IV. ANNO. Sabato 20 Ottobre 1849. M 5S-53. Suirantica Geografia della Liburnia e Giapidia. (Continuazione e fine — Vedi num. antecedenle.') Ouella seconda strada che la tavola segna da Tar-satica, o come noi rettifichiamo da Varvaria verso Segna, non arrivava veramente a Segna, ma era la strada che per S. Giacomo in Kermpote, per Krisiputh e Merzlidoll va a Brinie e poi nell' interno della Liburnia, e propriamente non si partiva da Varvaria ne da Novi, ma piut-tosto deli' intimo seno che e presso Poville; altro ramo andava direttamente a Segna; venti miglia sarebbero pre-cisamente da Novi a Brinje, nei quale luogo riconoscia-mo antica citta, che potrebbe essere AVENDO. Cosi noi rettifichiamo = Da Albona a Tarsatica XXXVII Da Tarsatica a Varvaria XVIII Da Varvaria a Turres II Da Turres ad Avendo XX Da Avendo ad Aripio X Da Turres a Segna X Da Segna ad Aripio XX E basti sulla geografia antica delLitorale. Ouanto alla regione interiore ci proveremo a tro-vare qualche cardine intorno a cui volgersi nella intri-catissima esplorazione. E questi li cercheremo nelle due citta mediterranee le quali furono vescovili cioe a dire Vdbina e Modrussa. Le quali si veggono collocate alle due estremita della provincia medesima, P una nella parte settentrionale a venti miglia dalla Culpa, 1' altra nella parte meridionale a trenta e qua!che miglio dalla Zermagna, in modo non diverso da quello che avrebbero fatto i Romani nei collocare due colonie a presidio di paese, il quale colla forza avrebbe dovuto tenersi in sog-gezione. Non abbiamo notizia alcuna di colonie formali, trasportate nell'interno della Giapidia, nia pensiamo che Augusto non avra proceduto con questa provincia diver-samento da cio che erano soliti i Romani di fare in altre, e che vi avra collocato presidi romani, quando anche a questi stabilimenti non avesse dato rango civile, ma unicamente militare. Certamente che i due vescovati di Modrussa e di Corbavia, i quali durano tuttora, furono creati in tempi tardi, nei secolo IX, ma crediamo che come nella Dalmazia, cosi nella Giapidia, siesi seguito non solo la memoria di vescovati piu antichi ancora, e quella di citta antiche che sebbene scadute o rovinatenon tutte erano del tutto sparite, od altre erano sorte in luo- go delle antiche ed in sito non lontano come altrove si e veduto succedere. Abbiamo detto di vescovati piu antichi, poiche e certo che altri ne esistevano precedente-mente, cessati per le vicende dei tempi, ma se la serie dei vescovi era cessata, non era cessata nei popolo in-digeno ne la religione, ne la memoria deli'antica chiesa, e queste tradizioni dei vinli passarono nei vincitori, non si tosto questi vennero a desiderio di ristabilire pubbli-camente la religione. Cosi p. e. noi propendiamo a credere che 1'antica citta, Ia quale fu surrogata da Modrussa non fosse gia sul t>-rreno tenuto da Modrussa ma piut-tosto aH' Osteria presso Josephsthal e presso Scradnik, luoghi ove ci fu detto essere state rinvenute antichita al-lorquando sulla fine del secolo passato fu aperta nuova strada postale. Ed in Osteria vi ha chiesa dedicata alla Assunta e parocchia eretta da tempi immemorabili. In Udbina vi ha chiesa che si dice antichissima, pero sotto altro titolo che non P Assunta. Ci sembra di riconoscere la direzione di antica strada, la quale partendo da Bribir, passando per Novi si dirigesse a Brinja, a Ottochacz, a Rumliane, a Bunich, ad Udbina continuando verso le sorgenti della Zermagna, e verso il prossimo Plauno, nei quale riconosciamo P antica OLBONA, strada che dalle spiaggie marittime bipartiva la Giapidia meridionale per nettere a BVRNVM nella pie-gatura piu al mare, a TINNIN1VM o Knin, da dove con-tinuava fra terra ad AEQVVM ed a Narona. Da Udbina un ramo piu breve passava a Grachac, a Toncovaz, a Burno. Noi crediamo che le localita indicate dalla Tavola Teodosiana sieno tutte su questo stradale, e pero rico-nosceremmo Avendo in Brinje, Aripium in Ottochaz, CI' Arnia degli Amanuensi di Tolomeo), Epidetion in Vrelle, (1' Ardotium degli Amanuensi di Tolomeo), l'^lnco della Tavola in Chanke o presso 01 Curcurn degli Amanuensi di Tolomeo); I' Ausancalione in Vissuch presso Udbina; il Clambes della Tavola in Grachacz o presso. Fra questa strada ed il mare dovrebbesi collocare altra citta menzionata da Tolomeo e da Plinio detta STLVPI, che dovrebbe cercarsi in Kossin od in Pazari-sche; non possiamo dare preferenza a Novi che fu resi-denza deli'Arcidiaconato della Licca ; la Stlupi di Tolomeo secondo la serie di enumerazione deve cercarsi in luogo che stia fra Epidezio ed Anco, quand' anche non in linea retta fra questi due luoghi. Ancor due citta menzionate da Tolomeo sono da collocarsi in questa regione della Giapidia meridionale; Salvia cioe e quella che egli o piuttosto gli Amanuensi serivono Varvaria. La SALVIA puo facilmente riconoscersi in Šerb; di Varvaria altro dire non possiamo sennonche la scrit-tura sia alterata, e che potrebbe avere stretta affinita con CORBAVIA nome che, come avvenne della LICCA, fu dato alla regione. Al Nord di Udfaina, a tredici o quattordici miglia vediamo segnato luogo che dicono Korbavicza mala al di sopra di questo luogo in direzione fra tramontana e levante ci fu detto esservi le rovine di antica citta, 1& quale potrebbe essere la CORBAVIA, la VARVARIA di Tolomeo, o con quale altro simile nome si fosse intito-lata. E forse di questi Varvarini parla Plinio dicendo VARVARINI come anche disse LACINIENSES. Riempiuta cosi la regione meridionale della Giapidia, al di sotto di quella linea che partendo dai monti di Bribir corre diritta ad Izachach deiTurchi, ci resta la regione settentrionale, nella quale se poche citta riman-gono a collocarsi, sembra che anche il terreno non sia propizio a stabilimenti urbani. Le strade maestre regi-strate dalla Tavola Teodosiana e dagl' itinerari non pas-sano per questa regione, e manca quindi quel materiale che e abbondante per altre. In questa parte della Giapidia vanno collocate le citta che Pre Guido di Ravenna scrive = Olisa Tar-neum; la citta che Tolomeo dice Tediastum, il Terpo di Appiano; ed il Monettio di Strabone, iljquale nel Lib. VII, 5, della Geografia annovera quattro citta della Giapidia mediterranea Mšzovlov, Aqovnuvov, Movrimov, Ovevdov, cioe Metullum, Arupium, Monetium, Avendo. Le quali citta Cnon potendoci persuadere che Monettio di Strabone e di Appiano, sia identico con Epide-tio) sarebbero OLISA, TERPONVM, TEDIASTVM, MONET-TIVM, METVLLVM, alle quali aggiungiamo OLBONA, ed ALVS menzionate da Plinio dove dicejOlbonenses, Alutae. Di Olisa e Terponum non vi ha dubbio che vadano collocate in questa parte settentrionale della Giapidia, per 1' ordine che segue Pre Guido nell' enumerare le citta mediterranee. Noi propendiamo a credere che Olisa sia Sltiin, Terponum Dresnik sulla Corana. E se cosi fosse Pre Guido avrebbe nell' enumerare le citta interne della Giapidia seguito due tratti di strada; P uno in continua-zione di Ranio, Rinubio, Renela, Cliena (Tedi Istria anno IV, 19, 20) ed in direzione verso Bihacz e da questo di-rettamente verso il Serraglio; P altro tratto di strada da lui seguito nell' enumerare le citta interne sarebbe quel- 10 da Segna, o piuttosto da Bribir verso Burnum, di-menticando pero Ausancalione. EPre Guido che segue le linee stradali avrebbe ommesso affatto le citta poste fra 11 due stradali da lui seguiti, nel quale tratto dovrebbero collocarsi le citta sopradette Tediastum, Monettium, Metullum, Olbona ed Alus. Sospettiamo che 1'Alus di Plinio sia P Olisa di Pre Guido, e non esitiamo a rettificare la lezione in ALVS: 1' OLBONA di Plinio la porremmo fuori della Giapidia, nella Liburnia, in Plauno; MONET-TIVM e per noi Modrussa o piuttosto Ostaria o Scradnik ivi prossimo, sulla strada che da Segna #a anche oggi-giorno a Carlstadt. Di Tediastum e di Metullum sappiamo che non erano sulle tre strade principali che attraversavano la Giapidia, poiche altrimenti gl'itinerari non li avrebbero ommessi. Tediastum potrebbe cercarsi in Lukovdoll presso Szeverin che ha chiesa alla B. V. Assunta, e che non e lontano da Verbousco, il cui nome sembra ricordare Tediastum. A Metullum non resterebbe altro distretto che quel-Io di Czubar o le prossimita. Presso Laas della Car-niolia vi ha localita sopra Oblak, che dicono Metule; chi visito quel luogo disse di avervi riconosciuta la descri-zione fattane da Appiano, le due colline, e di avervi ve-duto rovine. Quel terreno e al di la CPer rispetto a Trieste) della muraglia che chiudeva la Giapidia, muraglia la quale correva da Oberlaybach a Fiume. Se i Gia-pidi erano popolo tutto mediterraneo, egli e da questa gola di monti, di Zirkniz cioe, che potevano molestare Trieste ed Aquileia, ed estendersi pel Carso. Ouesto Metulo del Carnio sta al di la della muraglia giapidica; e soltanto sei miglia dali' attuale confine della Croazia; in sito nel quale non seppimo collocare citta alcunadel Carnio (N. 19-20 di quest'anno) sebbene Laas che e vicino abbia avanzi di antichita. Augusto distrusse Metullum, ed e a credersi che lo cancellasse dal novero delle citta; in suo luogo si formo Laas citta aperta di poco conto; forse Augusto lo tolse alla Giapidia, come gia prima di lui erano state avulse alcune fra-zioni appunto in queste regioni. Metullum conservo ce-lebrita per la distruzione sofferta; per Io che il solo Strabone ne fece menzione; gli altri geografi che rilevarono P importanza politica o materiale che allor durava, non la menzionarono. La Tavola Teodosiana segna la via che da Bribir o da Segna, metteva attraverso la regione mediterranea a Burno, e di questa abbiamo delto. L' itinerario di Antonino segna una strada da Aquileia a Siscia per Segna, la quale d tutta fra terra, meno il tratto da Tarsa-tica a Segna. I numeri delle distanze sono certamente errati, se indicandosi che la somma totale e di miglia 213, la somma delle singole indicazioni non am-monta che a 174. La vera distanza da Aquileia a Siscia e di 213 miglia, dunque sono errate le indicazioni singole. Itinerario. Rettificazione. Pontem Timavi XII Ponte del Timavo XII Avesica XII XII Ad Malum XVIII XVIII Ad Titulos XVII XVII Tarsalicum XVII XVII Ad Turres XX XX Senia XX XII Avendone XVIII XVIII Arupium X XX Bibium X X Romula X X Ouadratum XII1I XIII! Ad Fines XIIII XIII! Siscia XXI XXI Or diremo che il Bibium non sia gia citta ma cam-biatura di cavalli, e vada piuttosto letto BIVIVM, cioe il luogo dove concorrono due strade, quella che da Segna va a Siscia, quella che da Rinubio va ad Olisa, luogo che non puo ragionevolmente fissarsi che a Generalski-stoll, volendo combinare le strade della tavola con quelle deli' itinerario. Ma in allora deve ammettersi che 1' itinerario abbia equivocato nello scrivere Arupium, quando doveva dire Monettion, il che facilraente poteva seguire di paesi poco conosciuti, siccome era la Giapidia. A complemento della geografia romana della Libur-nia diremo dei fiumi: che Tolomeo accenna un Oneo il quale e da lui pošto fra Buccari e Bribir, ma non e da fidare a questa collocazione, imperciocche anche il Teda-nio e pošto da lui fra Lopsica ed Ortopula contro la te-stimonianza di Plinio, il quale fra Carin, che e si prossimo alla foce del Tedano, e Lopsica pone tre citta, che non si potrebbero collocare altro ve; Tolomeo pone il Tizio fra Zara e Scardona contro il fatto, non essendovi dubbio sui sito dell'antica Scardona, ne il terreno con-cedendo un cangiamento di letto al fiume. Un' acqua scor-re in vero fra Buccari e Bribir nei sito di Cirquenizza; ma lasciamo ai conoscitori di quella regione se quest'ac-qua abbia importanza per essere alla foce navigabile, o per abbondanza o per altro fenomeno; e se la Fiumara debba cedere il pošto. Noi pensiamo che la Fiumara sia V Oneo, per 1'importanza che ebbe siccome fiume di confine. Fra Segna ed il Tedanio nessun' acqua scorre al mare, la quale faccia supporre che Tolomeo abbia par-lato di fiume diverso dal Tedanio; il Tedanio poi ebbe celebrita non per la lunghezza o per la navigabilita, ma per essere confine di provincia, per cui ebbero celebrita, il Varo, l'Arsa, il Formione, il Rubioone, tutte acque po-vere. Notiamo poi che 1'arcidiaconato proprio di Buccari ha il nome nello scematismo di Transalbinus, certa-mente per rispetto a Modrussa, certamente dal nome dei monti che diramano dal Nevoso, e che nell'antichita di-cevansi Albii; nome questo di Albio che e proprio non soltanto dello Schneeberg o Nevoso, ma della catena tutta che unisce le Alpi Giulie alle Alpi Dinariche, od agli Ardii, Ed ora che le oondizioni ecclesiastiche della Giapidia ci furono guida nei tracciare le antiche condizioni politiche, ci sia lecito di venire ad induzioni sull'antica condizione della chiesa medesima. Ci mancano e vero i materiali, pero sappiamo per propria esperienza che se i materiali copiosi, certi, portano ad induzioni non meno certe, e concedono nelle poche lettere sopravanzate di leggere tutta 1'inscrizione che oggidi si vede in massima parte cancellata; anche le ipotesi non di improvvisamento, o di arbitrio, ma tratte da confronto di altre provincie, e sprone e giovamenlo grandissimo per rintracciare questi materiali, nei valutarli, se finora o non avvertiti, o ne-gletti o tenuti peggio. La chiesa nelle ripartizioni di agri, nella fissazione dei centri amministrativi nella prima sua instituzione, non čred nuova geografia, ma come i dotti ne convengono segui le ripartizioni deli'impero romano, e le condizioni sociali di questo; nei che fare la chiesa agi liberamente, dacche siffatte instituzioni sono di origine come dicono umana, il potere e di origine divina. II cristianesimo non compose nei suo piantarsi comuni novelle, novelle provincie, ma dei comuni, delle provincie esistenti formo, al-tresi comuni e provincie ecclesiastiche; il rango delle chiese, perfino certe forme di congregazione furono mo-dellate sui rango e sulle forme cittadine, nei che si ado- per6 grandissima prudenza, perche gli ordinamenti civili erano allora sapientissimi calcolati sulle condizioni sociali e perche la concordanza toglie le grandissime difficolta che provengono da diversita troppo grande. Ora egli e certo che i coipuni nei complessivo di loro giurisdizione, coll'agro colonico, cogli agri distrettuali, cogli agri attributi pel governo; formarono un solo agro di governo di chiesa, cui presiedeva un episcopo. Le ripartizioni interne di uno di questi comuni, erano anche ripartizioni per le cose di religione; i distretti di un comune erano le plebes le plebanie, ognuna delle quali corrisponde ad un Pago dello scompartimento po-litico, e tante erano le plebi ecclesiastiche, quanti erano i paghi civili; il plebanus era nella chiesa ciocheilma-gister pagi nella societa. E ben si dicevano plebanie, perche abitate dalla plebe, quelli che appartenevano al popolo o abitavano nelle citta. o venivano aggregati a que-ste e vi partecipavano. Preghiamo chi legge di non con-fondere popolo con plebe, come oggidi si fa, di non con-fondere comune quale corpo sociale che ha 1'autopolitia, e la esercita anche su altri, colle frazioni di terreno che oggidi diconsi comuni. II corpo urbano se aveva digni-ta di munieipio e forme di reggimento municipale, come aveva il collegio decurionale, aveva anche collegio eccle-siastico che dicono canonicale, e questo aveva la cura; nei pagi che pure vi avevano corpo amministrante sebbene con poteri ristretti, anche il clero forinava congregazione, da cui vennero poi i capitoli rurali. V'avevano poi castelli e corpi minori, i quali erano bensi soggetti alla citta, perd formavano corpi distinti, non tutelati dal comune doininante, ma soggetti in quanto il comune domi-nante dava loro la magistratura suprema. E questi corpi si formarono anche in corpi di chiesa, ed ebbero arci-preti, e capitolo collegiale; i poteri degli arcipreti, dei plebani non erano dappertutto eguali, che cio dipendeva dal beneplacito dei vescovi, i quali prudentemente segui-vano le condizioni civili. Ma affinche non venga equi-voco dichiariamo di parlare soltanto del governo di chiesa, e non deli'ordine, non dei sacramenti. Per tutto il territorio complessivo di un munieipio, per il comune urbano, per le pievi, per le arcipreture, v'era il vescovo al quale solo spettava il diritto di dettare sanzioni penali, e di far giudicare dei mancamenti; Parcidiacono era il mi-nistro del vescovo incaricato di eseguire gli ordini pel buon governo di chiesa, in tutta la diocesi; e delParci-diacono dicevasi che fosse P occhio del vescovo. I con-cili avevano vietato che si fondassero veseovati in vil— laggi. Ma oltre i municipi vi erano comuni di rango in-feriore, pero indipendenti da municipi, fruenti 1'autopolitia, sia che avessero citta, sia che il popolo vivesse per pagos, comatim; e questi comuni avevano egualmente diritto di formare chiese, ed avevano buon diritto ad avere proprio vescovo; dal che ne venne che in quelle provincie nelle quali 1'antica pianta di chiesa non fu capovolta da sovvertimenti distruttori, le chiese episeopali durarono numerosissime fino a' nostri giorni, se ne videro durare in Iuoghi che appena avevano nome di citta; perche la chiesa fu ferma nella massima di non portare cangiamento se tottale cangiamento delle condizioni antiche e disperan-za di vederle risorgere non lo esigesse altamente. I ve- scovi di una provincia sebbene eguali in potere, fra gli eguali avevano chi fosse il primo, da cui il nome di Primate, o di Archi che equivale; nome tratto dagli stessi ordinamenti civili; ed a questo proposito non pos-siamo tacere come nel parlamento istriano deli'804 il Primas Polensis, non e gia come alcuni credettero II vescovo di Pola, primate deli'Istria; ma il primo dei de-curioni di Pola. Oualora ad ogni municipio non venisse dato vescovo, fu costume che ogni municipio formasse bensi chiesa episcopale, ma queste chiese venissero date in governo a vescovo di prossimo municipio, non per fusione di chiese, ma per abbinazione temporanea sotto lo stesso pastore; temporanea perche cessati gli impedimenti, avevano o ria-vevano proprio prelato. E nel caso di abbinazione, ogni chiesa aveva come proprio capitolo, cosi proprie dignita dal vescovo alPingiu, avevano anche i vescovi proprio arci-diacono, per cui venne che pili arcidiaconi vi sieno, mentre uno solo e il vescovo, ed ogni arcidiacono abbia proprio territorio. La fondazione delle chiese cristiane non segui gia in tutte le citta al primo bandirsi dei vangelo, la storia mostra come dapprima si dassero vescovi alle metropoli delle provincie, come avessero giurisdizione su tutta la provincia; come piu tardi si dassero vescovi alle citta maggiori, delle quali con ragione si puo ritenere che fossero metropoli di una frazione della provincia; come nel sesto secolo si propagassero alle citta. II quale proce-dimento non portava che crescendo il numero dei fedeli, le singole citta o comuni non facessero comune ecclesia-stico, edjanzi vescovile, pero non ogni chiesa aveva vescovo, intendiamo dei tempi dopo data la liberta alla chiesa, e dopo propagato il cristianesimo per tutte le citta romane in modo da ritenerlo religione dominaute. La plebe ru-stica, i pagani abitanti dei pagi, furono gli ultimi ad ac-cettarlo, per cui il nome di pagani ebbe signilicato per riguardo a credenza. Non e a dubitarsi che la Liburnia o Giapidia ( che furono identificate) accettasse di buon ora la fede, posta come era tra Aquileia, Emona, Saviana, Siscia, e Salona, centri antichi di cristianesimo, e seguisse 1'andamento delle provincie che le stanno dirimpetto al di la del mare; ma e a dubitarsi che ogni municipalita, ogni comune libero e di rango maggiore avesse proprio episcopato. Se fossero noti gli antichissimi arcidiaconati, il quesito sarebbe sciolto, ma dacche conviene passare attraverso le sovversioni e le ricostruzioni del IX secolo, attraverso i cangiamenti posteriori, non si facile e il raggiungere l'an-tica pianta che supponiamo esservi sviluppata nel secolo VI. Pure faremo tentativo. E verosimile che le colonie romane come precede-vano in rango le altre citta, avessero anche preceduto colla presenza di vescovi. Abbiamo piu sopra accennato che li confini dei due odierni vescovati sia linea tale che divide la Liburnia in due, I'una settentrionale, P altra me-ridionale, e vi aggiungiamo che questa linea di interna divisione corre paralella eolle linee esterne di confine della Liburnia tanto verso settentrione che verso mezzo-giorno. Ognuna di queste due frazioni comprende spiaggia di mare ed interno di paese, P una la dicono il ve-seovato di Modrussa, P altra ui Segna e Corbavia. Pre Guido di Ravenna sembra riconoscere queste due divisioni, poiche dice = Liburnia Tarsaticensis = e potrebbe sospettarsi che le ommissioni degli amanuensi ci facciano desiderare il nome deli' altra Liburnia, non po-tendo persuaderci che quest' epiteto di Tarsdticensis sia di un passo, mentre sempre dice Liburnia senza altro. Noi potremmo supporre che 1'altra Liburnia fosse la Sentensis. Noi vorremmo credere che SENIA colonia romana Cparliamo ora soltanto della spiaggia marittima), avesso antico veseovato, unico dapprima su tutta la spiaggia che corre verso il Tedanio; le altre citta al mare ebbero comune con Segna il pastore, sebbene formassero comu-nita ecclesiastiche da se, intendiamo di Lopsica; perchd di Ortopula ci sembra altro; di Vegium, Argiruntum, non sappiamo cosa alcuna, forse tutte queste chiese con-servano o conservarono fino a teinpi vicini traocie del-1' antica condizione; non tutte tolte dai sovvertimenti del medio tempo, forse avevano capitoli, arcidiaconi, santi mu-nicipali. Nella Liburnia Tarsaticense, dovrebbe pel nome al-meno darsi pošto a Tersato, ossia alPodierna Buccari, del quale Tersato in diploma di Carlo Magno si parla come di veseovato che si sottopone aH'arcidiocesi di Aquileia (notammo j SS. Ermagora e Fortunato di Ge-rovo), ma la notizia non e fuori di ogni dubbiezza, sebbene non pili la giudichiamo falsa, come altra volta fecimo. Pero Varvaria Bribir che ha arcidiaconato cattedrale, e che fu colonia romana, contrasterebbe il rango a Buccari, e noi propenderemmo a credere che Varvaria avesse veseovato, che Buccari e Novi fossero chiese episeopali abbinate sotto il solo vescovo di Varvaria, per cui facile si era lo staccare la diocesi di Tersato per darla al patriarca di Aquileia. Pero a favore di Tersato ossia di Buccari parla altainente 1' agro arcidiaconale, arrondato, esteso, che abbraccia oggidi Czubar, Brod, Ver-bousco, e che si palesa formato di proposito, mentre I' agio odierno arcidiaconale di Bribir, mostra in Ogulin e Sluin forma tale che si palesa congiunta non natural-mente, ma per circostanze. La parte mediterranea della Liburnia oppone mag-giori difficolta, perche manca 1'appoggio di colonie note, o di citta delle quali fosse noto il primato antico. Ogulin e Sluin che formarono parte aggiunta ali'arcidiaconato di Bribir e che si palesa come corpo da se, ebbe gia pro-pri vescovi che noi pensiamo fossero di Monettion e che presero stanza in Modruss, e questo pensiamo che fo$se P unico vescovo di antica instituzione in questa parte della Liburnia meno felice per fisiche condizioni, e che abbinala vi fosse la chiesa di Sluin o di OLISA di Pre Guido. Cio della Liburnia mediterranea settentrionale. Nella meridionale i comuni sono piu numerosi. Dap^ prima diremo che non un solo episcopato noi crediamo di vedere in questa regione, come si dovrebbe dire ve-dendo unito al titolo di Segna quello di Corbavia; ma sapendo che in Novi di Licca risedeva un arcidiacono il quale si diceva di Licca e Corbavia, tiriaino induzioni che due fossero gli arcidiaconati uniti poi nella stessa persona. Anzi noi andiamo piu innanzi. Oggidi chiaina-no la Licca, Carlobago e Gospieh; pero sembra che la Licca sia piuttosto Gospich e Perusich attraverso i quali distretti corrc il fiuine che dicono Licca. Ouesta Licca e il paese dei Laeinienses di Plinio, nel cui odierno nome li Slavi amarono di invertire le vocali; dei Lacinienses, i quali fonnavano comune da se, di distinzione e che inlerveniva al convegno scardonitano. Carlobago, P Ortopula faceva comune separato dai Lacinienses. Al nord di qu- sti Lacinienses vi hanno le due citta di Ari-pio e di Avendo, le quali si trovano unite sotto P arci-diaconato odierno di Segna, e sembra a noi che amen-due queste chiese fossero abbinate con quella di Segna sotto lo stesso vescovo; riteniamo che del pari fosse av-venuto coi Lacinienses e che come erano sotto 1'arci-diaconato Liccano, lo fossero in origine sotto lo stesso vescovo, risedesse poi questo in Ortopula, o fra i Lacinienses. Rimarrebbe ora il terreno che forma la Corbavia, sotto il quale nome crediamo si comprendesse non soltanto 1'agro amplissimo intorno Udbina, ma altresi quel!a parte deli'agro di Gospich che sta a settentrione del-l'agro-di Udbina e che dalla forma si vede esservi stato unito, non appartenervi naturalmente. In questo agro stanno le rovine di antica citta ed ivi presso villaggio che dicono Ivarbovicza-mala, e che noi supponiamo essere stata la citta che aveva quel nome che in Tulomeo vediamo scritto Varvaria e che poi dissero Corbavia,; il nome sincero non sapremmo dire perche il primo ci sembra viziato nello scriversi, il secondo nel dirsi dal popolo. Ed in questa che dobbiamo intitolare Corbavia crediamo fosse vescovo antico, il quale poi nel nono secolo prese stanza in Udbina, dopo distrutta Pantica Varvaria (godeva Corbavia sotto i Romani esenzione daimpo-ste reaii.) E sotto questo vescovo sarebbero state abbinate le altre chiese di questa regione. A completare la provincia liburnica fusa colla Gia-pidia dovremmo accennare anche le citta deli' insulario, e della terra fra il Tedar.io ed il Titio. Diremo dunque Olbona Plauno, liadre al di sopra di Toncovaz sulla Zermagna, Burnum Supliacerqua, Corinium Carin, Ci-vitas Pasini Possidaria, Aenona Nona, Jadera Zara, Nedinum Nadin, Asseria, rovine presso Lissichich, Au-rasiona Zaravecclua, Scardona, Implecus Colentum di Plinio, stretto di Morter. Nelle isole, due sono le citta nell' isola di Veglia, Curicta e Fertinum, Crexa, Cher-so, Apsorus Ossero, Arba Arbe. La Liburnia come fu conformata dai Romani, seb-bene compresa neJP Illirico, fu provincia da se ed ebbe costituzione diversa come sembra da quella che ebbe la Dalmazia, sebbene, come crediamo, sottostasse al preside di questa. La costituzione provinciale della Liburnia sembra essere stata alquanto larga, se soli quat-toruici fra i pressoche quaranta comuni, erano privi del diritto di propria giudicatura e dovevano recarsi a Scp-dona per le cose di giuslizia; se sette comuni godevano del diritto di §uolo italico, per cui erano esenti da ogni imposta prediale; ed erano questi gli Alutae, i Flanates, i Lopsi, i Varvarini, i Fertinates, i Curictae, sebbene non avessero propria giudicatura. A pari condizione erano soggelti i Lacinienses, li Stlupini, i Burnenses, gli 01-bonenses come si ha da Plinio. Se maggiore fosse la copia delle inscrizioni non sarebbe difficile il rinvenire quelli tre comuni che mancano a completare i quattordici, privi di propria giudicatura. Gli Asseriates poi erano a migliore condizione di tutti, perche erano immuni da ogni obbligo personale e reale. Oueste larghezze e la devozione mostrata dalla Liburnia a Tiberio successore di Augusto fanno ritenere che soggiogata la provincia venisse popolata di soldati, e vi fossero mandati in colonia moltissimi abitanti no-velli, si formassero poi in corpi sociali con rango e diritti di colonie, o no. Plinio veramente pone Burnum fra i comuni che non avevano propria giudicatura, ma che sottostavano al convento Scardonitano. La Tavola Teo-dosiana pone a Burnum il segno di colonia; se nella Tavola non e errore di trasposizione converrebbe dire che Burno sia divenuto colonia dopo i tempi di Augusto e di Tiberio. Non dubitiamo che la Liburnia complessiva avesse gli obblighi del servigio nelle armate, e nella flotta da guerra. Ma noi lavoriamo stando al tavolo, senza conosce-re la provincia, senza avere sott' occhio i materiali scritti sieno su pietre, sieno su pergamene, senz'avere vedulo i ruderi di citta o gli avanzi architettonici che tanto so-lennemente parlano; senza conoscere le tradizioni civili e di chiesa, e questo lavorare e il piu fallace che sia. E ben potrebbe verificarsi di Bribir, che la Varvaria sia Corbavia colonia, che Io scriba della flotta Ravennate co-lono di Varvaria siasi arrolato alla flotta come si arro-lavano abitanti di terra ferma, che la lezione giusta Rap-paria di Pre Guido non sia Varvaria, ma debba racco-starsi alla Velcera di Tolomeo, e dalle due lezioni trar-sene la sincera, che Tarsatica (Buccari) sia stata colonia; il che facilinente potrebbe avvenire per rinvenimento di lapidi e conoscenza delle esistenti; lapidi che non devono essere rare. Ma pure abbiamo voluto scrivere queste cose tutte, per ricambiare la gentilezza del signor Giovanni Kobler in quel modo pili solenne che a noi fosse possibile, nel desiderio che a lui torni gradito il vedere come abbiamo messo a profitto il libercolo di cui ci ha fatto dono, quantunque questo noslro dettato sia troppo imperfetto senza carta geografica. Legislazione. Collezione delle leggi cambiarie e mercantili vi-genti negli stati ereditari, avuto in ispeciale r ifl esso il litorale e eompilata da Filippo Luzzatti Dr. in legge Trieste. \Veis, 1849. 8vo. di p. 254. Salutiamo con piacere la raccolta delle leggi cambiarie e di commercio, pubblicata in quest' anno dal Dr. Filippo Luzzatli, e come primo lavoro di giovane volon-teroso, e coine prima opera di tal genere che esca per la parte del litorale di antica possidenza austriaca; sia questa raccolta di faufto auspizio, come quello che ini— zia opere di tal genere non soltanto utili, ma anzi ne-cessarie. Dobbiamo confessare ingenuamente che se le rac-colte di leggi dovessero segnare lo stato della giurispru- denza in queste regioni che formarono fino a non molti anni provincie legislative distinte, non potremmo andare fastosi di cid che fu fatto. Imperciocche parlando di que-sta Trieste, fu invero pratica di tenere raccolte, insieme alle leggi che dicevEno patrie, anche lo risoluzioni so-vrane, perd soltanto quelle che cadevano nelle uiaterie poggiate al governo della municipalita, e queste raccolte vennero anche date alle stampe in una prima edizio-ne dalla stamperia di Trieste di Antonio Turini 1625; ed in una seconda edizione dallo stampatore di Trieste Fo-garino del 1725, dopo attivato il porto-franco ; ma le leggi tutte di questo ultimo fossero cambiarie, mercantili, do-ganali, processuali ecc. non vennero assuntenei libri delli statuti, ne per quanto venne a nostra conoscenza, mai raccolte in corpo intero, ne tutte raccolte in altre colle-zioni; per cui, fatte rare e disperse, mancarono alle piu diligenti investigazioni, e scomparvero perfino dalla memoria degli uomini. La diligenza usata da qualcuno fu ristretta a poche cose, ed accidentale; pure diremo del Bonomo che ac-colse qualche legge del porto-franco in un almanacco che pubblicava sulla fine del secolo passato, ed il Cratey che ne pubblico qualche altra nella sua perigrafia nel 1808. Delle leggi del porto-franco le poche di che si conservo memoria erano depositate negli almanacchi, e nell' opera oscurissima che raccoglieva i nomi delle contrade di Trieste 1! Venuto al trono Giuseppe II e gettate le fonda-menta per fondero le varie provincie in un solo impero, fsiccome piu tardi avvenne) non fu invero n6 attivato bollettino, come dicono, delle leggi, ne fattane raccolta pubblica, piu che per le leggi giudiziarie; pero usciva allora in Trieste un Estratto cronologico di tre in tre mesi, nel quale si indicavano le leggi, le ordinanze, i de-creti tutti delle autorita amministrative, che toccavano la cosa pubblica. Duro breve tempo, ne piu altro se ne seppe. II governo francese provvide per la legislazione; dapprima con un decreto del governatore generale del 5 maržo 1812 col quale si enunciavano una ad una tutte le leggi deli' impero francese che avrebbero avuto vigo-re nell' Illirio; poi col bollettino di queste leggi, pub-blicato in quattordici volumi dalla stamperia imperiale di Parigi in due edizioni, P una col testo francese ed italiano, 1' altra col testo francese e tedesco. II testo italiano e alquanto franciosato. Ouesto bollettino non rende superfluo il decreto del governatore, perche in questo soltanto si registrano quegli articoli dei codici i quali non avevano efficacia per 1'Illirio; vi ha poi piccola diffe-renza fra il decreto ed il bollettino, che ora sarebbe o-ziosita il toccare. Ed in questi due atti si contenevano tutte le leggi per 1" Illiria; le posteriori al bollettino par-ziale, erano inserite nel bollettino deli'Impero; pero anche nelle provincie 6i pubblicava periodicamente alcun-che di simile. Ristaurato il governo austriaco, non vi fu dapprin-cipio ne bollettino, ne indicatore, ne raccolta; le leggi che ricostituivano queste provincie furono volanti, anda-rono disperse, divennero rare. L' Osservutore di quei tempi fece un' indicazione degli ordinamenti, ma per breve tempo. Col 1819 comincio la Collezione delle leggi provinciali pel Litorale, stampata in Trieste, in tedesco ed in italiano; ma non vi si accolsero le leggi or-ganiche dal 1814 al 1819, per cui mancato cio che as-sai interessava di avere, la collezione non ebbe smercio; le leggi in essa contenute comparivano anche in altre raccolte; ebbe a cessare onninamente coll'anno 1823. Nel 1848 uscivano per la prima volta tutte le leggi del porto-franco date da Carlo VI. Della contea d' Istria non diremo perche null' altro possiamo dire fuori che le leggi non venivano raccolte in forma di uso pubblico. L'Istria marittima raccolse leggi per ogni comune, ma alle stampe non vennero che quelle di Capodistria, di Pirano, di Orsera e di Pinguente per pubblica cura; quelle di Pola e di Parenzo in questi ultimi anni per pri-vata diligenza. II podesta di Capodistria Lorenzo Paruta raccoglieva in un volume tutte le leggi e terminazioni che regola-vano P amministrativo deli' Istria, e la raccolta vedeva la stampa in Venezia nel 1757. Dal 1797 al 1804 formo quest'Istria marittima propria provincia legislativa; le leggi non vennero accolte in bollettino, anzi nemmeno pubblicate tutte per le stampe, per cui sono rarissime. Poi ebbe comuni i destini con Trieste; perfino le leggi municipali dimenticate, neglette sebbene reggessero ancora molti diritti, andarono disperse in questi ultimi tempi. Gorizia stampo le Costituzioni (cosi le chiama-vano) che regolavano la contea, e se ne fecero parec-chie edizioni; abbiamo veduto dei tempi di Maria Teresa un indicatore, e dei tempi di Giuseppe II avviamenti per raccogliere a libro le ordinanze; noteremo dei tempi di Maria Teresa qualche ordinanza, dettata in dialetto friu-lano. Ma anche Gorizia doveva cadere nel vortice che tolse questi tentativi, singoli imperfetti, di avere corpo di leggi. Gradišča ebbe statuto, ma non fu dato alle stampe. L'eiTetto di tale mancanza si fece sentire; il diritto fu incerto, piu incerte le decisioni; in luogo del diritto positivo proprio, si introdusse una giurisprudenza adotti-va, incerta aneor questa; la conoscenza delle leggi fu caso riservato; la scoperta di una legge fu come ilrin-venimento di moneta antica e rara; i piu andavano a ten-tone nel buio, avendo per tutta fiaccola principi generali. Cio intendiamo detto del popolo non delle autorita nč delle persone di legge; intendiamo detto del diritto amministrativo, non del privato o del penale, del diritto provinciale e municipale non del generale. La nuova era deli'Austria non poteva lasciare in-soddisfatto il bisogno sentito altamente da chi desidera non la sola obbedienza passiva alle leggi amministrative, ma la operosa e spontanea, perche abbia la legge P ef-fetto che si propose. Un bollettino provinciale venne an-nunciato, pero non e da attendersi che abbracci anche le leggi anteriori comunque valide ancora; ned e ad attendersi che di un tratto venga tutta la legislazione austria-ca portata a corpo completo, venga (non possiamo ri-solverci ad usare una voce che vidimo stampata) ridotta a collezione, fuor della quale non vi ha legge valida. Le raccolte di leggi anteriori non possono attendersi che da privata diligenza, e questa del dott.Luzz atti la salutiamo come inaugurazione di cid che seguendo Pim-pulso generale, si fara anche da noi. Non rincresca a lui che francamente manifestiamo il pensamento nostro sulla raccolta; non intendiamo di farne scoraggiante censura; sappiamo per propria esperienza quanto sia arduo il camminare per vie non prima da altri calcate; quelli che esponiamo non sono che nostri desideri, ma li vogliamo dire perche sappia il sig. Luzzatti che il suo libro fu letto attentamente. Sembra a noi che avrebbersi potuto accogliere nella raccolta qualche legge che sebbene antiquata, non e to-talmente fuori di vigore, e qualche indicazione a migliore intelligenza delle leggi medesiine. La legge di cambio del 20 maggio 1722 emanata per 1'Austria interiore, e nominatamente per Trieste in testo italiano colle stampe di Gio. Pietro Van Ghelen di Vienna, avrebbe potuto accogliersi per tre motivi, l'uno perche con questa comincia la legislazione cambiaria per Trieste; perche questa legge non e abrogata, ma de-rogata e non in tutto; perche nella legge del 1765 si parla di legge antecedente con manifesto equivoco, come si vedrž. Le stampe deli'editto di cambio rinnovato da S. M. Imperiale, portano bensi in fronte Pindicazione = che contiene le ordinanze di cambio per gli Stati di Boe-mia e delV Austria inferiore ed interiore; ma questo e il titolo apposto al libercolo stampato in Trieste da Francesco Mattia Winkowitz; 1'editto soltanto e legge, e questa legge non parla di Stati pei quali deliba valere; ci6 dipendeva dalla pubblicazione la quale era sempre ordinata con decreto speciale ed eseguila con atto spe-ciale. Nel di 10 settembre 1717 aveva Carlo VI pubbli-cato patente di cambio, non per P Austria interiore, sib-bene per 1'arciducato deli'Austria; peri'Austria interiore 1'editto e del 20 maggio 1722 e questo soltanto fu pub-blicato nell'Austria interiore; in Trieste poi venne pub-blicato il testo italiano della legge, e questo solo testo era autentico. Maria Teresa indotta ad accrescere in parte ed a riformare V editto di cambio del 10 settembre 1717 (almeno questa e la data nel codex au-striacus) perche l'editto lasciava indecisi alcuni časi, e perche il eommercio e specialmente le mani-fatture s'erano estese (sono le precise parole delPe-ditto di Maria Teresa) sanziono nuovo editto di cambio il quale porta la data del 1.° ottobre 1763, e questo editto venne pubblicato nell'arciducato deli'Austria, siccome provincia legislativa propria. Quelli stessi motivi che vale-vano per accrescere e riformare la legge di cambio in Austria, erano anche per Trieste, perlocche Maria Teresa nel di 8 novembre 1763 ordinava alPIntendenza commer-ciale di Trieste di farne la traduzione in italiano, la quale venne poggiata al consigliere Pasquale de Ricci. II quale disimpegnatosene, veniva questa presentata alPimperatri-ce, e 1'imperatrice rivestiva nel di 2 aprile 1765 questo testo italiano della forma di legge, segnandola colla propria cifra reale, nel manoscritto ed in alcuni esemplari a stampa. Con decreto dello stesso giorno 2 aprile si ordinava la pubblicazione in Trieste di questa legge. Niun altro testo venne mai pubblicato in Trieste, per modo che il testo tedesco del 1763 da cui fu tolto non ebbe mai autorita per Trieste. L'origine storica della traduzione non attribuisce al testo originario forza di testo autentico, tanto meno, quantoche nel testo del 1765 vi e qual-che disposizione nuova, che non si trova nel testo del 1783. Male quindi figurava nel frontispizio del libro che contiene P editto 1765 di cambio, 1' indicazione che que-sto editto era legge per la Boemia e per 1'Austria; e que-sta indicazione privalissima e di libraio, poteva ommet-tersi nella ristampa dal dott. Luzzatti. Perche esso non ignora certamente che nacquero dubbiezze se valesse il testo 1763 tedesco, od il testo 1765 italiano, che nelle dispositive non e identico in tutto, dubbiezze che potreb-bero rinnovarsi. II Ricci incaricato non della traduzione materiale, ma della voltura deli'editto 1763, male accolse la citazione del precedente editto di cambio del 16 settembre 1717, mentre facendosi legge per Trieste questa data doveva voltarsi in quella piu vera del 20 Maggio 1722 5 perche sebbene questo editto del 1722 fosse storicamente la traduzione di quello del 1717, e questo del 1717 eguale al tedesco del 1722 (per la parte di legge) pure non eranvi due testi autenlici per Trieste, ma uno solo e questo P italiano. Nell'editto di cambio del 1765 come in quello del 1763 si fa espressa provocazione alla patente 26 aprile 1751; ci sembra che non sarebbe stato fuor di proposito 1'av-vertire che questa patente e una generale come diceva-no, una di quelle patenti che emanate dal legislatore va-levano indistintamente per tutti gli stati austriaci, che per cio non e noto che siasi emanata appositamente per Trieste, e che in Trieste sia stata anche pubblicata. Ouesta legge disponeva la repressione deli' usura. Non sarebbe stalo forse fuori di luogo P accogliere nella raccolta la prima pubblicazione delle leggi di cambio per il rimanente' della provincia del litorale dopo il 1814; ci pare che sia allora corso qualche equivoco confondendo la legge del 1763 con quella del 1765 ri-tenutele una sola in due testi diversi di lingua; e cio a-vrebbe dato occasione al raccoglitore di schiarire la cosa. Pero conveniamo anche noi che altro e la legge scritta, altro la giurisprudenza, e come vi aveva giuris-prudenza in Trieste prima che vi fossero leggi scritte, cosi potrebbe anche oggidi esservi divario fra legge e giurisprudenza. Tra le ordinanze registrate vi ha una del 1816 la quale dichiara per quali persone sia il privilegio del por-to-franco. Ouesta ordinanza e la conferma di altre pre-cedenti sovrane risoluzioni e decisioni, p. e. del 10 novembre 1754, dei 29 decembre 1754, dei 23 settembre 1755, del 14 novembre 1757, del 21 novembre 1760, e tutte queste riguardavano Particolo 40 della patente 11 novembre 1730, e la Patente 19 decembre 1725, il quale articolo dichiarava esenti gli esteri da escussioni per de-biti incontrati fuori di Trieste. L'ordinanza del 1816 sup-ponendo note le precedenti decisioni, e noto P oggetto pel quale si emanava, non credette di esporlo, ma pensiamo che sarebbe stato bene 1' avvertirlo. "Forse il dott. Luzzatti ommise queste come altre ordinanze e decisioni onde non accrescere soverchiamente la mole del libro, ed e forse percio che sorpassd del tutto le leggi del porto- franco, o piuttosto per non ritenerle sorgenti di diritto mercantile privato. Nel recarci la legge sull' esercizio delle arti e me-stieri, sembra che il Dr. Luzzatti la ammetta applicabile anche a Trieste, di che noi dubitiamo fortemente. Per una professione la legge venne affatto tolta, anzi per de-cisione ammesso cio che la legge sembrava vietare asso-lutamente; le dispositive poi ci serabrano applicate a qual-che professione piu per oggetti di dazi che altro. AlPin-vece avremmo desiderato Pordinanza che vale per Trieste, recente, che regola le arti, e quella altresi delle in-dustrie anche mercantili, delle quali dubiteremmo che sieno abrogate, siccome sarebbe desiderio di vedere nella raccolta la nuova legge sulla composizione del corpo mercantile. Animiamo il Dr. Luzzatti a proseguire le sue ri-cerche sullo stato attuale della legislazione di Trieste, ricerche che vanno unite a difficolta, che spesso atten-dono dal caso, aumento o complemento; egli nalla pre-fazione alla raccolta ricorda come Trieste manchi di un codice di commercio (e quando aveva il codice gli inan-cava il commercio); ricorda come anche P Inghilterra man-ca di codici, su di che noi ricorderemo che se ivi man-ca un codice non manca la giurisprudenza, e che la giu-risprudenza nostra avra sempre giovamento dalla raccolta di leggi, quand' anche di nudi testi, quand' anche di leggi antiche ed anliquate, perche la sapienza e una, e la si trova depositata come nelle vecchie patenti, ordi-nanze, terminazioni, come nei codici e nelle ordinanze dei tempi moderni. I)i una inscrizione nella quale si fa menzione deli' Istria e della Liburnia. Giano Grutero registra un' inscrizione antica, ac-colta dal Carli nelle Antichita italiche III, 31 in onore di personaggio che fu procuratore degli alimenti nella Transpadana, cioe a dire nella Venezia, nell' Istria e nella Liburnia. L • DIDIO • MARINO • V> E • PROČ AVG • N • PROVINC • ARAB • PROČ GALATLE • PUOC ■ FAil • CLAD PER • GALLIAS • BUET • HISPA NIAS • GERMAN * ET ■ TRATIAM PROČ • MINVCLE • PROČ • ALI MENTORVM • PER • TRANSPADVM HISTRIAM • ET • LIBVRNIAM PROČ • VECTIGALlORi • POPVL. R • QV,E • S Vrv T • CITRA • PADVM PROČ • FAM • GLAD • PER ■ ASI AM • MY • GALAT • CAPPADOC LYCIAM • PAMFYL • CILIC • CI PRVM • PONTVM • PELAG TRIB • CO • T • BE /V///////////////// OR M ARI AN VS • AVG • N ■ LIB P • P • XX LIB • BYTHYNL£ • PONTI PELAG NVTRITOR • EIVS II conte Carli provo di fissare il tempo di questa leggenda, e lascio incerta la questione, dacche quei Didii Marini di cui trovo citazione in autori, non convengono colle altre indicazioni della leggenda. Nella insigne la- pida di Canosa nella quale si da P albo dei decurioni di quella citta, si fa menzione di un Lucio Didio Marino, Clarissimus Vir, siccome uno dei protettori di quella municipalita. II prenome, il nome, il cognome, la stessa dignita di Chiarissimo, autorizza a ritenere che il procuratore di tante provincie, il tribuno di una corte, il personaggio che allora aveva il titolo di Egregio per essere stato procuratore di provincie fosse poi salito al titolo prossimamente maggiore di clarissimo perche en-trato nel senato o salito a dignita somma cui competeva questo titolo. Se cosi fosse la fissazione del tempo della lapida sarebbe operazione di certezza, perche P albo dei decurioni di Canosa porta la nota cronica del 223, nel quale anno imperava in Roma Alessandro Severo. La carica di procuratore di famiglie di Gladiatori, e la serie delle provincie citate nella leggenda hanno mi-rabili concordanze coi fatti di Caracalla, il quale dilet-tatosi per sanguinarie passioni di combattimenti dei gladiatori, per modo che gli fu dato a sopranome quello di Tarante gladiatore famigerato; dava s;ff>Hli giuochi anche nelle provincie che visito. Sappiamo di lui che mossosi da Roma nel 214, si reco nella Gallia, poi nella Germania, nel 215 passo nella Dacia, nella Tracia, nell' Asia, ove si trattenne in Nicomedia di Bitinia, ove passo P in-verno, nel 216 fu in Pergamo di Misia, poi in Antio-chia di Siria, poi in Alessandria d'Egitto, poi ritorno in Antiochia. Nel 216 sverno in Edessa, poi andando verso Carre fu ucciso. Potrebbe dirsi che L. Didio Marino accompagnasse P imperatore nella Gallia, nella Germania e nella Tracia nel 215; che in questo stesso anno fosse procuratore degli alimenti, o poi raggiungesse P imperatore nel 216 in Asia; ucciso questo, fosse tribuno della prima coorte dei Reti nella guerra Partica, ed in quest'anno 211 Mariano Liberto imperiale esattore della vigesima della liberta nella provincia di Bitinia e del Ponto Eusino. L'Augusto di cui si fa cenno nella lapida sembra. essere Marco Aurelio Antonino Caracalla. E ben poteva questo L. Didio Marino, che fu procuratore delPArabia e della Galazia, essere salito impe-raudo Eliogabalo, od Alessandro Severo alla dignita di senatore, e trovarsi nel 223 registrato tra i protettori del comune di Canosa. Ouesta assegnazione di tempo ali' inscrizione con-corderebbe colle notizie che si hanno degli alimentari C degli odierni asili di carita per Pinfanzia) i quali fon-dati da Nerva, fra il 96 e 98 in tutte le citta d' Italia, ampliati da Antonino e Faustina, ebbero a sofferire qual-che detrimento nel 192 in conseguenza della peste che fece deserti anche i campi assegnati a loro dotazione, furono ampliati da Alessandro Severo e Mammea. Dal 235 iinpoi non se ne ha notizia. Sta bene quindi se nel 216 si vede un procuratore degli alimenti per tre provincie P una alPaltra si prossime, da poterli comporre ad una sola amministrazione per gli asili di carita. L'esistenza di asili nella provincia delPIstria, e nella provincia della Liburnia, va ormai posta fra le instituzioni certe di que-ste provincie, e certamente segno di condizioni umani-tarie non vili. Diremo poi che quel PROC. MINVCIAE, si 6 la cura del portico detto Minucia pošto nel IX Rione di Roma al circo Flaminio.