ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 ricevuto: 2004-06-07 UDC 262.9:348.581(450.82)"16" IL MARTIRIO DELL'"AFFANNOSO INNOCENTE": L'INQUISITORE DI SICILIA JUAN LÓPEZ DE CISNEROS Vittorio SCIUTIRUSSI Università di Catania, Dipartimento di Studi politici, IT-95131 Catania, Via Vittorio Emanuele 49 e-mail: sciuti@unict.it SINTESI Nel marzo del 1657, nelle carceri inquisitoriali di Palermo, con un attrezzo di ferro utilizzato per la tortura, il frate agostiniano Diego La Matina feri mortalmente alla testa l'inquisitore di Sicilia Juan López de Cisneros. Il cruento episodio, a cui Leonardo Sciascia aveva dedicato un raffinato saggio, viene qui ricostruito attra-verso la documentazione archivistica conservata a Madrid, che testimonia la censura dei contemporanei sui particolari dell'aggressione, il ritardo con cui fu in-formato l'inquisitore generale, il tentativo di fare un uso politico del nuovo martire del "santo tribunale". L'atto di fede celebrato a Palermo nel marzo del 1658, con la condanna al rogo di Diego, ristabili gli equilibri violati da un delitto cosi devastante, che aveva gravemente incrinato l'immagine del potere inquisitoriale e impressionato le aree del cattolicesimo iberico. Parole chiave: Inquisizione spagnola, Sicilia, Diego la Matina, Leonardo Sciascia, secolo XVII THE MARTYRDOM OF THE "INNOCENT PANTING MAN": JUAN LÓPEZ DE CISNEROS, THE INQUISITOR OF SICILY ABSTRACT In March, 1657, in the inquisitorial prison of Palermo, the Augustinian friar Diego La Matina dealt the inquisitor of Sicily, Juan López de Cisneros, a mortal blow to the head with an iron tool used for torture. The present article reconstructs this bloody episode - to which Italian writer Leonardo Sciascia dedicated a fine treatise - through the archival documentation preserved in Madrid, which describes the censorship of contemporaries regarding the details of the attack, the delay in informing the inquisitor general of the event and the attempt to exploit the new martyr of the "sacred court" for political purposes. The act of faith celebrated in 129 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Vittorio SCIUTI RUSSI: IL MARTIRIO DELL'"AFFANNOSO INNOCENTE": L'INQUISITORE DI SICILIA ..., 129-138 Palermo in March, 1658 - the sentencing of Diego la Matina to the stake - restored the balances disrupted by this devastating crime that had severely compromised the image of inquisitorial power and filled with awe the region of Iberian Catholicism. Key words: Spanish Inquisition, Sicily, Diego la Matina, Leonardo Sciascia, 17th century In Morte dell'inquisitore (1964), Leonardo Sciascia ricostruî attraverso l'attenta analisi critica delle poche fonti coeve disponibili (il Diario di Francesco Auria e la Relazione dell'atto di fede del 1658, scritta dal qualificatore e consultore del Sant'Of-fizio Girolamo Matranga) il mortale ferimento dell'inquisitore Juan López de Cisneros ad opera del frate agostiniano Diego La Matina, recluso nelle carceri inquisitoriali dal 1644.1 L'incendio della documentazione archivistica del Sant'Of-fizio di Sicilia, voluta dai gruppi dirigenti siciliani e napoletani nel 1783, a un anno dal decreto di abolizione del tribunale, non consente di conoscere i tre processi cele-brati contro fra Diego prima del cruento episodio del 1657, né quello successivo alla morte di López de Cisneros. La documentazione conservata negli archivi madrileni restituisce soltanto in parte la storia del santo tribunale e dell'eretico racalmutese. Non essendoci pervenuti gli incartamenti processuali, a Sciascia fu possibile soltanto ipotizzare, con la sua consueta finezza di analisi, che le proposizioni blasfeme di Diego ponessero in dubbio l'ordine costituito del cosmo, la giustizia di Dio e del sovrano, e che in definitiva la sua eresia fosse di natura più sociale che teologica. La corrispondenza tra gli inquisitori di Sicilia e il Consiglio della Suprema e Generale Inquisizione, conservata a Madrid, testimonia che, durante il terzo lunghis-simo processo, il frate agostiniano attraverso prima una profonda crisi depressivo-ipocondriaca e una grave anoressia suicida; poi, nell'autunno del 1655, manifesto un'acuta sindrome dissociativa, esito fisiologico del prolungato isolamento, in quasi completa oscurità. Gli inquisitori di Palermo ritennero, tuttavia, che le manifestazioni di follia fossero simulate, per sfuggire alla sentenza, e giudicarono Diego relapso, cioè ricaduto nell'errore, e da rilasciare alla giustizia regia per il rogo. Da Madrid, l'indulgente politica giudiziaria attuata in quei decenni dalla Suprema, tesa a mitigare il rigore dei tribunali provinciali, commuto nel settembre del 1656 la pena capitale in quella del carcere a vita presso un convento scelto dagli inquisitori. Questi ultimi, con motivazioni pretestuose, di fatto sequestrarono il frate nelle carceri segrete di Palermo, imponendogli, a causa del suo temperamento ribelle e della sua robusta costituzione fisica, catene alle mani e ai piedi. 1 II presente saggio è tratto da Sciuti, 1996, a cui rinvio per ulteriori approfondimenti: nel volume ho ricostruito il paradigma indiziario di Sciascia, la vicenda di fra Diego, la crisi seicentesca del Sant'Offizio, il recente dibattito sul tribunale, con la surrettizia proposta di revisione storiografica. 130 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Vittorio SCIUTI RUSSI: IL MARTIRIO DELL'"AFFANNOSO INNOCENTE": L'INQUISITORE DI SICILIA ..., 129-138 Sei mesi dopo sarebbe esplosa, rabbiosa e letale, intenzionale e liberatoria, la reazione della vittima contro il carnefice. La sommaria narrazione del violento episodio, tramandataci dall'Auria e dal Matranga, è arricchita di nuovi ed inediti parti-colari grazie ad una lettera dell'inquisitore Pablo Escobar all'inquisitore generale. In quell'infausta mattina del 24 marzo 1657, gli inquisitori López de Cisneros ed Escobar, assistiti dal segretario Juan de Retana, si trovavano riuniti ad esaminare i pro-cessi e le istruttorie in corso. Sopraggiunse l'alcaide delle carceri segrete che rifen di aver ispezionato i prigionieri e di avere trovato fra Diego La Matina "senza manette, ché le aveva spezzate". Nel dammuso ove era segregato in isolamento, l'eretico racal-mutese aveva dunque infranto "las esposas", le manette che "a causa della sua teme-rarietà il tribunale aveva ordinato imporgli, insieme con le catene ai piedi" (AHNM, 1). Gli inquisitori risposero che avrebbero preso i provvedimenti adeguati dopo aver definito la pratica che stavano esaminando. Verso le dieci della mattina, l'inquisitore López de Cisneros decise di scendere nelle carceri. Preoccupato per la protervia e per le prevedibili insolenze di fra Diego, l'inquisitore Escobar tentó invano di dissuaderlo, suggerendo di andare a visitare i prigionieri tutti insieme, più tardi. Ma l'anziano ministro volle egualmente porre in esecuzione il suo proposito. Assistito dal segretario Joseph Varrios, si recó nelle prigioni e prese posto nel consueto piane-rottolo a ridosso dei dammusi, ove ordinó all'alcaide di accompagnare i reclusi, fra Diego per ultimo. Nel racconto dell'inquisitore Escobar la drammatica sequenza della violenta ag-gressione è cosí scandita. Fra Diego fu portato con le catene ai piedi e con le manette infrante innanzi a López de Cisneros. Questi, oltre alle caritatevoli domande sui suoi bisogni spirituali e materiali (di solito formulate nell'atto della visita), paternamente lo esortó a pentirsi dei suoi eccessi, avvertendolo che, altrimenti, avrebbe dovuto assumere severi provvedimenti. Seguí la repentina furiosa reazione di Diego: egli scivoló sotto la barra di metallo che lo separava dall'inquisitore, afferró un attrezzo di ferro, tra quelli riposti sul tavolo del segretario (fuggito prudentemente ed a pre-cipizio per le scale superiori a chiedere aiuto), e con enorme violenza lo colpí alla testa per tre volte, due volte sul cranio, una volta sul sopracciglio destro. Tentó poi di strangolarlo con le mani, ma dovette respingere gli ufficiali sopraggiunti; lo trascinó allora verso le scale con l'intenzione di precipitarlo abbasso, ma l'aggredito ebbe modo di aggrapparsi alla ringhiera. Quando sopraggiunsero Escobar e Retana, il frate era ancora avvinto alla sua vittima e gli ufficiali si sforzavano di separarli. Di certo, osservava Escobar, l'aggressore avrebbe voluto che qualcuno dei ministri presenti lo uccidesse, ma - consapevoli della sua dannata intenzione - gli in-quisitori usarono verso di lui la maggior moderazione possibile. Affermazione, questa, che trova riscontro nella relazione del Matranga, il quale, con sfumature di involontaria comicità, osserva: "Quando egli a morte ferí l'inquisitore, e al collo del 131 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Vittorio SCIUTI RUSSI: IL MARTIRIO DELL'"AFFANNOSO INNOCENTE": L'INQUISITORE DI SICILIA ..., 129-138 ferito per affogarlo impetuosamente si avvolse, mosso da giusto timore un ministro sfod[e]ro la spada e gli venne il pensiero d'ucciderlo, per liberare l'affannoso innocente: ma, forsi con crudele pietà, per dare più spatio di tempo alla di lui salvezza e penitenza, risolse di serbargli la vita. Atto che haverebbe una tigre resa pietosa" (Matranga, 1658, 39). Immobilizzato, fra Diego fu ricondotto in cella, per essere incatenato con ferri più adeguati alla sua non comune forza fisica, e lî si accerto che aveva una ferita alla testa, non si sa - scriveva Escobar - se provocata dal bastone dell'alcaide oppure dal rotolare per le scale. Su di un punto sostanziale dell'episodio, il resoconto dell'inquisitore Escobar con-trastava con la versione di Matranga e di Auria, recepita da Leonardo Sciascia e tramandata anche dall'ignoto autore di un quadro descritto nei Diari del marchese di Villabianca:2 López de Cisneros è mortalmente ferito non con le manette infrante, ma con uno degli strumenti di ferro che si trovavano sul tavolino del segretario, strumenti che evidentemente servivano per le torture leggere, quelle che non richie-devano l'uso dei complessi apparati (cavalletto, corda, bracieri) che arredavano l'ap-posita sala. Questi strumenti di ferro non avrebbero dovuto trovarsi in un luogo de-stinato alla visita degli inquisiti, alla verifica - cioè - delle loro condizioni psicofisiche e delle loro necessità spirituali e corporali. La censura, o meglio la distorsione operata dalla pubblicistica e dall'iconografia ebbe l'evidente obiettivo di non incrinare l'immagine misericordiosa del santo tribunale. I medici, subito chiamati a visitare l'inquisitore, accertarono l'esteso ematoma e la grave emorragia cerebrale in corso. Le ferite erano cosî profonde da raggiungere e far intravedere le cervella. Nella loro prognosi, la sopravvivenza del paziente avrebbe costituito un miracolo. Avvertito della gravità delle sue condizioni, López de Cisneros volle fare testamento, confessarsi e comunicarsi. La sua agonia duro undici giorni. Sarebbe morto il 3 aprile del 1657.3 I solenni funerali furono celebrati, il giorno successivo, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, detta la Gancia, "parte-cipando alla sua sepoltura - scrisse l'inquisitore generale a Filippo IV - tutta la nobiltà e i cittadini di Palermo, commossi per l'evento e adirati contro il reo" (AHNM, 2). In speculare saldatura - anche iconografica - tra le vittime e i carnefici, al centro dello scudo scolpito sulla lapide è raffigurata una grata. Il logo sepolcrale 2 L'aristocratico palermitano, nel registrare la solenne abolizione del Sant'Uffizio di Sicilia (27 marzo 1782), annoté che nel corso della visita al palazzo dello Steri, subito dopo la lettura del decreto, il viceré Domenico Caracciolo s'imbatté in "un quadraccio vecchio" che raffigurava "un antico in-quisitore spagnuolo nell'atto di venire ucciso da un reo con una mazzata di manette di ferro in testa" (Emanuele e Gaetani, 1880, 262-263). 3 Aveva settantun'anni. Era stato nominato promotore fiscale del Sant'Uffizio il 16 ottobre 1646 ed inquisitore il 6 dicembre dello stesso anno, sul posto in precedenza ricoperto da Luis de los Cameros, eletto giudice del tribunale della Regia Monarchia di Sicilia. Poiché il suo viaggio verso la Sicilia duro più a lungo del previsto, con una prolungata e dispendiosa sosta a Cartagena in attesa di una nave, la Suprema gli riconobbe lo stipendio sin dal giorno del suo arrivo in quella città (AHNM, 3). 132 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Vittorio SCIUTI RUSSI: IL MARTIRIO DELL'"AFFANNOSO INNOCENTE": L'INQUISITORE DI SICILIA ..., 129-138 rinviava ai graffiti disegnati in quegli anni dagli inquisiti sulle pareti delle carceri del tribunale siciliano: in numeróse celle, è ricorrente l'immagine di san Leonardo abate, il santo eremita protettore dei carcerati e degli schiavi, raffigurato con i consueti emblemi delle catene, dei ceppi e di una inferriata (Pitrè, 1940, 55-57). La letale aggressione a López de Cisneros fu comunicata a Madrid con colpevole ritardo. La lettera ufficiale in cui l'inquisitore Escobar partecipava alla Suprema la morte di López de Cisneros, avvenuta il 3 aprile del 1657, giunse, infatti, a Madrid soltanto il 21 agosto, nella "triplicada" spedita da Palermo il 10 luglio.4 Appare sin-golare, e direi incredibile, che ben due corrieri fossero andati dispersi in una stagione propizia per la navigazione come la primavera. Di fatto, l'inquisitore generale era stato già informato sia dal residente presso la Santa Sede, Francisco Díaz de Cabrera, sia dall'arcivescovo di Monreale, Luis de los Cameros. Già inquisitore di Sicilia negli anni 1641-46 e poi giudice della Regia Monarchia, l'anziano presule nel luglio del 1657 fu tempestivamente nominato inquisitore ad intérim,'5 in attesa che la Suprema provvedesse ad eleggere i nuovi titolari del tribunale isolano.6 Più credibile appare la volontà di Escobar di prendere tempo per costruire una versione ufficiale dell'episodio. Il suo timore ad assumersi responsabilità, la sua im-barazzata reticenza avevano probabilmente solide fondamenta dal momento che al-cuni mesi dopo seguí la sua straziante morte, in circostanze oscure che fecero subito sospettare il veneficio.7 Il Matranga, nel registrare questa ecatombe di inquisitori nel 4 La data di arrivo è annotata sulla medesima lettera (AHNM, 4). La Suprema accusa il ricevimento e richiede una dettagliata relazione (AHNM, 5), da inviare anche al suo agente a Roma, Francisco Díaz de Cabrera. Più volte sollecitata, la relazione, insieme con copia dell'ultimo processo contro Diego La Matina giungerà a Madrid soltanto nel dicembre 1658 (AHNM, 6). 5 La Suprema, avendo appreso la morte degli inquisitori López de Cisneros e Cotoner, "sebbene in assenza di lettera degli inquisitori che lo confermi", ha eletto inquisitore ad intérim l'arcivescovo di Monreale (AHNM, 7). 6 Nel luglio del 1658, l'inquisitore generale comunicava al sovrano la nomina ad inquisitori di Sicilia del licenciado Manuel Monge, canonico della cattedrale di Zamora, e del licenciado Bernardo Vigil de Quiñones, già fiscale nel tribunale isolano. All'ufficio di fiscale era chiamato Francisco de Valdés, reggente del collegio di San Pelayo di Salamanca (AHNM, 8). 7 "sorpreso egli allora da forza d'humori biliosi catarrali, [...] sentissi all'improviso da grave accidente assalire. Dubitossi se stata fosse dissenteria, tanto egli fu eccessivo il profluvio di sangue e di materie grasse e carnose, con istorcimento dell'interiora e con cardialgia, in grado tale che in brieve videsi dimagrato, privo di senso et incadaverito. A gran virtù d'antidoti, d'elissiri e di remedii confortanti alquanti giorni gli spiriti, il senso et il discorso gli ritornarono: ma egli era impossibile che potesse naturalmente sopravivere, essendogli le fauci e l'esofago da ignei vapori abrugiate, alterato il petto, illividite le intestina, rifreddato lo stomaco e disseccato il pericardio" (Matranga, 1658, 13). Vincenzo Auria dichiaró espressamente che Escobar era "morto di veleno" (Auria, 1870, 71). Il residente presso la Santa Sede, in una lettera all'inquisitore generale, osservó come questo secondo episodio di morte violenta costituisse una grave sciagura per il tribunale siciliano. L'inquisitore ad interim Luis de los Cameros dispose immediati accertamenti sul cadavere e, al fine di prevenire l'intervento della giustizia ordinaria, ordinó nel febbraio 1658 la carcerazione di alcuni domestici di Escobar (AHNM, 9). Successivamente, il nuovo inquisitore Francisco Crespos comunicó alla Suprema che erano state 133 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Vittorio SCIUTI RUSSI: IL MARTIRIO DELL'"AFFANNOSO INNOCENTE": L'INQUISITORE DI SICILIA ..., 129-138 giro di due anni, osservo "e lo permise Dio, delle sue cause di Fede sopraintendente e direttore" (Matranga, 1658, 12). Sciascia ironizza su questa "divina intenzione" di permettere alle potenze infernali di armarsi contro il santo tribunale e di destinare, alla celebrazione dell'atto di fede in cui Diego fu portato al rogo, l'arcivescovo di Monreale (Sciascia, 1987, 681-682). La notizia del cruento episodio impressiono fortemente l'area del cattolicesimo iberico ed attraverso le corrispondenze diplomatiche circolo nelle corti europee. L'Inquisizione aveva già ottenuto come suo patrono e martire san Pietro da Verona, inquisitore assassinato nel 1245 a colpi di roncola. A metà Seicento, la Suprema intensificava l'invio a Roma delle testimonianze dei miracoli di un altro martire nella difesa della fede, l'inquisitore Pedro de Arbués, ferito a morte nel 1485 mentre pregava nella cattedrale di Saragoza (Monter, 1990, 58), la cui beatificazione venne decretata alcuni anni dopo, nel 1664.8 La tragica morte di Juan López de Cisneros offriva all'inquisitore generale Diego de Arce Reynoso l'occasione per ribadire a Filippo IV la santità dei ministri del tribunale e divulgare le eroiche parole pronunziate dalla vittima nei confronti del suo assassino, riferite dagli ufficiali che lo soccorsero: "Mio Dio, dagli l'eterna salvezza, anche se cio dovesse costarmi mille vite". Ed ancora l'esemplarità della lunga agonia, il cristiano perdono dell'aggressore, le preghiere per il suo pentimento e per la sua anima. "E morí considerato un martire", scrisse l'inquisitore generale al sovrano (AHNM, 10). Ed anche l'Auria annoto come "umversalmente si stimava aver morto da vero martire, con animo allegro e festante" (Auria, 1870, 49). Con maggiore prudenza e attenzione per il diritto canonico, il consultore del Sant'Uffizio Matranga scrisse: "Martire lo direi, se li decreti de' Sommi Pontefici, fino a tanto ch'egli sia dichiarato tale, non me'l vietassero" (Matranga, 1658, 13). L'ordine agli inquisitori di Sicilia di inviare una dettagliata relazione dell'episodio al rappresentante della Suprema presso la Santa Sede, l'inquisitore Francisco Díaz de Cabrera, era aperta- raccolte prove contro il cappellano e contro il farmacista dell'Inquisizione. Quest'ultimo aveva, inoltre, preso parte alle iniziative di un gruppo di maghi, negromanti e indemoniati, scoperto negli stessi giorni del ferimento di López de Cisneros (AHNM, 12). 8 Al tribunale di Sicilia fu richiesto un contributo di cinquecento ducati per le spese affrontate nel processo di canonizzazione. La Suprema inviö ai tribunali provinciali il breve apostolico di beatificazione di Alessandro VII (17 aprile 1664), insieme con alcune incisioni ad acquaforte raffiguranti il martire perché servissero da modello ai pittori locali: nell'inventario dei beni mobili posseduti dal Sant'Uffizio di Sicilia, redatto il giorno dell'abolizione (27 marzo 1782), sono registrati undici quadri raffiguranti la vita di Pietro de Arbués e due suoi ritratti (La Mantia, 1977, 152, 250-252). La Suprema decretö, inoltre, che i festeggiamenti annuali avvenissero il 17 settembre, giorno del martirio, e diede precise istruzioni su come celebrare solennemente questa ricorrenza (AHNM, 13). Una rara relazione a stampa delle festività celebrate a Palermo alla notizia della canonizzazione è conservata nel codice manoscritto Qq H 64, inserto 2, della Biblioteca Comunale di Palermo (Chacón y Narvaez, 1665): comprende una bella incisione ad acquaforte di Paolo Amato, raffigurante la mortale ag-gressione subita dall'inquisitore. 134 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Vittorio SCIUTI RUSSI: IL MARTIRIO DELL'"AFFANNOSO INNOCENTE": L'INQUISITORE DI SICILIA ..., 129-138 mente diretto a verificare la disponibilité delle gerarchie romane ad attivare le procédure per la canonizzazione del nuovo martire (AHNM, 11). Sul punto è, tuttavia, da rilevare l'iniziale prudenza di Díaz de Cabrera. All'inqui-sitore generale, che lo invitava ad informare il pontefice Alessandro VII della mortale aggressione e ad esaltare l'eroismo del novello martire, di certo degno di beatifi-cazione, egli rispose come sarebbe stato più opportuno, a suo avviso, intraprendere ogni iniziativa soltanto dopo avere giustiziato fra Diego. Affrontare subito il problema avrebbe comportato, infatti, la necessità di procedere all'interrogatorio del reo con lo scopo di accertare le ragioni del suo agire violento. Il compito sarebbe stato affidato ad una commissione di vescovi di Sicilia, e non era da escludere che costoro deliberassero di inviare fra Diego a Roma innanzi alla Sacra Congregazione dei Riti. Perché correre il rischio di una deposizione che avrebbe potuto delineare responsabilità della vittima nel provocare l'aggressione omicida, insinuare dubbi sui santi propositi dell'inquisitore e sulla carità dei suoi tentativi di recuperare l'eretico alla fede cattolica? "E cosí, la cosa più sicura è che il reo sia punito, perché dopo resta tempo per fare ció che sembrerà conveniente" (AHNM, 14). Recare offesa ad un inquisitore significava oltraggiare il Sommo Pontefice ed Id-dio stesso, e costituiva dunque un crimine meritevole di pena di morte (Heydenreich, 1966). Lo aveva espressamente prescritto una costituzione di Pio V, promulgata nel 1569, che scomunicava e qualificava rei di lesa maestà coloro che avessero osato uccidere, ferire, offendere o intimorire un inquisitore, un ministro del Sant'Uffizio o un testimone chiamato a deporre in causa di fede. Oltre alla privazione di ogni dignità, onore e ufficio, laico o ecclesiastico, e alla confisca dei beni, la pena edittale prevedeva la consegna al braccio secolare per la pubblica esecuzione (Masini, 1631). La scandalosa mortale aggressione dell'inquisitore López de Cisneros aveva gravemente incrinato l'immagine del potere inquisitoriale in Sicilia. Per ristabilire funzioni e virtù violate era indispensabile contrapporre ad un delitto cosí devastante una giustizia rapida, oltre che rigorosa. Nel luglio 1657, benché sin allora informata soltanto da canali non ufficiali, la Suprema scrisse, perció, al tribunale di Sicilia per dispensarlo, nel processo al parricida, dalla carta acordada del 1568: gli inquisitori venivano esonerati dall'obbligo di consultare la Suprema prima di porre in esecuzi-one la sentenza, anche nel caso in cui avessero votato di rilasciare fra Diego al brac-cio secolare.9 Giudicato "eretico formale, recidivo, omicida di un inquisitore in odium fidei, 9 II suggerimento di concedere questa dispensa fu offerto a Madrid dal residente presso la Santa Sede, a cui l'arcivescovo di Monreale si era rivolto per dare la sua disponibilitá a servire nuovamente il Sant'Uffizio di Sicilia e per osservare che "in un caso cosi eccezionale e meritevole di pronta ed esemplare punizione" non poteva essere applicato l'ordine della Suprema ai tribunali provinciali, emanato nel 1568, che prevedeva di sospendere l'esecuzione nei processi in cui l'inquisito fosse stato giudicato relapso e perció da rilasciare al braccio secolare per il rogo, e di attendere la conferma della sentenza da parte della Suprema (AHNM, 17). 135 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Vittorio SCIUTI RUSSI: IL MARTIRIO DELL'"AFFANNOSO INNOCENTE": L'INQUISITORE DI SICILIA ..., 129-138 impenitente pertinace, incorregibile", il trentasettenne diácono di Racalmuto fu con-dannato a partecipare all'atto di fede, celebrato il 17 marzo del 1658, con "insegne di rilasciato" (AHNM, 15), indossando cioè il sambenito e la mitria dipinte di rosse fiamme, le cui punte rivolte verso il basso narravano ai fedeli presenti la sua pros-sima morte fisica e spirituale. Dopo la lettura della sentenza e la pubblica de-gradazione dagli ordini ecclesiastici, fra Diego, immobilizzato in una sedia, venne affidato alla giustizia temporale per il rogo. Al grandioso "spettacolo di fede", oltre ad una folla di popolo minuto, parteciparono, nei palchi costruiti per l'occasione, l'alta nobiltà parlamentare, numerosissimi baroni, ecclesiastici, magistrati, ufficiali e familiari del Sant'Offizio, venuti anche dalle altre città del Regno. A cerimonia conclusa, l'arcivescovo-inquisitore partecipo a Madrid la sua piena soddisfazione. A detta di tutti, era stato superato per grandiosità e partecipazione ogni precedente atto; l'ostinazione del reo, sebbene da commiserare, aveva reso più solenne la funzione: "permise Iddio la sua pertinacia, per suo castigo e maggior edificazione di tutti", commento Luis de los Cameros, che tenne a sottolineare come la sua presidenza avesse restituito al tribunale siciliano quel credito e quella stima che di recente aveva perduto (AHNM, 16). Il dolore per la dannazione eterna del pertinace era ampia-mente compensato dall'allegrezza per la fede trionfante e per il fervore religioso testimoniato dai Siciliani. MUČENIŠTVO NEDOLŽNE OSEBE, INKVIZITORJA IZ SICILIJE JUANA LOPEZA DE CISNEROSA Vittorio SCIUTIRUSSI Univerza v Catanii, Oddelek za političe vede, IT-95131 Catania, Via Vittorio Emanuele 49 e-mail: sciuti@unict.it POVZETEK Dramatični dogodek se je zgodil v Palermu marca leta 1657, in sicer v španskih inkvizitorskih zaporih: avguštinski menih Diego La Matina je nasilno napadel inkvi-zitorja Juana Lopeza de Cisnerosa in ga smrtno ranil v glavo. Po poročilu, ki ga je poslal v Madrid inkvizitor Escobar, je tistega usodnega jutra šef zaporov obvestil dva inkvizitorja, ki sta se zbrala na obravnavi, da je ob običajnem nadzoru ugotovil, da je menih Diego pretrgal lisice. Starejši inkvizitor Juan Lopez de Cisneros je torej odločil, da se odpravi proti zaporom, kjer se je postavil na običajen stopniščni presledek, namenjen obiskom zapornikov. Ko so pripeljali meniha predenj, ga je spodbujal h kesanju in mu grozil s strogimi ukrepi. Sledila je nenadna, besna reakcija zapornika: Diego je zdrsnil pod kovinsko palico, ki ga je ločila od inkvizitorja, 136 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Vittorio SCIUTI RUSSI: IL MARTIRIO DELL'"AFFANNOSO INNOCENTE": L'INQUISITORE DI SICILIA ..., 129-138 zgrabil eno izmed železnih orodij na tajnikovi mizi in ga trikrat močno udaril po glavi. Inkvizitor je z razširjenim hematomom in hudo možgansko krvavitvijo živel še enajst dni. Novica o krutem dogodku je močno pretresla področje iberskega kato-lištva in z diplomatsko pošto krožila po evropskih dvorih. Pri tem gre poudariti cenzuro ali bolje potvarjanje, ki sta ga uporabili publicistika in ikonografija. Slednja ni hotela pokvariti usmiljene podobe svetega sodišča, zato so zamolčali prisotnost orodij za lažje mučenje v prostorih za zapornike in so smrtno rano pripisali pre-trganim verigam; zamudo, s katero je inkvizitor Escobar predstavil dogodek Najvišjemu sodišču; pobudo glavnega inkvizitorja za začetek postopka za razglasitev za svetnika novega mučenika; previdnost poslanika Najvišjega Sodišča iz Rima, ki je predlagal, da najprej izvršijo smrtno obsodbo in šele potem ukrepajo, saj se bodo tako izognili tveganju, da bi menihova izjava pokazala na odgovornost žrtve, ki je spodbudila morilski napad. Po cerkvenem pravu je bil menih Diego kriv za raz-žaljenje veličanstva: njegov zločin je hudo užalil papeža in samega Boga. Poleg tega je škandalozen smrtni napad hudo načel podobo inkvizitorske moči na Siciliji. Za ponovno postavitev funkcij in prekršenih čednosti se je bilo potrebno takemu hudemu zločinu zoperstaviti s hitro in strogo sodbo. Sedemintridesetletni diakon iz Racalmuta je bil proglašen za formalnega in recidivnega krivoverca, morilca inkvizitorja in odium fidei, trdovratnega in nepoboljšljivega nespokorjenega grešnika. Imobili-ziranega na stolu so privedli h grmadi na koncu veličastne "verske predstave", ki so jo praznovali v Palermu 17. marca leta 1658. Ključne besede: španska inkvizicija, Siciljia, Diego la Matina, Leonardo Sciascia, 17. stoletje FONTI E BIBLIOGRAFIA AHNM - Archivo Histórico Nacional, Madrid. Fondo Inquisición. Libros: 265, 892, 897, 902, 1226. AHNM, 1 - AHNM, 892, ff.43v-45v. AHNM, 2 - AHNM, 265, f. 60v. AHNM, 3 - AHNM, 897, ff. 192r, 193r-v. AHNM, 4 - AHNM, 892, ff. 43v-45v. AHNM, 5 - AHNM, 897, f. 235v, Madrid, 28 agosto 1657. AHNM, 6 - AHNM, 892, ff. 242r, 244r; 897, f. 249r. AHNM, 7 - AHNM, 897, f. 237; 892, f. 53r. AHNM, 8 - AHNM, 897, ff. 239r, 241v, 242v, 243r, 244v; 380, f. 141v. AHNM, 9 - AHNM, 897, f. 240r. AHNM, 10 - AHNM, 265, f. 60v. 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