ANNO III. Capodistria, 4 Febbrajo 4869. N. 3. LA PROVINCIA GIORNALE DEGÙ INTERESSI CIVIlI, ECOJOMIGI i» AHHINt&TR 1 TIT1 DELL'ISTRIA. Esce il 1 ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno f.ni 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Dell' Associazione. Nell'ultimo nostro numero noi abbiamo parlato, secondo la brevità dello spazio ci consentiva, dei Comizj Agrarj, la cui istituzione nella nostra Provincia è bene avviata. Cotesti Comizj, il cui esempio fu preso dalle analoghe associazioni, che esistono già nel Regno, ove, benché recenti, recarono ottimo frullo, se, come abbiamo fiducia, potranno tradursi in (allo, saranno una conseguenza immediata della istituzione della nostra Società Agraria, la quale ha ridestalo l'energia delle menti, e latto riuascere l'amore dell'operosità. Ecco dunque un primo effetto dell'Associazione; e se esso non è ancora che una speranza, se è vero che le illusioni nou devono farci velo alti occbj, è però altrettanto manifesto che bisogna dar tempo al tempo, e che sei mesi là p. e. non si avrebbe parlalo tra noi di Comizj Agrarj. Nè basta: siamo assicurali che quanto prima i proprietàrj di prati nella valle nominata Goregni-Lug, facente parte dei Communi ili Ceppici), Berdo, Villano-va, Jene rovieh, Mala e Cossliaco formeranno un Con- [ sorzio, dietro un regolamento già votato dalla Dieta, allo scopo di togliere >il pascolo vago ed arbitrario, di ovviare a danneggiamenti, di aprire strade di aecesso ai singoli prati, di regolare le aque, e di fecondare e utilizzare, in una parola, quel superbo latifondo di oltre 4500 jugeri, che al presente non è che landa deserta. Nè andrà guari altresì che saremo in grado di annunziare essersi effettiva mente costituito il Consorzio idraulico, di conformità ad altro Regolamento, sancito pure dalla Dieta, per la bonificazione dei prati, e de' paludi situali nel terreno di alluvione della valle inferiore del Quieto, cominciando da 485 lese viennesi sotto corrente della chiesa della Bastia presso il confine dell'i, r. foresta sino alla distanza di 450 tese viennesi sotto il casone di Piscine, della superficie quadrala di jugeri 2051. Ora egli è certo, che coleste imprese, della cui utilità non è permesso dubitare, diventarono assai più facili, dacché la provincia nostra potè finalmente conseguire quella sì lungamente sospirata Società Agraria, perchè la Società potrà fornire a chi intendesse promuovere coteste opere tutti quei soccorsi materiali e Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente; gl'i altri, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi 5 per linea. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Pagamenti antecipatk morali, die allr individui riesce bene spesso assai diffìcile, per non dire impossibile, il procacciarsi. E noi per nostro conto aggiungiamo che probabilmente si cominciò a parlare con più insistenza di queste cose e a concretare in disegni pratici le indeterminate associazioni, appunto dopo che la. Società fu costituita, poiché li uomini pratici, quelli cioè, che hanno già lottato Gfìlle difficoltà e ne saporarono la durezza, non si lasciano sedurre dalle belle frasi e dai discorsi vuoti, ma vogliono fatti, perchè con questi si può contare e su di essi è lecito istituire de' calcoli di probabilità. E costoro han certo digià veduto il vantaggio, che la nuova Società poteva recare ai loro progetti e perciò cottiinciaroao ad accarezzarli con più affetto che prima non facessero. Intanto la sola voce della possibilità di questi grandi lavori di publico interesse ha fallo sorgere un' altra idea, che forse non starà molto ad essere colorila, cioè uti' Associazione tecnica provinciale, nella quale avrebbero a collegarsi tulli >i ini. Ingenti di cose tecniciie sparsi e isolali ora per le varie cittadelle della provincia, e a cui potrebbero ricorrere tauto le pu-bliclie amministrazioni, quanto i privati intraprenditori in ogni loro bisogna. E non v' ha chi non veda che ne profitterebbero prima di tulio i singoli ingegneri e periti, a cui il contatto coi colleghi servirebbe di slimolo per tenersi al corrente di tulli i progressi dell' arte loro, e poi li stessi interessali, i quali ora sono costretti ad acquetarsi, per mancanza di meglio, al parere o al disegno di un singolo ingegnere, e talvolta anche a quello di un perito. Abbiamo voluto accennare colesti fatti, perchè essi nel nostro concetto hanno un legame commune, che li rannoda; sono tulli in istrelta concatenazione, e l'uno non è che l'effetto dell'altro e la causa del terzo. Come le ciliegie, di cui il Padre Cesari di buona memoria diceva che una tira l'altra, così coteste applicazioni pratiche del principio di associazione. E il vederlo in fatto, e vederlo appena mosso il primo passo, è cosa sommamente utile, e che vuol'essere rilevato con somma attenzione, perchè nulla v'ha che persuada così presto e completamente, quanto l'esempio. Ora l'esempio noi l'abbiamo soltocchj; non appena rotto il ghiaccio, non appena spezzate quelle barriere, che le nostre sventure e la nostra inerzia a-vevano frapposto fra i concittadini della stessa provin- eia, le buonj idee germogliano, e se la stagione le seconda, daranno frutto. Nulla v'ha che infiacchisce e deprima così materialmente come moralmente quanto l'isolamento: l'uomo isolato è nulla: e per converso nulla v'ha che rinvigorisca e ritempri cosi l'animo, come il corpo, quanto l'associazione: l'uomo associato può tutto. , Non occorre uno sforzo di mente per vedere né' fatti confermate sempre e dovunque queste due verità; ma per restringerci a più breve orizonle, consideriamo tutto il bene, clic l'associazione nelle sue mille diverse espressioni potrà fare tra noi. Finora la maggior nostra sciagura fu la mancanza di forze; e diciamo schietto che ci mancarono tanto le forze materiali, quanto quelle intellettuali. Ed era naturale; la storia del fascio romano rimane sempre la più splendida dimostrazione di quanto valga l'associazione. Prendete i pochi capitali, che si trovano sparsi nelle varie terre della provincia, e nessuno di essi basterà da solo a condurre a termine una impresa di qualche conto; unite una parte soltanto di ciascuno di cotesti piccoli capitali in un capitale solo, e avrete un peculio sufficiente a tentare opere grandiose, senza che alcuno delti interessali possa dirsi perciò squilibrato. Cosi e meglio ancora può dirsi delle forze intellettuali, le quali lasciate a se sole, per quanto natura le abbia creale feconde, arrugginiscono e si scompongono miseramente; mentre invece nelP attrito delle opinioni, nella necessità di discutere e studiare riacquistano tutta la loro elasticità e si discoprono in tutta la loro energia. Ora veniamo a noi: chi sa dirci tutta la lunga e dolorosa filza di bisogni, che travagliano con pari urgenza la nostra provincia? E chi sa indicare il modo di provedervi? 11 fondo provinciale basta appena a sostenere le spese correnti più necessarie; i communi versano in condizioni ancora peggiori, e di istituzioni pie o speculative, che possano ajutare, noi non ne abbiamo. E poiché non è né giusto, né possibile che un privato qualunque voglia o possa addossarsi da solo il carico della spesa di un' opera publien, verrebbe alla umiliante conclusione che noi non sappiamo bastare a noi medesimi. Forlunatamente il mezzo c' è, e noi abbiamo veduto quale esso sia; basta saperlo adoperare. Un nostro amico, in cui l'amor del bene offusca forse l'esatto apprezzamento delle condizioni di fatto, aveva qualche mese fa proposto in queste colonne un'Associazione permanente, che egli intitolava del Progresso, e che avrebbe dovuto avere per iscopo di soccorrere colle forze collegate di tulli i buoni cittadini dovunque ci fosse un bisogno da sodisfare, un progresso da compiere. La proposta cadde, senza avere neppur l'onore della discussione, e ciò mostra appunto chele condizioni di fatto sono molle volte più forti dei migliori propositi. Ma l'idea madre di quella proposta non cadde, perchè le idee sono immortali, e sotto altra forma noi l'abbiamo veduta tradursi in fatto colla Società Agraria, noi la vediamo adoperarsi per riuscire al Consorzio di Goregni-Lug, per dar vita al Consorzio del bonificamento della valle inferiore del Quieto, per costituire l'Associazione tecnica. In tutti questi varj fatti il principio predominante è uno solo, è la idea dell'associazione, che li crea e li informa; l'associazione per uno scopo determinato, anzi che per una serie di scopi non ancora chiariti : ecco tutta la differenza. Ora, poiché una combinazione qualsiasi volle che noi dovessimo proseguire il primo modo di esplicazione del principio d'associazione, anzi che il secondo, chi vieta a noi di proseguire nella via intrapresa, di estendere ad altri argomenti cotesta feconda pratica, di associarci per altri scopi, che non siano quelli da noi superiormente indicali? Se il fatto ci ha persuaso della bontà del sistema, perchè non ne caveremo tutto il profitto possibile? perchè al progresso materiale non associamo anche il progresso intellettuale? Sono domande coteste, che noi oggi mettiamo innanzi, senza rispondervi, perchè speriamo che i lettori vorranno completare il nostro pensiero. Per parte nostra, ci proponiamo di ritornare sul-r argomento. y Abolizione de' Feudi in Ltria. Fu quesla una delle piti importanti mozioni recate dinanzi alla nostra Dieta nell'ultima sua tornata. A conoscerne i gravi argomenti storici, economici e giuridici che la presidiano, daremo qui luogo alla interessante relazione della Giunta provinciale nelle parti sue piti notevoli, riputando con ciò di far cosa gradila al maggior numero de' nostri lettori, avvegnar-chè si tratti di veder cancellati anco nel nostro patte diruti avanzi di tempi codardi e selvaggi. Nell'anno 1848 uno dei più pronti e benefici effetti del primo soffio di libertà, che spirava in allora in Austria, quello certamente si fvi della Legge 7 Settembre dello slesso anno, siccome quella che aboliva il nesso personale di sudditela, ogni aggravio del suolo, il dominio di avvocazione, ed ogni distinzione tra fondi dominicali e ruslicali, e che togliendo così dalla schiavitù della gleba migliaja di uomini, e grandissime estensioni di terreni fecondali dal sudore della loro fronte, si lasciava in loro pieno e libero dominio. Ma con ciò non fu dato compimento all' opera della redenzione di tulio il suolo, imperciocché per la suaccennata legge non furono aboliti i feudi, e nell'Istria, oltrecchè non fu nemmeno dappertutto attivato l'esonero del suolo, mentre ad onta della legge medesima, ad onta che ne fosse stala ripetutamente reclamata l'attuazione, e dai contribuenti, e da questa Eccelsa Dieta, e la fosse stala anche dall' allo promessa, sussistono ancora gli aggravi del suolo nelle isole del Quarnero, e continuano a sussistere i feudi nei rapporti tra vassallo e signore riguardo alla proprietà ed al possesso. Tulle le cose però hanno lor tempo, e ciò vale specialmente riguardo alle istituzioni ed alle leggi degli Stati; avvegnacchè ogni legge deve modificarsi a seconda dei tempi e dei luoghi, mentre quelle che e-rano ottime uua volta possono diventare^ nonché inutili ed inopportune, ma pessime e micidiali. L'istituzione dei feudi conta più secoli, e seppure nei suoi primordi poteva dirsi benefica e conforme ai tempi, ora pei tempi che corrono la si deve dire senza scopo, inutile e dannosa, perchè ora i diritti delle persone e sulle cose, le imposte e tasse per far fronte ai pesi dello Stato, il servizio militare, il conferimento d'impieghi, la sicurezza pubblica e privala, i diritti generali dei cittadini sono in Austria regolali e garantiti da leggi ed istituzioni positive, e speciali, senza che sia d' uopo di ricorrere alle istituzioni feudali, il cui scopo- precipuo era l'assicurazione della protezione del principe, della fedeltà,, delle contribuzioni di tasse, d' armi e di armati, dell'ottenimento d'impieghi di cariche e titoli da parte dei vassalli; perchè in Austria tutti i cittadini son© ora eguali dinanzi alla legge; perchè essendo l'agricoltura il più sodo fondamento degli siali e nell'impero Austriaco la fonte precipua della nazionale ricchezza, mentre trae principalmente dall' agricoltura la materia di sua sussistenza e del suo commercio, per cui ad onta delle più dure prove vive sempre di propria, e durevole forza, ed essendo ormai generalmente accolto il principio che la restrizione della proprietà in pochi individui nuoce all'industria agricola, mentre la mollipli-cità dei proprietari fu consacrata il mezzo più atlo ad ottenere i maggiori prodolli agiaij, i possedimenti feudali, siccome quelli che portano con sè il vincolo della inalienabilità, la quale è la negazione della divisione, e del libero commercio dei fondi, sono per necessaria conseguenza d'impedimento e reagiscono direttamente a tulio il danno dell'industria agricola, e della ricchezza della nazione. Ai tempi nostri adunque i feudi non solo più non hanno ragione di esistere, ma alla loro esistenza si oppongono imperiosamente eziandio riguardi politici, ed economici. E queste verità, pare sieno slate già nel passato secolo sentite dall'Imperatrice Maria Teresa e dall'Augusto suo figlio l'Imperatore Giuseppe II, dacché essi iùiono i primi in Austria ad attaccare Pedifizio feudale; la prima abolendo i servizi rurali e personali, che i contadini di Boemia dovevano ai loro padroni feudatarj commutandoli in danaro; il secondo togliendo affatto nell'anno 1781 la servitù ed il giuramento di fedeltà, che gli uni erano tenuti di prestare agli altri. INè dessi furono i soli fra i Monarchi Austriaci che seppero valutare le predette verità, dacché successivamente PImperatore Francesco I. donava ai Comuni d'Italia tulli quei beni siri quali lo Stato aveva il diritto di dominio, e voleva che gli ttffizj di Lombardia e di Venezia si occupassero del tema dello svincolo dei fèudi cioè se sia da consigliarsi, e da ammettersi, e nel caso affermativo dielro quali norme, e condizioni. Questi saggi provvedimenti e più che lutto specialmente in Italia e nell' Istria, nel succedersi delle dominazioni, e segnatamente della francese, la cui legge C Termidoro anno V. (24 Luglio 1797) proclamava espressamente non essere consentaneo ai principi di un buon regolato Governo il tollerare quei vincoli che impediscono la libera contrattazione dei fondi, e dappertutto i mutali costumi,la nuova corrente d'idee, l'innato sentimento di libertà ridestatosi, e che fa-cevasi ogni di più gigante nella mente e nel cuore delle popolazioni, e i suoi conati sempre più forti al conseguimento delle libertà civili e politiche, le mutate costituzioni, dello slato meglio conformi alla dignità dell' uomo, ed informale a liberali principi, nonché lo slancio che presero gli studj delle scienze esonomichc, l'applicazione di nuovi e saggi principi di pubblica economia, in una parola, il progresso, diedero una grande scossa al feudalismo, e quindi ne derivò rilassatezza del vincolo, quasi inosservanza delle leggi e delle consuetudini feudali primitive da parte tanto del SHddilo verso il vassallo, quanto di questi verso il signore del feudo, ommission& delle patenti di reinvestitura', mancanza totale per alcuni feudi, e di regolari ed esaurienti descrizioni, e fassioni per allri, usurpazioni, e non autorizzate ed illegali alienazioni di fondi, ed enti afTelli da marca feudale. Per tirilo ciò il feudalismo perdetle dnvunque della primitiva sua importanza, autorità e forza; esso però spodestalo bensì, ma sussiste in molte parti dell'Istria, e vi sussiste ancora affetto di ciò appunto, che nuoce come fu qui sopra accennato all' economia nazionale, cioè dell' inalienabilità degli enlij feudali; vi sussiste ad onta della legge dell' abolizione parziale del vincolo feudale 47 Decembre 1862, valevole, come si legge nel relativo Colettino, anche per l' Istria, ma che in fatto non lo è, perchè dall' i. r. Commissione Provinciale d' allodializzazione instituita in Trieste nel-Panno 1864 perla sua esecuzione nel litorale Austro -illirico, in seguito ad alcune insinuazioni prodotte dagli attuali possessori di fèudi, fu trovato non essere praticamente applicabile all' Istria -r e vi sussiste quantunque la Mia presenza stia in flagrante contraddizione nonché collo spirito, colla lettera delle nuove leggi costituzionali, avvegnacchè possa dirsi che dall' Art. VII. della legge fondamentale dello Stalo del 21 Decembre 1867 si voglia espressamente lo svincolamento del suolo da qualunque divisione del diritto di proprietà, e di prostazioni da ciò derivanti. Alle quali leggi per verità si uniforma anche l'azione del Governo Imperiale lauto riguardo all'esonero del suolo, quanto riguardo all'abolizione dei feudi; imperciocché abbiamo vislo confesso j rocedeva alacremente, e portava a compimento il primo; vediamo confesso in seguilo alla Patente Imperiale 5 Luglio 1853 per la regolazione e reluizione degli oneri fondali vi allenda indefessamente alla sua esecuzione; abbiamo visto come esso nel primo periodo elettorale del Consiglio dell'Impero, e precisamente nella V. seduta addì 11 Maggio 1861, producesse alla Camera dei Deputati un progetto di legge per l'imperativa a- -boli/Jone dei feudi in lutti i regni e le provincie rappresentale nel Consiglio dell'Impero, verso un adequato indennizzo da prestarsi dal vassallo al Signore del feudo; progetto questo accollo bensì a grande maggioranza dalla Camera dei Deputati ma che non ottenne il pieno suo effetto, poiché avendovi aderito solamente in parte la Camera dei Signori, ne derivò la suaccennata legge 17 Decembre 1862 per l'abolizione parziale dei rapporti feudali; abbiamo visto finalmente come esso non ha guari, cioè nell'anno decorso 4867, appoggiasse le mozioni prodotte per incarico delle rispettive Diete provinciali al Consiglio dell'Impero dai Deputali Dott. Reehbauer per la Sli-ria nella seduta del 9 Ottobre, e Barone de Lasser per il Salisburgo nella seduta del 10 Ottobre 1867, tendenti ad ottenere una legge per la imperativa abolizione di tulti i feudi nell'uno e nell'altro dei detti ducali, dalle quali mozioni per unanime accordo di ambe le Camere e del sommo Imperante ebbe vita la legge di aboliamone di tutti i feudi colà esistenti 31» I>ecembre 1847 N. 8 e 9 del Boll. Generale delle Leggi, Si sa che nell'Istria esistono qua e là feudi Sovrani e si vuole che ne esistano anche di ecclesiastici, e qualcuno di privato; ma la confusione ingenerata dalle suaccennate vicissitudini, ed a togliere la quale confusione non valsero dopo l'anno 1815 né la Sovrana Patente 3 Maggio 1817 che ordinava a tutti i possessori di enti fendali la presentazione degli islru-nienli d'investitura, dei titoli e documenti relativi, nè le cure adoperate per il litorale dalla Procura Camerale e dal Governo d'allora, rende se non impossibile sommamente difficile la compilazione di un esalto prospetto che indichi con tutta la precisione ed esattezza quali, e quanti, di quale natura, estensione e valore, siano tutti i feudi esistenti nel Margraviato d'Istria. Non pertanto sulla base del Catasto feudale, e dei documenti ed alti reperibili nell'archivio feudale della Luogotenenza in Trieste si potè venire a capo di compilare un prospello secondo cui sarebbero quindici i feudi Sovrani nell'Istria, cioè quelli posseduti dai Conti Yalderslein e dai Marchesi Gravisi nel distretto di Pin-guente, dai Conti Becich, Conti Borisi, Conti Califfi, Marchese Gravisi « de Coletti nel Distrelto di Parenzo, dai Marrhesi Polesini nel disivello
  • , ne restasse isolato uu bacino contenente acqua marina, in rr .-io che con ■vi entrasse tant' acqua dolce da compensare t'evaporazione. Se a mo* d'esempio non si faceva il taglio dell'Istmo di Suez, e se per innalzamento naturalo o artificiale veniva chiuso lo stretto di Ba-belmandel, il mar rosso diverrebbe uno sterminato deposito di sale, che poi coperto di sabbie e terriccio, e subite altre vicende d'immersione ed emersione, dopo migliaia di secoli, poteva venire scoperto qual tesoro inesauribile all'umanità, se questa sempre abbisognasse di sale. In quanto alla domanda se si potesse trovare del sale mariao fossile in Istria, l'autore stesso ne risponde di botto col toglierci le speranze, e quindi veramente era proprio inutile il farla. Quanto a me, proporrei df accettare l'opinione dell'articolista, della non esistenza dui salrt nel nostro esiguo bacino terziario; m'asterrei però di scrutinare il perchè non ce ne sia, ed attenderei piuttosto che me ne renda spiegazione un geologo provetto, poiché, come abbiamo veduto, niente è più facile che dire de'grandi spropositi in punto di geologia, quando ci si si mette. In. tale proposito è rimarcabile come nel detto articolo che parla delle salice di Wie-liczka si viene a leggere : II nome di sale gemma non di è conosciuto. ... Il sale gemma non sarebbe dunque sale comune, ossìa sale di cucina, mentre il sale gemma non è nè più nè meno che il sale concreto e depositato nelle viscere della terra, il sale dflle miniere, che è sale di cucina, che di confronto al sale marino si distingue meramente per la piovenienza. Sale gemma è vocabolo notissimo che non ha d'uopo d'altre spiegaaioni. E d'ora innanzi mi propongo di non entrare più in siffatte discussioni che (armi inutile. Prima di finire però vorrei esporre uà' idea secoudo cui trar potrebbesi soddisfazione scientifica ed utile pratico dagli studi geognostici fatti su»' Istria. Abbiamo a guida il lavoro del dottor Stadie e la carta in colori dell' Istituto geologico di Vienna. Ora vorrei che si compilasse uu quadro per far vedere a colpo d'occhio le condizioni geognostiche dell'Istria, e quindi si facesse una raccolta d«' varj minerali della provincia. Riputerei opportuno di riportare il quadro in quattro colonne. Nella prima enumererei le formazioni iu ordine cronologico e co' rispettivi caratteri paleontologici; nella seconda accennerei i luoghi dove queste formazioni appariscono tipiche; nella terza noterei le accidentalità e gli strati framentizi che trovansi per entro i terreni delle varie formazioni, per es. nel-calcare radiolitico al Sud di Gin ino il lungo tratto di breccia calcare variegata, e sua descrizione, e così nel calcare ippuritieo presso Barbana gli schisti calcari neri molto bituminosi, e via; nella quarta, osservando sempre il sistema sincronistico, indicare i luoghi delle cave di pietra descrivendone qualità ed opportunità in senso commerciale, industriale. Il lavoro da tavolino si potrebbe compiere in una settimana. Per comporre le due prime colonne tasta leggere attentamente il lavoro del Dr. Stacbe : per abbozzare la quarta converrebbe rivolgersi alla cortesia dell'Ingegnere Sig. Francesco Ricci il quale fatto studio delle migliori cave conosciute iu Istria, ci può dare il miglior indirizzo, non foss' altro, indican Ic-tele. In base a questo quadro vorrebbesi formaro un itinerario onde con facilità e risparmio di tempo poter percorrere tutti i luoghi indicali nelle colonne seconda e quarta. Lo scopo dell' escursione sarebbe di fare la raccolta de'campioni indicanti tutte le formazioni in senso geognostico, presi ne'luoghi tipici, e dei campioni delle pietre da lavoro e di tutte le altre accidentalità di formazioni. Nel qual mentre si dovrebbe raccogliere dati e persuadersi sopra luogo per empire la terza colonna del quadro stesso. Dipenderà poi dall' acume dell' esploratore a far paragoni, confronti dei modi come si presentano le roccie, le testate, i salti, le petrifìcazio-ni, onde verificare i varj rapporti ed i maggiori dettagli nella stratigrafia istriana. E tale compito, oltre all'esser proficuo^ aggiungerebbe decoro ai patrj studj. BIBLIOGRAFIA. Epistolario di Giuseppe La Farina, raccolte e ordinato da Antonio Franchi. Milano, E. Treves e Comp. editori, -18C&. 2. voi. in 8.° In tempi di liaceo palriolismo, di timide speranze, di facili accasciamenti, come i nostri appunto sono, è giovevole e stiam per dire necessario presentare alle popolazioni svigorite e sfiduciate l'imagine di quelle tempre energiche e indomabili, clic in altri tempi e tra diverso e più fortunoso agitarsi di sorti lottarono indomite pel trionfo della causa, a cui avevano consacralo la vita, affinchè dall'esempio traggano i presenti ammaestramento di virtù e fiducia di lieto strceesso. Qiiesl'è, nel parer nostro, il pregio per noi migliore dell'opera, clic annunciamo, perchè il ritratto, che dalla lettura di essa la mente vieti componendosi della persona, da cui le lettere furono scrilte, è quello appunto di uomo fieramente schiavo de'proprj principi, indomabile nella prosecuzione de!li scopi, che egli a-veva proposto a se medesimo, e die vide raggiunti prima che la morte gli chiudesse lì occhi. Di Giuseppe La Farina suonò alla la fama, mentre visse; amici e nemici furono concordi nel giudicarlo ingegno poderoso e animo costante; imi il giudizio, che di lui si trae dalle sue lettere, è beu migliore di quello, che i contemporanei, poco e male informati, poterono concepire. Chi scriverà un giorno la storia della rigenerazione italiana troverà iu questo libro, quantunque necessariamente moneo e incompleto, elementi preziosi per spiegare e illustrare i tatti palesi; tua noi vogliamo qui attenerci a una parte sola Ira le molte, sotto le quali esso può essere esaminato, vogliamo cioè richiamare l'attenzione sopra la imponenti* e maestosa figura, che assume nella storia civile d'Italia quest'uomo cosi dilaniato da'suoi nemici, così perseguitato dalla fortuna, così poto apprezzalo dalli stessi suoi amici. Diremo forse troppo, ma noi crediamo fermamente che tra i molti illustri i quali principalmente campeggiano nelle vicende politiche d'Italia del 1840 al 18G3, pochi lo agguagliarono nella altezza de'concelti, nessuno lo superò nella costanza de'proposili e nella illibatezza della vita. A 22 anni esiliato dalla nativa Messina (nel 1857) incominciò quel doloroso pellegrinaggio dell'esilio tanto comune a que'tempi e poi alti Italiani e, salvo una breve eccezione nel 1848, vi perdurò tutta la vita. Era stato caccialo in bando, perchè amava la patria, ma questo ancora crebbe e giganteggia in lui col crescere dei dolori e delle sventure, diventò la preoccupazione costante della sua vita, inspirò tutte le sue azioni, fu insomma la face della sua esistenza. Visse nelle cospirazioni, si gettò ne'pericoli, fu l'anima di tutte le audaci imprese, che miravano a liberare l'Italia, nè per volger di casi, o per rovesci di fortune desistette dal suo disegno, che vide poi coronato di lieto sucesso. E quanto valga a difonder coraggio ne'mille tiepidi uno solo di eotesli petti di bronzo lo mostrò quella grandiosa colleganza della Società Nazionale, di cui egli fu l'anima, nella quale erano ascritti i migliori Italiani d'ogni provincia, e da cui Cavour trasse le forze a tentare e condurre a compimento la unificazione ila-liana. Ma, mentre egli dedicava tutto se stesso all'Italia, l'austero uomo non volle mai ricevere da chicchessia e per alcun titolo soccorsi o rimunerazioni, e, poiché il Governo borbonico lo aveva spogliato d'ogni suo avere, egli chiese a se stesso, al suo ingegno alla sua penna i mezzi di mantenere la famiglia, e mentre più ferveva l'opera della preparazione al riscatto, egli, oppresso da un lavoro enorme, rubava le ore al sonno e assottigliava l'ingegno entro le stret-toje di un programma governativo per compilare un testo di scuola. Ed era letterato celebratissimo per opere di lunga lena pubblicate in tempi migliori, e aveva coperto cariche insigni. Né meno valsero a sviarlo dal suo cammino le calunnie e le ingiurie, di cui si compiacquero farlo segno, specialmente nelli ultimi anni, i partigiani delle fazioni avverse: lasciava dire, pronto sempre alla riconciliazione, quando ne andasse di mezzo l'interesse del paese, ma tirava drillo per la sua slrada. Il Cavour che lo ebbe amicissimo accolse da lui il concetto della unità italiana, che prima non gli era balenalo alla mente, e colla assidua sua cooperazione lo condusse a termine. Antonio Franchi premise a questa raccolta alcuni tenni sul carattere del La Farina improntati a quella schiettezza affettuosa, che è dote precipua dell'illustre filosofo, e spiegò perchè la raccolta non sia uscita cosi completa, come egli avrebbe desideralo; molti di quelli, che, amici prima al La Farina, si slaccarono più tardi da lui e divennero poi avversarj politici, ricusarono di dar fuori le lettere molte e importanti, che ne avevano ricevuto. Così l'odio politico mutato in fistio personale perseguita anche i morti e sfida la giustizia e la verità. Ma queste si fanno slrada egualmente, c la luce non può celarsi. Anche così incompleta com'è., questa opera ha un' eminente valore storico e uno non meno prezioso lutto morale, quello, che abbiamo più sopra indicato. La fiacchezza dell'animo, quand'è invecchiata col corpo, non si debbella più; essa diventa un \izio organico, che torna inutile combattere; ma ne'giovani, ai quali il coraggio è virtù innata, fiacchezza non può essere, e se ci fosse, l'esempio de'migliori la mette in fuga. E ai giovani raccomandiamo questo libro, perchè da esso vedano quale deva essere il cittadino, (piale l'amore di patria. y- Una casa fiorentina da vendere con un Racconto morale e un Esercizio lessicografico di Pietro Fanlàni. Firenze, 1868. La nuova edizione in cui, per l'unanime e tenace volere degl'animi e per l'opera fraternamente concorde di tanti generosi, si trova l'Italia, richiamò ben tosto l'attenzione alla questione interessantissima della lingua. Nè poteva accadere altrimenti, perchè l'unità nazionale e l'unità della lingua sono strettamente congiunte, anzi immedesimate e inseparabili, in quella maniera che sono inseparabili il pensiero e l'azione. Della verità di questa sentenza se ne farà capace o-gnuno che ponga mente al principio della nazionalità, la quale, come ben avverte un dolio moderno, risultando dai rapporti fisici e morali d'un popolo, ne costituisce la di lui individualità nazionale. Noi, per non toccare delle altre nazioni, chiariremo la cosa parlando della nostra, il lettore poi potrà da sè farne le applicazioni giovandosi del dello, che qui viene perfettamente al caso: ab uno disce omnes. La provvidenza, a noi Italiani, ci ha assegnalo quel bel tratlo di paese, prevalente agli altri, se aggiustiamo fede al Gioberti, eh" è posto tra l'Alpi e il mare. Chiusi fra questi confini, noi si forma mia sola famiglia, dove, come abbiamo comuni l'aria, il suolo, la temperatura, la-fauna e la flora, così, ed è naturale, abbiamo comuni i pensieri, i sentimenti e le passioni, prodotti, in parte, dall'influenza ch'esercita co-stantemenie sopra di noi la posizione geografica. Ma, costituiti, come siamo in società non possiamo tenere in noi i pensieri, bisogna gli manifestiamo, e nel manifestarli ci serviamo di voci che ci sono proprie, ossia abbiamo una favella per la quale andiamo distinti dagli altri popoli. Come ognun vede, c'è una relazione costante, spontanea tra noi e la terra che occupiamo come c' è una relazione costante e necessaria, relativamente, tra l'individuo e la nazione di cui fa parte. È perciò che il pensiero non può essere isolato e senza freno di legge la manifestazione del medesimo. Per tanto l'attività del pensiero genera lo sviluppo e l'incremento della lingua. Queste due specie di rapporti, di lor natura intimamente connessi, formano il carattere, l'individualità nazionale, che è cosa inviolabile e sacra. Ora, siccome ogni nazione ha il diritto della propria conservazione, nè può moralmente permettere che altri la sollo-metla' così è grave violazione, manifestare, fuor di bisogno', il proprio pensiero con voci forasliere. I)i qui la necessità della purezza della lingua. La quale consiste in ciò che si abbiano a vestire le proprie idee colle voci tramandateci dai nostri padri, attemperandole giudiziosamente all' uso dei ben parlanti e all' autorità dei migliori scrittori. Conveniamo, gli è questo un lavoro serio., uno studio che richiede ogni possibile cura, ma sappiamo ancora eli' è necessario perchè, ripetiamo, unità di nazione importa unità di lingua. Pur troppo vi sono di quelli che, quando vien loro fa Ito di leggere da cima a fondo, senza riccorrere al vocabolario, un articolo da giornale, o giungono a metter insieme quattro parole, purché le sieno, credono, anzi presumono, di saper a mena dito la lingua nostra, e di poter, al caso, anche riveder le bucce agli scrittori. Pur troppo c' è de' farlingotti che, quando sanno dir pane in tre o quattro lingue, van via impettiti come se fossero il Calepino delle sette lingue; ma, abbiano pazienza, sono in errore. E se non vogliono prestar fede a noi, leggano quel che dello studio della lingua, scrive Cesare Balbo. » Lo scrivere italiano efficace, cosi egli, non è af-far letterario, ma azione nazionale, non alcune ore, alcuni sforzi, o come dicesi, alcuni sudori letterari le si debbono consagrare, ma tulli gli spirili di ciascuno, tutte le forze dell' animo e del corpo, la vita stes-sa sarebbe a ciò adoperata degnamente. » Laonde, diciamo noi, fino a tanto che le classi e-levate non israeliano il bruttissimo vezzo di parlar francese, o francesemente l'italiano, fino a tanto che la gioventù studiosa e le donne fannullone non mandino al diavolo i romanzi di Francia, tradotti nel nostro gentile idioma da traduttori mercenari, quanto presuntuosi altrettanto ignoranti, e non ci punga ver- gogna d'adulterare ìa nostra lìngua eon mille parolacce cinguettate colla gorgia francese o col fischio tedesco, non potremo mai essere italiani davvero. Non intendiamo con ciò di bandir la croce addosso alle lingue che si parlano di fuori, anzi il conoscerle consideriamo vantaggioso, massime in paese di confine, coni'è il nostro; intendiamo soltanto si segua l'ordine naturale, unico veramente logico, che cioè, prima delle altre, si studi la materna; intendiamo che alla no-straj com'è dovere, si dia il primo luogo, e che la si pigli con diligenza e predilezione, chè a ciò ne obbliga carità di patria. Conosciuti della nostra, non i soli vocaboli, eli' è il meno, ma 1' uso, le ragioni e le regole, si passi pure all'acquisto delle altre, le qua*-lij intanto possono essere utili in quanto imo ha perfetta conoscenza della propria. Presso di noi il maggiore o minor amore agli studj della lingua per 1' intima connessione sopraccennala, stette sempre in relazione diretta col ridestarsi e coli'assopirsi dello spirito nazionale. Cosi, per non dire del passato che ci menerebbe troppo per le lunghe, in quest'ultimi tempi, in cui l'idea dell'indipendenza e dell' unità politica brillò costantemente, cotesta mainerà di studi venne ripresa e coltivata con grande a-more da mirabili ingegni. 1 quali, persuasi dell'importanza degli studi filologici, si posero con ardente affetto a rovistare nelle polverose biblioteche i codici aulici de' classici, a riscontrarli eon infinita diligenza colle prime edizioni, arricchendole d' opportune annotazioni e postille, illustrandone le frasi, non risparmiando in somma veruna fatica affinchè le nuove edizioni, oltreché esatte e di facile intelligenza, riuscissero di buono e fruttuoso ammaestramento agli studiosi. Altri poi, visto P abuso che si fa dagl' inesperti, scrivendo, di vocaboli, di locuzioni, prese dalle altre lingue, di solecismi, d'arcaismi, di modi errali, si posero in animo di purgarla da siffatti bastardumi e di ridonarle la schietta bellezza e l'originalità che le sono proprie. E vero che alcuni nel fervore del marchiare proscrissero voci e maniere di dire affatto nostrane, ma è anche vero elle a que' valentuomini noi dobbiamo saperne grado dall'averci avvertiti a custodire con maggior cura, contro la corruzione straniera e lo strazio volgare, il sacro deposito della favella, eh' è l'anello più forte della coltura civile. Altri infine conoscendo che ne'libri non è, nè vi può essere, tutta la lingua nostra, e che gran parte di quella (poiché la lingua è mutabile, com'è mutabile il pensiero) è invecchiata e fuori d'uso^ hanno sapientemente divisalo d'avvivarla e di ampliarla facendo capo a quel tesoro inesauribile riposto nella soavissima favella del volgo toscano. A tal fine si son posli con animosa pazienza, conversando colla gente dei campi c delle officine, a far tesoro di que'vocaboli, frasi, modi di dire che, recali da mano maestra nelle scritture, le fanno pregevoli per proprietà, chiarezza, eleganza, vivacità, agevoli costrutti, dolcezza di numero, e se altro resta a desiderare. Era quegli egregi clic s'accinsero a quest'opera eminentemente patriottica e di decoro nazionale, obbligo di gratitudine c'impone di nominare Pietro Fanfani. Profondo conoscitore de' classici e, per esser egli di Toscana, perfetto possessore della parlata, potè, più che altri, farci abboccare uno siile saporitissimo e darci quel Vocabolario dell' uso toscano, chc lutti conoscono, dove con accorto senno raccolse i fiori più vaghi e freschi che perennemente abbelliscono quell'avventurato giardino. Ora che si sono falti i primi passi all'unificazione del linguaggio, conviene andare innanzi; conviene ehe i toscani ci facciano conoscere quanta e qua! è la ricchezza della loro lingua, cosi le si affezioneranno anche i più restii e finiranno coll'accellarla. ringraziandoli ; conviene che ci dieno vocabolari dei loro dialetti affinchè gli riscontriamo coi nostri, e massime dizionari d'arti e meslieri, di cui noi, più che di altro, si patisce difello; conviene che compilino de'libri pel popolo e per le scuole primarie sul fare di quello del signor Fanfani, che annunziammo più addietro. Come dice il (itolo, questo libretto, l'autore l'ha diviso in tre parti. Nella prima c'è un'esatta ed appropriata descrizione delle più minute parti d'una casa, finta dall'autore in Firenze, e degli oggelli che vi si trovano dentro. Nella seconda c'è un raccontino scritto eon islile di finissimo gusto. Nella terza, le voci che si trovano nel corpo del libro e che abbisognano di spiegazione, le sono stale disposte in colonna onde lo studioso nì metta dicontro nel margine lascialo in bianco, le corrispondenti del suo dialetto. Quanto giovino cosiffatti librij che sono scritture distose e vocabolari ad un'ora, a divulgare e a unificare la lingua, chi ha un po'di senno lo comprende tosto. E se nelle Provincie del Regno c'è bisogno di divulgare e di rendere intelligibile la lingua toscana perchè possa corrispondere ai loro presenti bisogni, nella nostra ev-vi necessità, prima perchè qui, più che altrove, a motivo del conlallo continuo con una schiatta straniera, il dialetto è men puro, e non pochi sono i barbarismi che lo deturpano, poi perchè ci deve stare sommamente a cuore di conservare incontaminato questo snero deposito della lingua, sommo e potente strumento di civiltà, unico anello che ora ci congiunge alla Nazione. Diamo dunque il benvenuto al libretto del Fan-funi e sappiamogliene grado all'autore chc c'insegna a essere schietti italiani anche nelle cose domestiche. La nostra lingua è si ricca che non le bisogna accattar vocaboli da nessun'altra. Non è dunque il bisogno che ci mette in bocca voci forestiere, ma la moda e la nostra inerzia. Si bandiscano, e coll'esempio e colla parola, una buona volta i bastardumi, ed avremo ben meritalo della patria. A ciò è tenuto ognuno, ma più degli altri, i maestri, e chi ha autorità sul popolo. Da ultimo, giacché cade a proposito, ci si permeila raccomandare alla Società agraria istriana una cosa, che è pure di qualche momento. Nella nostra provincia gran parte delle cose attenenti all'agricoltura, piante, erbe, attrezzi rurali ecc. anche dalla popolazione italiana le son nominate con voci slave. Ora, a nostro debole avviso, sarebbe ottima cosa che la predetta Società ne pigliasse sollecito pensiero, e nella futura riunione a Pisino, ventilasse questa questione, avvisando ai mezzi opportuni onde levare questo sconcio. È oggetto d'interesse altamente civile, perchè, al progresso della civiltà, è necessaria all'Istria l'unità del linguaggio. A coloro poi che ci tacciassero di pedanteria perchè facciamo questione di parole, risponderemo che......cioè, abbiamo sbagliato : non risponderemo niente, perchè chi non su cosa sia decoro patrio e civiltà non è degno di risposta. __3- C.