received: 2006-09-14 UDC 930.85: 343.345(450.82)"17/18" original scientific article IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI: I PROVVEDIMENTI CONTRO VAGABONDAGGIO E MENDICITÀ NEL REGNO DI SICILIA Vittoria CALABRO Università degli Studi di Messina, Dipartimento di Storia e Comparazione degli Ordinamenti Giuridici e Politici, IT-98122 Messina, Piazza XX Settembre 4 e-mail: vcalabro@unime.it SINTESI Si vogliono seguire gli sviluppi della legislazione siciliana approntata tra Sette e Ottocento al fine di arginare il comune fenomeno del vagabondaggio e dell'accatto-naggio. Prendendo avvio dalle prammatiche regie aventi quell'obiettivo, l'indagine si snoda fino alle disposizioni contenute nel "Codice per lo Regno delle Due Sicilie, Parte seconda - Leggi penali", del 1819. Parole chiave: vagabondi, mendicanti, Regno di Sicilia IN DEFENCE OF SOCIAL ORDER AND INSTITUTIONS: MEASURES AGAINST VAGABONDAGE AND MENDICANCY IN THE KINGDOM OF SICILY ABSTRACT The article presents the developments in Sicilian legislation in the 18th and 19th centuries, aiming to contain the frequent phenomena of vagabondage and mendicancy. Starting from the pragmatic sanctions with that objective, the research then focuses on the regulations found in the 1819 Code for the Kingdom of the two Sicilies, Second Part - Penal Law. Key words: vagabonds, mendicants, Kingdom of Sicily 565 Vittoria CALABRÔ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 In un saggio dal titolo Il reato di vagabondaggio nella legislazione italiana, pub-blicato nel 1896 sulle pagine della rivista Il Filangieri, Eugenio Florian scriveva: "Mentre all'estero, nella scienza e nella legislazione, fervono rigogliosi gli studi intor-no ai vagabondi, come quelli che formano una delle classi più pericolose della società, in Italia non se ne fece quasi nulla e la recente riforma del Codice penale e della legge di P.S. reco ben poco mutamento alla legislazione anteriore. Giova pertanto esporre largamente quale sia lo stato presente e quale la tradizione della legislazione italiana su questo argomento, al fine di poter, quando che sia, escogitare i rimedi voluti dallo spi-rito dei tempi nuovi e dai progressi delle scienze sociali" (Florian, 1896, 321). Il tema in questione era ampiamente dibattuto e studiato, proprio tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, in gran parte dei paesi europei. Un dibattito cui anche l'Italia, come attestato dagli scritti non solo di Florian,1 era partecipe. Fedele alla sua dichiarazione d'intenti, Florian rivolgeva l'attenzione alla legisla-zione vigente sul tema, senza trascurare lo studio dei lavori preparatori che avevano portato, nel 1889, alla redazione del Codice penale e ancora, seppur brevemente, all'in-dividuazione di analoghe disposizioni contenute nelle legislazioni degli Stati pre-unitari.2 La maggior parte dei codici in vigore nella Penisola italiana, agli inizi del XIX secolo, contemplava, come emerge dallo studio di Florian, l'esistenza di norme volte ad arginare il vagabondaggio e l'accattonaggio, fenomeni presenti in tutta l'Europa, come risulta da vari studi relativi ai secoli XV-XVIII in cui è evidenziato lo stretto legame tra potere politico e controllo dei comportamenti sociali.3 Nel contesto dello Stato ottocentesco, che si proponeva di disciplinare e di repri-mere una serie di condotte ritenute pericolose per il nuovo ordine borghese, il fenomeno in questione (caro anche alla letteratura, che a vagabondi e miserabili dedicava intense pagine4) veniva considerato come un problema di pubblica sicurezza e come tale da contenere, limitare, e comunque condannare.5 1 Cfr., ad esempio, Florian, Cavaglieri, 1897-1990; sul punto si rinvia, in particolare, a Fiori, 1997, 135 ss. 2 Per un'accurata analisi comparativa della normativa vigente, in materia di vagabondaggio, nell'Italia del XIX secolo si rinvia a Da Passano, 2004, e alla bibliografia ivi citata. 3 Sul punto, fra gli altri, si vedano gli studi di Geremek, 1973; 1988a; 1988b; 1989 e 1992; Pullan, 1978; Gutton, 1987; Woolf, 1988; Prodi, 1994; Fiori, 1997; Schiera, 1999; Pino Abad, 2000. Il con-trollo e la disciplina dei comportamenti sociali venivano portati avanti in maniera sistematica a seguito della nascita dello stato moderno attraverso "lo strumento di norme pre-date dall'autorita e attraverso la loro imposizione e interiorizzazione per mezzo di uno strumentario (di coercizione) diversificante, prevalentemente statale" (cosi Härter, 1994, 637). Tematiche, queste, emerse anche in alcuni con-tributi presentati in occasione del seminario di studi Extra moenia. Il controllo del territorio nelle campagne e nei piccoli centri, Messina, 18-19 novembre 2005 (atti in corso di stampa). 4 Un esempio, fra i molti: I miserabili (1862) di Victor Hugo o anche I Malavoglia (1881) di Giovanni Verga. 5 Cfr., sul punto, quanto si legge in Da Passano, 2004, 53: "E solo con lo svilupparsi del processo di 566 Vittoria CALABRO: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 In tale prospettiva, puo risultare particolarmente intéressante soffermarsi sulla normativa del Códice per lo Regno delle Due Sicilie, Parte seconda - Leggi penali, emanato nel 1819 da Ferdinando I di Borbone, "primo fra i sovrani italiani restaurati" ad adottare una moderna codificazione esemplata sul modello francese (Novarese, 2000a, 27). Il punto di partenza del percorso che intendiamo seguire è da rintracciare in alcu-ni provvedimenti adottati in Sicilia sul finire del Settecento, testimonianza del costante impegno profuso dagli organi di governo per contenere il consistente numero di quanti, senza fissa dimora, gremivano strade e piazze di gran parte delle città sici-liane, mettendone a repentaglio, a parere dei benpensanti e delle istituzioni, la tran-quillità e la sicurezza. Un iter che, al tempo stesso, dovrebbe consentirci sia di evi-denziare continuità e cesure rispetto al passato che di verificare l'eventuale recezione di talune di quelle norme nel Códice del 1819. *** L'8 giugno 1779 il viceré Marcantonio Colonna6 emanava un bando con cui si fa-ceva interprete della volontà di Ferdinando III di Borbone, desideroso che "si espur-ghi questa Capitale, e 'l Regno dal contaggioso male di tutti gli oziosi, e vagabondi", una piaga che, a giudizio dell'alter ego del sovrano, si era diffusa considerevolmente perché fino a quel momento troppo "poco vi si è badato".7 Il provvedimento rappre-senta l'ideale continuazione della politica inaugurata dal Colonna dopo il suo arrivo in Sicilia quando, per sedare i tumulti che avevano portato alla cacciata del viceré Fogliani, adottava disposizioni restrittive. Nel timore che l'ordine restaurato venisse turbato dalla presenza di poveri e senza fissa dimora, il nuovo viceré stabiliva pene severe per errabondi e mendicanti. Particolarmente interessante risulta l'articolata e puntuale definizione dei soggetti che il bando intendeva regolare: "Sotto il nome di cosiffatto semplice ozioso, e vaga-bondo S. E. fa a tutti palese, e manifesto, che intender si dee Colui, ch'essendo abile a qualche fattiga, per la robustezza del suo corpo, si fa per torpidezza, ad accattar limosina nelle Chiese, in istrada, ne' Caffè, ed in qualsivoglia altro luogo pubblico, o privato, affettando talvolta piaghe, e sconciature nella persona, per carpire una ingiusta contri-buzione, e fare un illecito guadagno; Chi consuma buona parte del tempo nelle Taverne, ove si dà spesso all'ubriachezza; E chi, non avendo alcuna entrata, né alcuna arte, o codificazione penale che anche questo comportamento non conformista viene a costituire, in alcuni casi, una vera e propria figura di reato". Per un'analisi sulla realtá della Penisola italiana nell'800 si rinvia a Davis, 1989, 83 ss. 6 Per un profilo biografico del viceré si veda De Majo, 1982, 385-386. 7 Il testo del bando, contenuto nella Raccolta di Prammatiche, s.d., posseduta dalla biblioteca del Dipartimento di Storia e Comparazione degli Ordinamenti Giuridici e Politici dell'Universitá degli Studi di Messina alla segnatura SD.FZ. 566, ff. 96r-99r, si legge in Appendice. 567 Vittoria CALABRO: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 professione vive a se stesso; frequentando i Bagordi, e Compagnie diffamate, dando ben fondati sospetti al vigilante Governo di occulti vizj, o di qualche nascosto furto, o rapina". Nel tentativo di limitare quella che veniva definita "peste dello Stato, e fonte perenne, d'onde scaturiscono tutti i delitti, e precisamente i furti, e le frodi", veniva quindi ordinato a tutti i fannulloni, che "fuor della pigrizia non avranno alcun altro positivo vizio", di trovarsi un'occupazione entro il termine perentorio di 8 giorni, tra-scorso il quale sia gli stranieri (cui veniva concessa la facoltà di far ritorno in patria) che i regnicoli sarebbero stati arrestati e costretti, se idonei alle armi, ad arruolarsi per 5 anni nelle truppe reali o altrimenti esiliati senza possibilità di poter rientrare nei regi domini, pena una detenzione di 10 anni. Il provvedimento adottato prescriveva punizioni più severe per quegli individui che, "oltre alla inerzia, onde sono compresi, abbiano qualche altro vizio, come saria quello di Ladro di sacchette, di Truffajuolo, di Giocator di vantaggio, di Camorrista": aggravanti, queste, che comportavano una condanna ai lavori pubblici o la detenzione da scontare in un castello del Regno. Per rendere il più celere possibile la punizione ("affinché una cosiffatta genîa di Uomini venga subito castigata", recitava, infatti, il bando), si precludeva la possibilità di ricorrere a qualsiasi foro privilegiato,8 stabi-lendo che solo la Gran Corte dovesse giudicare gli accusati "sommariamente, e senza strepito alcuno, o figura di giudizio".9 Ai sensi di quanto previsto dal bando, infatti, per dare inizio a quello che veniva definito il "processicolo", era sufficiente la pre-senza di "due, o tre, o più Testimonj degni di fede" che accertassero le bieche qualità del soggetto in questione. La ferma disapprovazione nei confronti dei 'fannulloni' non riguardava i "veri Mendici", coloro, cioè, che risultavano inabili al lavoro o che non erano in grado di provvedere al loro sostentamento perché costretti da alterne vicende a vivere una vita ai margini: ai sensi della medesima disposizione, queste 'vittime inconsapevoli' do-vevano essere condotte, a seguito della pronuncia della Gran Corte, presso l'Albergo dei Poveri di Palermo, cui Ferdinando III aveva assegnato, con un dispaccio del 9 maggio 1778, un sussidio di 800 onze annue.10 8 "A quale objetto per non attrassarsi le sollecite providenze e venuta la M. S. di sua Sovrana autorita ad escludere qualunque Foro, per quanto si creda privilegiato, volendo che per cotali reati niuno possa assolutamente goderlo" (Raccolta di Prammatiche, s.a., 98r.). 9 La Regia Gran Corte, formata da un presidente e da 6 giudici biennali, era articolata in 2 sezioni, ciascu-na delle quali prevedeva la presenza di un avvocato fiscale, di nomina regia, rei publicae tuendae causa. Ad essa spettava la conoscenza di tutte le cause civili e criminali, in I e II istanza. I giudici, 3 per ogni sezione, erano nominati dal re su proposta del viceré. Per il loro ufficio percepivano i diritti e le retri-buzioni pagati dalle parti per ogni provvedimento emanato. Sulla nascita, lo sviluppo e le competenze della Corte si rinvia, in particolare, a Romano, 1997 e, da ultimo, anche a Cocchiara, 2003, 125-135. 10 Sul differente trattamento riservato ai "veri Mendici" e ai 'fannulloni' cfr. quanto scrive Gutton, 1987, 371: "La beneficenza, peraltro, non e per tutti. Mendicanti e, peggio ancora, vagabondi non meritano se non un duro trattamento, come la deportazione o la condanna ai lavori forzati". 568 Vittoria CALABRÔ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 FERVlMANm* [ Dei gratta ,] %cx Vtrïujque Sk'ihx 3Hierufakm &c. Hifpani arum lnfans* Dux Par* m** TlacentU, Gajlrï, &ç. Magnus Hereditarias JEtrurU Princeps &c. REg. fid. dil.falut. Fu volontà del Re noflro Signore,; comunicara a queflo Tribunal« in Biglietto del i S» Octobre 1777. che íi íaceííe uno ícarto de i Yagabondi, fpezie d'Uomini deteftati da cuícc le Leggi , ed' ogni ben, regofata Società, e di quegli ancora , che profcffano una. reproba mendicità, i quaii fulla pietà de' Fedelí ftabili--feono ií Patrimonio deJ loro vizj -, ed una tal provviden-za venne replicatarnente incúlcala con un* altro. Real. Difpaccio dei p. Maggio 17 7 S. a Noi comunicara in BU glietto dei 13. dei medefimo, in cui dichiara il Re, chç a vendo aífegnato a 11* Albergo de'Po veri di quefta Capitale '"7 800. i'annopcr victo , e veftito de' Povereîliivi jacchiufi debba il Tribunals délia G- C.far conduire al. fudetto Aibergo i veri Mendici ¡ e che riguardo a gli altri oziofi, pefíe dello Stato, e fonte perenne, d' onde fcatus lifcoiio tutti i delitti, c precifamence i furti, e le frodi, il Tribunaie fudetto eieguiiïè con tuttorigore la difpofizio-ne délia Prammatica de' Vagabandi, tutcocchè non üa^, fíata in oílervanza, e della efeemione ne prenda cura partiaoíare V Avvocato Fifcale 1 del Tribunaie; il quale in.feguito avanzó fotra U11« Agofio 1778. gionata Confulta a S. E. per umiliarla al Real Troua» nellaqualefifacean prcíente i moctivi, che rendevano quafi infeguibili la fudecta Prammatica, ed imploravi^ c«te provvídenzeconofciute neceflktie per adc.pip.irft U vo« Fig. 1: Palermo, 8 giugno 1779: pagina iniziale del bando, emanato dal vicere Marcantonio Colonna, con cui si adottano pene severe nei confronti di errabondi e men-dicanti. Sl. 1: Palermo, 8. junij 1779: začetna stran prepovedi, izdane s strani podkralja Marcantonia Colonne, s katero so bile sprejete stroge kazni v odnosu do klatezev in beračev. 569 Vittoria CALABRÔ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 In diverse occasioni, i sovrani di Sicilia si erano interessati delle sorti dei più bi-sognosi: è il caso, ad esempio, di Filippo I che, nel 1597, aveva accolto la richiesta dei bracci del Parlamento d'istituire una speciale deputazione che si occupasse dei mendici.11 Ancora Carlo III, nel 1681, aveva stanziato 400 ducati "por via de limosina por cinco años sobre expolios, y fructos de Iglesias sedevacantes" per la costru-zione, a Palermo, di una struttura d'accoglienza per indigenti.12 E Carlo IV, nel 1748, aveva destinato la somma di 5.000 scudi annui per completare, sempre a Palermo, l'Albergo dei poveri ubicato fuori la Porta Nuova.13 Provvedimenti, quelli ricordati, adottati per rispondere ad uno scopo ben preciso: prendersi cura dei meno fortunati fra i sudditi per evitare che questi potessero trasformarsi in potenziali perturbatori dell'ordine pubblico. Quanto disposto nel 1779 dal viceré Colonna riprende, almeno in parte, il conte-nuto di un bando emanato nel 1530 dal viceré Ettore Pignatelli in base al quale "le persone che non tenino patri oi matri fratri [...] o altro loro parente li quali li alimen-tassiro in li loro casi o li donassiro di viviri" o che non svolgessero alcuna attività la-vorativa non potevano dimorare a Palermo né in nessun'altra città dell'Isola e veniva-no invitate a lasciare volontariamente, ed entro 15 giorni, il Regno se non volevano rischiare di essere "deportati oy mandati in exilio oy in galera ad arbitrio di Sua Illustre Signoria".14 Una continuità attestata anche da una disposizione promulgata dal viceré Francesco d'Aquino, principe di Caramanico, nel giugno del 1789 con la quale si condannava sia l'accattonaggio molesto che la sfrontatezza delle prostitute che, con il loro comportamento, rappresentavano anch'esse una minaccia per l'ordine sociale. Il provvedimento in questione era riproposto nel maggio del 1793, a seguito della carestía che aveva ridotto alla fame la popolazione siciliana,15 prescrivendo pene molto 11 Si veda il disposto del cap. CXXVIII (Ut instituatur peculiaris Deputatio pro cura, et regimine men-dicorum), Capitula Regni Siciliae, 1999, II, 325: "È tanto il concorso, e numero de' poveri, che vanno per questa Città, e nelle Chiese importunamente mendicando, che per servigio di Dio, e rimedio delle miserie loro, supplica il Regno a vostra Eccellenza, che sia servita instituire, e stabilire una Deputa-tione particulare, la quale habbia cura, e forma di reggere, e proveder tale povertà". 12 Cosí era stabilito nel cap. XIII (Ut hospitio mendicantium Panormi, fundato in loco dicto de Cifuen-tes, concedatur aliqua pensio), Capitula Regni Siciliae, 1999, 380: "En quanto a conceder al hospicio, que se fabrica en Palermo, alguna pension, atendiendo ala representacion del Reyno, y a haver de convertirse en obra de tanta piedad, vengo en conceder para la fabrica de este hospicio quatrocientos ducados por via de limosina por cinco años sobre expolios, y fructos de Iglesias sedevacantes, con derogacion de ordenes, sin prejudicio de las perpetuas assignadas al culto divino, por ser este effecto proprio de estas obras pias". 13 Sul punto si veda quanto ricordato da Giarrizzo, 1989, 437. 14 Il testo del bando in questione è riportato da Vigiano, 2004, 186. 15 Nel 1792 lo scarso raccolto di grano rendeva ancora più misere le non già felici condizioni di vita in cui versava gran parte della popolazione siciliana. L'anno successivo il raccolto risultava soddi-sfacente nella quantità: questo risultato, tuttavia, non incideva sui prezzi che continuavano a manten-ersi molto alti. Sul punto si rinvia a Castiglione, 1982, 355 ss. 570 Vittoria CALABRO: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 severe per quanti "abili a qualunque fatica, robusti, accattino la limosina, innanzi e dentro le chiese, in istrada, nei caffè, affettando piaghe e sconciature nella persona".16 Vagabondi, mendicanti, oziosi, quanti cioè scientemente e volontariamente adot-tavano una condotta antisociale, erano considerati potenziali criminali da cui era ne-cessario difendersi. Non sembrerebbe casuale, pertanto, la scelta del legislatore del 1819 di qualifica-re accattonaggio e vagabondaggio come reati contro l'interesse pubblico, collocando le due fattispecie nel libro II (De' misfatti e de' delitti e della loro punizione), capitolo I (Della vagabondità ed improba mendicità), titolo VI (De' reati che attaccano l'interesse pubblico), artt. 300-304 (cfr. Codice per lo Regno, 1819, 74-75).17 L'art. 300 del Codice per lo Regno delle Due Sicilie, Parte seconda - Leggi penali considerava vagabondi, o uomini senza stato, gli indolenti che non possedevano alcun bene, non esercitavano abitualmente nessun tipo di arti o mestieri e non rico-privano nessun impiego, pur essendo coniugati e avendo un domicilio certo.18 Una definizione che differiva da quella contenuta nell'art. 294 del progetto dello stesso Codice, elaborato nel 1815 dalla Commissione legislativa appositamente no-minata da Ferdinando I e presentato nel 1817 al Supremo Consiglio di Cancellería, secondo cui erano da considerarsi come vagabondi coloro che, privi di qualsiasi mezzo di sussistenza, non solo non avevano alcuna occupazione ma neanche un domicilio certo.19 L'art. 294 richiamava espressamente l'art. 270 del Code pénal francese del 1810, uno dei modelli di riferimento per i redattori del testo napoletano: "Les vagabonds ou gens sans aveu sont ceux qui n'ont ni domicile certain, ni moyens de subsi- 16 II testo del provvedimento e citato in Castiglione, 1982, 365. 17 Sul processo di codificazione che portava, nel 1819, all'emanazione del Codice per lo Regno delle Due Sicilie, si rinvia a Novarese, 2000a, che nella parte V (Dal progetto al codice. Momenti dell'iter di redazione delle "leggi penali" del 1819) della sezione dedicata ai Testi mette a confronto il progetto del codice elaborato dalla Commissione legislativa nominata da Ferdinando I di Borbone nell'agosto del 1815 e presentato al Supremo Consiglio di Cancellería nell'agosto del 1817, la bozza intermedia risultante dalle modifiche apportate dallo stesso Supremo Consiglio fra il 1817 e il 1818, e il testo definitivo del codice promulgato nel marzo del 1819 ed entrato in vigore il 1° settembre dello stesso anno. E appena il caso di ricordare che nel "Progetto di codice penale", elaborato nel 1813 da un'appo-sita commissione istituita dal sovrano per dare esecuzione a quanto disposto della Carta costituzionale siciliana del 1812 che faceva espresso riferimento, in piu punti, a futuri codici, "parte integrale della presente Costituzione" (Costituzione del Regno di Sicilia, 1996, 14), non vi e alcun articolo dedicato a vagabondi e mendicanti. Sul punto si rinvia a Novarese, 2000b, che propone l'edizione del "Progetto" in questione (Novarese, 2000b, 197-335). 18 "Sono vagabondi, o uomini senza stato, gli oziosi che né posseggono beni di sorte alcuna, né eserci-tano abitualmente ufizio, arte o mestiere, né hanno altri mezzi legittimi di sussistenza, ancorché abb-iano moglie e domicilio certo" (Codice per lo Regno, 1819, 74). 19 "Sono vagabondi o uomini senza stato coloro, che non hanno domicilio certo; né esercitano abitualmente professione o mestiere; né hanno altri mezzi legittimi di sussistenza" (Novarese, 2000a, 215*). 571 Vittoria CALABRO: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 stance, et qui n'exercent habituellement ni métier ni profession".20 La disciplina relativa a vagabondi e mendicanti era stata inserita, dai compilatori d'oltralpe, nel titolo dedicato ai crimini e ai delitti contro la pace pubblica e ad essa era stato dedicato ampio spazio, risultando regolamentata in 14 articoli (dal 269 al 282), a fronte, inve-ce, dei 5 previsti dal Codice napoletano. Nell'operare la scelta definitiva, il legislatore del 1819 aveva deciso di non recepi-re il disposto dell'art. 269 del Code (in base al quale il vagabondaggio era considerato un delitto per il quale era prevista una pena che poteva variare da 3 fino a 6 mesi di carcere21 e costituiva, in alcuni casi espressamente previsti, una circostanza aggravante del crimine commesso22), optando per una soluzione volta ad includere nel no-vero dei 'devianti' il maggior numero possibile di soggetti potenzialmente pericolosi per l'ordine sociale. La mendicità era da considerarsi improba, ai sensi dell'art. 301, quando si chiede-va l'elemosina in quei luoghi dove esisteva "uno stabilimento pubblico a favor de' mendici"; quando un soggetto, pur abile al lavoro, la esercitava "per abito", anche se in luoghi dove non vi erano istituti di assistenza o carità per indigenti; e ancora quando i questuanti, pur essendo invalidi e "fuori de' luoghi ne' quali esistano stabilimenti pubblici a lor favore", usavano ricorrere a minacce o intimidazioni.23 Una disposi-zione che risentiva dell'influenza degli artt. 274 e 275 del Code pénal francese, in base ai quali i mendici rischiavano dai tre ai sei mesi o da uno ai tre mesi di carcere, ri-spettivamente, a seconda che il reato fosse stato compiuto in luoghi dove vi erano o meno centri di assistenza per i poveri.24 Per quanto concerne le pene che potevano essere comminate a mendicanti e va-gabondi, l'art. 302 distingueva, contrariamente a quanto inizialmente previsto dall'art. 20 La citazione è tratta da Carnot, 1836a, 733. 21 Si veda, a questo proposito, quanto disposto dall'art. 271: "Les vagabonds ou gens sans aveu qui auront été légalement déclarés tels, seront, pour ce seul fait, punis de trois à six mois d'emprisonnement, et demeureront, après avoir subi leur peine, à la disposition du gouvernement pendant le temps qu'il déterminera, eu égard à leur conduite" (Carnot, 1836a, 734). 22 "Le vagabondage devient une circonstance aggravante du crime, dans le cas déterminés par le Code": cosi Carnot, 1836a, 731. 23 "Improba è la mendicità che si esercita in uno de' seguenti casi: 1. quando si vada mendicando contro i regolamenti in luoghi ne' quali esista uno stabilimento pubblico a favor de' mendici; 2. quando i mendicanti sien validi ed esercitino la mendicità per abito; benché il facciano in luoghi ne' quali non esista uno stabilimento pubblico a favor de' mendici; 3. quando nello esercitare la mendicità si faccia uso di vie di fatto o minacce; benché i mendicanti sieno invalidi e fuori de' luoghi ne' quali esistano stabilimenti pubblici a lor favore" (Codice per lo Regno, 1819, 74-75). 24 Art. 274: "Toute personne qui aura été trouvée mendiant dans un lieu pour lequel il existera un établissement public organisé afin d'obvier à la mendicité, sera punie de trois à six mois d'emprisonnement, et sera, après l'expiration de sa peine, conduite au dépôt de mendicité" (Carnot, 1836a, 739); art. 275: "Dans les lieux où n'existe point encore de tels établissements, les mendians d'habitude valides seront punis d'un mois à trois mois d'emprisonnement. S'ils ont été arrêtés hors du canton de leur résidence, ils seront punis d'un emprisonnement de six mois à deux ans" (Carnot, 1836a, 740). 572 Vittoria CALABRÔ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 296 del progetto della Commissione legislativa, gli stranieri dai sudditi. Mentre per i primi, infatti, era prevista l'espulsione dal Regno, i secondi venivano condannati "col primo al secondo grado di prigionia, aggiuntavi la malleveria".25 Il primo grado di prigionia comportava, secondo quanto disposto dall'art. 26, una pena compresa tra 1 mese e 6 mesi, il secondo tra 7 mesi e 2 anni.26 La malleveria serviva per assicurare, cosí come stabiliva l'art. 31, la buona condotta del reo per un periodo non inferiore ai tre anni e non superiore ai dieci. Chi non era in grado di produrre una malleveria ve-niva sottoposto, secondo il disposto congiunto degli artt. 32 e 33, a sorveglianza da parte della polizia, con l'obbligo di dimostrare, alla fine di ogni mese, di "essere nel-l'esercizio di un'arte o d'un mestiere".27 La reclusione doveva scontarsi, ai sensi dell'art. 22, in una casa di correzione dove i detenuti erano costretti a lavorare, scegliendo l'occupazione che più loro aggradava fra quelle previste nella stessa casa.28 Qualunque mendicante o vagabondo venisse sorpreso in possesso di armi, lime, grimaldelli o altro oggetto potenzialmente idoneo al compimento di furti o altri reati, era punito, a norma dell'art. 303, con il terzo grado di prigionia (cioè con una pena detentiva compresa tra 2 anni e un mese e 5 anni), non applicato nel minimum del tempo, e assoggettato a malleveria.29 25 Art. 296: "La vagabondità egualmente che l'improba mendicità sarà punita del primo al secondo grado di prigionia, aggiuntavi la malleveria" (Novarese, 2000a, 216*); art. 302: "La vagabondità e l'improba mendicità saranno punite col primo al secondo grado di prigionia, aggiuntavi la malleveria. Gli esteri vagabondi o improbi mendici saranno espulsi dal regno" (Codice per lo regno, 1819, 75). 26 "La prigionia, il confino e l'esilio correzionale han tre gradi. Il primo comincia da un mese, e termina a sei mesi. Il secondo comincia da sette mesi, e termina a due anni. Il terzo comincia da due anni ed un mese, e termina a cinque anni" (Codice per lo Regno, 1819, 7). 27 Art. 31: "La condanna alla malleveria astringe il condannato a dar sicurtà di sua buona condotta per un tempo non minore di tre anni, né maggiore di dieci. La somma ricercata per la sicurtà non sarà mai minore di ducati cento, né maggiore di cinquemila. Questa non puo esigersi che in caso di condanna per misfatto o delitto commesso nel tempo della sottoposizione alla malleveria. Le somme riscosse saranno addette in preferenza alle restituzioni, a' danni ed interessi, ed alle spese cagionate agli offesi dal nuovo misfatto o delitto"; art. 32: "Il condannato a dar malleveria, se non puO dare la sicurtà ordinata nell'articolo precedente, sarà messo a disposizione della polizia"; art. 33 "Ogni individuo messo a disposizione della polizia dee, secondo i regolamenti, dimostrare al termine di ogni mese di essere nell'esercizio di un'arte o d'un mestiere. Chiunque nol faccia, verrà anche d'ordine della polizia allon-tanato da un dato luogo, o anche confinato in un luogo determinato del regno, per esservi applicato ad un'arte o ad un mestiere, secondo i regolamenti, per tutto il tempo della condanna. Pur tutta volta potrà essere abilitato ad uscirne, 1. se adempia alla malleveria, a' termini dell'art. 31; 2. se il decurionato del suo comune lo reclami con atto pubblico, di cui la polizia medesima riconosca la verità ed il libero voto. In questo secondo caso adempirà di nuovo all'obbligo di dimostrare ogni mese di esser occupato in un'arte o in un mestiere" (Codice per lo Regno, 1819, 9-10). 28 "La pena della prigionia si esegue in una casa di correzione, ove i condannati son chiusi e costretti ad occuparsi, a loro scelta, di uno de' lavori quivi stabiliti" (Codice per lo Regno, 1819, 6). 29 "Ogni vagabondo o improbo mendico, che sarà stato sorpreso con un'arme propria qualunque, o tra-vestito in qualunque modo, o provveduto di lime, grimaldelli, o altri strumenti atti a commetter furti o altri reati, ovvero a procurare i mezzi da penetrar nelle case senza l'intelligenza del padrone, sarà 573 Vittoria CALABRÖ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 Tutti i vagabondi nati nel Regno, ad eccezione di quanti avevano compromesso la loro posizione a seguito d'illecita detenzione di armi, potevano, anche dopo una sen-tenza passata in giudicato, essere reclamati dal proprio Comune di origine, tramite deliberazione, o assicurati con malleveria prestata da un cittadino solvente. Accolta la richiesta o accettata la malleveria, il soggetto in questione, secondo il disposto del-l'art. 304, poteva essere trasferito nel Comune che lo aveva reclamato o in quello scelto dal mallevadore.30 *** Dall'analisi degli articoli del Códice per lo Regno delle Due Sicilie concernenti vagabondi e mendicanti emerge una sostanziale continuita con i provvedimenti adottati nel periodo immediatamente precedente, a fronte di una limitata riproposi-zione della normativa francese. L'aver inasprito, rispetto alle analoghe disposizioni contenute nel Code pénal, le pene comminate a oziosi, mendici ed errabondi doveva servire, nelle intenzioni del legislatore, se non a debellare, quanto meno ad arginare un fenomeno che, a partire dall'eta moderna e per tutto il XIX secolo, aveva avuto implicazioni non solo dal punto di vista sociale ma anche politico, dal momento che quei soggetti erano stati protagonisti, come e stato rilevato, di sommosse, agitazioni e sovvertimenti. Basti ri-cordare, ad esempio, l'uccisione dell'imperatrice d'Austria-Ungheria a Ginevra, nel 1898, ad opera del vagabondo Luigi Luccheni (Fiori, 1997, 136). La legislazione introdotta a questo proposito dal Codice napoletano, la cui appli-cazione, e appena il caso di ricordare, veniva 'sospesa' a seguito dei moti del biennio 1820-1821,31 quando le gia severe pene previste per alcuni reati venivano ulteriormente aggravate, non raggiungeva, pero, i risultati sperati, e lo stesso avveniva nel resto della Penisola. Anche nel Regno d'Italia, infatti, al pari di altri Paesi europei, nel tentativo di ri-solvere i problemi ereditati dagli Stati preunitari, il legislatore dedicava, gia a partire dal 1863, particolare attenzione al problema dell'accattonaggio e del vagabondaggio. In particolare era Silvio Spaventa, segretario generale del Ministero dell'Interno, uffi- punito col terzo grado di prigionia non applicato nel minimum del tempo, e verra in oltre soggettato alla malleveria" (Codice per lo Regno, 1819, 75). 30 "I vagabondi nati nel regno, eccetto il caso preveduto nello articolo precedente, potranno dopo una sentenza anche passata in giudicato essere reclamati dal proprio comune con deliberazione del decu-rionato, o assicurati con malleveria da un cittadino solvente. Se il Governo accolga la domanda o ac-cetti la malleveria, gl'individui cosí reclamati o assicurati, saranno d'ordine dello stesso Governo ri-mandati o condotti nel comune che gli ha reclamati, o in altro comune che sara loro assegnato per residenza, a richiesta del mallevadore" (Codice per lo Regno, 1819, 75). 31 Novarese (2000a, 140-145) parla, nella fattispecie, di codice "sospeso". 574 Vittoria CALABRO: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 Fig. 2: Frontespizio della seconda edizione, stampata a Napoli nel 1819, del 'Codice per lo Regno delle Due Sicilie. Parte seconda, leggi penali'. Sl. 2: Naslovna stran druge izdaje kodeksa 'Codice per lo Regno delle Due Sicilie. Parte seconda, leggi penali', natisnjenega v Neaplju leta 1819. 575 Vittoria CALABRO: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 cio ricoperto fra il 1862 ed il 1864, ad emanare alcune circolari con cui chiedeva la collaborazione di prefetti e comandanti dei carabinieri al fine di delineare il quadro degli "oziosi, vagabondi e persone sospette delle Provincie del Regno".32 Un impe-gno che avrebbe avuto sbocco nel Codice penale unitario e nella legge di pubblica si-curezza del 30 giugno 1889, che affrontavano quelle tematiche rispettivamente al capo VII (Della mendicità), titolo I (Delle contravvenzioni concernenti l'ordine pubbli-co), libro III (Delle contravvenzioni in ispecie), artt. 453-456, e capo I (Dei mendi-canti), titolo III (Disposizioni relative alle classi pericolose della società), artt. 8084, e capo III (Dell'ammonizione), titolo III, artt. 94 e 113 (Codice penale, 1889, 168, 195-196, 197-198, 200), prevedendo pene severe, fra cui, ad esempio, l'arresto fino a 6 mesi in caso di recidiva per quanti mendicassero "in modo minaccioso, vessatorio o ripugnante, per circostanze di tempo, di luogo, di mezzo o di persona" (cosî l'art. 454. Codice penale, 1889, 168). Norme che, com'è stato osservato, riflettevano "l'ideo-logia e la mentalità dominante nell'epoca" (Fiori, 1997, 135). Nonostante il gran numero di provvedimenti adottati durante tutto l'Ottocento per ridurne la presenza e la circolazione, senza tetto, mendici e oziosi continuavano a gremire piazze e strade cittadine, mercati e campagne, come sembra potersi evincere dalla lettura di un brano del romanzo I Viceré pubblicato nel 1894, ovvero negli stes-si anni in cui Eugenio Florian approfondiva lo studio delle tematiche connesse con vagabondaggio e accattonaggio. Nel descrivere la realtà della Sicilia nel periodo compreso tra il 1855 ed il 1882, Federico De Roberto, napoletano di nascita ma catanese d'adozione, annotava: "E le piccole carovane si rimettevano in marcia con le teste riscaldate all'idea dei milioni di milioni d'onze che avrebbe intascato Vittorio Emanuele vendendo i beni di San Nicola e di tutte le altre comunità [il riferimento è alla decisione adottata dal Governo di sciogliere i monasteri e confiscare la proprietà ecclesiastica]... Molti mendicanti, profittando del gran passaggio di gente, tendevano la mano dal mucchio di sassi dove stavano sdraiati; i cenciosi bambini che li accompagnavano correvano dietro alle car-rozze se da qualcuna di esse cadeva un soldino nella polvere dello stradale" (De Roberto, 1991, 405). Con l'unificazione, dunque, il fenomeno sembrava intensificarsi, collegandosi a nuove forme di criminalità, fra cui il brigantaggio, evidenziando aspetti urgenti deri-vanti non solo dall'inadeguatezza degli apparati repressivi ma anche dalla mancanza di una codificazione penale unitaria.33 32 Sul punto si sofferma diffusamente Fiori, 1997, 128-131. 33 Sul punto si rinvia a Patrizia De Salvo, La rappresentazione della giustizia penale attraverso le cro-nache giudiziarie di fine Ottocento, in questo stesso volume. 576 Vittoria CALABRÔ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 L'emanazione del Codice Zanardelli, escludendo oziosità e vagabondaggio ma non mendicità dai delitti e dalle contravvenzioni sanzionate,34 non avrebbe, tuttavia, risolto l'annosa questione.35 APPENDICE* Ferdinandus [Dei gratia] Rex Utriusque Siciliae, Hierusalem etc. Hispaniarum Infans, Dux Parmae, Placentiae, Castri, etc. Magnus Haereditarius Aetruriae Princeps etc. Reg(io) fid(eli) dil(ecto) salut(em). Fu volontà del Re nostro Signore, comunicata a questo Tribunale in Biglietto del 18 Ottobre 1777 che si facesse uno scarto dei Va-gabondi, spezie d'Uomini detestati da tutte le Leggi, e d'ogni ben regolata Società, e di quegli ancora, che professano una reproba mendicità, i quali sulla pietà de' Fedeli stabiliscono il Patrimonio de' loro vizj; ed una tal provvidenza venne replicatamente inculcata con un altro Real Dispaccio del 9 Maggio 1778 a Noi comunicata in Biglietto del 23 del medesimo, in cui dichiara il Re, che avendo assegnato all'Albergo de' Poveri di questa Capitale onze 800 l'anno per vitto, e vestito de' Poverelli ivi rac-chiusi debba il Tribunale della G(ran) C(orte) far condurre al sudetto Albergo i veri Mendici; e che riguardo agli altri oziosi, peste dello Stato, e fonte perenne, d'onde scaturiscono tutti i delitti, e precisamente i furti, e le frodi, il Tribunale sudetto ese-guisse con tutto rigore la disposizione della Prammatica de' Vagabondi, tuttocché non sia stata in osservanza, e della esecuzione ne prenda cura particolare l'Avvocato Fiscale del Tribunale; il quale in seguito avanzo sotto li 11 Agosto 1778 una ragionata Consulta a S(ua) E(eccellenza) per umiliarla al Real Trono, nella quale si facean presente i mottivi, che rendevano quasi ineseguibili la sudetta Prammatica, ed implorava certe provvidenze conosciute necessarie per adempirsi la // f. 96v// volontà della M(aestà) S(ovrana). In questo stato di cose venne al Tribunale comunicato il di 10 del Febraro di quest'anno cio che siegue. Ecc(ellentissi)mo Signore. Mi compiego il Presidente del Regno per la Sovrana intelligenza, con Carta de' 7 Settembre dell'anno prossimo scorso, una Consulta del Tribunale di codesta G(ran) C(orte) Criminale, colla quale propone varie provvidenze da darsi per la estirpazione de' Vagabondi da codesta Capitale, e Regno; ed avendone io dato conto al Re, la 34 Sul punto cfr. in particolare quanto si legge in Da Passano, 2004, 64 ss. 35 Sul tema si sofferma Fiori, 1997, 138 ss. * Nota di edizione: Il testo viene trascritto in forma diplomatica, rispettando le forme e la punteggia-tura originali e riportando gli eventuali errori. Solo le abbreviazioni vengono sciolte, per comodita del lettore, fra ( ). 577 Vittoria CALABRÔ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 M(aestà) S(ovrana) nel tempo stesso ch'è venuta in approvare tale Consulta, mi comanda dire a V(ostra) E(ccellenza), che lo stesso Tribunale della G(ran) C(orte) disponga in nome di S(ua) M(aestà) gli ordini Circolari a tutte le Corti Capitaniali di codesto Regno, come ha proposto, per la publicazione del Bando, e ne prescriva la esecuzione, accordando la M(aestà) S (ovrana) al sudetto Tribunale la privativa co-gnizione nella materia de' Vagabondi, con dispensare di sua piena assoluta potestà a qualunque foro, ed a qualunque legge, che ostasse in contrario: bene inteso pero, che per la scelta de' veri poveri da rinchiudersi nel Rifugio, ne lasci il Tribunale la cura ai Deputati dello stesso Rifugio de' Poveri, ai quali appartiene il loro istituto: Caserta etc. E pero io comunico a V(ostro) S(ignore) questo Real Ordine, non solo in contesto di sua Consulta sotto li 11 Agosto dell'anno scorso, ma per suo governo ancora nella piena rispettiva esecuzione; nostro Signore la feliciti. Il Principe di Stigliano Colonna. Al Tribunale della G(ran) C(orte) Crimínale. Palermo etc. Indorso del quale fece il Tribunale provista praesent(etur) exeq(uatur) reg(ius), et fiant Literae Circulares. In adempimento dunque della sudetta Sovrana disposizione si è publicato il seguente Bando. La Maestà dell'amoroso nostro Monarca, vegliando sempre alla felicità de' fedeli suoi Vassalli, per troncar la radice di tanti abominevoli vizj, che la rendono mal si/f 97r//cura, infestando la Società, e le Famiglie: Si è determinata bandire da suoi Do-minj l'oziosità, e l'infingardaggine, come la principale cagione delle maggiori scostu-matezze, e de più enormi attentati, e quindi si è degnata prescrivere, che si rinnovino, contro i Vagabondi le antiche leggi, e che inesorabilmente si eseguiscano da questo suo Collaterale della G(ran) C(orte) Criminale (a cui ne ha data la primativa cogni-zione) le pene in esse prescritte, e quelle altre, che la M(aestà) S(ovrana) ha giudicate proprie, ed efficaci per estirpare questo vizio, oggidí reso troppo commune, perché poco vi si è badato. S(ua) E(ccellenza) intanto, uniformandosi a quanto trovasi di aver su di tale arti-colo prescritto la M(aestà) S(ovrana), vuole, che si espurghi questa Capitale, e 'l Re-gno dal contaggioso male di tutti gli oziosi, e vagabondi. Quindi in vigor del presente Bando, l'E(ccellenza) S(ua) ordina, provvede, e comanda, che i semplici Vagabondi anzidetti, che fuor della pigrizia, non avranno alcun altro positivo vizio, debbano nel corto termine di giorni otto, applicarsi con effetto, a qualche arte, o mestiere, o darsi alla coltura delle Campagne, per non vivere alle altrui spese, ma colle loro fattighe. E quando sia Forastiere, o Regnicolo, che non trovisi qui impiegato, ma indocile al lavoro, resta pigro, ed inoperoso, sia Costui obbligato far subito ritorno alla patria, per darsi, colle sue mani, il modo di sostenersi; altrimenti, scorso l'additato termine saranno e gl'uni, e gl'altri arrestati, ed obligati a servire per un quinquennio nelle Reali Truppe, o di Terra, o di Mare da Soldati, se saranno atti alle armi, o trasportati fuori de Reali suoi Dominj, coll'espresso divieto di non potervi mai più far ritorno, 578 Vittoria CALABRÔ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 sotto la pena ai temerarj, e contumaci, di anni dieci di Galera, alla quale si faranno inesorabilmente soccombere. Sotto il nome di cosiffatto semplice ozioso, e vaga///. 97v//bondo S(ua) E(ccellenza) fa a tutti palese, e manifesto, che intender si dee Colui, ch'essendo abile a qualche fattiga, per la robustezza del suo corpo, si fa per torpidezza, ad accattar limosina nelle Chiese, in istrada, ne' Caffè, ed in qualsivoglia altro luogo pubblico, o privato, affettando talvolta piaghe, e sconciature nella persona, per carpire una ingiu-sta contribuzione, e fare un illecito guadagno; Chi consuma buona parte del tempo nelle Taverne, ove si dà spesso all'ubriachezza; E chi, non avendo alcuna entrata, né alcuna arte, o professione vive a se stesso; frequentando i Bagordi, e Compagnie dif-famate, dando ben fondati sospetti al vigilante Governo di occulti vizj, o di qualche nascosto furto, o rapina. Ma siccome rare volte, o mai, si avvera che l'oziosità, e l'infingardagine siano scompagnate dal vizio; Cosí l'E(ccellenza) S(ua) provede ancora, e comanda, che quei vagabondi di questa seconda classe, che oltre alla inerzia, onde sono compresi, abbiano qualche altro vizio, come saria quello di Ladro di sacchette, di Truffajuolo, di Giocator di vantaggio, di Camorrista, sotto qual'infame nome vien conosciuto co-lui, che mantiene, e garentisce il vizio del gioco, o altro turpe, ed abominevole; sieno Costoro più severamente puniti, e saranno percio condannati subito alla Galera, alla Catena, ai publici lavori, o detenuti in qualche Regio Castello, a misura della gravità delle loro colpe, della qualità delle persone, e del più, o meno tempo, onde saranno stati immersi nel vizio. Ed affinché una cossiffatta genía di Uomini venga subito castigata, l'E(ccellenza) S(ua) a norma delle nuove provvide ordinazioni di S(ua) M(aestà), comanda ugual-mente che dal Tribunale della G(ran) C(orte) si condannino i vagabondi, cosí sempli-ci, che viziosi sommariamente, e senza strepito alcuno, o figura di giudizio, ma di nostra podestà economica per via del suddetto nostro Collaterale della G(ran) C(orte) Crimina//. 98r//le, dalla quale basta che si formi un processicolo per cui con due, o tre, o più Testimonj degni di fede venghi appurata la qualità del soggetto, e senten-dosi l'Avvocato Fiscale dello stesso Tribunale, e l'Avvocato de' Poveri, o nelle visite che si fanno nelle Carceri, o nello stesso Tribunale, sarà l'Inquisito vagabondo con-dennato, e mandato al suo destino a misura di quel luogo, e per quel tempo, che si giudicherà corrispondente alle circostanze del medesimo. A quale objetto per non attrassarsi le sollecite provvidenze è venuta la M(aestà) S(ovrana) di sua Sovrana autorità ad escludere qualunque Foro, per quanto si creda privilegiato, volendo che per cotali reati niuno possa assolutamente goderlo. Comanda ancora S(ua) E(ccellenza), che il presente Bando venga ugualmente eseguito con ogni scrupolo, ed esattezza in tutto il Regno, e quindi ordina a tutti gli Uffiziali delle Città, Terre, e Luoghi abitati di esso, che dovessero subito farlo pub-blicare nelle forme le più solenni, e consuete, e curarne insieme la puntuale sua, ed 579 Vittoria CALABRÖ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 inalterabile osservanza ora, ed in ogni tempo. Ed a tal uopo restaño quelli, colla di loro responsabilité tenuti, ed obligati d'invigilare, ed inquirere su di cotai oziosi, va-gabondi semplici, e viziosi, che dovranno formalmente carcerare con darne sema-nalmente conto nelle rispettive loro ottavine, al Tribunale anzidetto della G(ran) C(orte) Crimínale, e colla fede negativa quando non ve ne sieno, accompagnandovi la Corte Capitaniale del luogo, una consulta informativa del tenore di vita menata dal vagabondo semplice, o vizioso per infliggerglisi da quello la pena alle sue colpe corrispondente, dopo che sarà stato trasportato in questa Regia Vicaria col solito semestrale passaggio de Carcerati, che fanno i Capitani d'Armi dei Valli, a cui dovranno consegnarlo, unitamente col processicolo nell'espressata guisa fabricato. //f. 98v// E finalmente dopo la seguita carcerazione di uno, o più vagabondi della sola Classe de' semplici, e non già de viziosi, se vi sia alcuno che voglia prenderlo al suo servizio, comanda altresi l'E(ccellenza) S(ua) che a costui gli si desse in consegna, precedente una bastevole pleggeria, dovrà prestare agli atti del Maestro Notaro del Tribunale, o delle Corti locali, per doverlo riconsegnare in carcere, quando il vagabon-do anzidetto semplice cominci altra volta a traviare, e nausear la fattiga; manifestando l'E(ccellenza) S(ua) che il denaro sarà ritratto dal pagamento di somiglianti pleggerie, verrà impiegato a beneficio dell'indigenti del luogo del Regno, ed in questa Capitale sarà passato all'Albergo dei poveri. Riserbandosi S(ua) E(ccellenza) a dare per la via dell'istesso Tribunale le providenze per le Femmine oziose, che infingarde al travaglio vivono limosinando, vaganti per le strade di giorno, e di notte; e non altrimenti. Promulgetur P(ublicus) S(yndicus) P(anormi) U(rbis) Artale M(agister) R(ationalis) F(isci) P(atronus) Salerno Sind(icus) Die 27 Aprilis 12 Ind(ictionis) 1779 Ego D(on) Ippolitus de Franchis huius faelicis, et fidelissimae Urbis Panormi pu-blicus Praec(o), Bannum supraditum publicavi, per loca solita Publica et consueta, Tubis Regiis etc. Per la puntuale esecuzione dunque di tutto l'anzidetto, ordiniamo a tutte le Corti Capitaniali delle Città, e Terre del Regno, che facciano il sudetto Bando subito publicare ne' luoghi consueti delle loro rispettive Università, ed affissare nelle publiche Piazze per non potersi allegare ignoranza; e quindi curarne la puntuale esecuzione senza ammetter alcun pretesto; e dare al sudetto Bando contraria interpretazione, restando le accennate Corti Capitaniali responsabili di qualunque trasgressione, e sog-gette alla pena di onze 100 per ogni volta che si verificherà la menoma trasgressione, come altresi ad altre pene //f. 99r//benviste a S(ua) E(ccellenza), ed a questo suo Supremo Collaterale; E perché viene Corriero serio, lo spedirete nel termine di un'ora, facendogli pagare dalle rispettive vostre Università li soliti diritti a tenore della tassa, che seco porta firmata dall'Ill(ustrissimo) Luogotenente di Corriero Maggiore, e cosi eseguirete. Dat(um) Panormi die octava Junii 1779. 580 Vittoria CALABRO: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 Il Principe di Stigliano Colonna. V(idit) F(isci) P(atronus) V(idit) Perremuto. V(idit) Romeo. V(idit) Montalto. V(idit) Artale F(isci) P(atronus) M(agister) R(ationalis) J(uris) U(triusque) D(octor) D(on) Victorinus de Giorgio M(agister) N(otarius) Alle Corti Capitaniali di tutte le Citta, e Terre di questo Regno s'ordina d'eseguire puntualmente, quanto viene da S(ua) E(ccellenza) per via del Tribunale della Gran Corte Criminale disposto, in seguito di Real Ordine, rapporto allo scarto de' Vaga-bondi. BRANJENJE DRUŽBENEGA REDA IN INSTITUCIJ: UKREPI PROTI KLATEŠTVU IN BERAŠTVU V SICILSKEM KRALJESTVU Vittoria CALABRO Univerza v Messini, Oddelek za zgodovinski in primerjalni študij pravnih in političnih ureditev, IT-98122 Messina, Piazza XX Settembre 4 e-mail: vcalabro@unime.it POVZETEK Prispevek namerava opisati razvoj zakona, ki so ga med 18. in 19. stoletjem oblikovali na Siciliji, zato da bi omejili pojav, ki je bil zelo razširjen tako v državah pred združitvijo, kot v vsej Evropi, in sicer, klateštvo in beračenje. Obravnavana tematika je bila posebej priljubljena ne le zgodovinopisju in pravu (kjer se je kmalu spremenila v problem javne varnosti v kontekstu države 19. stoletja, ki je nameravala disciplinirati in zatreti vrsto novih vedenj, ki so vznemirjala novo meščansko ureditev), temveč tudi v italijanski in tuji literaturi (Hugo, Verga, De Roberto), ki je klatežem in nesrečnikom posvečala obširne in tenkočutne strani. Z odločitvijo, da začnemo pri delu I vicere Federica De Roberta, ki opisuje sici-lijansko realnost tik pred združitvijo, smo nameravali v nasprotni smeri zasledovati pot, katere začetna točka je reformatorska dejavnost, ki jo je na Siciliji, od osemdesetih let 18. stoletja dalje uvajal podkralj Domenico Caracciolo. Raziskava se začenja s predpisi Kraljevine Sicilije, ki so jih v tistih letih pripravili, zato da bi omejili omenjeni pojav, nato pa se razvija vse do analize analognih uredb, zajetih v Codice per lo Regno delle Due Sicilie, Parte seconda - Leggi penali, ali, Zakoniku Dveh Sicilij, Drugi del - Kazenski zakoni, ki ga je leta 1819 izdal Ferdinand I. Burbonski, prvi od ponovno postavljenih vladarjev znotraj držav pred 581 Vittoria CALABRÔ: IN DIFESA DELL'ORDINE SOCIALE E DELLE ISTITUZIONI ..., 565-584 združitvijo, ki so privzeli sistem uzakonjenih pravil, ter naposled izsledi celo naslednje ukrepe, zbrane v Collezione delle leggi e de' decreti reali del Regno delle Due Sicilie, ali Zbirka kraljevih zakonov in odlokov Kraljevine dveh Sicilij. Ključne besede: klateži, berači, Sicilsko kraljestvo FONTI E BIBLIOGRAFIA Capitula Regni Siciliae (1999): Testa, F. M. (ed.): Capitula Regni Siciliae quae ad hodiernum diem lata sunt edita cura ejusdem Regni deputatorum, 1741. Panormi, Angelus Felicella. Soveria Mannelli, Rubbettino. Carnot, J. F. C. (1836a): Commentaire sur le code pénal. Vol. I. Paris, Chez Neve, Libraire de la Cour de Cassation. Carnot, J. F. C. (1836b): Commentaire sur le code pénal. Vol. II. Paris, Chez Neve, Libraire de la Cour de Cassation. Codice penale (1889): Codice penale per il Regno d'Italia. 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