II. ANNO. Sabato 22 Maggio 1847. M 33 — 34. Di due preziose cassette d'avorio di opera romana conservate in Capodistria e Pirano. Al Stolto Reverendo don dio. de Spavento in CAPODISTRIA. L'allegrezza grandissima che ho provato vedendo conservata integra nella tomba del Santo Nazario la preziosissima custodia d'avorio nella quale si serbano sante reliquie, mi ha fatto distolto dal renderle quegli offici di grato animo che la gentilezza usatami, ben a ragione, esigeva. Riparo come posso in pubblica forma, perchè so che Vossignoria molto reverenda l'ascriverà soltanto a peccato veniale, quantunque io ne senta diversamente. In verità è accaduto a me quello che è avvenuto ad uomini meglio valenti; le cose che stanno più prossime sono meno cercate per quella benedetta lusinga che per le prossime ed ovvie il tempo sopravanza, per quella benedetta propensione che si ha talvolta più per le cose lontane che per le vicine. Ho venerato tante volte le reliquie del Santo protettore di Giustinopoli, ho baciato tante volte la tomba che le accoglie, nè mai m'è venuto desiderio di esaminare davvicino gli oggetti che vi si contengono, di vederli oltre che colla fede del divoto, colla curiosità dell' esploratore di patrie memorie. Pure questa religione, che è divina e non altro per 1' o-rigine e pei precetti, non può fare a meno di institu-zioni e di opere che sono degli uomini, e queste opere e queste instituzioni, indubbi testimoni delle vicende, guidano per le vie della storia e dell'arte a ravvicinare i tempi presenti agli antichi per modo che i deliri di chi volesse farsi dubitatore cedono a quel mirabile convincimento che nasce dalla storica certezza. Corrono più di quindici anni da che io ebbi copia delle passioni dei nostri santi martiri tergestini. Come sia venuto quest'apografo nelle mie mani, non mi sovvengo, sebbene di memoria tenace, tanto poco conto ne feci allora e poi. Non* dubitava dei fatti in esse narrati, ripetuti nelle lezioni che usa la chiesa, nelle tradizioni del popolo; ma era talmente prevenuto che quelle leggende fossero opera pietosa di narratore dei mezzi tempi, che mi parvero stoltezze quelle circostanze minime che vi si ripetono, mal pensati quelli offici, quelle titolature the si menzionano. Per quindici anni talmente ne- glessi quella carta, che contro volontà mi ritornò non è molto fra le mani, e gli occhi miei fatti più esperti delle cose profane antiche, videro in quelle lezioni tali criteri di autenticità, che li venero ora quali preziose testimonianze non meno della nostra storia sacra che della profana; e lo studio delle cose profane mi condusse senza volerlo ad aggiungere la convinzione dell'animo alla persuasione della fede. Lo studio delle antichità cristiane giova moltissimo a conoscere le instituzioni, le pratiche di chiesa, la stessa chiesa cattolica ha le sue antichità, le quali, dai buoni credenti non possono nè sorpassarsi, nè tenersi in noncuranza, o riguardarsi inutili. Io, istriano di patria e di affetto, non su altro libro leggo che su questa patria carissima, e nei monumenti suoi e presenti e passali mi sforzo di trarre quella dottrina che l'esperienza di secoli ha consacrato; coi soli monumenti della provincia io mi farò a ragionarle di quella custodia che ho ammirato in Capodistria. Gli atti sinceri dei nostri santi triestini (e così mi fosse dato di avere quelli di santi delle altre città comprovinciali) ci avvertono come i sacri corpi dei martiri venissero con grandissima cura raccolti, e profumati di aromi, involti in lini puliti e preziosi, si deponessero nelle tombe, con grandissima religione usando quelle pratiche di onorificenza che l'universalità usava con distinti personaggi. Allorquando si scoperse in Trieste la necropoli dei Ss. Martiri mi fu dato di vedere assai tombe e celle mortuarie decorate con quel maggior lusso che si sapeva, e le stesse forme, le stesse decorazioni usate dai gentili egualmente che dai cristiani. Così nella costruzione delle sacre basiliche si imitarono gli antichi edifizi destinati a radunanze per pronunciare giustizia; così nella costruzione di sacelli per custodire gli avanzi di santi martiri e confessori si imitarono le celle mortuarie in dimensioni maggiori; così nella costruzione di scuroli o confessioni o cripte si i-mitarono le catacombe; così nella costruzione di battisteri si imitarono i bagni; nè di rado avvenne che edifizi costrutti ad uso profano o pagano si destinassero con migliore intendimento al culto del vero Dio. Ned era punto irragionevole il consacrare alla religione quel meglio che le arti edificatorie, le arti raffigurataci sapevano produrre, ned era questo omaggio disdicentc. I tempi delle persecuzioni fino alla pace data da Costantino alla chiesa nel 313 furono tempi nei quali la pubblica prosperità dei comuni e degli individui, comunque sempre più decadente, non era bassa; ma appunto quando il culto cristiano divenne pubblico, 1' agiatezza andò scemando assai, le arti, la coltura decaddero, e la religione che doveva farle rivivere più tardi, appena poteva opporre argine a totale dcjezione, conservando nei riti, nelle forme, i testimoni dell'antica civiltà. Non fu raro allora di vedere impiegati negli edifizi sacri materiali tratti da edifizi profani, ed il culto consacrare talmente antichi apparati ed utensili da sorpassare del tutto gli emblemi, le raffigurazioni del paganesimo che vedevansi incisi sopra. Così in Pola vidi adoperarsi per vaso di acqua lustrale umetta di marmo pregevole con sopra donne sculte in attitudini ben altro che composte od adatte a suscitare pensieri cristiani, se alle figurazioni si fosse posto mente; così in provincia ed altrove vidi cose pagane applicate ad uso cristiano, conservando gli emblemi medesimi ai quali si diede più santa, più vera spiegazione, od i quali servirono a segnare il trionfo della religione. Sulla sommità del duomo di Trieste v' aveva fino a' tempi assai vicini, una cuspide in pietra lavorata sormontata dalla croce; e sulla pietra veggonsi ancora incisi gli emblemi delle tre divinità capitoline, quasi trionfo del vero culto sul bugiardo. E ben mi sovvengo che nella ducale di S. Marco in Venezia vi ha tazza e piedestallo di marmi preziosi per uso di vaso d' acqua lustrale; e le sculture bellissime fanno chiaro come servisse in origine in tempio pagano. E coinè di cose più massiccie così fecesi uso di utensili minori di pregiato lavoro o di ricca materia per custodirvi oggetti di speciale culto; cassetline, p. e., di avorio che noi oggidì chiameremmo chatoul; cassettine di legno foderate di lamine, munite di serratura. Una di queste aveva veduta nell'archivio capitolare di Cividale, che è l'aquileiese, serbata con grande gelosia, ed a ragione, perchè le figure sono frequenti, tra le quali anche equestri. Ignoto m'era il modo pel quale la cassettina fosse passata nell'Archivio Civitatense fra tante altre insigni antichità, e poteva soltanto sospettare che provenisse da qualche chiesa; non però l'uso al quale fosse destinata nel rito cattolico, le figure affatto profane che vi si veggono non persuadendo gran fatto che in origine fosse per uso cristiano. In Pirano ebbi appena ad apprenderlo. Ella sa meglio di me come quel duomo fosse in più volte rifatto in tempi anche più lontani da noi, nel secolo XIII, cioè tra le altre volte; come di questo edifizio del secolo XIII si conservi nel duomo di Pirano prezioso modello in legno, e come la chiesa del secolo XIII venisse rifalla nel sito della preesistente, ponendone a profitto diverse parli. Nella nuova chiesa si fecero più altari, chè i tempi ne concedevano già la moltiplicazione in un solo tempio; tra questi anche l'altare di S. Caterina, conservato anche nella chiesa moderna. Disfacendosi questo altare, fu nel 1592 rinvenuta cassettina con entro reliquie di santi, la quale tratta dall' aliare fu depositata nella sacristia ove tuttora si conserva. Non io le dirò come i primi altari dei cristiani fossero le tombe dei martiri, come spesso prime chiese fossero le catacombe, e come tutto giorno gli altari conservino la forma di tombe, e sepolcro dicasi quel ripo-sitorio di sacre reliquie anche in quegli altari che non sono formati da vere tombe; nè le dirò come nelle cat- tedrali si costruissero di frequente cripte,_ siccome era in Capodistria, ed è tuttora in Cittanova. E naturale che quelle chiese le quali non ebbero propri santi, e propri martiri, e non potevano trarne d'altrove santi corpi integri coli' arca che li racchiudeva, siccome li ebbero Rovigno, Pedena, Parenzo, dovessero accontentarsi di minori reliquie, e queste riponessero in preziose custodie a dimostrazione di onorificenza e di culto; sia poi che si deponessero queste custodie isolate in qualche tomba che serviva da mensa di altare, o che più custodie si tenessero insieme in un solo repositorio. La custodia che potei vedere in Pirano contiene senza dubitazione reliquie di santi, e solenne memoria se ne fa su cedola sovrapposta, e più che questa fa a me fede 1' attestazione di monsignor Pedronzani, alla di cui paziente gentilezza devo 1' opportunità di averla veduta. È questa custodia lunga undici oncie e mezza misura viennese, alta cinque, larga sei ed un quarto, rivestita di piastre d'avorio; una delle piastre maggiori fu tolta, e sembra a me, se gli indizi non mi illudono, che fu tolta da non molti anni. Cinque sono le facciate che erano, ed in parte sono, coperte da avorio, in una delle facciate minori era applicata la serratura. Ogni facciata ha in giro una fascia a linee rette parallele con minuti intagli come di teste di chiodi e di rosette; in mezzo alla fascia rosettoni a simmetria chiusi da cerchio; negli interstizi là dove i cerchi toccantisi s'allargano, altro fogliame simmetrico. Nello specchio superiore si veggono intagliate a rilievo scene mitiche, una tigre, cane che precipita dall'alto, asino con orecchie e corna di cervo tenuto da un genietto che ha le ali. In altro degli specchi maggiori vedesi uomo che suona il flauto, centauro che bacia, stringendola in modo sconcio, donna cui cade la veste e tiene fiaccola nelle mani; donna pressoché nuda danzante con modi grotteschi; uomo pressoché nudo alato che balla suonandola zampogna; donna con fiaccole in ambe le mani in atto di saltazione; uomo barbuto alato, pressoché nudo, con cetra. Sopra uno degli specchi minori, in quello appunto ove è la serratura, donna nuda stesa sopra cavallo marino; cavallo con testa umana barbata, che reca sulla groppa un putto. Sull'altro specchio minore il cavallo Pegaso alato che beve al fonie, donna con face ardente, simpulo. I soggetti rappresentati su questa custodia sono ben altro che cristiani; la preziosità del lavoro era sufficiente per determinare la semplicità di quei fedeli che primi ne fecero uso. Vossignoria ben comprende che se nel 1592 veniva tolta di sotto ad un' altare che fu collocato nel 1343, non è opera di questi tempi; ma il solo genere dell'intaglio, il soggetto rappresentato accerta che è lavoro di persone pagane, che è del I secolo di nostra èra, adoperato se non da quando fu aperta prima chiesa pubblica in Pirano, verosimilmente in quel secolo VI durante il quale sorsero il più degli edifizi sacri dell' Istria. Oh come al primo mirare- quella custodia preziosissima mi prese tristezza pensando come altre siffatte cassette erano state forse deposte in altre chiese, sotto altri altari, e che nel demolirsi di queste, passarono ad altro uso, in mani ignare del sommo loro pregio; come forse siffatte cassette passarono in mano di donne più ignare ancora, ed usate qualche tempo per custodia di collane o di pendenti, e venute per la lunga abitudine a noia, terminarono per le mani di ragazzi che ne fecero stolto trastullo! Oh come mi si rizzarono i cappelli pensando che altrettale destino ebbero forse le custodie di sacre cose deposte nella chiesa di S. Maria Formosa di Pola, da quel beato Massimiliano la di cui sedia tutta d'avorio, tutta ad intagli di sacri soggetti, si conserva tuttora in Ravenna quale oggetto di culto! Come mi si strinse F animo pensando che una sola di queste custodie poteva dare celebrità alla provincia, e porla in migliore estimazione di quello che non sia! Mi confortava il pensiero che forse la custodia di Pirano doveva considerarsi piuttosto come unico esempio, non forse da altre chiese imitato, come eccezione piuttosto che regola, per la quale non faceva autorità la custodia di Oividale, di cui ignorava il modo di passaggio in quell' archivio. Pure mi proponeva di farne anche altrove investigazione, e 1' avrei fatto, se mi fosse stato possibile; mi sovveniva di avere letto in non so quale caria istriana di chiesa vescovile, menzione di una capsula, e sebbene fosse questo indizio pressoché nullo, lo riguardava siccome filo di buon augurio. Non ho però riguardo a confessarle, che non mi attendeva di vederne una seconda in Capodistria, non già perchè io mi pensassi che i dotti, i quali illustrarono con tanto sapere quelle antichità, abbiano voluto dispensare i posteri dal fare altre ricerche ed altri studi, ed avessero dessi potuto vedere, e risapere tutto; ma perchè nelli rifacimenti di quel duomo nel secolo precedente, si pensò piuttosto a ridurre assai cose alla moderna anziché conservare le antiche testimonianze della preesistente basilica; novazioni che si compirono poi in questo secolo. Non le faccia quindi sorpresa, mio reverendo signore, se cercando altri oggetti non meno antichi, che sperava vedere chiusi nell' arca di Santo Na-zario, la vista inattesa della preziosa custodia, mi animasse a segno di non poter contenere le manifestazioni di sorpresa e di giubilo. Ecco la seconda, e non sarà, come spero, l'ultima; ecco novella prova come siffatti utensili pagani venissero usati nel culto cristiano. La custodia di Giustinopoli è simile alla piranense, egualmente lunga undici oncie e mezza, alta quattro e mezza, larga sei; lo stesso ornamento marginale a rosettoni; se non che le facciate maggiori sono ripartite a specchi; le rappresentazioni sono all' invece scene, come mi parve, di gladiatori. Le dico, come mi parve, perchè il tempo fu scarso, troppo assorto l'animo dalla sorpresa; mi parve vedere monomachie, pugnatori in atto di trionfo. Ella che ne ha l'agio, veda con più attenzione, e se non le è grave, me ne dia parte. Né v'era opportunità di verificare cosa si contenga in quella custodia, e se sia vero il sospetto che vi stieno reliquie minute di santi corpi, non reliquie di S. Nazario, bensì d' altri, che difatti sono separate dal recipiente nel quale stanno gli avanzi del Santo Patrono. Non le sarà discaro, reverendo signore, di udire da testimonio oculare la relazione del rinvenimento del sacro corpo del nostro martire e patrono S. Giusto nel 1624, e di ascoltare come fosse disposto il deposito, e vedrà come per onorare le sacre reliquie si facesse uso di cassetta di prezioso metallo sebbene maggiore per dimensioni delle due custodie di Capodistria e di Pirano. 11 narratore è Cristoforo de Ronomo, già prefetto d Mune sopra Pinguenle, marito di Marta Contessa di Co-benzl e perciò parente del Kissel Capitano di Trieste, al quale rivolge alcuni suoi versi, e che io le invio qualunque poi dessi sieno. Non si soffermi né sull' ortografia, né sulla lingua da lui usata, né sulle credenze che il vescovo Rodolfo Pedrazzani avesse trasportato nel 1304 il corpo di S. Giusto nella chiesa cattedrale, perche il Pedrazzani non fe' che unire l'antica basilica di S. Maria all' antico Sacello dei Ss. Giusto e Servolo, il quale ultimo fu alzato dal vescovo Frugifero nella prima metà del secolo VI; il Pedrazzani non fe'che consacrare la chiesa la quale veniva ad essere nuova nel suo complesso, ed in tale incontro riconsacrò gli altari, forse smossi nell'occasione di fabbricazione, o forse semplicemente visitati. "Fù fatto somerger in mare per la fede di Christo Dio, et Signore Nostro il Beatissimo Giusto, da Manatio Preside di Trieste Imperando Diocletiano il cui corpo spinto miracolosamente à Terra in un sito ouero scesa di mare uicina alla Città detta al presente Gromola (ancorché s'hauesse imaginato il tirano tutto il contrario per un grandissimo sasso che li fece apendere al colo) fù trouato da un Santo Sacerdote chiamato Sebastiano, à cui Dio in uisione haueua riuelato et da Lui, et d'altri Christiani per timor del Preside segretamente sepeli-to al lito uicino hauendo riposto pure il sasso col quale fù somerso. Et se ben non molt'anni dopoi la Città già tutta Christiana l'auesse de lì leuato, et repostolo come quei primi tempi portauano in locho più decente; et fosse stata destruta dal crudelissimo Attila Re dell i Huni non dimeno restò il Santo Corpo illeso, et securo dalle barbare ruine et fiame de Pagani, essendo stato forse (come si deue creder) dai sui compatriotti Cittadini nascosto con ogni debita diligenza, et sagacità. Fù poi da Ridolfo Pedrazano Cremonese, Vescouo di Trieste l'anno 1304 trasportalo nella Chiesa Cathedrale, et riposto nella Capella fattagli dai Triestini, et sotto il suo Altare con somma diligentia et se prima delle cui reliquie per l'antiquità di 300 et più anni, et per le doi prese, rapine, et sacchegiamenti della Città da Veneti, et per non trouarsi ne memoria ne nota alcuna non sapeuano ueramente li Tergestini doue si fussero. Mà trouandosi l'anno presente 1624 Imperando il Sacratissi-mo Imperatore Ferdinando 2." un non men dotissimo che di uita eseinplarissimo Padre Capuccino Bolognese Predicatore quadragesimale della Città furono più, et più uolte ammoniti, et con ogni Christiana Pietà esorlati li Giudici, et Rettori di essa a far un reliquiario condecente, et degno di tenervi dentro le molte reliquie che hauevano nella sacristia della Chiesa Cathedrale, et di ueder di trouar l'altre, che si giudicauano sotto l'Altari per riporle poi nel detto reliquiario, et saperne la certezza di qual Santo vi fussero; si risolsero li Rettori, et tutta la Città di acconsentire al loro buon Predicatore, et li 17 d'Aprile del presente anno 1624 (inspirati come piamente si deue creder dal S.) si posero con il consenso presencia, et asistenza dell'Ill.mo et Rev.mo Mons.r Rinaldo Scarlichio loro Vescouo, et Pastore, et delli M. R. Canonici, et Padri Capuccini, et Giesuiti à cercar le nascoste et da loro tanto desiderate reliquie, et hauendo nel loro primo coniinciamento trouate quelle del Martire Apollinare (uno de cinque Protetori) dentro all'Altare di S. Nicolo Vescovo contiguo, et uicino alla Capella, et Altare di S. Giusto fecero ancor da questo leuar la pietra, che lo copriua, et sopra la qual si ce-lebraua, et leuata ui trouarono in essa la consacratone, et reliquie poste dal Vescouo Ridolfo con una nota di carta, et sigillo Episcopale, mà non potendosi leger altro che '1 nome di Ridolfo essendo dall'antiquità le lettere corote, et guaste, et trouato l'Altare tutto ripieno di pietre benissimo amaltate se ben esteriormente era a-dornato di pietre di marmo, et paresse che dentro fusse concauo, et uoto si sbigotirono tutti dubitandosi di non trovar altro, mà più tosto di hauer notabil." errato in far sospetar la Città di non hauer il Corpo del suo Santo principal Protetore, et Gonfalonere, uolendo quasi aban-donar l'impresa; pur datosi un pocho di speranza fecero disfar 1' amaltato muro, ne trouandoui sotto se non semplice terra, et ben forte più che mai si sbigotirono, et già taciturnamente deliberauano di rifabricar il tutto leuata nondimeno parte di quel muro si scoperse un' altra gran pietra come se dalla natura fatta, et tentato se si fusse sentito uacuo alcuno, ne trouandovi altro, la fecero alzar alquanto, mà uedendo che non vi era parimente se non terra posta da banda 1' allegrezza che si ha-ueuano presa nel scoprimento della pietra tutti mutoli, et mezzi non si sapeuano che fare quando da Mislro Bor-tolomio Toppo muratore et d' altri leuata à caso ò per uolontà del Signore Iddio (che già uoleua ch'il suo Martire si ritrouasse) fù leuato un pugno di quella terra, et esaminandola benissimo scoprirono dentro conchiglie marine, et alcuni piccioli fragmenti d'ossa humane. Postra-te dunque da tutti le ginochie à terra resero gratie à Dio facendo accender diuersi lumi, et facendo certissimo giudicio dalla terra, dall'ossa, et dalle conchiglie che fusse di quella doue fù sepolto prima apresso al mare dal Sacerdote Sebastiano o d'altri Martiri. Onde fattala leuare, et ripor con ogni diligentia in diuerse Cassette tenendola per terra Sacra trouarono di nuovo un'altra pietra politamente lauorata del che uia più che mai allegri s'alTaticauan tutti di cercar se sotto ui fusse stato alcun uacuo, che trouato dal muratore di subito lo disse al Vescovo chiedendogli la manza, hauendo in oltre uisto dentro un' arca di Pietra, et alzata la lauorala fù poi da tutti uisla apresso alla quale hauendo ritrouato il grave sasso sbusato col quale fù il Martire sommerso di subito sepero la certezza che dentro ui fussero le sue reliquie; Onde inchinati, et cantata l'Antifona Corpora Sanctorum, et il Te Deum fecero con inestimabil allegrezza sonar le campane, et sbarar molti pezzi d'Arte-laria entrato poi il Vescouo, et il muratore et altri nel uacuo doue era l'Arca, et fattoli leuar il coperto piramidale che la copriua trouorono dentro una Cassetta di legno, mà tutta fracida et marza che ci uedeua in se una Cassetta di purissimo argento alla qual leuato dal Vescouo il coperto ui trouò dentro la testa, et altre ossa del Martire alle quali inclinatosi et con ogni debita riuerentia, et deuotione biacciate, l'adorò et sparse di lacrime l'istesso fecero l'altri religiosi, et Padri che ui furono presenti con li Giudici Rettori, et altri Citadini piangendo tutti d'allegrezza, et fatta alzar l'Arca di pietra fuori senza mouer quella d'argento, la portorono sopra l'Aitar di Santo Carlo iui uicino hauendo fatto aprir le porte della Chiesa, et lassato che l'popolo ui fosse uenuto à uenerar, riuerir, et pregar il suo Martire come da tutti con ogni riuerenza, et immenso gaudio ui fù fatto. L'istessa sera poi fecero di nouo riportar l'arca nel loco trouato doue con le reliquie dentro fù rise-pelita con l'istessa diligentia ordine, et fabrica di prima, sino ad altro ordine del reliquiario. "Per il che commosso da tanta commune allegrezza de suoi cari, et amati compatriotti uolse Christoforo ! Bonomi rapresentar ancor lui il suo gaudio con li uersi che seguono dedicandoli all'Ill.mo Sig. il Sig. Gioan Ja-como Kissel Conte del S. R. I. et di Cocceuia et di S. M. C. Intimo Cons." et supremo Cap. suo Sig. e Parente sempre Coll.ra° ^Martire auenturato Di nomi e d' opre Giusto, della mia Cara et anticha Patria Cittadino Che frà pene, e tormenti Fieri tirani hai uenti Del Ciel facendo acquisto, Vittima offerta in sacrilìtio à Christo Tu vivi glorioso Tu di celesti Heroi Spirto Diuino Ne di tant'anni mai scordanza ria N'oue uenisti meno Sommerse il nome tuo il mar nel seno. „Già s'hà scordato il Mondo Il Tirano crudel Diocletiano, Ne più di lui apena si fauella E 1' cener suo sepolto Da ogni memoria è tolto, Fatt'hà ancor dell'empio Manatio pur 1' obblio l'istesso esempio Ma il suo uiuer secondo Imuortalinente rifiorir farano Dei suoi conciui i pregi, e la nouella Tomba doue ripossa Il Santo corpo suo le sue Sant'ossa. „Felice ò gran Rinaldo Degno del Ciel ti scopra e ti dimostri Tanto Tesoro ascosto in pocha Terra Rettori auenturati Triestini fortunati Compagni tant' illustri Nelle fatiche e nel cercar industri Scenda dal Ciel Araldo Angelico eh' i degni merli uostri Bandisca in ogni clima E con applauso nomi Il Marentio, il Miritio e il mio Bonomi. „De' Precetti celesti Facondo messagier padre beato Sonora tromba dell'eterna uita Solo principio e fine Di quest' opre Diuine, Tu pria uedesli in Cielo E poi mostrasti in Terra il sant' auello, Col tuo dir tu facesti Cercar la nostra persa margarita Il nascosto Tesor da Dio à noi dato E col tuo pio pensiero Sperar facesti il disperato uero. „Dotta Città, gran Madre Di tanto Figlio al qual già mai in Atene Ne pur si uede la Città di Marte Lodar ben te ne puoi Di tanti parti tuoi Perch'à pena ben nati Del buon Giesù si fan ueri soldati E lasciando le squadre Del Mondo cercan sol hauerne parte Nel suo gran regno dell' eterno bene E in uil cella romita Si uan deslrando à gloriosa uita. „Flagel di Dio qual mai Ert'al tuo nome fu tempio o altare Per debellar Prouintic Imperij e Regni? Ruinasti Trieste, Altri Padoua ed Este Et con la Gallia, tutta Arse l'Italia, e fù da te distrutta Mà che! moristi ne hai Altro che di ruine horrendi segni E 1' ossa tue frà lor stano à penare Mà il martir nostro è stato Viuo e morto da ogn'un sempre adorato. ^Patria mia dolce e cara Che sì nobil tesor in terra ascondi Poiché di lui ne uai lieta, e gioiosa Ergili sino ai Dei Noui Archi, e mausolei E frà dorati troni Al Giusto tuo porgi i tuoi preghi e doni, Ne ti scordar mà impara D'insegnar à Nepoti la pietosa Historia del suo Santo: e si profondi Ogni nemico regno Che uolesse predarti per isdegno. „Mà tu eh' hora ti godi, Hostia purgata nel suo sangue, il Cielo Acetta questi eh' io di uiuo afTetto Preghi ti porgo ò Giusto Del mio Signor sì giusto Dal più intimo del core Con ogni uero e suiscerato amore Difendil dalle frodi E d'ogni insidia, e ogni ribel sospetto E come prego con diuoto zelo A te ti racomando Coi Figli, e con la Sposa, Ferdinando. „Bassi miei carmi humìli Statene alegri in pace Perchè lingua mordace Non morde carmi uili_. Non le rechi noia la poesia che le mando, la riguardi unicamente come prova che in Trieste non mancavano nel secolo XVI nè poeti, come si dice, nè buoni cristiani che le memorie dei propri santi avevano in venerazione; e ben possiamo perdonare questi versi a quegli che ci die sì precisa contezza del sepolcro di San Giusto, e della cassettina d' argento nella quale si custodivano le sue reliquie. Vengo a rilevare da altro stampato che questa cassetta d' argento era fornita di serratura appunto come quelle di Capodistria e di Pirano; forse non era per lavori meno preziosa di queste. Se questa lettera l'avrà annoiata, io la prego di prenderne soddisfazione nobile, siccome altrimenti ella non saprebbe; mi scriva su patri soggetti e mi tenga nelle sue buone grazie. Kandler. Ripartizione Austriaca dell'Istria nel 1818. Circondari. Distretti. Comuni. g H « M * ri ri H fi O ri e w ss di Pirano di Rovigno Funfenberg Dollina Matteria Pinguente Pinguente Draguch Capodistria Capodistria Muggia Pirano Pirano Isola Buje Buje Grisignana Umago Montona Montona Portole Visinada Rovigno Rovigno Parenzo Parenzo Orsera Cittanova Dignano Dignano Barbana S. Vincenti Pola Pola H g - M h O ri e « s Istriano Albona i Pisino /Bellai iLovrana Castua i Castelnovo Albona Fianona Pisino Gallignana Gemino Pedena Bogliuno Chersano Bersez Moschenizze Lovrana Castua Rucovaz Abbazia Castelnovo Lippa II. FEDE SPERANZA CARITÀ FORMAN CORONA IMMORTALE AL NUOVO E DILETTO PASTORE BARTOLOMEO E LA CHIESA GIUSTINOPOLITANA E IL POPOLO FEDELE "PER REVERENZA DELLE SOMME CHIAVI„ ALLELUIA ED OSANNA A DIO ONNIPOTENTE INTUONANO DIVOTI NEL Dì DEL SUO SOLENNE INGRESSO II MAGGIO MDCCCXLVII. Leviamo dall' Osservatore Triestino le seguenti inscrizioni dettate per onorare l'ingresso di Sua Signoria Illustrissima e Reverendissima Monsignor LEGAT, in quella città, affinchè facciano serie alle altre da noi pubblicate. I. SALVE OH BENEDETTO OHfcSOMMO OH PREDILETTO PASTORE BARTOLOMEO CHE VIENI NEL NOME DEL SIGNORE TE LA CHIESA VEDOVATA DELL'ANTICA GIUSTINOPOLI CHIAMA IL DESIDERATO PER TÉ DALL'ONNIPOTENTE INVOCA VITA LONGEVA DIUTURNA PROSPERITÀ II MAGGIO MDCCCXLVII. PIEGATE IL GINOCCHIO O GENTI ECCO IL PASTORE DESIDERATO VIENE PER LUI LUNGA VITA GLORIOSO PONTIFICATO DAL SOVRANO DEI CIELI INVOCATE DALLA SUA BOCCA CERCATE LA LEGGE PERCIOCCHÉ EGLI È L'ANGELO DEL SIGNOR DEGLI ESERCITI AL SUO VESCOVO BARTOLOMEO GIUSTINOPOLI ESULTANTE IL DÌ II MAGGIO MDCCCXLVII. IV. GRAZIE ED OSANNA A DIO O. M. IN QUESTO DÌ SOLENNE II MAGGIO MDCCCXLVII IN CUI LA CHIESA GIUSTINOPOLITANA RICEVE CON GIUBILO NEL SUO GREMBO IL DILETTO PASTORE BARTOLOMEO AL NUOVO ARONNE ALL' UNTO DEL SIGNORE OMAGGI E VOTI DI FEDE INVIOLABILE DI PERENNE FELICITÀ. Della Porpora Istriana. Non ritorneremo certo a piatire intorno al sito dell'antica Cissa; soggetto questo di molte ed opposte sentenze. — Dal ginepraio delle svariate opinioni riesci felicemente a dispastoiarsene il dotto giustinopolitano, per guisa che, puntellatosi a robusti documenti, ei convenne di stabilire con evidenza di salde ragioni nella l'unta Cissana detta Barbariga la Cissa d'Istria, epper-ciò stesso la nostra tintorìa di porpora ed il Collegio de' Porporari, di cui fu procuratore quel Quinto Caio Petronio, il quale era insieme Protettore della provincia : e tanto basta al fatto nostro, seppure non valeva a oltranza in tale argomento il sapere che Cissenses fue-runt populi Histriae. Però il Gravisi non sa darsi pace in leggendo più fiate, che Bapheum (sic) per totam fere Venetiam Histriam-que exercebatur-, riflettendo che in tutto l'estesissimo impero di occidente non più di nove contavansi le tintorie di porpora ed altrettanti i procuratori-, non poter egli quindi conceder il numero di cosiffatti opifici nella provincia di Venezia ed Istria maggiore che non fosse, nelle dovute grandi proporzioni, del rimanente impero occidentale. Ma noi, riverenti a tanto senno, come- il consente la nostra insufficienza, verremmo di ragionare, che la correzione alla notizia del tìafeo Cissense, per nostro giudizio, potrebbe stare a dovere, lorchè prendansi a considerare nel più vasto loro significato, le parole citate del Pancirolo. Ammesso un solo il collegio ed una la tintoria d'Istria, noi crederemmo, che tutta quasi la parte litorale della provincia vi tributasse o la pesca di conchiglie, ovvero la ricolta dell' erbe marine, oppure qui e quà si operasse di ambidue la lunga e difficile cottura: onde avviene di necessariamente argomentare, che diversi fossero gli uffici nella fabbrica di porpora, per cui differenti egualmente diventano le nominazioni del ministero ; così vorrà distinguersi il pescatore dei murici, da chi ne incettava 1' alga ed i fuchi marini, o vi usava la bollitura ; colui che adopravasi qual bafeo o tintore, dal porporaio propriamente detto, il quale noi pure stimiamo fosse il venditore della tinta porporina. In suffragio di tale una opinione cade in acconcio di ripetere, che abrogala la legge di Settimio Severo, l'altro imperatore Alessandro Severo diede facoltà a tutte le arti di costituirsi in collegio, ond' emergono peculiarmente i Murileguli, che diremo i pescatori del murice; i Liteones o tessitori. Gioverà di più a questo assunto il ricordare col codice Teodosiano "che Costantino del 337 bandì assoluta immunità da personali servitù e prestazioni sordide a trentacinque collegi» tra i quali riscontransi i Blnttiarii o tintori di seta in porpora; come gioverà eziandio ricordare con esso codice i Conchylegnti della legge di Valente a Leonzio console di Fenice. Per ultimo citeremo in prova sempre maggiore il l'urpurarius della iscrizione di Cissa, che l'indulgente lettore troverà forse oggi di meglio dicifrare, rapporto a questo ultimo ufficio, per non confonderlo con altri, come si fece in passalo. Nè su queste basi soltanto, sebbene di loro natura sufficienti a giustificare il presente ragionamento, stavano in bilico le nostre convinzioni, chè a più convalidarle ci occorse talvolta di osservare in qualche luogo a marina dell'Istria, in copia e come a strati o zone longitudinali entro terra ammucchiati e aderenti gli uni agli altri, i conchilli porporiferi candidi e aggheronati la maggior parte così da crederli quasi franti a bello studio. — Specialmente nell' investigare tra' ruderi intorno al dimesso e per due terzi fatalmente smantellato cenobio di San Bernardino a Pirano, o passando la strada che conduce a Buje, in vedervi nel riciso promontorio così grande quantità ivi ragunata di chiocciole, ne venne suggerita l'idea di un opificio della porpora, che là per avventura un tempo avesse esistito, filiale della fabbrica cissense; fatta ben anche a questo subbietto considerazione ai Murici, che qui con altri Testacei si pescano in buon dato; e col riferire ancora il pensiero agli antichi edifizi, di cui lungo lo spazzo della piaggia, veg-gonsi oggigiorno, nel porto intitolato da nostra Donna della Rosa, le molte traccie sott'acqua, a partire dal nominato promontorio (l'ultima pendice del quale, sotto al convento inverso di Ostro, chiudevasi di solide mura, a guarentirne gli abitacoli dall'urto del mare abbaruffato) insino alle saline di Fasano: tanto gli è vero che tutto non è perito, ma l'ingluvie del tempo ci risparmiò una ultima reliquia di remotissimi monumenti, pe' quali, sa Dio!, se per tutt'Istria ricercati e studiati, non giugne-remmo, forse più di quel che si crede, a qualche indizio de' nostri primi Egialei, per conoscere le origini vere delle colonie stanziatesi lunghesso le rive dell'Adriatico: origini, discorrendo delle nostre, che se traciche, sono poi sempre quali altravolta noi le abbiamo ritenute col consenso di scrittori antichi e moderni. Ma giacché per noi a molto agio potevasi esaminare ogni circostanza di questo promontorio, onde venire a capo di una possibile notizia in documento di così fatte deduzioni, nò una gleba si svolse, che non cercassimo di notomizzare, interrogando, a sì dire, i sassi medesimi, che là rigurgita il mare nelle sue convulsioni: forti del convincimenlo, che dovesse sortire alla luce, quando che fosse, una sigla, per afforzare i nostri pensamenti. — In corso di tali ricerche non ha molto intervenne, che nella svolta di San Bernardino, dove in precedenza vedemmo di molti Litostroti a tessello, le ondate invernali, logorando a ripa il terreno, discuo-prissero un sarcofago di pietra bianca istriana molto friabile, con entro le ossa naturalmente composte, sebbene, rottosi il coperchio, eh' era di doghe traversali di cotto, le macerie e la terra vi avessero empito il vano e tutto invadessero il parallelogrammo. II sarcofago sgraziatamente nulla conteneva che rivelasse il nome del defunto, o un'epoca, ovvero l'uffizio. La faccia del carcame volge.vasi a levante. Frustrata qualunque diligenza per riescire in ciò a qualche contezza, e levato senz' altro di nicchia il sarcofago, demolendovi ancora il muro, che ad iscaglioni ci stava sopposto, ne venne fatto di aprire come un pozzo di figura all' inlutto quadrata, che cacciavasi a perpendicolo sotterra, accerchiato di mura ed internato di finissima creta, mista a frantumi di embrici, di figulini a forme diverse e colle solite strie, di paropsidi e fiale, dianforette ed alberelli, di ciotole che siano ed utelli : — più sotto un pattume di cose combuste, la maggior parte Conchilli, legno carbonizzato, pinocchi, bricioli di vetro con principio opalizzante e di bella iridazione, non che qualche aguto di rame. Le cose rinvenute sono : manichi, estremità acuminate, bocche, coperchi di olle vinarie od olearie di mediane dimensioni, un' olla minore integra, frammenti di vasi vitrei, porzione di embrice sul quale a lettere di rilievo bollo non pria veduto in provincia wmwiiiiM Da tutte queste combinazioni, come dalle insinuate particolarità dobbiamo dedurne la naturale conseguenza, che vi esistesse colà un opificio preparatorio della porpora, sotlo qualunque denominazione de' Murileguli, Con-chileguli, Tessitori, Tintori e Porporari si voglia classificarlo, il quale, forse per morte dell' operaio, od in forza di autorevole comandamento, si è chiuso per sempre col seppellirvi gli arnesi di fabbrica nella stessa officina, che fu poi consacrata a perenne memoria in distendervi sopra le ossa di persona non istraniera alla fabbrica me- desima, se, come gli è lecito di sospettare, ivi soffri in quella vece ben lunghe veglie a raccogliere la celebre tinta porporina. Sarà poi dimostrato abbastanza che Bapheum per fotam fere Venetiam Histriamque exercebatur : nella quale sentenza concorse pure, come leggemmo nel MS. favoritoci, il signor Giorgio Rastelli, solerte ricercatore della perdutasi fabbrica della porpora, di cui M.r Turpin attribuisce la invenzione ad Ercole Melcatto di Tiro, che nel rimarcare la bocca di animale domestico macchiata del sangue d'un pesce marino, vi trasse o derivò la porpora, salita in appresso a sì alto pregio, da meritarsi che un imperatore romano dichiarasse reo di morte chi fosse ardito cotanto da vestirsi di essa; talché non poteva nè dovea risplendere che sugli omeri imperiali. Nazario Gallo. Osservazioni meteorologiche fatte in Parenzo all'altezza di i5 piedi austriaci sopra il livello del mare. Mese di April« 1845. Giorno dell' osservazione Ora dell' osservazione Termometro R Barometro Anemoscopio c- m o E E ° o- 1 Giorno dell'osser-1 vazione Ora dell'osservazione Termometro R Barometro Anemoscopio Stato del Cielo Gra.ì"-| cimi Pol-1 Li-lici 1 nee Decimi Gr» | D'-| rimi Pollici 1 Li- I De-nee {cimi 1 7 a. m. 2 p. ni. 10 „ j+il + 14 + 12 6 ? 27 27 27 7 7 7 0 4 4 Scirocco detto detto Sole e Nuvolo detto 16 Nuvolo 7 a. m. 2 p. m. 10 „ tll + 13 +12 0 5 0 27 27 27 7 7 7 6 3 3 Scirocco detto L. Scirocco Nuvolo detto detto 2 7 a. m. 2 p. ni. 10 „ + 11 tl2 + 13 0 3 0 27 27 27 8 7 6 0 2 2 L. Scirocco Scirocco 0. Scirocco Poca pioggia detta 17 Nuvolo 7 a. m. 2 p. m. 10 „ + 8 + 9 + 8 8 0 0 27 27 27 7 7 7 0 0 0 0. Garbin P. Garbin detto Poche gocce Nuvolo detto 3 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +11 +10 + 10 ? 27 27 27 7 6 6 0 8 8 0. Scirocco 0. Garbin detto Nuvolo Poche gocce 18 Nuvolo 7 a. m. 2 p. m. 10 „ + 7 + 9 + t 6 8 8 27 27 27 8 9 9 9 6 6 L. Scirocco 0. Garbin L. Scirocco Semisereno Sereno detto 4 7 a. m. 2 p. m. 10 „ + » + 10 t 8 5 0 3 27 27 27 7 8 9 3 0 5 P. Garbin II Nuvolo Tramontana Sole e Nuvolo 19 detta || Nuvoloso 7 a. m. 2 p. m. 10 „ + 9 + 11 + 9 0 0 2 27 27 27 10 10 10 2 0 0 Levante M. Tramont. Levante Sereno detto Nuvoloso 5 7 a. m. 2 p. in. 10 „ + ? 110 + 7 2 0 0 27 27 27 11 11 11 0 8 8 M. Tramont. detta Levante | Sole e Nuvolo Sereno 20 detto 7 a. m. 2 p. m. 10 „ + 9 +12 +10 8 j| 27 I 9 5 27 9 3 /j 27 j 9 4 II Calma 4 l| Tramontana 4 | Levante Nuvolo Poche gocce i Nuvolo 6 7 a. m. 2 p. ra. 10 „ + 8 tio + 8 8 2 8 27 27 27 11 9 9 3 8 2 Ostro detto Levante Sole e Nuvolo Nuvoloso 21 detto 7 a. m. I|tl0 2 p. m. +11 10 „ |it 9 0 8 0 27 27 27 9 9 9 0 0 0 Calma Ponente Levante Sole e Nuvolo Nuvoloso detto 7 7 a. m. 2 p. in. 10 „ t 8 0 +10, 5 + 81 7 27 27 27 9 9 9 2 2 2 Tramontana 0. Garbin Levante Sereno Semisereno 22 Sereno 7 a. m. 2 p. m. 10 „ + '0 + 11 + 10 4 2 4 27 27 27 9 9 9 0 4 4 Levante - Ostro Levante Nuvoloso Sole e Nuvolo Nuvoloso 8 7 a. m. 2 p. ni. 10 „ t 8 tu +10 5 4 2 27 27 27 9 9 9 2 2 2 Levante Ostro Levante Sereno detto . 23 detto 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +111 5 + 12 7 f 10j 8 27 27 27 10 10 10 0 || Calma 0 G. Garbin 0 || Levante Sole e Nuvolo detto Nuvoloso 9 7 a. ni. 2 p. ra. 10 „ tio 112 tio 0 7 8 27 27 27 8 8 9 6 li 0 Scirocco 0. Scirocco Levante Sole e Nuvolo detto 24 Sereno 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +U + 12 +11 8 7 2 27 27 27 10 IO 10 0 2 2 Levante Ostro L. Scirocco Semisereno detto Nuvoloso 10 7 a. m. 2 p. m. 10 „ tu 2 tl2 0 tll| 4 27 27 27 9 8 8 0 8 8 Tramontana detta Levante Sereno detto 25 detto 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +10 + 12 +11 4 | 27 10 8 | 27 j 10 0 il 27 j 10 2 8 8 Levante | 0. Garbili ! 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Scirocco Sole e Nuvolo detto Nuvolo 15 7 a. m. liflO 2 p. in. !f 13 10 „ 11+12 8 8 2 127 27 [27 9 8 7 0 0 7 Levante 0. Scirocco L. Scirocco Nuvolo Sole e Nuvolo 30 Nuvolo 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +12 tu +11 1 2 1 27 27 27 10 9 9 1 7 ? Scirocco ! detto detto Nuvolo Pioggia detta Gio. Andrea Zuliani.