anno xxiii. Capodistria, 1 Gennaio 1889. N. 1. LA PROVINCIA ir 19 f U Vv "CI v;. DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-irimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Il sentimento nazionale degl' Istriani studiato nella storia1) Ed ecco nuovo pericolo: i Serbi e i Crobati. Ma questi, se si estesero secondo il noto passo di Porfirogenito, dalla Cettina infino sopra Albona, non poterono penetrare nell'Istria propriamente detta. Giovi citare le prime parole (lei testo: A Zentina aulem furio Crobcitia incipit, extenditurque versus mare «"«- monUntu ; aiiquateni's etiam super Istriae !The-ma e.reumi. Cost. Porph. Cap. XXX. De adm. Imp.) Fondandosi su questo brano dell'antico scrittore i Croati alzano oggi le strida, e tentano opporsi il sentimento nazionale degl' Istriani. Ma col lume Iella ragione e della critica, studiando queste parole, ì>en altre conclusioni se ne deducono. Sta bene, ai empi d'Eraclio, approffittando della debolezza del-'Impero, i Crobati si fecero cedere la Dalmazia, già ;aduta in mano degli Avari e dei Slavo-Vendi. Por-ìrogenito che scrisse poi intorno al 900. dice a chiare >arole che il loro regno si estendeva fino ai confini eli' Istria, sopra Albona, verso i monti. Dunque è hiaro come il sole, che dal regno crobato rima-leva esclusa l'Istria, ed esclusa pure Albona col suo erri torio sui monti. 2) Ma io voglio anche concedere per un' assurda potesi che tutta 1' Istria sia stata occupata dai Cromati; e. che perciò? Se ad una invasione barbarica a resistito 1' elemento civile di un paese, se la po- \- ') Continuazione vedi numero 21, 22, 23, 24. 2) L'Arsa non è nominata di fatti da Porfirogenito; ma il 'hema, il Tarsia l'attuale Fiumera. Ed anche qui giovi ram-ientare che Albona fu sempre compresa nell'Istria romana; Arsia era detto confine solo in via di prossimità. Vedi T. Lugani — «Albona» pag. 17. polazione primitiva non si è lasciata asssimilare, avranno diritto gli antichi invasori di ritenere proprio il paese da loro conquistato e non ritenuto ? E forse tedesca la Lombardia, perchè per duecento anni tenuta dai Longobardi? E erula, è gotica, è greca 1' Italia? Vegga chi ha fior di senno che valore abbiano queste pretese rivendicazioni crobate. Ma lo ripeto, questa è un ipotesi assurda. E provato da irrefragabili documenti storici che l'Istria non fece mai parte del regna croato, e che la invasione dei serbi-croati si arrestò ai confini della provincia. «Quando Ea-cìiu imperatore cedette' ai Crobati la Dalmazia, conchiude il De Franceschi, la diede entro a' suoi confini che anche dai barbari solevano essere rispettati. Essendo il Tarsia anche oggidi, e ben da settecento anni lo stabile confine del regno dei Croati, si deve dedurre che lo fu anche ai tempi di Porfirogenito, e che mai essi si siano estesi al di qua del medesimo»1). Ma io mi trattengo forse troppo in queste disquisizioni trattando l'ombre come oosa salda. E per vero ci sono ben altri documenti ai quali forza è ceda anche il più ostinato e cieco fanatismo. Se l'latria potò sfuggire infatti la dominazione serbocroata. non cosi la longobardica. Rimasta, come vedemmo, dipendente da Costantinopoli, fu conquistata dai Longobardi nel 753; e dopo un'alternativa di trattati, di cessioni e di retrocessioni, dice il Kan-dler, non ancor bene definite, rimase stabilmente a Carlo Magno nel 789. Così il paese nostro, soggetto al 'dominio dei duchi, fu riunito al regno d'Italia; così gli avvenimenti, le instituzioni ci staccavano dall' impero d' oriente, proprio in quel punto che, perduto il concetto della romanità, lasciava risorgere in occidente il nuovo imperio romano : circostanza degna di nota, avvenimento conforme allo sviluppo del sen- \ timento nostro nazionale; anche allora per naturale forza delle cose gì' Istriani rimanevano italici. Ma quale confusione! quali strani avvenimenti, e quali barbare instituzioni ! Proprio allora che il nome di Roma pareva dovesse far risorgere 1' antica grandezza dell'Impero, cessa per noi istriani la romanità ; e gli antichi ordini municipali, sempre vivi nell' Istria, vengono stretti, vincolati dalla gran piovra del feudalismo, che co' suoi cento tentacoli gli minaccia di soffocazione. Quale disinganno, e che dolore in tante menti ancora elette del paese; in que' consoli ipati, locopositi, vescovi, eletti dai voti di liberi cittadini, ignari dei barbarici ordinamenti! Alle libere instituzioni erano assuefatti da secoli ; le forme feudali, le angherie, i soprusi riuscivano loro insopportabili; 1' imperio romano risuscitato ben era barbaro, e di romano non aveva che il nome. Occorreva una solenne protesta ; era necessario di alzare alto un grido contro le innovazioni barbariche, e 1' occasione non si fece a lungo aspettare. Carlo Magno, come è noto, faceva visitare le Provincie dai Missi dominici, i quali nei Campi di Maggio ascoltavano le querele delle popolazioni, e tenevano ragione. A tale effetto radunò nel 804 i vescovi, nostri, ed i rappresentanti delle città e dei castelli sotto la presidenza di Izzone prete e dei Conti Cadolao ed Izzone, nell' ampia' valle dove il RhsÙ^o dechina al mare presso Capodistria. Commovente e magnifico spettacolo fu quello per vero ; e degno il luogo a radunarvi il fiore della provincia! A settentrione le brulle prealpi della Vena, a levante ed a mezzogiorno i verdi colli vestiti di vigne e di oliveti, che via via degradando scendono al bacio delle ultime acque dell' Adriatico che quivi s'insena quasi placido lago; a ponente il tremolare della marina, e 1' antico scoglio su cui nereggia Giustinopoli ; il Risano placido fiume serpeggia tra i freschi prati, lambe la bella collina di Ancarano, e via via si perde sotto i monti di Oltra nel mare.1) I vessilli delle città e dei castelli sventolano agitati dall' aure di Maggio, s'alzano i sacri gonfaloni delle chiese. Invitati i nostri ad esporre le loro lagnanze contro il reggimento del Duca Giovanni, non portarono barbazzale per nessuno. — Il Patriai'ca ed i Vescovi non si tengono alle consuetudini; i loro famigliari commettono prepotenze e violenze fino a battere ed a ferire. Maggiori i lamenti contro il Duca. Nuova cosa in provincia i soprusi e le angherie feudali; tolti gli antichi ordinamenti politici, sottoposti i comuni a lui a' suoi figli, alle sue figlie ed al genero suo. Tolte le selve alla città, imposto al comune il dovere di fornire il fodero, gli alimenti cioè per le persone ed i cavalli del Duca ; angariate le popolazioni, obbligate a lavo -rare nelle vigne di lui, di fare la calce, di costruire casoni, di alimentare cani per la caccia, e così via via; una vera recriminazione contro il sistema feudale, cosa nuova nel 800 in Istria, non mai usata sotto il governo dei Greci, sistema di cui gì' Istriani rigettavano tutta la colpa al Duca, non potendo cadere loro in mente neppure che tale fosse il volere del magnanimo imperatore, nella di cui persona si era ristabilito l'Impero romano, e che tale fosse il nuovo sistema di governo. Tribunatos nobis abstulit, liberos homines non nos habere permitit . . . Fodere numquam dedimus, in curie numquam laboravimus, vineas numquam laboravimus, calcarias numquam fecimus, casas numquam edificarimus, tegoria numquam fecimus, canes numquam pavimus. Così nel Placito sulle querimonie dell' Istria, dal codice della Marciana di Venezia e dell'Archivio di Vienna1) E un insigne documento di romanità, e di vita municipale istriana nel secolo nono: forse una delle più compiute ed italiche proteste del jus romano contro il feudalismo in Italia. E ciò in paese poco conosciuto e studiato in Italia; in paese a cui un avanzo d'italianità si concede per grazia da alcuni, e che dagli Ultimi venuti si ritiene assolutamente pw i+ktw. Ma( ciò non è tutto ; or viene 1' accusa maggiore. Il Duca ha trasportato, gridarono gì' Istriani, Slavi pagani sulle nostre terre, tolte ai comuni e alle chiese; essi arano i nostri campi, e i nostri ronchi, falciano i nostri prati, pascolano sui nostri pascoli. Il popolo è obbligato a pagare a questi Slavi pagani le decime che prima spettavano alle chiese, sono queste le innovazioni del Duca Giovanni a suaj rovina e in nostra perdizione. «Insuper Sclavos superi terras nostras posuit, ipsi arant nostras terras, et nostras runcoras, segant nostras pradas, pascunt nostra pasqua. Papa Gregorio in un momento di malumore pensando a tutte le guerre e le liti suscitate dall'avarizia, scrisse il mio e tuo essere fredde parole, — meum ac tuum frigidum verbum. — Ma lo stesse Papa, già in pensieri per la barbarie slava, come d; sopra si è veduto, certo, se avesse potuto preveder^ avrebbe benedetto alla generosa protesta; e concess< per di più indulgenza di cento anni e cento giorni alla formula nostros e nostras dei coraggiosi Istriani de secolo nono, sostenitori del diritto romano e difensor del sentimento nazionale contro l'irrompente barbarie Nostri campi, nostri prati! L' anno capito il la tino i Croati? Fuori i vostri documenti; non più chiacchiere, fatti e documenti ci vogliono. Nell'Istria, prima del nono secolo, gli Slavi non hanno mai posto stabile sede; ci vennero col sistema feudale; e in seguito alle unanimi proteste degl' Istriani furono dal Duca stesso Giovanni, dopo il Placito di Risano, relegati nelle parti montuose e deserte della provincia. Ecco infatti la calata di scudi del Duca, come dal documento sul Placito di Risano. — «Poiché vi lagnate degli Slavi, disse il Duca, andiamo sulle terre dove risiedono, e vediamo dove possono rimanere senza vostro danno; se poi vi recano danno nei campi, nei boschi, nei ronchi o in qualunque altro luogo, cacciamoli, dice proprio così, (acciainoli fuori. De Sclavis autem unde dicitis accedamus super ipsas terras ubi resideant et videamus ubi sine vestra damnietate valeant residere, resideant: ubi vero ali-quam damnietatem faciut, sive de agris, sive de silvis, vel roncora, vel ubicumquem, nos eos eijcia-mus foras. Si vobis placet, ut eos mittamus in lalia deserta loca, ubi sine vestro damno valeant commo-nere, faciant utilitatem in publico sicut et coeteros populos.» E così fu. Erano questi, giovi notarlo, i discendenti dei barbari Slavo-Vendi, trattenuti come abbiamo veduto, ai confini della provincia dai romanici, o ci-ribiri. «Cotesti intrusi stranieri, forti dell'appoggio del governo, ostili per barbarie, diversità di schiatta, linguaggio e religione agli indigeni, conchiude il De Franceschi, non si tenevano tranquilli e contenti nelle terre ove furono insediati, ma facevano ruberie ed altri danni continui sulle possessioni degl' Istriani, come avveniva novecento anni più tardi ad opera dei Morlacchi, trasportati in Istria dai principi veneti ed austriaci (').» Relegati dal Duca Giovanni nei deserti, un po' alla volta si estesero poi sui campi istriani. Intanto è opportuno rilevare come il documento sopraccitato sia in ogni parte latino senza alcuna traccia di Slavismo. 11 patriarca di Grado Fortunato (era triestino) reca nome latino ; così i cinque vescovi sottoscritti : Theodorus, Stauratius, Stephanus, Leo, Laurentius, sono nomi o greci o latini. I missi dominici invece, come è naturale, Izzone e Cadolao, fanno sentire la radice barbarica nel nome, non slavo però, ma franco o longobardico. Il nome stesso del luogo dove si tenne il placito è pretto latino : Riziano, è nome romano, scrive il Kandler, e colonico di fondo lato, derivato da gente che prima ne fu investita, e che potrebbe essere Arisian od Arician. Gli slavi sognano di non so che voce slava significante pianura: la breve valle, spesso allagata dal fiume non merita tale nome. Quello è certo si è che anche oggi tutti i luoghi intorno a Risano, conservano nomi romani, nessuno slavo (') I filoioghi slavi facciano pure loro indovinelli e sciarade linguistiche, come a proposito della vicina Villa Decani, così chiamata, perchè appartenente a nobile famiglia — Decani — e da loro puerilmente tradotto in villa dei cani — Pasjavas. Il lettore, nuovo alle storie istriane, desidererà sapere quale scopo pratico abbiano avuto le proteste degl'Istriani. Il Duca Giovanni, attenutosi alla massima sempre famosa di Guido da Montefeltro «Lunga promessa con l'attender corto» fece ampie scuse e promesse di miglior governo, ma poi le cose tornarono nello statu quo, e gl'Istriani dovettero persuadersi che il feudalismo era proprio un' istituzione del nuovo impero romano. Non tutti però ; nelle città al mare specialmente troppo viva e antica era l'istituzione municipale romana; si aggiunga che alcune città, come Capodistria, e forse qualche altra, non furono mai soggette ai Franchi, e riconoscendo l'alta signoria di Costantinopoli, o pagando tributo alla vicina sorgente Venezia, conservarono la loro libertà. Degli Slavi poi già si è detto di sopra. Cacciati in luoghi deserti, un po' alla volta, approfittando di occasioni fatali alla provincia, e per loro propizie, si estesero nei luoghi coltivati. Nelle città e nelle borgate mai. Fenomeno singolare questo e che dimostra la tenacità del sentimento nazionale, la forza della civiltà in lotta con la barbarie. In molte altre parti d Italia vediamo in questi tempi il Germanismo a contatto con l'elemento latino; germani e latini si assimilano, e ne sorge un popolo nuovo pieghevole insieme e forte, fantastico e riflessivo, bello della bellezza molle a un tempo e maestosa che brilla nel sangue lombardo. E ciò avvenne perchè i primi invasori barbari di razza germanica, una volta stabiliti in Italia, sentirono l'influenza del clima e si lasciarono vincere dalle grandi memorie di Roma. Teodorico era un barbaro, ma voleva educati alla romana i suoi; tra gli stessi Longobardi, così feroci secondo il Manzoni e restii alla civiltà latina, ci fu una donna, Teodolinda, che lasciò un nome benedetto nella storia e nelle leggende. Sul vecchio tronco latino l'innesto fece ottima prova. I nomi de' più illustri uomini italici dell'evo medio, accusano la radice germanica: così Papa Ildebrando a Roma, l'arcivescovo Ariberto a Milano; lo stesso Allighieri, se in parte deriva da pianta in cui rivive la semente santa romana, accusa nel cognome la derivazione germanica. Non con ciò intendiamo di sognare collo Schneller isole ed isolani germanici in Italia, e di ritenere col Gervinus glorie teutoniche le glorie italiane : diamo semplicemente a ognuno il suo; senza il buon terreno, senza il forte tronco a nulla avrebbe giovato l'innesto. Ed anche si deve rammentare che in molte altre parti d'Italia, a Venezia per esempio, erede della romana grandezza, senza alcun contatto germanico sorse un popolo forte : tanto era sempre 'ferace l'antico albero aggavignato al terreno italiano. Dunque tra Latini e Germani fu possibile l'assimilazione, non così tra Latini e Slavi nelT Istria e in nessuna altra parte d'Italia. E perche ? La ragione è chiara. Gli Slavi dell'evo medio sono sempre i discendenti dei Slavo-Vendi, prostitutori di mogli e figliuole, sono barbari alieni da ogni vivere civile, pastori erranti nei luoghi deserti. Tra loro nessuna memoria delle glorie romane, neppure antichi rancori, o vendette, che mantennero così vivo il sentimento nazionale presso i Teutoni; nessuna Teodolinda nessun Teodorico tra loro. Questo dico, lo si noti bene, degli slavi che occuparono l'Istria ed il vicino Friuli nel medio evo. Io non ho un così basso concetto degli Slavi; lungi da me l'idea di offendere il sentimento nazionale, rispettabile sempre ; e meno che meno d'una nazione il cui nome, dicono, significa gloria. Si, gloria a voi, slavi pugnanti contro la barbarie ottomana, gloria a voi discendenti d'eroi sempre vivi nelle leggende e nei bellissimi vostri santi nazionali. I barbari ladroni e pastori erranti che nell'evo medio occuparono l'Istria, nulla hanno di comune con gli slavi inciviliti d' altri paesi. Così i'o credo di provvedere meglio alla vostra fama ; sono anzi più tenero di voi del vostro onor nazionale; di voi che fondate i vostri diritti sopra l'Istria sul fatto dell' occupazione di una parte dei terreni incòlti per opera di un' orda selvaggia. Se voi aveste occupato l'Istria presentandovi quale un popolo compatto, e retto da un principe, sia pur barbaro, riva forte come Teodorico, Alboino, Autari, Desiderio, certo vi sareste assimilati ai Latini come i Germani in Lombardia; perchè io non vi faccio questo torto, da credervi più barbari degli altri barbari ; ritengo in voi una forza assimilatrice non ad altra inferiore. Se questo non avvenne, voi non ci avete colpa; tutto provenne dalla forma dell' introduzione di tribù non di popolo e che fu fatta in diverse occasioni alla spicciolata, e sempre dai rifiuti, della vostra stessa nazione, da gente errante, nell' infimo stato della barbarie. Si, un popolo Slavo si sarebbe come ogni altro assimilato nell'Istria al latino. Gli illustri panslavisti di Zagabria e d'altri paesi colti della giovine Slavia, comprenderanno, ne sono certo, tutta la forza del mio argomento, e me nè saranno grati, spero ; non così i paladini erranti dello Slavismo nell' Istria, i trovatori, e menestrelli usi più frequentare bettole che castelli, e non tanto dissimili per costumi ed abitudini a que' primi Slavi cacciati dagl' Istriani ad abitare i deserti della Vena. Nessuna assimilazione fu dunque possibile tra Slavi e Latini nell'Istria e nel Friuli. Si esaminino i nostri documenti si studino le nostre storie antiche e medioevali ; non un nome si troverà di origine slava. Anche più tardi quasi tutti i nostri uomini celebri recano cognome italiano — Vergerio, Muzio, Carpaccio, Santorio, Tartini; se qualche ich vi s'insinua più tardi, proviene da singoli slavi da molto tempo stabiliti in paese e italianizzati così, da dimenticare affatto la lingua dei loro padri. Il vescovo Strafico nelle sue lettere si lamenta di aver dimenticato la dolce lingua appresa dalla madre. Lo Stan-covich nostro si sentiva pretto italiano. Conchiudiamo : Gli Siavi nulla ci hanno portato di buono, nulla hanno assimilato, perchè venuti alla spicciolata, come fronde portate qua e là dal vento ; perchè il rifiuto della nazione : segno evidente che l'Istria non appartiene loro. GÌ' Istriani hanno tutto il diritto di gridare ad alta voce anche oggi come nel Placito di Risano. I tempi sono mutati, non predichiamo noi la guerra civile ; vivete pure in pace, o Slavi, nei vostri tuguri, nelle vostre ville remote : le città, le borgate i castelli sono nostri: questo il nostro viglietto di visita pel capo d' anno 1889. (Continua) P. T. ■---:-—^SCS^r---- STORIA PATRIA CENTENARI ISTRIANI tratti dalla mia raccolta «Annali dell'Istria». 489 L'Istria passa in dominio di Teodorico, re dei Goti, in seguito alla vittoria che ebbe all'Isonzo su Odoacre. 789 Carlo Magno occupa l'Istria (meno Capodistria, Pirano e Cittanova), v' introduce feudalismo e stranierume; le assegna a governatori un duca e un conte ; alle città toglie la giurisdizione su altri agri, limita la giurisdizione per entro i Comuni medesimi ; toglie 1' uso dei beni pubblici goduti dai Comuni; introduce imposte straordinarie; abolisce la somministrazione di generi alla corona; trasporta stabilmente gli slavi in alcune parti della Provincia. 789 La Torre di Rovigno (opera romana) viene smantellata. 889 L'imperatore Berengario concede privilegi a Trieste [ignoti). I triestini gli danno 300 armati che personalmente lo difendono nella battaglia contro il duca di Spoleto. 1089 II patriarca Yolrico dà a conoscere i molti beni che il conte Cacellino donò all' abazia di San Gallo di Moggio, tra quali beni havvi il luogo di Portole in Istria. 1189 II marchese d'Istria. Bertoldo II, accompagna l'imperatore Federico Barbarossa in Terra Santa. 1189 II patriarca Goffredo obbliga l'abadessa delle Benedettine in Aquileia all' offerta annua di una libbra d'incenso alla Cattedrale di Capodistria, e ciò per la decima che riscuoteva dalla terra d' Isola. 1289 II patriarca Raimondo accetta la tregua di due mesi con Venezia, purché la Repubblica gli restituisca le città di Capodistria e Cittanova, i castelli di Montona, Moccò, Grisignana, Vici-natus Sancti Petri (San Pietro in Selve), llmago e Muggia. 1289 II maggior consiglio di Venezia elegge li 3 settembre a Doge il podestà di Capodistria, Pietro (vulgo Pierazzo) Gradenigo/ 1289 II patriarca Raimondo conferma il canonico di Cividale, Brisa de Toppo, a vescovo di Trieste, al quale posto era stato eletto dal capitolo di San Giusto. 1289 Muggia si unisce ai Veneziani nella guerra contro il patriarca Raimondo, e si dà alla Repubblica. 1289 Le truppe del Patriarca, occupato eh' ebbero il forte Romagna presso Trieste, marciano con que' di Muggia al ricupero di Capodistria, ma sopraffatte dall' esercito Veneto si ritirano depredando il territorio. 1389 II duca Alberto ordina da Vienna (li 26 giugno) al podestà di Trieste, Ugone signor di Duino, di costruirvi un castello col pubblico danaro. 1389 In Istria insorgono delle contese tra i sudditi di Ugone VI signore di Duino, con quelli del patriarca aquileiese. 1389 II convento di San Cipriano di Murano si obbliga, li 19 luglio, di passare annualmente al Capitolo di Capodistria due staja e mezzo di frumento per la chiesa di S. Maria al fiume di Risano ed annessi fondi. 1389 Lodovico Morosini, vescovo di Capodistria, consenziente il Capitolo locale, cede li 5 maggio per Lire quaranta a ser Giovanni del fu Stefano Franza alcune case spettanti alla mensa vescovile incendiate dai Genovesi 1380 e situate presso 1' episcopio ; il Franza le accetta per un ventennio coli' obbligo della rifabbrica. 1489 Ducale Barbarigo che vuole rispettato il civico statuto di Muggia, proibendo ogni agravio vietato da quello statuto. 1489 L' imperatore Federico III prende allogio in Duino li 31 agosto, accompagnato da 650 per- sone con 500 cavalli; li 2 settembre incorona nello stesso castello con la corona d'alloro Girolamo e Gregorio fratelli Amaseo, oratori e poeti. 1489 II vescovo di Capodistria Valaresso delega Don Giovanni degli Amantini per investire i P. P. Agostiniani della pieve di Salvore. 1489 II vescovo di Pola, Michele Orsini, celebra il sinodo diocesano, i di cui atti conservasi mss. nella cancelleria vescovile. 1489 Da quest'anno incominciano le prime memorie del fondaco di Rovigno, il quale nel 1755 aveva un capitale di lire venete 186000 che dopo soli diecisette anni raggiunse la somma di 272888 lire. 1489 Don Matteo, pievano di Co vedo, vuole che dopo la sua morte passino le sue case e campagne alla chiesa plebanale. 1589 I fratelli ebrei, Berle q Lazzaro banchieri in Muggia, falliscono e fuggono ; il doge ordina il sequestro dei loro beni e 1' arresto delle loro mogli e dei loro figli. 1589 Si costruisce in pietra bianca squadrata la facciata del duomo di Muggia. 1589 Ducale Cicogna che ordina li 22 novembre di sostituire al ponte di legno un ponte di pietra ad archi, lungo 93 passi, per congiungere Capodistria al castel Leone ; per il qual fine si assegnano 500 ducati. 1589 Lodovico Memo, provveditore in Istria, ed il conte di Pola impediscono a tempo l'imminente zuffa tra i vecchi ed i nuovi cittadini di Pola, vietano ad ambe le partì il porto d' armi, bandiscono issofatto sotto pena di forca gli spadaccini o bravi, addetti al servizio dei nobili della città. 1589 Si apre in Pola chiesa di rito orientale per la colonia greca. 1689 Li 10 maggio cadde in Trieste in abbondanza la neve, coperse il vicino monte Soffizza e produsse freddo tale da credersi ritornati nel più crudo inverno. 1689 Venezia accorda li 24 ottobre ai particolari il taglio ne' propri boschi. 1789 II senato Veneto insiste con ordinanza 12 aprile a vroler conoscere le cause che trascinano l'Istria in una progressiva decadenza. 1789 Sidi Mohamet (Ciriaco Petrobelli da Trieste), ministro dell'imperatore del Marocco, passa li 11 aprile all'eterno riposo. 1789 Li 23 dicembre nasce in Rovigno Sebastiano Sbisà, uomo d'ingegno potente e nudrito di forti e seri studi; (moriva in patria li 13 aprile 1820). 1789 In quest' anno la popolazione di Capodistria as-sendeva a 5225 persone. 1789 La Borsa di Trieste avanza a Vienua un progetto di codice marittimo, richiesto dalla necessità della piazza, ma non trova eco nelle alte sfere. D. A. M. Seminario o Collegio Si Capiistria (Continuazione vedi N. 7 e seg.) 2 Deputati s.a l'Essat.n del Dinaro, x S. Agostin Tarsia 9. Rug.r P. 8 C. — x S. Antonio Barbabianca P. 8 C. — Adì 24 Febraro 1689. Radunato il Sp.le Colleggio del Seminario oue compresa la p.sona di Sua Ecc.za interuenero colleg-gianti al numero di dieci, et illieo ballottata e presa la seguente parte, elletti, ballottati rimasero li segnati x. Essendo stato eletto alla lettura di Padoua da-gl' Ecc.mi Reformatori il sig. Don Nicolò Abbate Pa-padopoli Cumeno, come p. sue benignissime lettere di 31 dicembre prossimo passato, et essendo necessario prouedere di Precettore dell'Humanità, e Rettorica, che esso uirtuosamente sosteneua con piena sodisfatione di questa città. Però uada parte di dar autorità a due di questo Sp.le Colleggio di ritrouar soggetto ualeuole in detta carica, e portar le informationi più essate della habilità di esso soggetto per poter poi essere eletto, e confermato da questo Collo come meglio fosse deliberato. Ballottata hebbe P. 10 C. — Cittadini elletti. x S. Dr. Santo Grisonio P. 9 C. 1 x S. Dr. Bortolo Petronio P. 6. C. 3 s. K.r Olimpo Gauardo P. 4 C. 5 S. Dott. Elio Belgramoni P. 3 C. 6. (Carte 38) Adì 3 Febraro 1691. Congregato il Sp.le Colleggio, oue compresa la p.sona di sua Ecc.za interuennero Colleggianti al num.ro di noue, et illieo fu proposta, e ballottata la seguente parte. Il Molto R.do sig. D. Don Giovanni Colauti, che p. il corso di quattro anni, e più ha seruito questa Patria nel Publico Seminario in qualità di Precettore d'Humanità nella seconda Scuola con sodisfatione uni-uersale Hora douendo licentiarsi p. bisogni della sua Casa; Ha presentato rifiuta nella Canc.ia del Sindicato con notitia a S.S. Sindici di douer prouedere in luoco suo ; Et uenendoci rappresentato dal R.mo Padre Gio. Maria Forresti Rettore in detto Seminario, ritrouarsi due soggetti ualeuoli del suo ordine p. detta scuola d'Humanità; l'uno, ch'è il Padre Tadio Pacata, che per il corso di X anni insegnò nel Seminario Ducale in Venezia, ed attualm.te pure insegna ai Giovani della sua religione. T altro è il Reu. Don Franc.o Maria Perpenti (?) pur somasco, che insegnò per molto tempo la Rettorica nel Seminario Patriarcale, e predica attualmente in fra anno nella Chiesa della Salute, soggetti tutti due degni e sufficienti p. detta scuola; onde p.che resti oportu-nam,te proueduto il Seminario in luoco del detto signor D. Colauti l'anderà parte posta di dar facoltà al sudetto Pre Rettore, p.che unito con due di questo Collegio, che saranno eletti di fermar uno de sopranominati p. maestro in detta seconda Scuola con il solito ordinario stipendio di ducati 150 come si è corrisposto al predetto sig. D. Colauti, e ciò per anno uno da esser poi riconformato a suo tempo da questo Collegio giusta l'ordinario. Ballotata la parte hebbe P. 8 C. 1 — Cittadini eletti giusta la parte, x S. Elio Belgramoni P. 7 C- 1 — S. Bartolomio Polesini P. 3 C. 5 S. D. Raimondo Fin P. 6 C. 3 P. 3 C. 5 x S. Giacomo del Tacco P. 6 C. 2 P. 5 C. 3 Stante la parte si riballottò e rimase il Assistenti sopra la Fabrica del Seminario eletti due de quali doueranno rimaner in q.to Sp.le Colleggio. S. Dr. Nicolò Manzioli P. 2 C. 6 x S. Giacomo del Tacco P. 6 C. 2 x S. Dr. Raimondo Fin P. 6 C. 2 S. Dr. Elio Belgramoni P. 4 C. 4. Adì 23 Settembre 1689. Radunato lo Spettabile Colleggio de SS. Dottori, dove compresa la p.sona dellTll.mo, et Ecc.mo sig. Po-dostà e Capo interuenero Colleggianti n.o dodici 12. E fu presa la seguente Parte. Rappresentano li SS. D.ri Santo Grisonio, e Bortolo Petronio eletti da questo Colleggio per far proui-sione di Precettore e Rettore in luoco del sig. Abbate Papadopoli, che destinato à cospicua Cattedra in Padoua con tutta la gloria del suo Nome, et altretanta sodisfatione di questo Publico ha honorato mirabilmente il posto med.mo, di hauere scielto il molto Reu. P. Giov. Maria Forresti, Somasco soggetto di esperimentata Virtù, e di celebre grido nella Dominante per anno uno da principiarsi il primo di Nouembre prossimo con il solito stipendio di ducati duecento cinquanta annui anticipatam.te di quattro in quattro mesi; e con proluderlo di quotidiana mansionaria in ragione di lire una di elemosina p. cad.na Messa. Anderà parte posta d'approuare in tutte le parti la stessa condotta, douendosi sperare dall'Egregia sufficienza di così degno Padre ogni più abbondante prof-fitto a prò della Patria, et a seruizio del nostro Glo-rioss. Prencipe. Ballottata hebbe P. 12 C. — (Continua) :---«Sfcrjf--- 3ST otizie La mattina del 15 dicembre p. d. cessava di vivere il principe Eugenio di Savoja-Carignano, appartenente al ramo collaterale della Casa di Savoja, il quale trae il suo nome dalla città di Carignano, e deriva da quel ramo di Carignano che assicurò con Carlo Alberto la discendenza reale d'Italia. Era nato a Parigi il 14 aprile 1816. Il lutto della reggia è lutto di tutta la cit- , tadinanza, e la morte dì quest' ottimo principe fu sentita dolorosamente da tutti gì' italiani. Nella villa di Copodimonte ospite di S. M. Ee Umberto è morto dopo lunga e penosa malattia Pasquale Stanislao Mancini. Era nato a Castel Ba-ronio presso Ariano nel 1817; e spese la sua vita operosa a servizio del paese. Nella 44 seduta dei 17 decembre p. d. della direzione dell' istituto di credito fondiario istriano furono pertrattate 43 domande di mutuo per l'importo complessivo di fior 104,000, e ne fdrono accolte 33 per fior. 76.200. Dal giorno in cui l'istituto di credito incominciò la sua attività a tutt'oggi furono erogati 1690 mutui per l'importo complessivo di fior. 2,872,4000, corrispondente al valore delle lettere di pegno in circolazione. Nello stesso giorno poi ebbe luogo la X pubblica estrazione a sorte delle lettere di pegno dell' istituto di credito, nell'importo capitale di fior. 33,200. ---j-nxcs-t---- In difesa del menili. All' Istriano (avrebbe fatto meglio a scrivere il suo nome e cognome*) autore dell' unicuique suum rispondo ringraziando per avermi dato occasione di rettificare un errore involontario di penna. L'autore della bella monografia sul Besenghi, stampata nella Nuova Antologia, è proprio il chiarissimo De Hassek e non il Zanella. Quanto poi all' aver rammentato il Zanella, anziché il De Hassek all' autore dell' Almanacco delle Muse, non ho nulla a rimproverarmi, anzi rimango impenitente. A me occorreva un nome di poeta, un nome di qualche campanile, come diceva il Besenghi, e citato dal Barbiera per convincere questo dell'ingiustizia della sua omissione. Se io avessi dimenticato di ricordare in uno studio sul Besenghi gli scritti del bravo De Hassek, allora sì la mia omissione non sarebbe stata nè giusta nè delicata. Delle opere del De Hassek e del suo ingegno sempre fui ammiratore, e i suoi scritti ho esaminati molti anni or sono nella Provincia. E tanto mi preme di non giustificare col mio silenzio le indelicatezze altrui, che qui dichiaro francamente che le correzioni e aggiunte, nell' articolo sul Boccardi, le ho fatte io per conoscenza personale dei luoghi e delle persone, indipendentemente dagli scritti del De Hassek. Ho vissuto per anni nel Friuli, conosco si può dire palmo a palmo il terreno, vi ho tuttora amici e conoscenti: poteva *) Preghiamo l'onorevole autore a volerci far noto il suo indirizzo che non ci .fu possibile di reperire per quante ricerche fatte. Gli abbiamo diretta una lettera a Trieste da dove egli ha datate le sue, ma non avendo ricevuta risposta, ci è lecito dubitare non gli sia pervenuta, ma si trovi depositata alla posta di Trteste per mancanza di recapito. (La Redazione) quindi rettificare di mia scienza senza citare altri. Del Besenghi già si è scritto abbastanza in provincia. Se mai avessi a parlarne ancora, certo farei tesoro delle belle ed opportune cose narrate dal De Hassek, e de' suoi ottimi giudizi critici. Ed ora a tutti e due una stretta di mano. P. T. ----- PUBBLICAZIONI Riccardo Piteri Campagna. Trieste Caprili, 1888. El novo Petrarca ossia Delizie amorose. Rime umoristiche popolari in dialeto de Crusiello. Trieste Balestra 1888. ---- E. Checchi. Memorie di un garibaldino. Milano, " Carrara 1888. Ne parleremo. L'egregio prof. Carlo Hugues, direttore del nostro istituto agrario provinciale, ha pubblicato coi tipi di G. Coana una nuova sua opera, dal titolo : L'economia agraria dell' Istria settentrionale. Mentre ce ne congratuliamo col veramente instancabile sig. Hugues, ci riserviamo, con più agio, di ritornare sull' argomento. Togliamo questa notizia che vivamente ci interessa dall' Istria del 15 decorso, e attendiamo che 1' opera sia offerta al pubblico onde procurarcela e farne oggetto di studio speciale. Il signor Gedeone Pusterla ha dato alla luce un nuovo opuscolo (Capodistria. Tip Cobol e Priora 1888) dal titolo La Necropoli di S. Cangiano nel suburbio di Capodistria — Memorie storiche con elenchi, epitafi ecc. Il titolo stesso del libro ci dispensa di dire del contenuto, il quale, con la solita diligenza del sig. Gedeone Pusterla, (A. Tomasich), è ricavato dagli atti contenuti negli Archivi del Municipio, del Convento di S. Anna, dei Cappuccini di Capodistria, dalla Corografia del Naldini ecc. ecc. Anche il presente opuscolo, come i precedenti del noto autore, porta il suo buon tributo alla storia di Capodistria, in quanto ricordi, con pietoso sentimento, i poveri defunti, alcuni dei quali, per distinte azioni, hanno lasciato duratura memoria. Fatta la storia della Necropoli di quella città, il sig. Gedeone Pusterla ci dà l'elenco dei sacerdoti secolari e regolari nonché delle monache decessi e tumulati nel cimitero di Semedella. Il qual cimitero fu aperto sotto il Regno italico addì 27 maggio 1811. Poi parla dei decessi in età senile, de' quali riporta una lista molto lunga. Trascrive quindi tutti gli epitafi che ha potuto raccogliere ; ed anche di questi ve ne sono ben 264. Finalmente parla della Casa mortuaria, di recente costruzione. Quantunque d' argomento poco lieto, pure anche il presente opuscolo na la sua importanza, e conviene perciò essere grati al noto raccoglitore di patrie me- morie che l'ha messo assieme. — Chi desidera acquistarlo, si rivolga all'egregio sig. Tommasich inviandogli soldi 30, che sono il puro costo del libercolo. (.Dall'Istria) E venuto in luce il fascicolo Vili (dicembre 1888) del giornale letterario «Pro Patria». Ecco il sommario: Il 18 novembre — La Dire-rezione, Pietro Kandler — Tomaso Luciani, La rondinella istriana (Poesia) — Martinuzzi e Scaramuzza, La trentina letteratura —• Ignazio Passavali, La melodia det Natale — Ettore Generini, Religione — Zaccaria Maver, Dalmazia — La donna — Dalmatico, Vittorino da Feltro — Giovanni Scardovelli, La Lima — Antonio prof. .Zernitz, Saggio degli annali istriani (cont.) — Don Angelo Marsich, Raccolta di proverbi e modi di dire (cont.) — Tomaso Luciani, In libreria — Prof. dott. G. Curto, La prima oblazione al nostro giornale — La Direzione. Del bravissimo nostro conterraneo dott. G. B. Negri, professore assistente alla R. Università di Padova, troviamo un lavoro nel voi. Ili della Rivista di Mineralogia e Cristallografia italiana, lavoro il cui titolo stentiamo persino a pronunciare nonché a proferir sentenza. Eccone il titolo ; Studio cristallografico della Dimetilpirroccola; il quale lavoro è stato preceduto (voi. Il dello stesso periodico) dall'altro: Forma cristillina del Dimetilacetilpirroccolo. — Ma se non sappiamo formular giudizi sull' entità di codesti lavori, da fonte certa sappiamo invece che il dott. Negri si fa molto apprezzare dagli intenditori di siffatti studi, per cui ne facciamo le nostre vive congratulazioni. {DW Istria) Pagine friulane. — Questa publicazione paesana continua con meritata fortuna il suo corso ascendente e nel numero 10 troviamo al solito trattati argomenti di storia e di letteratura friulana che senza di queste non avrebbero mai penetrato nella vita popolare, ma sarebbei'o sempre rimaste circoscritte alla venerazione di pochi studiosi. Ora è questo il gran bene che fanno le publicazioni del genere di «Pagine friulane» ed altre simili, che mettono cioè a portata di tutti in dosi facilmente digeribili episodii che hanno del leggendario, fatti che pajono leggende d'altri tempi, caratteri che si fanno sgraziatamente ogni giorno più rari. Questo fascicolo che abbiamo ora sott' occhio c' insegna p. e. della vita di Pacifico Yalussi, cose che forse senza questo avremmo ignorate e che sarebbe stato male ignorare. E così di tanti altri avvenimenti e persone meritevoli scomparse nella nebbia del tempo. Mai lire 4 saranno meglio spese in un anno che per proclamare i 12 fascicoli delle «Pagine friulane» che vedono la luce ad Udine per cura di Del Banco Domenico Via Gorghi N. 10. Di questo fascicolo ecco il sommario : Pacifico Vatussi — Le Iddie, Angelo Tomaselli — Le prose friulane di Caterina Per colto. P. Bo-nini — Rlzetari popolar, V. Ostermann — Defraudo e sue conseguenze, G. Gortani — Passaggio di sol- datesca alemanna per la terra di San Daniello, Cronaca dell'epoca — Preziose lettere inedite, publicate per cura di A. Fiammazzo — Sospiro, traduzione di Pietro Lorenzetti dal tedesco di Federico Schiller — Il Convent di Sant'Agnes, leggende, V. Ostermann -—Pand oli tedeschi e pandoli italiani, A. Tessitori di Gemona — La Marie sot la nape, Marco Cravagna di Cividale - Ricetta del 1402, raccolta dal sac. Bertola. Sulla copertina: Bibliografia . . . per ridere, G. Greatti — Fra libri e giornali — Ogni volte une, S. di Gorizia. La Cooperazione rurale istituita dal 1885 dal fondatore delle casse rurali italiane, pubblicata dal 1886 dalla Federazione composta fra questi sodalizi, sta per entrare nel suo 5° anno di vita. Essa non ha d'uopo di chiarire i suoi intendimenti che il suo passato basta ad attestare. Continuerà nella sua opera di propaganda dell'istituzione cooperativa che propugna come un ordinamento pratico di considerevole utilità materiale per i piccoli possidenti ed agricoltori, e quale un mezzo efficace per il miglioramento morale della popolazione rurale e per il consolidamento della pace sociale fra i diversi ceti, nelle campagne. La Cooperazione rurale, nei suoi quattro anni di vita, ha pubblicato particolareggiati documenti e accurate notizie risguardanti i sodalizi cooperativi rurali che la Federazione, di cui essa è l'organo, rappresenta, informando esattamente di questo importante e interessante movimento ; ha seguito con attenzione ed esattezza il movimento e i progressi della cooperazione in tutti gli stati civili ; ha stampalo" scritti importanti d'indole economica e agricola dei suoi collaboratori, fra i quali annovera illustri scrittori specialisti, italiani e forestieri ; ha iniziato una serie di schizzi biografici degli uomini eminenti che dirigono il movimento cooperativo nei principali paesi d'Europa e continuerà questa pubblicazione che ha destato tanto interesse. La Cooperazione rurale, che ha veduto crescere le simpatie dimostratele al suo primo apparire, nota con compiacenza, la stima acquistatasi in Italia e all' estero fra le persone competenti e nella stampa autorevole che in paese e fuori le rende frequentissime e larghe testimonianze d' omaggio e ne cita e compendia gli articoli e le notizie. Essa proseguirà nella sua via mantenendo la stessa direzione e accrescendo gli elementi della sua redazione. La Cooperazione rurale esce per ora mensilmente in fascicoli di almeno 10 pagine e fa frequenti supplementi, che nel corso dell'anno veniente saranno aumentati di numero e di formato. La sua pubblicazione non è, nè può essere il frutto della speculazione; essa è un' impresa dedicata al servizio di un' idea, e il suo programma amministrativo porta che ogni provento ne sia volto a tale scopo. Il prezzo annuo d' associazione è di Lire 5. Si riceve presso tutti gli Uffici postali e presso l'amministrazione del giornale in Padova.