OCENE / RECENSION! / REVIEWS, 361-371 kvalitetno delo, ki pomembno osvetljuje lik Cankarja, moža »nemirnega duha«, in ključne prelomnice slovenske polpretekle zgodovine. Gašper Mithans Francesco Leoncini (a cura di): ALEXANDER DUBCEK E JAN PALACH. PROTAGONISTI DELLA STORIA EUROPEA. Soveria Mannelli (Catanzaro), Rubbettino, 2009, pp. 409 Perno attorno a cui ruota il volume è la Primavera di Praga, l'esperimento di nuovo corso del socialismo tentato dal partito comunista in Cecoslovacchia, iniziato a partire dal 5 gennaio 1968 e durato fino al 20 agosto dello stesso anno, quando un corpo di spedizione dell'Unione Sovietica e dei suoi alleati del patto di Varsavia (ad eccezione della Romania) invase il Paese. Francesco Leoncini, uno tra i più auto-revoli interpreti in ambito internazionale della storia ceca, slovacca e dell'Europa centrale, vi raccoglie gli esiti scientifici di due tavole rotonde organizzate all'Università Ca' Foscari di Venezia nel 2002 (»Jan Palach e il sogno della libertà;« »1992: l'autunno di Praga e la scomparsa di Alexander Dubcek«). In tre differenti parti (»Presentazione«; »L'esperienza umana e civile di Jan Palach;« »Appendice«) sono raggruppati venti saggi di carattere filosofico, sociologico e storico-culturale firmati da autori cechi, italiani, sloveni e tedeschi. Nella tormentata vicenda del comunismo internazionale, la cosiddetta Primavera cecoslovacca del 1968 ha fatto segnare un punto di svolta decisivo. Per questa ragione, come rileva Leoncini nelle pagine introduttive, fissando l'asse attorno a cui ruota questa ben documentata pubblicazione, »Alexander Dubcek e Jan Palach non sono espressione di un Paese e di un sistema di governo ormai scomparsi ma protagonisti di una stagione che pone innumerevoli interrogativi alla coscienza e alla storiografia europee« (Leoncini, 2009, 7). Ed è proprio nell'attualità della loro lezione, negli spunti offerti dalla rivolta cecoslovacca, che fu una lezione di libertà e un momento di frattura in seno alla costellazione comunista, offrendo nel contempo per chi la seppe cogliere un'im-portante occasione di riflessione sulla necessità di un ritorno ai valori primigeni dell'idea socialista, che va ricercato uno dei motivi di maggior interesse di questo volume. Gli strascichi e i stravolgimenti che il progetto di costruire un »socialismo dal volto umano« lasciarono sono di varia natura, e non è certo questa la sede per elencarli tutti. A titolo esemplificativo, valgano i dibattiti che la parentesi cecoslovacca innescô in Europa (il caso del PCI viene approfondito dal contributo di 368 OCENE / RECENSIONI / REVIEWS, 361-371 Valerie Lomellini, 2009, 187-206; quello tedesco da Manfred Alexander, 2009, 127142; quello inglese da Angela Melito, 2009, 143-158; quello rumeno da Davide Zaffi, 2009, 159-186), oppure socialisti che, come nel caso di quello italiano, forse meglio di altri compresero la situazione dei dissidenti e del dissenso nei paesi del blocco sovietico. In Jugoslavia, la politica di Dubcek (che prevedeva anche elementi di autogestione tratti dal modello jugoslavo) era vista con favore, facendo di lui un potenziale alleato. Del resto, la Jugoslavia, l'Albania, la Romania e la Cina avevano iniziato anni prima a percorrere le loro »vie nazionali al socialismo.« Come spiega Leoncini, il concetto di visione »realistica« della politica, non di carattere partitico ma di impegno diretto nella societá, era ben presente tra i promotori della rivolta cecoslovacca. Per rispondere alle contraddizioni del contesto politico e sociale ad essi coevo costoro attinsero a piene mani alla tradizione politica di T. G. Masaryk risalente alla seconda metá del XIX secolo (Leoncini, 2009, 9-36). Ma non solo: come riferisce Borut Klabjan, l'esempio di Masaryk (critica al dogmatismo conservatore, difesa dell'ideale hussita di razionalismo democratico e di umanesimo proprio della Riforma ceca ed europea) rappresento molto di piu, la riscoperta delle tradizioni nazionali atta a raggiungere una propria via verso la piena realizzazione del socialismo (Klabjan, 2009, 121-126). Alla tradizione del pensiero ma-rxista occidentale e all'invito a com-prenderne a fondo la lezione teorica partendo dai suoi postulati originari, soprattutto alla luce della profonda crisi attuale del modello neoliberista, e dedicato il saggio firmato da Giuseppe Goisis (Goisis, 2009, 37-58). Attra-verso un'illuminante rassegna critica, l'autore mette bene in luce la parabola percorsa dal marxismo occidentale tra gli anni Venti (quando assunse la forma prevaricatrice del marxismo-leninismo) e gli anni Settanta del XX secolo, quando, come una sorta di »linea rossa, in corsa verso il nulla« (Goisis, 2009, 37), metafora efficacis-sima, fini per essere coinvolto nella sua crisi e nella sua disfatta finale, non da ultimo per non aver saputo »aderire [al contrario di Marx ed Engels] alle ALEXANDER DUBCEK JAN PALACH PROTAGONISTI DELLA STORIA EUROPEA A CURA DI FRANCESCO LEONCINI 369 OCENE / RECENSION! / REVIEWS, 361-371 novitá e alla complessificazione crescente della societá capitalista; ma via via, il marxismo ha perso la sfida della complessitá, e questa é la principale concausa della sua involuzione burocratica e della sua disfatta finale« (Goisis, 2009, 44). Una premessa, quest'ultima, indispensabile per poter capire la vicenda del movimento riformatore ceco-slovacco degli anni Sessanta, illustrata dal contributo di Trinidad Noguera Gracia (Noguera Gracia, 2009, 59-102). Mentre cresceva la protesta nazionalista degli slovacchi, alimentata anche dalla grave crisi economica, il regime conobbe un periodo di progressiva crisi, che si manifestó sin dai primi anni Sessanta spingendo la classe politica piu aperta a proporre un rinnovamento della struttura statale. La scelta di porre lo slovacco Alexander Dubcek alla guida del partito inauguró una fase di rapida liberalizzazione interna. Parteciparono al governo politici ed economisti che premevano per un'apertura verso il mercato, fu abolita la censura e riconosciuta la libertá di espressione. La Primavera di Praga purtroppo non tardó a suscitare i timori sovietici e fu schiacciata dall'intervento armato voluto da Breznev: le truppe del patto di Varsavia, dopo aver invaso il territorio cecoslovacco, costrinsero il regime all'espulsione di Dubcek dal partito e a un processo di normalizzazione forzata sotto la guida di Gustav Husák. Al di lá della ricostruzione evenemenziale dell'esperienza cecoslovacca e della struttura politico-ideologica che le dava sostanza, il lettore rimane particolarmente colpito dall'esperienza umana e civile di Jan Palach, qui ricostruita attraverso una serie di preziose testimonianze. Lo studente della Facoltá di Filosofia dell'Universitá Carlo, datosi fuoco il 16 gennaio 1969 e deceduto poco dopo, per incitare il popolo con il suo gesto ad una resistenza attiva di fronte al processo di »normalizzazione« imposto da Mosca e avallato dalla nuova dirigenza cecoslovacca. Un gesto estremo, di un idealismo estremo che, come ebbe a commentare Pier Paolo Pasolini in un articolo del 1969: »Dimostra [...] a quale grado di idealismo possa giungere un giovane comunista, nato e cresciuto in un mondo comunista« (Dierna, 2009, 302). Le parole di Pasolini trovano piena con-ferma nella testimonianza di Jaroslava Moserová, il medico che assistette Palach, al reparto Ustionati della Clinica Universitaria di Praga: »Quando venne ricoverato al Reparto Ustionati di Praga riusciva ancora a parlare. Sapeva che stava per morire e tutto ció che voleva era che la gente capisse il motivo di quel gesto« (Moserová, 2009, 352). In realtá, l'opinione pubblica raccolse il suo messaggio, ma ciononostante il ricordo di Palach dopo un'iniziale risposta entusiastica precipitó in una lenta ed inesorabile rimozione dall'immaginario collettivo: Giuseppe Diurna esamina ad esempio i testi letterari e paraletterari, tutta una serie di poesie dilettantesche, che uscirono nei giorni immediatamente successivi al suicidio, giungendo a conclusioni particolarmente interessanti su quella che egli chiama l'»(im)persistenza del ricordo.« Con questo termine, volutamente ambiguo, Diurna esamina il rapido processo di mitizzazione e l'altrettanto repentina rimozione cui andarono incontro i due principali protagonisti della Primavera di Praga. Egli osserva come a distanza di ormai 370 OCENE / RECENSION! / REVIEWS, 361-371 quarant'anni le due importanti figure di Dubcek e Palach, a loro modo scomparse completamente dalla vita attuale della Cecoslovacchia, della Repubblica ceca, poi postcomunista, siano diventate simboli svuotati della loro realtá effettiva (Dierna, 2009, 281-330). Conseguenza, potremmo credere, del fraintendimento che é stato operato tra i loro percorsi politico-esistenziali e il messaggio politico di cui i due furono portatori, che ha finito con l'assorbirne del tutto l'individualitá in una dimensione atemporale e mitica. L'accostamento allegorico ad Alexander Dubcek del personaggio di Pinocchio, protagonista del capolavoro letterario per l'infanzia dello scrittore italiano Carlo Collodi (tradotto e in lingua ceca e slovacca in ben sei edizioni nel 1929, 1940, 1941, 1948, 1962, 1966) é forse una delle metafore piu eloquenti usate per descrivere il destino del politico slovacco. Come spiega Giuliana Limiti, in uno dei contributi che compongono l'Appendice, »cosi come un pezzo di legno modellato da Geppetto si trasforma da burattino in bambino, il personaggio allegorico é il burocrate, modellato dal Partito, che, con il commercio della vita, comincia a sciogliersi, a umanizzarsi, ad avere sentimenti e pensieri autonomi. Da burocrate di legno ad uomo« (Limiti, 2009, 392). In conclusione, il volume rappresenta numerosi spunti di lettura, ne abbiamo proposti solo alcuni. Segnaliamo come particolarmente degno di nota l'approccio biografico di cui si sono ampiamente serviti gli autori nel tratteggiare le figure dei principali attori della Primavera di Praga. Forse proprio iniziando a guardare in profonditá dentro il passato (comunista), attraverso le esperienze individuali degli attori che lo hanno animato, ma anche di quanti dal basso lo hanno supportato e legittimato, che la storiografia europea potrebbe intraprendere nuovi e ancor piu proficui percorsi di ricerca. Monica Rebeschini 371