- ziale.38 Primo passaggio del ragionamento è riconoscere l'inevitabilità dell'interpreta-zione: la società sa essere esplicita, ma non è un libro aperto nemmeno per le spie. "I sentimenti veri d'una nazione" si desumono piuttosto dai comportamenti, per cui occorre districarsi nella polisemia della cultura cittadina (part. Gaspari, 4, 7 e 16 aprile 1849). L'operazione è tanto più ardua perché la città produce discorsi e rappresentazioni che moltiplicano i livelli della realtà, allontanando ulteriormente il piano della concretezza di oggetti ed eventi, vale a dire della verità.39 Si tratta di una problematica risalente, che riguarda l'atteggiarsi della vox populi e la costruzione dell'opi-nione (Gunn, 1995; Landi, 2006, 28 ss. e passim). I confidenti cercano solidità nei 36 Emblematiche le considerazioni di Cobb, 1970, 5 ss. 37 Lo testimonia la vicenda di Apostoli, sui cui Preto, 1997. 38 Per l'informatore veronese, v. la terza lettera (b). Per Gaspari v. oltre. 39 "Io non ero in bottega Dumolard, ma fui assicurato che un tal discorso fu tenuto da un dottor Francia" (Gaspari, 30 aprile). Su questi problemi anche Gaspari, 21 agosto. 542 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 discorsi, coll'individuare più in concreto i soggetti responsabili della loro circola-zione: a questo serve il loro continuo ricorso alla classificazione sociale. Su questo versante essi si scontrano con la limitatezza del loro ambito visuale, che pone inevitabili problemi di proporzione e di prospettiva nel tracciare il quadro dello spirito pubblico. La dimensione soggettiva dell'osservazione è infatti fortemen-te condizionante. Collocazione sociale, posizionamento spaziale nella città, dimensio-ni e caratteri della rete relazionale dalla quale si attingono le notizie determinano in misura significativa il quadro che viene a formarsi. Dei nostri confidenti fra 1S4S e 1S49, Gaspari è quello che si colloca più decisamente a livello della borghesia urbana, che frequenta le residenze private e un certo numero di locali pubblici. Le sue carte, come abbiamo detto, delineano non a caso un'immagine particolarmente socie-vole e consapevole del popolo a tutti i livelli e testimoniano di una pervasiva politicizzazione della cittadinanza. Gli altri informatori, uno milanese e due veronesi rivelano un livello di cultura inferiore. Il loro fuoco d'osservazione è collocato più in basso nella scala sociale: abbraccia soprattutto il mondo del lavoro manuale e degli impieghi d'ordine. Sebbene non manchi qualche interesse per la politica, di questi settori della cittadinanza ven-gono evidenziate le aspirazioni attinenti alla sfera economica, le difficoltà di carattere quotidiano, gli attriti con il ceto dirigente, il desiderio di pace (rapporto non firmato, Milano, 2S agosto 1S4S (a); primo informatore veronese, quarta e quinta lettera (b). Sottodimensionata da tutti senza eccezioni è la presenza sulla scena dell'aristocrazia, che viene invece enfatizzata dalla storiografia recente (in generale Meriggi, 2002, 151 ss.). Nessuna delle spie qui considerate puó infatti vantare una prossimità con gli ambienti nobiliari, che il governo si procurava per via di fonti interne al ceto.40 La tassonomia sociale, oltre a essere parziale per ragioni soggettive, non porta soluzioni definitive nemmeno sul piano dell'oggettività. Se pure si riuscisse a com-porre un quadro esaustivo delle articolazioni sociali, l'interpretazione non ne risulte-rebbe più agevole. Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, infatti, sono saltate le corrispondenze abituali, per cui non è più possibile accertare la fondatezza delle rappresentazioni e delle opinioni ricorrendo al determinismo sociografico. Si deve pertanto optare in ultima analisi per una comprensione intuitiva dell'insieme. Se anche "questi signori si vanno pascendo di favole e di nonsensi," restano pur sempre reali "le disposizioni della cittadinanza." La cittadinanza medesima conserva la sua concretezza e la sua coerenza: essa infatti "è sempre la stessa, [...J resa timida per il rigor militare, ma [...J sempre pronta a dimostrarsi quale fu il 1S marzo, ove lo potesse fare" (Gaspari, 15 giugno). 40 Sul coinvolgimento del clero e della nobiltà nello spionaggio, Bolza, 1S63, 31 e S2. 543 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-55Q Qui entra in gioco il posizionamento dei confidenti all'interno dello spazio della mediazione culturale. Se questa operazione presuppone un'alterità del soggetto mediatore rispetto ai due attori coinvolti, dobbiamo capire se vi siano equidistanze o parzialità.41 La cultura política di questi operatori appare profondamente ambigua. Gli informatori in effetti hanno sempre uno statuto ambivalente: operano per conto del go-verno, e pertanto in qualche misura ne sono parte, ma devono anche essere profondamente compromessi con la realtà che osservano, per ricavarne qualcosa. Nell'ani-mo si mostrano talora sradicati dall'uno e dall'altro terreno, prossimi al solipsismo.42 I loro discorsi non di rado echeggiano le viste governative.43 In tali frangenti nelle loro pagine risuona il registro paternalistico, che si ritrova peraltro, con stilemi identici, negli appelli delle autorità austriache di quegli stessi anni, il cui tenore è ben esemplificato nei proclami del tenente maresciallo Michele Strassoldo: "I deplorabili disordiní di jeri - ne recita uno - furono provocati da un partito, il quale, impotente a raggiungere lo scopo a cui tende, ricorre ai mezzi più indegni per turbare il tranquillo cittadino nella sua sicurezza e nei suoi passatempi di carnevale, per danneggiare il commerciante e l'operajo nel suo guadagno e per suscitare negli animi la diffidenza. Nella mía qualità di comandante di questa città, ho in mano il potere di render vani i tentativi di tale partito e perció gli abitanti di Milano non devono abbandonarsi a timori, ma confidare nella vigilanza e nella protezione delle Autorità" (Milano, 7 febbraio 1853; in: ASMi, 3).44 Ma, se poniamo mente alla rappresentazione della città che soprattutto Gaspari elabora nei suoi scritti, al di là dell'imítazione compiacente, la visione del confidente si muove per lo più lontano dalla cultura burocratica. Il divario si fa evidente andando al nocciolo del problema: il nome da dare al soggetto di cui si parla. I rapporti sullo spirito pubblico dei funzionari della regia amministrazione discorrono di "popolazione", di "sudditi", di "abitanti", al limite si riferiscono alla "città", attenti a non uscire dai contorni della "costituzione" del Regno. I confidenti usano spesso questi epiteti, ma li mescolano ad altri assai più connotati politicamente e che non si ritro-vano mai nelle scritture ufficiali: "pubblico", "cittadinanza", "nazione", "popolo". A riguardo sarà allora opportuno apprezzare tutto il peso di talune locuzioní incontrate lungo il percorso, quali "le disposizioni della cittadinanza," o, ancor meglio, "i sentimenti veri d'una nazione." L'interpretazione si riveste qui di una va-lenza assertíva e finisce per comprovare la sintonía dell'emittente con una cultura che 41 Cfr. sul punto le note metodologiche di Allegra, 1981. 42 Di grande interesse e a questo proposito l'autobiografia di Bolza (Bolza, 1863, part. 15 ss.). Per lo sradicamento emotivo degli intellettuali, Albergoni, 2006, 193, 221 ss. e 423. 43 Cfr. sopra, p. 532. Addirittura ci si spinge a chiedere misure di maggior rigore o regressive (Gaspari, 9 maggio e 27 agosto). 44 Ma si veda anche la serie dei documenti datati Verona, 3 aprile 1848 e successivi. 544 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 non è quella del destinatario, rispetto non tanto a specifiche opzioni politiche, pro- o anti-governative, quanto all'interpretazione del significato di "popolo". I testi delle spie, rappresentando il popolo nei termini che abbiamo illustrato, trasgrediscono alla lettera l'imperativo dell'esclusione del popolo dalla politica.45 Nel mettere in piedi questi servizi informativi, in un certo senso, si cerca ció che si teme di trovare, perché incompatibile con la cultura politica dominante. Gli infor-matori finiscono per trovare quanto si cerca, dando sostanza ai timori dei poteri pubblici e, per converso, confortando le tesi della cultura concorrente. Di chiudere il circolo si incaricano le note misure repressive delle autorità austriache. "Per disposizione dell'I.R. Comando del Presidio militare di questa fortez-za, la regia Delegazione deve ordinare che tutti gli osti, bettolieri, locandieri, caf-fettieri, e tutti quelli che hanno bottega di qualsiasi categoria, abbiano a chiudere i rispettivi loro esercizj alle ore 10 pomeridiane; in pari tempo restano rigorosamente proibiti tutti i canti, e schiamazzi onde non turbare la pubblica tranquillità, ed in fine sono tenuti gli abitanti a dover ritirarsi nelle rispettive abitazioni non più tardi dell'ora sopra accennata, e specialmente di non fermarsi per istrada in assembra-menti, ed in sospette unioni, per non esporsi alle rigorose misure già impartite all'uopo per parte dell'autorità militare" (Avviso del delegato provinciale di Verona 1 maggio 1848). Con il coprifuoco il governo conferma di fronte a tutti che esiste un nemico politico interno, il quale virtualmente coincide con la rete socializzata della città. VOHUNJENJE ZA PREBIVALSTVOM V PRVI POLOVICI 19. STOLETJA: LOMBARDSKO-BENEŠKI OBVEŠČEVALCI POLICIJE KOT INTERPRETI MEŠČANSKEGA JAVNEGA PROSTORA Simona MORI Univerza v Bergamu, Fakulteta za humanistične znanosti, Oddelek za književnost, umetnost in multimedijske študije, IT-24129 Bergamo, Via Pignolo, 123 e-mail: simona.mori@unibg.it POVZETEK Avtorica v prispevku preučuje dejavnost ovaduhov, ki jim je vlada v Lombardsko-beneškem kraljestvu po revoluciji leta 1848 zaupala nalogo spremljanja javnega razpoloženja v nekaterih mestih po državi, zlasti pa v Milanu. 45 Su quest'ultimo punto Del Corno, Scotti Douglas, 2002, 92, con riferimento alla versione ufficiale dei fatti delle Cinque giornate. 545 Simona MORI: SPIARE IL POPOLO NEL PRIMO OTTOCENTO: ..., 527-550 Iz predstavitev urbane kulture tedanjega časa, ki so jih podajali obveščevalci, je razvidno, da je bila družba zelo razčlenjena, hkrati pa tudi močno povezana preko medrazrednih in intenzivnih družabnih odnosov, ki so se oblikovali v spletu krajev za srečevanje in druženje. Ti kraji - kavarne, krčme, gostilne, prodajalne in trgovine -so skupaj ustvarjali javni prostor, v katerem se je skupnost spoznavala in si izmenjevala informacije, zanimive za vse njene člane. Tako je nastal sistem mrež, vezan tako na okoliška kot nadregijska področja, ki se je uporabljal za širjenje novic. Vsebina tega podatka je pretežno politične narave. Zaupne informacije so namreč podajale sliko družbe, ki je bila resda na vseh ravneh, toda minimalno spolitizirana. Ponavadi namreč ni izražala ideološko koherentnih in dovršenih stališč, niti ni bila militantna. Spolitizirana je bila v toliko, kolikor je bila čuječa, v osnovi informirana, neodvisna od oblasti in odločna v odnosu do lastne politične subjektivnosti. Obveščevalci oziroma ovaduhi so bili interpreti kulture, ki so jo tolmačili kraljevi oblasti. Pri tem so razvrščali različne člane družbe, ocenjevali njihovo javno obnašanje ter podajali splošne ocene nravstvenega stanja meščanstva. Na njihovo delo je po eni strani vplival njihov lasten dvoumni in problematični družbeni vidik, po drugi strani pa subjektivnost njihovega videnja. Kljub temu je opaziti, da so se do neke mere zavedali kognitivnih implikacij svoje dejavnosti ter dejstva, da je sliko, ki so jo imeli pred seboj, težko interpretirati v smislu tradicionalnih kategorij. Čeprav so vedno upoštevali vidik vladne kulture, ki družbenim problemom ni priznavala političnosti, je v njihovih govorih na splošno moč zaznati prej opisano izhodišče, s katerega se je konkurenčna kultura vendarle predstavljala kot bolj konkretna in verodostojna. Ključne besede: politična kultura, policija, javna sfera, družabnost, družbena klasifikacija, Lombardsko-beneško kraljestvo FONTI E BIBLIOGRAFIA ASMi, l - Archivio di Stato di Milano (ASMi), Cancellerie austriache (CA), busta (b.) 125. ASMi, 2 - ASMi, CA, b. 133. ASMi, 3 - ASMi, CA, b. 368. ASMi, 4 - ASMi, Presidenza di governo (PG), b. 14. ASMi, 5 - ASMi, PG, b. 26. Bolza, L. 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