Received: 2014-05-10 UDC 343.9.02(450.82)"1860/1880" Original scientific article "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA NELLA SICILIA DI ETÄ LIBERALE (1860-1880) Francesco BENIGNO Universita di Teramo, Facolta di Scienze della Comunicazione, Campus universitario di Coste Sant'Agostino, via R. Balzarini 1, 64100 Teramo, Italia e-mail: fbenigno@unite.it SINTESI In questo saggio mi propongo di analizzare la rappresentazione della mafia come setta nella sua fase originaria, il primo ventennio successivo all'Unita d'ltalia. Di questo immaginario settario viene qui analizzato un frammento, quello della cerimonia di ini-ziazione, un rito che ha il suo punto culminante nella puntura di un dito nel novizio. La nascita di questo famoso rito viene qui legata al particolare clima degli anni settanta del XIX secolo e alle urgenze politiche che lo caratterizzavano. Tra esse, quella di trovare le prove che un raggruppamento di criminali costituisca una vera e propria «associazione di malfattori», nel senso delineato dal codice penale dell'epoca. Un passo avanti nella caratterizzazione del paradigma mafioso. Parole chiave: mafia, crimine organizzato, ordine pubblico, polizia, classi pericolose "A PUNCIUTA". NOTES ON THE IDENTIFICATION AND PROSECUTION OF THE MAFIA SICILY IN THE LIBERAL AGE (1860-1880) ABSTRACT In this essay I propose to analyse the representation of the Mafia as a secret society in its original phase, the first two decades after the unification of Italy. Of this imaginary it is analysed here only a fragment, that of the initiation ceremony, a ritual that has its climax in the prick of a novice's finger. The birth of this famous ritual is here linked to the particular climate of the seventies of the nineteenth century and explained through the political urgencies that characterized this period. There is evidence of a governmental attempt to characterize a group of criminals as a true "associazione di malfattori" in the sense outlined in the Criminal Code of the time. A step forward in the identification of the Mafia 'paradigm. Key words: mafia, organized crime, public order, police, dangerous classes Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 Queste brevi note si muovono nel solco della riflessione inaugurata dal sociologo Jeffrey C. Alexander, e che potremmo chiamare, con riferimento al titolo dell'edizio-ne italiana di un suo libro, la costruzione del male (Alexander, 2006a; Alexander et al., 2006b). Con questa espressione, forse un po' arcana, ci si intende qui riferire ai codici che organizzano l'intellegibilita della vita collettiva e che sono continuamente riprodotti e modificati nelle pratiche dell'interazione sociale. Secondo Alexander questi codici hanno una struttura binaria, dispiegandosi tra sacro e profano, bene e male, amico e nemico, li-berta e repressione. Si tratta di processi culturali di produzione di significato che rendono l'individuo non solo capace di orientarsi in quello che potremmo chiamare il «paesaggio culturale», ma che lo abilitano all'azione. E lo fanno, ci suggerisce Alexander, attraverso quello che lui chiama il «posizionamento simbolico», un codice tanto piu potente ed ef-ficace, osserva, quanto inconscio. Nel mondo postmoderno, egli osserva, le dichiarazioni fattuali e i racconti dell'immaginazione, la ricostruzione calligrafica della realta e quella immaginifica, sono strettamente intrecciate attraverso narrazioni sociali che hanno come centro o meta la salvezza individuale e quella collettiva. E dunque cruciale il ruolo che gioca il male nella delineazione narrativa del reale ed e ovviamente per questa via che il racconto poliziesco d'ambiente urbano assume nell'immaginario collettivo quell'im-portanza che dopo Siegfried Kracauer (Kracauer, 1984) e Walter Benjamin (Benjamin, 1986), non puo sfuggire. Cio detto, quando parliamo di configurazione simbolica occorre intendersi. C'e una ricorrente tentazione a vedere nei simboli delle strutture inconsce fisse, archetipe (e, va da se, astoriche) dotate di un proprio autonomo potere numinoso. Contro questa visione immobilizzante, che si radica negli anni Trenta (quegli«anni bui» di cui scriveva famosa-mente Bertold Brecht) - gli anni della grande costruzione junghiana ma anche quelli della Staatsymbolik di Percy Ernst Schramm, e possibile, come si e cercato altrove di sostene-re (Benigno, 2010; Benigno, 2013a), una lettura diversa, per cosi dire terrena e mobile dei simboli: intesi come grumi di significato animati, viandanti, conflittivi e non fissi e per cosi dire impalpabilmente posizionati nell'empireo; simboli percio che vengono continuamente adattati e riadattati dai gruppi e dagli individui impegnati nella lotta per la significazione del mondo e quindi per la definizione dell'identita sociale. Il sottolineare la polimorfa capacita dei simboli e delle narrazioni che essi trascinano con se (e di cui sono per cosi dire intimamente pervasi, o come usa dire, embedded) di attivare cariche empati-che (quella esperienza delle emozioni verso cui la storiografia nutre oggi un comprensibi-le anche se ambiguo interesse (Ferente, 2013) non vuol dire farne dei «motori immobili» dell'immaginario sociale, ma invece dei vettori che coagulano e consentono l'espressione dei processi di identificazione/repulsione (feind/freund) che organizzano l'appartenenza e il discrimine sociale. Dei vettori, per di piu, mutanti, che sono tanto piu longevi quanto capaci di adattarsi al nuovo, inglobando nelle proprie narrazioni inediti significati. Dal punto di vista storico e non sociologico, sono pero cruciali i processi di identifi-cazione che quelle figure trascinano con se, assegnando ai motivi simbolici, quasi come un'aurea, uno spazio e un tempo. Le costruzioni simboliche anche in questo mondo postmoderno che tutto mescola e sembra confondere, hanno cioe un radicamento particolare, un grumo di appartenenza, si fondano su esperienze che costituiscono cio che Michael Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 Herzfeld definisce «intimacy» (Herzfeld, 2003), ovvero quel «nonsoche», quell'ineffabile intimita sociale che permette il riconoscimento. Le configurazioni simboliche tipizzate, in altre parole, possiedono un inconfondibile colore locale che rende possibile la loro presa identitaria, e quindi la loro stessa esistenza e riproduzione; sono per cosi dire «imbevuti» di un'atmosfera spazio-temporale unica, che conferisce loro un suo «marchio di fabbrica^> o un suo imprinting. E le tracce di questo radicamento si ritrovano anche quando, come sorta di navicelle spaziali culturali, esse sono odiernamente proiettate nell'immaginario collettivo globalizzato. Veniamo dunque alla configurazione cui voglio qui brevemente accennare: la rappre-sentazione della cosiddetta mafia in un tempo definito, quello delle origini, vale a dire il ventennio 1860-1880. Prima di tutto pero occorre accennare al retroterra necessario di questa figura, vale a dire al tipo, simbolicamente connotato, della setta malefica e tene-brosa. E interessante come, in tempi recenti vi sia stato un ritorno di attenzione (che po-tremmo qualificare di postmoderno) per essa: un filone che da Dan Brown a Umberto Eco (Eco, 1988; Eco, 2010) ha riportato all'attenzione il tema risaliente della societa segreta misteriosa e arcana, malvagia e sfuggente; e cio dopo un periodo di relativo appanna-mento, e pur con la luminosa eccezione del film Rosemary's baby di Roman Polansky del 1968 - tratto dal romanzo di poco precedente 1967 - di Ira Levin (Levin, 1969). La figura della societa segreta o della setta congiurata ha pero costituito un tratto decisivo della cultura europea del Settecento e poi dell'Ottocento, essendo un tratto stilizzato che rende conto delle maniere con cui si e strutturata sia la nuova tecnologia del potere (la masso-neria) sia la politica dell'opposizione all'assolutismo (l'universo settario cospirativo). Il Novecento ha per larga parte ereditato questa tradizione, in modi che non si possono riassume qui neppure per accenno, ma e certo che quando ci si riferisce all'idea di setta, e anche all'idea di setta criminale, non si puo non pensare a questa tradizione e al rutilante universo di immagini e simboli che essa ha trascinato e trascina con se. Tra le sette che popolano l'immaginario collettivo italiano (e poi, a partire dalla se-conda meta del XIX secolo, mondiale) la mafia e una delle piu inquietanti e temibili: essa e infatti generalmente descritta come un'organizzazione potente, segreta e soprattutto pervasiva (si pensi all'immagine, poi anche televisiva, della «piovra»). Non e possibile in questa sede trattare delle varie teorie sulla natura della mafia e sull'evoluzione dell'atteg-giamento della storiografia a riguardo, soprattutto a seguito della scoperta dell'esistenza dell'organizzazione denominata Cosa nostra da parte di Giovanni Falcone. Il famoso interrogatorio di Tommaso Buscetta, trascritto da Falcone a mano nel luglio 1984, con-tiene la famosa descrizione di «Cosa nostra^», divenuta poi di senso comune: una societa segreta composta da «uomini d'onore» organizzati in «famiglie», che si dividono il ter-ritorio, e dotata di un'istituzione di coordinamento, la famosa «cupola^» che si riunisce periodicamente per dirimere i conflitti. Al contempo Buscetta, in uno dei primi interroga-tori, dismette il concetto tradizionale di mafia, come inadatto a cogliere la realta vera delle cose, definendo il concetto tradizionale di mafia, con voluto distacco, come letteratura (Arlacchi, 1995). La mafia delle origini come letteratura, dunque, secondo Buscetta. E in effetti, se ritor-niamo a quel secondo Ottocento che vede le origini del fenomeno mafioso non si puo non Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 notare che, nella delineazione della setta segreta, misteriosa e terribile, di cui la mafia sarebbe incarnazione, il XIX secolo presenta un repertorio impressionante. Esso spazia dalla pubblicistica piu direttamente politica, che si rivolge all'universo massonico e para-masso-nico, a quella piu teorica, che riflette sui processi di politicizzazione indotti dalla rivoluzione francese (da De Maistre a Barruel) alla letteratura dei Misteri (da Sue e Balzac) e alle sue propaggini tarde (da Feval a Ponson du Terrail) alla nascita di un vero e proprio genere lette-rario (da Pierre Zaccone a Charles Williams Heckethorn) costituito dalla storia delle societa segrete nell'evoluzione dell'umanita, repertori settari che iniziano col mondo classico e attraverso miriadi di organizzazioni esoteriche come i Templari e la setta degli Assassini, passano ai Thugs e alle moderne sette politiche, dai Fenians ai Carbonari. In breve, nel par-lane di mafia delle origini dobbiamo tener presente che gli uomini dell'Ottocento vivevano immersi in un immaginario letterario o meglio politico-letterario che rappresentava quello che potremmo definire il loro orizzonte di comprensione: vale a dire quell'insieme di sche-mi di preconcetti e di nozioni che - come ci ha insegnato Walter Lippmann - permettono di riconoscere e quindi di «vedere» le cose, di dare senso alla realta. Non si tratta naturalmente solo di un'esperienza libresca ma di un vai e vieni, una dialettica tra esperienza e nozioni ricevute, tra quello che oggi chiameremmofiction e non-fiction in cui l'immaginario plasma e orienta la realta, si confonde e si mischia con le pratiche giudiziarie e con quelle polizie-sche, e ne e continuamente modificato (Benigno 2005; Benigno 2011). Ora se di questo orizzonte immaginario la setta malefica e una componente importan-te, e anzi decisiva, altrettanto lo e la delineazione dei membri delle «classi pericolose» come popolo. Vale a dire come un mondo sociale «altro» declinato, secondo l'imposta-zione romantica prevalente, come autonomo e cioe caratterizzato da stili di vita, regole di comportamento, tradizioni culturali e perfino una lingua (l'argot) sue proprie. In altre parole la delineazione romantica degli strati criminale come popolo (prima della scienti-fizzazione lombrosiana che tende ad attribuirlo al mondo della natura e prima anche della sua attribuzione all'universo storicistico, che ne fa un effetto del «ritardo» nell'evoluzione progressiva dell'umanita, un «avanzo di feudalesimo») serve a definire un «altro da noi» sociale che e necessario per separare le classes labourieuses dalle classes dan-gereuses (Chevalier, 1976). Mentre non deve sfuggire che ogni discorso sui criminali e nell'Ottocento un discorso sul popolo e sul suo potenziale eversivo. E che dunque anche il discorso sulla mafia delle origini e, in fondo, un discorso sul popolo siciliano e sulla sua terribilita sovversiva. Se ci si chiede percio cos'e il discorso sulla mafia nella Sicilia degli anni '60 e '70 dell'Ottocento bisogna concluderne che e essenzialmente un discorso sulla sovversione, e cioe sul turbamento dell'ordine politico. Il termine mafioso era usato sin dagli inizi degli anni '60 come un sinonimo siciliano di camorrista e come tale si ritrova nel titolo della commedia I mafiusi di la Vicaria (Di Bella, 1991). E solo nel 1865 che invece esso inizia ad essere utilizzato come concetto astratto, diventa maffia. La prima volta che lo si incon-tra in un documento scritto e, com'e noto, nel rapporto di un prefetto della destra storica, Filippo Antonio Gualterio (De Vecchi, 1936) che puo ben essere definito un prototipo di alto funzionario che interpreta quell'uso governativo e partigiano del governare dal quale tardivamente Silvio Spaventa - dopo esserne stato protagonista - prendera le distanze. Per Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 Gualterio, che aveva una vera e propria predilezione per le sette e le congiure e che aveva messo in piedi un efficiente servizio di spionaggio personale, la maffia e infatti un'orga-nizzazione politico-criminale che rischia di supportare e di riunire i nemici dell'ordine co-stituito: da una parte i repubblicani seguaci di Giovanni Corrao prima e di Giuseppe Badia poi, e cioe coloro che anche dopo Aspromonte continuavano a sognare un completamento dell'Unificazione attraverso la rivoluzione e I'istituzione della Repubblica; e dall'altra i clericali e borbonici nostalgici del passato regime. Gruppi contrapposti che si sarebbero messi insieme per abbattere il regime costituzionale di Vittorio Emanuele. E la tesi del complotto rosso-nero, che da allora avra in Italia una lunga storia e che nel linguaggio novecentesco verra poi ribattezzata come «convergenza degli opposti estremismi». Dopo la rivolta di Palermo del 1866 la cosiddetta maffia, un'entita criminale organiz-zata in forma settaria e non ben definita, acquisto notorieta, divenendo uno dei termini chiave nel dibattito sull'inaudita insurrezione anti-nazionale di quella che era universalmente considerata la culla del Risorgimento, la «citta delle grande iniziative». Come gia era accaduto a Napoli con la parola camorra (Benigno, 2013b), il termine maffia in Sicilia costituisce percio nel ventennio postunitario un'espressione anfibia, che allude a un'orga-nizzazione criminale che nessuno e in grado di definire con precisione ma al contempo e un termine che, entrando nel dibattito civile, indica comportamenti e attitudini che servo-no a squalificare l'avversario: mafioso diventa sinonimo di avverso al vivere civile e alle istituzioni ma anche di prepotente e di violento. Come scrivera un testo del 1878, il primo che tratta di camorra e mafia, scritto dal giornalista e scrittore Angelo Umilta per presentare questi argomenti al pubblico francese: Allorche per la prima volta queste due parole barbare sono state lanciate come due palle piene di materia esplosiva e deleteria nel dominio della pubblica opinione, la curiosita collettiva ne e stata vivamente eccitata. Ciascuno domanda al suo vicino che cosa queste parole possano significare. E da quando esse hanno fatto la loro appa-rizione nei dispacci da Roma, da Napoli e da Palermo la stampa e stata presa da una specie di febbre mischiata a sfiducia e ciascun giornalista si e creduto in dovere di of-frirne una definizione, che sovente e ben lungi dal soddisfare il lettore (Umilta, 1878). L'anno prima, nel 1877 l'internazionalista siciliano Francesco Sceusa aveva scritto un libretto chiamato Mafia ufficiale in cui denunciava le manovre delle autorita che lo avevano fatto ammonire come mafioso allo scopo di impedirgli di svolgere la sua attivita politica. Di fronte all'interrogazione parlamentare proposta da Giovanni Bovio, cui era dedicato il volume, nella tornata del 17 marzo 1877, il ministro dell'interno rispondeva recisamente che «i socialisti sono mafiosi in Sicilia, camorristi a Napoli, accoltellatori nelle Romagne» (De Clementi, 1984). In un altro libro di quegli anni (1880) di taglio clericale e reazionario e invero assai stravagante, la mafia viene considerata una societa segreta massonico-repubblicana, una propaggine del mazzinianesimo, l'incarnazione del Grande Complotto (Vizzini, 1888). Spesso la storiografia, di fronte a questa sfuggente e disturbante ambiguita semantica, infarcita di criminalizzazione e di folklorizzazione, e rifuggita dal prenderla sul serio e Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 ha assunto l'atteggiamento di colui che tenta di sceverare il vero dal falso, il grano dal loglio, l'atteggiamento genericamente prepotente da quello compiutamente criminale. Si e tentato cosi di studiare la storia del crimine organizzato al di la e in certo senso a pre-scindere dai discorsi che si fanno su di esso. Impostando, in questo campo di studi una maniera di procedere non ammessa in nessun altro campo della conoscenza storica ma invece assai praticata in sociologia: quella cioe di procedere per tipologie, per calchi ide-altipici e andando poi a ritroso, col presente che aiuta a capire il passato. Una modalita che consente ovviamente di mettere, per cosi dire, la dimensione temporale tra parentesi: e di interpretare i «mafiosi» del XIX secolo attraverso quello che sappiamo dei mafiosi del Novecento, e spesso di quelli vissuti nella sua seconda meta, gli unici, tra l'altro di cui possediamo testimonianze dirette. E possibile invece assumere un'altra posizione teorica, quella di chi indaga la confu-sione e sarei per dire la «contaminazione» dei discorsi, sapendo che non vi e una verita soggiacente ed originale che faccia da riferimento ad essi, l'esistenza di un Sacro Graal da ritrovare al di la dell'abbuffata retorica della contraddittorieta delle definizioni concorrenti e confliggenti; ma che assume invece la supposta esistenza del Sacro Graal, nel nostro caso di un'organizzazione segreta chiamata maffia, come uno di questi registri discorsivi tra gli altri: il terreno per appunto della configurazione mitica della setta onnipotente, tra lettera-tura dell'immaginario e prassi - politica, mediatica, giudiziaria, poliziesca - quotidiana. Nel 1875 l'attivita di indagine e di repressione delle forze di polizia nei confronti della criminalita siciliana si fa intensa. Prima nella borgata palermitana dell'Uditore e poi a Monreale vengono indagati e repressi dei gruppi di delinquenti che sembrano possedere piu di un tratto in comune. Anzitutto si tratta di bande organizzate in forma di associazioni informali di mutua solidarieta, in possesso di una cassa in comune, di una gerarchia, di regole di comportamento, di capi. Niente di strano in verita essendo queste le modalita associative tipiche dei nascenti movimenti di organizzazione delle moderne societa ope-raie e di mestiere, che, pur rimodellate secondo nuovi schemi ideologici e organizzativi riprendevano in buona sostanza le antiche tradizioni delle corporazioni artigiane e delle confraternite legate a specifiche attivita su cui si erano poi innestate le tradizioni masso-niche e carbonare (Lupo, 2011). In un giornale palermitano del 1875 una corrispondenza da Terranova racconta dell'e-sistenza di una societa operaia di mutuo soccorso che pero non svolge in pratica tale funzione perche non ha denari per aiutare i soci: «e destinata piuttosto a servir a questo o quest'altro partito or per le elezioni comunali or per le politiche». Secondo il corrispon-dente questa societa e soggetta all'influenza di soggetti esterni: «il consorte, il clericale, l'appaltatore, l'intrigante», insomma tutta una congerie, una mafia, che si infiltra nella societa operaia per controllare gli effetti che la civilta produce nelle menti «del muratore, del sarto, del calzolaio e dello stesso contadino» (La lince, 1875). Le societa di mutuo soccorso o quelle di stampo corporativo-monopolistico, spesso politicizzate e, dopo il 1874, pericolosamente inclini a fiancheggiare la sinistra, erano accusate di essere basi di attivita della delinquenza organizzata mentre viceversa sino a questo momenti i tentativi di scovare vere e proprie associazioni di malfattori erano cadute nel vuoto. Ora pero le forze di polizia, grazie all'uso di delatori e infiltrati, vengono a Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 conoscenza di un rito che si ripeterebbe con strana somiglianza in molti di questi gruppi criminali. Si tratta di quello che e stato poi riscontrato, con varianti, nel corso del Nove-cento e fino ai giorni nostri e che e noto come la cerimonia di iniziazione della cosiddetta punciuta: grazie alla notorieta di questo rito il terminepunciutu che significava un tempo tentato, toccato (per antonomasia toccato dal demonio) e divenuto sinonimo di affiliato. Ma vediamo qualche testimonianza: il 22 ottobre 1876 il barbiere Leo Pellegrino di Caltabellotta depone davanti a vari agenti di pubblica sicurezza sull'esistenza di un'asso-ciazione di malfattori. Agganciato da tale Sebastiano Marsala il testimone sarebbe stato condotto nella casa di Don Vito Via dove vi erano altre persone che riunite in cerchio avevano proceduto al rito di affiliazione: «Marsala mi lego il dito indice della mano destra fortemente collo spago quindi mi foro la punta del dito stesso con uno spillone, asciugo il sangue con l'immagine di una santa brucio poscia la santa stessa divise in due porzioni la carta bruciata e ne diede a me una parte. Dopo cio tanto io che il Marsala abbiamo fregato la cenere nelle mani e quindi l'abbiano gettata in aria^>. La testimonianza del Pellegrino confermava un'altra testimonianza rilasciata il 28 marzo 1876 da Domenico Intermaggio che raccontava negli stessi termini l'iniziazione e accusava le stese persone di far parte di una societa segreta detta Oblonica (Di Menza 1878, II, 227). Insieme alla scoperta del rito di affiliazione l'attenzione delle forze di polizia si con-centra sulle parole d'ordine. Riti e segni di riconoscimento sono importanti perche sta-biliscono l'esistenza di un'organizzazione che possa ricadere nella fattispecie giuridica della associazione di malfattori, un tipo di reato che prevede la costituzione di una banda criminale formata da piu di cinque individui e dotata di una struttura organizzativa, di una gerarchia e di una condivisione degli utili derivanti dai reati. Anche qui l'attenzione e indirizzata a sorvegliare la somiglianza e ripetizione di questi segnali di riconoscimento. Secondo il procuratore Giuseppe Di Menza, uno dei protagonisti dei processi degli anni settanta ai gruppi delinquenziali siciliani: «La parola d'ordine e preceduta da un segno, il quale consiste nel portare la mano destra alla bocca. E quando la persona a cui la mano destra si dirige vi fa attenzione, allora il compare che vuole essere riconosciuto esclama: mi duole! - Che cosa vi duole? - il dente canino. Il riconoscimento e fatto, e i compari possono pienamente affidarsi gli uni sugli altri». La ricerca affannosa di somiglianze tra le varie bande va contestualizzata. Essa si situa nel periodo che va dal 1874 al 1878, vale a dire nell'epoca del trapasso dalla destra alla sinistra storica. Attorno alla scoperta a Monreale di un'organizzazione criminale detta degli Stoppaglieri e della conseguente rivelazione (ad opera di una spia della polizia) di una de-rivazione della stessa a Bagheria, la banda detta dei Fratuzzi, si tenta di delineare la presen-za in Sicilia di un'unica setta criminale-eversiva con varie ramificazioni, chiamata mafia. Il Ministero dell'interno, in cerca di argomenti per legittimare l'imposizione nell'Isola di leggi eccezionali in un contesto in cui la Sicilia con le elezioni politiche del 1874 veniva passando decisamente all'opposizione) inondava le prefetture con richieste di verifiche sui caratteri comuni delle varie bande. Ipotizzare un collegamento tra i diversi gruppi criminali identificati valeva a rafforzare l'idea dell'esistenza di un disegno sovversivo - in combutta con le sezioni dell'Internazionale e quindi la liceita dell'introduzione delle leggi eccezionali. Il punto aveva un'evidente rilevanza politica: il dibattito sulle leggi eccezionali, che Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 vedra il governo prevalere a fatica, dopo un vero e proprio calvario parlamentare, costituira il presupposto della caduta della destra storica, nel mai^o del 1876. Questa simbologia, che radica in tradizioni ecclesiastiche (i giuramenti concezionisti) e nella ritualita massonica e carbonara (I'uso dei pugnali) ha un significato comunque auto-evidente. Si veda il giuramento di un'altra di queste organizzazioni, la fratellanza di Favara: «giuro sul mio onore di essere fedele alla fratellanza come la fratellanza e fedele con me e come si brucia questa santa e questi pochi gocci del mio sangue cosi versero tutto il mio sangue per la fratellanza, e come non puo tornare questa cenere un'altra volta nel proprio stato, cosi non posso rilasciare la fratellanza^» (De Luca, 1897, 437). Quel che occorre sottolineare qui e il preciso interesse delle forze dell'ordine per questi segni, in un contesto di scoperta della capacita poietica del popolo (sono gli anni in cui iniziano le ricerche di Giuseppe Pitre sulle tradizioni popolari) da un lato e di attenzione alla commi-stione tra criminalita e politica dall'altra. I segni, la simbologia, costituiscono poi - da un punto di vista giudiziario - la prova della possibilita di ricorrere a una precisa fattispecie di reato, quella dell'associazione di malfattori prevista dagli articoli 426 e 427 del codice penale: vale a dire, un'associazione criminale composta da piu di cinque membri; che possieda in comune luoghi di ritrovo o di convegno e una divisione del bottino fra i soci, ma soprattutto che ubbidisca a uno stesso capo e abbia una propria gerarchia e proprie, strutturate regole di organizzazione. La stessa Fratellanza di Favara e prima di tutto un'associazione di solidarieta dei lavoratori delle zolfare, che si chiamano tra loro fratelli e che dichiarano per loro scopo la Repubblica universale, parte di quel reticolo associativo che assumera via via una piu chiara impronta socialista e che sfocera poi nella rivolta dei fasci siciliani (1891-1894). La setta cosiddetta degli stoppaglieri, considerata da Antonino Cutrera (un poliziotto che scrivera sul finire del secolo una sintesi delle conoscenze poliziesche sulla mafia) il tipo-modello delle associazioni a delinquere della mafia, e stata a lungo accostata a tendenze politiche (Cutrera, 1900, 118). Secondo il gia citato procuratore Di Menza molti monre-alesi pensavano e scrivevano (in denunzie anonime) che gli stuppagghieri fossero una specie d'internazionalisti suscitando percio l'ironia del procuratore: Carlo Marx e compagni non hanno nulla di comune coi compari che distribuiscono tanto per capo ilprodotto del sangue e delle rapine! [...] I compari non avranno lo appoggio di Carlo Marx e delle sue acute e pericolose teorie, ma hanno l'appoggio di numerosi ribaldi uniti dal giuramento e protetti dalle tenebre e dal mistero (Di Menza, 1878, II, 232). La verita e che a quella data i discorsi sul crimine e i discorsi sulla politica sono inestricabilmente contigui e anzi commisti, se si vuole contaminati. Non solo. Commisti sono anche gli individui. Si prenda uno dei primi testi che denunciano l'esistenza di orga-nizzazioni criminali che, avendo avuto un ruolo nel fiancheggiamento della cospirazione patriottica, rischiano di diventare ora (1864) strumento di reazione. Si tratta di un opusco-lo scritto dal barone Niccolo Turrisi-Colonna, un patriota e proprietario terriero, membro di quell'elite siciliana che, pur muovendosi sul terreno monarchico-costituzionale, rima- Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 ne attaccata ai temi e ai miti del democratismo garibaldino (Turrisi Colonna, 1864). E prendiamo quell'individuo Antonino Giammona, che, gabelloto e commerciante di agru-mi nella Conca d'oro, la storiografia ha individuato come il «tipo» del primo mafioso. Ebbene i due, lungi dal vivere lungo due trincee contrapposte, facevano affari ed erano certamente in rapporti, se non di amicizia, certo di conoscenza (Alfonso, 1875, 156-157). Di piu, a quella data, e impossibile prescindere dalle pratiche giudiziarie di definizio-ne del criminale (quelle per cui proprio come la figura del camorrista e fissata dalla legge straordinaria Pica del 1863, quella del mafioso e stabilita dalla legge del 6 luglio 1871). In entrambi i casi queste figure criminali vengono introdotte per consentire, attraverso un processo di identificazione, di procedere alla repressione per via preventiva o ammini-strativa, attraverso la comminazione della ammonizione e, successivamente del domicilio coatto. Va inoltre osservato che non si possono trascurare poi le pratiche poliziesche di infiltramento, spionaggio, delazione o come si diceva allora prevenzione dei reati. Ma torniamo per un momento alla setta degli stoppaglhieri: l'opinione piu accreditata al tempo la voleva fatta sorgere da un'iniziativa di tale Giuseppe Palmeri, fratello di Paolo Palmeri delegato di polizia di Monreale; questi avrebbe creato l'associazione degli stoppa-glieri per opporre una nuova manovalanza criminale (una mafia giovane) a un'altra organiz-zazione esistente sul territorio e politicamente incontrollabile. Scrivera il giudice di Menza: La polizia si fa coi confidenti. Che cosa sono i confidenti? Sono dei ribaldi e dei malandrini, diciamola schietta. Or bene, se i confidenti anziche dieci saranno cinquanta; se invece che starsene nel buio a fare la spia, si levino un po' per mostrare i denti in difesa del delegato e dell'ordine non e lo stesso e anche meglio ancora? Concessioni si fanno ai confidenti, concessioni si faranno ai giovani arditi della novella mafia. E in conseguenza di tutto codesto, ad opera della Polizia locale era gia bella e rigogliosa una mafia novella e giovane, che, schierata in battaglia, venne ad opporre i suoi quadri alla vecchia mafia della contrada (Di Menza, 1878, 264). Ancora una volta, linguaggi politici e criminali si mischiano. Gli stoppaglieri sono usi chiamano i loro avversari scurmi fitusi, vale a dire sgombri andati a male, ma anche vit-toriani, vale a dire aderenti alla fazione moderata al governo: «E ci chiamavano infami e vittoriani, quanto a dire aderenti del governo di Re Vittorio» (Di Menza, 1878, 285-286). Appare evidente come alle ripetute tensioni tra il prefetto di Palermo e il suo delegato di Monreale corrispondesse una contrapposizione locale non solo, come era norma in tutti i paesi, tra due partiti, ma anche tra due gruppi «criminali», legati in vari modi alle forze politiche in campo. Una ricerca relativamente recente vuole viceversa che l'accusa al fratello del delegato di pubblica sicurezza di Monreale, Paolo Palmeri di aver fondato la setta degli stuppag-ghieri fosse una montatura architettata in ambienti della questura per colpire quest'ultimo (Crisantino 2000). Nell'un caso come nell'altro, va comunque rivista l'idea corrente che la banda prototipo dell'organizzazione criminale siciliana per eccellenza (la mafia) nasca per germinazione spontanea nei bassifondi cittadini, germini nel ventre dei malfamati quartieri popolari di Monreale o di altri dintorni di Palermo. I criminali siciliani, come quelli parigini, non vivono in un mondo a parte ma attraversano lo stesso universo cul-turale e politico delle elites; di piu, il medesimo universo dei loro persecutori, i giudici e Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 i poliziotti, e degli osservatori, viaggiatori, giornalisti e romanzieri; i cui diari, articoli e racconti offriranno, insieme ai processi e ai rapporti di polizia, non trascurabili materiali agli storici. Il procuratore generale di Palermo Carlo Morena, richiesto dal prefetto Malusardi (man-dato dal ministro dell'interno Giovanni Nicotera a dimostrare la capacita della sinistra sto-rica di riuscire la dove la destra aveva fallito) di spiegare da dove venga quella strana fra-seologia che costituiva un segnale di riconoscimento rispondeva cosi: «Cotale fraseologia coll'analoga mimica venne, se la cronaca e verace, inventata assai anni addietro nel carcere di Milazzo, e a renderla popolare nell'Isola concorsero, oltre un libro intitolato Vita e pro-dezze del bandito Pasquale Bruno di Bauso»1, una canzone in dialetto siciliano nella quale si dice che colui il quale domanda: «che vi duole? Oltre le dita sul mento debba mostrarsi ^ feddu, feddu ^ coll'occhiuzzi in terrae» (Fentress, Wickham, 1992, 193). In conclusione queste brevi note propongono di reinserire lo studio della criminalita organizzata ottocentesca nel mondo che le e proprio: quello della politica ottocentesca, una politica sviluppatasi per decenni in forma eminentemente settaria; e quello della lette-ratura popolare dell'epoca, e in particolare della cosiddetta letteratura dei Misteri, questa letteratura che squaderna agli occhi del bon bourgeois le accattivanti brutture e le ecci-tanti intemperanze dei bassifondi popolari. Una visione di questo tipo, va da se, punta a contestare l'idea che si possa costruire una tipizzazione astorica del mafioso, piu o meno sempre uguale a se stesso a dispetto del tempo. Torniamo dunque alle parole del ministro Nicotera, alla continua confusione del politico e del criminale. Di fronte a queste affermazioni gli analisti di oggi, storici e scienziati socia-li, possono assumere due atteggiamenti distinti. Il primo, tradizionale, e quello di rifiutare tali affermazioni e considerarle l'effetto di processi di banale criminalizzazione, un portato di breve momento della retorica politica. In questa visione il sapere sul crimine (siamo qui alle soglie dell'imponente scientifizzazione del sapere criminologico prodotto a partire dall'apparizione de L 'uomo delinquente di Lombroso - Lombroso, 1876) va distinto dalla sua utilizzazione politica, che e successiva e non ne intacca la tensione euristica dei processi conoscitivi, concepiti come distaccati dalle prassi giudiziarie e poliziesche. Il secondo atteggiamento analitico e quello, che ho cercato qui di presentare: esso con-siste nel non farsi intimorire dalla confusione dei linguaggi, dalla mescolanza del discorso politico, di quello letterario e di quello criminale, ma invece di penetrare ed indagare questa mescolanza; alla ricerca dei nessi, a volte non ovvi, che legano le trasformazioni discorsive alla congiuntura politica e ai processi (qui appena indicati piu che analizzati) di individuazione, repressione, tipizzazione, folklorizzazione: quelli che connettono cioe l'immaginario, essenzialmente letterario, dell'epoca alle pratiche giudiziarie, poliziesche e in futuro sempre piu medico-legali e che nell'insieme configurano l'utilizzazione del crimine nella sfera pubblica. Processi che, per la loro valenza performativa, non vanno scambiati per mere descrizioni dell'universo marginale e delle sue devianze ma analizzati come potenti vettori di costruzione delle identita collettive e dunque di parti non trascu-rabili della realta sociale. 1 La nota del procuratore Carlo Morena sta in ACS, MGG, DGAP, b. 44, fasc. 558 "20", 3 marzo 1877. Francesco BENIGNO: "A PUNCIUTA". NOTE SULL'IDENTIFICAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA MAFIA ..., 903-914 "A PUNCIUTA". BELEŽKE O IDENTIFIKACIJI IN ZATIRANJU MAFIJE NA SICILIJI V LETIH LIBERALIZMA (1860-1880) Francesco BENIGNO Univerza v Teramu, Facolta di Scienze della Comunicazione, Campus universitario di Coste Sant'Agostino, via R. Balzarini 1, 64100 Teramo, Italija e-mail: frabenigno@gmail.com POVZETEK V eseju avtor poskuša analizirati predstavo mafije kot sekte v njenem izvirnem obdobju prvih dvajset let po združitvi Italije. V tem imaginarnem opisu sekte je tu razčlenjen le en segment, to je ceremonija iniciacije, ritual, ki doseže svoj vrhunec z vbodom v prst novinca. Začetek tega obče znanega rituala je tu povezan s posebno klimo sedemdesetih let 19. stoletja in s političnimi potrebami, s katerimi je bil obeležen. Med njimi je iskanje dokazov, da združevanje kriminalcev predstavlja dejansko "združbo zlikovcev", v smislu kot ga opisuje kazenski zakonik tistega obdobja. Korak naprej pri karakterizaciji mafijske paradigme. Ključne besede: mafija, organizirani kriminal, javni red, policija, nevarni razredi FONTI E BIBLIOGRAFIA ACS, MGG, DGAP - Archivio Centrale dello Stato, Ministero di Grazia e Giustizia, Direzione Generale Affari Penali. Alexander, J. C. (2006a): La costruzione del male: dall'Olocausto all'11 settembre. Bologna, il Mulino. Alexander, J. C., Giesen, B., Mast, J. L., (2006b): Social Performance. Symbolic Action, Cultural Pragmatics and Ritual. 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