r ANNO IV. Capodistria, 16 settembre 1870. N. 48. . .!tS I>J v j LA PROVIN ib* AJorou* 3 Ì Job eifo /ansi ni voi 0 / t*' * f GIORNALE DEGLI INTERESSI CIVILI, ECONOMICI ED AMMINISTRATIVI DELL'ISTRIA. Esce- il 4 ed il t6 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per uo anno f.ni 3; semestre- e quadri-mostre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampato gratuitamente; gli altri, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi !> per linea. — Lettere e denaro franco alla Redazione — Pagamenti anticipati. — Un numero separato soldi 15. ANTONIO MADONIZZA ►{ /.<■ ìs itjsn c-iot ;y.> . CO M M E M 0 R A ZI ONE, rinsq oiol ix i : w.j m ovjvì*; - ■ . .«,,.„ , n Nel punto, in cui queste righe verranno sotto : occhj dei lettori di questo giornale, sarà ad. essi ià nota la sventura, da cui fu colpito il nostro ^aese: l'Avvocato Antonio Madonizza non è più. A noi non resta dunque che il compito doloro di ricordare ai nostri concittadini quale e manto uomo fosse quello, che abbiamo perduto.. Altri dirà forse,, e eon bea maggiore autori-à, che a noi non sia consentita, dell' ingegno poderoso di lui, dell' indole mite e affabile, delli stu-ìj, della fama acquistata nel foro, della influenza Agilissima,, che esercitava in provincia e fuori: »i, cresciuti alla scuola del suo esempio, ammi-jjtóri di quel suo aperto e schietto carattere, asciati a lui nel desiderio» e- nella speranza di tem-ii migliori, non possiamo in questo momento pen-ire che alla jattura irreparabile, che la sua morte sca alla patria nostra, e ci chiediamo attoniti e «onfortati : se i migliori ci aban donano così pre-amente, chi ne saprà prendere il posto ?- E veramente' perdita incalcolabile è per la rovincia istriana quella di Antonio Madonizza. Nel lungo corso di una vita sempre intesa al antaggio del suo paese egli aveva potuto conci-Arsi le simpatie de' vicini e de'lontani,.annodare ilazioni, acquistare quell' ascendente, che solo alli igegni più eletti è concesso, e valersene ognora i servizio della patria-Di agiato censo, di nobile famiglia, colla men-che spaziava sopra ben più larghi orizonti, e-li avrebbe potuto figurare sulla scena del mondo, ìeschiarsi ai grandi avvenimenti della sua epoca della sua nazione, formarsi una posizione, che li assicurasse un posto nella memoria de' poste- ri; e preferì invece racchiudersi nella breve e oscura cerchia della nativa cittadetta, e dedicare alla patria ristretta quella alacre operosità,, quell' acuto intendimento delle cose, che in lui erano abituali. L'aria, per così dire, gli mancava dattorno, si sentiva soffocare in queir atmosfera di piccoli interessi, di piccole speranze; di piccoli pettegolezzi, che forma la vita di tutte le provincie, e della nostra più che d'ogni altra: avrebbe voluto sottrarsi a quel tormento, elevarsi a sfere più serene e spirabili, nè gli sarebbe mancata la, lena. Ma resistette: vedeva la sua provincia oppressa dalla sventra, bisognosa dell' ajato di tutti i suoi figli e stette. Come il' soldato messo a difendere solo o con pochi compagni l'estremo confine del campo vede appressarsi i nemici e sente il pericolo, che d'ogni parte lo- stringe, ma non si move perciò, e muore coli'arme in pugno, così (gli, sentinella perduta della civiltà, precursore di tempi migliori, che l'accesa fàntasia gli dipingeva già nella mente, tenne fino all'ultimo il posto, che nel sacrario della sua coscienza aveva assegnato a se medesimo, e, come il soldato, morì sulla breccia, morì mentre appunto attendeva all'adempimento di que' modesti doveri di cittadino, che con lieto animo — egli di tanto più capace — s'era addossato. Ci ricorda di un' epoca dolorosa nella quale li amici fàcevansi ressa intorno, perchè volesse, non dimenticare la piccola patria, ma recarsi a servirla sopra più vaste scene, dove l'opera sua sarebbe stata più proficua ; e forse nell' intimo dell'animo gli sorrideva la speranza di trovarsi tra più consoni elementi e in più liete regioni ; ma il sentimento del dovere fu in lui più forte che ogni altra considerazione, e riprese mesto la via della patria e ricominciò l'opera minuta e incresciosa di un apostolato pericoloso e molte volte anche infruttuoso. E veramente apostolato nel miglior senso della parola fu il suo, apostolato di civiltà e di progresso, di giustizia e di riparazione; e vi attese assiduo, incrollabile, sereno, con una fede indomi- 586 ta, con un coraggio, che mai si smentì, con una varietà di modi, che, se mostrava la versatilità del suo ingegno, era insieme prova dell'affetto intenso, che egli portava alla patria. Giovinetto nelle scuole, tra i lieti spassi dell'età giovanile, nelle polemiche della stampa, nelle concioni, nei Parlamenti, non ebbe che uro scopo, non attese che ad un dovere, rivendicare i diritti di questa nostra provincia, tenere in lei vivo il fuoco della speranza, accrescerne il patrimonio di civiltà e prosperità, apparecchiare insomma a' suoi concittadini tempi migliori. Ed ora egli è morto, morto mentre più che mai vivo era il bisogno del suo ajuto, del suo consiglio, del suo esempio. Oh, chi occuperà quel posto, eh' egli ha lasciato deserto ? Chi avrà l'autorità, l'ingegr.o, l'e-nergia, che rendevano così cara e così riverita la sua parola? Egli è morto, e noi, che restiamo qui a combattere e sperare, non abbiamo più altra guida, altro conforto che l'esempio di lui. Possa esso durare vivido e vigoroso, fin che la nostra miseria dura; possano i nostri giovani inspirarsi alla memoria delle sue virtù, possiamo noi, noi, die abbiamo già tocca l'età virile e gli fummo, forse non inutili, compagni nell' impresa generosa, che egli compiva, ricordarci sempre di lui e de' sioi ammaestramenti, e supplire coli'affetto dove l'ingegno ci manchi; possa l'Istria tutta scolpire nel petto de' suoi figli a caratteri indelebili il nome di Antonio Madonizza e tramandarlo ai tempi avvenire come ur.a delle sue più belle e più pure illustrazioni, sì che, pensando a quanto egli operò in prò della patria, essi traggano vigore a continuarne l'impresa. Gli asili d' Ikfahzia. È noto non solo qui, ma altrove, come V egregio ed or compianto, avvocato Antonio Madonizza, fosse tra quelli che diedero vita e per molti anni splendore all' asilo d'infanzia della sua patria, coadiuvato specialmente dai benemeriti patrizii Francesco de Grisoni e Giuseppe del Tacco, i di cui nomi risuoneranno sempre nell'animo del nostro popolo siccome quelli di generosi filantropie benefattori. E noto ancora come Vavvocato Madonizza ne sollecitasse l'apertura (1. maggio 1839), dichiarando espressamente in una sua circolare eh'era della massima necessità dar ricetto ai figli del povero, i quali altrimenti avrebbero infestato i Irivii ed ingrossato una bruzzaglia, che sarebbe cresciuta sbrigliata e rotta, perchè non custodita dalla virtù e dall' affetto. Ma ora, diciam noi, chi sostituirà il pietoso fondatore e ne seguirà i magnanimi intendimenti? Gli è ben vero che per la tristizia dei tempi andarono d'assai scemate le rendite di questo istituto, ma ciò non ostante vogliavi credere che quelli tra nostri concittadini noti r>hlla prima lor cura, i figli del povero, vanno esposti a tristissimi frangenti, ed è a ripararli che soccorrono gli asili d'infanzia. Gli asili d'infanzia oltre allo scopo principale, che è l'educativo dei fanciulli, altri secondarj vantaggi arrecano implicitamente, come quello di sollevare i parenti dal peso della loro sorveglianza onde lasciarli attender più tranquilli ai loro lavori. E un'altro se ne ripromette e se ne ottiene, che molti genitori riprendono dagli ospizii i loro figli per avviarli agli asili. La doro istituzione devesi interamente all'opera di private associazioni, all' affetto spontaneo di privati benefattori. I bambini ricoverati sieno nell età che intercede fra i due e mezzo e i sei anni, ed appartengano a fa ;miglie indigenti, che debitamente comprovino le difficoltà di custodire ed educare convenevolmente la lor 'prole in altro modo. Sotto tali condizioni, essi possono ■venire accolti ogni giorno dell' anno che non sia festivo !La loro custodia sia affidata a maestre ad assistenti ■stipendiate, col sussidio d'inservienti per attendere ai 'bassi servigi. E in ciò si riconoscerà il particolar genio 'della donna nel governo della puerizia; benché bisogni confessarlo esso si riconosca in tutto dove intervenga Questo genio tutelare della nostra vita. L'educazione che si impartisce ai fanciulli negli a-sili, giova anzi tutto alla loro corporea salute ed allo 'sviluppo delle fisiche forze. E ciò per molteplici cause. Invece dell' oscura ed umidiccia soffitta che di consueto è dimora del povero, vien loro offerto un salubre locale, lin cui l'aria e la luce non hanno difetto, dove si cura Ila massima mondezza, e le migliori previdenze igieni- che sono attuate. Il freddo non può troppo penetrarvi nella vernata, dovendo essere tutti i locali esposti a mezzodì, e poiché ognun d'essi dee avere lo stogo in qualche giardino o cortile adorno di piante, vi possono i fanciulli spaziare liberamente e passarsela ali aperto, ogni volta che stagion lo permetta. Opportuni passatempi conformi alla loro età li rallegrano, ed e cosi appagata la naturale loro vivacità e mitemente disciplinata, mentre in un si provvede all'esigenza della loro prima educazione di addestrarli in appropriati e-sercizj di ginnastica, onde renderli destri, agili, robusti. Inoltre si tenta svolger in essi l'abitudine alla lin-dura della persona, nè li si ammette all'asilo quando non risulti giornalmente la nettezza del loro corpo e degl'indumenti che lo rivestono. E per gentil opera di dame visitatrici *) si fanno ogni anno gratuite distribuzioni di oggetti di lingeria e di abbigliamento oltreché dev'esser norma dell'istituto che gl'infanti rechino tutti l'uniforme vesticciuola che loro dona a tal uopo la direzione, o le gentili visitatrici. Ondo poi ad essi procurare un sano alimento e che difficilmente sarà loro posto nelle proprie case, ogni giorno lor si distribuisce un'abbondante minestra. La sorveglianza sanitaria dell' asilo e la prima assistenza dei fanciulli malati se l'assume gratuitamente medici e chirurgiche vi recano lo zelo più illuminato; e le medicine sono pure da alcuni farmacisti gratuitamente fornite. Per sì mirabile1 concorso di carità, per un tal cumolo di salutari provvidenze è di necessaria conseguenza la miglio») fisica condizione dei singoli pargoli. E tutti i medici s'accordano nel riconoscere che i fanciulli ii ferraicei e inchinevoli alla scrofola e rachitismo, trovino singoiar vantaggio nel soggiorno dell'asilo, evi si rimettono in salute, sì che molti di essi non ne presentano più alcuna traccia all'epoca della loro dimissione, o ben fievoli indizj. (Continua) Nota. Attendano specialmente a questo punto le gentili signore di Capodistria e riflettano all'utile eli potrebbero derivare dalle loro visite, sieno settimanali o meusili, ai bambini ri-covrali ed alla pia istituzione. Red. t lavoro e risparmio. (Continuazione e fine vedi IV. \1.) Una brava ed egregia persona qui del paese, lamentando questa sconsigliata imprevidenza, specialmente di noi operai, (anch' io in fondo sono un operaio), mi contava che una volta tenea in un suo opificio un operaio intelligentissimo, che insieme a due o tre suoi figli guadagnava da trenta a quaranta franchi per settimana. E siccome gli aveva posto amore, essendo ammalato, andò a trovarlo. Sale le scale ed entra : non se 1' avrebbe mai aspettato, entra in una lurida stanzaccia, non una seggiola, non un letto, non un utensile poca paglia in un canto e sovra essa l'ammalato. — Ma come, esclamò sorpreso quel signore, tu in tanta miseria, tu che guadagni bene e molto. _Ah ! che vuole, rispose, tanti ne nascono e tanti ne muoiono, e poi vede t non avrei avuto dove tenerli. Desolante risposta, che è la negazione d' ogni religione, d'ogni affetto, d'ogni gioia domestica, della fa- miglia insomma. Desolante risposta che offre molto da meditare all' igiene, alla scienza ed alla politica. Terribili piaghe, non e' illudiamo, che solo può sanare l'i-etruzione. Sì l'istruzione; ed ormai, lo die» eon orgogliosa compiacenza, le nostre buone e brave classi operaie hanno cominciato ad apprezzarne i vantaggi. Esse sanno che il modo di pareggiare il grande al piccolo, il ricco al povero è l'istruzione. Sì, istruirsi per non credere più coraggio una sguaiata iattanza, spionaggio rivelare all' autorità i trasgressori deHa legge ed i per-turbartori della pubblica quiete, per non credere più licenza la libertà, diritti l'insolenze, per tenere nella giusta estimazione 1' uomo probo e dannare al dispregio il querulo ozioso, che di tutto si lamenta, perchè nulla sa fare. Sì, istruirsi per diminuire le fila d' un becerume che rutta vino ed improperi contro tutto e tutti, perchè di tutto e di tutti si forma un' idea stravolta, bislacca e lontana le mille miglia dal vero. Istruirsi per porsi in guardia da chi con paroline melate pone in discredito e scuole e istituzioni ed rancido adagio « I' son nemico di tutto che V è novo. » Istruirsi finalmente per comprendere che il miglioramento delle proprie condizioni dipende da noi stessi, sta nello nostre mani e non iu quelle degli altri Signori, Nella biografia che io abbozzo, vedremo quanta riochezza si può accumulare col lavoro e coi risparmi, toccheremo con mano che il più povero di noi potrebbe divenire milionario, datochè lavori assiduamente, economizzi e prenda 1' occasione. Soho è un vilaggio degli Stati Uniti. Verso la fine dell' anno 1779 un uomo che avea tutta 1' apparenza d'un accattone si fermava quivi domandando premurosamente a questo a quello se vi fosse modo d'impiegarsi che si sarebbe adattato. Gli fu indicata una piccola fabbrica di macchine: Vi andò! Certamente il suo abbigliamento non potea concigliargli nè fiducia nè simpatia. Scalzo, con un saio logoro indosso, coi pantaloni rattoppati in parte ed in parte in brani, ehi si sarebbe curato di lui in un paese pieno di vita, d'anima, d' attività ? Il proprietario dell' officina lo squadrò da capo a piedi e s'affrettò a licenziarlo, con la certezza che fosse un vagabondo. Colui ebe è operoso, non è vero? sente ribrezzo guarda con orrore gli oziosi, e stomacato della loro presenza ne teme perfino l'alito. — Va, gli disse qui non e' è luogo per te, va in pace. E il poveretto chinò il capo, e mesto e doloroso se ne andava. — Ehi! Ehi! galantuomo, riprese di subito il padrone della fabbrica, correndogli dietro, di che cosa è, codesto cappello? — Di legno, rispose 1' altro fermandosi e andandogli incontro. — Di legno? come di legno? — Sì di legno e garbatamente glielo mostrava. II modo cortese attirò la sua attenzione, e lo fissò in volto. Quel cencioso non era come certi insolenti, che in tuono di comando vi richiedono un favore e non facendogli paghi vi lanciano contro insulti, improperi e se nulla nulla vi vedono agnelli minacciano anco. — Sì un cappello di legno : e dove mai l'hai comperato ? — L'ho fatto da me, o signore. — E come? — Col tornio. — Impossibile ! il tornio gira in tondo e il cappello è ovale. — E che monta ciò ? Io ho fatto lo stesso. — Ma ti ripeto come? — È cosa semplicissima: spostai il punto dal eentro e girai a mio modo. — Passa, passa dentro e vedrò di darti lavoro. E in così dire aprì un taccuino e soggiunse. — Il tuo nome. — Aristide Boulton, della Piccardia, di profession* meccanico. Nientemeno, quel povero e modesto operaio avea inventato il tornio eccentrico, che doveva dare origino alle più utili applicazioni della meccanica. Era egli 1' autore di una così bella scoperta, e non pertanto come era umile!! Se l'avessi fatto io, avrei cominciato a mettermi in testa d'essere un genio : il paese natale sarebbe stato troppo angusto per contenermi. Avrei disdegnato di lavorare più oltre, ed avrei imprecato contro il governo che non mi fissava un lauto stipendio, carrozze, cavalli ....... mi sarei sdraiato su gli allori, in un dolce e beato far niente borioso e povero. Disgraziato genio come sarei piccolo! — Se non che Aristide Boulton non la pensava così, anzi avrebbe compianto quel paese cui toccassero certi genj. Contento di quel poco stipendio, che gli fu sul momento assegnato, diedesi a migliorare e perfezionare il meccanismo delle macchine e ne inventò delle nuove. Sempre il primo sul lavoro; l'ultimo ad uscirne. Infaticabile, persistente, attuava il giorno eiò che area immaginato o trovato su i libri la notte. Parco nel bere, nel mangiare, semplice nelle vesti, vivea per 1' arte, per il tornio, per le macchine. Quella manifattura prese un nuovo andamento, divenne un tesoro. Siccome alla fine dell'anno avea accumulato coi risparmi una bella somma, vi fu interessato come socio. Io non mi dilungo di più, solo vi farò osservare che nel settembre del 1867 i giornali americani annunciavano lo scioglimento della società d'una delle più ragguardevoli manifatture del Missouri negli Stati Uniti. E parimenti faeeano osservare che uno dei soci si ritirava con una immensa fortuna accumulata dal di lui padre Aristide Boulton, l'uomo dal cappello di legno, il miserabile piccardo. Costui con la sua arte, col lavoro assiduo avea arricchito il figlio di cento milioni di franchi. Cento milioni di franchi!! Oh fortunati davvero i legnaiuoli, i tornitori, i tintori che portando nelle officine le necessarie cogni- yioni scientifiche potranno fare delle utili applicazioni delle scoperte e dei patrimoni, perchè questo campo in Italia non è stato ancora sfruttato. Cento milioni di franchi!! L'industriante, l'artigiano, l'operaio troveranno in questo fatto un potente impulso. S'istruiscano, si pongano all' opra ; e chi sa che anche la nostra città non abbia un Aristide Boulton. — Che vuol che facciamo senza mezzi, dirà qualcuno; e poi in questo paese, che vuol che facciamo? Quando si fa qualcosa di buono in questo paese? — Ecco il solito lamento dell'oziosaggine querula e proterva, lamento che è una confessione della propria inettitudine, è un rimproccio immeritato contro il proprio paese, contro i proprii concittadini, è una scusa per abbandonarsi all'infingardaggine, rimanere inerti non per non potere, ma per non volere. Se Boulton avesse fatto così, certo in un piccolo villaggio non sarebbe giunto a cento milioni. Matteucci dal fondo d'una farmacia s' apriva la strada ad una cattedra universitaria, che tenne quindi con tanto lustro. Davy dal banco d'u-na drogheria, mentre vendea bicchierini d' acquavite, cicoria, caffè, zenzero e pepe, studiava la fisica ed inventava la famosa lampada di sicurezza, che porta il mio nome. Verdi, il mondiale Verdi, a Busseto, dove lo teneva inchiodato la miseria in qualità di sonatore d' organo, componeva il Nabucco. Al teatro della Scala in Milano l'opera ebbe un successo favorevolissimo, il pubblico chiamava con delirante impazienza il maestro, e il maestro non compariva. E perchè ? . Perchè il povero maestro avea le scarpe sfondate e il soprabito rotto. ; i. j. , Un profondo storico, non meno che profondo scienziato, che questa gentile città ebbe l'onore d'avere per molto tempo tra i suoi cominciò anch' esso gli studi nello squallore della povertà e della miseria. A Parigi in una soffitta, al lume fioco ed economico d' una candela di sego preparava i materiali e meditava il modo di levare la storia dalle gretterie della cronaca alla sua vera ed alta missione, comporla cioè di Filosofia e di Filologia come volea il Vico. Io parlo del Sismondi. Se egli non avesse sudato, lavorato e studiato assiduamente, certo non sarebbe divenuto tanto celebre. Da tutto questo ci pare chiaro che quel lamento non è che lo straziante singulto d'u-na inettitudine che s'è annoiata, e d'una indolenza che s' è inasprita. Signori, Io termino: voi ed io sentiamo questo bisogno; proseguendo abuserei della vostra bontà, nella prima sera appunto che ho avuto l'onore di parlarvi. Però mi sento in dovere di pregarvi a non guardare nè alla lingua nè allo stile. Di letteratura e tanto più di poesia sono affatto profano. Stiamo ai fatti e non ci occupiamo di altro. In una nave ancorata nei mari gelati del Nord della Colombia di repente si leva un tumulto, grida, urli, fischi e bestemmie orribili, e nel tempo stesso quasi subito a quel trambusto succede un silenzio di morte. Un mago era comparso sul cassero ed avea spaventato la ciurma accendendo la pipa ai più rivoltosi con una cosa strana, inusitata, incredibile» Con che? Con un pezzo di diaccio. — E questo mago era quel capo ameno di Giovanni Franklin. Quando i marinai susurravano e minacciavano gittarlo in mare per le privazioni cui eran soggetti in quell' orrido luogo Franklin li impauriva accendendo loro la pipa con un pezzo di diaccio. Per sedare quelle sommosse, per giungere al suo scopo si serviva dei mezzi onde lì per. lì potea disporre. Anco dunque con una rozza parola si può annunziare una grande verità e la mente la più idiota può comprenderla. E la verità è questa. Da Aristide Boulton, povero operaio, a Boulton, cento volte milionario, dal più povero dei nostri tornitori a cento milioni di franchi v' ha un abisso profondo sterminato. E parimente da una rana scorticata che guizza sotto gli occhi di Galvani alla scoperta del telegrafo v' ha un abisso profondo, sterminato. E ciò nonostante quell' abisso si varcò non stando inerti, non aspettando un colpo di fortuna, un gioco di sorte, ma lavorando ed economizzando incessantemente, instancabilmente; o in altre parole la riechezea ha per base l'e-éonomia e il lavoro, la povertà 1' ozio, la propria sfiducia e lo sciopero. Questa verità e non altro fissiamoci bene in mente. Sugli operai che sono la parte più numerosa d'un' associazione politica risiede 1' avvenire d'una nazione, e la statistica dimostra che in quegli Stati in cui essi sono istruiti, laboriosi, economi e perseveranti, ivi è maggiore lo sviluppo delle industrie e dei commerci, ivi insomma è maggiore ricchezza, cioè maggiore civiltà, perchè in fondo civiltà vuol dire aver la testa e le tasche piene ; ed io sono un caldo partigiano della statistica, perchè è la scienza dei fatti e non delle teorie, più alta sollevo la voce: Signori, O J Lavoriamo e risparmiamo — la povertà è il funesto retaggio di chi non gode il vero bene di questa terra: la salute. -- Isola settembre 1870. (D.) Mantenendovisi ancora tra it nostro popolo di campagna la erronea opinione che la grandine, flagello devastatore delle nostre messi, possa derivare da influenza malefica di spiriti, di streghe, ed anzi sia addirittura opera di qualche diavolo, per allontanare la quale abbisogni il suono delle campane, ricorderò qui quanto mi diceva in proposito un mio egregio amico istriano, cui da più lustri piangiamo estinto : Studiando la fisica, mi fu insegnato, cue la grandine altro non sia che goccio d'aqua, gelatesi nelle alte regioni del cielo. Mi fu detto che per ogni 285 braccia circa di altezza diminuisce di un grado la temperatura dell'atmosfera, e che per con- seguenza quand'anche in basso vi fosse un cai or cocente, ad un'altezza di 2500 a 3000 metri, che equivalgono da 4000 a 5000 braccia, il termometro sarebbe al disotto dello zero, cioè ad una temperatura tale da condensare e congelare i vapori aquei. Ciò posto, il sole nelle giornate estive innalza i vapori terrestri e li condensa in nubi ; e se questo condensamento succede con rapidità; Sierchè per esempio contro di essi spiri un vento di ramontana, allora la temperatura si abbassa subitamente, producendo un forte movimento nell'aria, il quale può sviluppare dell' elettricità, che scaricandosi di nube in nube con lampi e tuoni, viene ad aumentare il movimento tra varii strati d'aria, e quindi anche il loro raffreddamento, in guisa da congelare e raggruppare i vapori aquei, anche ad un altezza minore della sopraindicata, lasciandoli cadere sotto la forma di grandine, o, come diciamo noi, di tempesta. Da quanto si disse intenderà perchè dove vi siano grandi estensioni di terreno popolate di alberi, i quali impediscono al sole di percuotere con forza il terreno, e quindi rallentano l'evaporazione, avviene che in tali località siano rarissimi i temporali con grandine ; come si comprenderà quanto pregiudicevole all'Istria nostra sia stato lo spogliarla di boschi, e di ombrifere piante. Dicono poi i fisici, che quando il nembo sia già formato, una qualunque scossa nell'aria, producendo «no squilibrio nella temperatura e quindi un condensamento dei vapori, faccia tosto cadere le prime goccie 0 la prima grandine, a quel modo che ad ogni scoppio di tuono l'aqua o la grandine si veggono aumentare sensibilmente di volume. Dietro questa osservazione i comuni sono stati persuasi di proibire il suono delle campane durante i temporali. E siccome tale proibizione non viene ovunque osservata, 6Ì grida la crociata contro i capo comuni^ veri capri emissarii, dicendo che essi mantengono questi pregiudizio Qual profitto ricavino i capo comuni dal suono delle campane, lo saprà chi lo dice. Ma è deciso che eVsi debbano portare la pena per tutti, anche dell'altrui i-gnoranza. Sarebbe poi un far torto al buon senso dell' epoca presente il voler sbracciarsi per far capire, che nella formazione dei nembi non v' hanno parte ne spiriti, nè folletti; nè diavoli o che so io. La grandine è un effetto naturale, naturalissimo come lo sono la pioggia, la neve; e la nebbia. Il negare questa verità è negare le leggi di natura, è propugnare 1 ignoranza. Ma, p.ir troppo, ignoranti ed impostori v<> ne sono per tutto il mondo, ed in ogni rango di persone ; perchè fino che al mondo vi sarà moneta, vi saranno sempre falsi monetarii. imtìimiaqfeh -- onori funebri * .1 : alla memoria del distinto istriano AW. ANTONIO de MADONIZZA. Raccogliamo in queste pagine le sparse notizie pubblicate nell' occasione del decesso del solerte nostro collaboratore Antonio avv. de Madonizza, dolenti che per la bimensile pubblicità di questo periodico non V'abbiamo potuto far prima d'oggi. . (Da Circolare.) T T> La giunta Provinciale adempie ad un penoso dovere nel porgere la triste notizia che Fonorevole dott. Antonio de Ma- donizza, avvocato, Deputato alla Dieta d'Istria, Consigliere comunale di Capodistria ecc. ecc. dopo brevissima malattia che lo colpì mentre dedicava tutte le sue cure agi' interessi della Provincia, munito dei conforti religiosi, passò qnesf oggi in Parenzo agli eterni riposi nel 65 o anno di sua vita. L'ardente suo amore alla patria, la sua instancabile operosità a migliorarne le sorti, il preclaro ingegno, il nobile carattere, 1' affabilità de' suoi modi, assicurano al compianto defunto onorata e durevole memoria, L'Istria piange la perdita di uno die' suoi più distinti Rappresentanti. Parenzo 1 settembre 1870. La Giunta provinciale. (Dal Giornale il Cittadino.) L'AVVOCATO ANTONIO MADONIZZA, l'illustre nostro concittadino ci venne rapito oo-gi alle ore 5 di mattina, da breve e fiero morbo a Parenzo, dove si trovava per compiere 1' officio di deputato. Nacque nel sesto anno del secolo presente e tuttavolta conservava anche I' aspetto della virilità; ma la natura in ano dei suoi misteriosi e crudeli capricci, volle eh' ei improvvisamente sparisse prima che fosse giunto a realtà il voto più ardente dell' animo suo, appunto nell' epoca in cui quistioni intralciate trovano facile snodamento. Talento luminoso avea fervido l'accento: parlava e scriveva con gagliarda facondia. La vita di Antonio Madonizza, esempio inimitabile di patriottica operosità, la cui perdita riesce di lutto alla provincia intera, si perpetuerà nella memoria nostra e dei nostri figli. Questo fuggevole cenno, che giudichiamo precursore di molteplici commemorazioni scritte da valenti penne, serva intanto di doloroso messaggio ai lettori di questo periodico, e possa interpretare presso i parenti dell' uomo desideratissimo, la mestizia di Capodistria 1 settembre. Alcuni amici concittadini. «ma io or- ì> U.Hi ..ri- ÓI1JJ (Da Circolare„) Una grave sciagura e tale che lascierà traccie indelebili nell' animo dei comprovinciali, annunciamo col più profondo dolore. II distinto patriota, 1' operoso cittadino, l'incomparabile amico, l'elegante scrittore Antonio avvocato de' madonizza di Capodistria non è più. Colpito da apoplessia in Parenzo^ ov' erasi recato quale deputato alla Dieta, maneò a 65 anni, il giorno primo settembre alle ore antimeridiane, circondato dalle amorevoli cure de' molti suoi amici, i quali piangono e piangeranno con noi il Gessare di una delle più nobili ed internerà- te esistenze, che in questi tempi infelicissimi abbia sortito la nostra provincia. Nel porgere l'infausta novella ai comprovinciali, facciamo voti perchè gli studiosi nostri abbiano a regalarci esteso elogio biografico del carissimo trapassato, il quale attesti ai viventi ed agli avvenire quanto potè in Lui 1' amore di Patria, e sbugiardi la viltà di coloro che il pensiero sciolto dalie pastoie del fanatismo e della ignoranza tengono in conto d'irreligione e malvagità. Capodistria 1 settembre 1870. Alcuni amici e concittadini. (Dal Giornale V Osservatore.) Parenzo 3 settembre 1870. Nel dì primo corrente passava in questa città fra gli estinti, l'illustre patriotta istriano, l'avvocato Dr. Antonio nobile de Madonizza di Capodistria. Membro della Dieta provinciale, mentre la sera del 24 Agosto prendeva parte nella sala della Camera ad una conferenza di deputati, non appena finì un grave discorso in cui spiegò tutta la lucidezza e potenza della sua mente, si riversò colpito da improvvisa apoplessia sul suo seggio, dal quale tanti anni aveva risuonato la forte sua parola, che da quell' istante più udire non si doveva. Fu quel discorso per lui il canto del cigno; egli terminò la sua mortale carriera come il valoroso soldato che combattendo cade al suo posto, egli, che dedicò tutta la sua vita ad illustrare colla penna e colle opere la nostra provincia, sempre intento a migliorarne le condizioni tutte, moriva nell' atto che più efficacemente adempiva a questa generosa sua missione. La Giunta provinciale, non dubitando d'interpretare il voto dell' intera provincia, gli decretava onorifici funerali a spese del fondo provinciale. La notizia della morte dell' insigne uomo si sparse in un attimo per la provincia che ne restò dolorosamente commossa, e volle dare pubblica ed ampia dimostrazione in quanto affetto e reverenza lo tenesse. Prova di ciò, che alla funzione funebre intervennero oltre tutte le pubbliche Autorità, l'intiera Rappresentanza comunale della città di Parenzo, il corpo dell' i. r. ufficiali di guarnigione e quasi tutti i membri della Dieta coi suoi uffici, preceduti dal commissario imperiale sig. consigliere de Clesius, ben 19 Deputazioni municipali, cioè quella dei Municipi di Capodistria, Pirano, Isola, llmago, Cittanova, Pinguente, Pisino, Yerteneglio, Buje, Grisignana, Montona, Portole, Yisignano, Vi-sinada, Orsera, Rovigno, Valle, Dignano, Pola (molti altri Comuni essendo stati impediti dalla troppa lontananza e dalla ristrettezza del tempo d'inviare speciali Rappresentanti), le Deputazioni delle Camere degli avvocati di Trieste e Rovigno, della Camera di commercio dell' Istria, della Società agraria istriana, e numeroso stuolo di a- 59 f mici ed ammiratori del defunto, éponta&eamente accorsi da diverse parti dell' Istria per assistere insieme ai cittadini di Parenzo a questa mesta cerimonia. Il corteggio assunse pertanto tutta la imponenza di una dimostrazione provinciale, quale si è mai veduta in provincia. Levato il feretro dai Capitolo e tutto il clero della cattedrale dalla casa del Barone Giampaolo de Polesini, ove il defunto era ospitato, e celebrate nell'insigne Basi- * lica Eufrasiana l'esequie, il corteo col clero si diresse al molo, ove apposito piroscafo attendeva per trasportare a Capodistria le spoglie dell' estinto. I cordoni della bara erano tenuti dal Capitano provinciale Cavaliere Vidulich, dal Barone Giampaolo Polesini, dal Dr. /.moroso, quale delegato della Camera degli avvocati di Trieste, dal Dr. Basilisco, Presidente della Camera degli avvocati di Rovigno, dal Dr. de Belli, Podestà di Capodistria e dal Podestà di Parenzo Gianjacopo de Zotti. Depositato il feretro a bordo del vapore, il Capitano provinciale circondato dagli assessori, rivoltosi al Podestà e delegati municipali di Capodistria, pronunciò le seguenti parole : La Giunta provinciale adempiuto da parte sua quanto stimò doveroso per rendere l'ultimo tributo d' onore all' esimio patriotta e deputato provinciale Dr. Antonio de Madonizza, ne consegna la salma alla spettabile deputazione della città di Capodistria, dove sortì i suoi natali. Essa è certa, che la gentile Capodistria accoglierà le reliquie dell' insigne cittadino con quello stesso sentimento d' affetto, che egli ha per lei costantemente nutrito e coli' opere dimostrato, e che ne onorerà durevolmente la memoria, onde 1' esempio da lui dato trovi imitatori numerosi nell' Istria. Il Podestà di Capodistria Dr. de Belli rispose commosso, con acconcie parole ringraziando in nome della sua città per la solenne dimostrazione di stima ed affetto che all' illustre defunto vollero rendere la Giunta provinciale e la città di Parenzo, e che riesci sì splendida per lo straordinario concorso di tante corporazioni, convenute ad onorare la memoria del caro trapassato. Resta riservato ad altri di parlare dell" ingegno, del cuore, dei meriti di Antonio Dr. Madonizza; desideriamo che dalla gioventù nostra molti sorgano che lo pareggino per mente, generosi sentimenti e patriottismo. Capodistria 4 settembre 1870. La luttuosa pompa, onde fu il 3 settembre accompagnata all' ultima dimora la salma del chiarissimo nostro concittadino Antonio avvocato de Madonizza aveva alcunché di particolarmente solenne. Restituita questa dall' ospitaliesima Parenzo alla 6ua terra natale la sera del due corrente con apposito batellò a vapore, e scortata da quel podestà, il signor Gianjacopo Zotti e dai delegati comunali, nonché dal podeétà di Capodistria Cri- stoforo dottor de Belli, dai consiglieri comunali e da molti suoi concittadini, fu depositata nella chiesuola di San. Nicolò. La mattina del 3 alle ore 10 antimeridiane mosse dà quel saero luogo il corteo funebre per recarla alla Cattedrale. La precedevano i ricoverati dell' Ospitale, che l'illustre defunto ebbero a preside, i fanciulli dell' asilo, cui esso- sovvenne di generose elargizioni e- da molti anni diresse, gli alunni dell' Istituto Grisoni, i giovanetti delle scuole normali maschili e femminili. Attorniavano, la bara innumerevoli fiaccole portate in massima parte da giovani universitari, i quali vollero con ciò rendere l' ultimo tributo di stima al bravo ed intemerato giureconsulto. La seguivano i parenti, quindi l'autorità politica col capo del nostro Comune, il corpo degli ufficiali di guarnigione, l'autorità giudiziaria, l'i-spettorato. di finanza e quello delle carceri, il corpo insegnante ginnasiale, la direzione della società marittima istriana, i delegati dell' asilo infantile, le deputazioni delle città di Parenzo, Pirano, Isola e Pinguente* il corpo degli avvocati, gl'impiegati; di questo municipio, la rappresentanza del comizio Sr grario, quella della Sòcietà operaja di Mutuo Soccorso e di pubblica beneficenza, la rappresentanza tipografica, i capi contrada ed in fine numerosissimo stuolo* di: amici e di estimatori del defunto. Giunta la salma del trapassato alla cattedrale le fu cantata la messa solenne da monsignore decano e pregatale eterna requie la si.recò al camposanto ove fu deposta nell' avello in cui riposa da dieci anni quella dell' amata consorte Giuditta. Parente de Madonizza. Colla perdita di questo illustre, la sua tteraa natale piange e piangerà sempre quella di un cittadino onesto, utile, volonteroso, il quale non ebbe che uno scopo nobile e santo, e che morì sempre fedele alla bandiera della Libertà e- dell' Indipendenza: aitilo no i?a yjjjii^vf;. i". .1; ih osioo | I Ricordi di Nane Castaldo ai Coloni. Lunario pel 1870. — Feltre, tipografia socialb Panfilo Castaldi. *) t Sotto il nome di Natie Gastaldo si cela quello di un egregio patriotta, di un valentuomo nel vero significato della parola, di un distinto agronomo che tende non solo a fare più pingui e ricchi i suoi vasti campi, ma impartisce al popolo i più preziosi ricordi de'suoi studj e della sua spe-rienza perchè abbandoni le vecchie abitudini, e si metta su cammino nuovo a migliorare le proprie sorti, e il proprio benessere. L'operina che ci fu regalata da Nane Gastaldo sarebbe bene passasse tra le mani di tutti quelli che si occupano in provincia di viticoltura, e fosse anzi diffusa il più possibile tra popolani e contadini, giacché essa fu scritta per loro, e scritta perciò con schiettezza e senza cincischi, piana e nello stesso tempo amena, ed accessibile aHemen colte intelligenze. Per procacciare tale diffusione, sarebbe desiderabile che con licenza dell' Autore se ne facesse una edizione economica, e la si mandasse a' comuni, a' Comizj, a' parroci, a' maestri; ma, meglio ancora, giacché pur troppo, son pochi quelli che sanno leggere, che se ne facesse soggetto di pubblica lettura. L.' argomento è senza, dubbio di. grande interesse per noi istriani, che tanto andiam parlando de' nostri vini, delle nostre colline, del nostro sole, senza che per questo ci mettiamo sul serio ad una riforma radicale del modo di formare e coltivare la vigna, come condizione primissima per poi pensare alla confezione de' vini. — Se c' e qualcuno- che qua e là assetta i suoi terreni secondo i metodi migliori seguiti ne' paesi viticoli, e già celebri per la squisitezza, de' loro- vini, è cosa affatto eccezionale e di< poco stimolo ai più. Noi abbiamo bisogno di estendere con uniformità di-principj la coltura della vigna per conquistare rinomanza al prodotto per cui il nostra paese è più naturalmente disposto, e crediamo per fermo che seguendo i ricordi di Nane Gastaldo perverremmo con pochissima fatica, e in brevissimi anni a veder migliorata ... ^ . la nostra viticoltura. Avvocato Madonna. *) Ultimo lavoro del nostro distinto collaboratore rimasto incompleto. ANNUNCIO BIBLIOGRAFICO. Coi tipi di Giuseppe Tondelli venne in luco* l'annuale opuscolo degli Atti di questo ginnasio superiore. E desso un elegante libercolo di pagine-56 contenente la ristampa del noto poema latino ^Istria» di Andrea Bapiccio vescovo di Trieste, ridotto a miglior lezione dal professore Giovanni de Favento, con aggiunta d'importantissime note storiche illustrative. Gli fanno seguito alcune brevi notizie del Ginnasio; vale a dire il piano speciale d'insegnamento, li aumenti alle collezioni scientifiche, (doni e compre) ; 1' elenco degli allievi che meritaronsi atte- ^ stato di contegno esemplare e di prima con eminenza; infine una relazione, a dir vero molto succinta, sugli esami di maturità, nonché il solito annuncio dell' apertura del nuovo anno scolastico, e delle norme da seguirsi per la dispensa del didattro -rW>» 9 steahT ih ì1ij>jyv;: ìiiùt wousCj . '. io NICOLO' de MADONIZZA Redattoli